L'ARMA IMPROPRIANiram Ferretti
27 febbraio 2019
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063 Alan Dershowitz, il più celebre avvocato ebreo americano e uno dei più celebri avvocati del pianeta scrive una lettera aperta al Procuratore Generale di Israele Avichai Mendelblit in cui lo sconsiglia caldamente di rinviare a giudizio Netanyahu per il caso 2000, in cui Netanyahu è accusato di avere fatto un accordo sottobanco con l'editore di Yedioth Aronot, quotidiano a lui avverso, per avere una migliore copertura di stampa.
Gli altri due casi per cui il premier israeliano è indagato sono il caso 1000 in cui è accusato di avere beneficiato di regali per un ammontare di 282,000 dollari per avere favorito un amico produttore cinematografico e il caso 4000.
In questo secondo caso avrebbe favorito Shaul Elovitch, il principale azionista di Bezeq, l'azienda di telcomunicazioni più grande di Israele per godere di una copertura di stampa favorevole da parte di Walla, il sito di notizie online gestito da Bezeq.
Dershowitz scrive, "Non vi è alcun principio limitante per questa intrusione aperta della legge penale nella delicata relazione legalmente protetta tra funzionari governativi e media" e aggiunge, "Qualsiasi accusa di questo tipo darebbe all'obbligo dell'azione legale troppo potere per imporre ai media e ai funzionari che se ne occupano le modalità in cui si devono relazionare tra di loro. In una democrazia, le critiche alla relazione tra media e governo dovrebbero essere lasciate agli elettori , non ai pubblici ministeri".
Parole limpide da parte di un liberale che vede chiaramente il rischio del tracimare del potere giudiziario su quello dell'esecutivo.
I reati di cui è accusato Netanyahu, soprattutto il caso 2000 e il caso 4000, perchè il caso 1000 è una barzelletta, e che secondo l'accusa configurerebbero la corruzione, fanno sorridere. Il reciproco tornaconto tra media e politica, il do ut des di favori e favoritismi, di una mano lava l'altra, quando non ci sono di mezzo le mazzette, la compravendita, il ricatto, fanno parte della comune fisiologia di qualsiasi democrazia, anche la più evoluta.
Uno Stato in cui i magistrati diventano non i custodi della legge ma dello Stato stesso e che trasformano ogni cedimento in ambito politico in un reato, è null'altro che la configurazione di un grande tribunale in cui la Virtù incarnata da pochi ha sottomesso la politica al proprio imperio.
E' l'arma preferita della sinistra, in Italia come in Israele e negli Stati Uniti, quella di delegare ai magistrati ciò che dovrebbe essere delegato solo agli elettori.
Israele, Netanyahu incriminato per corruzione e frodeenrico martinet
2019/02/28
https://www.lastampa.it/2019/02/28/este ... agina.html L’Avvocato generale dello Stato Avichai Mandelblit ha deciso di incriminare il premier Benyamin Netanyahu per sospetta corruzione e frode. Al premier israeliano sarà data la facoltà di difendersi in un’audizione prima della decisione definitiva. Le indagini riguardavano quattro filoni diversi, e probabilmente Mandelblit ha stabilito che si debba procedere per almeno tre.
Sono il cosiddetto Fascicolo 4000, nel quale Netanyahu è accusato di avere favorito concessioni pubbliche al patron del gigante delle telecomunicazioni Bezeq, Shaul Elovitch, in cambio di una copertura favorevole sul suo sito Web, il più seguito in Israele. In questo caso i capi di imputazione sono corruzione e violazione della fiducia. Nel Fascicolo 1000, invece, il premier è stato indagato per aver accettato regali da ricchi uomini di affari in cambio di favori politici. In questo caso l’accusa è di frode. Un terzo filone è quello del Fascicolo 2000 su contatti con l’editore del quotidiano Yediot Ahronot per una copertura informativa di favore in cambio di azioni volte a ridurre la diffusione del giornale rivale Israele Hayom. Qui ci sarebbe soltanto “violazione della fiducia” e non corruzione.
