Corusion tałiana e romana

Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » gio ago 20, 2015 8:43 pm

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La musica del padrino e l'elicottero che getta petali di rosa sui presenti: è l'ultimo saluto ad uno dei maggiorenti del clan Casamonica.
"Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso" recita un manifesto all'entrata della chiesa don Bosco nella Capitale. Il prefetto Gabrielli: "Non eravamo informati, ne chiederemo conto"

20 agosto 2015

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... ma/1971020

Sei cavalli neri che trainano una carrozza antica, una folla di gente che accompagna la bara e la banda musicale che intona il celebre motivo di Nino Rota, indimenticabile colonna sonora del Padrino di Francis Ford Coppola. Questo però non è un film e non è nemmeno un funerale di un mammasantissima nella Sicilia degli anni ’50. Siamo a Roma, nella chiesa Don Bosco, ed è qui che familiari e amici si sono radunati per dare ultimo saluto a Vittorio Casamonica , uno dei boss principali del clan che porta il suo nome.

“Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso” recita un manifesto all’entrata della chiesa. Il suo volto in primissimo piano, vestito di bianco e con il crocifisso al collo, il Colosseo e la Cupola di San Pietro sullo sfondo, e la scritta “Re di Roma” a caratteri scatolati per omaggiare un pezzo da Novanta del clan che nella Capitale gestisce il racket delle estorsioni e dell’usura nella periferia sud est di Roma. Un funerale in cui la parola d’ordine sembra essere una sola: mettere in scena tutto lo sfarzo possibile. E infatti il feretro del boss Casamonica viene trascinato dalla carrozza per le strade della capitale, quasi fosse un capo di Stato, mentre un elicottero lancia petali rossi sulla folla di presenti, che applaude e lancia grida di commiato verso la bara del defunto. Che alla fine viene caricato su una Rolls-Royce, come uno di quei ricevimenti funebri italo americani resi celebri da Hollywood, mentre la banda musicale suona la colonna sonora di un altro celebre film: “2001 Odissea nello spazio”.

Siamo alla chiesa Don Bosco, quartiere Tuscolano, la stessa che venne negata per i funerali di Pergiorgio Welby, militante del Partito Radicale, deceduto grazie all’aiuto di sanitari che diedero seguito alla sua volontà di porre fine alla sua lunga agonia. Casamonica però non è morto grazie all’eutanasia: per il boss la chiesa è aperta ed accogliente.Un funerale, quello di Vittorio Casamonica, del quale non era stata informata la prefettura.”Di questa vicenda la prefettura non aveva alcuna contezza. Ne chiederemo conto, per cercare di capire, al di là dei clamori, eventuali responsabilità”, promette il prefetto Franco Gabrielli.”È un episodio, continua, che non va sottovalutato, ma neanche amplificato.
Resta il fatto che saranno compiuti degli accertamenti. In base all’esito sarà presa una decisione”.

Coinvolto nell’inchiesta su Mafia capitale, indicato come uno dei quattro clan che regnano su Roma dall’inchiesta del settimanale Espresso (e in seguito alla quale sono arrivate pesanti minacce al giornalista Lirio Abbate) il clan dei Casamonica è composto da famiglie sinti, etnia nomade ormai presente da decenni in Italia, originario dall’Abruzzo. Poi, negli Settanta si trasferiscono a Roma dove iniziano a specializzarsi nel racket e nell’usura nella periferie sudest della Capitale. Negli anni Novanta fanno il salto di qualità, s’inseriscono nel mercato degli stupefacenti, prendono il sopravvento nella zona tra Anagnina e Tuscolano, si alleano con i clan dei Castelli, con alcuni affiliati alla ‘Ndrangheta dei Piromalli e Molè, con uomini della Banda della Magliana.

Ed è proprio con la Banda che inizia il suo cursus honorum Vittorio Casamonica negli anni ’70: risultava l’addetto al recupero dei crediti, aveva rapporti con Enrico Nicoletti, il cassiere di De Pedis e soci, e negli anni ’80 viene accusato di decine di sequestri di persona (in seguito verrà assolto). Poi negli anni duemila il clan viene preso di mira dalle indagini della magistratura: decine di arresti tra il 2004 e e l’operazione Mondo di Mezzo, sequestri patrimoniali da decine di milioni. Uno coinvolge anche lui: in casa gli trovano vasi archeologici provenienti chissà da dove. Come dire che il lusso sfarzoso a Vittorio Casamonica è sempre piaciuto: e adesso che se ne è andato, ha voluto ricordare a tutti di quello di cui era capace. Un addio tra sfarzo e lacrime di familiari e amici, macchine di lusso e cavalli neri, petali di rosa ed elicotteri: quasi fosse un principe.
Anzi un re: il Re di Roma.

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » sab ago 22, 2015 8:02 pm

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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mer set 23, 2015 6:56 am

Funzionari pubblici, Guardia di Finanza: “In sei mesi bruciati tre miliardi tra sprechi, ruberie e corruzione”
Il report pubblicato sul Corriere e su Il Giornale fotografa le voragini provocate dai dipendenti "infedeli" e dai mancati controlli. Soltanto nella sanità 800 milioni di buco
di Rino Cole | 21 settembre 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09 ... ne/2053097

Sono politici, medici, impiegati e funzionari. Sono 4.835 dipendenti pubblici che in soli sei mesi hanno alleggerito (sperperando o rubando) le casse dello Stato di tre miliardi di euro. E adesso sono stati chiamati dalla Corte dei conti per restituire i soldi della collettività. E’ quanto emerge dal rapporto della Guardia di Finanza sui danni erariali contestati tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2015, pubblicato dal Corriere della Sera e da Il Giornale dove balza agli occhi un dato: le casse pubbliche hanno perso oltre un miliardo solo con la mala gestione del patrimonio immobiliare. Il quotidiano di via Solferino scrive che sono 1.290 le segnalazioni inviate dalla magistratura ordinaria o dalle Fiamme gialle ai giudici contabili. Un aumento di contestazioni – che vale un miliardo e 357 milioni di euro – pari al 13 per cento in più rispetto ai primi sei mesi del 2014, che dimostra sia una crescita dei comportamenti scorretti dei dipendenti “infedeli” (nella maggior parte dei casi accusati di corruzione, concussione, truffa, turbativa d’asta), sia dei controlli degli 007 della Finanza.

Guadagni che si trasformano in perdite
Un intero capitolo del dossier riguarda i mancati guadagni sugli immobili da cui lo Stato non solo non ricava un euro, ma addirittura ci rimette soldi. Come sulle case popolari, che spesso e volentieri si trasformano in merce per scambi elettorali. Emblematico il caso di Roma, dove vengono affittate a 7 euro al mese, ricorda il Corriere. In provincia di Bolzano, invece, un Comune ha perso 350mila euro per la mancata riscossione dell’affitto per l’occupazione di suolo pubblico.

Sanità, una voragine da 800 milioni
Anche la sanità pubblica si conferma una voragine. Qui, tra macchinari comprati e mai utilizzati, appalti truccati e medici che scappano dal lavoro per andare a operare in strutture private, il danno accertato è di 800 milioni, mentre 2.325 persone sono state arrestate o denunciate dalla Finanza e 264 pratiche sono state aperte. Le indagini svolte in 18 regioni hanno smascherato 83 dirigenti della sanità infedeli che hanno danneggiato le casse pubbliche con un buco da 6 milioni. All’ospedale di Gallarate, Varese – come raccontato da ilfattoquotidiano nei mesi scorsi – l’appalto per i lavori della manutenzione sarebbero stati aumentati causando “ltre 2,5 milioni di danno erariale”. La spesa è balzata da 15 milioni e mezzo di euro a 36 milioni. Soldi che secondo l’accusa sono serviti ai manager dell’azienda sanitaria per aggiudicarsi una generosa “cresta”. A Cosenza – scrive Il Giornale – a Cosenza 700mila euro sono svaniti tra nomine e consulenze esterne. L’Asl di Napoli ha letteralmente regalato 32 milioni di euro perché per anni i fornitori sono stati pagati due volte per gli stessi servizi.

