Il clan HudorovichGli Hudorovich e i CasamonicaUsura ed estorsione: 9 arresti per la banda legata ai Casamonica e alla Camorraluisa mosello
3 luglio 2018
https://www.lastampa.it/2018/07/03/roma ... agina.html A capo dell’associazione a delinquere dedita all’usura e alle estorsioni c’era Mario Licenziato, noto criminale, che non solo aveva rapporti con il clan dei Casamonica, ma anche con la Camorra e con il noto boss Michele Zaza, detto «ù pazzo».
Sono finite in manette 9 persone accusate di far parte di una banda di usurai che ha minacciato e picchiato imprenditori e commercianti ai quali applicavano tassi di interesse 570%. I finanzieri del Gico, coordinati dalla Dda della procura di Roma, hanno anche sequestrato beni e società per un valore di 11 milioni di euro. Le indagini della Finanza del colonnello Gerardo Mastrodomenico hanno rivelato come la famiglia Licenziato (Mario e i figli Mauro e Gianluca), grazie alla disponibilità di ingenti capitali, fosse dedita a sistematiche e abusive operazioni di finanziamento nei confronti di un’ampia platea di imprenditori in gravi difficoltà economiche.
Ad aggravare lo stato di sudditanza psicologica delle vittime contribuiva il profilo delinquenziale dei capi, Mario Licenziato ed il figlio Mauro: entrambi di origine campana, ma trapiantati nel comune di San Cesareo, periferia sud della Capitale, oltre ad avere collegamenti - per il tramite del sodale Elvis Hudorovich, detto Giovanni «lo Zingaro» - con esponenti del clan dei Casamonica, sono stati indicati da alcuni collaboratori di giustizia come appartenenti ovvero contigui ad ambienti della criminalità organizzata partenopea.
In particolare Mario Licenziato è stato citato quale soggetto organico alla «Nuova Famiglia», capeggiata dal noto Zaza, storico «cartello di famiglie della camorra» nato in contrapposizione alla «Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. In proposito, le indagini del Gico hanno confermato che Mario Licenziato era in contatto diretto con Pasquale Zaza, nipote di Michele «ù pazzo, con il quale ha condiviso importanti progettualità «imprenditoriali».
L’operazione - denominata «Terza età» in quanto uno dei settori di reinvestimento dei proventi illeciti dell’organizzazione criminale era rappresentato dalle «strutture protette per anziani» - trae origine da un’indagine del 2017 sempre coordinata dell’aggiunto alla Dda Michele Prestipino che portò alla cattura, tra gli altri, di Massimo Nicoletti, figlio del noto Enrico, storico cassiere della Banda della Magliana. Inoltre sono in corso 30 perquisizioni in provincia di Roma, Latina e Napoli, con l’impiego di oltre 150 uomini della Gdf.
«Operazione terza età»: sequestrati 17 milioni al duo Licenziato-HudorovichTommaso Verga
15 novembre 2018
https://www.globalist.it/cronaca/2018/1 ... 33675.htmlSi è conclusa con ulteriori provvedimenti di sequestro l'«operazione terza età», messa in atto dal Comando provinciale della guardia di Finanza di Roma. Come annunciato, a quelli di conque mesi fa si sono aggiunti gli odierni ordinati dal gip di piazzale Clodio su richiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia romana). La denominazione si deve al fatto che tra i sequestri di luglio anche due case di riposo per anziani a San Cesareo e a Palestrina, cittadine in provincia di Roma.
Requisiti beni per 17 milioni di euro intestati ad alcuni ignari «prestanome» ma risalenti effettivamente a Mauro Licenziato (37 anni) e ad Elvis Hudorovich meglio noto come «Giovanni lo zingaro» (41). Entrambi erano stati arrestati lo scorso 3 luglio dal Gico (il Gruppo investigazione criminalità organizzata) del Nucleo di polizia economico-finanziaria, unitamente ad altri indagati per i reati di associazione per delinquere, usura, estorsione, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, truffa aggravata ai danni dello Stato e intestazione fittizia di beni. In manette anche Mario «Marittone» Licenziato (71 anni), padre di Mauro (tutta la famiglia residente a San Cesareo), descritto come figura di spessore delinquenziale, con relazioni di rilievo negli ambienti criminali.
Da alcuni collaboratori di giustizia Mauro Licenziato è stato citato come affiliato alla Nuova Famiglia, capeggiata di Michele Zaza u' pazz, mentre, assieme con il padre, tramite Hudorovich, si relazionava con esponenti dei Casamonica.
Cinque mesi fa erano stati sequestrati beni per oltre 15 milioni di euro (imprese, immobili, veicoli, un'imbarcazione, preziosi e denaro). A seguito dell'odierno provvedimento si aggiungono i «supermercati "Byl's srl", con sede in Roma, con punti vendita a Tivoli, in viale Tomei, e a Sermoneta. Società che insieme ad altre due sono state ritenute dai giudici «fortemente patrimonializzate, ricche di beni strumentali dall’elevato valore e di crediti verso terzi di rilevante importo».
Altre aziende risalenti al duo Licenziato-Hudorovich, la «Nuova alimenti e bevande srl», con sede a Rocca Priora, operante nel «commercio all'ingrosso di bevande non alcoliche». «Fruit srl», con sede a Roma, attiva nel settore dei «minimercati e altri esercizi non specializzati di alimentari», con negozi a Roma e in provincia di Latina. Società, inoltre, utilizzate per l'acquisto di numerose autovetture di lusso con evasione dell'Iva, rimaste nei patrimoni aziendali e utilizzate direttamente dai protagonisti della vicenda ovvero cedute a terzi.
L'intervento si colloca nel solco dell'azione della Dda e della guardia di Finanza finalizzata all'aggressione di patrimoni illecitamente accumulati dalla criminalità organizzata. Nel caso di specie i capitali di illecita provenienza sono stati impiegati per avviare e gestire attività economiche con cui gli indagati hanno posto in essere - come si legge nel decreto in esecuzione «un vero e proprio "inquinamento" dell'economia legale, collocandosi in una posizione di predominio rispetto ad altri imprenditori che operano nella legalità».
Prestavano soldi a strozzo e reinvestivano in case di riposo. Sette arresti a Romadi Valeria Di Corrado
3 luglio 2019
https://www.iltempo.it/roma-capitale/20 ... ma-1075558Prestavano soldi a strozzo per lo più a imprenditori in difficoltà, a tassi d'interesse che oscillavano tra il 90% ed il 180% annuo, con punte del 570%. Chi non restituiva in tempo il denaro, diventava oggetto di violenze e minacce, o gli venivano sottratti i beni di cui disponeva fino alla copertura del debito accumulato. Sono nove le misure cautelari (di cui sette arresti) emesse dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Dda, nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, usura, estorsione, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, truffa aggravata ai danni dello Stato, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni al fine di eludere la normativa antimafia in materia di prevenzione patrimoniale. Sequestrati beni immobili e società per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro. Trenta le perquisizioni in corso in provincia di Roma, Latina e Napoli con l'impiego di oltre 150 finanzieri del Comando Provinciale della Capitale. L'operazione "Terza età", così denominata in quanto uno dei settori di reinvestimento dei proventi dell'organizzazione era rappresentato dalle "strutture protette per anziani", parte da una precedente indagine che, nel settembre 2017, aveva portato alla cattura, tra gli altri, di Massimo Nicoletti, figlio di Enrico, storico cassiere della banda della Magliana.