L’incriminazione, anche se attesa da mesi, irrompe nella campagna elettorale per le legislative del 9 aprile e rischia di azzoppare la corsa verso il quarto mandato del premier. Netanyahu ha sempre respinto le accuse. La decisione di Mandelblit è arrivata dopo mesi di indagini da parte della polizia che, al termine, aveva chiesto all’Avvocatura l’incriminazione di Netanyahu. In un ultimo tentativo questo pomeriggio il Likud aveva chiesto alla Corte suprema di far posporre a Mandelblit l’annuncio della decisione. Netanyahu reagirà con un discorso in tv alle 20 locali, le 19 in Italia.
IL PRINCIPIO DI REALTA'Niram Ferretti
1 marzo 2019
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Ci vuole un principe del foro come Alan Dershowitz per evidenziare un fatto fisiologico che in politica può solo scandalizzare i sepolcri imbiancati e i moralisti un tanto al chilo, ovvero che, come ci insegna Da Ponte da Mozart musicato, “Cosi fan tutte”, o tutti?
A proposito del caso Netanyahu, accusato di abuso di fiducia e corruzione, e rinviato a giudizio ieri, Dershowitz ha detto “Non ci sono prove sufficienti di un reato. Ritengo molto pericoloso iniziare a rinviare a giudizio le persone basandosi sulle negoziazioni con i giornali. È quello che fanno i politici”.
Difficile pensare se non per chi della politica ha l’idea tutta astratta e ideale, fuori dalla realtà dunque, che non vi sia tra stampa e politica una tessitura fitta intelata su favori e regalie, non necessariamente basate sulla compravendita, ma meno scandalosamente sul principio che una mano lava l’altra. È così che funziona da quando i media sono oggetto e soggetto preponderante della società. La stampa serve al potere e il potere serve alla stampa anche quando quest’ultima si dichiara libera, liberissima.
Un politico che abbia in un giornale un megafono suo proprio come in Italia può essere sì una anomalia ma non un reato, ma in modo meno eclatante si può pensare agli USA, dove l’intreccio tra politica e media è più fitto dei serpenti sulla testa di Medusa. Eppure nessuno si scandalizza della partigianeria del New York Times o del Washington Post, della CNN o di Fox News, del fatto che tra strizzate d’occhio, buoni uffici e accordi taciti, si appoggi Tizio o Caio, si porti acqua al suo mulino in modo più o meno spudorato e si chiedano, sì, si chiedano reciprocamente favori. Il pudore non è prerogativa della politica.
In Israele la sinistra virtuosissima che da anni inscena processi mediatici ed esecuzioni simboliche di Netanyahu, ha potuto godere di un ampio palcoscenico in cui, di volta in volta, sono state presentate accuse farsesche a lui rivolte e alla sua consorte, dalla cresta su vuoti a rendere, ai lavori di manutenzione fatti nella villa di Cesarea e addebitati in conto allo Stato, ai pasti ordinati in costosi ristoranti anch’essi addebitati allo Stato, per poi passare alle cose serie, ai sigari e altri regali forniti a Netanyahu dall’amico produttore per avergli fatto rinnovare il visto americano.
Poi si è giunti ai sommergibili veduti alla Difesa, e qui sarebbe stato un caso davvero succulento, un Lockheed sottomarino, se si fossero trovate le prove contro il premier israeliano ma non avendole trovate si è ricorso appunto ai sigari e presunti accordi sottobanco con l’editore Arnon Mozes ma soprattutto con il magnate Shaul Elovitch che avrebbe fornito a Netanyahu una copertura editoriale favorevole tramite il sito di notize Walla in cambio di decisioni politiche che avrebbero favorito Bezeq sul mercato. Ed è questo, in fin dei conti, il vero pezzo forte delle accuse, il piatto principale. L’accordo illecito con Elovitch che avrebbe donato a Netanyahu una copertura assai favorevole su Walla e al magnate un miliardo e ottocento milioni di sheckel di introiti grazie a leggi fatte pro domo sua. Certo per un ritorno di denaro così faraonico, la copertura di stampa favorevole deve essere stata assai massiccia, sproporzionata, non, come afferma Netanyahu di alcuni articoli positivi in un “oceano” di copertura a lui avversa.
