Trump: Usa spennati da tutti,anche da Ue - Dazi a Cina? Abbiamo appena cominciato
18 settembre 2018
http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... 22293.html
Nella sua conferenza stampa alla Casa Bianca con il presidente polacco, Donald Trump ha attaccato non solo la Cina ma anche la Ue: "siamo il salvadanaio del mondo ma veniamo spennati dalla Cina, dall'Unione europea e virtualmente da tutti coloro con cui facciamo business", ha accusato. Il presidente degli Stati Uniti se l'è presa poi anche con il Canada: "non può continuare a caricare dazi del 300% sui prodotti caseari Usa", ha detto Trump in una conferenza stampa congiunta alla Casa Bianca con il presidente polacco Andrzej Duda. Trump ha poi affermato che l'accordo commerciale tra Usa e Corea del sud "è stato pienamente rinegoziato e forse sarà firmato a margine dell'imminente assemblea generale dell'Onu".
Dazi, Pechino fa scattare le ritorsioni: colpito l’import di gas Usa. Cosa può succedere ora
2018-09-18
https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2 ... d=AElHIvyF
Altro che tregua. La guerra commerciale dichiarata da Donald Trump alla Cina torna nel vivo, con l’annuncio di una nuova ondata di dazi per un valore complessivo di 200 miliardi di dollari. L’aliquota fissata si attesterà sul 10% dal 24 settembre, per salire al 25% dal primo gennaio 2019 in poi. Nel frattempo il clima fra i due paesi si è fatto incandescente, con conseguenze politiche anche nell’immediato. Per cominciare, rischia di saltare l’incontro fra il segretario del Tesoro Usa Steve Munchin e il vicepremier cinese Liu He, pianificato per il 27-28 settembre con l’obiettivo di distendere i rapporti fra le due potenze economiche.
Pechino colpisce import dagli Usa per 60 miliardi e ricorre alla Wto
La Cina inoltre ha deciso che adotterà dazi tra il 5 e il 10% contro importazioni americane del valore annuo di 60 miliardi di dollari. In particolare, verranno colpite le importazioni di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti, con una tariffa del 10 per cento. Le tariffe doganali scatteranno il 24 settembre, lo stesso giorno in cui entreranno in vigore quelle del 10% annunciate ieri dagli Usa. Pechino non si fa dunque intimidire dal presidente americano Donald Trump, che sempre ieri aveva avvertito: nel caso di ritorsioni da parte della nazione asiatica, Washington adotterà altri dazi per 267 miliardi di dollari. A quel punto, tutte le importazioni cinesi Usa sarebbero soggette a dazi. Non solo, ma Pechino ha anche presentato ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) contro la mossa di Trump.
«Nuova ondata di dazi»? Quali sono le precedenti?
Per ricapitolare. Uno dei chiodi fissi di Donald Trump è la diminuizione del deficit commerciale rispetto alla Cina, arrivato a valere l’equivalente di 375,5 miliardi di dollari solo nel 2017: gli Usa esportano beni per poco meno di 130 miliardi di dollari e ne importano dalla Cina per un valore di 505,4 miliardi di dollari. Trump aveva già fatto scattare quest’anno una doppia tranche di dazi per un totale di 50 miliardi, spalmati fra le misure al via a luglio (34 miliardi) ed agosto (16 miliardi). La Cina ha risposto a stretto giro imponendo tariffe capaci di colpire un valore analogo nell’interscambio.
Cosa cambia ora?
Ora, oltre al valore economico, si è aggravato anche l’impatto diretto sugli acquisti dei consumatori finali. I primi round di dazi avviati da Trump si riferivano a segmenti industriali come acciaio e alluminio o a prodotti (quasi) impercettibili per le tasche dei cittadini. Nella nuova lista sono finiti componenti e semilavorati vitali per le aziende Usa, oltre a prodotti di larghissimo consumo come buste della spesa e casse di legno. Per il momento sono salvi i dispositivi elettronici di largo consumo, con una lista di 300 gadget “salvati” all’ultimo (ci sono anche gli iPhone). Ma i produttori americani dell’hi-tech, e i loro clienti, non stanno dormendo sonni tranquilli. Trump ha paventato una «fase 3» di altri 267 miliardi di dazi che investirebbe l’elettronica e porterebbe, di fatto, a colpire l’intero import da Pechino.
E la Cina come potrebbe reagire?