Nel corso di quelle indagini era emerso che un faccendiere di Nicoletti, trovandosi in difficoltà economiche e dovendo restituire rilevanti somme di denaro, si era rivolto a Mauro Licenziato per ottenere un prestito. Gli approfondimenti su questo soggetto hanno evidenziato l’esistenza di un autonomo e strutturato sodalizio al vertice del quale vi era il padre, Mario Licenziato. Le attività investigative eseguite dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Capitale, attraverso intercettazioni, pedinamenti, appostamenti e meticolosi accertamenti patrimoniali, hanno rivelato come la famiglia Licenziato, coadiuvata da Domenico Mastrosanti, Anna Maria Liguori, Danilo Del Vecchio ed Elivs Hudorovich, detto "Giovanni lo zingaro" (tutti destinatari degli odierni provvedimenti di cattura), grazie alla disponibilità di ingentissimi capitali, fossero dediti a sistematiche e abusive operazioni di finanziamento nei confronti di un’ampia platea di soggetti, per lo più imprenditori in gravi difficoltà economiche.
Ad aggravare lo stato di sudditanza psicologica delle vittime contribuiva il profilo delinquenziale dei capi, Mario Licenziato e il figlio Mauro: entrambi di origine campana, ma trapiantati nel comune di San Cesareo (in provincia di Roma). Oltre ad avere collegamenti – per il tramite di "Giovanni lo zingaro" – con esponenti del clan dei Casamonica, sono stati indicati da alcuni collaboratori di giustizia come appartenenti ad ambienti della criminalità organizzata partenopea. In particolare, Mario Licenziato è stato definito come organico alla Nuova Famiglia, capeggiata da Michele Zaza, detto "u’ pazz", storico “cartello di famiglie della camorra” nato incontrapposizione alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.
Inoltre, Mauro Licenziato e il fratello Gianluca (quest’ultimo destinatario della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) sono stati indicati come soggetti dediti a strutturati traffici di droga sull’asse Napoli-Roma, sotto la direzione della zia, Carmela Licenziato, alias “Lady cocaina”, già detenuta in carcere per plurime condanne definitive per traffico di stupefacenti e porto e detenzione di armi. Le indagini hanno dimostrato la riconducibilità al sodalizio di una lussuosa struttura alberghiera ubicata nel centro di Praga, sottoposta a sequestro insieme a due “strutture protette” per anziani a San Cesareo, di cui una operativa e una destinata a essere inaugurata a breve.
RACKET DI AUTO DIETRO IL RAID DI BERGAMOROBERTO BIANCHIN
28 gennaio 1992
https://ricerca.repubblica.it/repubblic ... id-di.htmlPADOVA - Si nascondono nel Veneto i banditi che sabato scorso hanno assalito, armi in pugno, l' accampamento dei nomadi di Stezzano, vicino a Bergamo. Dietro la spedizione punitiva ci sarebbe la mano della malavita veneta, infuriata e offesa per essere stata truffata dal ricco e potente capofamiglia zingaro Dindo Hudorovich, e decisa a vendicare lo "sgarro" con il sangue. Il raid sarebbe partito da Padova. E si potrebbe trattare della stessa organizzazione criminosa sulla quale stava indagando il brigadiere dei carabinieri Germano Craighero, ucciso il 21 dicembre scorso dalla polizia per un tragico errore, durante un conflitto a fuoco in un casolare di Piazzola sul Brenta, nel padovano. Ieri sera a Bergamo è stato portato un veneto per essere interrogato dagli inquirenti. Quel casolare era la base di un traffico di auto rubate. L' organizzazione se ne serviva per compiere truffe e rapine. Un "giro" molto redditizio, fatto anche di riciclaggio di denaro sporco, nel quale sarebbero stati complici la mala del Veneto e gli zingari del clan Hudorovich. Fino al momento in cui qualcosa non ha funzionato. Dindo, mago delle truffe e dei raggiri, esperto in traffici di ogni tipo, dalla droga alle auto alle armi, avrebbe beffato la mala. Una truffa da 800 milioni, secondo le voci che escono dagli ambienti della mala, da 120 secondo la stima più prudente di alcuni inquirenti. Un raggiro nascosto dietro un traffico di auto rubate e probabilmente un "passaggio" di soldi falsi. Il brigadiere Craighero, ucciso dalla polizia, era su questa pista. Giovedì scorso un altro Hudorovich, Davide, accusato di rapina (aveva sottratto 120 milioni ad un' oreficeria di S.Pietro in Gu) era stato arrestato a Grumolo delle Abbadesse, nel vicentino. Gli inquirenti sospettano che facesse parte della banda che usava come base il casolare di Piazzola, dove Craighero fu ucciso. Da sabato notte polizia e carabinieri stanno passando tutto il Veneto al setaccio. Cercano il covo dei sei banditi che hanno assaltato il campo nomadi. Sono convinti che il covo sia nel padovano. E in quel covo si sarebbe rifugiato anche uno dei due banditi feriti, quello che aveva sequestrato un carrozziere di Seriate, nel bergamasco, Ivan Lorenzi, e si era fatto accompagnare in auto, puntandogli contro una Smith & Wesson calibro 38, fino al casello di Limena, a Padova ovest. Il malvivente, circa trent' anni, robusto, jeans e giubbotto mimetico, una ferita all' orecchio sinistro, dal casello dell' autostrada aveva telefonato a dei complici che erano venuti a prenderlo poco dopo, e si era allontanato con alcuni di loro. Gli inquirenti hanno accertato che le due auto usate per il raid al campo nomadi, due Alfa 164 verdi, erano state rubate nel padovano -una a Legnaro, un paese della bassa- e successivamente "truccate" a Brescia. Gli inquirenti stanno controllando gli ospedali, perquisendo campi nomadi e accampamenti di giostrai, casolari abbandonati, abitazioni di pregiudicati. Battono soprattutto le zone dell' alto padovano, tra Campo S.Martino e Cittadella, e quelle della "mala del Piovese" e della "mala del Brenta", due delle organizzazioni criminose più forti. La prima gravita attorno al paese di Piove di Sacco, nel padovano, la seconda lungo la Riviera del Brenta, tra Padova e Venezia. Sono un mix di pregiudicati, malavitosi comuni, nomadi, giostrai, mafiosi e camorristi spediti in soggiorno obbligato. Un boss come Totuccio Contorno visse a lungo sulla Riviera del Brenta, dove la piovra aveva allungato i suoi tentacoli. La storia della mala del Brenta e del Piovese è una storia di traffici illeciti di varia natura, ma anche di spietati regolamenti di conti e di esecuzioni sommarie. Ben 13 omicidi sono rimasti insoluti. "C' è un legame molto stretto tra malavita organizzata e gruppetti di nomadi isolati, che vengono usati come manovalanza generica in determinate azioni criminose" denuncia l' Opera nomadi di Padova. Una delle attività più diffuse, nelle quali si sarebbero impegnati anche alcuni degli Hudorovich, che sono moltissimi nel piovese e nel veneziano, è quella del riciclaggio di denaro sporco proveniente da sequestri, furti e rapine. Un' attività che troverebbe i suoi canali di riciclaggio nel casinò di Portorose, poco oltre frontiera, e nel lavoro dei "cambisti" al casinò di Venezia, che prestano denaro contante ai giocatori in difficoltà. I malavitosi veneti, che sono adesso ricercati, avevano infatti messo in piedi, insieme agli zingari, anche un grande traffico di auto rubate. Le macchine, soprattutto Mercedes e Bmw, rubate nel nord Italia, e particolarmente in Lombardia e nel Veneto, venivano "riciclate" e munite di targhe false da alcuni complici che avevano un nascondiglio in provincia di Brescia. Di qui le auto ripartivano, "pulite", per essere destinate ai mercati del medio oriente.
