Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

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Messaggioda Berto » dom mag 12, 2019 3:12 am

IL PERICOLO MAGGIORE
Niram Ferretti
11 maggio 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il partito più pericoloso per gli ebrei, quello più intriso di antisemitismo e di antisionismo, non è, no AfD, non è no, Fratelli di Italia, non è, no, FPÖ, non è, no il Rassemblement Nationel, non è no, Jobbik, ma è il partito Laburista inglese.

Nessun altro partito europeo ha una piattaforma programmatica così dichiaratamente anti-israeliana, in nessun altro partito europeo sono venuti a galla in una misura così eclatante episodi di antisemitismo.

Il suo leader, Jeremy Corbyn è un estremista di sinistra che viene dal radicalismo trozkista britannico. A lui e di ciò che rappresenta il partito Laburista oggi in rapporto a Israele, ho dedicato una sezione del mio prossimo libro in uscita a settembre presso Lindau.

Nel mentre, ieri a Londra, c'è stata una marcia propalestinese appoggiata da Corbyn a cui ha partecipato (era un po' che non si vedeva, Ahed Tamimi la quale si è definita, "freedom fighter").

Corbyn, l'Oswald Mosely rosso, l'amico di Hamas e Hezbollah, così ha dichiarato:

“Non possiamo restare in silenzio alla continua denegazione dei diritti e della giustizia nei confronti del popolo palestinese. Il partito Laburista è unito nel condannare il continuo abuso dei diritti umani da parte dell'esercito israeliano, inclusa l'uccisione di centinaia di dimostranti disarmati a Gaza i quali reclamano i loro diritti".

Nessuna menzione alle centinaia di razzi sparati da Gaza contro Israele. Zero. Nessuna menzione al fatto che il grosso dei "dimostranti disarmati" uccisi dall'esercito negli scontri ai confini con Gaza che vanno avanti dal marzo scorso, appartenevano a Hamas e alla jihad islamica. Zero.

Per questo fanatico di sinistra che potrebbe diventare premier, Israele è colpevole a prescindere.

Tempo fa, l'ex Gran rabbino di Israele, Lord Jonathan Sacks, uomo che è abituato a misurare le parole con il bilancino, disse:

“Ora, con la memoria ancora viva dell'Olocausto e mentre gli ebrei vengono uccisi in altre parti dell'Europa per essere ebrei, abbiamo un antisemita come leader del partito Laburista e dell'opposizione di Sua Maestà. Questo è il motivo per cui gli ebrei si sentono così minacciati dal signor Corbyn e da i suoi sostenitori".

Però, mi raccomando, è l'onda nera del "sovranismo" il pericolo maggiore...
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Messaggioda Berto » lun mag 13, 2019 6:06 pm

La Germania scopre la giudeofobia islamica
13 Maggio 2019

https://www.ilfoglio.it/un-foglio-inter ... ica-254337

“L’agenzia tedesca per la sicurezza interna ha pubblicato un rapporto di 40 pagine dal titolo ‘Antisemitismo islamico’. Mai prima d’ora un’agenzia di intelligence europea aveva pubblicato un rapporto su questo tema: una rottura importante con il passato tedesco, perché è la prima pubblicazione ufficiale di un organismo nazionale che espone in modo ragionevole i dettagli dell’antisemitismo originario in alcune parti della comunità musulmana in Germania”.
Così Manfred Gerstenfeld. “Solo un anno e mezzo fa, parlare di antisemitismo musulmano era un tabù in Germania, non veniva mai menzionato dai politici, nonostante il fatto che fosse generalmente noto che vi erano stati gravi incidenti di matrice antisemita causati dai musulmani. Il rapporto rileva come gli atti estremisti sono stati compiuti da persone che non risultavano aver avuto in precedenza rapporti con organizzazioni islamiste. Un dato che non era mai stato pubblicato prima. Lo studio afferma che è fondamentale contrastare la diffusione dell’antisemitismo estremo tra la popolazione musulmana in Germania. Ciò richiede una maggiore consapevolezza di questo problema nell’opinione pubblica. Lo studio conclude che gli oltre 100 incidenti antisemiti causati ufficialmente da musulmani nel 2017 sono probabilmente solo la punta dell’iceberg. A causa dell’importanza dell’agenzia governativa che ha pubblicato questo rapporto, l’antisemitismo musulmano in Germania è stato descritto nei dettagli alla pubblica opinione, anche se dopo un lungo ritardo.

Secondo le conclusioni del rapporto, i membri della minoranza musulmana cercano un capro espiatorio in una minoranza ancora più piccola, gli ebrei. La relazione è stata oggetto di pesanti critiche. Il corrispondente politico della Welt, Alan Posener, ha scritto che l’antisemitismo tra i giovani musulmani è il risultato di preesistenti pregiudizi antisemiti. L’esperto in scienze politiche Hamed Abdel-Samad ha anche negato che l’antisemitismo musulmano sia il risultato della “islamofobia”.
Ha scritto che se così fosse, il mondo musulmano sarebbe libero dall’islamismo e dall’antisemitismo poiché l’islamofobia è inesistente in quei paesi”.
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Messaggioda Berto » gio mag 16, 2019 9:50 pm

“Figli di scimmie e maiali” La fuga degli ebrei dalla Svezia
16 maggio 2019
Una donna ebrea pugnalata nove volte a Helsingborg
Giulio Meotti

http://www.italiaisraeletoday.it/figli- ... lla-svezia

Dal porto di Helsingborg, nel sud della Svezia, la Danimarca è vicinissima. Appena dieci chilometri separano la svedese Helsingborg dalla danese Helsingor e nell’ottobre 1943 lì arrivavano le barche che portavano in salvo gli ebrei danesi. Due giorni fa, Helsingborg ha visto l’aggressione a una donna appartenente alla locale comunità ebraica, accoltellata nove volte per strada in una delle ore di punta del mattino. “Ancora una volta gli ebrei in Europa sono in pericolo”, ha detto il capo di stato israeliano Reuven Rivlin dopo aver appreso del “brutale accoltellamento”. Questo episodio, ha aggiunto, “ci fa constatare che non bastano le memorie dell’Olocausto, che peraltro stanno svanendo, per garantire la sicurezza delle comunità ebraiche. Nel mentre le nostre scuole, le sinagoghe e i centri sociali vengono trasformati in fortezze”.

Helsingborg è un piccolo laboratorio dell’antisemitismo europeo. Una comunità piccolissima, soltanto cento membri su una popolazione di centomila abitanti, ma da anni sotto attacco e tensione. La scorsa settimana, un imam di Helsingborg, Samir El Rifai, è finito in tribunale per aver definito gli ebrei “figli di scimmie e maiali” durante un sermone a una manifestazione antisraeliana nella piazza Gustav Adolf in città. Il processo, che è stato riportato nei media nazionali, è il risultato di una denuncia presentata dall’ex leader della comunità ebraica di Helsingborg.

La sinagoga di Helsingborg è già stata il bersaglio di un attacco incendiario. Il rabbino Shneur Kesselman ha personalmente assistito e sperimentato centinaia di episodi antisemiti e quasi tutti provenienti da famiglie di immigrati dal medio oriente. Quasi duecento gli episodi di antisemitismo in dieci anni. Circa un terzo della popolazione della vicina Malmö sono immigrati di prima o seconda generazione dal medio oriente, con grandi comunità provenienti da Iraq e Siria, secondo le statistiche del governo svedese.

Lo scorso primo maggio, Ilmar Reepalu, già sindaco di Malmö, è stato filmato in una marcia di attivisti che hanno incitato a “schiacciare il sionismo” mentre sventolavano le bandiere della Lega socialdemocratica giovanile svedese, una branca del Partito socialdemocratico svedese del primo ministro al potere Stefan Löfven. Reepalu ha consigliato agli ebrei di Malmö e Helsingborg di prendere le distanze da Israele se vogliono rimanere al sicuro.

Davide discolpati! Negli anni Settanta, la comunità ebraica di Malmö contava oltre duemila membri: oggi ne sono rimasti meno di cinquecento. Gli altri sono partiti per Stoccolma o per Israele.

Il Centro Simon Wiesenthal ha diramato un avvertimento a tutti gli ebrei che si recano in visita a Malmö: “Togliete i segni religiosi in pubblico e non parlate ebraico”.

Per questo fra gli ebrei americani e israeliani, il nome di Malmö è associato alla città al mondo più pericolosa per gli ebrei. A Helsingborg, la comunità ebraica ha rifiutato persino di partecipare alle commemorazioni della Notte dei Cristalli del 1938 perché l’incontro era stato organizzato da partiti di sinistra e da attivisti musulmani ostili alla comunità ebraica.

Dopo il pugnalamento della donna due giorni fa, Amnon Tsubari, padre di sette figli con la doppia cittadinanza svedese e israeliana, ha affermato: “Penso che il futuro dei miei figli sia in Israele”. Nel 1943 a Helsingborg arrivavano gli ebrei in fuga dai rastrellamenti e dalle deportazioni naziste. Nel 2019 si rischia il percorso inverso.
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Messaggioda Berto » ven mag 17, 2019 3:18 am

Incredibile, la Mogherini scopre che i libri di testo palestinesi incitano all’odio
Sarah G. Franklon Maggio 16, 2019

https://www.rightsreporter.org/incredib ... no-allodio

Tutta l’ipocrisia di questa donna racchiusa in una indagine (fuori tempo massimo) sui fondi europei destinati all’istruzione dei bambini palestinesi che nei fatti diventa indottrinamento all’odio razziale e incitamento alla violenza contro gli ebrei e contro Israele

Ieri l’Alto rappresentante per la politica Estera della UE, Federica Mogherini, ha annunciato di aver avviato una indagine sui nuovi libri di testo palestinesi destinati alle scuole primarie e secondarie che, come da più parti denunciato, incitano all’odio verso gli ebrei e verso Israele.

La “incredibile” scoperta della Mogherini arriva dopo che da anni denunciamo come la UNRWA, che gestisce praticamente tutte le scuole palestinesi, non perda occasione per incitare apertamente all’odio e alla violenza e persino come addirittura gli insegnanti arrivino a glorificare Hitler esaltandone le “gesta”.

