Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Re: Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » gio ott 25, 2018 7:21 am

Politica, la lotta per l’autonomia è subdola
Enzo Trentin
ottobre 2018

https://www.vicenzareport.it/2018/10/po ... ia-subdola

Vicenza – Iniziamo da un brano dell’intervento – pubblicato anche sulla rivista «Miglioverde», del professor Paolo Bernardini durante il convegno di “Liberamente”, “think tank sull’indipendentismo veneto”, tenutosi a Ospedaletto Euganeo (Padova), il 6 ottobre 2018, dove tra l’altro affermava: «Vorrei solo ribadire, per prima cosa, la mia assoluta fede nella bontà dell’indipendenza del Veneto. E vorrei mettere a punto solo alcuni concetti, chiarire alcune posizioni, che immagino saranno abbondantemente discussi oggi. l’indipendenza del Veneto deve essere vista come meta finale di un processo che potrebbe svolgersi in molti modi, anche attraverso la conquista di porzioni sempre più nette di autonomia. Ma occorre sempre distinguere, concettualmente, tra autonomia e indipendenza: non necessariamente la prima porta alla seconda, ma soprattutto, non necessariamente quelli che si battono per la prima, ovvero l’autonomia, credono veramente nell’indipendenza. Molto spesso, e non solo per quel che riguarda il Veneto, la lotta per l’autonomia è subdola, non è al servizio del Veneto ma dello Stato centrale.»

Partiamo dunque da qui per l’ennesima speculazione intellettuale, assumendo – ancora una volta – il ruolo degli agitatori di idee. Come premessa però, ecco i principali rivendicazionismi che rischiano di polverizzare gli Stati europei attraverso forti movimenti secessionisti o hanno partiti politici che spingono per una maggiore autonomia:

Italia – non ci sono solo gli indipendentisti veneti; ci sono anche i lombardi, i sardi, i siciliani, i toscani e gli alto atesini che sono stanchi di sopportare la convivenza con la pseudo democrazia italiana.

Belgio – la questione dei fiamminghi e dei valloni è troppo nota per doverla qui ricordare. In Belgio vivono due popoli, distinti e distanti, che parlano lingue diverse e sono di etnia diversa. Nei decenni scorsi si arrivò quasi alla guerra civile, ma oggi si è trovato un modo di vivere comune. La situazione, per intenderci, è come quella della Cecoslovacchia, e non è detto che si finisca nello stesso modo.

Francia – anche i nostri cugini d’Oltralpe hanno da anni i loro problemi con gli indipendentisti. Corsica, Bretagna, Occitania, tutti vorrebbero andarsene. Lo stesso capita nei Territori d’Oltremare.

In Corsica, alle elezioni regionali nel 2015 ha vinto il partito indipendentista nato dalla fusione di “Femu a Corsica” autonomista, e di “Corsica libera” indipendentista con il 35,5% dei voti contro la sinistra che ha ottenuto il 28,5%, la destra con il 27% e l’estrema destra di Marine Le Pen sotto il 10%. Ma difficilmente gli indipendentisti Corsi da soli vincerebbero se Parigi concedesse oggi un referendum. La maggior parte dei Corsi vuol restare francese per continuare a percepire le pensioni statali, e godere degli impieghi nell’amministrazione francese dove la loro massiccia presenza assomiglia a quella dei meridionali nell’amministrazione pubblica italiana. La Corsica conta circa 300.000 abitanti. Si calcola che almeno il 60% sia a favore della Francia. Tuttavia tra i giovani prevale il sentimento indipendentista.

Germania – C’è chi aspira all’indipendentismo, pur avendo tutti religione e lingua comune. Accade in Baviera, dove esistono alcuni gruppi favorevoli alla secessione da Berlino, come il Beyernpartei.

Paesi dell’Est – oltre ai Balcani, l’indipendenza è chiesta dai russofoni in Romania, dagli abitanti della Transnistria nei confronti della Moldavia, da minoranze ucraine e russe. La questione dei curdi, oggi di strettissima attualità, andrebbe trattata a parte.

Regno Unito – Scozia, Cornovaglia e Galles vorrebbero l’indipendenza, per non parlare dei possedimenti oltremare. Com’è noto la Scozia ha già avuto il suo referendum legale. Lo ha perso per poco. Ora si comincia a parlare di un nuovo referendum per l’autodeterminazione, anche se non si è arrivati a predirne la data.

Spagna – Come è noto, non c’è solo la Catalogna, ci sono anche i Baschi. Ci sono poi le enclaves di Ceuta e Melilla, che aspirano all’indipendenza o al ricongiungimento col Marocco, cosa che Rabat chiede da anni. Ci sono le Canarie, e movimenti autonomisti sono esistenti anche in Galizia, Aragona e Andalusia, malgrado le ampie autonomie che lo Stato spagnolo concede.

Svizzera – E’ forse la nazione che ha risolto meglio il problema: lingue diverse, ordinamenti diversi, leggi diverse per ogni Cantone, e tutti vivono in armonia e prosperità. Anche grazie ad un federalismo autentico e non di facciata. Nel 1979 il Giura diventò il ventiseiesimo Cantone della Confederazione Svizzera.

Fatta questa presentazione, è necessario prendere atto che l’indipendentismo veneto è considerato il più effervescente della penisola, e la galassia di movimenti e partiti di quest’area possono semplicisticamente essere così suddivisi:

Al primo gruppo appartengono coloro che si dicono a favore dell’autodeterminazione ma, al momento, operano per l’autonomia della Regione. Dicono di voler perseguire la via istituzionale, e di rifarsi in particolar modo all’esperienza catalana. Tuttavia una corretta lettura degli ultimi decenni (vale a dire dalle elezioni regionali del 1985 che videro i primi due autonomisti-federalisti eletti in Regione Veneto) suggerisce che non c’è stata alcuna chance.

Al contrario, sin dall’inizio la partitocrazia li ha “imbrigliati” e “blanditi”. Il primo eletto è poi partito dalla Regione Veneto per arrampicarsi sino a diventare Sottosegretario agli esteri di un governo italiano. Emblematico è il caso del secondo autonomista, federalista, indipendentista, che stravaccato per ben tre legislature in Regione Veneto (esibendosi nel frattempo nella specialità di metter su e buttar giù partitini, per poi ritornare alla “casa madre” Lv-Ln), di risultati determinanti per questi tre obbiettivi non ne ha conseguito alcuno. Eppure “duttile”, “agile” e “disinibito” ha fatto l’assessore per la Giunta di Giuseppe Pupillo (ex comunista) e quella di Aldo Bottin (ex democristiano), svolgendo, appunto, il ruolo di foglia di fico per la partitocrazia. In tal modo “addomesticando” il voto dei suoi elettori. Addirittura una terza persona appartenente a quest’area, è stata eletta al Parlamento Europeo; ma anche lì risultati non se ne sono visti.

Centrodestra e centrosinistra li hanno cooptati nelle loro politiche facendo promesse poi non mantenute, e fagocitandoli nelle loro strategie al fine di far credere all’elettorato che anche i partiti tradizionali erano favorevoli a riforme significative. Dell’attuale esponente di questo gruppo di “indipendentisti” abbiamo già trattato qui. Per tutti questi “rappresentanti” sembrerebbe valere l’aforisma di Goran Mrakic (uno scrittore serbo di Romania) «Ha tutte le caratteristiche di un politico moderno. È passato attraverso tutti i partiti.»

Insomma, ad oggi, la via istituzionale non ha prodotto nulla nemmeno in Catalogna; fatta eccezione per le manganellate della Guardia Civil. Di più, sottolinea l’esule Carles Puigdemont: «sul federalismo, un punto questo annunciato mille volte ma che non è mai stato realizzato. Se 40 anni fa il governo spagnolo ci avesse offerto una sorta di federalismo, come quello tedesco, ora non chiederemmo l’indipendenza» (qui). Men che meno (vedi sopra) in Corsica.

Lo abbiamo già scritto: non si tratta di persone particolarmente malvagie. La loro cultura politica è quella partitocratica, e la partitocrazia ha disilluso la stragrande maggioranza degli elettori che oramai disertano le urne. Le minuscole riforme che si affacciano ora all’orizzonte creano disagio, malumore, inappagamento, e arrivano dopo oltre 33 anni. Il sistema di voler cambiare il governo con il consenso del governo risulta abbastanza fantapolitico. Qualcuno – a proposito di costoro – benevolmente afferma che bisogna prendere atto del fatto che anche quelli che fanno la danza della pioggia credono nella propria magia.