Mancati controlli: va in pensione, viene riassunto e intasca 700 mila euro
Nel report grande risalto ai mancati controlli. A Catanzaro il dipendente di un ente ha intascato stipendio e pensione per sette anni, insieme. Pochi giorni dopo il congedo “ha presentato domanda di riammissione in servizio presso la sua azienda confidando che le esigenze di organico gli avrebbero consentito di tornare immediatamente al proprio posto, cosa che è effettivamente accaduta”. Nessuno tra i dirigenti ha però ha segnalato la nuova assunzione all’Inps e l’impiegato ha potuto così incassare illecitamente 700 mila euro. In Sicilia, invece, sono stati bruciati 47 milioni di euro tra il 2006 e il 2011 per corsi di formazione finanziati con soldi pubblici che però non si sono mai tenuti.

A Bari manager Ferrovie comprano, vendono e ricomprano carrozze
Da Bari arriva il gioco di prestigio dei manager delle Ferrovie Sudest. Prima hanno speso 912mila euro per comprare 25 carrozze passeggeri. Poi le hanno rivendute a una società polacca “incaricata di eseguire interventi di ristrutturazione per 7 milioni di euro”. Salvo poi riacquistarle a 22milioni e mezzo di euro. La Corte dei conti calcola che il danno provocato alla società ferroviaria è di oltre 11 milioni di euro pubblici.


Non c’è controllore o legge speciale che rottami la corruzione
La Guardia di finanza quantifica il danno erariale dei funzionari corrotti e negligenti della Pa. Cosa fare
di Serena Sileoni | 22 Settembre 2015
http://www.ilfoglio.it/politica/2015/09 ... e_c945.htm

Secondo la Guardia di finanza, il danno erariale prodotto da funzionari pubblici corrotti o anche solo incautamente negligenti è valso, tra il 2014 e i primi sei mesi del 2015, 5.700 miliardi. Un po’ più dell’Imu e della Tasi messi insieme. Per avere un altro termine di paragone, la spending review per il 2016 dovrebbe valere, secondo le ultime voci dal ministero dell’Economia, tra i 6,5 e gli 8 miliardi. Il rapporto della Guardia di finanza anticipato ieri dal Corriere della Sera racconta non solo di corruzione, concussione, truffa, turbativa d’asta, appropriazione indebita o abuso di ufficio, ma anche di disservizi, lassismi, sprechi. Fotografa insomma quella irritante mala gestio delle risorse pubbliche che è la fonte principale di un senso di insofferenza e sconforto destinato a protrarsi fino a quando l’Italia sarà percepita come terra di corruzione e impunità.

Ma quando è il “fino a quando”? Perché quella fine resta sempre una linea di un lontanissimo orizzonte? Sebbene il chiodo dell’ultimo scandalo di corruzione e malaffare scacci nella nostra memoria i precedenti, sappiamo che Mafia Capitale, ad esempio, non è un fenomeno isolato. Anche alle memorie più corte risaliranno alla mente almeno il Mose di Venezia o l’Expo di Milano, per citare i casi più eclatanti.

Come si racconta la corruzione a Roma senza ombre di moralismo e logiche da pool Quello che i pol. corr. non vi dicono sulla corruzione Vicende che sintetizzano reati molto diversi ma accomunati da un elemento: l’esistenza di spazi di intervento e discrezionalità pubblici che alimentano le occasioni di illecito, o anche solo di cattiva gestione di risorse non proprie.

La corruzione, l’abuso di ufficio, le consulenze inutili, l’accaparramento di soldi pubblici non potrebbero esistere se non esistessero servizi da gestire o affidare, concessioni da confermare, autorizzazioni da rendere, consulenze da richiedere: se non esistessero, in altri termini, zone franche di discrezionalità amministrativa e politica. E più sono le attività di cui l’amministrazione viene caricata, più le occasioni, naturalmente, aumentano.

Un mondo in cui la Pubblica amministrazione fa meno cose non sarebbe un mondo di probi. Esisterebbero naturalmente altri reati, esisterebbe la disonestà, ma sarebbe una disonestà non adagiata nella pancia del potere pubblico e arricchita coi soldi di tutti. Gli immigrati – ha detto Carminati – sono un investimento più sicuro della droga, perché per i primi non c’è mercato – quand’anche illegale – ma la sottana di un’amministrazione aggiudicatrice. Che fare, dunque, per avvicinarci alla linea d’orizzonte del buon andamento della Pubblica amministrazione?

Per lo più, si odono i ritornelli delle leggi speciali, dei maggiori controlli, di maggiori strumenti per un intervento più deciso dello stato per bonificare le amministrazioni. E così, via con una autorità anticorruzione, via con la riforma della prescrizione, via con gli obblighi di trasparenza, i codici etici, le incompatibilità e tutto l’ambaradan normativo per moralizzare la funzione pubblica.
Eppure, l’accatastarsi di norme e controllori non rischia di essere solo inutile, ma persino dannoso.

La corrispondenza di due indicatori, relativi uno alla corruzione e l’altro alla qualità della regolazione, intrinsecamente connessa anche alla quantità, parla da sola: più l’ambiente normativo è incerto, farraginoso, stratificato, oscuro, più si annida il malaffare e l’opacità dei comportamenti (vedi il grafico qui accanto, un’elaborazione dell’Istituto Bruno Leoni su dati della Banca mondiale, in rosso l’Italia).

Non è con nuovi reati, maggiori controlli, leggi speciali o nuovi giudici che si potrà iniziare a tagliare le radici della cattiva gestione delle risorse erariali.

“Nessun uomo di governo – chiosava Gogol – anche se fosse il più saggio di tutti i legislatori e i governanti, è in grado di rimediare al male, per quanto limiti nelle azioni i cattivi funzionari, facendoli controllare da altri”. Ogni sforzo sarà pressoché inutile, fino a quando non verranno ridotti i luoghi e gli spazi di clientelismo e corruzione e quindi moltiplicati quelli sottratti al placet burocratico. Ossia fino a quando non verranno disidratati i rami del potere amministrativo su cui si innesta l’affarismo e bivacca l’incuria.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom ott 25, 2015 7:35 am

San Giorgio a Cremano, tangenti in Comune: 6 arresti. Indagati sindaco ed ex sindaco
23 Ottobre 2015

http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/ ... 7229.shtml

SAN GIORGIO A CREMANO - La polizia ha notificato una serie di misure cautelari degli arresti domiciliari a carico di dirigenti e funzionari del Comune di San Giorgio a Cremano. In corso anche decine di perquisizioni a carico anche di esponenti politici locali.

Secondo le prime indiscrezioni sarebbero state notificate informazioni di garanzia anche a carico dell'attuale sindaco, Giorgio Zinno e del suo predecesiore, Mimmo Giorgiano.

L'accusa ipotizzata dai Pm della Procura napoletana (indagine coordinata procuratore aggiunto Alfonso D'Avino) sarebbe quella di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione ed alla turbativa d'asta. Nel mirino degli inquirenti gli appalti al Comune.


Gli uomini della sezione anticorruzione della squadra mobile di Napoli e gli agenti del locale commissariato di polizia, col sostituto commissario Elio Manna, hanno eseguito nelle prime ore de lattino una perquisizione in casa del sindaco Zinno alla ricerca di documenti utili alle indagini.

L'indagine coinvolge l'ufficio tecnico comunale e l'avvocatura. Gli indagati sarebbero venti, di cui sei finiti ai domiciliari. Al momento si apprende che gli unici politici coinvolti sarebbero Zinno ed il suo predecessore, Giorgiano.