Quello che il premier in carica ha definito un castello di carte che verrà mandato all’aria, è ciò che grava al momento su di lui. Sì, sono tante carte, una costruzione indiziaria in cui, il maggiore dei reati figura come quel do ut des che qui non implica mazzette. Non appare nessuna pistola fumante o corpo del reato.
Per presentare il suo contrattacco basato su riscontri e dati che dovranno confutare ciò che gli viene addebitato, a Netanyahu ci vorrà minimo un anno. È questo infatti il tempo necessario prima che si apra al cospetto del Procuratore Generale l’audizione in cui il premier israeliano potrà presentare la sua versione contro il rinvio a giudizio che di fatto diventerà effettivo, solo dopo l’audizione. A quel punto e solo allora si saprà se vi sarà un processo.
“Solo dopo lo svolgimento dell’audizione e la valutazione dei dati forniti in questa cornice verrà presa una decisione finale relativa ai vari casi”, ha scritto il Procuratore Generale, Mandelblit. Fino ad allora Netanyahu non ha di che preoccuparsi ed è come tutti i cittadini di uno Stato garantista, salvo per i giacobini che ne vorrebbero la testa issata su una picca, innocente fino a prova contraria.
Dunque, l’opposizione guidata da Gantz, dovrà aspettare a lungo dopo le elezioni del 9 di aprile prossimo, presumibilmente fino all’inverno del 2020, prima dell’audizione davanti a Mandelblit dove Netanyahu farà valere le sue ragioni. Da qui ad allora molte cose possono accadere, una, la più insidiosa per l’opposizione, è che Netanyahu e la sua coalizione vincano un’altra volta le elezioni.
Francesco Birardi Tutto ciò quindi, tradotto in parole povere, vuol dire che qualunque politico, qualunque premier democraticamente eletto, è di fatto in mano alla magistratura.... la quale - se vuole - un qualche pretesto per incriminarlo lo trova sempre.... Ergo, come se ne esce? Come salvaguardare il potere di scelta del popolo, e quindi la stessa democrazia? Semplice : il politico dovrebbe essere immune ai ricatti delle toghe.... Dovrebbe essere quindi al di fuori della legge? Questo dilemma va risolto, in qualche modo, altrimenti - come stiamo assistendo ormai da anni in tutte le democrazie occidentali - la magistratura politicizzata (e sempre sinistramente orientata) condizionerà sempre più pesantemente la nostra democrazia.
Daniela Rella Francesco Birardi nel nostro sistema giuridico la Magistratura non è soggetta al controllo di nessuno. Ci sarebbe il Consiglio Superiore della Magistratura, che in realtà si è sempre impegnato a coprire magagne e difendere interessi corporativi. In Francia la Magistratura dipende dal Ministro dell’Interno, che può intervenire se lo ritiene opportuno (e in alcune circostanze lo ha fatto). In America chi giudica sono le giurie popolari e il magistrato si limita a incanalare e controllare la correttezza delle procedure. Da noi la Magistratura è onnipotente. Basti pensare al caso Tortora: nessuno ha mai pagato e i magistrati implicati in quella truffa giudiziaria non hanno subito alcuna conseguenza e hanno anzi fatto carriera. Temo che in Israele la situazione sia analoga.
Francesco Birardi La triste situazione italiana è ben nota. Ma mi pare che anche in Francia, in Usa, e, appunto, anche in Israele, la magistratura stia comunque intervenendo pesantemente nella vita politica. Basta trovare un qualunque capo di accusa, poi i giornali fanno il resto.... quando poi arriva la sentenza, ormai il danno è fatto... e non interessa più a nessuno.
Ferruccio Bovio Francesco Birardi ad esempio, introducendo una forma di responsabilità personale ( e, quindi, non solo dello Stato ) per i magistrati che agiscono con dolo ( nei casi più gravi ) , con superficialità ( più frequentemente ) o, ancor più penosamente, con finalità di auto gratificazione mediatica. Mi guarderò bene dal fare nomi, ma non penso occorra una memoria mirandoliana per ricordare alcuni esempi di personaggi che dalla toga sono poi, disinvoltamente, passati alla politica...