Nel secondo gruppo vi sono (ci sia consentita una semplificazione) i veneti-venezianisti. La loro magia vuole la Serenissima com’era e dov’era, ma mancano i Patrizi-mercanti e i loro Schei. Il tessuto produttivo veneto è diminuito di oltre il 25%, e c’è una crescita economica piatta. I suicidi di imprenditori sono centinaia. Dal 2012, sono in totale 937 in Italia (con prevalenza in Veneto) i casi di suicidi per motivazioni economiche registrati dall’Osservatorio “suicidi per motivazioni economiche”, della Link Campus University; mentre sale a 661 il numero dei tentati suicidi. Nei primi sei mesi del 2018 l’Osservatorio ha proseguito il proprio monitoraggio semestrale, da cui emerge un numero di vittime pari a 59, in aumento rispetto alle 47 registrate nella prima metà dello scorso anno, mentre sono 53 i tentati suicidi. I posti di lavoro buoni della classe media sono andati persi, i redditi reali delle famiglie sono stagnanti, le pensioni sono a rischio, malgrado i bla-bla-bla del governo le tasse non calano, i giovani laureati o più preparati vanno all’estero per lavorare.

Nel terzo gruppo ci sono i memori delle ampie facoltà di autogoverno che vigevano nei liberi Comuni che nacquero proprio nel centro-nord di questa penisola intorno all’anno 1.000. Perorano una conduzione della cosa pubblica per mezzo del “controllo e bilanciamento reciproco”, con strumenti di reale democrazia diretta.

Non per nulla nella cosiddetta Civiltà Comunale s’era formata una forte “borghesia” che, anche sotto le successive Signorie, i banchieri, i mercanti e gli “investitori”, aveva edificato monumenti e grandi opere nelle città venete che risalgono quasi tutte ad epoca pre-veneziana.

Costoro non scordano poi, che malgrado l’oligarchia veneziana fosse ingessata, nei Domini di Terraferma (detti anche Stato da Tera) ci furono parecchie “autonomie” ed è anche per questo che vennero mantenuti i telai nelle case cittadine, i diritti sui boschi, il pascolo comunitario, i campi comuni, e molto altro ancora. Con il libro di Alan Sandonà: “Leges et statuta communis Cartrani – Gli Statuti di Caltrano del 1543” (qui), il Comune dell’alto-vicentino, con relativo patrimonio montano (che si era costituito già verso il 1.200, come si rileva da altre pubblicazioni) inquadra storicamente e giuridicamente quella realtà che quasi cinque secoli fa scaturiva da quelli Statuti approvati dall’apposita commissione operante a Vicenza per conto della “Dominante”, dove – tra l’altro – erano i circa 800 abitanti a fissare l’aggravio fiscale da riconoscere a Venezia, e non il contrario come oggi avviene con l’Italia.

I sedicenti autonomisti-indipendentisti che siedono attualmente in Regione Veneto o aspirano a candidarsi alle elezioni regionali per accomodarsi su quelle “careghe”, da molti elettori sono considerati degli Zio Tom che non fanno i ribelli e non capeggiano rivolte. Troppi sono i privilegi che concede loro lo Stato italiano. Analogamente sono considerati dei “Tartuffe” coloro che si assoceranno a loro per concorrere alle regionali del 2020. Come hanno scritto Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella: «La Casta politica, una volta che sei dentro, ti permette quasi sempre di campare tutta la vita. Un po’ in Parlamento, un po’ nei consigli di amministrazione, un po’ ai vertici delle municipalizzate, un po’ nelle segreterie. Basta un po’ di elasticità.» in fondo aveva ragione Henry Louis Mencken: «Ci sono degli uomini politici, che sarebbe bene chiamare politicanti, i quali, se avessero come elettori dei cannibali, prometterebbero loro missionari per cena.»

Insomma, gli Zio Tom e collaborazionisti vari sembrano aver fatto il loro tempo. Tra un preteso referendum digitale per l’indipendenza del Veneto (2014), avvallato da Osservatori Internazionali, e un referendum regionale per l’autonomia (2017), entrambi vinti con milioni di voti, ma entrambi con scarsa efficacia; rimangono milioni di veneti delusi e insoddisfatti dello satus quo. Parrebbe dunque giunto il momento per gli autentici indipendentisti di passare alla redazione di un coerente progetto politico-istituzionale innovativo, convincente, condiviso, al fine di avere istituzioni locali e scambi globali, per controllare meglio i passaggi di ricchezza.


Alberto Pento

Trentin scrive: "Parrebbe dunque giunto il momento per gli autentici indipendentisti di passare alla redazione di un coerente progetto politico-istituzionale innovativo, convincente, condiviso, al fine di avere istituzioni locali e scambi globali, per controllare meglio i passaggi di ricchezza."

Sì, incominciando con il mettere a punto una storia credibile di tutti i veneti, non riducibile a quella della sola Venezia; una storia vera e credibile che ancora manca (che metta in luce ogni aspetto specialmente quelli che finora sono stati trascurati, omessi, nascosti e falsificati e che costituiscono i limiti, i difetti, le mancanze, le impossibilità, le contraddizioni), tralasciando ogni dogmatismo, mitismo e idolatrismo; un progetto all'insegna del massimo realismo dove si tenga ben presenti i vincoli italiani dovuti al fatto imprescindibile che la maggioranza dei veneti, oggi si sente e si vuole veneta e italiana, e poi non ultima e non meno importante dovrebbe essere la prospettiva europea che costituisce il nostro futuro.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » mer nov 14, 2018 8:41 pm

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Re: Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » mer nov 14, 2018 8:42 pm

Chiedere al potere di riformare il potere. Che ingenuità!
Enzo Trentin
14 novembre 2018

https://www.vicenzareport.it/2018/11/ch ... mment-5496

Vicenza – Mi sia consentito d’iniziare parafrasando Giovannino Guareschi al fine di speculare su espressioni, comportamenti e conseguenze civili e politiche sui nostri giorni. Chi sono? Sono un ex giornalista che adopera trecento o più parole. Federalista in una repubblica contraddistinta dall’accentramento dei poteri anche quando propone un regionalismo che spaccia per decentramento amministrativo. Ho in uggia i partiti politici in un Paese che continua a destreggiarsi tra pseudo sinistra-destra e sovranisti-populisti. Sostengo l’iniziativa privata in tempi di statalismo becero e inefficiente. Sono assertore di un nuovo progetto politico di autodeterminazione in tempi di antinazionalismo. Non sono un indipendente, bensì un anarchico, un uomo libero, ma sovversivo.

Il fatto è che un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. L’idea di una repubblica fondata sulla partitocrazia non era quella per la quale gli Alleati vincitori della seconda guerra mondiale stimolarono e affrettarono l’avvio dei lavori della Costituente le cui sedute si svolsero fra il 25 giugno 1946 e il 31 gennaio 1948, perché nella visione degli Alleati c’era la nascita di uno Stato federale, come avvenne per la Repubblica Federale Tedesca (Rft) o Germania Ovest.

Che la repubblica italiana abbia qualche “peccato originale” lo si rileva consultando la prima relazione antimafia, dalla quale emerge che nella Costituente c’erano numerosi mafiosi, più alcune decine di massoni dichiarati. In un rapporto segreto del 18 febbraio 1946, il generale dei carabinieri Amedeo Branca scrisse: «II movimento agrario separatista siciliano e la mafia da diverso tempo hanno fatto causa comune; anzi, i capi di tale movimento, tra i quali don Lucio Tasca, si debbono identificare per lo più con i capi della mafia nell’Isola.»

Tra i costituenti c’era anche Bernardo Mattarella, padre di Sergio, attuale presidente della Repubblica Italiana, che nella fase iniziale del secondo dopoguerra era stato sospettato da alcuni di essere «…tra i referenti nel rapporto tra la DC e la mafia». Di questo nel 1992 venne accusato anche dall’ex ministro Claudio Martelli: “Bernardo Mattarella secondo gli atti della Commissione antimafia e secondo Pio La Torre (1976), fu il leader politico che traghettò la mafia siciliana dal fascismo, dalla monarchia e dal separatismo, verso la DC“. Secondo lo storico Giuseppe Casarrubea, Mattarella era ritenuto vicino al boss di Alcamo Vincenzo Rimi, considerato in quegli anni al vertice di Cosa nostra.

Un altro “padre costituente in pectore” fu Frank B. Gigliotti, mafioso e massone 33esimo livello, componente Oss, ora Cia. Lucky Luciano fornì a Gigliotti i nomi da contattare in Sicilia per favorire lo sbarco degli Alleati del 10 luglio 1943 (vedi qui). Tornò in Italia nel 1947, per influenzarne la politica. Quanto è credibile una Costituzione che da pseudo democratica è diventata partitocratica? Nel suo ultimo saggio, Dimitri Orlov nota che: «se la cultura e la società restano intatte, il resto dell’umanità, una volta che si renda conto che il sistema è truccato a suo danno in favore dello 0,01%, può organizzare una rivoluzione. Ma se la società e la cultura sono minate e distrutte prima, non avranno la coesione sociale e lo spirito pubblico necessario a questa impresa».