Questi i nomi degli arrestati, tutti in forza all'ufficio tecnico comunale: Carmine Intoccia (dirigente) e tre suoi collaboratori. Raffaele Peluso, Brigida di Somma e Leone di Marco, fratello dell'ex capo dell'opposizione inconsiglio, Aquilino di Marco. Fra gli arrestati anche due imprenditori che avevano beneficiato di appalti al comune.

L'indagine, secondo le prime indiscrezioni, nascerebbe da una gola profonda vicina all'aministrazione e comunque a conoscenza di molti segreti del palazzo.

La ditta coinvolta nell'inchiesta sarebbe la D'Alessandro di San Giorgio a Cremano, aggiudicataria di una serie di importanti appalti tra cui quello per i lavori di via Cupa Mare.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom ott 25, 2015 7:36 am

Corusion ANAS

Inchiesta Anas: gip, Dama nera e Meduri, reciproci favori
Interrogatori di garanzia al via la prossima settimana
http://www.ansa.it/lazio/notizie/2015/1 ... 5e8e4.html

E' un rapporto, quello tra la "Dama nera" dell'inchiesta Anas e l'ex sottosegretario alle Infrastrutture, "fondato su reciproche richieste di utilità"; un rapporto che vede i due - Antonella Accroglianò e Luigi Meduri - "legati a doppio filo", nella consapevolezza che ciò porterà a "benefici" per entrambi.

Secondo il gip Giulia Proto vi sono "gravi indizi di colpevolezza" non solo a carico della dirigente, responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di Anas, ritenuta dagli investigatori "vero e proprio 'deus ex machina'" del "gruppo criminale", ma anche nei confronti del politico, che avrebbe svolto il ruolo di "mediatore" tra la Accroglianò e alcuni imprenditori interessati ad ottenere da Anas i
pagamenti pretesi dalle loro aziende.
Le "reciproche richieste di utilità" riguarderebbero, secondo l'accusa, "l'interessamento di Meduri per il conferimento di un incarico nell'ambito pubblico a Galdino Accroglianò, fratello della dirigente Anas, che allo stato non risulta ancora essere stato assegnato" e "l'intercessione della Accroglianò per la riconferma dell'impiego, presso l'Anas spa, di due soggetti di diretto interesse del politico identificati in Antonio Clemente Chindamo e Gennaro Zazza". I riscontri indicati nell'ordinanza sono dati soprattutto da intercettazioni telefoniche ed ambientali
Anche riguardo al presunto interessamento del politico per la "sistemazione" del fratello della "Dama nera", Galdino, agli atti vi sono diverse intercettazioni.
Nei prossimi giorni gli arrestati potranno fornire la loro versione dei fatti al gip, che ha fissato gli interrogatori di garanzia per lunedì, martedì e mercoledì. Verranno sentite tutte e dieci le persone finite in carcere o ai domiciliari.

Appalti Anas. Arrestato Costanzo, alfiere dell’Antimafia che diceva: “Legalità è un dovere morale per ogni imprenditore”

Fondatore della Technis Spa insieme a Concetto Bosco Lo Giudice, anch'egli destinatario dell'ordinanza di custodia cautelare, Costanzo fa parte della generazione dei giovani capitani di ventura siciliani che nell'ultimo decennio ha conquistato pagine di giornali e posizioni influenti annunciando la via della lotta alla corruizione e alla malavita come risposta a decenni di malaffare economico
di Giuseppe Pipitone | 23 ottobre 2015

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10 ... re/2153356

Un’azienda che fattura 380 milioni di euro all’anno, 1.500 dipendenti che completano un tratto dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria addirittura in anticipo e il suo amministratore delegato che denuncia la ‘ndrangheta alle forze dell’ordine. Fino a poche ore fa era il ritratto lucido della Tecnis Spa, una delle “rarissime grandi aziende del Sud” , come la definì Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, fondata da una coppia imprenditori rampanti: si chiamano Francesco Domenico Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice, due di quelli che avevano fatto della legalità la bandiera della propria attività imprenditoriale.

Una bandiera finita – per il momento – ammainata dato che ci sono anche Costanzo e Lo Giudice tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare per corruzione emessa nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Anas. “Una deprimente quotidianità della corruzione”, l’ha definita il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. E adesso a rischio ci sono i cantieri della Tecnis: si va dai 40 milioni per l’interporto di Catania, ai 100 milioni per l’anello ferroviario di Palermo, dallo scalo di Ragusa fino ai 140 milioni dell’ospedale San Marco, nel quartiere etneo di Librino, per citare solo le ultime gare vinte dalla società siciliana. “Basta piangersi addosso e proiettare analisi o stime poco attendibili: il Sud ha le potenzialità di ripartire soprattutto grazie ai giovani, alle loro idee”, pontificava Costanzo dalle pagine del Foglio, che nell’agosto scorso gli dedicava un ritratto candido.

Nato 53 anni fa a Catania, erede di una famiglia di imprenditori attiva da tre generazioni nel settore dell’energia, Costanzo fa parte della generazione dei giovani capitani di ventura siciliani che nell’ultimo decennio ha conquistato pagine di giornali e posizioni influenti annunciando la via della legalità come risposta a decenni di malaffare economico. Notato già nel 1993 dal sindaco etneo Enzo Bianco, che lo nomina assessore, Costanzo aderisce poi alla nidiata d’imprenditori che seguono Ivan Lo Bello e Antonello Montante nella scalata a Confindustria sotto il vessillo dell’antimafia. Non è un caso infatti che lo stesso Costanzo è sempre stato tra i papabili dirigenti di Confindustria catanese.

E d’altra parte, anche il patron della Tecnis ha nel curriculum serate antimafia in cui ricordava il giornalista Pippo Fava e denunce contro il racket. Come nel 2013, quando la procura di Reggio Calabria porta a processo cinque affiliati alla ‘ndrangheta, che erano andati a chiedere la “messa a posto” ai cantieri di Costanzo sulla statale 106, quella che collega Reggio con Melito Porto Salvo. “Denunciare – diceva l’imprenditore – dev’essere la normalità delle cose: una normalità che serve a far crescere le nostre stesse aziende secondo quella che è la strada tracciata da Lo Bello e Montante”.

Ma non solo. Al mensile I Love Sicilia Costanzo spiegava anche che “la legalità per un imprenditore è responsabilità sociale e dovere morale. Io non sono solo perché ormai da un decennio gli imprenditore siciliani hanno avviato un processo di rinnovamento che non è più possibile fermare”. Poi, piano piano, il rinnovamento ha cominciato ad incepparsi da solo, quando i massimi esponenti dell’antimafia imprenditoriale sono finiti a loro volta al centro di inchieste delicatissime.