Alberto Chiarle a me la cosa appare di semplice soluzione...anche il magistato DEVE essere eletto dal popolo sovrano....ogni 5 anni...pubblicando la sue sentenze....voglio vedere se verrebbero eletti quelli che lasciano in libertà chi ammazza o stupra....
Francesco Birardi I mezzi sicuramente ci sono! E una democrazia "sana" non avrebbe remore ad usarli...!!!
Emanuel Segre Amar Scusate, ma qualcosa mi sfugge in questa diatriba comunque relativamente pacata
Mi sono riletto quanto è stato scritto, ma siccome chi sostiene che Netanyahu sia colpevole sostiene anche che la sua sia una politica di apartheid, dobbiamo davvero proseguire oltre? “Noi promuoveremmo un regime di apartheid che prevede una guerra perpetua” è stato scritto due ore fa. Ebbene, pur nella mia ignoranza crassa che qui riconosco, mi permetto di controbattere che, purtroppo, la guerra perpetua è imposta dal Corano ai suoi fedeli, e il regime di apartheid lo vedo fuori dai territori amministrati dal governo di Israele. Anzi, l’apartheid è imposto dal Corano, come bene spiega Bat Ye’or nei suoi libri, e Magdi Allam nella sua magnifica intervista rilasciata a Niram Ferretti poche settimane fa.
Daniela Rella In effetti con quella frase si è passata la misura. È un cavallo di battaglia degli antisemiti e vederla scritta da un israeliano fa un effetto sgradevolissimo. La vis polemica non dovrebbe mai varcare certi confini.
Niram Ferretti Me la sono persa....fortunatamente. E' una intollerabile idiozia.
NetanyahuNiram Ferretti
3 marzo 2019
www.facebook.com/photo.php?fbid=1225058737656625 Ben Dror Yemini, uno dei più acuti commentatori politici israeliani, e certo non un oltranzista di Otzma Yehudi, nel suo articolo del 3 marzo su Ynet, scrive che Netanyahu è piagato da quello che è lo stato generale di corruzione politica che è presente nel paese, ma ciò nonostante, visto che le accuse nei suoi confronti non sono ancora provate ha il diritto di finire il suo mandato.
L'analisi di Dror Yemini sul violento clima di pressione esercitato sul Procuratore Generale da parte dei soloni del Sinedrio, i virtuosi del sistema giudiziario, è abrasiva al massimo e degna di essere riportata in toto.
"Molti nell’ambito della pubblica opinione, non una minoranza trascurabile, ritengono che alcuni elementi nei meccanismi di applicazione della legge abbiano motivazioni proprie. Ci sono stati altri episodi precedenti. Dopotutto, sono già state mosse accuse assurde contro Yaakov Neeman, ad esempio, che è considerato critico nei confronti del sistema. E un'inchiesta fu aperta contro Reuven Rivlin, nel meraviglioso momento in cui apprese dell'intenzione di nominarlo ministro della Giustizia. Anche lui aveva punti di vista critici. Dopotutto, fu lo stesso Rivlin, che in seguito creò la frase "banda dello Stato di diritto"… Tutto ciò non significa che la decisione del Procuratore Generale sia una decisione infondata. Lontano da ciò. Ma è difficile scrollarsi di dosso la sensazione che questa sia una decisione che è anche il risultato della pressione. Troppi attivisti, politici e giornalisti già sapevano quale sarebbe stato il risultato. Hanno moraleggiato. Sono scesi in piazza. Hanno fatto chiasso. Ogni indiscrezione è diventata una prova. Ogni titolo di giornale si è associato alla condanna…
Anche i giuristi in pensione sono stati trascinati nella campagna. I membri del Karmim Forum, ex alti avvocati dello Stato e giudici della Corte Suprema che si sono incontrati al Kramim Hotel, hanno fatto pressione sul Procuratore Generale per indirizzarlo in un senso molto specifico. Non che conoscessero i dettagli. Non avevano letto le migliaia di pagine che dovrebbero essere lette prima di prendere una decisione. Ma sapevano in anticipo quale sarebbe stato l’esito. A tal fine, anche questa settimana si sono arruolati in una campagna che crea un clima di intimidazione. 'Lo Stato di diritto è nei guai, i guardiani devono essere sorvegliati, il Procuratore Generale è uno di loro', ha detto il rabbino imperiale legale, Aharon Barak, questa settimana.
