Corusion tałiana e romana

Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mar set 20, 2016 8:46 pm

La sinistra rubava sul terremoto. Lascia il vicesindaco dell'Aquila
Subito dopo il sisma contestarono Berlusconi e Bertolaso, accusati di speculare sul dramma. Ora la cerchia del sindaco Pd Cialente è sotto inchiesta per mazzette
Gabriele Villa - Gio, 09/01/2014

http://www.ilgiornale.it/news/interni/s ... 81144.html

Prendiamone atto: nel panorama della distillazione spunta una novità. Oltre alla grappa giovane, alla grappa affinata, alla grappa aromatica è entrata ufficialmente in commercio (un commercio sottobanco, intendiamoci) la grappa «mazzettata».

Una bottiglia di grappa, cioè, impreziosita da una tangente di diecimila euro. Esattamente quanto sarebbe arrivato a casa del vicesindaco dell'Aquila, Roberto Riga, a leggere quanto scrive il gip Romano Gargarella, nella sua ordinanza.

Un Riga che, nella «gran confusione», legata alla ricostruzione post terremoto, avvenuto nel 2009, nel capoluogo abruzzese, avrebbe ricevuto una tangente di 10mila euro, nascosta dentro un pacco dono con una confezione di grappa, in cambio del suo interessamento per far vincere un appalto. Guardate che cosa va a capitare proprio nei salotti e nelle stanze dalla specchiata e sbandierata onestà. Proprio in casa Pd. Nelle stesse stanze da dove, fin da subito, fin dai primi mesi della ricostruzione e poi ancora, prima, durante e dopo i «giorni delle carriole e degli scarriolanti» (ricordate le proteste per entrare nella zona rossa e caricare simbolicamente le macerie?) si lanciavano accuse, insulti e sputi contro Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Guido Bertolaso. E persino contro l'avvocato Ghedini, accolto così, durante una sua semplice e innocua comparsata.

«È stato un fulmine a ciel sereno, mi sento fortemente tradito» si è affrettato a dichiarare, ieri, con aria contrita, il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, commentando quella che è stata soprannominata l'inchiesta «Do ut Des» sulle presunte tangenti negli appalti per la ricostruzione avviata il 6 aprile 2009. E ha ragione a sentirsi tradito quel Cialente che, con il Cavaliere non è mai stato tenero fin dai loro primi incontri, perché fra gli altri accusati c'è anche Vladimiro Placidi, 57 anni, assessore comunale alla Ricostruzione dei beni culturali dopo il terremoto nel primo mandato del sindaco, nonché direttore del consorzio dei Beni culturali della Provincia dell'Aquila. «Mi tiro da parte come vice sindaco e assessore perché vorrei lasciare tranquilla l'amministrazione comunale, il sindaco e la giunta senza avere dubbi sulla propria attività», ha invece dichiarato Roberto Riga, (ex Api poi confluito in area Pd) che fino a poche settimane fa aveva anche la delega alla Protezione civile e che, all'epoca dei fatti, era assessore all'Urbanistica. Le accuse, mosse contro otto persone, tra indagati e arrestati (le indagini sono state portate avanti dalla Squadra mobile guidata da Maurilio Grasso, figlio di Pietro) sono eloquenti: millantato credito, corruzione, falsità materiale ed ideologica, appropriazione indebita. Mentre 13 sono le perquisizioni, in alcune ditte, abitazioni private e dentro gli uffici del Comune dell'Aquila, scattate ieri nelle prime ore della mattina.

Eppure dalle oneste sponde del Pd c'era chi, come la presidente della Provincia Stefania Pezzopane, che ora siede in Parlamento, tuonava che: «Per rispetto della nostra gente, il problema va affrontato in fretta, consapevoli che le macerie possono costituire fonte di reddito per la nostra terra, non per gli speculatori». Pensate un po'. Una presidente tutto d'un pezzo, appunto, che anche recentemente, dopo aver preconizzato la decadenza di Berlusconi, ha brillato per la sua ironia invitandolo a scontare l'eventuale anno di pena nel cratere sismico «per svolgere attività di utilità sociale a favore della ricostruzione post-sisma in particolare nella gestione e manutenzione dei progetti case così constaterebbe in prima persona il miracolo aquilano». Ma gli insulti, macerie o no, non sono mai mancati contro Berlusconi e i suoi uomini. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta venne accolto da un simpatico coro: «Letta vedi de jittene», persino durante la cerimonia religiosa in onore di San Pietro Celestino, in Piazza Duomo. E il popolo delle carriole, con un gruppo di rappresentanti dei comitati cittadini srotolò gli striscioni con parole grevi, al passaggio di Berlusconi anche quando giunse all'Aquila per consegnare le onorificenze di protezione civile. Mentre Bertolaso, insultato a intermittenza, fu accolto davanti alla basilica di Collemaggio da un drappello di contestatori armati di striscioni e pistole ad acqua. «Per rinfrescargli le idee», dissero. Ma, intanto qualcuno all'Aquila le idee le aveva già chiarissime.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mer set 21, 2016 7:07 pm

Figli inesistenti, parenti disabili: mille immigrati truffano il Fisco
Martedì 20 Settembre 2016

http://www.ilgazzettino.it/nordest/trev ... 76255.html

TREVISO - La Guardia di Finanza di Treviso ha segnalato mille stranieri all'autorità giudiziaria per indebite percezioni di erogazioni a danno dello Stato.
Una truffa da tre milioni di euro, uno solo dei quali è stato bloccato dalle 'fiamme gialle' prima che fosse erogato. Mente del raggiro al fisco il titolare di un Centro di Assistenza Fiscale bolognese al quale si rivolgevano stranieri da tutta Italia. Ai finanzieri il sospetto è venuto quando hanno notato un numero consistente di immigrati rivolgersi anziché ad un Caf della Marca a uno bolognese a cui erano state sottoposte mille dichiarazioni dei redditi infedeli, presentate o già compilate e in attesa di essere trasmesse all'Agenzia delle Entrate, finalizzate a beneficiare di crediti d'imposta non spettanti.
In detrazioni parenti disabili senza che lo fossero, spese sanitarie mai sostenute e tanti altri casi simili. L'indagine, coordinata dalla procura di Bologna e condotta dal Gruppo di Treviso, ha permesso di svelare l'intero meccanismo di frode e di ottenere anche l'annullamento di oltre 300 modelli 730/2016, da poco presentati con l'indicazione di quasi un milione di euro di crediti IRPEF non spettanti, che così non saranno liquidati.
Il Caf bolognese, in cambio di compensi, ha agevolato le pratiche di numerosi clienti, consentendo loro di percepire indebiti crediti Irpef, liquidati in oltre due milioni di euro, attraverso l'aggiramento per anni (dal 2012) del sistema informatico di «controllo automatizzato» delle dichiarazioni dei redditi.
Gli indagati, tutti cittadini stranieri residenti sull'intero territorio nazionale, con la compiacenza del responsabile del Caf ricorrevano, infatti, a diversi artifici per perseguire il disegno fraudolento volto al conseguimento di rimborsi Irpef non dovuti: nel modello 730 dichiaravano crediti d'imposta inesistenti, oppure la presenza di altri familiari a carico residenti all'estero e privi di codice fiscale, o ancora detrazioni per figli non esistenti in affidamento preadottivo, anche disabili. La magistratura bolognese ha disposto a carico del consulente fiscale, vera «mente» ed «istigatore» delle condotte delittuose, il sequestro preventivo d'urgenza dell'immobile sede del Centro Direzionale utilizzato dall'indagato per l'esercizio dell'attività.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom set 25, 2016 9:17 am

Favori agli amici e concorsi truccati - In cattedra finiscono i figli dei prof
La corruzione negli atenei e la denuncia di Cantone: subissati di segnalazioni, è la causa della fuga dei cervelli. Da cinque anni una legge vieta ai parenti di insegnare nella stessa facoltà
di Sergio Rizzo
Milano, 23 settembre 2016

http://www.corriere.it/cronache/16_sett ... 05dc.shtml

La corruzione negli atenei e la denuncia di Cantone: subissati di segnalazioni, è la causa della fuga dei cervelli. Da cinque anni una legge vieta ai parenti di insegnare nella stessa facoltà

Tenevano famiglia. E continuano a tenerla ancora oggi, dopo che una legge dello Stato ha prescritto ben cinque anni fa il divieto ai parenti di insegnare nella stessa facoltà. Il bello è, dice il presidente dell’Autorità anticorruzione, «che si è trovato evidentemente il modo di aggirarla». Tante sono le segnalazioni che gli piovono sul tavolo: «Siamo subissati». Lettere che denunciano anche sospetti di malaffare nei concorsi, puntualmente girate alla Procura della Repubblica. Così numerose da far dire a Raffaele Cantone che «esiste un collegamento enorme fra la fuga dei cervelli e la corruzione».