Le lotte tra fazioni partitocratiche sono governate dal pensiero così ben formulato dal sindacalista e rivoluzionario russo Michail Pavlovič Tomskij: «Un partito al potere e tutti gli altri in prigione». È così che sul continente europeo, il totalitarismo è diventato il peccato originale dei partiti. Il fatto che esistano non è in alcun modo un motivo per conservarli. Soltanto il bene è un motivo legittimo di conservazione. Il male dei partiti politici salta agli occhi.

La questione da esaminare è se ci sia in essi un bene che abbia la meglio sul male e renda così la loro esistenza desiderabile. Ma se individui appassionati, inclini per via della passione al crimine e alla menzogna, si compongono allo stesso modo in un popolo vero e giusto, allora è bene che il popolo sia sovrano. Una costituzione democratica è buona se per prima cosa realizza nel popolo questo stato di equilibrio, e soltanto in seguito fa in modo che le volontà del popolo siano eseguite.

L’autorità del popolo, in democrazia, non dipende affatto da sue presunte qualità sovrumane come l’onnipotenza e l’infallibilità. Dipende invece dalla ragione esattamente contraria, dall’assunzione cioè di tutti gli uomini, e del popolo tutto intero, come necessariamente limitati e fallibili. Questo punto a prima vista sembra contenere una contraddizione che deve essere chiarita. Come ci si può affidare alla decisione di qualcuno, come gli si può attribuire autorità, quando gli si riconoscono non meriti e virtù, ma vizi e manchevolezze? La risposta sta nella generalità, per l’appunto, dei vizi e delle manchevolezze.

Del resto i partiti post-ideologici sono “illegittimi” nel modo più radicale. Sotto i loro artigli, lo Stato è diventato uno spazio vuoto, pieno solo del denaro dei contribuenti; una res nullius esposta al saccheggio. Per pensare a un rimedio, bisognerebbe essere capaci di ripensare radicalmente la democrazia contemporanea. E avere il coraggio di pensare a una democrazia senza partiti. Quanto alla favola del voto “democratico” consiglio la visione di questo breve filmato.
https://www.facebook.com/sebastiano.riv ... 2949187048

Stante questa situazione egemonica e insoddisfacente della partitocrazia, e constatato che lo Stato italiano sta letteralmente crollando sotto l’incapacità, l’incuria, la corruzione e le mafie, molti cittadini hanno rivolto la loro attenzione e le loro speranze all’autodeterminazione dei popoli per rifondare nuove strutture sociali. Ma costoro cosa fanno? Fondano nuovi partiti! E addirittura molti sedicenti “sovversivi” dall’indipendentismo sono ripiegati all’autonomia. Giusto quello che pare delinearsi in Catalogna. Ma l’autonomia promessa da Luca Zaia & Co. quale sarà? Le indiscrezioni sinora giunte non sono rassicuranti. Per i tempi poi… malgrado le promesse e i proclami stiamo ancora aspettando!

Alcuni di questi “sovversivi” si giustificano dicendo: «Se non passasse l’autonomia Veneta, non ci perderebbe solamente la faccia il ministro delle autonomie Erika Stefani, ma sarebbe una sconfitta cocente anche per Luca Zaia e Matteo Salvini. Un errore politico che pagherebbero carissimo. Attualmente un elettore su due in Veneto propende per votare Lega, ma se l’autonomia non arrivasse, sarebbe un errore politico che costerebbe molto al loro partito. […] La lega non potrebbe permettersi un errore del genere, l’effetto domino nefasto, sarebbe alimentato in tutto lo stivale e quello che Salvini ha costruito con fatica sarebbe irrimediabilmente perduto. Perché i Veneti hanno una caratteristica. Non scordano mai un torto subito!»

Sulla questione: “perdere la faccia”, Umberto Bossi ha sicuramente perso la sua, tuttavia siede ancora in Parlamento. E se mi dovessero chiedere un elenco di chi ha perso la faccia e siede ancora nelle istituzioni, mi rifiuterei di prestarmi all’opera. Troppo vasto il lavoro per un anziano pensionato come me. Eppoi non trascuriamo che molti politici sono persone “eccezionali”, hanno la faccia come il c…! Ma quello che sorprende di questi autonomisti pseudo indipendentisti – privi di un progetto istituzionale condiviso – che ad ogni piè sospinto citano l’esperienza catalana, è che sembrano scordare quanto è successo da quelle parti.

Come viene scritto qui:
https://francais.rt.com/opinions/54975- ... n-division
Gli indipendentisti sembrano anche aver trascurato numerosi aspetti strategici, giuridici e amministrativi. Intanto la questione essenziale della sicurezza delle frontiere terrestri, marittime e aeree di un futuro Stato, e quella di un programma fiscale degno di questo nome che permetta di finanziare l’insieme delle amministrazioni sono state accennate in un modo molto evanescente. […] Indubbiamente la Catalogna possiede una cultura ed una lingua ricche, è dotata di confini geografici ben identificati, d’altra parte la sua popolazione non condivide un progetto politico comune, poiché più della metà di essa si dice favorevole al fatto che la regione rimanga parte integrante del regno spagnolo. […] “Il problema è che c’è una carenza di maturità politica del campo indipendentista”, confida un vecchio compagno di strada di Carles Puigdemont, deluso, che chiede l’anonimato. “Non ci prende sul serio nessuno in Europa, perché non abbiamo saputo dimostrare di avere un programma, e neanche una visione politica o economica di ciò che intendiamo realizzare. Restiamo centrati sul fatto che vogliamo l’indipendenza, ma rifiutiamo di seguire le regole, anche quelle del diritto internazionale […] diciamo che vogliamo restare in Europa, ma non vogliamo accettare il fatto che se la Catalogna ottiene l’indipendenza, ne sarà esclusa d’ufficio. Questo modo di fare politica era destinato alla sconfitta” E conclude: “Se vogliamo veramente l’indipendenza, dobbiamo accettare che bisogna seguire un processo legale che richiederà degli anni”.

I fondatori di nuovi partiti o movimenti indipendentisti veneti trascurano il fatto che, non solo in Catalogna come in Spagna, in Italia e da qualche altra, parte uno dei problemi che più preoccupano i cittadini oggi, dopo la disoccupazione, la corruzione e la crisi economica, è quello della politica e dei politici. La cattiva reputazione dei politici, che deteriora le istituzioni, ha le sue radici nelle malformazioni tipiche delle avariate democrazie contemporanee: i poteri del Parlamento sono largamente esercitati dai partiti, ed essi non rispettano la democrazia sostanziale, ovvero eludono le regole e gli strumenti della democrazia diretta.

Sulla «inutilità» dei sedicenti indipendentisti l’ennesimo esempio ci viene fornito dal Consigliere Regionale Antonio Guadagnini. Egli si guarda bene dall’agire per eliminare il ridicolo referendum consultivo, o sostenere le proposte popolari di democrazia diretta che giacciono da anni in Regione Veneto.
https://piudemocraziavenezia.wordpress. ... ia-diretta
Pensa d’agire da indipendentista promuovendo la presentazione del libro del Prof. Andrea Favaro dal titolo “Io Sovrano, discussione sui fondamenti teorici dell’autodeterminazione” (Mercoledì 14 novembre alle ore 12, presso il Consiglio Regionale del Veneto a palazzo Ferro-Fini). Un’azione che indipendentemente dal valore dell’opera e del suo autore, corrisponde a pestare l’acqua nel mortaio; ossia fa una fatica inutile. Mentre si guarda bene dal progettare un nuovo assetto sociale per la organizzazione di quel “potere costituente” che propaganda di perseguire. Questa reticenza implica un tipo di corruzione che la legge penale non punisce, ma che incoraggia l’espansione di altre forme punibili. E quando hai rinunciato a supportare ciò che nell’interesse della collettività veneta, gettando via princìpi e convinzioni, l’unico compenso è assicurarsi un beneficio personale.

Insomma, la mancanza di un progetto politico-istituzionale che faccia da supporto all’autodeterminazione del Veneto, è la stessa mancanza che viene imputata agli indipendentisti catalani. Ma mentre i catalani portano in piazza milioni di persone, la manifestazione più numerosa degli indipendentisti veneti fu a Bassano del Grappa, (vedi qui) il primo dicembre 2013, con circa tremila persone
https://www.bassanonet.it/news/14913-in ... e_day.html .

Quello che gli autonomisti-indipendentisti non sembrano considerare è che Giordano Bruno già sapeva come funzionavano le cose, e infatti fu messo al rogo il 17 febbraio 1600 in Campo dé Fiori a Roma. Da allora ad oggi, a parte i roghi, non è cambiato nulla, e le sue parole certi autonomisti-indipendentisti dovrebbero scolpirsele nella mente e nel cuore: «Che mortificazione! Chiedere al potere di riformare il potere. Che ingenuità!»