Il primo è Montante, indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso esterno a Cosa nostra. Poi tocca al presidente della Camera di commercio di Palermo Roberto Helg, altro primattore della rivolta anti racket siciliana, beccato mentre intascava una mazzetta da 100mila euro. Quindi è il turno di Salvo Ferlito, dimessosi da presidente di Ance Sicilia (l’associazione dei costruttori edili di Confindustria) dopo una condanna a tre anni per truffa. Oggi tocca a Costanzo allungare la lista degli imprenditori colpiti da accuse gravissime dopo aver fatto della legalità un sicuro vessillo di successo. Un contraddizione gigantesca che nell’isola del paradosso è ormai diventata semplicissima cronaca.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom ott 25, 2015 7:36 am

Sanremo, assenteismo al Comune 35 arresti, 195 persone indagate
Maxi operazione della procura di Imperia, iniziata nel 2013. Coinvolti più di un terzo dei dipendenti: si segnavano presenti al lavoro ma non erano ai loro posti

http://www.corriere.it/cronache/15_otto ... 0e17.shtml

Invece di andare a lavorare si faceva timbrare il cartellino da un collega compiacente e se andava in canoa, vantando la propria performance sui social e segnando anche lo straordinario. È uno degli esempi accertati dalla Guardia di finanza di Sanremo che hanno lavorato all’operazione Stachanov, portando alla luce un sistema di assenteismo diffuso in Comune. Secondo quanto accertato dalla Finanza, alcuni dipendenti si segnavano anche dieci ore di straordinario non effettuato anche durante i cosiddetti superfestivi come Pasqua. 195 indagati In totale sono 195 le persone indagate. Di queste 35 sono agli arresti domiciliari, otto hanno l’obbligo di firma e 75 hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagini. Per ulteriori 71 soggetti è scattata la denuncia penale a piede libero con contestuale notifica dell’avviso conclusione indagini ex art. 415 bis CPP. Dieci sono i funzionari. Tra gli indagati anche un vigile urbano fotografato dalle telecamere piazzate dagli inquirenti mentre timbrava il cartellino, in slip, già pronto per recarsi in spiaggia. Per loro le accuse sono, a vario titolo, truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e falso in atto pubblico in relazione a casi di assenteismo e indebito utilizzo del cartellino identificativo. Un sistema scellerato L’indagine è stata coordinata dal sostituto procuratore di Imperia, Maria Paola Marrali, ed era stata avviata circa due anni fa, dopo le segnalazioni dell’allora sindaco, Maurizio Zoccarato. «La Gdf ha accertato un sistema scellerato. È mai possibile che all’interno di un ufficio non ci si avveda di una situazione così grave?», ha detto Marrali. «L’obbiettivo è stato raggiunto in modo esemplare. È la fine di un malcostume che andava avanti da tempo». shadow carousel Sanremo, gli assenteisti timbravano e poi se ne andavano ] Invece di andare a lavorare si faceva timbrare il cartellino da un collega compiacente e se andava in canoa, vantando la propria performance sui social e segnando anche lo straordinario. È uno degli esempi accertati dalla Guardia di finanza di Sanremo che hanno lavorato all’operazione Stachanov, portando alla luce un sistema di assenteismo diffuso in Comune. Secondo quanto accertato dalla Finanza, alcuni dipendenti si segnavano anche dieci ore di straordinario non effettuato anche durante i cosiddetti superfestivi come Pasqua.

195 indagati In totale sono 195 le persone indagate. Di queste 35 sono agli arresti domiciliari, otto hanno l’obbligo di firma e 75 hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagini. Per ulteriori 71 soggetti è scattata la denuncia penale a piede libero con contestuale notifica dell’avviso conclusione indagini ex art. 415 bis CPP. Dieci sono i funzionari. Tra gli indagati anche un vigile urbano fotografato dalle telecamere piazzate dagli inquirenti mentre timbrava il cartellino, in slip, già pronto per recarsi in spiaggia. Per loro le accuse sono, a vario titolo, truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e falso in atto pubblico in relazione a casi di assenteismo e indebito utilizzo del cartellino identificativo. Un sistema scellerato L’indagine è stata coordinata dal sostituto procuratore di Imperia, Maria Paola Marrali, ed era stata avviata circa due anni fa, dopo le segnalazioni dell’allora sindaco, Maurizio Zoccarato. «La Gdf ha accertato un sistema scellerato. È mai possibile che all’interno di un ufficio non ci si avveda di una situazione così grave?», ha detto Marrali. «L’obbiettivo è stato raggiunto in modo esemplare. È la fine di un malcostume che andava avanti da tempo». shadow carousel Sanremo, gli assenteisti timbravano e poi se ne andavano ] 195 indagati
In totale sono 195 le persone indagate. Di queste 35 sono agli arresti domiciliari, otto hanno l’obbligo di firma e 75 hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagini. Per ulteriori 71 soggetti è scattata la denuncia penale a piede libero con contestuale notifica dell’avviso conclusione indagini ex art. 415 bis CPP.
Dieci sono i funzionari. Tra gli indagati anche un vigile urbano fotografato dalle telecamere piazzate dagli inquirenti mentre timbrava il cartellino, in slip, già pronto per recarsi in spiaggia. Per loro le accuse sono, a vario titolo, truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e falso in atto pubblico in relazione a casi di assenteismo e indebito utilizzo del cartellino identificativo.
Un sistema scellerato
L’indagine è stata coordinata dal sostituto procuratore di Imperia, Maria Paola Marrali, ed era stata avviata circa due anni fa, dopo le segnalazioni dell’allora sindaco, Maurizio Zoccarato. «La Gdf ha accertato un sistema scellerato. È mai possibile che all’interno di un ufficio non ci si avveda di una situazione così grave?», ha detto Marrali. «L’obbiettivo è stato raggiunto in modo esemplare. È la fine di un malcostume che andava avanti da tempo».
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom ott 25, 2015 7:51 am

Il business e la corruzione dell’antimafia in Sicilia
Martedì 15 Settembre 2015

http://www.infoaut.org/index.php/blog/v ... in-sicilia

Lo ammettiamo. Un po' ci piace. Lo sappiamo. Sappiamo che non è direttamente “cosa nostra”; sappiamo che trattasi di riequilibri tutti interni alle gerarchie del potere. Però un po' ci piace. Nonostante non riguardi direttamente lotte e conflitti, movimenti o insorgenze, raccontarvi di questi fatti, quelli di “casa loro”, pensiamo sia utile; anche un po' divertente, certamente emblematico, probabilmente paradossale.

Parliamo qui dell'ennesimo presunto scandalo riguardante il conclamato, trasversale, “variegato” mondo dell'Antimafia siciliana: croce e delizia della cosiddetta “società civile” abitante i nostri territori. Partiamo dalla fine: tre giudici sotto inchiesta insieme ad alcuni “professionisti” (avvocati, consulenti, imprenditori); un palazzo di giustizia che dovrebbe essere il simbolo della lotta alle mafie, quello di Palermo, ancora una volta in preda alle convulsioni dovute al suo essere pienamente interno ai sommovimenti di potere e dunque sempre precario alla prova dello scontro endogeno tra interessi diversi e contrapposti.

Nello specifico. Già da settimane si vociferava di una presunta indagine (resa pubblica da Il Messaggero) della Procura di Caltanissetta rispetto ad alcune “anomalie” registrate nella gestione pubblica dei beni confiscati alla mafia; parliamo, per intenderci, di quella che alcuni giornalisti locali hanno definito la maggiore holding italiana composta da più di 1500 aziende confiscate (valore stimato intorno ai 30 miliardi di euro), case e terreni agricoli e beni mobili per un valore di svariati miliardi. Ebbene, il magistrato a capo del Servizio Misure Preventive del Tribunale di Palermo, altri due giudici, più vari storici amministratori , consulenti e liquidatori, sono oggi sotto inchiesta con varie accuse che vanno dalla corruzione all'induzione alla concussione passando per l'abuso di ufficio. Li si accusa di avere messo in piedi un sistema che, sfruttando l'assetto “fiduciario” del rapporto di “nomina” manageriale (non esistono criteri univoci per l'assegnazione di incarichi, infatti), ha fatto della fase della “confisca” del bene (prima che questo passi sotto l'egida politica dell'Agenzia nazionale e delle Agenzie regionali) un vero e proprio buisness capace di fruttare milioni di euro tra tangenti, stipendi, onorari per le consulenze, regalìe di vario genere. Insomma un sistema clientelare che, se non riguardasse l'attività di magistrati molto rinomati nel territorio palermitano, in molti non esiterebbero a chiamare mafioso. E questo sarebbe motivo di grande imbarazzo per tutto il mondo della giustizia siciliana e nazionale - le persone coinvolte sono ex membri del Csm, ex sottosegretari, ex prefetti. Quindi meglio provare a farlo passare mediaticamente come indagini su isolati casi di corruzione frutto della devianza di un magistrato, la Saguto, colpevole (presunta) di ingordigia nonostante mesi fa fosse etichettata come “nemica delle cosche” e quindi “a rischio” da una nota dei servizi segreti che identificava in lei un potenziale obiettivo delle criminalità organizzate. Oggi, invece, si delinea un quadro all'interno del quale, questa alta rappresentante delle istituzioni, si presenta a capo di un sistema organizzato atto a “spartire” beni e imprese a professionisti che già amministrano altre imprese confiscate o che, magari, erano già nei consigli di amministrazione delle stesse imprese prima che queste venissero sequestrate e confiscate. Con il risultato di creare un'enorme concentrazione di potere e capitali nelle mani di pochissimi noti. Questi, in cambio, hanno offerto per anni posti di lavoro come consulenti, liquidatori, curatori ad amici e parenti degli stessi giudici del Collegio palermitano incriminato.

