Straje de ła I goera mondial ente l'ara veneta

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Messaggioda Berto » mar gen 14, 2014 12:16 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Straje de la I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Berto » gio gen 16, 2014 9:48 am

Na bela poexia!

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... osari1.jpg

Da:
http://www.pnveneto.org:80/2009/02/le-m ... iflessione


Quattro piccole scene dalla Grande Guerra


I.

E’ un rivo di orina
Di merda. E’ uno strato
Di ghiaccio. Il freddo
Lo ferma ma non ferma
Il suo odore. E’ ghiaccio
Striato di sangue, di vomiti
Vi scivolano sopra
Topi.
E’ la trincea.
Qui, F., ad esempio
Si piega su M. Gli mette
Dentro le dita.
Lo masturba, in silenzio, piano.
Viene. E godono insieme di quel poco
Di caldo, un dito su per il culo.
Lo sperma tra i pantaloni. Godono
Per quel caldo breve, sopra ogni cosa.
Il cielo è scuro, piove.
M. piange. F., anche.
Il tenente poi lancia il grido: “All’assalto!”
Gli arti ghiacciati, i piedi a pezzi
Ci faranno alzare.
Due passi fuori, il vento, la pioggia sul viso
Le gambe incerte. Le mani
Piagate
Innestano la baionetta.
Due passi ancora.

II.

Nulla equivale
L’ebbrezza di un volo:
Del bianco airone,
Di un rosso sparviero
Che s’alza rombando
Dal suolo.
E giunge sopra le vette
Sui campi.
Sfiora le nubi, le cime
Più ardite.
Scende e si inebria e risale.
F. attende M. M, F.
“Come un vespro sulla terra
Arda la vostra virtù nel morire, lo
Spirito vostro.
Altrimenti sarete morti male”.
Così parlò il Maestro nostro
E noi suoi seguaci spariamo e voliamo.
Voliamo, e spariamo.
Il nostro sogno è che un giorno
Ci incontreremo.
Che l’ali lievi dei falchi
Rechino l’artiglio fatale.
Il nostro sogno è morire
Al tempo giusto, né prima, né dopo.
Ogni lancio è slancio di vita
Fino a quello mortale.

III.

Due passi. Al terzo
Il vento porta un confetto
Di piombo.
Cadeste senza un lamento.
M., prima.
“Sei così alto, sei bello”.
Per le vostre nozze fu questo
Il regalo.
M. è più basso ed il colpo
Della mitraglia lo prende alla fronte
Muore, in meno di un attimo è andato.
F., è più alto. Per questo
Ora invidia l’amico.
Per la prima volta è un vantaggio, vedi,
La bassa statura.
Tua madre non te lo diceva.
Poi guarda le proprie viscere, sparse per terra.
Le budella piene di merda, di cibo raffermo
D’acqua ghiacciata, di sperma, di paura, di vita.
Ci metterà un giorno a morire.
Cresce l’invidia per quel cervello, era l’amico, che vede
Ad un passo, a pezzi, da lui.
Cresce l’invidia con il dolore.
Le urla. Lo stupore, il sangue a fiotti che esce
E ghiaccia, allontana, con strazio
La fine.
Dura più di una messa
…Morire.

IV.

“E’ bella, è bella la guerra,
Morir per la patria, una gioia.
Ma la gioia più grande è morire”.
Non si incontrarono, F. e M.

E’ giugno al Montello, un proiettile
Sale dal suolo. Il veivolo brucia.
F. l’accoglie nel viso. L’airone bianco
Richiude così le sue ali.
E’ un giorno di giugno dell’ultimo anno
Della guerra grande, il grande
Massacro.

“Quant’era bello sparare
Sul gregge di esseri umani
Dall’alto, come l’assiro
Che canta in forma di lupo
Il grande romantico inglese…”

M.
M. se ne era già andato.
La decade terza d’aprile
Sui cieli di Francia
Colpito
Da un altro eroe dell’aria
Un altro “asso nemico”.