«Potrebbe» è l’espressione adatta, perché non è ancora chiaro. Lo squilibrio commerciale fra i due fa sì che, paradossalmente, Pechino sia più debole quando si tratta di aggredire commercialmente Washington: il governo cinese non può concepire dazi per 200 miliardi di dollari visto che non importa beni per un valore pari a quella cifra. In compenso, la Cina ha dalla sua tutto l’armamentario della legislazione locale e del boicottaggio dei colossi americani interessati al mercato asiatico. Tradotto nelle pratica, le autorità locali potrebbe rendere difficile l’accesso a imprese statunitensi e bloccare operazioni di fusione e acquisizione. Un precedente già noto è quello del takeover della californiana Qualcomm sull’olandese Nxp semiconductors, affossato proprio dal niet delle autorità cinesi. In teoria gli organismi di vigilanza cinesi hanno già dichiarato che i fattori politici non hanno alcuna ripercussione sulle regole di concorrenza, ma lo scenario è tale da lasciar pensare che possa essere vero il contrario.
Che cosa spera di ottenere Trump? Cosa succederà nel concreto?
L’obiettivo di Trump, come già scritto, è ridurre la dipendenza commerciale dalla Cina. Un obiettivo che si sposa bene con le inclinazioni neoprotezionistiche della sua presidenza, ma trova - in questo caso - sponde anche nell’opposizione del Partito democratico. Per ora l’unico risultato tangibile potrebbe essere la cancellazione dell’appuntamento del 27-28 settembre, forse rinviato a un periodo successivo. L’impatto diretto sulla vita di cittadini e imprese rischia di farsi sentire anche per il voto del mid-term, le elezioni di metà mandato che si svolgeranno a novembre. L’appuntamento è da sempre ostico per il presidente in carica, ma il peso economico della trade war (guerra commerciale) potrebbe smuovere un certo numero di voti contro l’inquilino della Casa Bianca.
È arrivata la risposta cinese ai dazi di Donald Trump. Ed è piuttosto pesante
19 settembre 2018
https://www.agi.it/estero/cina_usa_dazi ... 2018-09-19
Pechino si sente "costretta" a intraprendere nuove azioni commerciali perché, ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri, Geng Shuang, "non accetta l'azione unilaterale sul commercio e il protezionismo degli Stati Uniti".
L'ultimo round di tariffe applicate dagli Usa alle merci cinesi mette a repentaglio anche il dialogo tra Cina e Stati Uniti sul commercio, che settimana prossima avrebbe visto il ritorno a Washington del vice primo ministro, Liu He, il principale consigliere economico del presidente cinese, Xi Jinping, per cercare di ricucire una situazione che oggi appare ampiamente compromessa.
Le minacce di rappresaglia di Trump
Proprio Liu He, nella mattina di ieri, secondo quanto dichiarato all'agenzia Bloomberg da una fonte al corrente dei movimenti di Pechino, avrebbe convocato una riunione di alti funzionari di Pechino per decidere la strategia da utilizzare in risposta alla nuova offensiva sul commercio dell'amministrazione Trump, che ha già fatto sapere di non gradire la mossa di Pechino. "Ci sarà una grande e rapida rappresaglia economica contro la Cina", scrive Trump su Twitter, "se i nostri, agricoltori, allevatori e/o operai delle industrie saranno presi di mira".
L'impatto sull'economia cinese da nuove tariffe, ha assicurato da Tianjin un adviser della Peoplès Bank of China, la banca centrale cinese, Liu Shijin, non sarà significativo, ma occorrerà tenere conto delle ripercussioni sui mercati azionari e monetari.
La pesante reazione della Cina
La Cina imporrà tariffe del 5% e del 10% su sessanta miliardi di dollari di merci importate dagli Stati Uniti a partire dal 24 settembre prossimo, la stessa data in cui gli Usa faranno scattare tariffe, inizialmente al 10% e al 25% a partire dall'inizio del 2019, su duecento miliardi di dollari di prodotti provenienti da Pechino.
La misura di ritorsione, preannunciata già il mese scorso, alle prime minacce di una nuova escalation della tensione commerciale con Washington, è stata annunciata ufficialmente in serata, ora locale, dal Ministero delle Finanze di Pechino, che dichiara di "non avere altra scelta" che rispondere alle tariffe Usa con tariffe di rappresaglia, dopo che dal Ministero del Commercio era arrivata, nel pomeriggio, la promessa di ritorsioni alle nuove misure "unilaterali e protezionistiche" degli Stati Uniti "per salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi e l'ordine globale del commercio".
Le tariffe andranno a colpire 5207 prodotti di importazione statunitense, anche se con tariffe inferiori (5% e 10%) rispetto a quanto preventivato in precedenza (Fino al 25%): tra questi ci sono, tra gli altri, il caffè, il miele e i prodotti chimici.
