???
Minniti smaschera l'Ue: "Volevano pagarci per tenerci i migranti"
Gian Micalessin - Gio, 17/08/2017
Il ministro: la loro proposta era di creare qui delle galere da cui nessuno potesse uscire
“Quest’articolo nella versione in edicola contiene delle frasi virgolettate che non corrispondono alle affermazioni del Ministro Marco Minniti. Questa è la versione corretta".
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 31303.html
“Io sono uno che più mi dicono che non si può fare e più mi scatta il trip…. Sulla Libia e sui migranti è andata così….”. Fuori Roma è un deserto assolato e desolato. Lassù nel palazzone dalle cento stanze appoggiato sul colle del Viminale il ministro Marco Minniti discute con generali, alti funzionari e capi delle forze di sicurezza e intanto si divide tra riunioni e visite alle sale operative del Viminale. Verso le 14, terminate la consueta Conferenza Stampa e la riunione del “Comitato Nazionale per la Sicurezza e l’Ordine Pubblico”, sarebbe il momento di un veloce pranzo in piedi. Ma il ministro continua a voltare le spalle a pizzette e tramezzini. La sua testa è ferma a quei fatidici 27 e 28 giugno quando nell’arco di sole 48 ore 27 navi di tutta Europa, Ong comprese, scodellano sulle coste italiane la bellezza di 12 mila migranti. Il ministro lo ricorda più volte. Quello per lui è il “D day”, il giorno in cui comprende definitivamente che l’Italia non può più sperare nell’aiuto o nella compassione dell’Unione Europea, ma deve trovare da sola la soluzione ai suoi problemi. E approfittando dell’incontro di Ferragosto spiega anche perché. Racconta ai suoi interlocutori che dopo quei 12mila sbarchi la risposta dell’Europa non prevedeva soluzioni politiche o operazioni concrete per darci una mano, ma “semplicemente più soldi per creare nuovi hotspots”. E specifica che gli “hotspots” nel linguaggio europeo non sono soltanto dei semplici centri d’identificazione, ma veri e propri centri di detenzione da cui non si esce. Insomma delle galere. Per Bruxelles l’ importante, quindi, non era fermare la marea di migranti che si stava scaricando sul nostro paese, ma semplicemente metterli in condizione di non muoversi dall’Italia. “Pensate ci proponevano – aggiunge uno dei presenti - di fare dei centri di internamento, cioè delle vere e proprie galere, persino per i minori non accompagnati”. Il ministro non lo conferma, ma il paradosso è chiaro. I soldi offerti all’Italia da Bruxelles servivano a garantire che i profughi – raccolti in mare dalle Ong e scaricati sulle coste italiane dalle navi di Triton e di Eunavfor Med, ovvero da due missioni europee - non si muovessero dall’Italia, non si avvicinassero ai confini di Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, mettendo a rischio sovranità e sensibilità dei nostri “amici” europei.
Proprio l’egoismo europeo fa capire a Minniti che l’Italia deve trattare da sola con la Libia, deve aver la forza d’intervenire, deve costruire una missione navale autonoma, lontana dalle pastoie europee che imbrigliano Frontex e Sophia. Ma i trenta denari di Bruxelles hanno anche il potere di far scattare l’orgoglio di Minniti, quella “calabresità” che il ministro ammette di portarsi dentro. Una calabresità spiegata con la barzelletta del Signore pronto a esaudire i desideri di un romano, di un sardo e di un calabrese. “Il romano sogna di diventare l’antico imperatore Augusto, il sardo chiede mille pecore e il Signore accontenta entrambi. Ma sapete che gli chiede il calabrese? - ghigna in dialetto Minniti - Dio ti prego fai morire le pecore del sardo”. “Se le pecore fossero navi – sussurra un presente - sarebbe difficile non pensare al Canale di Sicilia e alle navi delle Ong”. Quelle Ong, Msf in testa, che quando Minniti propone un codice approvato all’unanimità dal Parlamento italiano e sottoscritto dalla Commissione Unione Europea, si dicono pronte a sfidarlo, annunciando di voler continuar ad operare senza firmarlo. Salvo poi dichiararsi minacciate e intimorite non appena la Guardia Costiera di Tripoli le avverte di tenersi alla larga dalle acque territoriali libiche. Mentre fa visita alle sale operative del Viminale il ministro si guarda bene dal rivendicare qualsiasi atteggiamento vendicativo nei confronti di Msf o di altre Ong. “La mia posizione – sorride sornione - è esattamente quella espressa dal mio vice ministro Filippo Bubbico al Corriere della Sera. Quella è la linea del Viminale ed è anche la mia personale ”. Nessuno lo ammette, ma chi ricorda l’intervista, ha già capito. La calabresità si nasconde nella risposta in cui Bubbico, interprete del Minniti pensiero, sostiene di non intravvedere alcuna autentica minaccia per le Ong e definisce la Guardia Costiera libica una “forza legittima che non viola i trattati internazionali”. “Insomma ministro un'altra delusione per la sinistra” - ridacchia un funzionario alludendo alla carriera tutta Pd del vice Filippo Bubbico e alle domande di chi, in conferenza stampa, chiedeva a Minniti come viva le critiche rivoltegli dalla sinistra. “Vede - risponde felpato il ministro - la colpa è tutta della mia famiglia. Ero figlio di un militare sognavo di diventare un pilota, ma mia madre non ne voleva sapere e così, a 17 anni, entrai nel partito comunista. Immaginate con quanta gioia fosse vissuta in casa quella mia scelta. Ma almeno costrinsi mia madre a ricredersi. Forse - mi disse quando ormai avevo 24 anni - era meglio se ti facevo diventare un pilota. Quindi a sinistra devono star contenti e ringraziare mia madre….se no come Ministro dell’Interno gli toccava un ufficiale dell’aeronautica.”