Muor giovane chi agli dei è caro.
Sarà: e sarà anche vero, se sol lo si crede.

Ci rimangono i brandelli di carne
Di tutti e quattro:
Morta e rossa giù al suolo:
A vederla si dubiti pure
Che si tratti di carne di uomo.

Di chi è morto senza neppure sparare
Di chi è morto da eroe del volo.

E vennero poi altri avvoltoi,
Con gli stessi che uccisero loro
Canteranno le odi a giovinezza
All’ebbrezza del morire
Per i loro tricolori:
Erano i loro affari più vili
Spacciati per “patria” ed “onore”.

8 Novembre 2004.
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Re: Straje de la I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Sixara » gio gen 16, 2014 10:37 am

Berto ha scritto:Na bela poexia!

Asè. Soradetuto pa la desperazion de kela relasion d amore fra i do toxi. Pòri toxi : vitime senpre de na contro-cultura prima ncora ke dei orori de l canpo de bataja.
Me corego : no la xe na relazion d amore, lè senplicemente umana. Toxi a go dito, nò tox-e. Me despiaxe asè ma la goera, de coalsiasi tipo, lè roba maskile. Me despiaxe tanto ke le robe i è ndà cusì.
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Re: Straje de la I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Berto » ven gen 17, 2014 9:39 am

http://www.isonzofront.altervista.org/l ... =documenti

go catà el testo pì conpleto:

Circolare n. 3525 del 28 settembre 1915, Cadorna

Deve ogni soldato esser certo di trovare, all'occorrenza, nel superiore fratello od il padre, ma anche deve esser convinto che il superiore ha il sacro dovere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti ed i vigliacchi. Nessuno deve ignorare che in faccia al nemico una sola via è aperta a tutti: la via dell'onore, quella che porta alla vittoria od alla morte sulle linee avversarie; ognuno deve sapere che chi tenti ignominiosamente di arrendersi o di retrocedere, sarà raggiunto, prima che si infami, dalla giustizia sommaria del piombo delle linee retrostanti o da quello dei carabinieri incaricati di vigilare alle spalle delle truppe, sempre quando non sia stato freddato prima da quello dell'ufficiale. Per chiunque riuscisse a sfuggire a questa salutare giustizia sommaria, subentrerà, inesorabile, esemplare, immediata, quella dei tribunali militari; adinfamia dei colpevoli e ad esempio per gli altri, le pene capitali verranno eseguite alla presenza di adeguate rappresentanze dei corpi (...). Sia data alla presente circolare la più larga diffusione (...).
Ma ghe xe anca questa ke pol interesar:

Regio Esercito Italiano - Comando Supremo


Circolare n. 1 del 24 maggio 1915

I. Il Comando supremo vuole che, in ogni contingenza di luogo e di tempo, regni sovrana in tutto l'esercito una ferrea disciplina. Essa è condizione indispensabile per conseguire quella vittoria che il paese aspetta fidente ed il suo esercito deve dargli.
II. Sia disciplina che si sprigioni dal fondo dell'anima, ma investa altresì tutte le manifestazioni esteriori; sia disciplina spirituale ed insieme formale, poichè le due cose sono inscindibili e solo dall'intimo loro nesso disciplinare: l'ordine perfetto e l'obbedienza assoluta.
III. Fonte prima, la più perniciosa, dello scadimento della disciplina è la colpevole e talvolta criminosa tolleranza di coloro che dovrebbero invece esserne i più vigili custodi. Nessuna tolleranza mai, per nessun motivo, sia lasciata impunita; la si colpisca anzi, con rigore esemplare, alla radice, appena si manifesti, sia qualunque il grado e la posizione di chi tolleri.
IV. Altra grave causa di rilasciatezza disciplinare sta nella deficienza di controllo; lo si esiga perciò sempre: assiduo, vico, stimolante.
V. Si prevenga con oculatezza e si reprima con inflessibile rigore. Ufficiali e truppe sentano che i vincoli disciplinari sono infrangibili e che qualunque attentato alla loro compagine è destinato a spezzarsi contro l'incrollabile fermezza dei principi d'ordine, d'obbedienza d'autorità.
VI. La punizione intervenga pronta: l'immediatezza nel colpire riesce di salutare esempio, distrugge sul nascere i germi dell'indisciplina, scongiura mali peggiori e talvolta irreparabili.
VII. La legge dà i mezzi per ridurre od infrangere le volontà riottose o ribelli: se ne valgano coloro cui spetta, con la coscienza di adempiere al più alto dei doveri e il più sacro dei diritti.
VIII. Il Comando supremo riterrà responsabili i Comandanti delle grandi Unità che non sapessero, in tempo debito, servirsi dei mezzi che il Regolamento di disciplina e il Codice penale militare conferiscono loro, o che si mostrassero titubanti nell'assumere, senza indugio, l'iniziativa di applicare, quando il caso lo richieda, le estreme misure di coercizione e di repressione.
IX. Alla inesorabile severità verso gli infingardi, i riottosi e i pusillanimi, facciano riscontro la sollecitudine e il premio verso chiunque, fornendo consueta seria prova di attività, ardire, energia e senso della responsabilità, mostri d'agire, non per deleteria ambizione personale, ma pel bene comune. Debbono costoro essere sostenuti, anche quando la sorte non ne assecondasse completamente l'opera: bisogna cercare di non sconfessarli o diminuirne il prestigio e l'autorità.