A fronte di quella che alcuni cronisti locali definiscono “una bomba che fa tremare dalle fondamenta il Tribunale di Palermo” quali sono le reazioni sociali?

Come al solito Palermo si presenta di fronte questa vicenda con un duplice atteggiamento sociale: da un lato quelli della “scoperta dell'acqua calda”; dall'altro quelli indignati dal quel “malcostume” chiamato “corruzione”. I primi sono coloro i quali hanno sempre saputo come funziona il meccanismo della confisca e dell'affidamento da parte dei magistrati (meglio, dei giudici) che si occupano di simili questioni: costoro non sono né giornalisti illuminati né gli storici attivisti antimafia siciliani. Sono coloro i quali o per vicinanza, o per prossimità, o per internità, hanno conosciuto da vicino le sorti di questi beni vedendo rincorrersi sempre le stesse facce, sempre le stesse firme, sempre gli stessi interessi attorno i vari atti di confisca. Sono le persone che – o perché hanno interessi contrapposti, o che più comunemente guardano a queste dinamiche con indifferenza – hanno sempre saputo guardare alle potenzialità economiche di profitto generate dalla politica speciale chiamata “lotta alla mafia”. Ecco dunque un nuovo capitolo della serie “nei quartieri tutti sapevano come funziona il sistema”.

Dicevamo che poi ci sono quelli del “pessimo e deprecabile malcostume” ; è la cosiddetta “società civile” a parlare, in questo caso: quelli del “il problema non sta nel sistema ma nelle mele marce al suo interno”; sono coloro i quali santificano qualsiasi potente assuma un ruolo sulla carta opposto alla mafia e che poi, regolarmente, da eroi finiscono per diventare “traditori”. Si pensi al caso Montante, ex dirigente nisseno di Confindustria, imprenditore e professionista molto rinomato sul territorio siciliano, che proprio mentre, un anno fa, era in lizza come possibile nuovo presidente dell'Agenzia regionale per i beni confiscati (di nomina politica) viene coinvolto in un 'indagine per associazione mafiosa (cui tutt'ora deve rispondere) nonostante fosse stato tra i promotori della politica del suo predecessore Ivan Lo Bello su codici etici antimafia e lotta al racket per gli iscritti a Confindustria. Ora è invece la volta della Saguto, integerrimo magistrato minacciato dalla mafia perché agli interessi di questa contrapponeva quelli...della sua cricca!!!

Ecco, appunto: gli interessi. La parola magica, il chiavistello che apre le porte alle analisi sul funzionamento reale della macchina di potere in Sicilia come nelle altre regioni è proprio quella di “interessi” : questi sono contrapposti, trasversali, apparentemente contraddittori; ma fanno tutti richiamo ad un'unica stella polare, un unico orizzonte: quello del profitto.

La storia regionale siciliana, quella dell'antimafia, e quella della politica territoriale (ma anche nazionale e internazionale) ci dice da ormai troppo tempo dell'inutilità di vecchie e artificiose dualità: lo stato opposto alla mafia, la giustizia opposta all'illegalità, le istituzioni opposte ai poteri informali. Interessi e profitto risiedono sempre tanto nell'uno quanto nell'altro dei campi retoricamente presentatici come contrapposti. Non rispondono a logiche di appartenenza morale o etica o metafisica. Rispondono alle logiche che semplicemente definiamo “capitaliste”. La corruzione, gli interessi, i profitti, le clientele: questo è il capitalismo e il suo locale funzionamento. Il capitalismo e le sue regole: formali e informali, legali o illegali. Ma è così che nella sua sostanza, si presenta dalle nostra parte. Tutto fa impresa; tutto fa business. Con buona pace di quelli delle mele marce.

Speriamo di avervi allietato con un racconto remake di tanti altri simili storie. Sappiamo bene che sono storie che riguardano il mondo “di sopra”, quello che nulla o poco ha da spartire con vite comuni e problemi quotidiani, con emergenze sociali e conflitti. Ma è una storia che un po', per la carica di ironia intrinseca, continua a piacerci. Triste fine degli eroi...


Giudice antimafia Saguto: laurea del figlio scritta dal prof che lei ha raccomandato al Cara di Mineo
Emanuele Caramma si è laureato con una tesi sui beni confiscati a Cosa nostra. Che, però - secondo gli inquirenti - è stata redatta da Carmelo Provenzano, professore universitario alla Kore di Enna, e amministratore giudiziario di fiducia dell'ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Lui, al telefono, la ringrazia per la segnalazione del suo nome quale potenziale commissario del centro richiedenti asilo
di Giuseppe Pipitone | 22 ottobre 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10 ... eo/2151628

“Beni sottoposti ad amministrazione giudiziaria: bilanciamento tra tutela del mercato e garanzia della legalità”. È solo il titolo di una tesi di laurea ma a rileggerlo adesso sembra quasi una beffa. Perché quella tesi di laurea in Economia appartiene ad Emanuele Caramma figlio di Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, indagata per corruzione, induzione e abuso d’ufficio dalla procura di Caltanissetta. Saguto è al centro di un’inchiesta che ha svelato un gigantesco cerchio magico fatto di favori, regali e prebende nella gestione delle ricchezze sottratte ai boss. Ed è stata anche intercettata mentre definiva i figli di Borsellino “squilibrati e cretini”.

Suo figlio, già citato nell’indagine per un incarico ottenuto in un lussuoso hotel di proprietà della famiglia dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, l’asso pigliatutto dell’amministrazione giudiziaria, si è addirittura laureato con una tesi sui beni confiscati a Cosa nostra. Un titolo che, come spiega La Stampa, a Caramma viene suggerito dal vero autore di tutto l’elaborato, e cioè Carmelo Provenzano, professore universitario alla Kore di Enna, amministratore giudiziario di fiducia della Saguto, uno dei componenti del cerchio magico della zarina dei beni confiscati. È Provenzano che scrive – secondo gli inquirenti – la tesi di laurea del figlio della Saguto, ed è sempre Provenzano che cerca di farsi raccomandare dal magistrato per un incarico al Cara di Mineo, il centro per richiedenti asilo finito al centro di Mafia Capitale e commissariato dallo scorso giugno.
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“Il 12 giugno Provenzano contatta la Saguto ringraziandola per la segnalazione del suo nome al prefetto di Palermo quale potenziale commissario del Cara di Mineo”, si legge nei brogliacci della guardia di finanza. Perché per l’incarico a Mineo, Saguto fa intervenire il prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, sua grande amica. “Ti volevo dire che ieri, davanti a me, ha telefonato quella da Roma per chiedere i dati al prefetto”, dice ad un certo punto a Provenzano. Il professore gongola: “Mamma mia se è così, prima di festeggiare, un bacio in bocca ti do guarda. Sei una potenza”.

