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Un dialogo necessario fra musulmani e cristiani (Prima parte)15/06/2017
ISLAM-M.ORIENTE
Samir Khalil Samir
http://www.asianews.it/notizie-it/Terro ... 41023.html Fra cristiani e musulmani vi è un buon rapporto in Libano, Siria, Giordania. Le difficoltà sono nate e cresciute con l’Arabia saudita e il suo islam wahhabita, oltre che con i Fratelli Musulmani in Egitto. Il sunnismo di questi è simile a quello di al Qaeda e di Daesh. Il contributo dei cristiani alla cultura araba sulla modernità, sull’educazione, sul ruolo della donna nella società. La cultura araba comune tra cristiani e musulmani in Oriente.
Roma (AsiaNews) – La serie di attentati terroristi che ha colpito molte città e capitali europee, come pure l’ondata irrefrenabile di migranti che cercano asilo in Europa spinge molti alla paura di una possibile “invasione” dell’islam. Allo stesso tempo, alle violenze subite negli attentati, una risposta altrettanto violenta pare essere la mossa più razionale. Una “guerra fra religioni” è il cliché che molti media seguono con passione, ricalcando l’ipotesi del “conflitto di civilizzazioni” in voga alcuni anni fa.
P. Samir Khalil Samir, gesuita, islamologo, mostra invece che le tensioni con l’islam non avvengono ovunque e non con tutto l’islam, ma sono riconducibili a ragioni storiche, geografiche e culturali e che vi è sempre stata una base dialogica in Medio oriente, che è ora importante rafforzare in Europa. Pubblichiamo l’analisi di p. Samir in tre parti. Questa di oggi è la Prima.
1. Le relazioni tra cristiani e musulmani in Oriente
La situazione è diversa secondo i Paesi. In generale però la loro situazione è difficile, perché gli Stati non sono laici, ma sono gestiti dalla Legge islamica (la shari’a), all’eccezione del Libano, unico Paese arabo non islamico. I Paesi musulmani non distinguono tra fede e politica, tra privato e pubblico. Questa è la più grande difficoltà per noi cristiani: essere sottomessi al sistema islamico, un sistema che risale al settimo secolo.
In Libano la situazione è generalmente buona e c’è la volontà di convivere in modo amichevole. Tutti i gruppi religiosi sono riconosciuti: possono seguire le loro norme, e c’è una costituzione ispirata dalle più moderne e riconosciuta da tutti i gruppi. C’è la parità tra i due gruppi.
In Giordania la situazione è abbastanza buona, perché il re è di tendenza aperta. Sia il padre Hussein che il re attuale, il figlio Abdallah hanno sposato delle mogli occidentali, molto colte e di origine orientale anche cristiane.
La Siria ha elementi positivi, seguendo il partito Baath fondato da un cristiano ortodosso (Michel Aflaq, 1910-1989) e avendo una costituzione laica. Il problema viene dal fatto che, da quasi 50 anni, il presidente è un musulmano di tradizione sciita (alawita), benché il 70% della popolazione sia musulmana di tradizione sunnita. Il fatto che la costituzione sia laica e che tutte le religioni siano rispettate, permette per esempio ad ogni gruppo religioso di costruire i propri luoghi di preghiera, di avere le loro attività religiose, i loro giorni di festa; il sistema matrimoniale è diverso secondo le religioni, il sistema ereditario anche. Insomma, c’è una distinzione tra la vita politica (comune a tutti), e l’organizzazione religiosa diversa secondo i gruppi religiosi.
L’Egitto, troppo marcato dall’università religiosa d’al-Azhar e dai Fratelli Musulmani fondati nel 1928, è più fanatico. Tutto è retto dalla shari’a islamica. Non era il caso prima, sotto i monarchi e neppure sotto Gamal Abdel Nasser. Questo è cambiato con la modifica della Costituzione sotto il presidente Sadat, nel 1972, con l’articolo 2 che faceva della shari’a la base essenziale della costituzione.
Inoltre il movimento dei Fratelli Musulmani è molto forte in Egitto (dove è nato). Questo movimento ha per scopo l’islamizzazione della società, con tutti i mezzi possibili. Le moschee sono numerosissime e sempre più radicali, e emettono i discorsi degli imam e le preghiere cinque volte al giorno (anche alle 5 del mattino) con megafoni potentissimi. È il loro modo di fare la propaganda islamica.
Quanto ai Paesi della Penisola arabica, in particolare dell’Arabia Saudita, l’intolleranza religiosa è la norma, basata sul fanatismo wahhabita, dottrina introdotta dall’imam Muhammad Abd al-Wahhāb (1703-1792), nella forma più rigida dell’islam, insistendo sull’interpretazione letterale del Corano. Molti di loro stimano che chi non adotta questa forma d’islam è semplicemente un pagano, un kāfir. Personaggi come Osama bin Laden, i Ṭālebān e oggigiorno l’Isis (Da’esh in arabo) s’ispirano a questa concezione dell’islam, con tutta la violenza che vediamo da questi gruppi. Il peggio è che tutti questi massacri disumani sono fatti in nome di Dio e della religione.