Che sui libri di testo palestinesi destinati alle scuole primarie e secondarie, pagati in buona parte con il denaro della UE, si incitasse all’odio contro gli ebrei e contro Israele non è certo una novità. Ma c’è voluta una indagine (che definire tardiva è dire poco) della IMPACT-se (Institute for Monitoring Peace and Cultural Tolerance in School Education) per smuovere finalmente i dirigenti europei e soprattutto la loro coscienza.

Ma cosa hanno “scoperto” quelli di IMPACT-se? In sostanza hanno scoperto l’acqua calda, è cioè che da sempre nelle scuole della UNRWA si insegna l’odio verso ebrei e Israele costruendo passo dopo passo le nuove generazioni di terroristi.

La differenza, secondo la Mogherini, è che negli ultimi libri di testo destinati ai bambini palestinesi questa tendenza si è ancor di più accentuata diventando sistematica essendo introdotto il concetto di odio in ogni libro di ogni materia, dai libri di matematica a quelli di fisica e biologia.

Per questo motivo Federica Mogherini ha ordinato una “dettagliata inchiesta” (che già fa ridere così) sulla effettiva destinazione dei fondi europei stanziati per l’istruzione dei bambini palestinesi, fondi che chiaramente sono destinati alla UNRWA, cioè la più grande macchina d’odio a disposizione dei terroristi.

«Lo scopo dell’indagine è quello di identificare la possibile istigazione all’odio e alla violenza e la non conformità con gli standard UNESCO relativi alla pace e alla tolleranza nell’educazione», ha detto la Mogherini. «L’incitamento alla violenza è incompatibile con la promozione della soluzione dei due stati e esacerba fortemente la mancanza di fiducia tra le comunità».


Adesso se ne accorgono?

Scusateci ma questa iniziativa sa tanto di presa in giro. L’Unione Europea, che destina all’istruzione dei bambini palestinesi decine di milioni di Euro, da anni è al corrente che i libri di testo delle scuole palestinesi incitano all’odio contribuendo in maniera significativa a formare le nuove generazioni di terroristi e innescando così un meccanismo infinito di violenze.

Perché solo ora decide di fare una inchiesta in tal senso quando solo pochi mesi fa chiedeva al Presidente Trump di non interrompere i finanziamenti alla UNRWA, decidendo per di più di aumentare i fondi per compensare quelli non arrivati dagli Stati Uniti?

È una domanda alla quale in tutta sincerità non sappiamo dare una risposta se non usando il termine “ipocrisia”. Saranno le imminenti elezioni europee? Sarà che la Mogherini non riesce più a nascondere l’evidenza dei fatti? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che è una indagine sulla scoperta dell’acqua calda il che la rende decisamente ipocrita e falsa.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristi

Messaggioda Berto » dom mag 19, 2019 11:20 am

L’antisemitismo islamico: Come ha avuto origine e come si è diffuso
Matthias Küntzel
4 Agosto 2018

http://www.linformale.eu/lantisemitismo ... as-kuntzel

L’antisemitismo islamico, pur non essendo limitato ai movimenti islamisti, è un fattore chiave nella guerra degli islamisti contro il mondo moderno.

Esso si cela dietro il desiderio di distruggere il “tumore canceroso” di Israele e ha motivato il recente attacco iraniano a Israele mediante un drone armato. Ispira la minaccia di Recep Tayyip Erdogan che gli israeliani non saranno in grado di “trovare un albero dietro cui nascondersi”, una chiara allusione a un hadith che esige l’uccisione degli ebrei[2]. Induce Mahmoud Abbas a negare ogni legame tra Gerusalemme e gli ebrei[1] e trasforma il conflitto politico tra Israele e gli arabi in una lotta religiosa tra il bene e il male.

L’antisemitismo islamico mobilita i terroristi dello Stato islamico per uccidere gli ebrei in Europa e garantisce che non solo ad Amman, ma anche a Berlino e Malmö gli arabi minaccino gli ebrei con questo particolare grido di battaglia: “Khaybar, Khaybar, o ebrei: l’esercito di Maometto tornerà”. Khaybar è il nome di un’oasi abitata dagli ebrei che Maometto conquistò nel sangue nel 628. È anche il nome di un fucile d’assalto di fabbricazione iraniana e di un tipo di razzo usato da Hezbollah contro le città israeliane nel 2006.

In questo articolo, parlerò in primo luogo delle caratteristiche dell’antisemitismo islamico. Cosa lo distingue dalle altre forme di odio verso gli ebrei? La seconda parte di questo scritto si occupa della storia dell’antisemitismo islamico, focalizzando l’attenzione sul libello L’Islam e gli ebrei e sulla sua diffusione da parte del Congresso di Bludan del settembre 1937. E per finire, mi occuperò di alcuni effetti attuali dell’antisemitismo islamico.

Che cosa significa il termine “antisemitismo islamico”?

Questo termine non è un attacco generale all’Islam, i cui testi includono anche riferimenti favorevoli agli ebrei né è un’accusa generale contro i musulmani, alcuni dei quali sono contrari all’antisemitismo. Piuttosto, si riferisce a uno specifico tipo di antisemitismo basato su una fusione di due risorse: l’antigiudaismo dell’Islam primitivo e l’antisemitismo moderno dell’Europa.

L’antisemitismo europeo, rappresentato dallo spettro del complotto ebraico mondiale, era estraneo all’immagine originale degli ebrei nell’Islam. Solo nella tradizione cristiana gli ebrei appaiono come una forza mortale e potente capace di uccidere anche l’unico figlio di Dio. Sono stati in grado di portare morte e rovina all’umanità – essendo ritenuti responsabili delle epidemie di peste. I nazisti credevano che gli ebrei governassero il mondo, e che quindi fossero responsabili di tutte le sue disgrazie. C’era, secondo la loro visione, un unico modo per redimere il mondo: l’annientamento sistematico degli ebrei.

Non è così nell’Islam. Qui, non furono gli ebrei a uccidere il Profeta, ma fu il Profeta che uccise gli ebrei: negli anni dal 623 al 627, Maometto schiavizzò, espulse o annientò tutte le tribù ebraiche a Medina. Pertanto, alcuni tratti tipici dell’antisemitismo cristiano non apparivano nel mondo musulmano: “Non c’erano timori di cospirazioni e dominio da parte degli ebrei, non c’era alcuna accusa di malvagità diabolica. Gli ebrei non furono accusati di avvelenare i pozzi né di diffondere la peste”[3].

Invece, i musulmani solevano trattare gli ebrei con disprezzo o con tolleranza condiscendente. L’odio verso gli ebrei promosso nel Corano e nella Sunna perseguiva l’obiettivo di tenerli sottomessi come dhimmi: l’ostilità era accompagnata dallo svilimento.

Nell’Iran sciita, gli ebrei erano considerati impuri. Quando pioveva, era loro vietato riversarsi nelle strade in modo che la loro “impurità” non contaminasse i musulmani. Questa impronta culturale faceva sembrare assurda l’idea nutrita dagli antisemiti cristiani che gli ebrei potessero rappresentare una minaccia permanente per il mondo.

Tuttavia, tutto cambiò con la comparsa dell’antisemitismo islamico. La sua essenza è la fusione dell’antigiudaismo islamico delle vecchie scritture con l’antisemitismo europeo moderno – da qui la combinazione delle peggiori immagini cristiane e islamiche degli ebrei.

Un esempio è la Carta di Hamas dove all’art. 7 si cita un hadith in cui il profeta Maometto afferma che i musulmani uccideranno gli ebrei “quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero. Allora, le pietre e gli alberi diranno: ‘O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo”. Al contempo, l’art. 22 dello stesso Statuto afferma che gli ebrei “organizzarono la Prima guerra mondiale (…) [e] la Seconda guerra mondiale. (…) Nessuna guerra è mai scoppiata senza che si trovassero le loro impronte digitali”[4].

Questo testo ritrae al contempo gli ebrei, da una parte, come degradati, in fuga e nascosti, e, dall’altra, come i veri e segreti governanti del mondo. Logicamente, questa combinazione è tanto assurda quanto la convinzione nazista che gli ebrei controllassero sia il comunismo sia Wall Street.

Ma così facendo, entrambe le componenti si radicalizzano: l’antisemitismo europeo si alimenta tramite l’impeto religioso e fanatico dell’Islam radicale, mentre il vecchio anti-giudaismo del Corano – integrato dalla teoria del complotto mondiale – è contraddistinto da una nuova peculiarità finalizzata a eliminare gli ebrei.

Un rilevante tratto distintivo di questa nuova peculiarità è la convinzione che gli ebrei di tutto il mondo, in combutta con Israele, siano dietro un complotto sinistro per minare e sradicare l’Islam.

Già negli anni Trenta, Amin al-Husseini, il Mufti di Gerusalemme, sosteneva che gli ebrei fossero impazienti di distruggere i luoghi sacri dell’Islam a Gerusalemme. Negli anni Cinquanta, Sayyid Qutb continuò questa propaganda nel suo pamphlet “La nostra lotta contro gli ebrei” in cui scrisse: “La feroce guerra che gli ebrei hanno lanciato contro l’Islam (…) non si è estinta, nemmeno per un istante, per quasi quattordici secoli fino ad ora, il suo bagliore infuria in ogni angolo del globo”[5].

Il VII secolo è di nuovo associato al XX secolo e alle affermazioni coraniche sugli ebrei unitamente alla visione di una cospirazione mondiale. Questo punto di vista esclude i compromessi: “I musulmani e gli ebrei sono bloccati in uno scontro totale e senza tempo, finché gli uni non sottometteranno definitivamente gli altri”[6]. Pertanto, il conflitto politico tra arabi e sionisti sulla Palestina si è islamizzato e si è trasformato in una lotta religiosa di vita e di morte. Come e quando si è generato questo tipo di odio verso gli ebrei?

L’Islam e gli ebrei e la Conferenza di Bludan

L’antisemitismo islamico non si sviluppò spontaneamente ma fu inventato e usato come un mezzo per un fine. Questo processo iniziò circa 80 anni fa nell’ambito dei tentativi arabi di fermare l’immigrazione sionista in Palestina, che aumentò considerevolmente negli anni Trenta.

Il primo testo che diffondeva il puro e semplice odio verso gli ebrei in un contesto islamico, mescolando alcuni episodi antiebraici della vita di Maometto con la cosiddetta malvagità degli ebrei nel XX secolo, fu un opuscolo di 31 pagine in lingua araba intitolato L’Islam e gli ebrei, pubblicato il 18 agosto 1937 al Cairo.