"I rom sono pericolosi come la mafia": la svolta dei giudici di Treviso (video)mercoledì 6 dicembre 2017
Davide Ventola
https://www.secoloditalia.it/2017/12/i- ... di-treviso La magistratura inizia a usare il pugno duro nei confronti dei clan rom. La svolta arriva dai giudici di Treviso che hanno usato misure restrittive straordinarie nei confronti di Adriano Hudorovich (conosciuto nella zona come il re degli zingari) e per il suo clan. «Le ville, tra le quali quella di Paese, i terreni, sparsi in vari comuni, e i conti correnti postali di Adriano e di alcuni dei suoi familiari, tra cui il figlio Devid, devono essere confiscati». Con questa motivazione i giudici di Treviso hanno sposato le argomentazioni del pm Mara De Donà e della Gurardia di Finanza applicando così una legge riservata ai clan mafiosi, che dispone prima il sequestro cautelativo quindi la confisca di beni ritenuti provento di attività illecite come furti, rapine, truffe ed estorsioni.
IL VIDEO DELLE IENE CHE SMASCHERA LA BANDA
Rom nullatenenti, viaggiavano in Ferrari
Complessivamente i beni oggetto della confisca si aggirano attorno ai due milioni di euro. E, salvo diversi pronunciamenti in appello, andranno tutti all’asta. Adriano Hudorovich, conosciuto a Treviso come il re degli zingari. Adriano era già stato raggiunto da un analogo dispositivo nel 2011 e si era visto sequestrare una casa, otto fuoriserie (compresa una Ferrari) e conti bancari. Era ricorso in appello e quel patrimonio di un milione di euro gli era stato restituito. Ma è nel ramo truffe che i guai degli Hudorovich sono maggiori. Proprio per una serie di raggiri con la vendita di gioielli online, Stanko e la famiglia erano finiti in un servizio della trasmissione televisiva Le Iene che ne aveva smascherato il modus operandi. Attività che Stanko e i congiunti svolgerebbero da anni e con la quale finanzierebbero uno stile di vita elevato e non conforme a quanto dichiarato nelle dichiarazioni dei redditi. Risultano infatti tutti nullatenenti.
Il re degli zingari chiede di riavere auto, terreni e soldi sequestratiDomenica 26 Giugno 2016,
https://www.ilgazzettino.it/nordest/tre ... 20439.html PAESE - «Vita da nababbi con i soldi di furti, estorsioni e rapine», è questa il punto di partenza che, sulla base di minuziose indagini portate avanti dai militari delle Fiamme Gialle, hanno convinto il pm Mara De Donà a chiedere il sequestro dei beni di Adriano Hudorovich, meglio conosciuto come il re degli zingari, ma anche dei suoi familiari. Secondo quanto ricostruito dai militari del colonnello Alessandro Serena, spulciando atti di proprietà e conti correnti, il clan nomade degli Hudorovich, che ha base operativa tra Paese e Castelfranco, avrebbe tenuto un tenore di vita troppo elevato, viste le entrate dichiarate (e legali). A quel punto il pm Donà, esaminate le prove portate in Procura dal colonnello Massimo Dell’Anna, è passato all’azione. Ha chiesto e ottenuto il sequestro, per la confisca di auto e conti correnti del clan nomade per alcune centinaia di migliaia di euro, avvalendosi di una legge antimafia. Tra qualche giorno ci sarà il Riesame: Adriano, Francesco, Devid, Diana Barbara, Manolo, Marina e Mario Hudorovich, ma anche Piero Bogdan, assistiti dall’avvocato Andrea Zambon, saranno chiamati a dimostrare la provenienza lecita dei beni sequestrati. «Quel tesoro è nostro, da sempre», la tesi degli Hudorovich.
IL BENE CONFISCATO A GORLAGOgiugno 2018
http://www.liberabg.it/l/wp-content/upl ... orlago.pdf La villetta in località Busneto a Gorlago, confiscata perché frutto di attività criminali, era di proprietà di tre persone (Mile Yokic, Snezana Radulovic e Luis Yokic), appartenenti al clan Hudorovich: il bene è arrivato a confisca definitiva con la conclusione del processo (30-4-2009) e assegnato al Comune di Gorlago con decreto del 17 novembre 2015.La famiglia degli Hudorovich è un gruppo di nomadi insediato in gran parte del Nord Italia, con una presenza forte anche in Bergamasca, dove sono ormai radicati da diversi decennie dediti in particolare alle truffee parecchio attivi nella compravendita di automobili1. La villa di Gorlago, in via don Rudelli nella contrada Busneto, è stata costruita all’inizio degli anni Novanta da una famiglia di nomadi e successivamente ceduta a un’altra famiglia nomade. Nel 2012, un’inchiesta porta alla luce i legami tra i proprietari dell’immobile e la criminalità organizzata, a cui segue la confisca2. Tra gli episodi a cui gli Hudorovich hanno legato il loro nome, il più eclatante è quello avvenuto il 25 gennaio 1992 in un campo nomadi di Stezzano, dove fa irruzione un commando armato: gli obiettivi del gruppo sono Dindo Hudorovich, capo del clan, e Antonio Braidic, suo sodale. Improvvisamente giungono anche i carabinieri, ne nasce uno spaventoso conflitto a fuoco che lascia a terra alcuni feriti. Il movente della notte di follia è inquietante: il commando armato è composto da emissari della mala del Brenta, la mafia veneta attiva a partire dagli anni Settanta e capeggiata da Felice Maniero, giunti sino alle porte di Bergamo per punire Hudorovich, “reo” di aver “tirato un bidone” su una partita di armi del valore di quasi un miliardo di lire, una vicenda che sarebbe arrivata a toccare interessi persino nell’ex Jugoslavia3.Dindo Hudorovich viene arrestato l’11 gennaio 1994 a Brembo di Dalmine nell’ambito dell’operazione contro il cosiddetto «clan dei giostrai», organizzazione dedita ai sequestri di persona negli anni Settanta e Ottanta (con episodi legati anche alla Bergamasca)4.Nel corso degli anni successivi, diversi Hudorovich legati a Bergamo finiscono nei guai. Nel marzo 1997, ad esempio, viene arrestato Eddi Hudorovich, proprietario di una concessionaria di Mercedes a Fara Gera d’Adda, accusato di aver partecipato a un’estorsione5; nel gennaio 2003, Roberto Hudorovic, formalmente nullatenente, viene arrestato dopo alcune indagini: possedeva a Pognano una villa di 15 stanze con piscina, e nella sua abitazione sono stati trovati preziosi e oro per 200mila euro, oltre a una discreta quantità di droga6.Nel 2007, per il funerale di Franco Hudorovich, nome di spicco all’interno del clan nomade, spentosi all’ospedale di Zingonia, giungono persone da tutta Italia, e durante il corteo funebre, un elicottero sparge petali di rosa; nel giugno 2010, la sua tomba (sulla lapide è raffigurata anche una Mercedes) nel cimitero di Osio Sotto verrà profanata: sparirà il Rolex d’oro con cui Franco Hudorovich era stato sepolto7.Il 15 settembre 2008, un incendio doloso provoca un’esplosione all’interno di una villetta di Verdello, abitata da una delle famiglie nomadi Hudorovich da anni insediate in Bergamasca8.Il 13 febbraio 2011 a Carobbio degli Angeli si verifica un incendio doloso in una villetta: secondo gli inquirenti, potrebbe essere maturato nell’ambito di una rivalità tra famiglie nomadi9.Nell’aprile 2012, nell’ambito di un’inchiesta della polizia giudiziaria di Milano relativa a truffe nelle vendite d’auto, viene arrestato Jurko Loris Hudorovich, residente a Calusco, considerato la
“mente”della banda di truffatori10; nell’ottobre 2013, nell’ambito di un’inchiesta analoga, finirà ai domiciliari Natascia Hudorovich, di Calcinate11.Nella notte tra 1 e 2 maggio 2015, una bomba carta e otto colpi di pistola danneggiano la villa di una delle famiglie Hudorovich a Osio Sotto, in via Bonacio. Un anno prima, a poca distanza, in via Abate, era stata incendiata un’automobile appartenente ad altri membri della famiglia Hudorovich. Gli inquirenti sospettano un regolamento di conti tra famiglie rom, in particolare per un matrimonio “saltato” all’ultimo momento12. Il 6 dicembre 2015, all’ora di pranzo si verifica una sparatoria a Levate: l’ipotesi è quella di un regolamento di conti tra clan nomadi13.Il 7 marzo 2016, due carabinieri stanno provvedendo a sequestrare l’auto di Bruno Hudorovich, a Calcinate, fuori dalla sua villa (ma lui risulterebbe formalmente senzatetto), poiché sprovvista di assicurazione: i militari vengono circondati dall’intera famiglia nomade, Bruno viene arrestato per resistenza14.