Strada sbarrata

Del resto, perché un giovane bravo e capace dovrebbe restare in Italia avendo l’opportunità di insegnare all’estero, se sa già che la sua strada sarà sbarrata da un concorso taroccato mentre il figliolo del barone ce l’avrà spianata? Le segnalazioni che arrivano all’Anac sono tutte da verificare, ovvio. Ma l’odore della parentopoli universitaria in barba alle norme è penetrante. E pensare che già dieci anni fa, quando era solo un ufficetto in centro a Roma, e prima che il governo Berlusconi la sopprimesse nella culla, la neonata autorità anticorruzione guidata dall’ex prefetto Achille Serra aveva sfornato un esplosivo dossier sulla scuola universitaria di alta formazione europea Jean Monnet di Caserta. Dove si raccontava che «frequenti rapporti di parentela, affinità o coniugio legano nel 50% dei casi il corpo docente (82 persone) con personalità del mondo politico, forense o accademico».

Un decennio dopo

Quasi un decennio dopo, al convegno dei responsabili amministrativi degli atenei, Cantone racconta che in una università meridionale «è stata istituita una cattedra di Storia greca in una facoltà giuridica e una cattedra di Istituzioni di diritto pubblico in una facoltà letteraria». E che i titolari erano «i figli di due professori delle altre università». Destini incrociati, di cui la storia dell’università italiana offre ampia letteratura. Con gli stessi protagonisti che ne vanno fieri: tanto la cattedra alla discendenza è sempre stata ritenuta non un sopruso, ma un
diritto.

L’«analogia»

Quando scoppia il caso dei familiari di Luigi Frati, rettore della Sapienza di Roma e preside per moltissimi anni della facoltà di Medicina, a chi chiede spiegazioni lui sbatte in faccia una strepitosa metafora: «Quando Cesare Maldini è diventato commissario tecnico della Nazionale, Paolo Maldini non è stato buttato fuori dalla squadra». Peccato che un rettore non sia un allenatore di calcio e che nella squadra della sua facoltà di Medicina non ci sia un familiare, ma tre. Suo figlio cardiologo, sua moglie laureata in Lettere docente di Storia della medicina e sua figlia laureata in Giurisprudenza docente di Medicina legale: di più, nominata dal governo di Enrico Letta nel comitato nazionale di bioetica. Tre Paolo Maldini?

Effetti collaterali

Narrano che questa scintilla inneschi il famoso divieto contenuto nella legge di Mariastella Gelmini. Anche se non ci sono prove. Che quella decisione scateni invece singolari effetti collaterali, invece, è noto. Il Messaggeroracconta che alla vigilia dell’approvazione della norma la dottoressa Paola Rogliati, nuora del preside della facoltà di Medicina di Tor Vergata a Roma, Renato Lauro, diventa professore associato della cattedra di Malattie dell’apparato respiratorio. Sottolineando la circostanza che nella stessa facoltà e nel medesimo dipartimento, riporta l’Ansa, «c’è anche il marito della signora, nonché figlio del preside, David Lauro, professore ordinario di Endocrinologia, cattedra detenuta prima di lui dal padre». Tutto regolare. Ma difficile sostenere che sia normale.

La normalità

Eppure per anni è stata questa la normalità delle cronache giornalistiche. All’Università di Bari c’era il corridoio Tatarano, dove c’erano le stanze del professore di Diritto privato Giovanni Tatarano e dei suoi figli Marco e Maria Chiara. C’era la dinastia dei Massari: nove, per l’esattezza. E dei Girone: cinque, considerando anche il genero. Così a Bari, dove nel saggio L’università truccataRoberto Perotti aveva contato 42 parenti su 176 docenti di Economia. Ma così pure nel resto d’Italia. E le inchieste, da Nord a Sud, non si contano. Anche se quasi tutte finiscono sempre al solito modo: in una bolla di sapone.

Paradosso

La legge, dice Cantone ha ora «istituzionalizzato il sospetto». E Mariastella Gelmini replica che il divieto aveva proprio l’obiettivo di ripulire i concorsi. Resta il fatto che in un Paese normale di una norma del genere non ci sarebbe mai stato il bisogno. Lo ha detto anche Cantone, precisando di non averla «attaccata»: «Ho detto che è un paradosso che ci debba essere una legge che stabilisce un divieto che dovrebbe essere scontato».
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » ven ott 14, 2016 5:13 pm

Aifa, affitti d’oro e guai giudiziari: ecco chi decide il prezzo dei farmaci
L'Agenzia italiana del farmaco decide l'acquisto e il costo dei medicinali commerciati in Italia. Dal 2008 è stata colpita da due scandali: 8 dirigenti arrestati, sei anni fa, per aver alterato l'iter per la messa in commercio dei farmaci; ispezione della Guardia di Finanza, nel 2014.
di Chiara Daina | 29 novembre 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... ci/1240548

Nasce appena undici anni fa e la sua storia è già avvolta nel mistero. In pochi sanno cos’è l’Aifa, cioè l’Agenzia italiana del farmaco, ente governativo diretto dal ministero della salute. Eppure riguarda tutti da vicino. Perché la sua funzione è quella di garantire l’accesso ai farmaci nel nostro Paese. Come? Prima con una valutazione del farmaco sulla scorta del parere dell’Ema (l’Agenzia del farmaco europea). Poi tramite la negoziazione del prezzo con l’azienda produttrice.

Le aziende fanno l’offerta e l’Aifa prende o lascia, difficilmente riesce a contrattare. Dal 2004 il prezzo di un medicinale (rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale) è assegnato in funzione del suo valore terapeutico, e non dal valore industriale. Quindi il vero paradosso è che lo spreco di denaro pubblico dovuto ai costi esorbitanti di alcune molecole (come il Sofosbuvir contro l’epatite C da 50mila euro, o l’imatinib, un antileucemico, da 24mila euro) è legale. Fino al 2010 la sede Aifa era un edificio umile nella periferia di Roma, non lontano dalla metropolitana. Poi si è trasferita in un palazzo faraonico di sette piani in via del Tritone 181, nel centro di Roma, a due passi dalla Fontana di Trevi, e guarda un po’, quasi di fronte all’ingresso di Farmindustria, l’associazione delle case farmaceutiche. Ora l’Aifa paga un affitto di quasi 4 milioni di euro l’anno, il doppio di quello che spendeva prima. E il numero dei dipendenti è lievitato da 250 a 402. Il bilancio del 2013 chiude con un utile di 1,6 milioni. Riceve dallo Stato il 29% dei finanziamenti. Il direttore è Luca Pani, psichiatra e farmacologo cagliaritano, che riceve un compenso lordo di 222.107 euro l’anno. I dirigenti sotto di lui prendono dai 96 mila ai 162 mila euro lordi.

L’Aifa cresce su un terreno inquinato. Prima di lei, a fare le stesse cose era il Servizio farmaceutico dentro il ministero della Salute che fino al 1993 è in mano al re della sanità, Duilio Poggiolini , già iscritto alla P2 di Licio Gelli, a capo del servizio e destinatario di montagne di mazzette da parte di Big Pharma per autorizzare la vendita e stabilire i prezzi dei farmaci. Al momento dell’arresto gli vengono sequestrati oltre 15 miliardi di vecchie lire su un conto svizzero, lingotti d’oro, gioielli, quadri, monete antiche. Nel 2013 viene scoperto un tesoro di 26 milioni di euro nel caveau di Bankitalia. Un anno prima la Corte di Cassazione lo obbliga a risarcire lo Stato di oltre 5 milioni di euro per il reato di corruzione.

