«Ci guadagneremo il Paradiso con un attentato a Rialto»: sgominata cellula jihadista a Venezia, 4 arresti
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VENEZIA - Una complessa indagine coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Venezia, condotta dal Reparto operativo del Comando Provinciale di Venezia congiuntamente alla Digos della Questura di Venezia, ha condotto all’individuazione di una cellula terroristica jihadista operante nel centro storico veneziano.
Arrestate tre persone e fermato un minorenne, tutte di origine kosovara: gli arrestati sono Fisnik Bekaj 24 anni, residente in via Fratelli Bandiera a Marghera, Dale Haziraj 25 anni, residente nel sesitiere di Castello a Venezia e Arjan Babaj, 27 anni, residente a San Marco, quest'ultimo il leader della cellula.
Tutto è nato da un'intercettazione ambientale di pochi giorni fa nella quale la cellula diceva: «A Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono qua. Metti una bomba a Rialto».
Da qui sono scattati gli arresti di questa notte, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Venezia Alberto Scaramuzza, in un palazzo vicino al teatro La Fenice.
I tre arrestati sono tutti camerieri insospettabili. L'inchiesta è scattata da una segnalazione anonima, poco più di un mese fa. La Procura ha quindi attivato intercettazioni telefoniche e ambientali.
La sede della presunta cellula jihadista era nelle vicinanze di piazza San Marco.
ll procuratore reggente di Venezia Adelchi D'Ippolito nel corso della conferenza stampa ha sottolineato che i quattro kosovari erano impegnati «in una vera e propria attività di autoaddestramento al fine di prepararsi a compiere attività criminali e attentati da un lato attraverso esercizi fisici e dall'altro esaminando video dei fondamentalisti dell'Isis che spiegavano l'uso del coltello, come si uccide con un coltello».
È stato accertato anche che compivano simulazioni per confezionare esplosivi fatti in casa. «Da parte di tutti c'era una grande adesione all'ideologia dell'Isis e ai recenti attentati - ha aggiunto d'Ippolito - in particolare quello a Londra del 22 marzo scorso che ha ricevuto grandi consensi e apprezzamenti».
«È stato intuito investigativo - ha continuato d'Ippolito - capire che su alcuni elementi andava posta attenzione. Piccolo episodio nel 2015, ma di poco conto. Ma poi nel 2016 apprendiamo di un kosovaro di ritorno dalla Siria dove riteniamo fosse andato per combattere. Inizia una serrata attività investigativa, intercettazioni preventive, che si trasformano in intercettazioni giudiziarie. Nell'appartamento di uno di loro c'era centro di raccolta e preghiera. Persone tenute sempre sotto controllo, non sono sfuggite per un attimo, abbiamo controllato movimenti e contatti, compreso il loro mondo telematico».
Uno di loro diceva: «Non vedo l'ora di prestare giuramento ad Allah per compiere cento o mille attentati. Con Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono qua... mettere una bomba a Rialto». E l'interlocutore: «La metti e poi boom». Tutto si svolge nel sestiere di San Marco. «Dobbiamo morire - dicevano ancora - Se domani faccio giuramento e mi danno l'ordine io sono obbligato a uccidere». Studiavano come mettere una bomba nello zaino e ammiravano i terroristi che lo facevano.
Il dirigente della Digos Calenda ha spiegato come fossero tutti giovani, lavoratori, cercavano di fare vita normale, con profili social con nome e cognome. La svolta è arrivata quando sono stati scoperti profili Instagram e Facebook con nickname completamente diversi dove l'attività di radicalizzazione eversiva era effettiva. Il gruppo studiava in maniera scientifica e quasi medica dove colpire il corpo umano.
Il blitz si è svolto con l’intervento dei reparti speciali Nocs della Polizia di Stato e Gis dell’Arma dei Carabinieri per l’irruzione nelle abitazioni degli indagati: in tutto è durato 12 secondi. Contemporaneamente sono state eseguite dodici perquisizioni, tutte in centro storico, tranne una in terraferma a Mestre ed una in provincia di Treviso.