Operazione della Guardia di Finanza, confiscato il tesoro degli HudorovichNicola Cendron
6 dicembre 2018
http://www.trevisotoday.it/cronaca/trev ... -2017.html PAESE Una villa da un milione di euro, alcune auto, terreni e conti correnti: beni per un valore di oltre 2 milioni di euro quelli a cui, lunedì scorso, i militari della Guardia di Finanza hanno posto i sigilli su ordine del tribunale di Treviso. Si tratta di una parte del "tesoro" del clan nomade degli Hudorovich di Paese che è stato confiscato in base alla legge antimafia che intacca i beni ottenuti attraverso attività illecita. Il Tribunale di Treviso ha accettato la richiesta del pubblico ministero Mara De Donà che ha coordinato la lunga e minuziosa indagine svolta in questi ultimi anni dalle fiamme gialle. A finire nel mirino sia il patriarca del clan, Adriano, che i figli, tra cui Devid, proprietario della villa che potrebbe ora finire all'asta e responsabile del patrimonio degli Hudorovich. Molte delle auto, per cui è stata richiesta la confisca, sono nel frattempo sparite. Ora la palla passa alla Corte d'Appello a cui i nomadi ricorreranno per evitare che il "tesoro" confiscato passi nelle mani dello Stato.
«Restituite alla cittadinanza la villa degli Hudorovich»2018/11/18
https://tribunatreviso.gelocal.it/trevi ... 1.17476888 L’abitazione di Paese è stata sequestrata nel 2011 I sindacati chiedono che oggi non sia ceduta ai privati e venga gestita da un ente
La villa di Paese sequestrata agli Hudorovich, ritenuta il frutto di un decennio di furti e rapine, deve tornare alla cittadinanza. E non essere messa all’asta, per poi finire nel portafoglio di un privato. A chiederlo è Cgil, che invoca nuove regole per la gestione dei beni confiscati alla mafia e alla criminalità organizzata. Sono diversi, nella Marca, gli immobili oggetto di analoghi sequestri. Il decreto sicurezza, inoltre, amplia la possibilità di vendere ai privati i beni confiscati alle mafie. «Questa scelta rischia di vanificare l’importante azione di contrasto alle mafie introdotta già dalla legge La Torre-Rognoni del 1982, e dalla Legge 109 del 1996, perché i beni potrebbero ritornare in mano alle organizzazioni criminali» spiega Paolino Barbiero, segretario generale dello Spi Cgil di Treviso, «la vendita, qualora si renda assolutamente necessaria, deve essere accompagnata da un serio progetto di riutilizzo, attentamente valutato da parte degli organi competenti dello Stato. Gli immobili devono essere consegnati alla collettività e gestiti da enti o associazioni che si occupano di educazione alla legalità, tema che ci vede impegnati in prima linea sia nelle scuole sia nei terreni confiscati con i campi estivi dei ragazzi».
La villa della famiglia Hudorovich era stata sequestrata già nel 2011. Anche Andrea Zanoni, consigliere regionale Pd, sposa l’appello di Cgil: «Se si dà la possibilità ai privati di comprare i beni sequestrati, finisce che sarà la mafia stessa a ricomprarseli. Gli immobili siano messi a disposizione della collettività, come succede in tanti esempi positivi nel nostro Paese». —
I carabinieri sparano e fermano i rom e le loro figlie ladreFranco Grande - Lun, 09/10/2017
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 50804.htmlDopo un inseguimento è stata arrestata ad Eraclea una coppia di rom che costringeva a rubare persino le proprie figlie
È stata arrestata ad Eraclea una coppia di rom che costringeva a rubare persino le proprie figlie.
Giancarlo Lovacovic 54 anni e Nicla Hudorovich di 45, residenti in un campo di Padova, sabato scorso hanno messo a segno vari colpi tra Lignano e Caorle ma due carabinieri della Compagni di Portogruaro sono riusciti a fermarli.
Quando i genitori sono stati intercettati si trovavano in auto e il papà ha cercato di investire un carabiniere che, fortunatamente, è riuscito a salvarsi, mentre il collega ha sparato e centrato una gomma, mettendo fine alla fuga dei ladri. I coniugi rom, entrambi pregiudicati per reati, avevano deciso di fare razzie tra i veicoli parcheggiati in riva al mare e, così, a Lignano hanno rubato una giacca griffata del valore di mille euro a una triestina che l'aveva lasciato sul sedile. Dopo il furto i due rom si sono subito allontanati sulla loro Jeep Renegade bianca ma l'intervento dei due militari ha fermato la loro corsa. Le figlie di 9 e 14 anni, si legge sul Gazzettino, sono state affidate a una zia residente anch'essa a Padova.
Sproporzione tra reddito e ricchezza: Hudorovich, sequestrate due Ferrari27 luglio 2017
https://bergamo.corriere.it/notizie/cro ... a608.shtmlDue Ferrari, una rossa e una nera. Ora sono in un deposito giudiziario, sotto sequestro. Fino a ieri erano in un parcheggio di Grassobbio, di quelli per le migliaia di turisti del low cost di Orio al Serio. Ma con l’aeroporto non c’entrano nulla. C’entrano invece con un Hudorovich, una delle più note famiglie di nomadi che vivono anche in Bergamasca. Il sequestro arriva da Ferrara, un lavoro della Guardia di finanza, ed è una misura di prevenzione. Di quelle che mettono i sigilli ai beni di persone ritenute pericolose e il cui stile di vita fa a pugni con il reddito. Ferrari uguale ricchezza è una facile equazione. Altro non è dato sapere. Sul sequestro vige il massimo riserbo, anche se auto del genere non passano inosservate e il provvedimento è stato per forza di cose notificato al proprietario dei due bolidi. Per riprenderseli, Hudorovich potrà fare ricorso contro la misura, chiesta dalla procura e disposta dal tribunale, dimostrando che se li può permettere. Non si sa nemmeno perché da Ferrara si sia arrivati a Bergamo. Si può presumere che l’Hudorovich in questione abbia in qualche modo sconfinato in Emilia Romagna.