Migranti, il vero obiettivo di Lothar Minniti? Sigillare il lager libico
Pierfranco Pellizzetti
2017/08/14
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/0 ... co/3792594
Qualcuno si fida di Marco Minniti, l’uomo che ha implementato in politiche attive il precetto salviniano-renziano sull’immigrazione “aiutiamoli a casa loro”?
Il Lex Luthor formato mignon, designato il 12 dicembre 2016 ministro dell’Interno nell’appena costituto governo Gentiloni e subito messosi all’opera per la riapertura e l’aumento dei Centri di identificazione ed espulsione dei migranti (Cie), seguiti dal raddoppio delle espulsioni.
Un muso duro – quello dell’ex Lothar di scuola dalemiana – che ha messo in agitazione lo stesso Matteo Renzi, in quanto concorrenziale rispetto alla propria sofferta strategia per riconquistare la suprema poltrona a Palazzo Chigi: scippare il bullismo forcaiolo delle opposizioni in materia di respingimenti, nella presunzione di intercettare con proclami tra il western e lo spara-spara i consensi dell’elettorato più manipolabile; ormai in preda agli effetti terrorizzanti della propaganda da paura delle invasioni prossime-future. Per cui, se Salvini e Grillo strepitano a uso e consumo della piccola gente che hanno convinta della mutazione dell’Italia in un immenso Bronx di stupri e aggressioni, la pasdaran renziana Patrizia Prestipino, neo-responsabile della commissione famiglia Pd, porta combustibile alla linea incendiaria del boss proclamando l’impegno della sua parte nella “difesa della razza”. Come un Giorgio Almirante 1938, quando costui divenne segretario di redazione dell’omonima testata; nell’Italia fascista delle leggi razziali, poi della collaborazione diretta all’Olocausto nazista.
La tragedia che oggi a Roma si ripropone sotto forma di farsa, mentre il Mediterraneo si trasforma in bara collettiva. Una tragedia umana (che la cialtronesca ironia macabra del direttore de il Foglio si permette di irridere “estremismo umanitario”) in cui l’orrore delle morti seriali si specchia nelle ignobili furberie di carrieristi senza scrupoli. Mentre troppi aspetti in ombra restano ancora tali: per quale motivo e a fronte di quali contropartite il governo Renzi, dopo la chiusura del programma italiano di salvataggi “Mare Nostrum” e l’avvio di quello europeo “Triton”, pretese che tutti gli sbarchi provenienti dall’altra sponda mediterranea avvenissero nei nostri porti? Non certo soltanto per il servizio assicurato al ministro Alfano, nei suoi ritorni a casa, degli elicotteri di Frontex (l’agenzia Ue per le frontiere e la guardia costiera).
Insomma, l’intera questione resta avvolta in un’immensa bolla di “non detto”, in cui dovrebbe indurre a qualche sospetto la matrice di strabordante cinismo rappresentata dalla scuola di Massimo d’Alema, nella cui stagione di primo ministro il suddetto Minniti operò da portaborse in compagnia di personaggetti tipo Claudio Velardi e Fabrizio Rondolino; quelli dal cranio rasato come Lothar, il servo di colore nei fumetti del mago Mandrake.
Con questi precedenti l’attuale ministro dell’Interno si è molto dato da fare, magari per accumulare dividendi politici a futura memoria, in un crescendo culminato nel codice di comportamento per il soccorso in mare che rende le Ong bersaglio di una campagna diffamatoria, trasformandole – da meritorie organizzazioni dedite a salvare e curare disinteressatamente – nel mostro da sbattere in prima pagina. In modo da distrarre dal vero obiettivo dell’agitarsi del Minniti in carriera: sigillare le porte del lager libico, in modo da affiancarlo a quello turco per raggiungere la soluzione finale del problema rappresentato dalle attuali migrazioni di popoli. Non disegni politici, a misura di una tragedia epocale, bensì il mix comunicazione mendace virtuale e campi di concentramento materiali. Il vero significato della promessa di “aiutarli a casa loro”: l’incatenamento.
