Il business e la corruzione dell’antimafia in Sicilia Martedì 15 Settembre 2015
http://www.infoaut.org/index.php/blog/v ... in-siciliaLo ammettiamo. Un po' ci piace. Lo sappiamo. Sappiamo che non è direttamente “cosa nostra”; sappiamo che trattasi di riequilibri tutti interni alle gerarchie del potere. Però un po' ci piace. Nonostante non riguardi direttamente lotte e conflitti, movimenti o insorgenze, raccontarvi di questi fatti, quelli di “casa loro”, pensiamo sia utile; anche un po' divertente, certamente emblematico, probabilmente paradossale.
Parliamo qui dell'ennesimo presunto scandalo riguardante il conclamato, trasversale, “variegato” mondo dell'Antimafia siciliana: croce e delizia della cosiddetta “società civile” abitante i nostri territori. Partiamo dalla fine: tre giudici sotto inchiesta insieme ad alcuni “professionisti” (avvocati, consulenti, imprenditori); un palazzo di giustizia che dovrebbe essere il simbolo della lotta alle mafie, quello di Palermo, ancora una volta in preda alle convulsioni dovute al suo essere pienamente interno ai sommovimenti di potere e dunque sempre precario alla prova dello scontro endogeno tra interessi diversi e contrapposti.
Nello specifico. Già da settimane si vociferava di una presunta indagine (resa pubblica da Il Messaggero) della Procura di Caltanissetta rispetto ad alcune “anomalie” registrate nella gestione pubblica dei beni confiscati alla mafia; parliamo, per intenderci, di quella che alcuni giornalisti locali hanno definito la maggiore holding italiana composta da più di 1500 aziende confiscate (valore stimato intorno ai 30 miliardi di euro), case e terreni agricoli e beni mobili per un valore di svariati miliardi. Ebbene, il magistrato a capo del Servizio Misure Preventive del Tribunale di Palermo, altri due giudici, più vari storici amministratori , consulenti e liquidatori, sono oggi sotto inchiesta con varie accuse che vanno dalla corruzione all'induzione alla concussione passando per l'abuso di ufficio. Li si accusa di avere messo in piedi un sistema che, sfruttando l'assetto “fiduciario” del rapporto di “nomina” manageriale (non esistono criteri univoci per l'assegnazione di incarichi, infatti), ha fatto della fase della “confisca” del bene (prima che questo passi sotto l'egida politica dell'Agenzia nazionale e delle Agenzie regionali) un vero e proprio buisness capace di fruttare milioni di euro tra tangenti, stipendi, onorari per le consulenze, regalìe di vario genere. Insomma un sistema clientelare che, se non riguardasse l'attività di magistrati molto rinomati nel territorio palermitano, in molti non esiterebbero a chiamare mafioso. E questo sarebbe motivo di grande imbarazzo per tutto il mondo della giustizia siciliana e nazionale - le persone coinvolte sono ex membri del Csm, ex sottosegretari, ex prefetti. Quindi meglio provare a farlo passare mediaticamente come indagini su isolati casi di corruzione frutto della devianza di un magistrato, la Saguto, colpevole (presunta) di ingordigia nonostante mesi fa fosse etichettata come “nemica delle cosche” e quindi “a rischio” da una nota dei servizi segreti che identificava in lei un potenziale obiettivo delle criminalità organizzate. Oggi, invece, si delinea un quadro all'interno del quale, questa alta rappresentante delle istituzioni, si presenta a capo di un sistema organizzato atto a “spartire” beni e imprese a professionisti che già amministrano altre imprese confiscate o che, magari, erano già nei consigli di amministrazione delle stesse imprese prima che queste venissero sequestrate e confiscate. Con il risultato di creare un'enorme concentrazione di potere e capitali nelle mani di pochissimi noti. Questi, in cambio, hanno offerto per anni posti di lavoro come consulenti, liquidatori, curatori ad amici e parenti degli stessi giudici del Collegio palermitano incriminato.