Ma anche Bergamo, da tempo, ha puntato la lente su alcune famiglie rom. Horvat, Nicolini, Hudorovich. Guardia di finanza e carabinieri hanno messo la testa sulle loro attività, sui loro stili di vita, sulle loro ricchezze e, in alcuni casi, su faide sfociate in qualche colpo di pistola. La procura di piazza Dante aveva chiesto la sorveglianza speciale per 20 persone, il tribunale l’ha concessa per sei. E il sequestro di diversi immobili e auto, il tribunale l’ha disposto per una villa, due villette, a Urgnano e Grumello del Monte, e altri due immobili. La vicenda, però, non è chiusa perché la procura ha presentato ricorso in appello contro la parte respinta delle richieste.
Non solo. Sono dello scorso 19 maggio i blitz dei carabinieri di Bergamo in alcune ville, a Carobbio degli Angeli, Trescore (anche nel campo nomadi), Urgnano, e nel campo nomadi di Noventa Padovana. Nulla a che fare con le auto e le case di lusso, ma con episodi che sullo sfondo, è l’ipotesi di indagine, avrebbero faide tra famiglie o tra rami di una stessa famiglia. Come le due bottiglie incendiarie lanciate all’una di notte del 6 maggio contro il muro di una villa in via Francesco d’Assisi, a Carobbio. O gli spari contro un’altra bella casa, in via Rivi, a Trescore, il 9 maggio. Il 5 gennaio, a San Paolo d’Argon, erano stati sparati 4 colpi di pistola contro un’auto dopo un improvvisato blocco stradale, sulla pubblica via. Per andare più lontano nel tempo, nel 2015, a Montello, un uomo in moto aveva premuto cinque volte il grilletto contro l’auto di due coniugi. Nel corso delle perquisizioni era stato pure notificato uno dei provvedimenti di sorveglianza speciale. Sotto sequestro sono finite tre scacciacani, una pistola Piton ad aria compressa, un revolver Smith&Wesson calibro 38 special e una Beretta calibro 9. Una decina gli indagati, nei decreti di perquisizione firmati dal pubblico ministero Emanuele Marchisio. Una società complessa, quella rom, con parentele difficili da ricostruire: famiglie allargate, figli che prendono il cognome delle madri, proprietà di ville e auto non facili da attribuire.
L'indulto fa uscire dal carcere i killer - la tribuna di Treviso31 luglio 2006
(Marzia Borghesi)
http://ricerca.gelocal.it/tribunatrevis ... TC401.htmlPotranno uscire dal carcere durante il giorno ed espiare la pena in regime di semilibertà. Ad uscire grazie al beneficio dell'indulto varato l'altro giorno dal Senato, tra gli altri saranno anche i killer di Luca Tonello, massacrato a martellate in testa il 30 ottobre del 2000, Rossana Bertelli e Alessandro Mandalà. Potrà uscire pure Ercole Hodorovich, il rom che aveva assassinato il suo rivale in amore il 28 aprile sempre del 2000. In appello aveva preso 14 anni. Sono queste le prime conseguenze della legge appena licenziata dal Parlamento.
La Procura dovrà occuparsi in totale di 350 casi.
Gli effetti dell'indulto si faranno sentire sui condannati per varie categorie di reati (sono esclusi tra gli altri i reati di violenza sessuale, terrorismo, mafia, sequestro a fini estorsivi, usura). Usciranno i piccoli e piccolissimi spacciatori, tanti stranieri arrestati per effetto della legge Bossi-Fini. Ma anche, come si diceva, coloro che si sono macchiati di omicidio. Beneficeranno dello sconto di pena anche Alessandro Mandalà e Rossana Bertelli. I due erano stati condannati rispettivamente a 16 anni e dieci mesi, e 16 anni e otto mesi di carcere. Il 30 ottobre del 2000, lungo l'argine del Sile a Lughignano di Casale, i due complici avevano ucciso a martellate il ragioniere ventinovenne Luca Tonello per rubargli il bancomat. Un delitto efferato per motivi assolutamente futili, quello costato la vita a Tonello, che aveva colpito profondamente l'opinione pubblica trevigiana. Con il denaro di Luca, i due complici erano andati al bar. Le porte del carcere si apriranno anche per Ercole Hudorovich. Il 28 aprile di sei anni fa, il rom aveva freddato con sei colpi di rivoltella, il rivale in amore Bruno Georgevich. Il delitto era avvenuto in pieno pomeriggio in via del Mozzato a San Lazzaro.
Ercole Hudorovich, difeso dall'avvocato Francesco Murgia, era stato condannato in primo grado a 17 anni di carcere. In appello la corte aveva ridotto la pena a 14 anni, riconoscendo come «attenuante» il delito d'onore e quindi lo sfondo culturale entro il quale era avvenuta l'uccisione. «Anche se preferisco non sbilanciarmi, rispetto le decisioni del governo: non è un paese civile quello che rinchiude in una cella per due, anche sei detenuti - commenta l'avvocato Murgia che come legale aveva anche rappresentato la parte civile, ovvero la famiglia, nel delitto Tonello -. Finchè si va in carcere per 5 grammi di fumo...». E' dello stesso avviso l'avvocato Alessandra Nava, legale di Sante Covre (fidanzati di Cordignano) e di Alessandro Moretti (delitto Schillaci, con Franco Marangoni). «Ci voleva - dice - il carcere di Treviso è in condizioni disastrose: stanno in nove dentro a celle per tre». Voce fuori dal coro, invece, quella di Stefano Pietrobon, avvocato della mamma di Gioia: «L'indulto è una misura sbagliata e socialmente ingiusta».
Catturato un nomade che si nascondeva da 5 anni25 apr 2008
http://www.udine20.it/catturato-un-noma ... -da-5-anniI Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Udine hanno catturato dopo due settimane di appostamenti Giovanni Hudorovich di 41 anni, nomade, ricercato per una serie di furti e reati commessi nelle province di Verona, Venezia e in Friuli e per i quali era stato condannato a 5 anni, 6 mesi e 18 giorni di reclusione. La sua cattura è stata rocambolesca in quanto Hudorovich dimorava in un campo nomadi alla periferia del capoluogo friulano protetto da figli e familiari, prima fra tutti la madre che ogniqualvolta vedeva una pattuglia dei carabinieri gli lanciava l’allarme in lingua rom. In questa maniera permetteva al figlio di nascondersi in un fienile abbandonato. Ieri, dopo estenuanti appostamenti, l’uomo è stato catturato non prima di aver cercato un nuovo nascondiglio sotto il letto della madre. Hudorovich è stato rinchiuso nel carcere di Udine.
Ucciso in strada a Borghesiana: in via Nardodipace è giallo sulla morte di un 43enneMauro Cifelli
22 set 2014
http://www.romatoday.it/cronaca/omicidi ... vich-.htmlOmicidio ieri sera a Borghesiana dove un uomo di 43 anni è morto a causa di alcune ferite alla testa provocate presumibilmente da un corpo contundente. A trovarlo riverso in una pozza di sangue in via Nardodipace un conoscente, che ha poi allertato il 112 ed i parenti della vittima, residente poco distante dal luogo del suo ritrovamento. Inutili i soccorsi al Policlinico Tor Vergata, Franco Hudorovich, nato in Italia, ma di famiglia slava è infatti morto durante il trasporto d'urgenza al nosocomio del VI Municipio delle Torri.