Ma non solo. Perché Saguto era riuscita a trovare un lavoro al Cara di Mineo anche a suo marito Lorenzo Caramma, coinvolto con lei nell’inchiesta nissena, già titolare di una serie di incarichi concessi da altri amministratori giudiziari. Caramma aveva trovato l’accordo con Davide Franco, commercialista amministratore del centro richiedenti asilo di Mineo, che aveva “avuto il numero” del marito della Saguto da Guglielmo Muntoni, presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma. “E’ vero, ho chiesto all’ingegnere Lorenzo Caramma se fosse interessato a collaborare al Cara di Mineo. Tuttavia i primi di settembre abbiamo ritenuto opportuno interrompere questa ipotesi lavorativa con l’ingegnere dato che dai giornali apprendemmo dell’inchiesta di Caltanissetta. Lo abbiamo fatto per motivi di opportunità”, spiega il commercialista Franco.

E mentre da una parte Saguto chiedeva al prefetto aiuto per trovare incarichi al Cara di Mineo, dall’altra contattava l’amministratore giudiziario Alessandro Scimeca per sollecitare assunzioni chieste dallo stesso prefetto. “Io – dice intercettata il 28 agosto – ti devo chiedere il favore per il prefetto: di quello là da assumere”. Sono invece propositi di vendetta quelli promessi dal magistrato nei confronti dell’avvocato Walter Virga, figlio di Tommaso, magistrato ed ex componente togato del Csm.

I due Virga sono finiti entrambi coinvolti dall’inchiesta nissena. Virga junior, infatti, era stato nominato amministratore giudiziario del gruppo Bagagli e delle aziende sequestrate alla famiglia Rappa: negozi, concessionarie d’auto di lusso, tv private, un tesoro da quasi un miliardo di euro. In cambio – secondo l’accusa – Virga aveva assunto Mariangela Pantò, fidanzata del figlio della Saguto, nel suo studio legale. “Abbiamo pagato il pizzo che dovevamo pagare e abbiamo avuto quell’incarico”, commenta in un’intercettazione. Appena inizia a scoppiare lo scandalo, però, Virga preferisce “licenziare” la fidanzata del figlio della Saguto. La reazione del magistrato è rovente. “Sono distrutta, incazzata non si può dire come gliela faccio pagare, non si buttano a mare le persone, si rischia insieme”. Poi riceve Virga e gelida sentenzia: “Non penso che ci sarà un seguito a questa collaborazione”.



Palermo, bufera a palazzo di Giustizia nell’inchiesta coinvolto pure il prefetto
di Silvia Barocci

http://www.ilmessaggero.it/PAY/EDICOLA/ ... 7569.shtml

Un ”verminaio”. E’ la definizione più ricorrente degli investigatori alle prese con l’inchiesta sul sistema familistico palermitano nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Al vaglio degli inquirenti di Caltanissetta è finita anche la posizione del prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo. Verifiche sarebbero in corso, in particolare, sul contenuto di alcune sue conversazioni intercettate con l’ormai ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, indagata per corruzione aggravata, induzione alla concussione, abuso d’ufficio e, in concorso col padre, per riciclaggio. Gli accertamenti sul ruolo del prefetto ruoterebbero attorno al rafforzamento della scorta al magistrato decisa a seguito della notizia, rilanciata lo scorso 22 maggio da alcuni siti web e agenzie, che la mafia voleva morta la Saguto e un’altra ”toga”, Renato di Natale.

I magistrati di Caltanissetta sospettano che si sia trattato di un’operazione costruita a tavolino: un ufficiale della Dia di Palermo avrebbe diffuso una notizia molto vecchia - quella di una nota dei servizi segreti in allarme per l’incolumità della Saguto - con l’obiettivo di sollevare un clamore mediatico attorno alla giudice paladina dell’antimafia per controbilanciare alcuni servizi tv di <CF2>Telejato </CF>e delle <CF2>Iene</CF> che ne mettevano in dubbio la buona fede. In questo modo, invece, avrebbe ricevuto la solidarietà dei colleghi e dell’Anm.



Beni mafia, Alfano: ''Da caso Saguto messaggio devastante''
23 ottobre 2015

http://video.repubblica.it/dossier/gove ... 723/214906

''Profonda delusione e infinita tristezza''. Ha commentato così il ministro dell’Interno Angelino Alfano il caso dell’ex giudice antimafia Silvana Saguto. Poi dal palco dell’auditorium di Palazzo Italia Alfano ha tirato le conclusioni tornando sulla vicenda: ''Io ritengo che quello che sta accadendo adesso a un pezzo della magistratura palermitana, sotto indagine per corruzione e reati gravissimi sull'uso delle consulenze e della gestione dei beni confiscati è un messaggio culturale devastante, oltre alle intercettazioni che provocano un’infinita tristezza e un grande dolore sui figli di Borsellino. Perché se da lì arriva un messaggio del genere, allora vuol dire che non ci si può fidare più di nessuno?''.
(di Alessandro Puglia)



Caso Saguto, l'Anm: "Danni incalcolabili per le toghe"
Venerdì 23 Ottobre

Il presidente dell'associazione dei magistrati: "La sola ipotesi che possano essere realizzate condotte meno che corrette è fonte di sconcerto e di grave turbamento nell'opinione pubblica e tra i magistrati, foriera di danni incalcolabili".
http://livesicilia.it/2015/10/23/caso-s ... ghe_677203

BARI - Gli incarichi di consulenza e di gestione dei beni sequestrati alla mafia vanno affidati secondo criteri di "piena trasparenza". "La sola ipotesi che possano essere realizzate condotte meno che corrette è fonte di sconcerto e di grave turbamento nell'opinione pubblica e tra i magistrati, foriera di danni incalcolabili". Così il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli torna sull'inchiesta che ha coinvolto l'ex presidente delle Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto, e altri quattro magistrati.




Caso Saguto: nuovo blitz alle Misure di prevenzione. Ma Cappellano va avanti
La Finanza sequestra altri documenti in tribunale. L'avvocato sotto inchiesta: "Con la mia gestione non è fallita alcuna azienda"
di SALVO PALAZZOLO
29 settembre 2015

http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... -123904521
Caso Saguto: nuovo blitz alle Misure di prevenzione. Ma Cappellano va avanti
La Guardia di finanza è tornata alla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, per acquisire nuove carte sulla gestione del giudice Silvana Saguto. Gli investigatori del nucleo di polizia tributaria e il pm di Caltanissetta Cristina Lucchini sono arrivati di buon mattino in cancelleria. E si sono fermati sino a pomeriggio inoltrato, portando via alcuni scatoloni pieni di documenti. Sembra che riguardino non soltanto la gestione degli avvocati Gaetano Cappellano Seminara e Walter Virga, ma anche altre amministrazioni giudiziarie.

E mentre era in corso il blitz in cancelleria, la nuova sezione presieduta dal giudice Mario Fontana era in piena attività. Per cercare di rimettere ordine in questo settore cruciale per la lotta alla mafia. Ieri, era giornata di ricevimento per gli amministratori giudiziari. Si è presentato anche Cappellano Seminara, indagato con la Saguto di concorso in corruzione: continua a gestire nove amministrazioni giudiziarie. E non ha alcuna intenzione di lasciare. Lo conferma lui stesso a Repubblica, uscendo dalla sezione Misure di prevenzione. "Sotto la mia gestione, nessuna azienda è mai fallita ", dice. "Anzi, sono stati raggiunti risultanti importanti". Cappellano ricorda il caso della Newport, la società che si occupa della movimentazione dei container al porto, "passata da un pesante disavanzo a un milione di euro di attivo ".