Ha ragione. Ci deve essere chi vigila. Ma sarebbe una buona idea per il gruppo interessato guardarsi allo specchio, perché per anni il Procuratore Generale è stato sottoposto a pressioni insopportabili. Pressioni in una direzione. Una stampa che esige un'accusa…
Perché Barak non ha detto nulla contro la campagna di pressioni e minacce? Perché le calunnie senza precedenti contro il Procuratore Generale sono legittime, ma le critiche a questa pressione sono 'minacce pericolose'? Perché Barak si è preso la briga di dire questa settimana: 'Le forze che ti stanno combattendo sono forti'? Quali forze?...La pressione diventa legittima solo quando è congeniale ai migliori avvocati. Barak stesso, in quello che ha detto, ha chiarito che anche lui era sotto pressione, ma nella direzione che gli andava bene. E quando gli alti ufficiali del processo percepiscono la pressione esercitata da una parte, quando la pressione stessa diventa un processo pre-processuale, perché dovremmo lamentarci dell'altra parte, che ha da emettere una sentenza prima del processo? Dopo tutto, se è permesso condannare prima di un processo, è anche ammissibile vincere senza che il processo venga fatto….
È difficile scrollarsi di dosso la sensazione che i veterani e i sostenitori dell'oligarchia legale abbiano la necessità di creare un'atmosfera di emergenza, e di additare i politici che non amano come pericolosi, al fine di conferirsi il ruolo dei saggi e degli arbitri definitivi…
Per anni hanno delegittimato le critiche nei loro confronti. Ci sono tanti modi per chiudere la bocca. Hanno un modo sofisticato. Trasformano ogni critica in un pericolo per la democrazia. Rifiutano di comprendere che la critica dei meccanismi dello Stato di diritto è parte del discorso democratico".
Il “governo parallelo” del mandarino4 marzo 2019
Niram Ferretti
http://www.italiaisraeletoday.it/il-gov ... uPXgv4FBiI Chi governa in Israele? La risposta a questa domanda è fondamentale per comprendere il funzionamento dello Stato e il peso reale degli attori politici. Ma chi sono gli attori politici? Gli attori politici dovrebbero essere, tautologicamente, i politici, cioè i membri del governo in carica che siedono in parlamento in virtù della volontà degli elettori. Alla Knesset, nello Stato ebraico. Dovrebbe essere cioè l’esecutivo il principale organo di decisione politica, di emanazione delle leggi, il luogo che indirizza il paese nelle decisioni fondamentali che riguardano lo Stato. Da Lo Spirito delle Leggi in poi. Teoricamente. Perché c’è un altro potere, quello giudiziario, che in Israele, più che in qualsiasi altro paese, e non da molto, non solo fa da supplente al potere dell’esecutivo, ma si sovrappone ad esso, lo soverchia, lo umilia.
Un nome per tutti. Aharon Barak, presidente della Suprema Corte di Israele dal 1995 al 2006 e precedentemente Procuratore Generale di Israele dal 1975 al 1978, nonché decano della facoltà di Legge dell’Università di Gerusalemme dal 1974 al 1975. Insomma un mandarino della legge, o come lo ha definito recentemente Ben Dror Yamini, il “rabbino imperiale della legge”.
Barak, più di ogni altro giurista israeliano ha impresso all’Alta Corte una svolta che ne ha mutato profondamente la funzione trasformandola in quella che un altro giurista, Amnon Rubinstein ha definito, “un governo parallelo”. Difficile dare torto a Rubinstein, poiché sotto la lunga presidenza di Barak la Corte, da organo di interpretazione della legge, si è trasformata in organo interventista sulla stessa formazione delle leggi.