Da un lato, questo testo si basa sulle tradizioni dell’Islam primitivo: “La battaglia tra gli ebrei e l’Islam ebbe inizio quando Maometto fuggì dalla Mecca a Medina”, si legge nell’opuscolo.

“A quel tempo i metodi ebraici erano già gli stessi di oggi. La loro arma era la diffamazione. (…) Dissero che Maometto era un truffatore (…), cercarono di minare l’onore di Maometto (…), iniziarono a porre a Maometto domande insensate e irrisolvibili. (…) Ma anche con questo metodo, come prima, non hanno avuto successo. Così essi (…) hanno cercato di eliminare i musulmani”.

Allo stesso tempo, il testo attacca gli ebrei nella dizione di antisemitismo europeo definendoli “grandi uomini d’affari”, “sfruttatori”, “microbi” e diffusori di peste. Fin dai tempi di Maometto, si legge nel testo, gli ebrei hanno costantemente cercato di “distruggere i musulmani”. “I versetti coranici e gli hadith”, arguisce l’opuscolo,

“ dimostrano che gli ebrei sono stati i nemici più acerrimi dell’Islam e continuano a cercare di distruggerlo. Non credetegli, conoscono solo l’ipocrisia e l’astuzia. Tenete duro, lottate per il pensiero islamico, per la vostra religione e la vostra esistenza! Non riposate finché la vostra terra non sarà priva di ebrei”[7].

Questo opuscolo fu innovativo sotto molti aspetti.

Innanzitutto, mentre la letteratura islamica classica tratta la lotta di Maometto con gli ebrei come se fosse un episodio minore della vita del Profeta, ora “il conflitto di Maometto con gli ebrei è presentato come un tema centrale della sua attività e alla loro ostilità nei suoi confronti viene conferito un significato cosmico”[8].

In secondo luogo, le componenti antiebraiche dell’Islam, che erano state in precedenza latenti o di minore importanza ricevettero tutto d’un tratto nuovo vigore.

In terzo luogo, i versetti antiebraici contenuti nel Corano sono stati generalizzati e ritenuti validi per il XX secolo: concordi con il razzismo europeo, agli ebrei è stata attribuita una certa natura immutabile con caratteristiche negative.

In quarto luogo, gli schemi religiosi sono stati combinati con elementi di una paranoica teoria del complotto: i musulmani erano considerati vittime eterne (“Tentano di eliminare i musulmani”) per legittimare nuove forme di aggressione (“Non riposate finché la vostra terra non sarà priva di ebrei”), le quali ricordavano più le politiche dei nazisti che il comportamento di Maometto.

Nel settembre 1937, questo pamphlet assunse rilevanza grazie alla sua diffusione al “Congresso nazionale arabo”, tenutosi a Bludan, una stazione termale in Siria, 50 km a nord-ovest di Damasco.

Questo congresso che si svolse dall’8 al 10 settembre 1937, plasmò l’evoluzione del conflitto mediorientale per due ragioni: in primo luogo, fu il punto di partenza di un movimento panarabo centrato sulla lotta contro il sionismo. Inoltre, fu il luogo dal quale l’opuscolo L’Islam e gli ebrei raggiunse il mondo arabo.

Entrambi gli sviluppi sono collegati al nome di Amin al-Husseini.

Quest’ultimo voleva evitare la spartizione della Palestina in uno stato ebraico e in uno arabo come proposto nel giugno 1937 dalla britannica “Commissione Peel” e sostenuta da Londra. Sconfiggere il “Piano Peel” e intimidire quegli arabi che erano favorevoli a esso era lo scopo principale del Congresso di Bludan.

Il Mufti non poté partecipare di persona. Il 17 luglio 1937, un tentativo da parte del Mandato britannico di arrestarlo fallì[9]. Successivamente, Amin al-Husseini rimase nascosto nel distretto della moschea di Gerusalemme fino all’ottobre 1937, quando fuggì a Beirut. Ciononostante, i partecipanti al congresso lo nominarono presidente onorario dell’Assemblea.

Già nel giugno 1937, il Mufti si era recato a Damasco per preparare il Congresso di Bludan e nominare i responsabili per le sue ulteriori disposizioni[10]. Secondo un rapporto del console generale tedesco a Beirut, Amin al-Husseini “mise a disposizione le risorse finanziarie per affittare i due più grandi hotel di Damasco e Bludan, e garantire gratuitamente un gran numero di camere ai partecipanti al congresso”[11].

Non c’è da stupirsi, quindi, che il congresso abbia attirato 411 partecipanti, anche se soltanto 250 persone furono ammesse nella sala del “Grand Hotel di Bloudan”, dove si svolse l’evento. Centosessanta provenivano dalla Siria, 128 dalla Palestina, 65 dal Libano, 30 dalla Transgiordania, 12 dall’Iraq, 6 dall’Egitto e un delegato dall’Arabia Saudita. Tra loro c’erano importanti personalità come l’ex primo ministro iracheno Naji al-Suwaidi, che presiedette l’incontro. I membri attivi dei governi arabi, tuttavia, rimasero lontani da questa performance anti-britannica.

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Questo congresso non fu un evento pubblico. Anche ai giornalisti non fu consentito di essere presenti ai colloqui. Ma il colonnello Gilbert MacKereth, che era all’epoca il console britannico a Damasco, fece in modo che una persona di sua fiducia partecipasse al congresso.

Sulla base delle relazioni di questa spia, MacKerreth nel suo “memorandum sul Congresso di Bludan” del settembre 1937, definì l’evento come “una manifestazione di giudeofobia”. A questo proposito, egli fece riferimento a

“un pamphlet sorprendentemente incendiario intitolato ‘Gli ebrei e l’Islam’ che fu consegnato a ogni membro del congresso al suo arrivo. Era stato stampato in Egitto”.

L’annesso V del memorandum di MacKereth, scritto dalla sua spia, reca il titolo: “Descrizione di un Pamphlet violentemente anti-ebraico stampato al Cairo per conto del Comitato di difesa della Palestina che fu distribuito a ognuno dei partecipanti al Congresso di Bludan”. Questo memo fornisce una sintesi del contenuto del pamphlet, senza lasciare dubbi sul fatto che la pubblicazione stampata al Cairo nell’agosto 1937 fu distribuita in quel contesto[12].

Durante la guerra, la Germania nazista stampò e diffuse L’Islam e gli ebrei pressoché invariato, in diverse lingue ed edizioni. Ad esempio, c’è la prova che nel 1942 le autorità spagnole sequestrarono circa 1500 copie di “un pamphlet di propaganda tedesco in lingua araba intitolato ‘L’Islam e gli ebrei’” che era stato inviato al consolato tedesco a Tangeri. Secondo il ministero degli Esteri tedesco, questi opuscoli avrebbero dovuto essere distribuiti “con discrezione” nel Marocco spagnolo.

Le autorità spagnole, tuttavia, che governavano a Tangeri, lo impedirono. Erano dell’opinione che “la diffusione di simili testi propagandistici diretti contro gli elementi ebraici nel Marocco spagnolo non poteva essere consentita” e tutte le copie furono confiscate e distrutte[13].

Nel 1943, a Zagabria furono stampate altre 10mila copie dello stesso pamphlet, questa volta in serbo-croato (Islam I Zidovstvo), e distribuite in Bosnia e Croazia.

Metà dei testi fu fatta circolare tra i musulmani dell’ufficio locale dello Squadrone di propaganda Croazia a Banja Luka; le copie rimanenti furono distribuite a Sarajevo. Altre copie furono pubblicate e distribuite in lingua tedesca[14].

Sebbene attualmente non si conosce la portata della diffusione di questo opuscolo, L’Islam e gli ebrei potrebbe essere considerato come il precursore del famigerato testo di Sayyid Qutb, La nostra lotta contro gli ebrei, degli anni Cinquanta. Nella sua opera di grande rilievo, Islam and Nazi Germany’s war, David Motadel considera L’Islam e gli ebrei come “uno dei più significativi esempi di questo tipo di propaganda antiebraica diffusa tra i musulmani”[15], mentre lo storico Jeffrey Herf ritiene che questo testo sia “uno dei testi fondanti della tradizione islamista, un libello che definiva la religione dell’Islam come una fonte di odio verso gli ebrei”[16]. Ma chi, in effetti, pubblicò e scrisse L’Islam e gli ebrei?

Chi autorizzò L’Islam e gli ebrei?

L’editore della prima edizione in arabo di L’Islam e gli ebrei fu Mohamad Ali al-Taher, direttore dell’“Ufficio di informazione arabo-palestinese” in Egitto. Al-Tawer era un noto giornalista palestinese che viveva al Cairo da molti anni.

Secondo il professore norvegese di Studi sul Medio Oriente, Brynjar Lia, egli era uno dei “contatti palestinesi al Cairo” di Amin al-Husseini e avrebbe contribuito al trasferimento del denaro nazista tedesco ai Fratelli Musulmani egiziani[17]. Sir Miles Lampson, ambasciatore della Gran Bretagna in Egitto, lo definì un “noto agitatore”[18]. Al-Taher fu anche coinvolto nel Congresso di Bludan come membro del suo Comitato di propaganda.

Ciononostante, non era l’autore del pamphlet. “Un eminente arabo fu l’autore di questo libello sugli ebrei e sul loro comportamento”, scrisse al-Taher nella sua breve prefazione a L’Islam e gli ebrei “e lo apprezziamo molto”[19]. Ma chi era quell’“eminente arabo”?

Questo segreto non fu rivelato né al Cairo nell’agosto 1937 né a Bludan, un mese dopo. Fu in Germania che Amin al-Husseini venne designato la prima volta come il presunto autore di L’Islam e gli ebrei. Nel 1938, a Berlino, lo “Junker und Dünnhaupt Verlag” pubblicò l’intero opuscolo con il titolo: “Islam-giudaismo. L’appello del Mufti al mondo islamico nel 1937”[20]. Nelle successive edizioni pubblicate dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale, il Mufti continuò a essere designato come l’autore.

Se al-Husseini fosse di fatto l’unico promotore e autore di questo libello è tuttavia una questione aperta. Non c’è dubbio che i nazisti hanno usato questo opuscolo per i loro scopi propagandistici. Erano anche coinvolti nell’ideazione? Da un lato, il testo in arabo è caratterizzato da uno stile di scrittura poetico, come si può ravvisare in altri testi del Mufti[21]. Dall’altro, il Mufti non ne rivendicò mai la paternità.