Firmato: Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, L. Cadorna
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Re: Straje de la I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Berto » mar gen 21, 2014 9:38 pm

La Grande Guerra, un altro approccio

Immagine

di Benedikter Von Den Bergen

http://vivereveneto.com/2013/10/28/la-g ... -approccio

A proposito della gloriosa guerra del 15-18, combattuta dai valorosi soldati italiani con sommo spirito di sacrificio e totale patriottica abnegazione, spesso, quel che appare ovvio, non è per niente reale, perché la realtà vera, a volte, è talmente sorprendente da non poterci credere.

Che la prima guerra mondiale fosse un affare sporco, come pochi altri, lo sapevano bene quelli che si son visti costretti a parteciparvi, a soffrire, a morire. La “vittoria zoppa” di una guerra costata sofferenze indicibili, suonava male a tutti. Gli italiani del dopoguerra hanno dovuto per forza trovarle una giustificazione patriottica che, seppure poco plausibile, era indispensabile per sopportare una condizione di vita talmente degradata che definire catastrofica sarebbe stato ancora poco. L’illusione del patriottismo e il miraggio di un grande condottiero, avrebbero risollevato le sorti di un popolo privato di ogni speranza.

Fu così che i Veneti, come per incanto, divennero improvvisamente gli indomiti patrioti difensori del Grappa, del Pasubio e del Piave, tramandando ai posteri le gesta eroiche dei salvatori della patria italiana, dimenticando tutto ciò che era successo come se non fosse mai accaduto. Da una necessità sociale è nata l’epopea dell’alpino impavido e ardito, immagine ben diversa dalla realtà di poveri contadini, pacifici, spauriti e affamati, scaraventati in un inferno senza sapere perché e senza possibilità d’uscita.

Oggi potremmo valutare i fatti con maggiore obiettività se non fosse che certe motivazioni nelle scelte di allora sono, nostro malgrado, riproposte tali e quali seppure con diverse modalità e le spine di allora pungono e feriscono oggi più di ieri. Nonostante sia trascorso un secolo, ci troviamo nelle medesime condizioni dei nostri nonni, pervasi da falsità e oppressione, ma con l’ordine tassativo di “pensare ad altro”, di fingere un mondo diverso, costretti a credere che le cose non stanno come sono realmente ma come vogliono farci credere che stiano.

Valutando le cronache del primo decennio del ’900 sul territorio veneto, appare verosimile inquadrare i fatti bellici del 15-18 come una esigenza dello stato italiano volta più a sedare e sottomettere le riottose province venete da poco italianizzate, che non alla conquista dei nuovi territori i quali, è bene ricordarlo, da sempre facenti parte dello stato austriaco e non, come la Venezia, territori autonomi sotto giurisdizione austriaca. L’Italia era ben conscia della differenza e s’era visto pure in occasione della guerra del 1866, quando il Garibaldi, vittorioso alle porte di Trento, dovette retrocedere con il famoso “obbedisco!”.