La maggioranza dei Paesi della Penisola arabica seguono l’Arabia Saudita in gradi diversi. La tragedia oggi è che l’Arabia (e il Qatar), con la loro ricchezza proveniente dal petrolio, distribuiscono largamente milioni di dollari in ogni Paese islamico purché adottino la dottrina wahhabita. E così stanno rovinando tutti i Paesi musulmani.
2. La cultura araba comune tra cristiani e musulmani facilita il dialogo
Cristiani e musulmani del Medio Oriente condividono una cultura araba comune. Anzi, tutti riconoscono che attraverso i secoli i cristiani hanno giocato un ruolo importante nella cultura araba, sia durante il periodo abbasside (750 - 1250), sia nell’epoca moderna, nel XIX e XX secolo. Hanno modernizzato la lingua e il pensiero arabo; sono stati spesso i promotori delle idee moderne e delle tecnologie moderne. Tutti riconoscono il loro contributo (soprattutto quello dei cristiani siro-libanesi, anche in Egitto nel XIX e XX secolo) nella società araba e nella politica araba.
Questa cultura araba comune, e questo contributo positivo a rinnovare e modernizzare la cultura, facilita il rapporto tra le due religioni. Spesso però i cristiani sono più aperti alla cultura occidentale rispetto ai musulmani, i quali hanno una visione della vita più chiusa, più marcata dal passato, soprattutto riguardo ai rapporti tra uomo e donna. In questo campo, in ciò che riguarda il posto della donna, i cristiani hanno portato un grosso contributo. Senza cadere in alcuni eccessi visibili in occidente, hanno dato valore al ruolo rispettivo degli uomini e delle donne.
Il più grosso contributo dei cristiani alla civiltà araba moderna è probabilmente nel settore dell’educazione. Sia in Libano che in Egitto, le scuole cristiane (principalmente cattoliche), maschili e femminili, già a metà nel XIX secolo, hanno formato le personalità le più marcate, musulmane e cristiane. In Libano inoltre, le più famose università fino ad oggi sono state create dai cristiani protestanti (come l’Università americana, AUB, fondata nel 1866) e cattolici (l’Università San Giuseppe dei gesuiti, USJ, fondata nel 1875). Nel XX secolo sono venute fuori molte università cattoliche (fondate da ordini religiosi), cominciando con l’Università di Kaslik (USEK, fondata nel 1950), l’Università ortodossa di Balamand (inaugurata nel 1988), e finalmente l’Università libanese (nel 1953).
L’Istituto di studi islamo-cristiani, fondato nel 1977 all’Università San Giuseppe, dà un’informazione scientifica sulle due religioni e sul rapporto tra le due. Gli studenti sono più o meno a parità musulmani e cristiani. Lo stesso vale per i professori. Alcune materie sono date simultaneamente da due professori, uno musulmano e l’altro cristiano. Ciò permette di completare il punto di vista di ciascuno con il punto di vista dell’altro professore.
Avendo una cultura araba comune, ciò permette ai cristiani di capire meglio i musulmani, e ai musulmani di scoprire che i cristiani non sono estranei al mondo culturale musulmano. Le difficoltà s’incontrano con i musulmani rigorosi o fanatici, più raramente con i cristiani fanatici.
Inoltre, c’è una base comune tra musulmani e cristiani d’Oriente: la fede nell’unico Dio, la totale fiducia in Dio. Esistono molte espressioni comuni che esprimono l’abbandono alla volontà di Dio in tutto, e la fiducia in Lui: insciallah (se Dio vuole!), al-hamdu lillah (lode a Dio!), bi-idhn Allah (col permesso di Dio!), neshkor Allah (ringraziamo Dio!), Subḥān Allah (Gloria a Dio!), Mā sha’ Allah (ciò che Dio ama!), Fi aman Allah (nella protezione di Dio!), Rahimahu Allah (Che Dio abbia pietà di lui! Per un morto), ecc.
Un dialogo necessario fra musulmani e cristiani (Seconda parte)16/06/2017
http://www.asianews.it/notizie-it/Terro ... 41041.htmlAlla crisi dell’islam, salafiti, wahhabiti e Fratelli Musulmani rispondono con un ritorno alle origini dell’islam e con una guerra contro i “miscredenti”. Il loro credo è simile a quello di Al Qaeda e Daesh. La guerra fra sunniti e sciiti. Il proselitismo dell’Arabia saudita e la diffusione delle moschee integraliste. Da modello da imitare, l’Europa è divenuta un esempio di “decadenza” da combattere.