I propagandisti nazisti, nei loro tentativi di mobilitare gli arabi contro gli ebrei, avevano scoperto che il loro antisemitismo razzista era stato accolto con incomprensione. Di conseguenza, iniziarono a usare il credo islamico come telecomando per ottenere l’accesso alle masse musulmane. Per citare David Motadel:

“Berlino fece un uso esplicito della retorica religiosa, della terminologia e del linguaggio figurato e cercò di impegnarsi e di reinterpretare la dottrina religiosa e i concetti. (…) I testi sacri come il Corano (…) furono politicizzati per incitare alla violenza religiosa contro i presunti nemici comuni. (…) La propaganda tedesca combinava l’Islam con l’agitazione antiebraica fino a un livello che sino ad allora era disconosciuto al mondo musulmano moderno”[22].

Nel 1937, i nazisti erano i più stretti alleati di al-Husseini. L’“unica grande potenza interessata alla vittoria araba sugli ebrei di Palestina e che godeva della piena fiducia da parte degli arabi era la Germania”, affermava Fritz Grobba, l’ambasciatore tedesco a Baghdad, in un report riguardante una visita effettuata dagli emissari del Mufti all’inizio del gennaio 1937[23]. Nell’estate del 1937, quando il Mufti si nascondeva sul Monte del Tempio a Gerusalemme, egli entrò in contatto con i rappresentanti della Germania nazista attraverso un intermediario.

A quel tempo, i propagandisti nazisti avevano già scoperto il potenziale antisemita dell’Islam. Così, nell’aprile 1935, la rivista nazista Weltkampf pubblicò un articolo sul “movimento antisemita nell’Islam”[24]. In seguito, Johann von Leers, uno dei più famosi agitatori nazisti, pubblicò dei saggi sugli “ebrei e l’Islam come opposti”[25]. Lo storico Robert Wistrich racconta che von Leers “aveva elogiato l’Islam nel 1936 per aver eliminato con successo la ‘minaccia ebraica’ in Arabia”[26].

Lo storico tedesco Martin Finkenberger, che ha approfonditamente studiato la biografia di Johann von Leers, scrive:

“Secondo quanto affermato da von Leers, egli era in contatto almeno dal 1933 con degli studenti arabi residenti a Berlino, alcuni dei quali avevano legami con Al-Husseini. (…) Von Leers sostiene di essere entrato in contatto con il Mufti intorno al 1936”[27].

Non è ancora chiaro come si sia giunti alla stesura e alla pubblicazione de L’Islam e gli ebrei e quale ruolo abbiano avuto i nazisti in questo. Inoltre, non sappiamo quali contatti possa avere avuto al-Taher, l’editore di questo libello, con gli agenti tedeschi in Egitto, nel 1937.

Da un lato, ”l’Ufficio di Informazioni arabo palestinese”, da lui diretto, era sospettato di collaborare con gli agenti nazisti[28]. Dall’altro lato, suo figlio, Hassan Eltaher, disse che a suo padre era stato chiesto di contattare gli agenti nazisti. Ma lui si era rifiutato di farlo e non aveva mai avuto alcun contatto[29].

Non è chiaro come sia stata orchestrata la traduzione tedesca del 1938 di L’Islam e gli ebrei e chi l’abbia curata. Non si sa nemmeno perché Ferdinand Seiler, allora console tedesco a Beirut, non menzionò questo pamphlet nelle quattro pagine di rapporto sul Congresso di Bludan[30].

Dopotutto, la Germania aveva una posizione privilegiata a Bludan: sebbene il congresso non fosse aperto agli osservatori internazionali non arabi, l’addetto stampa del NSDAP/AO a Beirut riuscì a partecipare alla conferenza grazie ai suoi contatti personali con alcuni degli organizzatori[31]. Il quotidiano nazista Völkischer Beobachter dette notizia di questo evento, con tanto di foto[32].

Mentre gli storici devono ancora rispondere a importanti domande sul pamphlet e su Bludan, il contesto politico che facilitò la comparsa dell’antisemitismo islamico è abbastanza chiaro.

Nella sua breve prefazione, Al-Taher collegò L’Islam e gli ebrei alla lotta contro la spartizione della Palestina, come proposta nel 1937 nel Piano Peel e scrisse che l’Ufficio di Informazioni arabo palestinese pubblicò questo lavoro perché i musulmani e gli arabi “dovrebbero sapere degli ebrei, proprio ora che gli ebrei cercano di creare uno stato eliminando i musulmani e gli arabi”[33].

Lo stesso libello culmina nel seguente invito: “Non si può tollerare il piano di spartizione, perché la Palestina è un paese arabo da secoli e dovrebbe rimanere arabo per sempre”[34]. L’Islam e gli ebrei intendeva pertanto teologizzare il conflitto territoriale tra gli ebrei e gli arabi per impedire l’attuazione di una proposta di spartizione della Palestina – il primo importante tentativo di compromesso – che inizialmente aveva incontrato un certo grado di approvazione da parte di alcuni arabi moderati.

Al contempo, l’antisemitismo islamico aveva l’obiettivo di far fronte agli ebrei con una specie di guerra totale: se il male degli ebrei è immutabile e permanente, trascendendo il tempo e le circostanze, c’è solo un modo per purificare il mondo: la loro totale espulsione o l’annientamento.

Questa idea fu diffusa quotidianamente tra il 1939 e il 1945 dalle trasmissioni in lingua araba della Germania nazista[35]. Così, nel dicembre 1942, Al-Husseini pronunciò un discorso all’inaugurazione dell’Istituto centrale islamico a Berlino, in cui dichiarava che “l’odierna comunità ebraica mondiale” avrebbe condotto l’umanità “nell’abisso della perdizione, proprio come fece quando il Profeta era in vita”. Fu “la stessa influenza ebraica, (…) che ha perseguitato le persone in questa estenuante guerra, il tragico destino di cui beneficiano soltanto gli ebrei”[36]. La fantasia che gli tutti gli ebrei fossero dietro la Seconda guerra mondiale e che trassero profitto da essa proviene direttamente dall’arsenale della propaganda nazista[37].

In un discorso diffuso nel marzo 1944, il Mufti definiva gli ebrei “bacilli” e “microbi” ed esortava i musulmani “a spingere tutti gli ebrei fuori dalla Palestina e dagli altri paesi arabi e islamici con determinazione e forza. A investire tutti gli sforzi per garantire che non vi sia più un solo ebreo o un solo colonialista in questi paesi”[38].

Entrambi gli aspetti contraddistinguono l’antisemitismo ancora oggi: il rigoroso divieto di scendere a compromessi con gli ebrei e la richiesta di espellerli o distruggerli. La pubblicazione di L’Islam e gli ebrei e le successive campagne dell’antisemitismo islamico hanno cambiato la percezione degli ebrei in seno alle società islamiche.

Hanno rafforzato una lettura esclusivamente anti-ebraica dei testi sacri islamici, hanno diffuso su larga scala le teorie complottistiche europee nel mondo arabo e continuano ad agitarsi contro il progetto sionista in termini genocidi, come mostrano i due esempi qui di seguito.

“La soluzione finale” escatologica

“Chiunque cerchi proclami anti-ebraici islamici può perfino trovare una tradizione secondo la quale la Resurrezione sarà preceduta da un massacro degli ebrei da parte dei musulmani – una ‘soluzione finale’ escatologica”, scriveva Yehoshafat Harkabi nel suo studio seminale del 1972, Arab attitudes to Israel (Atteggiamenti arabi nei confronti di Israele)[39]. Come prova, egli citava il seguente hadith contenuto nel pamphlet del 1937 L’Islam e gli ebrei:

“Disse il Profeta, su cui sia la pace: l’ora della Resurrezione non arriverà fino a quando i musulmani non combatteranno gli ebrei e i musulmani li uccideranno, finché gli ebrei si nasconderanno dietro pietre e alberi, e le pietre e gli alberi diranno: Oh musulmano, servo di Allah, c’è un ebreo dietro di me, vieni e uccidilo! Ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei. Disse l’imam al-Tabari: Il Gharqad è un albero famoso, dotato di spine, che si trova a Gerusalemme, dove avverrà l’uccisione del Dajjal e degli ebrei”.

Questo è un hadith particolarmente crudele. Non solo rende l’uccisione degli ebrei essenziale per la salvezza finale dei musulmani, ma esige anche che dagli alberi – simbolo della natura vivente – e dalle pietre – simbolo della natura morta – che gli ebrei vengano uccisi, come se fosse l’intero universo a condannarli a morte. È un hadith sadico perché mostra l’ebreo non come pericoloso, ma come una figura spaventata e tremante che cerca di nascondersi, ma che comunque è trascinata fuori dal suo nascondiglio e inesorabilmente uccisa.

Tali espressioni, continua Harkabi, “non si può dire che siano una parte essenziale dell’Islam; sono latenti, persino sconosciute ai suoi seguaci (…) purché non vengano ripetute con una certa frequenza”[40].

Ma questo è esattamente quello che è successo. Nel 1937, iniziò la divulgazione di questo hadith crudele, che oggi è certamente, almeno nel mondo arabo, uno dei più conosciuti e citati.

Nel 1937, il Foreign Office di Londra ne venne a conoscenza per la prima volta quando il ministro arabo-saudita a Londra informò un funzionario del Foreign Office britannico, “in merito alla propaganda anti-ebraica che viene condotta tra i musulmani più ignoranti e fanatici della maggior parte dei paesi arabi”. E questo ministro fornì al Ministero degli Esteri britannico la versione araba di questo hadith con la traduzione inglese[41].

Vent’anni dopo, non solo “i musulmani ignoranti e fanatici”, ma anche l’élite religiosa diffuse questo testo. L’Università al-Azhar del Cairo, ad esempio, il più antico e prestigioso centro d’insegnamento religioso musulmano, dedicò il numero dell’ottobre 1968 del suo periodico mensile Majallat al-Azhar a un articolo di approvazione su questo hadith.