???
A Bassano la grande mobilitazione dei sostenitori del referendum consultivo per l'indipendenza veneta, arrivati da 147 Comuni di tutta la regione. Col governatore Zaia in testa: “E' una rivoluzione moderna, come i catalani”
Independence Day
Il passaggio della manifestazione sul Ponte degli Alpini (foto Alessandro Tich)
2013-01-12

https://www.bassanonet.it/news/14913-in ... e_day.html

La fossa dei leoni - di San Marco, ovviamente - è concentrata in piazzale Cadorna, sede prescelta per i comizi finali della manifestazione a sostegno del referendum consultivo per l'indipendenza veneta.
E' quanto richiede la PDL (proposta di legge) regionale 342 sottoscritta una quindicina di consiglieri regionali del Veneto - tra cui il bassanese Nicola Finco - e finalizzata all'indizione del voto referendario, riservato ai residenti nella nostra regione, per “acclarare la volontà del Popolo Veneto in ordine alla propria autodeterminazione”.
Già presentata e discussa in consiglio regionale, la proposta indipendentista è stata rispedita al mittente. Ma ora i promotori e sostenitori del Veneto Nazione ritornano alla carica, scegliendo Bassano del Grappa quale città da cui rilanciare l'urlo separatista, per fare pressing al consiglio regionale affinché la proposta referendaria “per il Veneto Repubblica indipendente e sovrana” venga finalmente accolta.
Tutti in riva al Brenta, dunque, per rispondere al richiamo dello stato maggiore del Comitato “Il Veneto Decida - el dirito de decìdare” (soci fondatori: Luca Zaia, Alessio Morosin, Indipendenza Veneta, Liga Veneta Repubblica, Comitato celebrazioni storiche della Milizia Veneta, Raixe Venete, Futuro Popolare Veneto, Veneto Stato, Veneto Stato Europa, Europa Veneta), attuale struttura di coordinamento del movimento indipendentista nei confronti di Roma, definita “soggetto legittimato passivo nel procedimento di autodeterminazione del Popolo Veneto”.
Luca Zaia, presidente della Regione Veneto - che ricorda dal palco della manifestazione, applauditissimo, di essere stato “l'unico governatore a non aver festeggiato i 150 anni dell'Unità d'Italia” - è uno dei fondatori del Comitato e non manca all'appuntamento bassanese. Al suo fianco, nella prima fila del corteo, lo segue come un'ombra l'europarlamentare Mara Bizzotto.
Poco più indietro - e avendo sottoscritto la PDL 342, ne ha ben donde - notiamo puntualmente Nicola Finco. Marino Finozzi, altro leghista in giunta regionale, sfila nelle retrovie.
Ma chi pensasse che la matrice politica delle istanze separatiste sia appannaggio esclusivo del fronte Lega Nord, si sbaglia.
Tra i front-men della manifestazione c'è ad esempio il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, anch'egli co-firmatario della proposta di legge, oggi rappresentante di Futuro Popolare ma fino a ieri esponente dell'Udc.
Ci sono soprattutto - con la fascia con i colori della bandiera del Veneto e col cartello del “Comune Veneto” che ciascuno di loro rappresenta - i sindaci e i delegati dei 147 Comuni della regione che hanno approvato all'ordine del giorno del consiglio comunale la proposta di legge referendaria.
Tra questi c'è anche il Comune di Bassano del Grappa: e benché la presidente leghista del consiglio comunale Tamara Bizzotto sia presente tra i manifestanti, a reggere il cartello “Comune Veneto Bassano del Grappa (VI)” è la consigliera di Bassano ConGiunta Ilaria Brunelli.
L'assembramento in piazzale Cadorna è solo l'epilogo dell'affollato pomeriggio dell'Independence Day: col corteo partito da viale delle Fosse, transitato per le piazze e confluito - con sventolio di bandiere di San Marco e slogan libertari ripetuti ai megafoni - sul Ponte degli Alpini, andata fino a Angarano e ritorno.
E per darvi l'idea del movimentato, ma al contempo ordinato svolgimento della manifestazione vi rimandiamo alla nostra photogallery correlata al presente articolo.
In piazzale Cadorna è il momento degli interventi al microfono, e ad Alessio Morosin - autentico leader e trascinatore del movimento indipendentista - viene riservato un tributo da rockstar. Morosin si rivolge al popolo del “prossimo Stato indipendente” ricordando il 4 luglio 1776, giorno della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America: “La libertà si conquista con un atto unilaterale di indipendenza”.
“La storia italiana in Veneto è finita - prosegue il capopopolo, attizzando i presenti -. O morte italiana, o indipendenza veneta.” Morosin tocca anche l'intoccabile, e cioè “la Costituzione italiana, che noi rispettiamo come Costituzione di uno Stato straniero.” Da qui la strada obbligata dell'autodeterminazione “da conquistare in modo democratico, pacifico, con il consenso dei veneti”.
Luca Azzano Cantarutti, presidente di Indipendenza Veneta, spiega i motivi pratici della mobilitazione: “Il Comitato ha voluto questa manifestazione per chiedere a tutti i veneti di sensibilizzare il consiglio regionale affinché il Veneto decida. Chiediamo di accelerare immediatamente quel percorso politico pacifico e legale per esprimersi con il voto referendario e dire “Si” o “No” a questa domanda: vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana?”.
Standing Ovasiòn da parte di tutti i presenti.
“Sbassè e bandiere e vardeme sue bae dei oci” esordisce il governatore Luca Zaia, che invita ad abbassare cartelli e vessilli per favorire la la visuale del palco anche alla “zente da drio”.
“Il progetto di indipendenza lo seguiamo da mesi - afferma Zaia - e assemblee come queste servono a chiarire le cose. Oggi nella nostra regione ci sono 170mila disoccupati, e il senso di essere qui oggi è quello di dare ascolto ai veneti che soffrono. L'indipendenza è una grande opportunità e siamo qua per ricordare a Roma che in Veneto 7 persone su 10 parlano in veneto.” “E i lavora in veneto!” - commenta un manifestante che ascolta l'intervento vicino a chi vi scrive. “Quello dell'indipendenza è un percorso serio, legale, compatibile con le norme internazionali - prosegue il governatore -. La serietà è anche il rispetto per chi oggi non è qui: i veneti sono galantuomini, noi non andiamo a devastare le città per le manifestazioni.”
Zaia parla di “rivoluzione moderna, come i catalani” e della ferma intenzione “di riportare il provvedimento in consiglio regionale, anche se non è facile”. E richiama di nuovo “al rispetto per chi non la pensa come noi” perché “l'indipendenza non è do una parte, è di tutti.”
Da qui la necessità di “evangelizzare” quella parte di popolo veneto (maggioritaria o minoritaria? NdR) che di distacco dalla sovranità dell'Italia non vuol sentir parlare. Zaia invita a “cercare di ampliare questo consenso”, sottolinea “il federalismo dei padri costituenti” e cita addirittura Einaudi, sostenitore, nel '48, della determinazione delle autonomie locali. “Siamo qua per legittima difesa” aggiunge il governatore. Per dire “basta” alle vessazioni di uno Stato italiano dove la gente “se impica in azienda” e “con oltre il 65% della pressione fiscale”.
Gli interventi sul palco proseguono finché l'oscurità del corto pomeriggio invernale non cala sulle numerose bandiere di San Marco convenute per l'occasione dai quattro angoli del Veneto. I partecipanti arrotolano i vessilli e coi fazzoletti col Leone ancora attorno al collo riprendono la strada di casa, per molti di loro molto lunga, soddisfatti per la buona riuscita della manifestazione.
Indipendentemente da tutto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » gio nov 29, 2018 7:56 pm

La nuda verità sull’indipendentismo veneto
Enzo Trentin
29 novembre 2018

https://www.vicenzareport.it/2018/11/nu ... QKvfktiW9o

Vicenza – Partiamo da una leggenda del XIX secolo. La verità e la menzogna un giorno si incontrarono. La Menzogna dice alla Verità: «Oggi è una giornata meravigliosa!» La Verità guarda verso il cielo e sospira, perché la giornata è davvero bella. Trascorrono molto tempo insieme, arrivando infine accanto a un pozzo. La Menzogna dice alla Verità: «L’acqua è molto bella, facciamo un bagno insieme!» La Verità, ancora una volta sospettosa, mette alla prova l’acqua e scopre che è davvero molto bella. Si spogliano e iniziano a fare il bagno.

Improvvisamente, la Menzogna esce dall’acqua, indossa i vestiti della Verità e fugge via. La Verità furiosa, esce dal pozzo e rincorre la Menzogna per riprendersi i vestiti. Ma il Mondo, vedendo la verità nuda, distoglie lo sguardo, con rabbia e disprezzo. La povera Verità ritorna al pozzo e scompare per sempre, nascondendo la sua vergogna. Da allora, la Menzogna gira per il mondo, vestita come la Verità, soddisfacendo i bisogni della società, perché il Mondo, in ogni caso, non nutre alcun desiderio di incontrare la Verità nuda.