Poi arrivano i due scandali più grandi in casa Aifa. Il primo nel 2008, che porta all’arresto di otto dirigenti dell’ente e 19 avvisi di garanzia tra i suoi funzionari e i titolari di imprese farmaceutiche, per aver alterato l’iter di autorizzazione per la messa in commercio di alcuni farmaci. Nell’inchiesta è coinvolto anche Nello Martini, allora direttore dell’ente, accusato di disastro colposo perché non ha ordinato l’aggiornamento di 20 foglietti illustrativi. Il 21 giugno 2008 viene licenziato . L’8 luglio 2010 è prosciolto perché “il fatto non costituisce reato”. La mancata correzione dei bugiardini infatti non ha messo in pericolo la salute dei cittadini. Qual è la sua vera colpa? Di non farsi comprare da Big Pharma. Lui è il primo direttore dell’Aifa e inaugura un programma d’avanguardia indipendente per medici, infermieri e farmacisti: bollettini, guide e corsi di aggiornamento slegati dagli interessi delle aziende. Nel 2005 chiede a queste di versare il 5 per cento di quello che spendono in convegni e attività di marketing per finanziare ricerche indipendenti in settori di business poco interessanti, come malattie rare e farmacovigilanza. Un piano che dà fastidio e dopo cinque anni svanisce. Spariscono anche i bollettini. Nel 2014 l’Aifa cade sotto i riflettori per un altro guaio. Lo scorso giugno la Guardia di finanza fa un blitz in via del Tritone: il sospetto dei pm è la presenza di un piano artificioso messo in piedi da Roche e Novartis per manipolare i criteri di determinazione del prezzo dei farmaci Lucentis e Avastin da parte dell’Agenzia del farmaco.

https://it.wikipedia.org/wiki/Duilio_Poggiolini
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » ven ott 28, 2016 9:53 pm

Corruzione, nomi illustri fra i 21 arresti per appalti Tav Milano-Genova e A3. Escort come tangenti
Fra le persone coinvolte Giandomenico Monorchio (figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato) e Giuseppe Lunardi, figlio dell’ex potente ministro Pdl
2016/10/26
marina palumbo

http://www.lastampa.it/2016/10/26/itali ... agina.html

Spiccano due nomi illustri nell’inchiesta della Procura di Roma su appalti e corruzione delle grandi opere. Uno è l’imprenditore Giandomenico Monorchio (figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio) arrestato stamattina dai carabinieri del Comando Provinciale di Roma. L’altro, che risulta indagato a piede libero, è invece Giuseppe Lunardi, anch’egli imprenditore, nonché figlio dell’ex potente ministro Pdl ai Trasporti e alle Infrastrutture del governo Berlusconi, Pietro Lunardi. Per aggiudicarsi gli appalti dei lavori per il Terzo Valico genovese gli imprenditori non pagavano soltanto tangenti, ma offrivano anche prestazioni con escort.

Sono in totale ventuno gli arrestati tra Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Umbria e Calabria nell’indagine condotta dai carabinieri di Roma e denominata «Amalgama» (per simboleggiare i legami stretti). Ipotizza la corruzione per ottenere contratti di subappalto nell’ambito dei lavori per la realizzazione della tratta Tav «Av./A.C Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi» (Alta Velocità Milano-Genova), del 6° Macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa. Agli indagati i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino contestano, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione.

Terzo valico, corruzione e bustarelle: “Prestazioni di escort come tangenti”

Parla in Procura il colonnello Maurizio Cintura del nucleo Polizia Tributaria. Nel video, anche le immagini dello scambio di denaro .

Uno scambio di favori tra dirigenti e imprenditori. Falsi certificati sui lavori in cambio di subappalti. Ruolo «chiave» era quello del direttore lavori, l’ingegner Giampiero De Michelis, considerato il «promotore e organizzatore» della banda insieme all’imprenditore calabrese Domenico Gallo. Era proprio lui che, incaricato della direzione dei lavori dal «contraente generale», svolgeva compiacenti controlli di qualità e rilasciava certificati dove si affermava il falso, ottenendo come contropartita «commesse per beni e servizi» fatturati a ditte riferibili a parenti o amici.

Appalti e corruzione Grandi Opere: è il male dei mali alle nostre spalle

Il complesso meccanismo è spiegato dalle intercettazioni telefoniche con le quali i carabinieri, agli ordini del generale Antonio De Vita, hanno incastrato i due principali protagonisti e gli altri indagati coinvolti, a vario titolo, nell’inchiesta. Tantissime le telefonate ascoltate dagli inquirenti. C’è ad esempio quella dell’aprile 2015, nella quale Gallo dice a un coindagato: «Chi fa il lavoro… la stazione appaltante… i subappaltatori… deve crearsi l’amalgama, mo’ è tutt’uno… Perché se ognuno tira e un altro storce non si va avanti… Quando tu fai un lavoro diventi… parte integrante di quell’azienda là… E devi fare di tutto perché le cose vadano bene… è giusto?».

Corruzione nei subappalti per le grandi opere: 21 arresti in tutta Italia

Corruzione nei subappalti per le grandi opere: 21 arresti in tutta Italia nell’ambito dell’operazione Amalgama. Nel mirino della procura di Roma la tav Milano-Genova, l’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria e la People Mover di Pisa, impianto a fune che collega l’aeroporto e la stazione ferroviaria della città toscana. Anche la tentata estorsione fra le accuse. Ricostruiti i presunti comportamenti illeciti di un’organizzazione capeggiata da un uomo che ha diretto i lavori per le tre opere fino al 2015 e dal suo socio, un imprenditore calabrese del ramo delle costruzioni stradali.

I carabinieri annotano nel verbale, poco dopo, lo stupore dello stesso Gallo nell’apprendere che il suo interlocutore credeva che i controlli sui lavori venissero svolti secondo le regole: «Ah, perché pensavi che erano…». Quello risponde: «Io sì», e Gallo chiarisce: «Nooo… non pensare…. Chi pensa male fa peccato ma non sbaglia mai».

“Il calcestruzzo era una colla”, nell’intercettazione si lamentano della qualità

Nella prima parte dell’intercettazione a parlare sono Jennifer De Michelis, figlia del direttore dei lavori Giampiero De Michelis, assunta dalle imprese sub appaltatrici Cociv come consulente qualità sicurezza e ambiente, e Enrico Conventi ispettore di cantiere per la direzione dei lavori, nonché suo fidanzato.

Nella seconda parte parlano un funzionario Cociv non indagato (quello che si lamenta della qualità del cemento fornito dalla Breackout riconducibile a Gallo e De Michelis) con il funzionario Cociv Paolo Brogani (arrestato), che invece aiuta Gallo e De Michelis nelle loro manovre corruttive.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » ven ott 28, 2016 10:17 pm

Italia incurabile: il maxi assenteismo dei vigili a Roma derubricato a mera coincidenza
Oscar Giannino

https://www.leoniblog.it/2016/10/27/ita ... oincidenza


Per carità, come sempre massimo rispetto della magistratura e delle sue sentenze. Ma questo non impedisce di dire, in attesa di conoscere le motivazioni della decisione assunta dal giudice del lavoro della terza sezione del Tribunale di Roma, che è devastante il segnale arrivato ieri all’opinione pubblica, ai dipendenti del Campidoglio e in generale a tutti i dipendenti pubblici italiani, visto che Roma è la Capitale.

Il giudice ha stabilito infatti che la maxi astensione dal lavoro di 767 vigili urbani romani la notte del Capodanno 2015, cioè dell’83% dell’organico del corpo mentre in romani nelle strade festeggiavano l’anno nuovo, non fu affatto uno sciopero selvaggio. Di conseguenza il giudice ha anche annullato la multa di circa 100mila euro che tre mesi dopo fu comminata a 5 sindacati dall’Autorità Garante sul diritto di sciopero. La cifra va dunque restituita ai sindacati. A questa decisione si aggiunge che dei 767 vigili solo una trentina finì per essere soggetta a indagine disciplinare interna. Mentre dei ben 100 medici indagati per falso dalla Procura – o per aver sottoscritto certificazioni mediche per quella notte senza aver incontrato il paziente, o per aver delegato impropriamente ad altri colleghi il farlo, o per aver ceduto a terzi le proprie password per le comunicazioni d’obbligo all’INPS – la maggior parte sembra uscire senza danno dall’inchiesta.