L'avvocato Cappellano Seminara rivendica anche gli "straordinari risultati " ottenuti dalla cava Giardinello, finita al centro di un dramma: alcuni giorni fa, è stata il teatro di un duplice omicidio commesso da un operaio messo in mobilità. Uno dei morti era il gestore della cava, il geologo Gianluca Grimaldi, figlio del cancelliere della sezione Misure di prevenzione. "Nessun caso di favoritismo - dice Cappellano - Grimaldi era un vero asso nel suo settore. Aveva scoperto che nella cava Giardinello si poteva estrarre il ballast, un materiale unico utilizzato in ambito ferroviario. Così, avevamo potuto vincere una commessa milionaria con Rfi ". Il rilancio fatto da Grimaldi aveva anche portato la cava di Giardinello a stipulare un accordo con Malta. "A luglio, sono partite 17 navi cariche di materiale".
Ieri mattina, Cappellano Seminara ha proposto ai nuovi giudici della sezione Misure di prevenzione altre attività per rilanciare le sue amministrazioni giudiziarie. E l'inchiesta dei pm di Caltanissetta? Il legale dice di voler attendere il termine dell'indagine per difendersi. "Intanto - dice - ho messo a disposizione degli inquirenti tutta la mia documentazione. Controllino pure ogni carta". È quello che i finanzieri stanno facendo, alla ricerca di passaggi di denaro occulti fra il legale e il giudice.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mer mar 09, 2016 10:29 pm

La cricca dei ricorsi tributari pilotati Tre giudici in manette per corruzione
L’operazione «pactum sceleris»
Milano, 9 marzo 2016 - 07:53

http://roma.corriere.it/notizie/cronaca ... cb64.shtml

Roma, 13 arresti tra carcere e domiciliari: l’organizzazione garantiva la vittoria nei contenziosi con il fisco in cambio di mazzette. Tra gli indagati l’attore Massimo Giuliani: avrebbe pagato 65 mila euro per ottenere l’annullamento di cartelle esattoriali del valore di tre milioni

Una cricca che pilotava i ricorsi tributari a favore di coloro che avevano contenziosi con il fisco. Sono 13 le misure cautelari (dieci in carcere e tre ai domiciliari) firmate dalla gip Simonetta D’Alessandro; nove gli indagati (imprenditori, singoli contribuenti e l’attore Massimo Giuliani) pronti a pagare per ottenere uno sconto sulle tasse; altre 50 le posizioni al vaglio della procura di Roma. Associazione a delinquere, concussione e corruzione (anche) in atti giudiziari le accuse attorno a cui ruota l’inchiesta, che la Finanza ha battezzato «Pactum sceleris».

I nomi

L’ordinanza è stata girata, per la valutazione di eventuali danni erariali, alla procura della Corte dei Conti. In carcere sono finiti i giudici non togati della Commissione tributaria provinciale di Roma, Luigi De Gregori e Onofrio Di Paola D’Onghia, il collega della Commissione tributaria regionale Lazio Salvatore Castello, l’avvocato tributarista Giuseppe Natola, i commercialisti S. B. (vedasi nota aggiuntiva del 30 novembre 2023 da cui questa persona risulterebbe estranea ai fatti imputatigli in questo articolo) e Rossella Paoletti, ritenuta al vertice dell’organizzazione, il finanziere Franco Iannella, e gli ex funzionari dell’Agenzia delle entrate Tommaso Foggetti, Sandro Magistri e Daniele Campanile. I domiciliari sono stati disposti per i commercialisti Aldo Boccanera e David De Paolis e il dipendente della Commissione tributaria regionale Alberto Bossi.



Nota aggiuntiva del 30 novembre 2023


Spettabile Redazione,
La presente è redatta in nome e per conto del Sig. S. B.s, nato il 23-03-1969], residente a Ladispoli (RM), Via Aurelia 11, il quale ha conferito mandato presso il nostro Studio Legale al fine di tutelare i propri diritti.
chiediamo formalmente che il Dott. S. B. possa appellarsi all’art. 17 del RGPD (Regolamento UE 2016/679) e pertanto richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete Internet, in riferimento ai dati personali relativi a eventi e circostanze collegate a una vicenda giudiziaria risalente all’anno 2015.
Nonostante sia passato un notevole lasso di tempo, da una ricerca effettuata utilizzando il suddetto nome e cognome “S. B.” rivela ancora l’associazione obsoleta.
Pertanto, con la presente istanza, chiediamo formalmente a Voi, in qualità di titolari del trattamento dati, la cancellazione dei dati personali che mi riguardano, in base alle motivazioni descritte al paragrafo 1, lettera a), paragrafo 2, articolo 17 del Regolamento 679/2016.

1. In prima istanza, le notizie concernenti la vicenda giudiziaria e i fatti penalmente rilevanti inerenti al Dott. S. B.. risultano definitivamente archiviate. La persistenza di tali informazioni sulla rete Internet costituisce attualmente una lesione significativa del diritto alla reputazione personale e professionale del Dott. S. B..

2. In secondo luogo, nel 2015 il reclamante è stato soggetto a un'inchiesta condotta dalla Procura di Roma, la quale ha concluso con l'archiviazione delle accuse nei confronti del Dott. S. B.. In aggiunta, il Dott. S. B. non è stato coinvolto in ulteriori accusatorie o indagini relative a tali circostanze.

3. Infine, al momento della presentazione del presente reclamo, il Dott. S. B. non rivestiva alcuna carica pubblica, da cui potesse derivare un interesse pubblico alla diffusione di notizie relative alla sua precedente inchiesta giudiziaria.

Vi preghiamo di procedere alla deindicizzazione o al delisting dell’URL: viewtopic.php?f=111&t=278&start=40 indicato e di farlo entro e non oltre 5 giorni dal ricevimento di questa richiesta.
Vi preghiamo inoltre di darci pronta notizia della cancellazione effettuata. Vi avvisiamo che, in mancanza di risposta o di azione da parte Vostra entro il termine suddetto, ci vedremo costretti a intraprendere le opportune azioni legali.
La presente lettera ha valore legale e costituisce un atto interruttivo della prescrizione e della decadenza.

Confidando in un vostro positivo riscontro e ringraziandovi per la cortese attenzione, cogliamo l'occasione per porgere i nostri più cordiali saluti.

Milano 29/11/2023

——————————————————————

Dear Editor,

This communication is drafted on behalf of Mr. S. B., born on March 23, 1969, residing in Ladispoli (RM), Via Aurelia 11. Mr. B. has granted a mandate to our Legal Firm to safeguard his rights.
We formally request that Dr. S. B. be allowed to invoke Article 17 of the GDPR (EU Regulation 2016/679) and, therefore, demand the prevention of indexing or the imposition of de-indexing on the Internet regarding personal data related to events and circumstances associated with a legal matter dating back to the year 2015. Despite the considerable passage of time, a search using the name "S. B." still reveals outdated associations.
Therefore, with this formal request, we ask you, as data controllers, for the deletion of personal data concerning Dr. S. B., based on the reasons outlined in paragraph 1, letter a), paragraph 2, Article 17 of Regulation 679/2016.

1. Firstly, information concerning the legal case and criminally relevant facts related to Dr. S. B. are definitively archived. The persistence of such information on the Internet currently constitutes a significant infringement on the right to the personal and professional reputation of Dr. S. B..

2. Secondly, in 2015, the complainant was the subject of an investigation conducted by the Public Prosecutor's Office of Rome, which concluded with the dismissal of charges against Dr. S. B.. Additionally, Dr. S. B. has not been implicated in any further accusations or investigations related to these circumstances.

3. Finally, at the time of filing this complaint, Dr. S. B. held no public office from which a public interest in the dissemination of news related to his previous judicial investigation could arise.