Dopo questo cappello, si può constatare che negli ultimi tempi sono usciti alcuni libri che trattano la legittimità della autodeterminazione di popoli e territori. Qualcuno è scritto a quattro mani (ed è una nuda verità), perché almeno due di questi arti, non essendo all’altezza del compito, volevano avvantaggiarsi dell’autorevolezza delle altre due mani. Le case editrici di questi libri sono diverse e limitate, tanto che molti sospettano che i soldi per stamparli sono di provenienza pubblica. È evidente che in qualche caso si tratta di politicanti il cui unico fine è accreditarsi in un certo modo al fine di appollaiarsi su una “carega” istituzionale.

Qualcuno che asserisce di avere per obbiettivo finale l’indipendenza del Veneto, ma opera per il raggiungimento dell’autonomia; che peraltro non arriva. Qualcheduno che spera nell’elezione di alcuni rappresentanti nel 2020, che in ogni caso non saranno numerosi e determinanti. Tant’è vero che negli ultimi 30 anni l’autonomismo e federalismo veneto, oggi trasformatosi in indipendentismo, ha eletto alcune decine di Consiglieri in Regione, senza nessun risultato apprezzabile.

Uno di questi rappresentanti partendo dalla Regione è diventato addirittura Sottosegretario agli esteri di un governo Berlusconi. Un’altra, sempre dallo stesso scranno, è salita all’Europarlamento. Un terzo – per quindici anni in Regione Veneto – è stato Assessore prima per una Giunta di centrodestra, poi per una di centrosinistra. Altri ancora (7 sicuramente, più alcuni altri in veste di “fiancheggiatori” o simpatizzanti) hanno formato gruppi autonomi fuoriuscendo dalla Lega Nord per fare gli autonomisti, federalisti, oggi indipendentisti. Risultati: solo privilegi per tutti questi rappresentanti (che – sarebbe bene ricordarlo – in quanto tali sono solo esecutori), ma nessuna autonomia, nessun federalismo degno di questa definizione, sull’indipendenza poi… oggi appare solo un argomento acchiappa voti per l’elettorato più credulone.

E questo è quello che materializza questo “mercato” (vedi qui). L’autonomia promessa da Luca Zaia è di là da venire. In campagna elettorale era un “attraente” indipendentista. Giusto in questi giorni, poi, è stata spedita una lettera di sollecito dei presidenti di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Quest’ultimo ha già risposto (Fonte: Ansa) in politichese: «stiamo, con i vari ministri, nell’ambito delle rispettive competenze, valutando quelle che sono le varie materie perché occorre definire un perimetro tra competenze statali o regionali, che ci consenta poi, a tutto il sistema Italia, di poter far funzionare, di poter perseguire gli interventi che occorrono». E quando l’autonomia verrà – stando alle indiscrezioni – non sarà quella promessa; ovvero simile a quella del Trentino Alto Adige, e questo già si sapeva!

La Catalogna (onnipresente nei discorsi di questi sedicenti indipendentisti), è immaginabile che non avrà l’indipendenza dalla Spagna, mentre l’appoggio dell’UE è già stato rifiutato, malgrado i milioni di cittadini che porta in piazza. Mentre qualcuno sostiene che la manifestazione più numerosa degli indipendentisti veneti fu a Treviso, il 14 marzo 2014, con circa 6.000 partecipanti, in occasione della dichiarazione d’indipendenza a seguito del referendum informatico prodotto da Plebiscito.eu, ed alla presunta certificazione internazionale sulla regolarità del voto e dei risultati che allo stato attuale non ha sortito effetti. Insomma le “masse” venete non somigliano affatto a quelle catalane.

Molti sono convinti che la democrazia di questa penisola deve resistere alle sirene della rappresentatività come soluzione ai suoi problemi. Non dobbiamo mai dimenticare che la funzione essenziale della democrazia rappresentativa è: dispensare i cittadini dal governo di se stessi. E se l’esperienza ci insegna qualcosa è questo: che un buon politico, in democrazia, è altrettanto impensabile di un ladro onesto. L’idea, invece, è che mentre la democrazia deve continuamente adattarsi ai cambiamenti della società e assumere nuove forme, deve anche mantenere determinati principi fondanti come il corretto e tempestivo esercizio della democrazia diretta, in funzione di deterrente e per l’iniziativa di delibere e leggi.

C’è anche da tener presente che Charles De Gaulle, nel 1952, diceva: «Le regime ne se transformera pas de lui-même, Cela n’est jamais arrivé dans notre histoire. Il faut un pression de l’éxtérieur.» (Il regime non cambierà da solo, questo non è mai accaduto nella nostra storia. Quando cambiò fu per pressioni dall’esterno.) È da tempo che lo Stato italiano scricchiola paurosamente. I ponti che sempre più numerosi crollano ne sono un sintomo. Quando il “ponte Morandi” dello Stato italiano crollerà, sarebbe cosa saggia per gli indipendentisti avere qualcosa di prêt-à-porter (pronto all’uso). Un progetto politico-istituzionale con il quale subentrare. Ma tutto ciò è, allo stato attuale, ancora lettera morta o in ogni caso quel poco che dovesse reperirsi non è condiviso, tanto meno conosciuto dall’opinione pubblica.

Poche settimane fa, alcuni pubblici amministratori tuttora in carica, e nei fatti autonomisti-indipendentisti, sono stati avvicinati con discrezione per sondare la loro disponibilità ad assumere la veste di portabandiera dell’autodeterminazione veneta. È stato ventilato loro come sarebbe stata gradita alla platea degli indipendentisti la loro funzione di “alfieri”, e la possibilità di dare una grossa mano per formare un movimento importante per puntare alla Regione, cosa che agli interpellati non sarebbe dispiaciuta. Tuttavia la loro analisi è stata che gli attuali personaggi che calcano la scena dell’autonomismo-indipendentismo veneto non sanno fare politica, non capiscono cosa importa alla gente, non riescono a fare proselitismo, e non riescono a raccogliere voti alle elezioni.

Anche un “nobil homo” fondatore di organizzazioni per l’autonomia, il federalismo e l’autodeterminazione veneti non ha più intenzione di “sacrificarsi” per certi personaggi. Insomma manca la Rappresentatività. Cioè il grado di somiglianza tra i rappresentanti e quelli che vorrebbero rappresentare. È assente la somiglianza sociale, economica, fisica (di un comune sentire). Un fenomeno che può essere chiamato “rappresentazione statistica” per differenziarlo dalla rappresentazione politica.

In conclusione chiunque si prenda la briga di ergersi a giudice nel campo della verità e della conoscenza, viene mandato in rovina dalle risa. E la stupidità consiste nel fare e rifare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. Purtroppo, come diceva Henry Louis Mencken: «Gli uomini che il popolo ammira più esageratamente sono i bugiardi più spericolati, gli uomini che detestano più violentemente sono quelli che cercano di dire la verità». E ancora: «Il governo viene inteso, non come un comitato di cittadini scelti per portare avanti gli affari comuni dell’intera popolazione, ma come una corporazione separata ed autonoma, dedicata principalmente allo sfruttamento della popolazione a beneficio dei suoi stessi membri».


Gino Quarelo
Come non essere d'accordo.
Personalmente in modo graduale, critico e naturale ho tagliato i ponti, i legami e le frequentazioni con tutto il mondo venetista; non vado più a nessuna manifestazione, incontro, convegno, non do più alcuna briciola del mio tempo, alcun sostegno economico, tantomeno il mio voto a chichessia di questo mondo venetista-venezianista.
Non mi faccio più manipolare, sfruttare e calpestare da nessuno, specialmente dai fanfaroni, dai furbi, dai fanatici, dagli esaltati, dagli ignoranti, dai presuntuosi, dagli arroganti e dagli idolatri che sono la maggioranza di questo mondo che ama firmarsi con lo slogan WSM.
Accetto solo chi si mette alla pari, chi dialoga e si mette in discussione confrontandosi, chi non chiede soldi e voti e chi non si propone come salvatore, messia, capo carismatico, guida storica, spirituale e politica.
Di buone, valide e durature amicizie all'interno di questo mondo nemmeno una, tutte pseudo amicizie interessate e una fraternità fideistica e idolatra senza una vera consistenza umana..
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Re: Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom dic 09, 2018 12:28 pm

INDIPENDENZA VENETA, LE RESPONSABILITÀ DI POLITICI E INTELLETTUALI
di ALESSANDRO MORANDINI
https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 8349458243

Non la scarsa diffusione del desiderio di indipendenza tra i Veneti, ma la sua debole intensità (debole anche tra gli indipendentisti) è considerata uno degli ostacoli più rilevanti alla realizzazione di questo importante progetto politico; progetto di cui, forse, perfino gli addetti ai lavori non riescono pienamente cogliere l’importanza: i politici che danno voce a questo desiderio, organizzano la sua manifestazione collettiva, entrano in relazione con il nemico (per negoziare le modalità attraverso le quali verrà concesso agli indipendentisti di esprimere il loro desiderio). Invece l’importanza dell’indipendenza del Veneto si estende in modo fin troppo evidente su scala europea se non, oggi, mondiale. Bene, se si è consapevoli dell’importanza mondiale dell’indipendenza del Veneto, si può riflettere intorno ad un concetto temuto, deprecato, scandaloso ma irrevocabilmente legato alla pratica della politica: il concetto di violenza. Un concetto che ripropongo non già spinto dalla volontà di contribuire allo sviluppo della riflessione quanto, piuttosto, dalla contingenza dell’esperienza, dalla necessità. Si deve e si può parlare…
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Gino Quarelo

ALESSANDRO MORANDINI ha scritto:
... Non la scarsa diffusione del desiderio di indipendenza tra i Veneti, ma la sua debole intensità (debole anche tra gli indipendentisti) è considerata uno degli ostacoli più rilevanti alla realizzazione di questo importante progetto politico; ...