Le strategie dell'uomo d'affari Trump potrebbero non funzionare in Cina
La situazione appare lontana da un rasserenamento. Oltre al nuovo capitolo dell'escalation commerciale tra Pechino e Washington, sul futuro grava la minaccia di ulteriori dazi che Trump vorrebbe applicare su 267 miliardi di dollari di importazioni cinesi: una misura che porterebbe, una volta approvata, ad applicare tariffe su 517 miliardi di dollari di merci provenienti dalla Cina, ovvero virtualmente tutto l'export di Pechino verso gli Stati Uniti.
Con la nuova offensiva, Trump sta "avvelenando" il clima dei colloqui, aveva dichiarato questa mattina il vice presidente della China Securities Regulatory Commission, Fang Xinghai, durante un forum a Tianjin. "Il presidente Trump è uno schietto uomo d'affari e cerca di esercitare pressione sulla Cina per ottenere concessioni dai negoziati", aveva detto in dichiarazioni riprese dall'agenzia Reuters. "Penso che questo tipo di tattica non funzionerà con la Cina".
La guerra commerciale in corso tra Cina e Stati Uniti desta preoccupazione anche tra le imprese europee che operano in Cina. Secondo il presidente della Camera di Commercio dell'Unione Europea in Cina (Euccc), Mats Harborn, che oggi ha presentato il Position Paper, il documento annuale più importante della Euccc, la Cina dovrebbe ridurre il "deficit di riforme" per "ridurre anche le tensioni nella guerra commerciale in corso" tra Cina e Stati Uniti: una tesi che è, pero', andata incontro alle critiche degli esperti cinesi sentiti dall'influente e agguerrito tabloid Global Times, che parlano di "logica sbagliata" da parte dell'associazione che difende le imprese europee che operano in Cina.
Dazi, Alibaba gira le spalle a Trump
(ANSA) - WASHINGTON, 19 SET 2018
http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... df86c.html
Alibaba, il colosso dell'e-commerce cinese, non ha più in programma di creare un milione di posti di lavoro negli Stati Uniti, come il suo fondatore Jack Ma aveva annunciato a gennaio 2017 in un incontro col presidente americano Donald Trump.
Ma ha spiegato che la sua promessa non è più realizzabile a causa della guerra dei dazi Usa-Cina. "La premessa era quella di relazioni commerciali amichevoli tra i due Paesi - ha detto in un'intervista - ma questa premessa non esiste più e la nostra promessa non può essere mantenuta".
Schiaffo di Alibaba a Trump: cancellato il milione di posti di lavoro promessi in Usa
Il fondatore Jack Ma critica le mosse del presidente: "Venute meno le premesse con la politica dei dazi". E ammonisce: "Preparatevi a vent'anni di geuerra commerciale"
20 Settembre 2018
https://www.repubblica.it/economia/2018 ... -206903059
WASHINGTON - Alibaba, il colosso dell'e-commerce cinese, non ha più in programma di creare un milione di posti di lavoro negli Stati Uniti, come il suo fondatore Jack Ma aveva annunciato a gennaio 2017 in un incontro col presidente americano Donald Trump.
Il fondatore del colosso dell'online, che ha annunciato il passo indietro dalla guida operativa della sua creatura, ha spiegato che la sua promessa non è più realizzabile a causa della guerra dei dazi Usa-Cina. "La premessa era quella di relazioni commerciali amichevoli tra i due Paesi - ha detto in un'intervista - ma questa premessa non esiste più e la nostra promessa non può essere mantenuta".
Dazi Trump, Alibaba: "Prepariamoci a 20 anni di guerra commerciale tra Cina e Usa"
L'imprenditore simbolo della Cina contemporanea ha aggiunto: "Il commercio non è un'arma e non dovrebbe essere usato per cominciare le guerre, ma dovrebbe essere un fattore chiave per la pace". La sua intervista all'agenzia di stampa cinese Xinhua è stata così letta come una critica soprattutto al presidente americano. "La situazione che si è venute a creare ha distrutto le premesse sulle quali confidavamo. Ma Alibaba - ha concluso il 'guru' del colosso di Wall Street - comunque non smetterà di lavorare duramente per contribuire a uno sviluppo di sane relazioni commerciai tra Stati Uniti e Cina".
Dopo l'incontro del gennaio 2017, avvenuto prima che Trump si insediasse alla Casa Bianca, il tycoon aveva dichiarato: "Io e Jack faremo grandi cose". E invece, ora, Ma ha detto che la gente dovrebbe far meglio ad aspettarsi un ventennio di guerra commerciale tra le due maggiori economie al mondo. Un esito ben diverso da quelle premesse.
Alberto Pento
Alibaba avrebbe commercializzato in USA prevalentemente prodotti cinesi o prodotti non cinesi ma fatti in Cina.
Quindi è meglio così per gli USA, per la sua economia, i suoi lavoratori e le sue imprese.