OMICIDIO IN STRADA - La scoperta del corpo esanime del 43enne è stata fatta intorno alle 20.30 in una strada isolata esterna al quartiere, poco distante da via di Rocca Cencia. Sul posto i carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Frascati, diretti dal capitano Melissa Sipala che indagano sull'accaduto. Per il momento non si esclude nessuna ipotesi, anche se quella dell'omicidio dell'uomo di etnia rom resta la più probabile.
COLPO IN TESTA - A stabilire cosa abbia causato la morte di Franco Hudorovich sarà l'esito dell'autopsia. La salma è infatti stata messa a disposizione dell'Autorità Giudiziaria. Da una prima ricostruzione emerge che il 43enne sia deceduto a causa di una profonda ferita alla testa per poi essere lasciato in fin di vita in via Nardodipace. Resta anche da comprendere se sia stato aggredito da una o più persone. Sul caso i Militari dell'Arma che per il momento mantengono il massimo riserbo.
Guerra tra rom a Milano Uccisi due uomini, tre feritiLa prima aggressione nell'accampamento nomade alla periferia del capoluogo
Poche ore dopo un'altro omicidio. Gli inquirenti: "E' stato un regolamento di conti"
(26 settembre 2006)
http://www.repubblica.it/2006/09/sezion ... cciso.htmlMILANO - E' guerra tra rom a Milano. Nella notte due omicidi: poche ore dopo l'assassinio di Codri Hudorovic colpito davanti alla moglie e ai tre figli a Inveruno, nell'hinterland, una spedizione punitiva ha freddato davanti alla sua abitazione alla periferia di Milano un altro nomade. Ferita la moglie e una coppia di amici. Gli inquirenti sembrano non avere dubbi: è un regolamento di conti fra comunità rom.
Una vera e propria esecuzione quella organizzata contro Riccardo Fross, 44 anni di origini rom, ucciso stanotte alle 4.20 davanti al campo nomadi di via Stephenson, nella periferia milanese. I killer erano tre, forse quattro. Non sono neppure scesi dalla loro station wagon scura. Hanno esploso dieci colpi contro il rivale, la moglie e una coppia di amici che chiaccheravano davanti alla baracca. Riccardo Fross è stato raggiunto da due proiettili all'addome. Operato all'ospedale Sacco, è deceduto dopo l'intervento. Gli altri tre feriti non sono gravi; colpiti alle gambe e alle spalle, se la caveranno con qualche settimana di ricovero. Davis, diciotto anni, è stato ferito alla spalla; Yeff, 20 anni, è stato colpito alla gamba destra mentre Paola, 42 anni, moglie della vittima, ha riportato la frattura del femore. La vittima, con precedenti penali per furto, aveva lasciato da poco il carcere usufruendo dell'indulto.
Poche ore dopo, a qualche chilometro dal capolugo, ancora un agguato contro un rom. Questa volta è morto Codri Hudorovic, 36 anni, assassinato davanti alla moglie e ai tre figli sulla soglia della casa dove viveva a Inveruno. Sembra che l'uomo abbia aperto la porta ai killer, forse due, che gli hanno scaricato addosso numerosi colpi di pistola. Quattro lo hanno raggiunto in più parti del corpo uccidendolo.
Il fortino dei sinti in via Chiesa Rossa Armi e rapine, sono tutti pregiudicatiMilano, 28 agosto 2014
https://milano.corriere.it/notizie/cron ... 1749.shtmlAperto dal Comune nel 1999, doveva essere il «campo modello». Nell’area attrezzata alla periferia Sud vivono 250 nomadi italiani
Lasciate ogni speranza, voi che entrate. Anzi, se potete statene alla larga. L’inferno ha questo indirizzo: via della Chiesa Rossa 351. Una stradina asfaltata che corre sulla sinistra del Naviglio, quasi al confine con Valleambrosia e Rozzano. Un recinto di metallo dal quale sbucano poche lussuosissime roulotte e casette prefabbricate negli anni trasformate in ville, con statue da giardino e figure mitologiche.
Nei quattro vialetti che dividono questo enorme rettangolo «urbano» circondato dai campi di mais e frumento, ci sono auto parcheggiate ridotte ormai a scheletri e altre, Bmw e Mercedes, con pochi mesi di vita. Nuove e lussuose. E anche le case nascondono tesori e televisori al plasma dalle dimensioni esagerate, mobili pregiati e un infinito campionario di oggettistica dal dubbio gusto ma dal valore consistente.
Ecco il campo nomadi comunale di via Chiesa Rossa. Gli abitanti sono poco più di 250. Ma i numeri sono «variabili» in barba ai regolamenti comunali e a quei patti per la legalità voluti dal Comune. Perché le famiglie - quasi tutti si chiamano Hudorovich, Braidich e Deragna - sono imparentate tra loro e hanno legami stretti con quelle del campo di via Negrotto. Così succede che chi finisce agli arresti domiciliari possa indicare di volta in volta la dimora in un insediamento piuttosto che nell’altro. Tanto sempre di terra amica si tratta.
Gli assalti agli spedizionieri
Amica per qualcuno e ostile per molti altri. Autotrasportatori, corrieri, rappresentanti di merce preziosa o di alta tecnologia, non importa. Tutti vengono invitati a presentarsi all’anonimo indirizzo di via Chiesa Rossa 351 (indicato da un cartello lungo la strada) e poi finiscono regolarmente minacciati e derubati, se non aggrediti e cacciati a colpi di fucile. Succede spesso, quasi ogni giorno. Tanto che il famigerato «351» è ormai segnalato in tutti gli archivi degli spedizionieri come territorio da evitare, consegna da rifiutare. Il camion resta imprigionato nella via a fondo chiuso che circonda il campo, dalle case escono venti o trenta ragazzini e qualche adulto con i «ferri» in mano: pistole, vecchie doppiette o kalashnikov dell’ex Jugoslavia. L’autista è messo in fuga con le buone, altrimenti sono pistolettate sparate sull’asfalto accanto ai piedi, come nei cartoni animati sul vecchio West. Se tutto va bene il furgone viene riconsegnato dopo una mezz’ora, svuotato ma salvo.
«Tutti i residenti del campo di via Chiesa Rossa 351, maggiorenni o minori, purché di età imputabile, hanno precedenti», recita un recente rapporto delle forze dell’ordine. Tutti, donne e uomini, esclusi i minori di 14 anni che per legge non possono essere accusati di reati. Un record fatto di furti (la stragrande maggioranza), rapine, aggressioni e resistenza a pubblico ufficiale. Non mancano però reati ben più seri, dalle bande di rapinatori (25 arresti nel 2008) al tentato omicidio. L’ultimo caso è della scorsa settimana quando due nomadi di via Chiesa Rossa sono stati arrestati (tre sono ancora ricercati) dopo aver cacciato a pistolettate alcuni africani che si erano accampati nei dintorni.
Difficoltà anche per le forze dell’ordine
Sembrerà assurdo a molti, ma qui anche polizia e carabinieri hanno enormi difficoltà a mettere piede. L’ultimo episodio riguarda una gazzella dei carabinieri presa a sassate. Se arriva una segnalazione la procedura non prevede interventi solitari. Anzi, si entra solo quando si sono radunati almeno quattro equipaggi e solo se strettamente necessario. Spesso il blitz finisce in un nulla di fatto, altre si riesce ad aprire una trattativa con i «leader» del campo: se si è fortunati la refurtiva, il Tir, l’auto o lo scooter, compaiono come per incanto un paio d’ore dopo fuori dalle recinzioni, in un’area comune così da non poter attribuire responsabilità ai singoli.