Ormai tutti sono al corrente della proposta austriaca con la quale, pur di non aprire un nuovo fronte a sud, era disposta a cedere i territori di Trento e Trieste all’Italia, in cambio della neutralità, ed essendo per l’Italia, la “liberazione” delle due città, scopo e finalità ufficiale della guerra, non si spiega e non si capisce perché si sia sobbarcata un onere per lei insostenibile, per conseguire un risultato che avrebbe potuto ottene senza muovere un dito!

Ma il motivo c’era eccome!

Ripassando i giornali di inizio secolo, appare evidente che nelle Terre Venete le cose non andavano per il giusto verso!
Era tutto un susseguirsi di proteste, manifestazioni, insurrezioni, con conseguenti repressioni, rappresaglie, massacri, imprigionamenti, confische.


Gli “anni ruggenti” che fremevano in tutta Europa parevano portare un vento nuovo, favorevole ad una riscossa dell’indipendentismo veneto che vedeva l’Italia, già WW1-3 in difficoltà venendo da 15 anni di guerra feroce nelle regioni del sud, versare in condizioni disastrate dopo le catastrofiche imprese belliche in Africa e nel Mediterraneo. Pareva a molti che non avrebbe superato il frangente e si sarebbe in qualche modo disgregata offrendo l’occasione agli stati preunitari di risorgere. La fiscalità aveva raggiunto livelli insopportabili e la popolazione veneta, ridotta alla fame dal sistema impositivo e repressivo italiano, era sull’orlo della deflagrazione!

Alcuni leader veneti si stavano facendo strada e pareva che davvero mancasse poco ad un evento risolutivo che accendesse le polveri dell’insurrezione verso la liberazione. Pareva mancasse un niente!

Ed invece, è scoppiata la guerra! Mobilitazione generale. Militarizzazione del territorio veneto. Divieto di assembramenti. Legge marziale! Confische su larga scala!

La condotta della guerra da parte italiana spiega molte cose circa le reali intenzioni dei politici romani ai quali, più che colpire gli Austriaci, interessava “dare una lezione” ai poveri disgraziati ridotti sotto al loro comando.
Come proclamavano allora re, generali e ministri: fatta l’Italia si dovevano fare gli italiani!

Una guerra con tattiche assurde finalizzata al massacro delle proprie truppe per “educarle”.

Le scene assurde viste nel film “Uomini contro” sono successe veramente! I soldati “austriaci” parlavano veneto e urlavano agli italiani di non farsi ammazzare!!! le decimazioni erano pratica usuale come lo erano gli assalti impossibili ripetuti fino all’ultimo uomo, o i plotoni di carabinieri che sparavano alle ultime file per indurli ad avanzare. Una carneficina assurda e inspiegabile.

Ma non solo, e veniamo al punto centrale della questione.
Negli anni della guerra è stato possibile portare avanti con estrema efficacia e senza alcun disturbo il piano di pulizia etnica nelle Terre Venete iniziato nel 1870 e mai sospeso.
Interi paesi, non interessati alle operazioni del fronte, con azioni militari (e pertanto segrete!) sono stati completamente svuotati della popolazione civile, procedendo con la fucilazione immediata di chi opponeva resistenza.
Decine di migliaia di Veneti strappati con la forza dalle loro abitazioni e abbandonati in numerosi “campi profughi” disseminati tra Calabria, Sicilia, Campania, Puglia. Abbandonati a sé stessi con poche possibilità di sopravvivenza, senza mezzi, nell’assoluta impossibilità di poter far ritorno alle proprie case.

Questa “operazione” non figura ufficialmente da nessuna parte. Ovvio!