A fronte di quella che alcuni cronisti locali definiscono “una bomba che fa tremare dalle fondamenta il Tribunale di Palermo” quali sono le reazioni sociali?
Come al solito Palermo si presenta di fronte questa vicenda con un duplice atteggiamento sociale: da un lato quelli della “scoperta dell'acqua calda”; dall'altro quelli indignati dal quel “malcostume” chiamato “corruzione”. I primi sono coloro i quali hanno sempre saputo come funziona il meccanismo della confisca e dell'affidamento da parte dei magistrati (meglio, dei giudici) che si occupano di simili questioni: costoro non sono né giornalisti illuminati né gli storici attivisti antimafia siciliani. Sono coloro i quali o per vicinanza, o per prossimità, o per internità, hanno conosciuto da vicino le sorti di questi beni vedendo rincorrersi sempre le stesse facce, sempre le stesse firme, sempre gli stessi interessi attorno i vari atti di confisca. Sono le persone che – o perché hanno interessi contrapposti, o che più comunemente guardano a queste dinamiche con indifferenza – hanno sempre saputo guardare alle potenzialità economiche di profitto generate dalla politica speciale chiamata “lotta alla mafia”. Ecco dunque un nuovo capitolo della serie “nei quartieri tutti sapevano come funziona il sistema”.
Dicevamo che poi ci sono quelli del “pessimo e deprecabile malcostume” ; è la cosiddetta “società civile” a parlare, in questo caso: quelli del “il problema non sta nel sistema ma nelle mele marce al suo interno”; sono coloro i quali santificano qualsiasi potente assuma un ruolo sulla carta opposto alla mafia e che poi, regolarmente, da eroi finiscono per diventare “traditori”. Si pensi al caso Montante, ex dirigente nisseno di Confindustria, imprenditore e professionista molto rinomato sul territorio siciliano, che proprio mentre, un anno fa, era in lizza come possibile nuovo presidente dell'Agenzia regionale per i beni confiscati (di nomina politica) viene coinvolto in un 'indagine per associazione mafiosa (cui tutt'ora deve rispondere) nonostante fosse stato tra i promotori della politica del suo predecessore Ivan Lo Bello su codici etici antimafia e lotta al racket per gli iscritti a Confindustria. Ora è invece la volta della Saguto, integerrimo magistrato minacciato dalla mafia perché agli interessi di questa contrapponeva quelli...della sua cricca!!!
Ecco, appunto: gli interessi. La parola magica, il chiavistello che apre le porte alle analisi sul funzionamento reale della macchina di potere in Sicilia come nelle altre regioni è proprio quella di “interessi” : questi sono contrapposti, trasversali, apparentemente contraddittori; ma fanno tutti richiamo ad un'unica stella polare, un unico orizzonte: quello del profitto.
La storia regionale siciliana, quella dell'antimafia, e quella della politica territoriale (ma anche nazionale e internazionale) ci dice da ormai troppo tempo dell'inutilità di vecchie e artificiose dualità: lo stato opposto alla mafia, la giustizia opposta all'illegalità, le istituzioni opposte ai poteri informali. Interessi e profitto risiedono sempre tanto nell'uno quanto nell'altro dei campi retoricamente presentatici come contrapposti. Non rispondono a logiche di appartenenza morale o etica o metafisica. Rispondono alle logiche che semplicemente definiamo “capitaliste”. La corruzione, gli interessi, i profitti, le clientele: questo è il capitalismo e il suo locale funzionamento. Il capitalismo e le sue regole: formali e informali, legali o illegali. Ma è così che nella sua sostanza, si presenta dalle nostra parte. Tutto fa impresa; tutto fa business. Con buona pace di quelli delle mele marce.
Speriamo di avervi allietato con un racconto remake di tanti altri simili storie. Sappiamo bene che sono storie che riguardano il mondo “di sopra”, quello che nulla o poco ha da spartire con vite comuni e problemi quotidiani, con emergenze sociali e conflitti. Ma è una storia che un po', per la carica di ironia intrinseca, continua a piacerci. Triste fine degli eroi...