Entrano con un po’ più di facilità quelli del commissariato competente (Scalo Romana) e della stazione dei carabinieri (Gratosoglio) o alcuni, selezionati, agenti della polizia locale, presenze ormai «tollerate». In questo modo, solo la polizia ha recuperato negli ultimi mesi una cinquantina di ruspe Bobcat rubate dai cantieri. La specialità dei nomadi di Chiesa Rossa. Ma per ottenere risultati servono prove di forza massicce. In un caso, ad esempio, i poliziotti avevano avuto la certezza che nell’area si trovassero delle statue rubate in una villa. Blitz con 150 agenti e statue lasciate, il mattino dopo, fuori dal commissariato di via Chopin: trasportate di peso e riconsegnate.
La truffe ai danni dei mobilieri brianzoli
Dai «cugini» di via Negrotto, quelli di via Chiesa Rossa hanno appreso il gusto per il design. Lo sanno bene i mobilieri della Brianza truffati e rapinati con maxi ordinazioni di arredi di lusso che puntualmente venivano «svaligiati» dai camion. «Noi siamo operai, ci spacchiamo la schiena nei cantieri. Sono tutte bugie», si giustificano gli abitanti. Nel 2009 ad alcuni nomadi vennero sequestrati beni per 2 milioni di euro: una villa con piscina a Dairago e auto di lusso. Il campo è stato creato nel ‘99 per gli sfollati di via Palizzi, via Fattori e Muggiano. Secondo i piani di Palazzo Marino doveva diventare «l’insediamento modello» per Milano. Chissà se la pensano ancora così.
Tenta di investire un vigile, arrestato nomade padovanoInseguimento fra le strade di Milano. Hudorovic in carcere per tentato omicidio, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento
(Ansa)
03 aprile 2010
https://corrieredelveneto.corriere.it/v ... 3545.shtmlMILANO - Ha cercato di fuggire dalla polizia ed ha improvvisato un inseguimento mozzafiato per le vie di Milano, danneggiando anche parecchie auto parcheggiate e cercando di investire un vigile urbano. Alla fine è stato bloccato dagli agenti della squadra Volante. Jurko Hudorovic 42 anni, nomade con precedenti per reati contro il patrimonio, residente in provincia di Padova, è stato arrestato venerdì pomeriggio con l’accusa di tentato omicidio, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento in via Guerzoni a Milano, nei pressi di viale Jenner. L’uomo, a bordo di una Polo, passava in via Cenisio quando ha guardato una pattuglia della Volante in un modo che ha fatto insospettire gli agenti che hanno cominciato a seguirlo. A questo punto Hudorovic ha aumentato la velocità. I poliziotti hanno acceso le sirene e il nomade ha cercato di farsi tamponare, senza riuscirci, per mettere fuori uso la vettura della Volante. L’inseguimento è durato alcuni chilometri fino a quando Hudorovic, in via Guerzoni, ha cercato di investire un vigile urbano che gli intimava l’alt, urtandolo e facendolo cadere. Finalmente gli agenti sono riusciti a bloccarlo e ad arrestarlo. A bordo dell’auto, probabilmente per questo cercava di scappare, dei documenti falsi.
Delitto Grubissa arrestato a Venezia il “complice” di Allia20 luglio 2012
https://www.facebook.com/20695738273501 ... 2440373174Antonino Foti aiutò l’assassino a occultare il cadavere Autore con 9 nomadi di rapine a rappresentanti orafiC’è anche Antonino Foti, 47 anni, di origini calabresi, rimasto coinvolto nell’omicidio del monfalconese Paolo Grubissa, 43, avvenuto il 24 novembre del 2003 per mano di Salvatore Allia, tra i dieci arrestati, italiani di etnia rom, con l’accusa di aver rapinato numerosi rappresentanti di preziosi. L’operazione condotta dalla Mobile di Genova, Venezia e Udine e del reparto prevenzione crimine di Padova, denominata “Duck” dal soprannome di uno degli indagati, è culminata nei provvedimenti di custodia cautelare, emessi dal Gip di Genova, eseguiti oltrechè nei confronti di Foti, anche di Stefano Braidic, 44 anni, Patrizio Hudorovich, 25, Giuseppe Hudorovich, 25, Paolo Hudorovich, 39, Willi Hudorovich, 40, e Roberto Testa, 70 anni. Tutti sono stati rintracciati nelle loro abitazioni, in provincia di Venezia, tranne Braidic, bloccato a Udine. Analoghe misure restrittive sono state notificate anche a Claudio Baidic, 41, già detenuto in carcere a Udine, e Romeo Hudorovich, 37, detenuto a Venezia. E ancora, a Giovanni Di Brita, 38, il provvedimento è stato notificato nel carcere di Foggia. L’indagine era stata avviata in coincidenza di un significativo incremento, nel 2008, di questo tipo di reati nel Nord Italia, quando a Genova fu rapinato un orafo vicentino, fino ai primi mesi del 2009. La banda operava sempre con la stessa tecnica, agganciando la vittima a bordo di auto, pedinandola, utilizzando ricetrasmittenti. Nel momento più opportuno, la banda entrava in azione distraendo i rappresentanti di preziosi e, con diversi stratagemmi tra cui la rottura di un vetro o la foratura di un pneumatico della vettura della vittima, la costringevano a fermarsi per rubare il campionario.
Il nome di Antonino Foti a Monfalcone è legato a Salvatore Allia, reo confesso, tuttora in carcere dove sta scontando i 20 anni di pena. Il siciliano, all’epoca titolare dell’impresa di sabbiature Safar di via Bagni, quella fredda giornata di nove anni fa, uccise il “pierre” monfalconese nelle campagne del Portogruarese, esplodendogli contro un colpo di pistola. L’accusa ritenne che Foti, dipendente della Safar, su ordine di Allia, aveva fatto sparire l’Audi A2 di Grubissa portandola nel parcheggio dell’aeroporto di Venezia lo stesso giorno dell’omicidio. Da qui l’ipotesi di favoreggiamento nei confronti di Allia. A carico di Foti anche l’occultamento di cadavere per aver nascosto nel garage della sua abitazione di Fiumicello la Mercedes di Allia nella quale era stato ucciso Grubissa. Nel bagagliaio c’era il corpo del monfalconese. Allia confessò le sue colpe. Il cadavere di Grubissa fu rinvenuto in un cantiere a Sagrado, sepolto all’interno di un bidone metallico riempito con cemento. Al processo Foti fu ritenuto responsabile della distruzione e soppressione di cadavere, pur riconoscendo le attenuanti generiche, condannato a 2 anni, con la sospensione della pena. Per il favoreggiamento nell’occultamento fu dichiarato il non doversi procedere. Foti fu coinvolto inoltre nell’ambito di un’indagine per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e per detenzione di un ordigno micidiale.
Il vecchio boss deriso prese il mitra per vendicare l'onoreLuca Fazzo - Dom, 16/12/2007 -
http://www.ilgiornale.it/news/vecchio-b ... onore.html Andò più o meno così.
«Guarda che io sono Colia».
«E chi se ne frega».
Che unera fosse finita lo si era intuito già il 31 ottobre scorso, quando i carabinieri del Nucleo Operativo avevano arrestato lui, Pinella, all'anagrafe Antonio Colia, una leggenda della malavita milanese, il vero cervello della banda della Comasina (altro che quello sbruffone sciupafemmine di Renato Vallanzasca!) per un omicidio da quattro soldi. Ma adesso che si va verso la fine delle indagini su quell'omicidio, che i verbali e le intercettazioni vengono depositate, di quell'intuizione arriva la conferma più desolante. Perché le sventagliate di mitra che nel tardo pomeriggio del 26 settembre 2006, nel campo nomadi di via Stephenson, mandarono al creatore lo zingaro Riccardo «Ricky» Fros e quasi ammazzarono tre della sua famiglia sono la colonna sonora di un capitolo conclusivo. Quel giorno la vecchia malavita milanese, la mala dei sopravvissuti, ha dovuto prendere atto di non contare più nulla. Che le praterie del crimine - mentre i vecchi boss erano in galera - sono state invase da nuovi lupi senza storia e senza rispetto.