La somma di questi tre segnali è univoca: dunque quella notte non accadde niente di particolare, ordinaria amministrazione. Aveva evidentemente ragione il sindacato Ospol che all’indomani della maxi astensione, a chi come noi ne protestava l’illegittimità e intollerabilità, replicava sdegnato che al contrario l’83% di astenuti era “una percentuale fisiologica”. Evidentemente, è stato solo un fortuito caso, che in quella notte contemporaneamente e senza alcun concerto ben 567 si dichiarassero malati, 63 assenti per donazioni di sangue (a Capodanno!), 81 a casa per assistere parenti con patologie coperte da congedo parentale disposto dalla legge 104, e 52 per altri motivi.

Ma non scherziamo, per favore. Chi davvero può credere a una simile coincidenza? Solo chi decide di ignorare che quella notte fu causata dal durissimo scontro che il corpo dei vigili riservava all’allora comandante fresco di nomina, il superpoliziotto Raffaele Clemente, vissuto dai caschi bianchi romani come un corpo estraneo. Tanto estraneo che aveva disposto immediatamente rotazioni a catena degli incarichi per tutto il corpo, al fine di svellere incrostazioni decennali e rischiose connivenze. E alla lotta strenua contro la rotazione si aggiungeva quella per il salario di merito diviso tra tutti a pioggia, grave problema che resta ancora insoluto per tutti i dipendenti capitolini.

I sindacati quella lotta l’hanno vinta. Clemente non è più il loro comandante. C’è un vice, e il nuovo comandante dovrà essere scelto dalla giunta Raggi entro fine ottobre. Ma cosa farà la nuova giunta? Il solo fatto che davanti al giudice del lavoro il Comune di Roma non si sia costituito nel procedimento, ignorando del tutto le parole durissime che all’indomani della maxi protesta furono pronunciate da Clemente, sembra proprio la dice lunga su quanto possiamo aspettarci. E allora diciamolo in chiaro. Se il sindaco e la giunta Raggi credessero di doversi ingraziare sindacati, vigili e dipendenti, fingendo di non vedere che la prima svolta da imprimere è proprio quella della legalità, dell’efficienza e della trasparenza, allora vorrebbe dire che non ci siamo proprio.

E il comune cittadino, la società civile, che cosa devono pensare, assistendo al passaggio istituzionale in cavalleria di una vicenda che generò ironia e disprezzo sugli organi d’informazione di mezzo mondo? I dipendenti pubblici onesti e leali, quelli che credono nel dovere di prestare servizio alla collettività rispettando le regole e aspettandosi di vedere il proprio merito finalmente riconosciuto, come non immaginare che ancora una volta allargheranno le braccia, pensando che se le cose stanno così allora non c’è alternativa e devono farsi furbi anche loro? E i dirigenti, incaricati di vigilare sul comportamento dei sottoposti, svolgendo le proprie funzioni saranno forse spinti a maggior scrupolo, o piuttosto a chiudere gli occhi e a lasciar correre?

Lo sappiamo tutti, sono domande retoriche. L’amara risposta è nei fatti. L’immobilismo delle peggiori prassi vince ancora una volta. E fa apparire gli impegni della politica, alle riforme e alle svolte morali, come pure espressioni labiali a cui non seguono fatti conseguenti.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom nov 27, 2016 10:23 am

Campania, truffa da 10 milioni nella Sanità: 50 indagati, 7 dirigenti della Regione. “Intascavano doppia indennità”
Iscritti nel registro degli indagati 7 dirigenti della Regione e 43 tra funzionari e dirigenti delle Asl regionali
di Luisiana Gaita | 16 novembre 2015

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... ta/2224528



Intascavano una doppia indennità, percependo illecitamente anche quella soppressa nel 2005. Ammonta a oltre 10 milioni di euro il danno erariale provocato da una truffa scoperta da Guardia di Finanza: 50 gli indagati dalla Corte dei Conti della Campania, tra cui 7 dirigenti della Regione Campania e 43 tra funzionari e dirigenti delle Asl regionali. Il tutto a poco più di una settimana dall’annuncio del governatore Vincenzo De Luca di una ‘rivoluzione’ nel settore che, parola del presidente della Regione, dovrebbe evitare che tanti cittadini vadano a curarsi al nord “determinando un passivo di 300 milioni all’anno per la sanità campana”.

L’INDAGINE DELLA FINANZA – Su delega del sostituto procuratore generale della Corte dei Conti della Campania, Marco Catalano, i controlli dei reparti del Comando regionale Campania della Guardia di finanza sono partiti dai documenti dell’Asl Napoli 1 e si sono concentrati sulle buste paga delle ex guardie mediche. I professionisti indagati percepivano illegittimamente l’indennità di assistenza continuativa, quella per le ex guardie mediche, soppressa nel 2005 dopo l’introduzione di una ben più vantaggiosa ‘indennità omnicomprensiva’. Fu uno degli effetti della sottoscrizione dell’Accordo Collettivo Nazionale. Eppure, secondo quanto accertato dagli investigatori, i medici hanno continuato a percepire in busta paga sia la nuova che la vecchia indennità.

IL SISTEMA ESTESO ALLE ASL CAMPANE – Se l’inchiesta ha preso il via dall’Asl di Napoli, ben presto dalle verifiche della polizia tributaria è emerso che il sistema del ‘doppio riconoscimento’ e delle relative somme liquidate illecitamente era esteso a molte aziende sanitarie della Campania. Le indagini sono state quindi estese, su iniziativa della Guardia di Finanza, a tutto il territorio regionale, dando mandato per i controlli ai nuclei di polizia tributaria competenti. È stata così scoperta una ‘mala gestio’ più estesa di quanto ci si potesse aspettare nell’ambito della quale, tra l’altro, l’indennità soppressa nel 2005 ha continuato a essere illecitamente liquidata fino a oggi.

IL DANNO DI OLTRE 10 MILIONI – La Procura ha contestato, a titolo di dolo o colpa grave, ai 50 indagati la responsabilità di un danno erariale di circa 10 milioni e 113mila euro. Una somma non da poco nella regione che continua ad arrancare per fare quadrare i conti nel settore sanità, tra inchieste e disservizi. Secondo i dati dei due rapporti del Ministero della Salute pubblicati nei giorni scorsi sul monitoraggio dei Lea, i livelli essenziali di assistenza e sull’efficienza del servizio sanitario nazionale, la Campania resta agli ultimi posti, seguita solo dalla Puglia, a cui spetta la maglia nera. L’iscrizione nel registro degli indagati di 50 persone, tra cui 7 dirigenti della Regione Campania avviene a pochi giorni anche dalla dichiarazione d’intenti del presidente Vincenzo De Luca, che ha illustrato i cambiamenti da attuare per una ‘rivoluzione’ nel settore. Tra le novità anche l’istituzione di un ufficio ispettivo con “una task force – ha scritto De Luca in un post sulla sua pagina Facebook – che effettuerà ispezioni nelle strutture sanitarie in cui attualmente non c’è alcun tipo di controllo”.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » gio feb 02, 2017 11:31 pm

Le mani della 'ndrangheta su fondi Ue, arrestato ex assessore Calabria Nazareno Salerno
L'inchiesta riguarda la gestione dei fondi del credito sociale. Nove gli arresti
02 febbraio 2017
http://www.ansa.it/calabria/notizie/201 ... 97564.html

L'ex assessore al Lavoro della Regione Calabria, Nazareno Salerno, è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Catanzaro sull'ingerenza della cosca di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) nella gestione dei fondi della comunita' europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficolta'. L'inchiesta riguarda, in particolare, la gestione dei fondi del credito sociale ed ha portato complessivamente all'arresto di nove persone.

Si tratta di esponenti politici, imprenditori e amministratori pubblici della Regione Calabria, nonché due soggetti contigui alla cosca Mancuso. Le indagini hanno documentato l'ingerenza mafiosa della potente cosca 'ndranghetista nella gestione dei fondi della Comunita' europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficolta'.

I reati contestati, a vario titolo, agli indagati sono minaccia ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, peculato, turbativa d'asta ed abuso d'ufficio.

In corso di esecuzione anche un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 2 milioni di euro.

In particolare, l'attivita' ha accertato l'esistenza di un comitato d'affari che distraeva i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale 'Credito sociale' indirizzandoli su conti correnti di societa' private, anche all'estero. Il provvedimento viene eseguito in queste ore dal Ros unitamente al Comando provinciale Carabinieri di Catanzaro e a quello della Guardia di finanza di Vibo Valentia, ed è stato emesso su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro.