Gino Quarelo scrive:
A ben guardare vi è sia una scarsa diffusione del desiderio di indipendenza, sia una debole intensità di volontà anche tra gli indipendentisti;
in più vi è una assoluta mancanza di coscienza comune della storia e della realtà, sia di un progetto sensato e articolato del Veneto che si desidera, a partire dai suoi confini etno geografici che demenzialmente, i più, fanno coincidere con i territori e i domini della Serenissima, Veneto = Venezia Serenissima.

Con queste premesse nessun indipenenza sarà mai possibile mentre invece sarà ancora possibile ai politicanti fanfaroni nostrani, come ben scrive Enzo Trentin, di vendere illusioni per procacciarsi qualche voto e procurarsi qualche carega ben remunerata.





VENETO, L’INDIPENDENZA È QUALCOSA DI PIÙ DI UN SEMPLICE DESIDERIO
di ALESSANDRO MORANDINI

https://www.miglioverde.eu/veneto-lindi ... -desiderio

L’indipendenza del Veneto è un’idea sognata da tantissimi Veneti. Non è possibile fare stime precise su quanti siano i Veneti che in cuor loro desiderano che lo stato italiano dismetta la sua sovranità sul territorio veneto; soprattutto perché quantificare un dato come i sogni non ha molto senso. I sogni sono evanescenti, sfuggenti, non si prestano ad alcun conteggio. Attualmente i dati più significativi sono alcuni sondaggi ed il referendum per l’autonomia, e sono dati che parlano chiaro a chi li sa interpretare. Ma anche questi dati non ci rivelano molte cose relative al sogno di indipendenza dei Veneti. Ci rivelano, nettamente, la presenza molto diffusa di un desiderio, il desiderio di indipendenza, che, rispetto al sogno, è ancora più indefinito. Il sogno dell’indipendenza è un contenitore più ampio del semplice desiderio. Nel dispiegarsi del sogno indipendentista possono fare la loro comparsa numerosi personaggi, numerose immagini. Quasi sicuramente i Veneti che sognano l’indipendenza (e possono essere già ora tantissimi) pensano ad un…
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Alberto Pento
Che fanfarone, che mancanza di serietà, mescolare/confondere/fraintendere l'indipendenza con l'autonomia.
La realtà e i suoi dati/numeri alle elezioni amministrative regionali e delle presenze/testimonianze nelle piazze parlano chiaro: la maggioranza dei veneti è per l'autonomia e non per l'indipendenza e che non si può confondere l'autonomia con l'indipendenza cercando di ingannare i veneti.
I veneti in maggioranza sono legati al nazionalismo risorgimentale italiano, alla mitologia della Roma classica e alla Roma vaticana del cattolicesimo romano.
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Re: Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » ven feb 15, 2019 7:35 pm

Nessuna elaborazione politica, solo ricerca del potere
2019/02
Enzo Trentin

https://www.vicenzareport.it/2019/02/so ... rca-potere

Vicenza – Registriamo la testimonianza di Eraldo Barcaro (laureato in Medicina, neurologo, 71enne. Si schermisce come ormai in età geriatrica) quale ultimo presidente del partito “Veneto Stato” finito purtroppo – dice Barcaro – in un buco nero per il Veneto ed i Veneti, ma non per alcune persone.

Come nasce il partito indipendentista “Veneto Stato”?

Nasce con un patto fra alcuni movimenti indipendentisti Veneti, che sottolineavano la necessità di una lotta in comune per essere conosciuti sul territorio, e portare avanti un loro progetto politico-amministrativo. Questo seguiva, per quello che conosco, un tentativo analogo ma meno politico e più culturale fatto con i “Veneti”, e poi più chiaramente politico con “Veneto Libertà” che presentava ottime prospettive. Subito fu infiltrato da un personaggio regionale, non si sa bene da chi invitato, politicamente allevato dalla Democrazia Cristiana, e poi passato in numerosi altri partiti. In occasione della fondazione di “Veneto Stato” presi anch’io la parola, e come mio punto di plusvalore positivo indicai la mia recente espulsione dalla Lega Bossiana, Ma questa è un’altra sporca storia.

All’inizio, dopo un breve periodo di pace interna, incominciarono i malumori che nascevano da una tendenza di supremazia da parte di un gruppo trevisano che si credeva la mente del Movimento, cercando di relegare il braccio a manovalanza (almeno questa era la sensazione), che l’allora Presidente Giustino Cherubin (persona splendida da cui tutti noi che amiamo il Veneto abbiamo da imparare) cercava in ogni modo di tamponare e sedare. Si distinse, con sorpresa, Antonio Guadagnini. Costui era conosciuto per il tentativo, sfociato anche a Roma, di riunire il maggior numero di Sindaci veneti per cercare di trattenere almeno il 20% dell’Irpef nei vari territori. Oggi è conosciuto un po’ meglio, come illustrato qui [https://www.vicenzareport.it/2018/08/politica-indipendentismo-veneto/ ]. In un’altra importante riunione Guadagnini fu verbalmente molto duro nei confronti di Alessio Morosin e Ludovico Pizzati, allora rispettivamente presidente onorario e segretario di “Veneto Stato”. Lo si può riscontrare in alcuni video che girano ancora in Internet. Eppure sedeva accanto a loro fino al giorno prima. Sembrò una pugnalata alle spalle. E con l’eliminazione di Pizzati prese il suo posto.

Ai giorni nostri (potenza di certa politica) Guadagnini e Morosin allora tanto “fratelli coltelli”, sembra vadano a braccetto per convergere in un unico soggetto elettorale atto a ottenere qualche seggio in Consiglio Regionale nel 2020, passando prima per le amministrative di questa primavera. Ennesimo segno, a mio modo di vedere, che non perseguono un obiettivo politico, ma di potere similmente a quanto fece all’epoca il “duttile” Ettore Beggiato, che ha svolto il ruolo di foglia di fico della partitocrazia lasciando credere all’elettorato che anche quest’ultima fosse disposta all’autonomia e al federalismo. Infatti, ha fatto l’assessore per la Giunta di Giuseppe Pupillo [ex comunista – Durata mandato 11 maggio 1993 – 26 maggio 1994] e quella di Aldo Bottin [ex democristiano – Durata mandato 26 maggio 1994 – 26 maggio 1995], in tal modo “addomesticando” il voto degli elettori che lo credevano un innovatore autonomista, federalista, oggi indipendentista.

Questo modo di fare il “rappresentante” mi ricorda il paradosso del Comma 22. Ovvero: per i piloti ci potrebbe essere il modo per farsi esentare dalle missioni di guerra, perché: “Chi È pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo“, però “chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo.“

Mi si consenta qui di parafrasarlo in questo modo: “dal 1861 la mala gestio dello Stato italiano è talmente documentabile per cui i veneti che chiedono l’indipendenza non sono pazzi”. Però ”chi chiede a «Indipendentisti Veneti», «ProVeneto», «Progetto Nord-Est», «Liga Veneta Repubblica», «Indipendenza Noi Veneti con Zaia», «Siamo Veneto», «Indipendenza Veneta», l’indipendenza o anche solo l’autonomia, è pazzo.” Anche perché dietro molte di queste sigle si cela una sola persona.

Ma soprattutto costoro non sono dei leader di pensiero, poiché non hanno una soluzione riguardo, ad esempio, all’inferma e sclerotica Unione Europea. Infatti, la Gran Bretagna fa fatica a uscirne, e l’eurocrazia sta facendo di tutto per “rendere dolorosa” la Brexit. I catalani che oggi sono in UE, una volta indipendenti vorrebbero restarci, ma è già stato detto loro che dovrebbero fare la trafila per appartenervi. Idem per gli scozzesi. Gli pseudo indipendentisti veneti, a questo proposito che progetto hanno? E ancora: hanno un’idea diversa di società? Non mi è noto! Naturalmente, un Veneto indipendente potrebbe anche diventare un nodo informatico, cognitivo-elitario per l’innovazione e/o l’eliminazione della tassazione a livello globale (es. Singapore); ma non si conoscono i progetti politico-istituzionale di questi soggetti.