La storia - come la si legge nei rapporti dell'Arma - è semplice. Pinella ha bisogno di una partita di cocaina. Manda un tizio, un colombiano, a prenderla in Spagna, ma il colombiano si fa arrestare. Allora Colia inizia a chiedere in giro e, a furia di passaparola, arriva fino a un balordo di Affori che si chiama Luciano Sberna e che campa vendendo droga fasulla insieme agli zingari del campo di via Stephenson: «Per guadagnare qualche soldo - racconterà poi Sberna - io e il mio amico Massimo Hudorovic abbiamo deciso di mettere in commercio della fuffa spacciandola come cocaina. In realtà si trattava per lo più di materiale da taglio». Ai bei tempi, a nessun delinquente sano di mente sarebbe mai venuto in mente di proporre un bidone del genere proprio a Colia. Ma né Sberna né Hudorovic sanno chi diavolo sia Colia. Così si vedono ai giardinetti e in cambio di trentanovemila euro in contanti gli rifilano un chilo di fuffa, di roba da taglio. E via.
Ma ancora più surreale è quello che accade dopo. Colia si accorge del bidone, va su tutte le furie, chiama Sberna e si fa passare Hudorovic. Ed ecco come lo zingaro racconta il dialogo con il boss sessantenne: «Appena preso il telefono, il Pinella mi diceva che prima di iniziare a parlare avrei dovuto sapere chi lui fosse. A tali parole, e vista l'arroganza del mio interlocutore, cercavo di fargli capire che non erano più i tempi di una volta in cui si poteva fare ciò che si voleva e, comunque, il suo atteggiamento non mi intimoriva. Visto che l'uomo non accennava a smorzare i toni, chiudevo la conversazione dicendogli che non c'erano più i presupposti per continuare». Insomma, il rom gli riattacca il telefono in faccia. Ai bei tempi non succedeva. Proprio no.
Così Pinella organizza la spedizione punitiva. Arruola un altro sopravvissuto, Tino Stefanini, e insieme ad altri tre si armano fino ai denti e fanno irruzione in via Stephenson sparando come dei matti, un morto e tre feriti. Peccato che Stefanini - un altro che non si arrende al crepuscolo - sia intercettato in diretta dai carabinieri che lo tampinano per una serie di rapine. Quattro giorni dopo, in una perquisizione in un covo affittato da Stefanini, saltano fuori le armi. Il resto è un'indagine in discesa. Il 31 ottobre, quando lo vanno ad arrestare, Colia chiede di farsi una doccia, ringrazia perché non gli mettono le manette davanti alla vecchia madre e si fa portare via senza fare storie.
Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardiahttp://www.consiglio.regione.lombardia. ... 5a949f7996Pestaggi e aggressioni, i 4 sinti interrogati dal giudice
19.07.2013
https://www.larena.it/home/pestaggi-e-a ... 959626/ampPestaggi senza una ragione: stando alla ricostruzione della procura, ricostruzione confermata dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Laura Donati, il pià pericoloso «quello in grado di influenzare e dirigere le azioni punitive è senza dubbio Derek Viviani, l'unico incensurato. Gli altri risultano infatti essere tutti già stati condannati per reati contro il patrimonio». Questi elementi, «l'indole violenta e la spiccata tendenza a commettere reati gravi contro la persona, con uso di armi e altri mezzi di violenza personale concretamente dimostrate» e il «ruolo dominante svolto da Viviani» hanno rappresentato per il gip le condizioni su cui poggiare la misura di custodia cautelare, eseguita martedì mattina. Oggi, in carcere, Alessio Hodorovich, 23 anni, Patrick Hodorovich, 21 anni, Gesuel Hudorovich, 25 anni e Derek Viviani, 21 anni, compariranno davanti al gip Paolo Scotto di Luzio per l'interrogatorio di garanzia. E per martedì 23 luglio Forza Nuova promuove un presidio davanti al campo nomadi di Forte Azzano «per dire basta alla criminalità diffusa e incontrollata». Due le giornate di terrore, il 19 febbraio e il 10 marzo, sei i feriti e diversificate le accuse anche se tutti sono accusati di lesioni aggravate, ma in un caso il commando che agiva con modalità da «Arancia meccanica» superò ogni limite. Derek Viviani e Patrick Hodorovic (in concorso con il minorenne) devono rispondere anche di tentato omicidio perchè in febbraio colpirono con una mazza da golf uno dei tre giovani «rei» di averli guardati mentre si trovavano fuori da un bar in via Monreale. Bastò quello a scatenare la violenza (poche ore prima avevano picchiato uno srilankese che stava cercando parcheggio). L'aggressione in borgo Milano si era verificata alle 20, in quell'occasione uno dei tre giovani che era andato a soccorrere l'amico gettato a terra dai tre nomadi e picchiato selvaggiamente con calci alla testa, fu aggredito con il ferro. «L'azione», scrive il gip, «è inequivocabilmente idonea a cagionare il decesso della persona offesa e ciò in ragione delle modalità, del mezzo utilizzato - una mazza da golf metallica che addirittura si è spezzata per la violenza del colpo - e della regione del corpo attinta». Massacrati solo per averli guardati.
Papa Francesco riceverà in dono una bandiera rom
Giuseppe Aloisi - Mar, 07/05/2019
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 90562.html Papa Francesco, una volta tornato dal suo viaggio in Bulgaria e Macedonia, incontrerà 500 persone di origine sinti e rom. Il Santo Padre riceverà in dono una bandiera
Una bandiera del popolo rom sarà regalata a papa Francesco.
La notizia circola almeno da un giorno, ma bisognerà attendere che il Santo Padre torni dal suo viaggio in Bulgaria e Macedonia per far sì che l'evento si svolga, con le ufficialità del caso, e che il presente venga consegnato a tutti gli effetti. La cerimonia è prevista per il prossimo 9 maggio, quando il pontefice della Chiesa cattolica - una volta atterrato a Roma dopo la sua visita apostolica nell'Est Europa - avrà modo di ricevere presso la Santa Sede una delegazione della popolazione in questione. Si parla di 500 persone in totale. Tutti - immaginiamo - sono in attesa di conoscere l'ex arcivescovo di Buenos Aires.
A raccontare i dettagli dell'incontro che sta per avere luogo, tra gli altri, è stato il quotidiano Il Faro di Roma. Jorge Mario Bergoglio, con ogni probabilità, parteciperà alla cerimonia e celebrerà una preghiera comune con le persone che incontrerà in Vaticano. A consegnare il dono nelle mani del vescovo di Roma - si legge sulla fonte citata - sarà Giulia di Rocco, una cittadina abruzzese appartenente alla comunità rom. Ma la Di Rocco sarà solo una dei partecipanti. Sì, perché come si apprende pure sull'Ansa - il papa sarà accompagnato da una serie di alti ecclesiastici: si va dal cardinale Peter Turkson, che in questi anni è intervenuto spesso sul tema dell'accoglienza dei migranti, al cardinale vicario Angelo De Donatis, che ha preso parte pure alla recente visita di Francesco in Campidoglio.