L'operazione, coordinata dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, è stata condotta dai Carabinieri del Ros unitamente ai militari del Comando provinciale di Catanzaro ed alla Guardia di finanza di Vibo Valentia.

Tra gli arrestati, oltre all'ex assessore regione ed attuale consigliere regionale di Forza Italia Nazzareno Salerno, figurano anche l'ex presidente della fondazione Calabria Etica Pasqualino Ruberto, consigliere comunale a Lamezia Terme, e dell'ex direttore generale del dipartimento lavoro della Regione Vincenzo Caserta.

Uno degli arrestati, Vincenzo Spasari, ritenuto contiguo alla cosca Mancuso di Limbadi, inoltre, è il padre della ragazza che per il suo matrimonio atterrò con l'elicottero nella piazza centrale di Nicotera. E' quanto si legge nell'ordinanza di custodia cautelare del gip di Catanzaro.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » gio feb 16, 2017 11:01 pm

???

Consip, indagato il padre di Renzi

Tiziano Renzi, padre dell'ex presidente del Consiglio Matteo, è iscritto sul registro degli indagati della Procura di Roma per il reato di traffico di influenze illecite nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione
Luca Romano - Gio, 16/02/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 65155.html

Tiziano Renzi, padre dell'ex presidente del Consiglio Matteo, è iscritto sul registro degli indagati della Procura di Roma per il reato di traffico di influenze illecite nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione.

Il procedimento, che vede già sotto inchiesta il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, il comandante della Toscana Emanuele Saltalamacchia e l'attuale ministro dello sport Luca Lotti per rivelazione del segreto e favoreggiamento (in quanto sarebbero andati a rivelare l'esistenza di indagini ai vertici Consip), punta a fare luce sui rapporti tra il padre dell'ex presidente del Consiglio e l'imprenditore Alfredo Romeo, indagato a Napoli per presunte tangenti date in cambio di appalti assegnati alle aziende della società. Tiziano Renzi ha ricevuto oggi un invito a comparire dalla Procura di Roma e sarà interrogato nei prossimi giorni.

La posizione Tiziano Renzi è diventata rilevante per chi indaga alla luce dei suoi rapporti con Carlo Russo, imprenditore toscano del settore farmaceutico, a sua volta vicino all'imprenditore Alfredo Romeo, sotto inchiesta a Napoli per corruzione nel filone principale. Nella Capitale, invece, è approdato per competenza territoriale lo stralcio dell'inchiesta che riguarda gli appalti Consip e, in particolare, le "soffiate" ai vertici della società per azioni del Mef che era stata aperta sul loro conto un'indagine. Subito dopo le festività natalizie il pm Mario Palazzi aveva sentito come indagato il ministro Lotti il quale, negando di essere a conoscenza di indagini in corso sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione, aveva chiarito come non avesse potuto in alcun modo rivelare circostanze sull'inchiesta ai vertici della stessa Consip. Lotti, che per l'occasione era assistito dall'avvocato Franco Coppi, aveva aggiunto di "non frequentare" l'amministratore delegato della Consip, Luigi Marroni, che, sentito dai pm come testimone, aveva tirato in ballo il ministro. Lotti aveva pure precisato di aver visto Marroni, ex assessore alla sanità della Regione Toscana, promosso da Renzi a capo della Consip, "solo due volte nell'ultimo anno". E qualche giorno prima dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Renzi, era stato il generale Del Sette a presentarsi spontaneamente dal pm per "chiarire l'infondatezza" delle notizie sul suo conto, ritenute "gravemente lesive della sua dignità".

"I processi iniziano, ma bisogna vedere come finiscono. Ricordiamoci ad esempio dell'indagine di Genova, dove Tiziano Renzi è stato completamente scagionato con archiviazione". L'avvocato Federico Bagattini commenta così l'avviso a comparire ricevuto questa mattina dal padre dell'ex premier Matteo Renzi, da lui difeso.

"Prima il ministro Lotti, ora il padre di Matteo Renzi. L'inchiesta Consip che riguarda una commessa miliardaria si conferma un caso giudiziario da approfondire, su cui è necessaria la massima attenzione di tutta l'opinione pubblica. Bisogna accendere un faro sulla vicenda", ha tuonato il capogruppo M5s, Vincenzo Caso. Stessa opinione quella di Luigi Di Maio che su Twitter ha scritto: "Padre di Renzi e suo braccio destro Lotti indagati in inchiesta Consip. Renzi era a conoscenza del traffico di informazioni? Renzisapeva?"



Consip: "Pressioni, incontri e ricatti". Ecco le accuse di Marroni a Tiziano Renzi e Verdini
Anticipazione Espresso / Il numero uno della spa pubblica ai pm: «Carlo Russo mi ha chiesto di intervenire sui commissari di gara per conto del babbo di Matteo e del parlamentare di Ala. Mi dissero che loro erano "arbitri" del mio destino professionale». In edicola domenica 5 l'inchiesta che svela tutti i retroscena e i segreti del "Giglio nero"
di Emiliano Fittipaldi e Nello Trocchia
02 marzo 2017
http://espresso.repubblica.it/inchieste ... i-1.296428

Consip: Pressioni, incontri e ricatti. Ecco le accuse di Marroni a Tiziano Renzi e Verdini
Luigi Marroni, amministratore delegato della Consip dal 2015 e renziano di ferro, lo scorso 20 dicembre si è seduto di fronte ai pm napoletani Henry John Woodcock e Celeste Carrano. Che lo hanno interrogato come persona informata sui fatti sul grande appalto da 2,7 miliardi di euro per i servizi pubblici chiamato Facility Management 4, sul presunto sistema corruttivo messo in piedi dall’imprenditore napoletano Alfredo Romeo (arrestato ieri) e su eventuali sollecitazioni ricevute da politici e faccendieri.

Marroni comincia a parlare subito, facendo saltare dalla sedia i magistrati. Il dirigente renziano racconta infatti di un vero e proprio «ricatto» subito da un sodale di Tiziano Renzi, l’imprenditore Carlo Russo. Riferisce di pressanti «richieste di intervento» sulle Commissioni di gara per favorire una specifica società; di «incontri» riservati con il papà di Renzi a Firenze; e di «aspettative ben precise» da parte di «Denis Verdini e Tiziano Renzi» in merito all’assegnazione di gare d’appalto indette dalla Consip del valore di centinaia di milioni di euro.

Leggendo carte e documenti dell'inchiesta L’Espresso in edicola domenica 5 marzo è in grado di fare nuova luce su uno scandalo politico che rischia di travolgere la famiglia dell’ex boy scout di Rignano sull’Arno e, forse, di condizionare le imminenti primarie del Partito democratico. Marroni ha infatti affermato, per esempio, che Carlo Russo, l’imprenditore indagato dalla procura insieme a Tiziano Renzi per traffico di influenze illecite, in occasione di un incontro a due negli uffici romani della Consip gli avrebbe chiesto in modo pressante di favorire una società nel cuore di Denis Verdini, ricordandogli che la sua promozione in Consip era avvenuta proprio grazie ai buoni uffici di Tiziano Renzi e di Verdini.

Di più: Russo avrebbe sottolineato a Marroni - dice ancora il numero uno della Consip agli inquirenti - come Tiziano e Denis fossero ancora «arbitri del mio destino professionale», potendo la coppia «revocare» il suo incarico di amministratore delegato della stazione appaltante: una spa controllata al 100 per cento dal ministero dell’Economia.

Le dichiarazioni dell’ex direttore dell’Asl di Firenze voluto dal governo Renzi a capo di una delle società
pubbliche più importanti d’Italia sono sorprendenti. Perché - al di là delle implicazioni giudiziarie della vicenda - aprono diversi interrogativi politici. Marroni si è inventato tutto o davvero Carlo Russo lo ha intimidito tirando in ballo il suo futuro lavorativo nel caso non avesse fatto quello che gli si chiedeva? Poteva davvero il babbo dell’allora presidente del Consiglio (insieme a un parlamentare di un partito associato alla maggioranza, Verdini) influire sulla nomina del numero uno dell’azienda pubblica Consip? Tiziano Renzi e Denis Verdini si muovono davvero da unico gruppo di pressione, come sembra emergere dalle dichiarazioni di Marroni?