E’ difficile credere che uno stato possa comportarsi in maniera così barbara a danno dei propri cittadini, è stato sufficiente far sparire ogni riferimento ed è come nulla fosse accaduto. Ma! Purtroppo per loro, sono rimaste le prove. Prove inconfutabili alla portata di chiunque: è sufficiente una ricerca di cognomi tipicamente veneti attraverso i siti specializzati; e poi chiedersi come si spieghi la presenza di così numerosi Veneti nelle regioni del profondo sud.
Ebbene, sono i discendenti dei sopravvissuti alla deportazione del 15-18! Persone inermi gettate in luoghi impervi, abitati da gente che parla lingue incomprensibili, ridotte nella più nera miseria. Un inferno forse più terribile di chi pativa il terrore del fronte.

E’ comprensibile se di quelle vicende siano rimaste ben poche memorie nei protagonisti, ed è un dovere per noi commemorare quei nostri fratelli martiri della Patria, vittime di uno stato feroce, senza pietà e senz’anima, avido del possesso, sprezzante della dignità, causa di immani sofferenze.

Una breve considerazione finale : le condizioni attuali sono MOLTO simili alle condizioni di inizio XX° secolo. Come allora, fame e miseria. Oppressione di uno stato incapace a risolvere i problemi. Malcontento nella popolazione. Venti di novità e di speranza che giungono da lontano. Movimenti indipendentisti in attività…

Immagine

Comenti================================================================================================================================

Enzo Trentin scrive:
28/10/2013 alle 14:28

Ecco come scrive sul Corriere della Sera del 30 marzo 1916, Luigi Barzini, delegato dal direttore Luigi Alberini a fissare nella fantasia dei lettori i luoghi e la tipologia della guerra. Si tratta di una delle tipiche «barzinate» ( l’espressione sprezzante è anch’essa d’epoca) tratte da articoli del gennaio-marzo 1916.

Successivamente raccolti in libro: Sui monti, nel cielo e nel mare – La vittoria, p. 140.
«Come si va all’assalto:
Un colonnello degli alpini ha gettato in aria il cappello dalla piuma bianca: Avanti! Alla baionetta! Le truppe salivano l’ultimo gradino con l’impeto di un’onda, urlando di gioia frenetica. Ridevano combattendo ancora, scivolando, cadendo, morendo. Sono i cadaveri rimasti su quella estrema balza che, rovesciatisi con la faccia al cielo, hanno conservato nella fissità della morte un sorriso pallido, come se un sogno di gloria illuminasse il loro sogno senza fine.»

Le testimonianze, quelle vere, verranno decenni dopo, ma non pubblicate dai cosiddetti mezzi di comunicazione di massa. Ecco un contadino di Cherasco, classe 1887, che ci racconta l’Ortigara:

«Che cosa pensavamo noi di quella guerra? Non avevamo nessuna voglia di farla, per forza, andare. A noi non interessava la guerra, noi eravamo poveri diavoli, a noi non conveniva. Interessava a qualcuno per farsi i soldi ma non a noi. “Andiamo là a perdere tempo e ancora a farci ammazzare”, ecco che cosa ci dicevamo. È sull’Ortigara che ho visto la guerra più brutta. Là i colpi di mortaio cadevano e facevano tremare la terra. Una notte siamo usciti dalla trincea, ero con la 15a compagnia del battaglione Borgo San Dalmazzo. Abbiamo raggiunto una valletta che era piena di morti. Abbiamo costruito una lunga morena con i morti, abbiamo tolto i morti e ci siamo ammucchiati al loro posto. Poi al mattino, alle sette, arriva l’ordine di partire all’assalto. “Fuori”, grida il capitano. “Prima esce lei, poi usciamo noi”, gli dicono i soldati. Le mitraglie dei tedeschi sparavano a gran forza raso terra. Esce il capitano, esce la prima ondata di alpini, e muoiono tutti. Io ho tardato un attimo: “Se ho da morire muoio qui”, mi sono detto. Poi la nostra artiglieria ha cominciato a bombardarci, e anche i tedeschi hanno preso a bombardarci. I nostri ci bombardavano per farci uscire dalla trincea, per spingerci all’assalto. Neh… che guerra falsa! In quel batiböi ne sono morti migliaia e migliaia. Mah! Quante volte mi sono nascosto sotto i morti per ripararmi dalle schegge degli shrapnel! Com’erano i nostri ufficiali? Ce n’erano dei buoni e dei cattivi. I cattivi ogni tanto li trasferivano di reparto perché se no i soldati li ammazzavano. Il soldato stava sempre zitto, ma l’ufficiale cattivo aveva paura di essere ammazzato. Non ci siamo mai ribellati, non eravamo mica capaci di ribellarci. Non avevamo nemmeno più fame in trincea, tanta era la paura, tante erano le sofferenze. Avevamo sempre tanta sete. Oh, dell’Ortigara mi ricordo sempre.» (Nuto Revelli «Il mondo dei vinti, I» Torino, © Einaudi, 1977, pag. 39)