All’operazione ha partecipato personale operativo e tecnico della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, unità cinofile dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato, Nucleo Artificieri della Questura di Venezia, operatori del Gabinetto Regionale e Provinciale di Polizia Scientifica, nonché cineoperatori del Nucleo Investigativo.
Il questore Angelo Sanna ha evidenziato come «l'attenzione non finisce, dobbiamo anzi alzare il livello, sappiamo quale può essere la reazione del terrorismo interno e internazionale».
A congratularsi con le forze dell'ordine veneziane è stato anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che via twitter ha dichiarato: «L'operazione di Venezia conferma l'impegno contro il terrorismo. Ottimo lavoro di squadra, Polizia di stato e Carabinieri!».
Denuncia i due jihadisti. Ma giudice lo condanna a pagare l'indennizzo
Gabriele Dal Moro ha lavorato con due dei componenti della cellula jihadista che voleva colpire Rialto. L'uomo denunciò la loro violenza ma un giudice lo condannò a pagare all'Inps una sanzione ingente
Gabriele Bertocchi - Ven, 31/03/2017
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 81230.html
Gabriele Dal Moro ha lavorato con due dei componenti della cellula jihadista che voleva colpire Rialto. L'uomo denunciò la loro violenza ma un giudice lo condannò a pagare all'Inps una sanzione ingente
Dalla testimonianza di Gabriele Dal Moro, titolare di un negozio di pasta fresca da asporto a Venezia, emerge un retroscena che vede Dake Haziraj e Fisnik Bekaj, componenti della cellula jihadista che voleva colpire Rialto, violenti sul posto di lavoro ma tutelati dalla giustizia italiana.
Risarciti nonostante la violenza sul lavoro
"Ha tentato di uccidere la mia fidanzata con un cacciavite perché pensava che lei lo stesse riprendendo col cellulare, l'ho licenziato e denunciato ma poi è riuscito a farmi del male": è quanto racconta un artigiano veneto a Il Gazzettino. Un uomo che ha dato lavoro ai due terroristi e che si è visto punito da un giudice, dopo le false testimonianze dei due.
Dal Moro spiega come il suo rapporto di lavoro con Haziraj sia finito nel 2014, in seguito a un episodio di violenza da parte del kosovaro ai danni della sua ragazza. "Nella primavera del 2014 si è avventato con un cacciavite sulla mia fidanzata che lavora nel negozio, urlandole che non lo doveva riprendere, ma lei stava solo giocherellando con il telefonino. Ho temuto che volesse ucciderla e fortunatamente mi sono intromesso. L'ho licenziato e ho denunciato la sua violenza crescente, e la società ha poi dato ragione a loro, due probabili terroristi".
E sì, la società che ora li condanna indignata, solo due anni fa ha dato ragione ai due estremisti. Infatti, dopo aver cacciato i due, Dal Moro riceve una denuncia: "Hanno denunciato il falso, che lavoravano molte ore in nero, che venivano in negozio di notte (quando l'attività è chiusa). Abbiamo prodotto una memoria difensiva ma non è servita a nulla". Il commerciante è stato condannato e costretto a risarcire all'Inps una sanzione ingente: svariate decine di migliaia di euro.
"Diventavano sempre più estremisti"
Il commerciate racconta anche il passato di Haziraj. L'uomo era arrivato a Venezia nel 2012, due anni prima della violenza sul lavoro. "Nel 2013 ho assunto anche Fisnik Bekaj, i due si sono conosciuti lì e sono diventati inseparabili". Secondo Dal Moro, Bekaj sarebbe stato plagiato del collega Haziraj, quello più violento. I due "diventavano sempre più estremisti, io stesso, durante una lite, sono stato chiamato da Haziraj 'cristiano di m...'". L'ex titolare del negozio di pasta fresca ricorda come nei momenti liberi Dake Haziraj e Fisnik Bekaj guardassero oto di fucili kalashnikov sui cellulari.