Giudice antimafia Saguto: laurea del figlio scritta dal prof che lei ha raccomandato al Cara di MineoEmanuele Caramma si è laureato con una tesi sui beni confiscati a Cosa nostra. Che, però - secondo gli inquirenti - è stata redatta da Carmelo Provenzano, professore universitario alla Kore di Enna, e amministratore giudiziario di fiducia dell'ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Lui, al telefono, la ringrazia per la segnalazione del suo nome quale potenziale commissario del centro richiedenti asilo
di Giuseppe Pipitone | 22 ottobre 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10 ... eo/2151628“Beni sottoposti ad amministrazione giudiziaria: bilanciamento tra tutela del mercato e garanzia della legalità”. È solo il titolo di una tesi di laurea ma a rileggerlo adesso sembra quasi una beffa. Perché quella tesi di laurea in Economia appartiene ad Emanuele Caramma figlio di Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, indagata per corruzione, induzione e abuso d’ufficio dalla procura di Caltanissetta. Saguto è al centro di un’inchiesta che ha svelato un gigantesco cerchio magico fatto di favori, regali e prebende nella gestione delle ricchezze sottratte ai boss. Ed è stata anche intercettata mentre definiva i figli di Borsellino “squilibrati e cretini”.
Suo figlio, già citato nell’indagine per un incarico ottenuto in un lussuoso hotel di proprietà della famiglia dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, l’asso pigliatutto dell’amministrazione giudiziaria, si è addirittura laureato con una tesi sui beni confiscati a Cosa nostra. Un titolo che, come spiega La Stampa, a Caramma viene suggerito dal vero autore di tutto l’elaborato, e cioè Carmelo Provenzano, professore universitario alla Kore di Enna, amministratore giudiziario di fiducia della Saguto, uno dei componenti del cerchio magico della zarina dei beni confiscati. È Provenzano che scrive – secondo gli inquirenti – la tesi di laurea del figlio della Saguto, ed è sempre Provenzano che cerca di farsi raccomandare dal magistrato per un incarico al Cara di Mineo, il centro per richiedenti asilo finito al centro di Mafia Capitale e commissariato dallo scorso giugno.
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“Il 12 giugno Provenzano contatta la Saguto ringraziandola per la segnalazione del suo nome al prefetto di Palermo quale potenziale commissario del Cara di Mineo”, si legge nei brogliacci della guardia di finanza. Perché per l’incarico a Mineo, Saguto fa intervenire il prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, sua grande amica. “Ti volevo dire che ieri, davanti a me, ha telefonato quella da Roma per chiedere i dati al prefetto”, dice ad un certo punto a Provenzano. Il professore gongola: “Mamma mia se è così, prima di festeggiare, un bacio in bocca ti do guarda. Sei una potenza”.
Ma non solo. Perché Saguto era riuscita a trovare un lavoro al Cara di Mineo anche a suo marito Lorenzo Caramma, coinvolto con lei nell’inchiesta nissena, già titolare di una serie di incarichi concessi da altri amministratori giudiziari. Caramma aveva trovato l’accordo con Davide Franco, commercialista amministratore del centro richiedenti asilo di Mineo, che aveva “avuto il numero” del marito della Saguto da Guglielmo Muntoni, presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma. “E’ vero, ho chiesto all’ingegnere Lorenzo Caramma se fosse interessato a collaborare al Cara di Mineo. Tuttavia i primi di settembre abbiamo ritenuto opportuno interrompere questa ipotesi lavorativa con l’ingegnere dato che dai giornali apprendemmo dell’inchiesta di Caltanissetta. Lo abbiamo fatto per motivi di opportunità”, spiega il commercialista Franco.