È un fatto che lo scorso 20 dicembre Marroni abbia raccontato ai magistrati altri dettagli rilevanti, spiegando come nel marzo del 2016 Tiziano Renzi in persona gli chiese un incontro riservato, effettivamente avvenuto - a suo dire - in piazza Santo Spirito a Firenze. Il numero uno della Consip ammette con gli inquirenti che il papà dell’allora premier gli avrebbe chiesto in quel frangente di «accontentare» le richieste di Russo, perché persona di sua fiducia. «Accontentare».

Tiziano stesso avrebbe presentato l’amico imprenditore all’ad di Consip durante un primo incontro avvenuto qualche tempo prima. Marroni aggiunge pure che, di fronte alle sollecitazioni, lui non si è mai piegato. Avrebbe ascoltato con pazienza gli interlocutori, senza però dare seguito a nessuna delle richieste. «Sono stato un muro di gomma».

Istanze e suppliche arrivavano, ipotizzano gli investigatori, da diversi gruppi di pressione interessati ai bandi milionari. I magistrati napoletani e quelli romani (la parte dell’indagine che tocca il Giglio Magico è stata trasferita per competenza a Roma ed è seguita dal pm Mario Palazzi e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo), insieme ai carabinieri del Noe e alla squadra mobile di Roma stanno cercando di capire se i presunti facilitatori (tra cui Tiziano Renzi e Russo, che secondo il gip che ha dato l'ok agli arresti di Romeo si sono fatti promettere soldi per la mediazione su Marroni) lavorassero l’un contro l’altro armati per favorire aziende in lotta tra loro o se al contrario fossero un’unica banda.

I pm si stanno concentrando su due fronti: da un lato l’indagine capillare sul cosiddetto “sistema Romeo”, dall’altro lato, gli inquirenti hanno acceso un faro anche sui principali competitor di Romeo, ossia il gigante francese Cofely, capofila di un raggruppamento di imprese che avrebbe vinto (in via provvisoria) un numero di lotti assai maggiore rispetto a quelli ottenuti da Romeo.

È ancora Marroni che nomina Cofely Italia, oggi ramo di Engie Italia, nuovo brand del colosso dell’energia Gdf-Suez. Cercando di specificare il ruolo di Verdini in merito alle pressioni ricevute sugli appalti FM4, il dirigente ha chiarito a Woodcock e a Carrano che alla fine del 2015 venne nei suoi uffici Consip il parlamentare di Ala Ignazio Abrignani, uomo vicinissimo a Verdini. Che gli avrebbe chiesto senza tanti fronzoli di «intervenire» per favorire il raggruppamento dei francesi nella gara.

Secondo Marroni, Abrignani parlava proprio «per conto di Verdini». Il senatore avrebbe voluto che Marroni si adoperasse affinché Cofely si aggiudicasse un lotto in particolare: quello, strategico, di Roma Centro, che comprende i servizi di Palazzo Madama, Palazzo Chigi, ministeri importanti come il Viminale e la Giustizia e il Quirinale. Una gara periodica che nel 2011 era stata aggiudicati a Romeo, mentre il nuovo bando, anche se solo in via provvisoria, è stato assegnato proprio a Cofely. Marroni sostiene che dopo la visita di Abrignani non fece assolutamente nulla, limitandosi a informarsi dai commissari di gara su come stava procedendo il bando. Risposta della commissione: «Cofely sta andando bene».

L’Espresso ha contattato Abrignani, che conferma l’incontro con Marroni (spostandolo però di qualche mese in avanti), ma dando una versione diversa del contenuto. «Io sono un deputato di Ala, è vero, ma sono anche avvocato del Consorzio stabile energie locali, che ha partecipato alla gara FM4 insieme alla capofila Cofely», ammette Abrignani. L’ipotesi di un conflitto d’interessi sul suo doppio ruolo di legale e parlamentare non sembra nemmeno venirgli in mente: «Abbiamo partecipato a cinque lotti. Nell’incontro che chiesi a Marroni cercai soltanto di capire quanto tempo ci avrebbero messo a decidere in via definitiva. Marroni mi disse che ci stavano ancora lavorando, perché l’attribuzione era molto complessa. E che i risultati non sarebbero mai usciti prima della primavera del 2017. Infatti a oggi non c’è stata nemmeno l’aggiudicazione provvisoria. L’incontro? È avvenuto subito prima o subito dopo l’estate del 2016». In merito alle presunte pressioni di Verdini per far vincere Cofely, Abrignani dice che si è tratta di un «equivoco». «Verdini», spiega, «ha questo rapporto di vecchia amicizia con Marroni, anche i figli... Ma sono andato io a informarmi con il capo di Consip, quindi non so davvero come sia uscito che sia stato Verdini a informarsi su Cofely».

Abrignani ci dà un nuovo elemento che finora non conoscevamo: i due toscani Verdini e Marroni si conoscono. Da tempo. Sono addirittura due «vecchi amici». In più, la sua ricostruzione cozza con un’altra dichiarazione che Marroni, quel venti dicembre, fa ai pm. Oltre alla conversazione con Abrignani, il dirigente racconta infatti anche di un faccia a faccia con Verdini avvenuto a luglio del 2016. Durante il quale Verdini avrebbe detto al «vecchio amico» diventato numero uno della Consip che conosceva il contenuto dei suoi colloqui con Abrignani, che era «soddisfatto» e che avrebbe provato a far promuovere Marroni a «incarichi» ancora «più prestigiosi».

Il quadro disegnato da Marroni prospetta dunque un intreccio di interessi privati intorno ad appalti pubblici da centinaia di milioni. Mostrando che intorno alla torta Consip hanno cercato di sedersi parlamentari, familiari e presunti mediatori legati, o ragionevolmente vicini, all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi. Attraverso pressioni, minacce, promesse che nulla hanno a che fare con il normale svolgimento di un bando di gara. Una ricostruzione, ricordiamolo, ancora tutta da provare. Ma che getta un’ombra sul sistema di potere renziano negli ultimi tre anni. E che colpisce alle radici il Giglio magico, per l’ennesima volta investito dal sospetto di conflitti d’interessi, di pulsioni affaristiche, di commistioni tra politica e affari, di contiguità con politici come Verdini.

La vicenda Consip, soprattutto, fa tornare prepotentemente alla ribalta anche l’antico rapporto tra la famiglia Renzi e l’amico Denis: l'inchieste dell'Espresso in edicola domenica racconterà la genesi del legame, gli affari segreti, il ruolo di Lotti (Marroni dice ai pm che è stato lui a «luglio 2016» a metterlo in guardia dell'uso di intercettazioni telefoniche e ambientali, il ministro nega invece con forza), gli interessi di Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open e tra i capi del Giglio magico, dentro la Consip. Analizzando un sistema di potere sempre più oscuro.



Consip, fuga di notizie: la procura di Roma revoca le indagini al Noe
04 marzo 2017

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... m=facebook

Alla luce di «ripetute rivelazioni di notizie coperte da segreto» istruttorio la Procura di Roma «per una esigenza di chiarezza» ha «revocato» ai carabinieri del Noe la delega per ulteriori indagini nel procedimento su Consip. Lo ha annunciato la Procura di Roma in una nota. «Gli accertamenti fin qui espletati - si legge nella nota della Procura di Roma - hanno evidenziato che le indagini del procedimento a carico di Alfredo Romeo ed altri sui fatti (poi) di competenza di questa Procura sono state oggetto di ripetute rivelazione di notizie coperte da segreto sia prima che dopo la trasmissione degli atti a questo Ufficio, sia verso gli indagati o comunque verso persone coinvolte a vario titolo, sia nei confronti degli organi di informazione». Per una «esigenza di chiarezza la Procura di Roma - ha sottolineato la nota - ha pertanto revocato al Nucleo Operativo Ecologico la delega per le ulteriori indagini che è stata affidata al Nucleo Investigativo di Roma dell’Arma dei Carabinieri».

La difesa di Tiziano Renzi, fuga din notizie, chiederemo i verbali
La difesa di Tiziano Renzi, nonostante la rinuncia a chiedere ieri il verbale di
interrogatorio del padre dell'ex premier, ha deciso adesso di richiederlo «a fronte della continua pubblicazione di atti» del procedimento. Lo ha reso noto con un comunicato il difensore di Tiziano Renzi, indagato nell'inchiesta Consip, avvocato Federico Bagattini. «A fronte della continua pubblicazione di atti di
detto procedimento - ha sottolineato il legale - verrà indirizzata alla Autorità Giudiziaria procedente formale richiesta di rilascio di copia degli stessi, in quanto già indebitamente divulgati».