Roma (AsiaNews) – La crisi dell’islam data dalla caduta dell’impero ottomano, dalla nascita dei Fratelli Musulmani e dalla diffusione del wahhabismo da parte dell’Arabia saudita e del Qatar. Da allora è in atto una lotta contro l’occidente “miscredente” e “immorale”. Allo stesso tempo, l’Europa ha perso sempre più una dimensione religiosa nella società, arroccandosi nel “narcisismo dei diritti”. Eppure vi è stato un periodo in cui l’Europa era un modello di dialogo e di confronto positivo con le culture del Medio oriente.
Pubblichiamo oggi la Seconda parte dell’analisi di p. Samir Khalil Samir, gesuita, islamologo, che spinge al dialogo e alla convivenza evitando una “guerra di religione”. Per la Prima parte vedi qui.
3. Le cause della crisi attuale dell’Islam
In partenza, c’è lo sviluppo di una visione radicale dell’islam, che si è sviluppato nel corso del ventesimo secolo, in seguito alla caduta dell’impero ottomano (1924), colla decisione di Kemal Atatürk, e alla divisione del mondo islamico. La soluzione è stata ricercata nel ritorno al passato, spesso espresso in un ritorno materiale al modo di vivere della prima generazione dei musulmani. Di là sono nati movimenti integralisti: i “Fratelli Musulmani” (1928), i “Salafiti” e i “Wahhabiti”.
Con la nascita dello Stato dell’Arabia Saudita nel settembre 1932, il wahhabismo è divenuto la dottrina ufficiale dello Stato, il quale non ha una Costituzione, ma è retto dalla Shari’ah islamica. La scoperta del petrolio nel marzo 1938, ha reso l’Arabia ricchissima in poco tempo. Negli ultimi decenni, l’Arabia ha costruito centinaia di moschee in tutto il mondo islamico, e vi ha messo imam formati alla sua dottrina rigorosissima, che ha condotto il mondo islamico al fanatismo sfrenato.
Questi movimenti, in particolare i salafiti e gli wahhabiti, si riconoscono esternamente dal modo di vestirsi, oppure dalla barba e da altri segni esterni. Il comportamento esterno è importante psicologicamente, perché permette d’identificare gli “amici” e chi non lo è!
In particolare, tutto ciò che riguarda la donna e le relazioni tra uomini e donne è controllato. Le donne sono particolarmente vigilate, e vivono sotto il controllo continuo degli uomini; anche le ragazze sono controllate dai fratellini più piccoli! La dipendenza dall’uomo è totale. Tutte le decisioni sono prese, in fin dei conti, dai maschi. La donna è sempre sottomessa ad un uomo: padre, marito, fratello o figlio; e sempre sotto controllo. Lei rappresenta “l’onore” della famiglia: la minima cosa che si distacca dalla tradizione, “disonora” la famiglia.
In un Paese come l’Egitto, nel 1923 (quasi un secolo fa), Hoda Sha’rawi decide di buttare il velo sulla piazza pubblica (Bab al-Hadid); nel 1925, Rose al-Youssef fonda una rivista settimanale ancora famosa oggigiorno, che porta il suo nome! Nel 1951, Doriyya Shafik organizza una manifestazione davanti al Parlamento, con 1500 donne, chiedendo il diritto di votare … e l’ottiene dal Re Farouk … ciò che le saudite non hanno ancora ottenuto 66 anni dopo, nel 2017, per fedeltà al wahhabismo!
Secondo me, la rivoluzione del 2011 (la cosiddetta Primavera araba) non era solo politica: era una rivoluzione contro il patriarcato! Oggigiorno, pochissime donne hanno un ruolo nella vita della società, nella politica, nell’economia, ecc. Nel Parlamento egiziano per esempio, solo il 2% dei membri sono donne!
Infine, l’odio dei sauditi verso lo sciismo, rappresentato dall’Iran, li ha spinti ad aggredire sciiti (e alawiti) ovunque nel mondo. Gli sciiti rappresentano dal 10 al 15% dei musulmani nel mondo, ma molto di più nel Medio Oriente. Gli sciiti sono maggioranza in Iran, ma anche in Iraq e in Bahrein; sono anche importanti in Libano (sono già più numerosi dei sunniti), nello Yemen, e in numerosi Paesi. In particolare, l’Iran appare come un concorrente dell’Arabia Saudita. Addirittura, l’Arabia Saudita ha fatto un patto con Israele (il nemico degli Arabi!) autorizzando Israele a sorvolare il territorio saudita quando vorrà bombardare l’Iran!