Nella visione decisionista di Aharon Barak la Suprema Corte è attore attivo a tutti gli effetti sulla carne dello stesso corpo sociale e dunque legislativo, andando ben oltre la funzione che un simile organo ha in qualsiasi altro paese democratico. Una sorta di Soviet supremo, in cui il giudice è demiurgo plasmatore e non solo arbitro ultimo della legalità. Tutto ciò, ovviamente in nome della “democrazia” e della sua salvaguardia. Aharon Barak, come tutti i virtuosi assolutamente convinti di avere una missione è uomo di pochi dubbi ma determinazione ferrea.
Nell’aprile del 2007 il giurista americano Richard Posner, certamente non un simpatizzante di Israele, scrive su The New Republic un articolo dedicato a Barak, dal titolo emblematico, Despota illuminato, in cui sottolinea l’eccezionalità delle norme di legge partorite dalla mente di questo politico travestito da giudice, di questo fondamentalista della legge che anche oggi che è in pensione, continua ad esercitare la sua influenza sulla scena giuridica e politica israeliana . Vediamone qualcuna.
“Tra le norme di legge, le opinioni giuridiche di Barak sono state strumentali nel creare leggi che non hanno alcuna controparte nel diritto americano: i giudici non possono essere rimossi dalla legislatura, ma solo da altri giudici; ogni cittadino può chiedere a un tribunale di bloccare l’azione illegale da parte di un funzionario governativo, anche se il cittadino non ne è personalmente colpito; qualsiasi azione governativa che sia “irragionevole” è illegale (“in parole povere, l’esecutivo deve agire ragionevolmente, perché un atto irragionevole è un atto illecito”); un tribunale può proibire al governo di nominare un funzionario che ha commesso un reato (anche se è stato graziato) o che è messo sotto esame etico in un altro modo, e può ordinare il licenziamento di un ministro se deve affrontare un procedimento penale. In nome della “dignità umana” un tribunale può costringere il governo ad alleviare i senzatetto e la povertà e un tribunale può revocare gli ordini militari e decidere “se impedire il rilascio di un terrorista nel quadro di un ‘accordo politico’, e indirizzare il governo nello spostare il muro di sicurezza che impedisce ai kamikaze di entrare in Israele dalla Cisgiordania”.
La volontà del popolo di Rousseau è qui trasformata nella volontà della Legge che si incarna nel suo grande sacerdote, di cui Aharon Barak ha assunto le vesti, o nel caso del monarca, si è conferito da se medesimo, l’unzione. Non a caso, sempre Posner, nell’articolo citato, sottolinea come Barak dia “per scontato che i giudici abbiano l’autorità intrinseca di scavalcare gli statuti. Un tale approccio può essere descritto con precisione come usurpativo”.
Se per Montesquieu “Non c’è piú libertà se il potere di giudicare non è separato dal potere legislativo e dall’esecutivo. Infatti se fosse unito al potere legislativo, ci sarebbe una potestà arbitraria sulla vita e la libertà dei cittadini, in quanto il giudice sarebbe legislatore” (Lo Spirito delle Leggi, XI, 6), per Barak vale esattamente il contrario. Il giudice deve essere legislatore.
Ma attenzione, in una parodia dell’incunabolo che sta alla base della separazione dei poteri nelle democrazie moderne, anche Barak afferma la separazione dei poteri, solo che, come sottolinea sempre Posner:“Barak invoca la ‘separazione dei poteri’ come ulteriore supporto alla sua concezione aggressiva del ruolo giudiziario. Ciò che intende per separazione dei poteri è che i rami dell’esecutivo e del’legislativo non abbiano alcun grado di controllo sul ramo giudiziario…nella concezione della separazione dei poteri di Barak, il potere giudiziario è illimitato e la legislatura non può rimuovere i giudici“.