Eppure “Veneto Stato” era un partito molto promettente. Nella primavera del 2012 aveva quasi 2000 soci. Poi si è letteralmente disgregato sotto la guida di Antonio Guadagnini. Cos’è andato storto?

Sì il Partito/Movimento, dopo la fondazione, ebbe una rapida crescita. Solo nella mia piccola città Rovigo facevamo circa un gazebo la settimana. Riuscimmo a proporne molti in vari Comuni della Provincia. Gazebi diurni e incontri serali, e sempre con interesse in crescita da parte della popolazione, che ai nostri interventi dichiarava: Magari ! C’era il direttore del giornale locale: «La Voce» (un’ottima personalità libertaria che dava molto spazio a varie idee e parole innovative) il quale faceva in modo che si potessero aprire ampi spazi di discussione, e in questi spazi, su qualsiasi tema, mi intrufolavo firmando con nome e cognome, ma sempre affiancando “Veneto Stato”. Nel volgere di un paio di anni almeno una cinquantina di articoli, che poi certe volte venivano pubblicati anche nell’edizione locale del «Gazzettino», e un altro giornale autoctono on line. Oltre a questo si erano in quel periodo indette varie conferenze stampa. Si iniziava a essere convocati come esponenti del Partito in varie assemblee e riunioni. Cominciavano a conoscerci personalmente e a stimarci. Si parlava di tutto all’infuori di posti, careghe, prebende, votazioni. Queste parole, questi termini, questi nuovi scopi vennero portati all’interno di “Veneto Stato” dal lessico di Guadagnini, e questo portò purtroppo all’implosione del movimento.

Il 13 ottobre 2013, similmente all’avvento del fascismo (naturalmente qui non mi si prenda alla lettera, perché siamo in una dimensione più banale), anche in “Veneto Stato” erano comparsi i “Ras di Guadagnini” (in fondo anche nella vecchia DC c’erano le “correnti”) di cui non farò i nomi per carità di patria. Tuttavia questi “pretoriani” realizzarono una mezza rissa. Il socio Luigi Pozza, di Bassano del Grappa, che stava filmando tutta la riunione si prese un pugno in faccia, tanto che chiamò le forze dell’ordine per denunciare il fatto. Con fatica ho cercato di buttare acqua sul fuoco tranquillizzando il più possibile le parti. È singolare che il verbale di questo ultimo Maggior Consiglio sia scomparso. Avevo chiesto di pubblicarlo sul sito di “Veneto Stato”, ma mi è stato risposto picche!

Successivamente Guadagnini non prese troppo bene un rapporto disciplinare stilato da Giovanni Dalla Valle per il Consiglio dei Diexe, e questi si trovò (da uno dei “Ras”con pseudonimo: Gatto Mannaro) brutalmente diffamato pochi giorni dopo sul sito “Basta Italia” [http://www.bastaitalia.org/il-venetismo-da-operetta-fa-harakiri/ ]. Un blog creato a scopi denigratori e coperto dall’anonimato da un altro disinibito sedicente indipendentista. Comprensibile che Dalla Valle se ne ritornasse (dopo oltre 30 voli ad hoc) nel Regno Unito sbattendo la porta.

Ci furono irregolarità troppo lunghe da descrivere. Potrei sintetizzare con la constatazione del fatto che non c’era alcuna elaborazione politico-programmatica, bensì la semplice ricerca di un potere. Basti osservare dove si trovano oggi i “Ras” su accennati: in qualche ente, o commissione, o alla presidenza di qualche associazione che senza i contributi pubblici nemmeno esisterebbe. Insomma, chi si propone come innovatore della mala gestio dell’Italia, nutre le stesse pulsioni di potere della vecchia Democrazia Cristiana.

Eppure un progetto mi sembra indispensabile, perché anche Antonio Gramsci (un autore da me frequentato pochissimo) ha descritto l’interregno (tra il distacco dall’Italia e il sorgere del nuovo soggetto indipendente) come il tempo in cui “il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati.” Durante questo periodo il nuovo è percepito come una cosa folle, malvagia e pericolosa da contemplare. Così, consultando la mia rubrica, in data 13 ottobre 2013, riscontro d’aver scritto: “Maggior Consiglio – h. 09.00 – Hotel Venice Grisignano (VI) – Poi STOP !”. E qui finisco la mia testimonianza su “Veneto Stato”.

Ai giorni nostri si sta proponendo un nuovo soggetto politico che sembra molto promettente: “Asenblèa Veneta”. Cosa ne pensa?

Mi auguro sinceramente che mantenga le promesse, ovvero che sia la sede di una Intelligencija Veneta, e come hanno dichiarato che nessun aderente ai partiti indipendentisti che abbia un incarico, possa assumerne uno in “Asenblèa Veneta”. Tuttavia una vocina nel cervello mi continua a ricordare ciò che diceva Agatha Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Ebbene, io noto quattro indizi, sui quale però lascio al lettore ogni valutazione:

Qui abbiamo il comitato promotore di “Asenblèa Veneta”: Marco Bassani, Andrea Favaro, Renzo Fogliata, Carlo Lottieri, Davide Lovat, Massimo Vidori.
Qui abbiamo il libro: «Io sovrano» di Antonio Guadagnini e Andrea Favaro. La mia pulce nell’orecchio è che ci sia una sorta di tentativo di tirare la volata a Guadagnini per le elezioni regionali del 2020.
Qui la stessa impressione la ricavo dal libro «Il rischio della libertà. Tra globalizzazione e diritto di autodeterminazione», autori Davide Lovat e Roberto Ciambetti. Quest’ultimo ha fatto carriera nella Lega Nord bossiana che sosteneva la secessione della Padania. Il suo seggio di Presidente del Consiglio regionale lo deve anche a quegli elettori che hanno creduto a questa promessa. Oggi però lo stesso personaggio, agilmente presente nella Lega salviniana (quella dell’Italia che si salva tutta unita), cerca di convincere l’elettorato veneto della bontà di una autonomia che si sa già non sarà tale.
Qui infine un intervento di Massimo Vidori che si firma indipendentista veneto. Singolare assonanza con «Indipendenza Veneta», partito di cui è stato portavoce sino a non molto tempo fa; mentre altri usano la dizione: Patriota Veneto.

Naturalmente spero che la vocina nel cervello altro non sia che un passeggero sintomo geriatrico. Tuttavia, già l’opera di Umberto Bossi provvide a depotenziare il federalismo (chi ne parla più oggi?); mentre Marco Pannella predicava la democrazia ma intanto faceva passare delle regole che limitano l’ingresso nelle istituzioni ai nuovi soggetti politici, e Antonio Di Pietro con “Italia dei Valori” predicava una moralità pubblica che si fa fatica a intravvedere; mentre adesso Matteo Salvini (e la sua attuale Lega) o Beppe Grillo che ultimamente ha cominciato a distinguersi dal M5*, altro non sono che dei Prof. Dulcamara intenti a distrarre l’opinione pubblica per la sopravvivenza del sistema partitocratico, senza la deterrenza e il contro bilanciamento dell’esercizio della democrazia diretta.

* * *

Qui finisce l’intervista realizzata alcuni giorni fa; ci corre ora l’obbligo di segnalare la notizia dell’ultima ora: l’Asenblèa Veneta fondativa, con presentazione di scopi, finalità, statuto, e organi. Si terrà domenica 17 febbraio a Limena (Pd), presso teatro “Falcone Borsellino” di Via Roma n. 44, dalle ore 9 del mattino. La partecipazione è riservata ai soli soci.
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Re: Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » gio giu 06, 2019 8:18 pm

Valutiamo i nostri politici per quel che fanno
6 giugno 2019
Enzo Trentin

https://www.vicenzareport.it/2019/06/va ... y2EKhCPINo

Vicenza – In questo articolo ci avventureremo nella speculazione di un certo tipo di politica politicante. È un azzardo, lo sappiamo. Del resto la professione del giornalista non è mai stata facile. Oggi da un qualsiasi articolo può scaturire una querela; anche se attualmente i giudici la valutano con il sentire di una lite temeraria, e il Parlamento sta varando un’apposita legge per scoraggiarne l’uso. Anche nel secolo scorso fare il giornalista significava mettere a repentaglio ogni giorno la vita.