«…Una sera uno di noi gridò:
“Guardate l’Ortigara, ha cambiato colore!” Aveva cambiato colore, la montagna, e fumava, gialla e negra, dai suoi mughi inceneriti, dalle buse colme di gas…» (Paolo Monelli, Sette battaglie)

La battaglia dell’Ortigara, denominata in codice Azione K, fu una violentissima battaglia d’alta montagna combattuta dal 10 al 25 giugno 1917 tra l’esercito italiano e quello austriaco, che vide impiegati 400.000 soldati per il possesso del monte Ortigara, sull’altopiano di Asiago. Si tratta della più grande battaglia in quota mai combattuta.

Nei 15 giorni di battaglia muoiono circa 23.000 soldati italiani e ben 5.969 nella giornata conclusiva. Per questo motivo il Monte Ortigara è stato chiamato “il Calvario degli Alpini“. Le perdite austriache furono circa 7.000 uomini.

Replica
Eugenio Fontana scrive:
28/10/2013 alle 17:04
Parlando il mese scorso con un vecchio professore universitario,della 1 guerra Mondiale,mi disse ke la stragrande maggioranza degli Itagliani ,non volevano la Guerra,Perfino Giolitti era Contrario..a Convincere la casa Savoia ad entrare in Guerra furono gli INDUSTRIALI ..Itagliani in prima fila la F.I.AT. E poi certo con questa guerra era una occazione per fare gli Itagliani,Tra gli Interventisti vi era un Certo Benito Mussolini ,ex Socialista Rivoluzionario,il quale dopo avere Rinnegato le sue Idee,abbiamo visto cosa a fatto..Voleva fare dei vari Popoli della penisola Italica un solo Popolo ,ma non c’è Riuscito, Solo ke grazie a questo Patriota Itagliano ,abbiamo perso pure L’istria .

Replica
Andrea Arman scrive:
29/10/2013 alle 09:00
Che ne dice l’autore dellarticolo se lo si inviasse all’Associazione Nazionale Alpini. Sarebbe interessante vedere se lo pubblicano e l’eventuale commento.

Replica
Benedikter Von Den Bergen scrive:
29/10/2013 alle 10:03
L’autore dell’articolo non è un professionista della comunicazione nè tantomeno uno storico referenziato.
I pensieri che ho riportato sono desunti da memorie personali che fanno riferimento a testi e testimonianze che ho avuto modo di consultare e leggere in tempi passati per puro spirito di conoscenza e approfondimento personale. Non ho sottomano bibliografia nè fonti (tuttavia bisogna precisare che in internet si trova materiale interessante). Per presentare un argomento così scottante ad un ente che dalla fondazione porta avanti la celebrazione e l’esaltazione del patrottismo italico, bisogna quanto meno avere prove evidentissime per non essere tacciati di qualunquismo disfattista!
In ogni caso non credo siano disponibili ad andare oltre il luogo comune della cieca esaltazione della loro presunta patria.