Progetto comunque destinato a fallire, vista l’entità del fenomeno in gioco. Ma – sia chiaro – non per colpa dei maneggioni nostrani ed europei. Bensì per le malfamate organizzazioni denominate Save the children, Médecins sans frontières e magari la sempre reproba Emergency.
l'Europa voleva pagarci per tenere i migranti. E così è stato...
17 Agosto 2017
Alessandro Cipolla
https://www.money.it/Minniti-Europa-pag ... e-migranti
Neanche a Ferragosto si ferma il lavoro del ministro Marco Minniti sul tema dell’immigrazione. Mentre molti dei suoi colleghi sono in vacanza, il titolare del dicastero dell’Interno invece è più che mai indaffarato al Viminale.
Nonostante il tanto da fare da parte del ministro, chiacchierato anche come possibile nuovo premier, Il Giornale trova comunque il tempo per raccontarci di alcuni retroscena accaduti al termine della conferenza stampa che ha seguito la riunione del Comitato Nazionale per la Sicurezza e l’Ordine Pubblico.
Chiacchierando con Minniti e i suoi collaboratori sarebbe uscito fuori il grande scoop: secondo il ministero, nelle settimane scorse l’Europa avrebbe offerto all’Italia più soldi per aumentare il numero degli hotspot e così, di fatto, bloccare in questa sorta di centri di detenzione i migranti appena sbarcati.
Un “segreto di Pulcinella” questo in quanto, dopo il vertice di Tallin a inizio luglio, l’Italia ha di fatto recepito questo diktat decidendo di realizzare, dietro un aumento dei fondi per il nostro paese, ben sei nuovi hotspot al Sud.
Minniti e l’Europa
Se li ricorda bene il ministro Marco Minniti quei convulsi giorni tra la fine di giugno e l’inizio di luglio. In quel momento infatti si verificò l’apice dell’arrivo dei migranti sulle nostre coste, argomento poi cardine di alcuni incontri a Bruxelles, del vertice di Tallin tra i ministri dell’Interno dell’UE e del G20 di Amburgo.
Lo scorso 27 e 28 giugno infatti sbarcarono in Italia circa 12.000 migranti, portando quasi al collasso il nostro sistema di accoglienza. Il ministro Minniti e il premier Gentiloni quindi intrapresero questo tour istituzionale fuori dai confini nazionali per chiedere un aiuto.
Invece che mani tese per il nostro paese arrivarono però soltanto porte in faccia. Fu in quel momento che secondo Il Giornale il ministro realizzò come non si potesse più sperare nell’aiuto dell’Europa.
Nella chiacchierata riportata dal quotidiano, sarebbe emerso come l’Unione ci avrebbe chiesto, in cambio di un aumento dei fondi, di istituire nuovi hotspot che vengono definiti come vere e propri centri di detenzione anche per minori non accompagnati.
Lo scopo dell’Europa sarebbe quello di non permettere lo spostamento dei migranti, rendendo così ancora più difficile un loro arrivo negli altri paesi dell’Unione, ormai sempre più riottosi ad accettare anche il collocamento dei profughi come stabilito da precedenti patti.
Una situazione questa che ha spinto il Viminale a rimboccarsi le proverbiali maniche, iniziando da sola a trattare con il governo libico per cercare di fermare le partenze di questi viaggi della speranza.
Tutto vero questo, se non fosse per l’aver tralasciato che l’Italia le direttive dell’Europa le ha ricepite in pieno, incassando anche il pattuito. Anche se ancora non attivi, sono in programma nel nostro paese sei nuovi hotspot, che si andranno a sommare ai quattro già esistenti.
Gli hotspot in Italia
Secondo quanto riportato da Il Giornale, al Viminale sarebbero rimasti basiti all’idea di istituire nuovi hotspot nel nostro paese. Nell’articolo infatti si legge questo virgolettato riferito a uno dei presenti alla chiacchierata.
Pensate ci proponevano di fare dei centri di internamento, cioè delle vere e proprie galere, persino per i minori non accompagnati.
I fatti però ci raccontano che, al termine degli incontri europei, l’Italia abbia dato il via libera alla realizzazione di sei nuovi hotspot (Cagliari, Crotone, Reggio Calabria, Palermo, Siracusa e Corigliano Calabro), che si vanno ad aggiungere ai quattro già esistenti (Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto).
Non si capisce quindi la natura di questi nuovi centri che dovranno nascere. Saranno veramente delle galere per tenere lontano i migranti dagli altri paesi dell’Europa? Questo è un interrogativo di cui sarebbe interessante conoscere la risposta.
Aspettando chiarimenti, rimane il fatto che l’unica preoccupazione di Bruxelles sembrerebbe essere quella di tenere i migranti relegati nel Mediterraneo alla faccia del principio di solidarietà, uno dei pilastri su cui si è fondata un’Unione Europea che ormai sta perdendo sempre più di senso.