E mentre da una parte Saguto chiedeva al prefetto aiuto per trovare incarichi al Cara di Mineo, dall’altra contattava l’amministratore giudiziario Alessandro Scimeca per sollecitare assunzioni chieste dallo stesso prefetto. “Io – dice intercettata il 28 agosto – ti devo chiedere il favore per il prefetto: di quello là da assumere”. Sono invece propositi di vendetta quelli promessi dal magistrato nei confronti dell’avvocato Walter Virga, figlio di Tommaso, magistrato ed ex componente togato del Csm.
I due Virga sono finiti entrambi coinvolti dall’inchiesta nissena. Virga junior, infatti, era stato nominato amministratore giudiziario del gruppo Bagagli e delle aziende sequestrate alla famiglia Rappa: negozi, concessionarie d’auto di lusso, tv private, un tesoro da quasi un miliardo di euro. In cambio – secondo l’accusa – Virga aveva assunto Mariangela Pantò, fidanzata del figlio della Saguto, nel suo studio legale. “Abbiamo pagato il pizzo che dovevamo pagare e abbiamo avuto quell’incarico”, commenta in un’intercettazione. Appena inizia a scoppiare lo scandalo, però, Virga preferisce “licenziare” la fidanzata del figlio della Saguto. La reazione del magistrato è rovente. “Sono distrutta, incazzata non si può dire come gliela faccio pagare, non si buttano a mare le persone, si rischia insieme”. Poi riceve Virga e gelida sentenzia: “Non penso che ci sarà un seguito a questa collaborazione”.
Palermo, bufera a palazzo di Giustizia nell’inchiesta coinvolto pure il prefettodi Silvia Barocci
http://www.ilmessaggero.it/PAY/EDICOLA/ ... 7569.shtml Un ”verminaio”. E’ la definizione più ricorrente degli investigatori alle prese con l’inchiesta sul sistema familistico palermitano nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Al vaglio degli inquirenti di Caltanissetta è finita anche la posizione del prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo. Verifiche sarebbero in corso, in particolare, sul contenuto di alcune sue conversazioni intercettate con l’ormai ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, indagata per corruzione aggravata, induzione alla concussione, abuso d’ufficio e, in concorso col padre, per riciclaggio. Gli accertamenti sul ruolo del prefetto ruoterebbero attorno al rafforzamento della scorta al magistrato decisa a seguito della notizia, rilanciata lo scorso 22 maggio da alcuni siti web e agenzie, che la mafia voleva morta la Saguto e un’altra ”toga”, Renato di Natale.
I magistrati di Caltanissetta sospettano che si sia trattato di un’operazione costruita a tavolino: un ufficiale della Dia di Palermo avrebbe diffuso una notizia molto vecchia - quella di una nota dei servizi segreti in allarme per l’incolumità della Saguto - con l’obiettivo di sollevare un clamore mediatico attorno alla giudice paladina dell’antimafia per controbilanciare alcuni servizi tv di <CF2>Telejato </CF>e delle <CF2>Iene</CF> che ne mettevano in dubbio la buona fede. In questo modo, invece, avrebbe ricevuto la solidarietà dei colleghi e dell’Anm.
Beni mafia, Alfano: ''Da caso Saguto messaggio devastante''23 ottobre 2015
http://video.repubblica.it/dossier/gove ... 723/214906''Profonda delusione e infinita tristezza''. Ha commentato così il ministro dell’Interno Angelino Alfano il caso dell’ex giudice antimafia Silvana Saguto. Poi dal palco dell’auditorium di Palazzo Italia Alfano ha tirato le conclusioni tornando sulla vicenda: ''Io ritengo che quello che sta accadendo adesso a un pezzo della magistratura palermitana, sotto indagine per corruzione e reati gravissimi sull'uso delle consulenze e della gestione dei beni confiscati è un messaggio culturale devastante, oltre alle intercettazioni che provocano un’infinita tristezza e un grande dolore sui figli di Borsellino. Perché se da lì arriva un messaggio del genere, allora vuol dire che non ci si può fidare più di nessuno?''.