A quel tempo si rischiavano duelli mortali e imbarazzanti avventure. Come accadde a Carlo Marini direttore del Gazzettino del diavolo, foglio romano che campava di scandali veri e inventati. Una mattina del novembre 1872, un gruppo di giovanotti lo riconobbe dentro la sua carrozza all’inizio di via Tomacelli, lo tirò giù dal calesse senza tanti complimenti e, dopo avergli strappato di mano la pistola con la quale cercava di difendersi, cominciò a gridare: «Al fiume, al fiume». Alcuni passanti, pensando fosse la vittima innocente di un gruppo di teppisti, cercarono di liberarlo, ma non appena sentirono il suo nome, si unirono alla festa. Il direttore del Gazzettino del diavolo fu salvato dai questurini mentre penzolava da un ponte sospeso sopra le acque limacciose; portato in questura a San Silvestro, implorò che lo trattenessero almeno fino a sera.

Nell’esaminare, quindi, il comportamento di alcuni sedicenti indipendentisti autoctoni dei giorni nostri siamo consci dei “rischi” che stiamo correndo. Ebbene nel marzo 2013, FreeVeneto insieme al partito indipendentista Veneto Stato all’epoca guidato da Antonio Guadagnini, prende parte ai lavori di Barcellona per il lancio della Commissione Internazionale dei Cittadini Europei – ICEC. Essi partecipano attivamente all’iniziativa della raccolta firme per il Diritto di Autodeterminazione in Europa. Antonio Guadagnini (oggi Consigliere regionale veneto) aveva promesso: «Il milione di firme verranno consegnate il 30 Marzo 2014 a Bruxelles insieme ai Baschi, ai Catalani, agli Scozzesi, ai Fiamminghi, ai Tirolesi e a tutte le Nazioni ed i singoli cittadini europei che vorranno aderire e sottoscrivere l’iniziativa, in una manifestazione che si prevede davvero oceanica.»

Non ci fu nessuna consegna e nessuna manifestazione oceanica. Il milione di firme, da raccogliersi in almeno 7 Stati dell’UE, non fu raggiunto. Poco male! L’iniziativa non è deliberativa, è solamente una richiesta alla Commissione europea (organo non elettivo) di prendere in considerazione la proposta di un milione di cittadini europei, ed a cui la Commissione ha solo l’obbligo di rispondere, magari con un lapidario: No!

Parlano di “democrazia partecipativa” ovvero: tu partecipi o proponi, noi decidiamo; che non è democrazia diretta, è il regime della democrazia rappresentativa. Insomma, giusto per capirci, si tratta di uno strumento molto simile al referendum consultivo che i boccaloni all’epoca e ancor oggi installati in Regione Veneto annunciavano di voler materializzare (vedasi Legge Reg. 16/2014) anche in contrasto con la deliberazione della Corte costituzionale italiana. Si tratta (come dire…?) di un’opposizione “politica” alla Suprema Corte che non poggia su inconfutabili argomentazioni giuridiche.

I nostri “eroi” proseguono: «Il percorso di costituzione della nuova Europa dei popoli dev’essere fondato sul federalismo europeo dei territori, presupponendo il dissolvimento delle entità statali attuali, del tutto inadeguate ad affrontare le sfide geo-politiche mondiali. […] L’obiettivo finale – continua Antonio Guadagnini, che in questo caso parla a nome di una forte maggioranza del Consiglio Regionale Veneto, avendo raccolto ben 26 sottoscrizioni! – è arrivare a realizzare il referendum per l’indipendenza del Veneto (Consultivo? E per il quale i privati cittadini avrebbero dovuto sborsare volontariamente 14 milioni di Euro? Tsz! Infatti ne versarono circa 120.000. Ndr) un’idea condivisa dalla gran parte dei consiglieri di maggioranza, ed anche il presidente del Consiglio e il presidente della Giunta, che hanno preferito non sottoscrivere il documento per ragioni di opportunità, sono sostanzialmente e moralmente con noi.»

Ora è da sottolineare che si tratta, più o meno, delle stesse persone che all’incirca 35 anni orsono predicavano l’autonomia ed il federalismo non ottenendo nessun risultato politico tangibile. Oggi per quale ragione dovrebbero risultare più credibili e determinanti, quando hanno spostato l’obiettivo più in avanti: sul federalismo dei territori europei? Di quali credenziali dispongono? Non lo specificano!

Quanto alla posizione dei due che «hanno preferito non sottoscrivere il documento per ragioni di opportunità», cosa dire? Risulteranno comunque “vincitori” sia che la questione abbia successo, sia che fallisca. Sicuramente una posizione assai ambigua. Sofocle ammoniva: «Non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo fino a che non lo si vede gestire il potere.» L’odierno panorama politico del “Belpaese” questo offre.

Sicuramente potremo vedere: «Le tre cose che faremo come Intergruppo – ha annunciato Antonio Guadagnini – sono consultazioni della popolazione a livello locale, organizzare convegni nazionali e internazionali per portare il tema all’attenzione del Parlamento europeo e tessere relazioni con i movimenti indipendentisti, sia italiani, come quello del Sud Tirolo e della Sardegna, sia europei.»

Sulle consultazioni a livello locale c’è da star tranquilli. Andranno per il contado a far passerella per concionare, e se qualcuno suggerirà qualcosa di sensato diranno: «Sì, ma…»; che è l’esatto contrario di quel sistema democratico che vorrebbero propugnare, ma che di fatto rafforza la rappresentanza (loro), e avvilisce la cosiddetta partecipazione del cittadino “sovrano” che sta alla base della democrazia.

Sicuramente:

Organizzeranno meeting e convegni; tanto lo faranno a spese dei contribuenti per mezzo delle infinite pieghe del bilancio regionale e/o con i fondi destinati ai partiti.
Quanto al coinvolgere gli altri indipendentisti italiani ed europei… (beh!) abbiamo riscontrato la loro efficacia con l’iniziativa ICEC sopra descritta. Ma abbiamo anche constatato la rissosità tra indipendentisti, nonché le loro “disinvolte” manovre nel presentare liste (che alcuni definiscono civetta) alle elezioni 2015 e del 2019 in Veneto.
Insomma, come avevamo già segnalato in precedenza, si tratta della solita Compagnia di giro che non si differenzia in nulla da quella partitocrazia che vorrebbe sopravanzare. La “partecipazione” c’entra assai poco. Lo scrittore George Orwell acutamente scriveva: «Sappiamo che mai nessuno prende il potere con l’intenzione di abbandonarlo.»

In conclusione aggiungono i nostri “eroi”: «Non è un caso che le situazioni socio-politiche della Scozia e della Catalunya sono attraversate da convinte spinte autonomiste che vengono da partiti legati strettamente con le posizioni della nuova sinistra europea…», in ciò perpetuando due equivoci di fondo: a) Scozia e Catalunya hanno realtà oggettivamente differenti da quella veneta; b) esse poi sono già ampiamente autonome. Semmai lavorano per l’indipendenza non per l’autonomia che sembra l’obiettivo su cui attualmente hanno ripiegato i sedicenti indipendentisti veneti.

Si continua a parlare di autonomia, che è cosa ben diversa dall’indipendenza, e ciò alla faccia del fatto che la lista con la quale è stato eletto Antonio Guadagnini s’intitolava: Indipendenza Noi Veneto – Con Zaia. Così come decenni fa peroravano la causa del federalismo per accomodarsi – supremamente retribuiti – sugli scranni del “potere”, oggi straparlano di indipendentismo per ottenere gli stessi privilegi. Sul federalismo a suo tempo fallirono. È lecito domandarsi per quale ragione dovrebbero avere miglior fortuna con l’indipendentismo?

Non va molto meglio con il vertice di Indipendenza Veneta. Pur dichiarando sfiducia nella magistratura italiana, ricorse al TAR del Veneto per annullare le elezioni regionali del 2015. Diceva Ronald Reagan (ex presidente USA) «La politica è stata definita la seconda più antica professione del mondo. Certe volte trovo che assomiglia molto alla prima.»

L’idea di cambiare qualcosa, non ha ancora fatto breccia in molti pseudo indipendentisti. Ci arronzano con discorsi e iniziative di indipendenza di qua e di la’, ma non hanno ancora stilato un’ipotesi credibile di come dovrebbe essere esercitata l’autodeterminazione del futuro Veneto indipendente. Comprensibile che oggi caldeggino l’autonomia come passo intermedio (affermano loro), infatti sarà il governo e il Parlamento italiano a disegnare tale autonomia, che sappiamo già sarà alquanto limitata e assolutamente non paragonabile a quelle di Scozia e Catalogna.

Considerate le loro disinvolte esperienze politiche, e la loro cultura partitocratica si è indotti a credere che approvino il regime democratico rappresentativo. Se così fosse, l’elettorato sarebbe chiamato, eventualmente, a cambiare i suonatori, non certo la musica. E la sconfortante conclusione sarebbe che ci si trova di fronte ai soliti “ciacoloni” che mirano principalmente ad abbrancare anche le briciole, purché ovviamente siano briciole che cadono dal tavolo del potere. In proposito uno dei principali scrittori di aforismi, lo spagnolo Ramón Eder sostiene: «La lotta per il potere può essere terribile, ma la lotta per le briciole del potere è sempre patetica.»
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