di REDAZIONE
Una convincente conferma archeologica delle remote origini asiatiche delle popolazioni paleovenete, narrate dagli storici antichi, arriva dall’ultima missione diretta da Gabriele Rossi Osmida nell’oasi di Adji Kui, nel deserto del Turkmenistan a est del Mar Caspio: l’oggetto più straordinario restituito da quest’ultimo scavo – come riferisce l’archeologo veneziano appena rientrato dall’Asia – e’ una placca in osso del terzo millennio a.C. decorata con una serie di rosette incise, secondo lo stesso stilema frequentemente ricorrente anche tra i motivi ornamentali della cultura paleoveneta che, stando alla tradizione, proverrebbe da un’area geografica caspiana nota come Paflagonia (nella “Geografia” di Strabone si cita Omero che parlava della Paflagonia come terra di origine degli Eneti, ossia i Veneti).
E’ da un quarto di secolo che Rossi Osmida sta riportando alla luce alcune cittadelle del III°-II° mill. a.C. appartenenti alla “Civilta’ delle Oasi”, una cultura di carovanieri dei deserti dell’Asia centrale da lui stesso identificata nell’antica Margiana. Stavolta la missione dell’associazione Antiqua Agredo – Centro Studi ricerche Venezia-Oriente, ha concentrato le ricerche soprattutto ad ovest della cittadella di Adji Kui 1: e proprio in quest’area, dove si aprivano laboratori artigiani, si sono rinvenuti pesi da telaio e fusarole, e belle cuspidi in selce grigie appuntite e taglienti che lasciano supporre un loro utilizzo come coltellino. Lo stilema dell’incisione delle rosette vi e’ una presenza costante, e del resto questo motivo ornamentale era già stato riscontrato in altri scavi dell’archeologo veneziano su numerose fusarole (strumenti necessari per la tessitura) e su piccoli contenitori da cosmesi in steatite rinvenuti in Margiana. Lo stesso stilema, secondo gli studi condotti dall’archeologo Serge Cleuziou, si sarebbe irradiato fino all’Oman.
Si apre cosi’ una serie di interrogativi sulle origini tanto degli antichi Margi (popolazione della Margiana, la piu’ antica area abitata del Turkmenistan) quanto dei Paleoveneti, cui si cercherà di rispondere con mirate analisi per tracciare una mappa del dna dei reperti scheletrici giunti fino a noi; se ne incaricherà il Dipartimento di Antropologia dell’Università di Harvard.
La missione, che Gabriele Rossi Osmida ha tenuto a dirigere personalmente nonostante i postumi di un ictus che ancora lo costringono a spostarsi su sedia a rotelle, e’ stata realizzata con il contributo del Ministero degli Affari Esteri Italiano e dal gruppo Francesco Molon. La ricerca era inizialmente intesa soprattutto ad individuare il limite della necropoli e i resti murari a sud/ovest, e mettere in luce l’antico impianto urbano sopravvissuto al grande incendio che nel 2200/2250 a.C. distrusse la cittadella. Interventi nel tessuto urbano hanno confermato che la struttura del pomerio (il corridoio che corre all’interno delle mura periferiche) e’ una caratteristica costante delle cittadelle della Civilta’ delle Oasi: al suo interno, o immediatamente all’esterno, si aprivano i magazzini e i laboratori artigiani, dove e’ stata rinvenuta la splendida placca ossea decorata a rosette. In questa occasione, in accordo con l’Istituto di Archeologia l’Universita’ di Bologna, Dipartimento di Storia-Cultura-Civiltà, si e’ tenuto il primo campo scuola con nove studenti sotto la guida della Prof. Barbara Cerasetti, un’esperienza che sara’ rinnovata anche nelle prossime missioni. Gli studenti hanno fatto una serie di saggi sul sito AK1 localizzando tracce di insediamenti nomadi dell’eta’ del ferro. Dal canto suo, il Ministero della Cultura turkomanno, sollecitato da continue richieste internazionali di notizie sulle ricerche dirette da Rossi Osmida, si e’ convinto ad organizzare una mostra a Berlino nel 2016 sugli scavi in Margiana, con la possibilità di renderla itinerante e quindi anche con l’opportunità di portarla poi in Italia.
El dir o comento de Carlo De Paoli13 Novembre 2013 at 4:43 pm #
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non solo Strabone, ma tanti altri storici antichi favoleggiano di un popolo, gli Heneti di Paflagonia, alleati dei troiani, nella Famosa Guerra.
Omero, o chi per Lui, nel passare in rassegna i due eserciti contrapposti ed elencando i popoli che li compongono, fra le schiere dei troiani annovera gli Heneti: (così li chiamavano i greci).
Questi i versi attribuiti al Grande rimatore cieco:
⦗… ⦘
Dall’èneto paese, ov’è la razza
Dell’ indomite mule, conducea
Di Pilemène l’animoso petto
I Paflagoni, di Citoro e Sèsamo
E di splendide case abitatori,
Lungo le rive del Partenio fiume,
E d’Egìalo e di Cromna e dell’eccelse
Dalze eritine. ⦗…⦘
Sembra che anche Eschilo avesse composta una tragedia sulla caduta di Troia e l’esodo degli eneti, ma di questa tragedia non sono rimasti che pochi frammenti.
Tutti gli storici antichi concordano nel riferire che gli Heneti “superstiti”, guidati da Antenore, uno dei tanti generi del vecchio re Priamo, attraversato l’Ellesponto, errarono fino ad inoltrarsi nella terra dei Camuni dove si stabilirono e fondarono la nuova Troia: Padova.
Più recentemente dell’Iliade si è interessato Giacomo Casanova; anche Lui ha tradotto la tragedia, per ben due volte, la prima nel 1775 in lingua toscana, la seconda volta nell’idioma veneziano negli ultimi anni di sua vita.
In lingua veneziana i versi suonano:
Pilemene menava i Paflagoni
Abitanti de Serame e Citora
De L’Eretin, de Egiale e de Croni
Che el bel Partenio inumidise e infiora.
Dise La Fama che da sti cantoni
I salvadeghi muli è vegnui fora.
Questi i Heneti xe che è po’ vegnui
Co Antenore a far case su Palui.
Alcuni archeologi sostengono non esserci sufficienti prove archeologiche a sostenere questa teoria; dell’arrivo degli Heneti nel territorio da loro abitato attualmente, o meglio, che questi di quaggiù siano gli stessi di quelli di lassù.
Non ci fosse altro dovrebbero essere sufficienti le “prove genetiche”.
Omero, nei suoi versi, cita due caratteristiche dei veneti, il genio di addestrare i cavalli: Paese ov’è la razza delle indomite mule.
Fa riferimento ai cavalli che i veneti allevavano. I cavalli henetici vinsero tutte le Olimpiadi fino alla 85°, circa 400 a,C. Le tombe dei nostri antenati, qui in terra veneta, spesso contenevano un cocchio con i resti, ancora aggiogati, di un paio di cavalli.
Ancora, il genio di costruire ville lungo i corsi dei fiumi: Abitatori di splendide case lungo le rive del Partenio fiume; e quì non c’è, credo, bisogno, di richiamare l’attenzione sui tanti corsi d’acqua del nostro Paese le cui sponde sono ingioiellate di meravigliose ville.