Conclusi gli interrogatori a Firenze
I pm Palazzi e Woodcock hanno lasciato in serata la sede del comando provinciale dei carabinieri dove si sono svolti alcuni interrogatori. «Abbiamo sentito - ha detto Woodcock rispondendo alle domande dei cronisti - persone sia come indagati che come testimoni». Da quanto appreso la sola persona sentita come indagata è stato Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi. «Quante altre persone? Non me lo ricordo neanche. Stiamo portando avanti un’attività con la procura di Roma e non posso aggiungere altro», ha detto il pm napoletano di fronte alle insistenze dei giornalisti.

Tiziano Renzi: sono indagato, non posso dire niente
«Sono indagato, non posso dire niente». Così Tiziano Renzi ai giornalisti dall’interno della sua abitazione a Rignano sull'Arno (Firenze), il giorno dopo l'interrogatorio davanti ai pm di Roma e Napoli. «Come sta?», chiedono i giornalisti al di là della porta a vetri che rimane chiusa. «Mi è venuta anche la tachicardia», ha detto Tiziano Renzi salutando e allontanandosi dalla porta.


Romeo: tutto falso, sono strumento di contesa politica
«In questa vicenda non c’è nulla di vero, mi sento vittima di una strumentalizzazione legata a una aspra contesa, tutta di natura politica». È stato questo lo sfogo di Alfredo Romeo, parlando con i suoi difensori, dal carcere di Regina Coeli dove è detenuto dal primo marzo scorso per l'accusa di corruzione nell'inchiesta sugli appalti Consip. In queste ore l’avvocato napoletano, assieme ai suoi legali, sta leggendo le carte dell’inchiesta in vista dell’interrogatorio di garanzia fissato per lunedì mattina davanti al gip Gaspare Sturzo e al pm Mario Palazzo, titolare dell’indagine giunta a Roma per competenza territoriale. Romeo è detenuto in una cella assieme a un’altra persona.

Forse nei prossimi giorni sarà sentito Emiliano come persona informata dei fatti
Intanto rosegue l’attività istruttoria della procura di Roma sulla vicenda Consip. Forse già nei primi giorni della prossima settimana verrà sentito a piazzale Clodio, come persone informata sui fatti, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Al centro dell'audizione alcuni sms che l’esponente del Pd scambiò con il ministro Luca Lotti, indagato per rivelazione di segreto, nei quali si sarebbe fatto riferimento a Carlo Russo, imprenditore amico di Tiziano Renzi e ritenuto da chi indaga punto di contatto tra Alfredo Romeo e il padre dell'ex premier.



"Le gare di Consip sono tutte truccate". La confessione choc di Romeo
da La Repubblica
mercoledì 22 marzo 2017

http://direttanfo.blogspot.it/2017/03/l ... te_22.html

Esposto dell'imprenditore in manette contro le cooperative rosse ed Ezio Bigotti: "Vince sempre lui, è un uomo di Verdini. C'è un cartello permanente". Inchiesta dell'Anac e dell'Antitrust sul sistema della stazione appaltante. Un’anticipazione delle novità sull’inchiesta che usciranno sul nuovo numero dell’Espresso che sarà in edicola domenica 26 marzo
ROMA - "Io poi non voglio il male di Bigotti. Facesse quello che cazzo vuole! Ma non rumpete o' cazz a me!". Qualche mese fa Alfredo Romeo aveva invitato l'imprenditore Carlo Russo nel suo studio per parlare d'affari, e aveva deciso di sfogarsi. Contro i suoi nemici, contro l'ad di Consip Luigi Marroni, contro coloro che lo vorrebbero fuori dai ricchi appalti di Stato.

L'informativa di Carabinieri e Finanza sull'inchiesta che sta terremotando la stazione appaltante e mezzo Partito democratico nasconde stralci di conversazioni che, uniti ad altri documenti riservati, mostrano con evidenza come Romeo (in carcere per la presunta corruzione del dirigente di Consip Marco Gasparri, l'udienza al tribunale del riesame è prevista in giornata) si sentisse davvero accerchiato. Vittima di un presunto "complotto" dei vertici della società di stato che, a suo parere, favorivano sistematicamente le cooperative rosse. E, insieme a loro, le imprese di quello che l'imprenditore di Cesa considera il suo principale avversario: Ezio Bigotti. Un immobiliarista vicino a Denis Verdini e presunto dominus, a detta di Romeo, di un sistema di potere che in Consip riesce a fare da anni il bello e il cattivo tempo.

Non è un caso che, come scriverà L'Espresso nel numero in edicola domenica prossima, gli avvocati di Romeo abbiano inserito come prova regina nella memoria difensiva un esposto della Romeo Gestioni. Spedito a Marroni ad aprile 2016, dunque in tempi non sospetti, e contestualmente al presidente dell'Anac Raffaele Cantone e a quello dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella. Un atto d'accusa durissimo, su cui risulta che sia l'Antitrust che Anac abbiano aperto due distinti procedimenti.

L'esposto viene scritto subito dopo l'esclusione della Romeo Gestioni dalla gara per il "Servizio Luce" per la pubblica amministrazione. Una commessa da ben 967 milioni divisa in otto lotti, due dei quali inizialmente assegnati allo stesso Romeo. Quando a marzo 2016 l'imprenditore napoletano, eliminato dalla tenzone per tre irregolarità di alcune società a lui consorziate, viene a sapere che uno dei due lotti è stato assegnato proprio a Bigotti decide di passare al contrattacco.

"Dalla documentazione risulta che ben 5 lotti di gara su 8 risultano di fatto aggiudicati ad istanze imprenditoriali che vedono la partecipazione sostanziale di aziende del gruppo Sti, presieduto da Ezio Bigotti", scrive il legale di Romeo. Che segnala pure come i lotti 5 e 7 siano stati aggiudicati alla Conversion& Lighting srl di Bigotti solo perché a novembre 2015 l'arcirivale ha comprato da Manutencoop proprio l'azienda che era arrivata seconda dietro la Romeo, la Smail spa. "La Conversion& Lighting è al 51 per cento controllata dalla Exitone (altra società di Bigotti) e al 49 per cento dal Consorzio stabile energie locali, già aggiudicatario del lotto 2 e che vede tra i propri consorziati la Gestione Integrata srl. Anche questa partecipata per l'85 per cento da Bigotti ", chiosano i legali di Romeo. "Con tale aggiudicazioni un unico centro imprenditoriale si assicura oltre il 76 per cento del complesso delle attività poste in gara. Un risultato 'incredibile'".

Per Romeo, la Consip di Marroni protegge dunque "un cartello permanente", e ipotizza come "partecipazioni "dubbie" già riscontrate in passato" rischiano di turbare altre gare in futuro. In primis il bando miliardario FM4, dove a suo parere esiste una sorta di "desistenza competitiva" tra Bigotti e Cofely ("le due candidature coprano ben 12 lotti senza mai sovrapporsi se non nell'unico marginale caso del lotto 8)". La risposta di Marroni arriva dopo un mese, ed è altrettanto diretta: o ti rimangi tutto o faremo una querela.

Qualche mese dopo sarà lo stesso amministratore delegato, però, ad ammettere agli investigatori di aver incontrato Bigotti, su richiesta di Verdini, al ristorante "Al Moro", per parlare proprio delle gare Consip. Fatto che dimostra che forse i sospetti di Romeo sulla forza politica e i legami del contendente non fossero totalmente infondati.