(di Alessandro Puglia)
Caso Saguto, l'Anm: "Danni incalcolabili per le toghe"Venerdì 23 Ottobre
Il presidente dell'associazione dei magistrati: "La sola ipotesi che possano essere realizzate condotte meno che corrette è fonte di sconcerto e di grave turbamento nell'opinione pubblica e tra i magistrati, foriera di danni incalcolabili".
http://livesicilia.it/2015/10/23/caso-s ... ghe_677203BARI - Gli incarichi di consulenza e di gestione dei beni sequestrati alla mafia vanno affidati secondo criteri di "piena trasparenza". "La sola ipotesi che possano essere realizzate condotte meno che corrette è fonte di sconcerto e di grave turbamento nell'opinione pubblica e tra i magistrati, foriera di danni incalcolabili". Così il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli torna sull'inchiesta che ha coinvolto l'ex presidente delle Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto, e altri quattro magistrati.
Caso Saguto: nuovo blitz alle Misure di prevenzione. Ma Cappellano va avanti
La Finanza sequestra altri documenti in tribunale. L'avvocato sotto inchiesta: "Con la mia gestione non è fallita alcuna azienda"
di SALVO PALAZZOLO
29 settembre 2015
http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... -123904521Caso Saguto: nuovo blitz alle Misure di prevenzione. Ma Cappellano va avanti
La Guardia di finanza è tornata alla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, per acquisire nuove carte sulla gestione del giudice Silvana Saguto. Gli investigatori del nucleo di polizia tributaria e il pm di Caltanissetta Cristina Lucchini sono arrivati di buon mattino in cancelleria. E si sono fermati sino a pomeriggio inoltrato, portando via alcuni scatoloni pieni di documenti. Sembra che riguardino non soltanto la gestione degli avvocati Gaetano Cappellano Seminara e Walter Virga, ma anche altre amministrazioni giudiziarie.
E mentre era in corso il blitz in cancelleria, la nuova sezione presieduta dal giudice Mario Fontana era in piena attività. Per cercare di rimettere ordine in questo settore cruciale per la lotta alla mafia. Ieri, era giornata di ricevimento per gli amministratori giudiziari. Si è presentato anche Cappellano Seminara, indagato con la Saguto di concorso in corruzione: continua a gestire nove amministrazioni giudiziarie. E non ha alcuna intenzione di lasciare. Lo conferma lui stesso a Repubblica, uscendo dalla sezione Misure di prevenzione. "Sotto la mia gestione, nessuna azienda è mai fallita ", dice. "Anzi, sono stati raggiunti risultanti importanti". Cappellano ricorda il caso della Newport, la società che si occupa della movimentazione dei container al porto, "passata da un pesante disavanzo a un milione di euro di attivo ".
L'avvocato Cappellano Seminara rivendica anche gli "straordinari risultati " ottenuti dalla cava Giardinello, finita al centro di un dramma: alcuni giorni fa, è stata il teatro di un duplice omicidio commesso da un operaio messo in mobilità. Uno dei morti era il gestore della cava, il geologo Gianluca Grimaldi, figlio del cancelliere della sezione Misure di prevenzione. "Nessun caso di favoritismo - dice Cappellano - Grimaldi era un vero asso nel suo settore. Aveva scoperto che nella cava Giardinello si poteva estrarre il ballast, un materiale unico utilizzato in ambito ferroviario. Così, avevamo potuto vincere una commessa milionaria con Rfi ". Il rilancio fatto da Grimaldi aveva anche portato la cava di Giardinello a stipulare un accordo con Malta. "A luglio, sono partite 17 navi cariche di materiale".
Ieri mattina, Cappellano Seminara ha proposto ai nuovi giudici della sezione Misure di prevenzione altre attività per rilanciare le sue amministrazioni giudiziarie. E l'inchiesta dei pm di Caltanissetta? Il legale dice di voler attendere il termine dell'indagine per difendersi. "Intanto - dice - ho messo a disposizione degli inquirenti tutta la mia documentazione. Controllino pure ogni carta". È quello che i finanzieri stanno facendo, alla ricerca di passaggi di denaro occulti fra il legale e il giudice.