Il suo autore, Sheikh Nadim Al-Jisr, un membro dell’Accademia di ricerca islamica, ne sottolineava l’importanza contemporanea[42]. Per tredici secoli, il suo significato rimase nascosto, egli spiegava, perché non era appropriato uccidere le inermi minoranze ebraiche. Ma alla fine il suo significato fu rivelato. Per consentire a questo hadith di trovare attuazione, Dio aveva ordinato che gli ebrei raggiungessero il potere e creassero uno stato, il che facilita e giustifica l’ucciderli tutti[43].

Nel suo libro, “The People of Israel in the Qur’an and the Sunnah”, Mohammed Sayyed Tantawi, il Grande Sceicco di al-Azhar tra il 1996 e il 2010, ha aggiunto il suo sostegno alla tesi che la distruzione di Israele è divinamente predestinata[44]. I musulmani non potevano distruggere gli ebrei mentre erano sparsi nel mondo. Pertanto, secondo Tantawi, lo scopo principale dell’assembramento degli ebrei in esilio e la creazione dello Stato di Israele è l’attuazione della promessa di Allah di annientarli[45].

Egli cita il suddetto hadith come prova “che sarebbe scaturita una guerra decisiva tra musulmani ed ebrei, in cui i musulmani avrebbero vinto a patto che (…) guidassero l’imminente battaglia per la Palestina come una lotta religiosa”[46].

La Rivoluzione iraniana del 1979 rafforzò ulteriormente l’interpretazione religiosa del conflitto palestinese. Nel 1988, Hamas incluse l’hadith degli alberi e delle pietre nella sua Carta, in vigore ancor oggi. Da allora, le promesse genocide di questo hadith sono state reiterate in moltissimi sermoni e in numerose sue varianti esistenti in molte parti del mondo islamico[47].

L’interpretazione sciita dell’hadith, ad esempio, prevede che la battaglia vittoriosa contro gli ebrei causerà il ritorno del Messia sciita, il Dodicesimo Imam. Il Grande Ayatollah dell’Iran, Nuri Hamadani, ha insistito sul fatto che sia necessario “combattere gli ebrei e sconfiggerli in modo che le condizioni per l’avvento dell’Imam Nascosto [vale a dire il Messia sciita] siano soddisfatte”. Egli ha basato la redenzione dei musulmani o addirittura dell’intero mondo sulla distruzione di Israele[48].

La “soluzione finale” dell’Iran per la Palestina

I governanti iraniani considerano chiaramente l’ambizione di distruggere Israele come parte di una guerra religiosa.

Già nel 1963, all’inizio della sua carriera, Ruhollah Khomeini concentrò i suoi attacchi antisemiti contro “i nemici del Corano”, riferisce il suo biografo Amir Taheri. Khomeini consigliò ai suoi seguaci di “rammentare e spiegare le catastrofi inflitte all’Islam dagli ebrei e dai baha’i”. Egli affermò che il governo israeliano aveva stampato milioni di copie di “un Corano falsificato” nel tentativo di “distruggere la nostra gloriosa fede”[49].

In seguito, Khomeini, che era stato un ascoltatore regolare delle trasmissioni in lingua persiana dei nazisti, concentrò i suoi attacchi sull’affermazione che gli ebrei in combutta con Israele erano dietro un complotto per distruggere l’Islam:

“Israele non vuole che il Corano sia in questo regno. Israele non vuole che gli ulema dell’Islam restino in questo regno. Israele non vuole che le leggi dell’Islam governino questo paese”[50].

Khomeini diffuse il concetto dell’estinzione di Israele per motivi religiosi – come una precondizione per l’unità musulmana e la rinascita islamica, nonché come un dovere fondamentale nella lotta contro la “corruzione morale” incarnata da una decadente cultura occidentale. Allo stesso modo, il successore di Khomeini, il leader della Rivoluzione iraniana Ali Khamenei, ha descritto “la guerra in Palestina [come] una guerra all’esistenza dell’Islam”: “Il destino del mondo dell’Islam e il destino dei paesi islamici (…) dipendono dal destino della Palestina”. La sua conclusione è chiara: “Noi crediamo che l’annientamento del regime israeliano sia la soluzione al problema della Palestina”[51].

Possiamo qui ravvisare il frutto di una fissazione, secondo la quale gli ebrei vogliono sradicare l’Islam: l’annuncio e la preparazione di una guerra contro Israele dettata da motivi religiosi, che riguarda non solo la regione, ma il mondo intero.

Oggi, come ottanta anni fa, l’obiettivo distruttivo dell’antisemitismo islamico va di pari passo con una dichiarazione di guerra contro i cosiddetti collaboratori: “Tutti gli arabi che collaborano con gli ebrei dovrebbero essere distrutti prima che aiutino gli ebrei a distruggerci”, proclamava il programma radio in lingua araba della Germania nazista nell’aprile del 1943[52]. Una generazione dopo, Khomenei dichiarò: “È dovere di tutti i paesi islamici eliminare totalmente Israele. (…) Qualsiasi contatto con Israele e i suoi agenti (…) è proibito religiosamente e costituisce una ostilità nei confronti dell’Islam”[53. Un’altra generazione dopo, Ahmadinejad esclamò: “Se qualcuno (…) riconosce il regime sionista, dovrebbe sapere che brucerà nel fuoco dell’Ummah [nazione] islamica”[54]. Infine, nell’aprile 2018, dopo che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman aveva riconosciuto il diritto di Israele a esistere, Ali Khamenei ha risposto immediatamente e ha attaccato questo “atto di tradimento da parte di alcuni capi di Stato arabi” definendolo “un grande e imperdonabile peccato”[55].

L’antisemitismo islamico, da un lato, non ha perso nulla del suo potenziale distruttivo: insieme al culto del martirio, esso appartiene al repertorio ideologico degli islamisti sciiti e sunniti e alimenta la loro guerra anti-ebraica, non solo ad Ankara, a Ramallah e ad Amman, ma anche durante le manifestazioni di protesta a Malmö e a Berlino. La sua avversione per la pace con Israele aumenta il pericolo di una guerra totale.

Dall’altro lato, noi stiamo assistendo a un periodo di disgelo in parte del mondo arabo, non solo rispetto a Israele, ma anche riguardo ai nuovi dibattiti sull’antisemitismo e sull’Islam. Di recente, ad esempio, ‘Abd Al-Hamid Al-Hakim, un intellettuale saudita di spicco, ha esortato attraverso Twitter “a sradicare la cultura dell’odio per gli ebrei”, mentre il suo collega Mash’al Al-Sudairi ha accusato Amin al-Husseini nelle pagine del quotidiano saudita che ha sede a Londra Al-Sharq Al Awsat asserendo: “Fu lui a cercare di combinare l’ideologia dei Fratelli Musulmani e quella nazista” e “danneggiò la causa [palestinese] più di chiunque altro”[56].

Questo saggio puntualizza che l’antisemitismo islamico è una invenzione relativamente recente che i nazisti usarono come parte della loro propaganda. Forse, nel contesto di un dibattito intra-islamico, i tempi sono maturi per una seria sfida a questa ideologia.

Parte di questo documento di lavoro è stata presentata per la prima volta alla Conferenza internazionale su “l’Islam e l’antisemitismo”, organizzata dall’Institute for Jewish Studies (Università di Vienna), dal Kantor Center for the Study of Contemporary European Jewry (Tel Aviv University) e dall’Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy dell’Università di Vienna, l’8 novembre 2016.

Questa è la versione prestampata di un articolo che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista Antisemitism Studies (Antisemitism Studies 2.2., October 2018), pubblicata dalla Indiana University Press e curata da Catherine Chatterley, Canadian Institute for the Study of Antisemitism (CISA), University of Manitoba. Si veda: www.antisemitismstudies.com/index.htm

Traduzione in italiano di Angelita La Spada

Qui l’articolo originale in lingua inglese

[1] Alexander Gruber, “Erdogans Erlösungsantisemitismus:,Kein Baum wird die Juden schützen”, MENA-WATCH, December 15, 2017, consultato il 3 maggio 2018, https://www.mena-watch.com/mena-analyse ... schuetzen/.

[2] “Abbas at OIC summit: Israel‘s violations absolve us from our commitments,” WAFA-News-Agency, Dec. 13, 2017, consultato il 3 maggio 2018, http://iinanews.org/page/public/news_de ... urNEpdCTcs

[3] Bernard Lewis, Semites and Anti-Semites. An Inquiry into Conflict And Prejudice, (London: Weidenfeld and Nicolson, 1986) 122.

[4] Statuto di Hamas del 1988, consultato il 3 maggio 2018, http://avalon.law.yale.edu/20th_century/hamas.asp.

[5] Ronald L. Nettler, Past Trials and Present Tribulations. A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews (Oxford: Pergamon Press, 1987) 83-4.

[6] Martin Kramer, “The Jihad Against the Jews,” Commentary, March 14, 2004, consultato il 3 maggio 2018, https://www.commentarymagazine.com/arti ... -the-jews/.

[7] Tradotto dalla versione tedesca di “Islam-Judentum. Aufruf des Großmufti an die islamische Welt im Jahre 1937” in: Mohamed Sabry, Islam-Judentum-Bolschewismus (Berlin: Junker & Dünnhaupt, 1938) 22-32. Secondo Andrew G. Bostom, non c’è “alcuna prova del fatto che i temi centrali dell’antisemitismo cristiano europeo siano invocati in questo testo. Cfr. Andrew G. Bostom, The Mufti’s Islamic Jew-Hatred (Washington, D.C.: Bravura Books 2014) 33. L’opuscolo di Bostom contiene una traduzione completa (anche se talvolta imprecisa) del testo tedesco di L’Islam e gli ebrei, in lingua inglese.

[8] Lewis, Semites and Anti-Semites, 128.

[9] Matthias Küntzel, “Terror und Verrat. Wie der Mufti von Jerusalem seiner Verhaftung entging,” Mena-Watch Wien, Juli 5, 2017, consultato il 3 maggio 2018, http://www.matthiaskuentzel.de/contents ... und-verrat.

[10] Yehuda Taggar, The Mufti of Jerusalem and Palestine Arab Politics, 1930-1937 (New York & London: Garland Publishing, 1986) 454.

[11] Il rapporto sul Congresso di Bludan del 16 settembre 1937, British National Archive (BNA), GFM 33/611, Serial 1525.