Veniamo ora al caso scottante dei nostri giorni, o forse è meglio dire all’inverno di scontento di Benjamin Netanyahu, accusato di abuso di ufficio, frode e corruzione. Ben Dror Yamini, come già accennato, acuto analista di centro sinistra, in un articolo pubblicato su Ynet il 3 di marzo, non risparmia bordate severe al sistema giudiziario israeliano e a quello che è, a tutti gli effetti, il suo potere parallelo e assoluto. Così scrive:“I membri del Karmim Forum, ex alti avvocati dello Stato e giudici della Corte Suprema che si sono incontrati al Kramim Hotel, hanno fatto pressione sul Procuratore Generale per indirizzarlo in un senso molto specifico. Non che conoscessero i dettagli. Non avevano letto le migliaia di pagine che dovrebbero essere lette prima di prendere una decisione. Ma sapevano in anticipo quale sarebbe stato l’esito. A tal fine, anche questa settimana si sono arruolati in una campagna che crea un clima di intimidazione. ‘Lo Stato di diritto è nei guai, i guardiani devono essere sorvegliati, il Procuratore Generale è uno di loro’, ha detto il rabbino imperiale legale, Aharon Barak, questa settimana”.
Sì, bisogna sorvegliare i guardiani e soprattutto “indirizzarli”. In attesa che Benjamin Netanyahu sia ascoltato in audizione dal Procuratore Generale Mandelblit, prima della quale, non sarà possibile sapere se verrà effettivamente processato oppure se Madelblit accoglierà la sua versione dei fatti, c’è un’altra urgenza ben maggiore, ed è quella di riformare l’impianto assolutista impresso da Aharon Barak alla Corte Suprema di Israele, un vulnus insopportabile per la democrazia.
Prima del tentativo di rimuovere a forza Netanyahu dal suo ruolo di primo Ministro attraverso una virulenta campagna di demonizzazione interamente basata su prove indiziarie, è necessario che ai giudici e al potere giudiziario sia restituito il ruolo che essi dovrebbero avere, non secondo Aharon Barak ma secondo Montesquieu. Occore fare presto.
I CORROTTI E I LORO CUSTODINiram Ferretti
4 marzo 2019
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Il lungo corso politico di Benjamin Netanyahu lo ha forse compromesso troppo con il potere, quell'esercizio che logora e ammorba e corrompe, sì, corrompe se non si hanno anticorpi sufficienti per impedire che ciò avvenga.
Netanyahu è accusato di abuso di fiducia, frode e corruzione. Per Anat Baron, giudice della Corte Suprema anche una buona copertura giornalistica ottenuta da un politico, equivale alla corruzione.
Chi, a questo punto, è in grado di salvarsi? In Italia, come negli USA, ma ovunque al mondo nel contesto democratico, tutti i politici, sulla base di questo rigorismo talebano, sarebbero corrotti.
Chi sarebbe in grado di salvarsi da questi giudici che hanno della legge una visione gelidamente astratta come era gelidamente astratta la Virtù che promuoveva Robespierre e chi di fatto condusse ai comitati di Salute Pubblica?
Netanyahu secondo questi criteri, unici al mondo e fissati da quella stessa Corte che grazie all'augusta presidenza del Licurgo di Israele, Aharon Barak, di fatto rappresenta oggi uno Stato parallelo all'interno dello Stato Ebraico, è già colpevole.
È inutile aspettare, infatti, l'audizione davanti al Procuratore Generale Mandelblit, durante la quale l'attuale premier in carica presenterà la sua difesa, perché, ovviamente, attraverso il fisiologico do ut des che vige inevitabilmente tra i media e la politica, Netanyahu ha probabilmente goduto anche di una copertura giornalistica favorevole da parte di Walla, il sito internet del magnate Elovich, padrone di Bezeq.
Non si parla di mazzette, non si parla di compravendita, di tangenti, ma di eventuali favori, di "complicità" amicali che equivarrebbero appunto alla corruzione.
Ora, se uno Stato ha delle leggi che sono abnormi nella loro esigenza e pretesa in rapporto al fatto umano, e nello specifico al fatto politico, non è la politica che deve adeguarsi ad esse, ma sono le leggi che devono essere cambiate per evitare che i padroni dello Stato, i suoi "virtuosi" guardiani diventino i giudici e la politica venga esautorata.