We kindly ask you to proceed with the de-indexing or delisting of the URL: viewtopic.php?f=111&t=278&start=40 specified, and to do so within 5 days from the receipt of this request. Additionally, please promptly inform us of the deletion made. Please be advised that, in the absence of a response or action on your part within the aforementioned timeframe, we will be compelled to take appropriate legal actions.
This letter holds legal significance and constitutes an interruptive act of prescription and forfeiture.
Trusting in your positive response and thanking you for your kind attention, we take this opportunity to extend our most cordial regards.

Milan, November 29, 2023
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2016 10:05 pm

I DELIRI DI GIACHETTI E LE FINTE COMMISSIONI IN CAMPIDOGLIO
15/03/2016

https://www.facebook.com/virginia.raggi ... 7001326420

Ieri ho ascoltato qualche delirante dichiarazione di Roberto Giachetti a Porta a Porta sulla mia presenza nelle commissioni consiliari in Campidoglio. Giachetti dimostra così un'assoluta ignoranza della macchina amministrativa e mi dà anche l'opportunità di svelare la "Gettonopoli" creata dal suo Pd e dal centrodestra in Campidoglio. Alcune commissioni al Comune di Roma erano finte: venivano convocate senza alcun oggetto solo per dare i soldi del gettone di presenza ai consiglieri.
Per arraffare il più possibile convocavano più riunioni in contemporanea. Entravano in una, firmavano, uscivano dopo pochi secondi, si andavano a prendere il caffè, passavano a un'altra commissione e ri-firmivano, per poi rifare la solita storia e passare a una terza. Non lavoravano, ma il Comune li pagava. Dentro c'erano tutti da Pd a centrodestra.
Il M5S si è sempre opposto al gettonificio e abbiamo ottenuto che il gettone fosse attribuibile solo dopo la presenza ad almeno metà della durata della seduta di commissione. E basta furbetti!
Questo è il motivo per cui ad alcune commissioni, durante i miei quasi 3 anni di consiliatura, non ho partecipato: perché non ho il dono dell'ubiquità e sono onesta.
Questo meccanismo a Giachetti, che avanza l'ipotesi - se dovesse perdere - di poter fare insieme il consigliere comunale e il vicepresidente della Camera, va invece a genio. Tipico del tronista abituato alla doppia poltrona.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2016 11:28 pm

Inchiesta Anas: operazione della Gdf, 19 arresti - Cronaca
Redazione ANSA


http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... c3025.html

La Guardia di Finanza sta eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Roma nei confronti di 19 soggetti tra dirigenti e funzionari dell'Anas e imprenditori titolari di appalti di opere pubbliche di primaria importanza. Coinvolti anche un avvocato e un politico, Marco Martinelli, attuale parlamentare di Forza Italia. Romano di 53 anni a Martinelli, in base a quanto si apprende, è stato notificato dalla finanza un avviso di garanzia.

Gip, marciume diffuso in azienda - "Un marciume diffuso all'interno di uno degli enti pubblici più in vista nel settore economico degli appalti". Lo scrive il gip di Roma nel provvedimento con cui ha disposto gli arresti di 19 tra funzionari Anas e imprenditori, sottolineando che questo marciume è reso ancor più "sconvolgente" dalla facilità d'intervento degli appartenenti all'organizzazione per eliminare una penale, aumentare gli interessi, facilitare il pagamento di riserve e far vincere un appalto ad una società amica.

GdF, intervento Martinelli appalto Sicilia - Marco Martinelli, deputato di Fi indagato nella seconda tranche dell'indagine sugli appalti dell'Anas, avrebbe garantito ad un imprenditore la nomina di un presidente di gara "non ostile" per un appalto in Sicilia. E' l'accusa che la GdF rivolge al deputato sottolineando che grazie al suo intervento e in virtù del ruolo istituzionale ricoperto l'imprenditore si è poi aggiudicato l'appalto. Un ruolo di intermediazione viene contestato anche ad un avvocato romano oggi arrestato, il quale, sempre secondo l'accusa, avrebbe fatto da intermediario, per conto di un'azienda romana, nella corresponsione alla Dama Nera di una mazzetta da 10 mila euro in cambio della facilitazione nell'erogazione di pagamenti e nello sblocco di contenziosi tra l'impresa e l'Anas.

GdF, falsato anche appalto sede Campobasso - Sarebbero diversi, secondo quanto accertato dagli uomini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Roma, gli appalti dell'Anas falsati dall'organizzazione, composta da funzionari e imprenditori, che si muoveva all'interno dell'azienda. In particolare la Guardia di Finanza ha evidenziato irregolarità nell'appalto per l'itinerario basentano, compreso il raccordo autostradale Sicignano-Potenza, per la Ss 117 Centrale Sicula (cofinanziata dalla Regione Sicilia), entrambi aggiudicati nel 2014, per la Ss 96 Barese e per la Ss 268 del Vesuvio, entrambe aggiudicate nel 2012, e anche per la realizzazione della nuova sede Anas di Campobasso, opera aggiudicata nel 2011.

GdF; 36 indagati, corruzione 'sistemica' - Sono complessivamente 36 gli indagati coinvolti nella seconda tranche dell'inchiesta sugli appalti dell'Anas. Inchiesta che, grazie alla comparazione degli elementi scaturiti dagli accertamenti tecnici e dall'esame del materiale sequestrato a ottobre, ha consentito di accertare, secondo la Guardia di Finanza, come la corruzione individuata "non si limitasse agli imprenditori e dirigenti Anas già arrestati, bensì potesse considerarsi sistemica". I finanzieri hanno infatti accertati nuovi episodi illeciti e scoperto ulteriori dirigenti e funzionari Anas che, a vario titolo e in accordo con diversi imprenditori, si sono resi responsabili di corruzione, turbata libertà degli incanti, autoriciclaggio e favoreggiamento personale. In particolare gli episodi di corruzione erano finalizzati a favorire l'aggiudicazione di gare d'appalto a determinate imprese e a velocizzare l'erogazione dei pagamenti, a sbloccare contenziosi e consentire la disapplicazione delle penali, assicurando indebiti indennizzi in relazione a procedure di esproprio.

L'operazione di questa mattina ha visto impegnati oltre 250 finanzieri e rappresenta la seconda tranche dell'inchiesta scattata a ottobre dell'anno scorso sulle mazzette pagate dagli imprenditori destinatari degli appalti ai funzionari dell'Anas. Tra questi Antonella Accroglianò, la dirigente soprannominata 'dama nera'. Ed è proprio sulla base delle sue ammissioni e dei successivi riscontri e verifiche effettuati dagli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma, che sono scattati i provvedimenti di oggi.

Anas: Azienda, grazie a pm Roma, noi collaboriamo - Gli arresti di stamani " erano attesi. Vogliamo ringraziare pubblicamente la Procura di Roma per l'aiuto fondamentale che sta dando al nuovo vertice di Anas nel fare chiarezza sul passato, mettere ordine e tutelare la parte sana dell'Azienda, che è costituita dalla stragrande maggioranza dei dipendenti". Lo ha dichiarato il consiglio di amministrazione di Anas, evidenziando che l'azienda sta "attivamente collaborando da qualche mese" con la procura. Le persone che sono state oggetto questa mattina di provvedimenti cautelari, ricorda l'azienda, sono quelle che erano state già arrestate nella prima fase delle indagini e già licenziate da Anas con procedura accelerata, con qualche attesa eccezione. Anas ha comunque "avviato immediatamente la richiesta alla Procura di Roma degli atti dell'indagine per poter espletare in tempi rapidi tutte le azioni ritenute necessarie a tutela dell'Azienda nei confronti di eventuali altri dipendenti infedeli, a partire dal licenziamento". A sottolineare la collaborazione con la procura di Roma è il presidente di Anas Gianni Vittorio Armani, che a nome anche delle consigliere di amministrazione Cristiana Alicata e Francesca Moraci, evidenzia come l'ufficio requirente abbia "strumenti di indagine che in questi casi sono indispensabili per perseguire i corrotti".
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