[12] Il memo di MacKereth del 14 settembre 1937, compresi gli allegati dall’1 al 6 è pubblicato in: Elie Kedourie, “The Bludan Congress on Palestine, September 1937,” Middle Eastern Studies 17. no. 1 (1981), 107-125. Questo è attualmente l’unico report conosciuto della distribuzione di “Islam and Jewry” a Bludan. Questa fonte, tuttavia, sembra essere credibile. Kedourie ha elogiato MacKereth nel suo suddetto articolo definendolo come “uno dei più astuti e più esperti rappresentanti britannici in Medio Oriente – forse anche il più intelligente e il più valido dei giudizi espressi in questo particolare periodo”.

[13] Beschlagnahme einer deutschen Propagandaschrift , ‘Der Islam und die Juden’ (in arabischer Sprache)”, Zentrum Moderner Orient Berlin, Höpp-Archiv, No. 01.10.015.

[14] Jennie Lebl, The Mufti of Jerusalem Haj-Amin el-Husseini and National-Socialism (Belgrade: Cigoja Stampa, 2007) 311-319; Motadel, Islam,196 e Thomas Casagrande, Die volksdeutsche SS-Division “Prinz Eugen” (Frankfurt: Campus 2003) 233.

[15] Motadel, Islam, 196.

[16] Jeffrey Herf, “Haj Amin al-Husseini, the Nazis and the Holocaust: The Origins, Nature and Aftereffects of Collaboration,” in: Jewish Political Studies Review 26, no. 3&4 (2016): 15.

[17] Brynjar Lia, The Society of the Muslim Brothers in Egypt. The Rise of an Islamic Mass Movement 1928-1942, (Reading: Ithaca Press, 1998) 179.

[18] Palestine: Egyptian press, 18. August 1937, BNA FO 371/20811.

[19] Ringrazio l’arabista e storico dr. Edy Cohen, che ha scoperto l’originale libello in arabo e ha tradotto la prima pagina per me.

[20] Sabry, Islam-Judentum, 22-32.

[21] Messaggio verbale del dr. Edy Cohen.

[22] David Motadel, Islam and Nazi Germany’s War ( London: Belkamp of Harvard University Press, 2014) 76, 97.

[23] Grobba, Bagdad, den 5. Januar 1937, Politisches Archiv des Auswärtigen Amts (PAAA), Akten betreffend Judenfragen, Pol. VII, R 104791.

[24] Kureshi, “Antisemitische Bewegung im Islam,” Der Weltkampf 12, no. 136 (1935): 113-115.

[25] Johann von Leers, “Judentum und Islam als Gegensätze,” Die Judenfrage in Politik, Recht, Kultur und Wirtschaft 6, no. 24 (1942): 275-77.

[26] Robert Wistrich, A Lethal Obsession. Anti-Semitism from Antiquity to the Global Jihad (New York: Random House, 2010) 611.

[27] Ringrazio Martin Finkenberger per questa informazione, che mi ha inviato nell’ottobre 2016.

[28] Gudrun Krämer, Minderheit, Millet, Nation? Die Juden in Ägypten 1914-1952 (Wiesbaden: Otto Harrassowitz, 1982) 291.

[29] Ringrazio Hassan Eltaher, che vive in Canada, per questa informazione, che mi ha inviato nel gennaio 2017.

[30] Deutsches Generalkonsulat, Panarabischer Kongress in Bludan, BNA GFM 33/611, Serial 1525.

[31] Götz Nordbruch, Nazism in Syria and Lebanon. The ambivalence of the German option, 1933-1945 (London and New York: Routledge, 2009) 159.

[32] Pas. Kairo, Nach dem Panarabischen Kongreß von Bloudan, Völkischer Beobachter, September 19, 1937.

[33] Secondo la traduzione del dr. Edy Cohen.

[34] Tradotto dalla versione tedesca di “Islam-Judentum”.

[35] Cfr. Jeffrey Herf, Nazi Propaganda For The Arab World (New Haven & London: Yale University Press 2009).

[36] Gerhard Höpp, ed., Mufti-Papiere. Briefe, Memoranden, Reden und Aufrufe Amin al-Husainis aus dem Exil, 1940-1945 (Berlin: Klaus Schwarz Verlag, 2001) 125-26.

[37] Si veda la brillante descrizione in: Jeffrey Herf, The Jewish Enemy. Nazi Propaganda during World War II and the Holocaust (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2006).

[38] Höpp, Mufti-Papiere, 211.

[39] Yehoshafat Harkabi, Arab Attitudes to Israel (Jerusalem: Keter Publishing House, 1972) 269.

[40] Ibid.

[41] Palestine: Authentic sayings of the Prophet Mohammad, BNA, FO 371/20812.

[42] Harkabi, Arab attitudes, cit., 269.

[43] ] D.F.Green [ossia David Littman) ha pubblicato l’articolo di al-Jisr nella sua raccolta D. F. Green (ed.), Arab Theologians on Jews and Israel, (Geneva: Editions de l’Avenir Genève, 1971) 42-47.

[44] La quarta edizione del libro di Tantawi fu pubblicata nel 1997 al Cairo. Cfr. Wolfgang Driesch, Islam, Judentum und Israel, (Hamburg: Deutsches Orient-Institut, 2003) 53.

[45] Shaul Bartal, “Reading the Qur’an: How Hamas and the Islamic Jihad Explain Sura al-Isra,” in: Politics, Religion & Ideology, 14 Dec 2016, acccessed May 3, 2018, http://dx.doi.org/10.1080/21567689.2016.1265514.

[46] Driesch, Islam, Judentum, 88-9.

[47] “California Friday Sermon: Imam Ammar Shahin Cites Antisemitic Hadith”, Middle East Media Research Institute (MEMRI), July 21, 2017, Clip No. 6133; “Egyptian Preacher Sayed Ahmad Ali Denies the Holocaust, States: There Can Be No Peace with the Jews”, MEMRI, August 4, 2017 to August 11, 2017, Clip No 6226.

[48] Meir Litvak, “The Islamic Republic of Iran and the Holocaust: Anti-Semitism and Anti-Zionism,” Journal of Israeli History 25, no. 1 (2006): 272.

[49] Amir Taheri, The Spirit of Allah. Khomeini & the Islamic Revolution (Bethesda: Adler&Adler, 1986) 132.

[50] Taheri, The Spirit, 139.

[51] Ali Khamenei, The Most Important Problem of the Islamic World. Dichiarazioni selezionate dell’ayatollah Khameinei sulla Palestina (Teheran 2009) 13, 51, 101, consultato il 3 maggio 2018, http://s15.khamenei.ir/ndata/news/18463 ... nglish.pdf.

[52] Jeffrey Herf, Nazi-Propaganda for the Arab World, (New Haven: Yale University Press, 2009) 171.

[53] Das Palästinaproblem aus der Sicht Imam Khomeinis (Teheran: Institution zur Koordination und Publikation der Wer[1] Höpp, Mufti-Papiere, 211

[54] “Iranian President at Tehran Conference”, MEMRI Special Dispatch Series No. 1013, October 28, 2005.

[55] “Knocking Saudis, Khamenei calls interacting with Israel ,betrayal‘, backs Hamas”, Times of Israel, April 4, 2018.

[56] Z. Harel, “Shift In Saudi Media’s Attitude To Israel – Part II: Saudi Writer Who Visited Israel: We Want An Israeli Embassy in Riyadh; We Should Make Peace With Israel, Uproot Culture of Hatred For Jews”, MEMRI, May 29, 2018, Inquiry & Analysis Series No. 1399 and “Saudi Writer: The Arab League Summits Are Completely Pointless; Palestinian Leaders – First And Foremost Jerusalem Mufti Al-Husseini and PLO Leader Arafat – Damaged the Palestinian Cause The Most”, MEMRI, May 31, 2018, Special Dispatch No. 7499.


Alberto Pento
Questa è la verità storica, Maometto fu il primo islamico antisemita, assassino e sterminatore di ebrei.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » lun mag 27, 2019 1:29 pm

Quella strana alleanza che rende l'Europa un inferno anti ebraico
Fiamma Nirenstein - Lun, 27/05/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... pB_0pQfo_Y

Laburisti, estrema sinistra, destra e islamisti giustificano l'odio per gli ebrei con la critica a Israele

È difficile immaginare qualcosa di più moralmente paradossale della Germania moderna che dice agli ebrei tedeschi di evitare di indossare la kippah, ovvero di nascondere la loro identità.

Invece l'ha detto proprio alla vigilia delle elezioni Europee, seppure a voce bassa il commissario tedesco per l'antisemitismo Felix Klein: nella Germania moderna, e di nuovo meglio evitare di indossare la kippah in pubblico, meglio non farsi riconoscere. È un invito ripugnante per ogni europeo con un minimo di senso storico; un marchio sulle elezioni europee che ieri hanno chiamato alle urne 400 milioni di cittadini.

Si discute di strutture politiche, di economia, di sicurezza sociale, di destra e di sinistra, ma brucia una lettera scarlatta: a, come antisemitismo. Questo marchio porta con sé la memoria di 6 milioni di trucidati innocenti, fra cui 2 milioni di bambini. La Shoah nazista e fascista doveva aver sigillato in un'urna nera la millenaria persecuzione degli ebrei, e invece proprio nella Germania, che ha partorito col nazismo il mostro della «soluzione finale», Klein ha detto educatamente: l'antisemitismo sta vincendo «non posso più raccomandare a un ebreo di indossare la sua kippah in qualsiasi tempo e luogo in Germania». E spiega: «Questo segue la progressiva brutalizzazione della società tedesca». Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha reagito infuriato, «scioccato»: è una «capitolazione all'antisemitismo... non ci assoggetteremo mai».

Quel che sta succedendo in Germania in realtà sta accadendo in tutto il resto d'Europa. Più del 90 per cento degli ebrei d'Europa hanno dichiarato di aver percepito che il clima si fa caldo, nel 2018 i dati Adl, molto cauti, ufficiali, danno 1800 attacchi fisici, le profanazioni e le svastiche istoriate sono continue, ormai ci sono città che si sono svuotate dagli ebrei (dalla Francia in un paio d'anni se ne sono andati 15mila ebrei e l'esodo prosegue), Corbyn il leader laburista vanta la sua profonda amicizia con Hamas e gli Hezbollah come un plus essenziale nel suo disegno politico cosicché anche l'Inghilterra comincia a svuotarsi, la lista di attacchi mortali è lunga, solo in Francia si va da Ilan Halimi ai tre bambini col padre alla scuola ebraica di Tolosa nel 2012. Nel 2014 i 4 uccisi alla scuola ebraica, i 2015 all'Hyperkasher, e poi le due anziane signore Sara Halimi e Mireille Knoll. Sono tutti assassinii di matrice islamica. Indossare una stella di David o una kippah è pericoloso ovunque, ma sopratutto nei quartieri mussulmani. Tuttavia, in questo clima, i gilet gialli assaltano per strada il filosofo Alain Finkelkraut, i cortei neo nazisti in Polonia picchiano e aggrediscono, forze di destra estrema in Francia, in Germania, nei Paesi baltici aggrediscono sinagoghe, negozi, persone.