E dire che gli alpini (in stragrande maggioranza veneti da Bergamo a Udine.. così hanno trovato il modo di discriminare i Veneti anche in guerra!) sono stati impiegatii sempre nelle condizioni più disgraziate e improbabili, mandati allo sbaraglio, sacrificati inutilmente in tutte le vicende belliche italiane degli ultimi cento anni. Dai Balcani al deserto, dalla steppa russa alle isole del peloponneso, ovunque gli alpini hanno dovuto subire e soffrire e morire dove gli altri “non erano ritenuti idonei” e vigilavano le retrovie. Per i soci ANA è un vanto ma a mio avviso meriterebbe un approfondito esame.

Per i Veneti celebrare le glorie della PGM è esattamente come innalzare monumenti a napoleone. Una incomprensibile follia!!!
E’ il risultato (e la dimostrazione!) di un lavaggio del cervello cui sono stati sottoposti i Veneti e dal quale sembra non se ne vogliano liberare.

Replica
Luca Segafreddo scrive:
30/10/2013 alle 12:27
Quello pubblicato è un grandissimo articolo che tocca dei punti salienti relativi alle ragioni dell’entrata in guerra dell italia (minuscolo) nella I guerra mondiale. Reiteratamente e sistematicamente i testi storici glissano su questo aspetto, di rilevanza estrema per coloro i quali hanno visto il conflitto svolgersi sulle loro terre. Mio nonno e suo fratello non hanno mai voluto dire una singola parola di quanto hanno visto e fatto sul Pasubio e sull’altopiano. Mio zio si tenne soltanto la sua coperta (che possiedo oggi io) e basta, bruciarono tutto il resto e gettarono via la medaglia. Ad un incontro con diversi alpini, ad inizio di quest’anno, nelle conversazioni dissi che abbiamo vinto la guerra che dovevamo perdere, perdendo in seguito quella che non si sarebbe dovuto perdere per nessun motivo. Nessuno ha detto nulla in merito, ognuno ha riflettuto su questo senza fare il benchè minimo commento. Un Veneto può anche essere alpino, ma resta prima Veneto, se è un Veneto vero. Se è itaglian, allora si può dire quel che si vuole

Benedikter Von Den Bergen scrive:
29/10/2013 alle 11:54
A conferma di quanto riportato sull’articoletto.
Mi sono preso la libertà (chiedo scusa anticipatamente se tocco le sensibilità e la privacy… di questi tempi ci si può aspettare di tutto! nel caso si cancelli subito!) di cercare il cognome ARMAN sul sito http://www.gens.org.
risultato: come prevedibile la maggioranza si trova nelle venezie. Una consistente presenza in Lombardia e Piemonte (le migrazioni del dopoguerra). Come per tanti altri cognomi veneti non mancano i puntini sparsi in Sicilia, Campania, Basilicata!!
Decisamente non è un cognome meridionale e dire che dei Veneti si sono trasferiti là in epoca recente è poco probabile, oltre alle vacanze non saprei che altre “opportunità” avrebbero potuto trovare.
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Re: Straje de ła I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Berto » lun mag 12, 2014 6:58 am

Alpini tricolorà
posting.php?mode=edit&f=161&p=4189

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Via da ła tera veneta łi barbari viołenti tałiani
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El tricołor, ła canta mamełega el nasionałeixmo tałian
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Straje de ła I goera mondial ente l'ara veneta
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Alpini e tricolor
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Stermegno de łi afregani da parte de łi tałiani
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ANPI e 'l so 25 april, n'oror tuto tałian
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Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi
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Ençeveltà tałega, straji, połedega, caste, corusion
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Re: Straje de ła I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Berto » mar mag 26, 2015 12:25 pm

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Re: Straje de ła I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Berto » mar mag 26, 2015 12:26 pm

L'orendo françescan Jemełi prete del catołego criminal Cadorna
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La granda menxogna
viewtopic.php?f=139&t=1616
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Re: Straje de ła I goera mondial ente l'ara veneta

Messaggioda Berto » mer giu 17, 2015 12:45 pm

I veneti copà ente ła I goera mondial par colpa de ła Tałia
viewtopic.php?f=187&t=1610

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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