Giampaolo Caponera
Quando nacque questa disgrazia chiamata CONSIP, alla fine dei '90, lavoravo come fornitore di servizi per gli Enti militari. Già all'inizio si era capita l'aria che tirava e la vera e propria "mafia" che stava germogliando intorno ad un lavoro fino ad allora semplice e pulito, portato avanti da tante piccole imprese operose e di alta qualità. Ma proprio il grande volume di affari sviluppato da quelle imprese faceva gola a chi non riusciva ad entrare a gamba tesa sulle forniture. Ed ecco il "capolavoro" CONSIP. All'epoca cercammo di fare cartello tra le varie micro aziende per stoppare questa scelleratezza, che nasceva con il falso intento di rendere pulito il mondo degli appalti pubblici, sporcando così l'immagine di chi invece lavorava onestamente, in realtà per nascondere nel fango il suo vero fine. Ma molti, per paura, fecero di necessità virtù e nacquero fusioni, inciuci, imbrogli, accordi sotto banco, incontri nei bar intorno ai ministeri, cenette, regalie... chi come me non ha voluto farne parte si è trovato tagliato fuori dagli inviti alle licitazioni. Li ho anche registrati quando mi fecero determinate richieste, all'interno del ministero stesso. I loro capi mi dissero che era illegale ... Adesso vanno cercando "Maria pe' Roma". La stessa nascita di questo mostro era scritta sui muri a caratteri cubitali per quale fine accadeva. Ora tutti stupiti...brava gente!
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » ven feb 24, 2017 2:02 pm

Napoli: «furbetti del cartellino», 55 dipendenti ospedale ai domiciliari
L’inchiesta del Nas dei carabinieri riguarda i dipendenti dell’ospedale Loreto Mare.
I reati ipotizzati: truffa ai danni dello Stato e falsa attestazione di presenza
Milano, 24 febbraio 2017 - 07:54

http://www.corriere.it/cronache/17_febb ... 83bf.shtml

Due anni di indagine, telecamere nell’ospedale Loreto Mare, 500 ore di filmati e 94 persone indagate, di cui 55 raggiunte da una misura cautelare in carcere con il beneficio dei domiciliari. L’inchiesta del Nas dei carabinieri riguarda i dipendenti dell’ospedale napoletano che ora dovranno rispondere di truffa ai danni dello Stato e falsa attestazione di presenza per assenteismo. Medici e infermieri che strisciano fino a venti tesserini per coprire colleghi che si allontanavano dal posto di lavoro sono stati immortalati da telecamere nascoste.


Indagini

Tra i 94 indagati ci sono un neurologo, un ginecologo, nove tecnici di radiologia, 18 infermieri professionali, sei impiegati amministrativi, nove tecnici manutentori e undici operatori socio-sanitari. Sin dall’inizio dell’indagine è emersa una prassi consolidata consistente nella «strisciatura plurima» dei tesserini da parte di dipendenti che facevano risultare ingresso e presenza nel nosocomio di colleghi assenti e impegnati in faccende private.I controlli hanno fatto emergere anche l’assenza di dipendenti dell’Ufficio rilevazioni presenze e assenze, ovvero di coloro che avrebbero dovuto assicurare i controlli. Uno di loro in orario di servizio andava a fare lo chef in una struttura alberghiera. Due operatori socio-sanitari che avevano la disponibilità di venti badge li passavano nella macchina marcatempo a seconda dei turni di servizio dei colleghi da coprire che mandavano sms o telefonavano per chiedere il favore. Un medico che risultava presente se ne era andato in taxi a giocare a tennis, a sbrigare incombenze di carattere privato oppure a fare compere in gioielleria.


Al lavoro

Tra gli arrestati vi sono alcuni sindacalisti di Cgil, Cisl. Uil, che - secondo fonti interne dell’ospedale - sarebbero stati coinvolti nella gestione dei badge marcati abusivamente. «Abbiamo chiesto al gip di autorizzare chi è finito agli arresti domiciliari di lasciare la propria abitazione per andare al lavorare. Non vogliamo che l’ospedale resti senza assistenza», ha sottolineato il procuratore Nunzio Fragliasso, che regge la Procura di Napoli dopo il pensionamento di Giovanni Colangelo.



L’esercito di medici assenteisti «Qui in reparto tutti sapevano»
Fulvio Bufi
25 febbraio 2017

http://www.corriere.it/cronache/17_febb ... ea94.shtml

Il day after del grande blitz. Dopo i 55 arresti tutti in fila alle 8 di mattina per strisciare il badge. Ma degli assenteisti con l’obbligo di lasciare i domiciliari per andare al lavoro non c’era nessuno
Carabinieri all’Ospedale di Loreto Mare (Napoli)Carabinieri all’Ospedale di Loreto Mare (Napoli)

Raccontano che alle 8 del mattino ci fosse la fila per strisciare i badge. Magari è vero, ma sarebbe meglio se si trattasse di una esagerazione. Dei 55 assenteisti arrestati venerdì, con l’obbligo di lasciare i domiciliari per venire al lavoro (tutti tranne cinque), ieri mattina non c’era nessuno. Quelli in servizio, quindi, non hanno nulla da dimostrare, tantomeno di avere l’abitudine alla puntualità. Nessuno gliel’ha mai contestata.

Il giorno dopo

Però è chiaro, il giorno dopo gli arresti non è un giorno normale all’ospedale Loreto Mare. Pure se è sabato e i turni sono ridotti, gli ambulatori sono in gran parte chiusi e gli uffici amministrativi pure, tutti o quasi. Ma di che altro si potrebbe parlare se non di quei medici che si segnavano — o si facevano segnare — presenti e poi se ne andavano nei loro centri privati, di quei tecnici che facevano altrettanto o di quegli impiegati che avevano altre attività, uno addirittura lo chef in un ristorante.
La Radiologia è il reparto maggiormente coinvolto. Sono radiologi i medici indagati e quelli arrestati e ai domiciliari ci sono diversi tecnici. Adesso l’aria che tira lì è quella del «tutti sapevano ma tutti si facevano i fatti loro». Lo dicono un paio di pazienti, uno che racconta di aver atteso quaranta giorni per una radiografia e una donna che sostiene di essere andata inutilmente in ambulatorio per due volte, perché pur avendo appuntamento l’hanno rimandata indietro «per l’assenza di quelli che dovevano farmi la radiografia. Adesso capisco da che cosa dipendevano quelle assenze». L’altro, quello dei quaranta giorni di lista d’attesa, se la prende con tutti: «Come è possibile che i colleghi non sapevano niente? Sapevano ma stavano zitti, questa è la verità».

L’esposto anonimo

Tutti zitti, però, non sono stati, visto che l’inchiesta è nata da un esposto anonimo che denunciava proprio le assenze di tre medici. «Non so chi l’ha fatta quella denuncia ma non so nemmeno perché l’ha fatta», dice un infermiere davanti al Pronto soccorso. E fa capire che qui ci sono mille guerre interne. «A qualcuno sono andate le scarpe strette e ha denunciato. Ma se non ci ha messo la faccia vuol dire che aveva qualcosa da nascondere pure lui. Comunque almeno si è cominciato a fare pulizia. Poi staremo a vedere se finisce qui o verranno fuori altre cose. Tanto il problema è degli imbroglioni, non di chi lavora».
In realtà il problema è anche di chi lavora, perché ha lavorato pure per gli altri. E anche adesso, chi stava in licenza o aveva chiesto di andarci si è visto bloccare tutto: la direzione ha dovuto richiamare in servizio gli assenti giustificati.


Il medico che andava a giocare a tennis durante l’orario di lavoro
Lo sfogo dei colleghi

«Solo danni hanno fatto», si sfoga una infermiera di Cardiologia. «Hanno mortificato i pazienti, l’ospedale e tutti i loro colleghi. Gente così non dovrebbe più mettere piede qui dentro». Invece torneranno e chissà che bel clima ci sarà già da domani, quando i 50 arrestati che hanno avuto dal giudice l’autorizzazione/obbligo a lavorare riprenderanno servizio, e saranno fianco a fianco con colleghi che non gliela perdonano. Certo quelli finiti sotto inchiesta segni di pentimento finora non ne hanno dati, almeno quelli che ieri sono stati interrogati dal gip e si sonno avvalsi della facoltà di non rispondere. Si tratta di capire con che spirito torneranno a fare il loro lavoro. «Qualcuno magari non sa nemmeno come si striscia il badge, visto che c’è stato sempre chi lo ha fatto per lui», scherza un anestesista. E chiede: «La Lorenzin che dice?». La risposta è in un lancio d’agenzia da Palermo, dove il ministro era ieri: «Mando i Nas negli ospedali», ha detto. Ma c’è chi ha fatto anche altro per evitare le furbizie degli assenteisti: all’ospedale di Salerno ai badge è associata l’impronta digitale del dipendente. E nessuno può strisciare per conto di altri.


Assenteismo in Italia
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