La tendenza comune sulla stampa e nei discorsi politici è quella a identificare una responsabilità di destra e in realtà negli Stati Uniti, per esempio, gli assassini delle sinagoghe di Pittsburgh e di San Diego appartengono a questo gruppo. Ma in Europa la destra estrema per quanto particolarmente ripugnante culturalmente, non ha il predominio, semmai si annette come è accaduto a Berlino alle manifestazioni di odio antisraeliano-antisemita indette dagli hezbollah (e quindi dall'Iran) in un misto estremo in cui l'islamismo è la forza più importante. Come ha anche detto un rabbino tedesco intervistato dalla radio israeliana, anche se la destra è un problema, di certo non puoi indossare la kippah nei tanti quartieri musulmani che la politica di Angela Merkel ha allargato con l'apertura totale all'immigrazione. Così paradossalmente la Germania alla ricerca della riparazione dei suoi peccati razzisti, oggi è di nuovo antisemita. Una questione seria e da meditare senza infingimenti. Destra, islamismo, laburisti, estrema sinistra: un'alleanza che giustifica il suo odio antiebraico con la cosiddetta «critica» dello stato d'Israele ha trasformato l'Europa in un nuovo inferno antiebraico.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » mer mag 29, 2019 11:56 am

Onu, preoccupa l'aumento di atti antisemiti in Europa e Usa
29 maggio 2019

https://www.shalom.it/blog/mondo/onu-pr ... sa-b459991

L'Alto commissariato Onu per i diritti umani condanna l'aumento di atti antisemiti in alcuni paesi europei e negli Usa e esprime "grave preoccupazione". "La scorsa settimana, dopo un aumento significativo di episodi antisemiti in Germania, l'incaricato del governo per la lotta all'antisemitismo ha sentito il bisogno di esortare gli ebrei, in alcune Parti del Paese, a prendere in considerazione la possibilità di non indossare la kippah in pubblico", ha detto la portavoce dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani Marta Hurtado. In Austria - ha proseguito - una serie di immagini di sopravvissuti all'Olocausto di in una mostra all'aperto nel centro di Vienna sono state prese di mira da atti di vandalismo. "Tali eventi non possono purtroppo essere descritti come isolati" ma si osservano anche in altri Paesi europei e negli Usa, con 11 persone uccise a Pittsburgh lo scorso ottobre e l'uccisione di una donna in aprile nell'attacco contro un sinagoga nel sud della California. L'Alto commissariato - ha concluso la portavoce - invita "tutti i governi a moltiplicare gli sforzi per combattere il razzismo e l'intolleranza".


ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 5542336059
viewtopic.php?f=205&t=2404
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Messaggioda Berto » mer giu 05, 2019 10:00 pm

COMBATTERE
Niram Ferretti
5 giugno 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Un ringraziamento a Paolo Verni che mi ha indicato l'intervista in tedesco che Steve Bannon ha concesso a David Berger di cui riporto solo alcuni passi.

"Non voglio lamentarmi. Comprendiamo in quale ora oscura ci troviamo, ma ora è arrivato il momento di illuminare la notte, di rinunciare alla mentalità della vittima. È tempo di smettere di essere vittime e quello di essere persone che agiscono...".

Per Bannon agire significa soprattutto opporsi attivamente con iniziative ben precise, formazione di nuovi "cultural warriors" che si oppongano alla Newspeak corrente, alla narrativa egemonica della sinistra che promuove un futuro meticcio in cui non vi siano più specificità identitarie forti: la prima da abbattere essendo quella di nazione, o coaguolo umano tenuto insieme da tradizioni, memorie, valori condivisi, a cui poi dovrebbe seguire l'abbattimento delle frontiere, la loro morbida porosità e soprattutto la loro indifendibilità. Tutto in nome dell'Umanità, questa astrazione che null'altro è se non il parto aberrante di un illuminismo deragliato.

Dietro la distruzione dei confini territoriali, determinazione geografica, plastica dell'identità, c'è anche la volontà di distruggere altri confini, altre forme definite, la famiglia innanzitutto, l'università , la Chiesa, per piegarle all'ideologia di un Progresso che è null'altro è se non la specifica agenda di gruppi di potere ben organizzati con una loro idea di mondo che bolla tutto ciò che le si oppone come, "bigotto", "fascista", "razzista", "reazionario".

E' una guerra culturale, sì. E la posta in gioco è alta. Per combatterla bisogna essere equipaggiati molto bene perchè il nemico usa ogni arma a sua disposizione.

Sull'antisemitsmo Bannon non ha dubbi.

"Ovunque esista l'antisemitismo, deve essere combattuto. Al momento vediamo da parte della sinistra una miscela di marxismo culturale e pacificazione verso l'Islam. Ciò si traduce in una aspra inimicizia contro il cristianesimo, ma soprattutto contro l'ebraismo. Ma abbiamo l'obbligo morale di proteggere gli ebrei. Abbiamo l'obbligo morale di combattere l'antisemitismo. La situazione degli ebrei in Europa è piuttosto brutta. È ora di parlarne di più. Questo è particolarmente vero per la Germania. Quello che succede agli ebrei qui è assolutamente inaccettabile. E dobbiamo essere onesti: nella vita di tutti i giorni, sono quasi sempre terrorizzati dai musulmani radicali. Ho anche incontrato alcuni dei capi delle comunità ebraiche qui. Quello che dicono mi ha scioccato. È semplicemente inaccettabile. Soprattutto per noi cristiani. L'antisemitismo è un fenomeno profondamente tenebroso che dobbiamo assolutamente combattere".

Infatti il vero progresso, non quello fasullo, creato in laboratorio per spingere agende "liberatorie" il cui scopo è solo distruttivo, passa necessariamente da una lotta serrata all'antisemitismo e...all'odio nei confronti di Israele dentro il quale esso è stato travasato.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » sab giu 22, 2019 8:02 pm

L’antisemitismo nel Partito laburista britannico: Un caso di studio emblematico
Manfred Gerstenfeld
22 Giugno 2019
Traduzione in italiano di Angelita La Spada

http://www.linformale.eu/lantisemitismo ... _YKzwctE_I

L’antisemitismo è in aumento in molti luoghi del mondo occidentale. Se si vogliono studiare le numerose sfaccettature della promozione dell’odio contemporaneo e identificare i modi per contrastarla all’interno di un’organizzazione, nulla in Europa può competere con il Partito laburista britannico come oggetto di analisi.

Il principale attivatore dell’antisemitismo nel Labour Party è Jeremy Corbyn, a capo del partito dal 2015. Egli ha definito i rappresentanti di Hezbollah e Hamas “fratelli” e “amici”. Corbyn ha fatto donazioni a un negazionista dell’Olocausto e ne ha accolto un altro. È un incitatore di lunga data contro Israele e lui e i suoi stretti collaboratori ostacolano deliberatamente l’espulsione degli antisemiti dal partito. Il Sunday Times ha affermato che l’ufficio di Corbyn ha posticipato o bloccato almeno 101 di queste denunce.

Sembra esserci un’inesauribile apporto di antisemitismo nel Labour Party. Non appena un quadro apparentemente esaustivo del problema inizia a prendere forma, emergono ingenti e nuovi archivi di dati.

Nel marzo scorso, lo studioso britannico Alan Johnson, un membro dei laburisti, ha pubblicato un report che argomentava che il partito è istituzionalmente antisemita. Johnson ha diviso l’antisemitismo nel Labour Party in tre categorie: il socialismo degli stolti, il classico antisemitismo razziale e l’antisemitismo come antisionismo.

A maggio, Labour Against Antisemitism, una campagna di attivisti, ha presentato un fascicolo alla Commissione per le Uguaglianze e i Diritti umani (EHRC), un ente pubblico istituito dall’Equality Act del 2006. Il file conteneva 15 mila screenshot che mostrano esempi di presunto antisemitismo nel Partito laburista.

In seguito, sempre a maggio, è stato reso noto che circa 100 mila messaggi e-mail e WhatsApp provenienti dall’interno del Labour Party – e raccolti da ex funzionari del partito – sarebbero stati consegnati all’EHRC. Questo organismo, che ha già avviato il primo passo per un’indagine sulla gestione delle denunce di antisemitismo nel partito, ha deciso di istruire un’indagine approfondita. Solo in un altro caso è stata aperta un’indagine di questo tipo su un partito: nel 2010, il piccolo Partito nazionale britannico (in inglese BNP) fu riconosciuto colpevole di razzismo.

Il report dell’EHRC sul Labour Party può richiedere fino a due anni per essere ultimato. È probabile che fornisca una delle più profonde analisi sull’antisemitismo all’interno di una singola organizzazione che siano mai state effettuate nella storia.

L’insabbiamento dell’antisemitismo può anche essere studiato esaminando il Partito laburista. L’attenzione in tal caso sarebbe incentrata sui membri laburisti i quali hanno lanciato insulti antisemiti, ma non sono stati espulsi. C’è anche il problema di chi prende di mira coloro che denunciano l’antisemitismo in seno al partito.

Gli stessi ebrei sono particolarmente utili nell’occultare l’antisemitismo. La Jewish Voice for Peace (JVP), ad esempio, è una piccola organizzazione che appoggia Corbyn. Il suo segretario, Glyn Secker, a una manifestazione pro-palestinese tenutasi a Londra, ha detto che il Jewish Labour Movement e la parlamentare Dame Margaret Hodge sono la quinta colonna all’interno del Labour. “Gli ebrei sono nella fogna con questi topi”, egli ha aggiunto.

Rhea Wolfson è una dei due ebrei che siedono nell’organo direttivo del Partito laburista, il Comitato esecutivo nazionale. Nel giugno del 2018, ella ha scritto: “Ho avuto l’onore di lavorare a stretto contatto con Jeremy Corbyn, uno dei personaggi più onesti della politica. (…) Chiunque conosca, abbia incontrato o lavorato con Jeremy Corbyn, come ho fatto io, sa che lui non ha un osso pregiudizievole nel suo corpo, ed è assolutamente impegnato a combattere l’antisemitismo, perché è contrario a tutte le forme di discriminazione e oppressione, contro cui ha combattuto in tutta la sua vita. Il mio impegno nei confronti del Labour Party è costante e sono orgogliosa del lavoro che Jeremy sta facendo per contrastare l’antisemitismo nella politica e nella società in generale”.

Nonostante gli elogi della Wolfson, l’opinione pubblica britannica non crede che Corbyn possa porre fine alla crisi dell’antisemitismo laburista. In un sondaggio del maggio scorso, il 50 per cento di tutti i cittadini ha concordato sul fatto che il Partito laburista ha un problema con il razzismo anti-ebraico, registrando così un aumento del 43 per cento rispetto alla percentuale di coloro che avevano riscontrato tale problema in un altro sondaggio del febbraio scorso. Il numero di chi nega che il Labour ha un problema è sceso dal 23 per cento di febbraio al 18 per cento, a maggio.

Un’altra importante area di ricerca è la sovrapposizione nel Partito laburista tra gli incitatori anti-Israele e i dissimulatori dell’antisemitismo. Un esempio: l’ex ministro laburista Clare Short, nel luglio del 2016, scriveva così sul suo blog: “L’accusa di antisemitismo utilizzata contro i membri del Labour Party critici nei confronti di Israele è uno stratagemma per distogliere dalle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele”.

Il Labour è anche il luogo ideale per indagare ciò che potrebbe essere definito come “la cartina fumogena” della questione dell’antisemitismo, un argomento raramente oggetto di indagine. I leader del partito non dicono: “Proteggiamo gli antisemiti, che consideriamo preziosi per il partito”. Al contrario: in molte occasioni, Corbyn ha dichiarato che il partito sradicherà l’antisemitismo.

Quando Jennie Formby è diventata segretario generale del Labour, all’inizio del 2018, ha promesso che le denunce sarebbero state gestite nel giro di pochi mesi. Molti casi rimangono inevasi e ne continuano a emergere di nuovi. Nel febbraio scorso, la Formby ha affermato che l’antisemitismo non può essere del tutto sradicato: “Non penso che nessuno possa mai dire che possiamo sradicare completamente l’antisemitismo e fermare ogni singola persona (…) ogni giorno qualcun altro potrebbe unirsi al partito e fare qualcosa”. Se questo sia vero o no, è una questione marginale. L’essenza del problema riguarda i commenti antisemiti espressi dagli attuali membri del partito, alcuni dei quali ne fanno parte da anni.

È importante osservare che nel Labour ci sono state reazioni significative contro l’antisemitismo e va inoltre rilevata l’errata gestione del problema dall’interno del partito. La forza intestina più forte nel contrastare l’antisemitismo è il Movimento laburista ebraico (JLM), che fa parte del Labour da quasi un secolo. Tuttavia, anche il JLM ha utilizzato l’eufemismo della cortina fumogena riguardo a Corbyn. Il Movimento ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma di aver perso ogni fiducia nella capacità di Corbyn di cacciare i razzisti fuori dal partito. Purtroppo, Corbyn non è in grado di farlo. Egli di fatto preferisce mantenere nel partito certi elementi antisemiti. Ma il JLM non ha chiarito questo punto.

Un’altra interessante azione contro l’antisemitismo all’interno del Partito laburista è stata la decisione dell’ex premier Gordon Brown, il quale non è ebreo, di unirsi al JLM, da membro affiliato, in segno di solidarietà. La stessa cosa ha fatto il sindaco di Londra Sadiq Khan. Molte personalità del Labour si sono schierate contro l’antisemitismo nel partito, tra cui l’ex premier Tony Blair e il cancelliere ombra Ed Balls.

Lo scandalo dell’antisemitismo ha degli aspetti che vanno oltre il partito. Il Labour è un osservatore nell’Internazionale socialista (IS), un’organizzazione di socialdemocratici, socialisti e laburisti che riunisce 147 partiti politici e organizzazioni di tutto il mondo. L’IS si dichiara a favore delle politiche progressiste in un mondo più equo.

L’Internazionale socialista ha una dettagliata Carta etica che comprende un “impegno totale nei confronti dei valori di uguaglianza e solidarietà”. Rispetta i diritti delle minoranze e degli individui. Non agendo contro il Labour, la leadership dell’IS e i suoi membri si rendono complici dell’antisemitismo istituzionale di quel partito. Non possono invocare l’insipienza, visto che la sede dell’Internazionale socialista è a Londra.

La ricerca sull’antisemitismo è in continua evoluzione. Mentre i media mainstream continuano a interessarsi agli sviluppi dell’antisemitismo nel Partito laburista, molte altre informazioni dovrebbero emergere.



LO SCANDALO DEL LABOUR
Niram Ferretti
17 luglio 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Ormai Jeremy Corbyn è un caso nazionale. Mai prima nella storia del Labour si era giunti a un simile livello di antisemitismo al proprio interno. Tutto ciò è dovuto al fatto che questo estremista di sinistra per trent'anni nelle retrovie del partito e proveniente dall'ala trozkista britannica, ha portato in dote all'ex partito di Tony Blair un virulento antisionismo.

Si è circondato di una cerchio magico di estremisti come lui, che vedono Israele come lo ha rappresentato per decenni l'Unione Sovietica, uno stato nazista che pratica il genocidio e l'apartheid nei confronti dei palestinesi.

Dopo la dura condanna dell'ex Gran rabbino di Inghliterra, Lord Jonathan Sacks, che ha accusato apertamente Corbyn di antisemitismo, ora è il turno di 60 ex membri del Labour oggi facenti parte della Camera dei Lord, i quali hanno pubblicato una lettera aperta sul "Guardian", in cui scrivono, senza mezzi termini che Corbyn ha "permesso all"'antisemitismo di crescere all'interno del nostro partito governandolo nel periodo più vergognoso della nostra storia".

A ciò si aggiunge la reazione di più di 200 collaboratori presenti e passati del partito che hanno chiesto a Corbyn di affrontare seriamente la questione o di farsi da parte.

Ma Corbyn non affronterà mai la questione. L'antisemitismo che ha travolto il Labour è la diretta conseguenza del virulento antisionismo del suo leader e dei suoi più stretti collaboratori.

Oggi, in Europa, è un partito di sinistra, diventato di estrema sinistra, il più accanito oppositore di Israele e il maggiore vivaio per l'antisemitismo e l'antisionismo. Ennesima prova, se ce ne fosse bisogno, che non esiste antisionismo che non si porti appresso come inevitabile corollario l'antisemitismo.

Tony Blair lo aveva predetto nel 2015, senza immaginare però questo scenario devastante. "Se dovesse vincere Corbyn porterà il partito laburista alla sua dissoluzione".
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » gio lug 04, 2019 8:34 pm

La forza di Israele e la sinistra che proietta le sue ansie contro lo Stato ebraico
Scrive Bloomberg (3/6)

https://www.facebook.com/groups/Fightin ... 5055335412

“Molti turisti visitano Israele per le sue bellezze storiche e religiose, mentre altri lo vivono attraverso la lente del conflitto politico", spiega il professore di Economia della George Mason University, Tyler Cowen. "Nell'ultimo mezzo secolo, Israele è passato dall'essere un paese relativamente povero a uno dei 25 paesi al mondo col più alto reddito pro capite. La ricetta per riuscirci è stata un mix di costante apertura commerciale, integrazione nell'economia globale, liberalizzazione economica ed enormi investimenti, spesso governativi, nella tecnologia e nelle start-up. Uno dei segreti di questo successo è stata la massiccia e costante immigrazione. Per circa un decennio, all'indomani del crollo dell'Unione sovietica, Israele ha accolto un grande numero di ebrei sovietici, aumentando la popolazione in età da lavoro del 15 per cento. Pur con tutti i problemi che hanno accompagnato questa come tutte le immigrazioni precedenti, tuttavia, dopo alcuni anni di aggiustamento, l'afflusso degli anni Novanta ha contribuito molto all'economia del paese, senza intaccare il livello generale delle retribuzioni: certo, apportò una maggiore offerta di forza-lavoro, ma anche più consumatori e più risorse umane di qualità. Anche a livello microeconomico, Israele ha ottenuto successi importanti. Uno su tutti, vista l'aridità della regione, quello relativo all'approvvigionamento di acqua, che oggi di fatto non è più un problema (sebbene richieda attenzione costante) grazie a un mix di innovazioni tecnologiche (dall'irrigazione goccia a goccia computerizzata, fino ai più moderni impianti per la desalinizzazione) e una energica e costante campagna governativa volta a combattere gli sprechi e promuovere il riciclo. Basti pensare che dal 1964 al 2013 la popolazione israeliana è quadruplicata, ma il consumo di acqua è rimasto praticamente invariato. Oggi Israele è leader mondiale nel trattamento dei problemi idrici ed esportatore di sofisticati sistemi per la gestione delle risorse idriche. E la crisi finanziaria del 2008-2009? Ebbene, Israele disponeva di una buona regolamentazione bancaria, che gli ha risparmiato i peggiori eccessi del mercato immobiliare che hanno colpito Irlanda, Islanda e Stati Uniti. Ovviamente vide le sue esportazioni danneggiate dalla recessione globale, ma il paese rispose con una modesta espansione fiscale e un programma monetario anticiclico molto forte, in gran parte riuscito. Nonostante si registrino ancora problemi per quanto riguarda gli standard di vita e le diseguaglianze salariali - scrive Cowen - Israele rimane un classico esempio di come la scienza economica possa funzionare. E conclude: "Una delle cose più facili da sostenere, per un commentatore economico, è che la scienza macroeconomica ci ha deluso e che la microeconomia non coglie mai la piena complessità del comportamento umano. Sono argomenti validi, ma questi commenti trascurano spesso i casi riusciti di economia applicata: non prendono in considerazione gli esempi in cui il pensiero economico ha funzionato, per confrontarli con i casi in cui ha fallito".
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