4. L’Europa vista dall'Oriente, specialmente dai musulmani
Nel 1800, l’Europa era vista dai musulmani come un modello. I musulmani più ricchi e più colti andavano in Europa per compiere gli studi, e cercavano di adottare la lingua di questi Paesi, in particolare l’inglese o il francese. Anche il modo di vivere, la cultura, erano attraenti per le classi superiori del mondo musulmano. Nel mondo arabo, la Nahda (il Rinascimento) s’inspirava al modello occidentale in molte cose. Anche la “liberazione della donna musulmana” si è diffusa all’inizio del ventesimo secolo, appoggiata sull’ideale europeo.
Man mano però, questo modello ha perso la sua attrattiva. Una delle cause principali è stata, secondo me, la perdita del senso religioso in molti Paesi europei, e la diffusione di una certa immoralità nella vita quotidiana, soprattutto nelle relazioni libere tra i sessi, come anche nella diffusione nell’omosessualità riconosciuta come un “diritto”. Oggigiorno in molti Paesi occidentali l’aborto per ragioni di comodità non è solo riconosciuto come un diritto, ma l’intervento è sovvenzionato dallo Stato. Similmente, il concetto di “famiglia” si è “allargato”! C’è quella tradizionale, composta da un uomo e da una donna, e c’è la “famiglia moderna”, composta da due uomini oppure due donne! Tutto questo è visto – con ragione – come una vergogna, che dimostra che la civilizzazione occidentale è “decadente”. E ciò viene a rinforzare la visione tradizionalista islamica, in particolare dei wahhabiti.
Questa realtà ha molto incoraggiato la reazione contraria del rigorismo religioso, fino ad arrivare alla situazione attuale, dove il modello etico è quello del ritorno al settimo secolo e alle pratiche maschiliste, come al rigorismo in tutto.
In due secoli, l’immagine dell’Occidente – che era piuttosto positiva – è divenuta assolutamente negativa, e rinforza l’atteggiamento dei fondamentalisti islamici. L’estremismo occidentale viene a giustificare e rinforzare l’estremismo fondamentalista. L’Occidente non è più un modello da imitare; al contrario il modello è nel passato, nella fondazione originale – la più lontana possibile del modello occidentale, ormai corrotto. Questo spiega perché l’Isis e i terroristi islamici attaccano a Köln (Colonia), la notte di Capodanno, le donne troppo leggermente vestite (secondo loro), viste come prostitute; oppure a Manchester attaccano giovani in ascolto di una musica che sembra loro “diabolica”; ecc.
In breve, questi islamici radicali considerano l’Occidente come “decadente”. Perciò contro gli occidentali tutto è permesso, perché appartengono ormai alla categoria dei “miscredenti”, dei kuffâr. Questo movimento islamico radicale pretende offrire il modello opposto, quello dell’ “islam autentico”, quello degli “origini”!
Un dialogo necessario fra musulmani e cristiani (Terza parte)17/06/2017
http://www.asianews.it/notizie-it/Terro ... 41045.html L’ondata di migranti che cercano rifugio in Europa non accenna a esaurirsi. Fra loro, i musulmani sono quelli che si adattano con maggior fatica a uno stile di vita giudicato “decadente”. L’integrazione implica accettazione della scala dei valori dell’occidente, fra cui la dignità della donna è al primo posto. I cristiani non devono “difendersi dall’invasione islamica”, ma incontrare e testimoniare la fede nella carità e nell’amore.
Roma (AsiaNews) – I musulmani che vengono in Europa a cercare rifugio fanno fatica a integrarsi nella cultura occidentale. Per questo è importante aiutarli ad assimilare i valori dell’occidente soprattutto quelli legati alla dignità della donna, senza alcun compromesso. I cristiani, a loro volta, sono chiamati a testimoniare la loro fede e la loro accoglienza. Il dialogo sulla religione è una conseguenza dell’amore vissuto e offerto. Pubblichiamo qui la Terza parte dell’analisi di p. Samir Khalil Samir, gesuita, islamologo sull’urgenza del dialogo fra cristiani e musulmani. Per la Seconda parte vedi qui; per la Prima parte qui.
5. Accogliere i Musulmani in Europa e aiutarli ad integrarsi
La crisi del mondo islamico e la reazione violenta all’interno del mondo arabo e oltre, hanno provocato migliaia di morti e milioni di migranti, la maggioranza dei quali cerca asilo in Europa. Sono ormai circa 8 milioni gli emigranti che desiderano venire in Europa, e il flusso non si fermerà. La maggioranza di loro sono musulmani, provenienti non solo dal mondo arabo, ma anche dall’Africa e da altre parti. Inoltre, sono spesso dei musulmani di ambiente modesto, con una cultura non molto sviluppata. I ricchi musulmani, che hanno studiato all’università, offrono meno problemi.
Ora, c’è un fatto evidente in tutto il mondo: il musulmano ha grosse difficoltà ad integrarsi in Occidente. Il motivo è chiaro: essendo l’islam un progetto globale (religioso, politico, militare, economico, sociale, modo di vestire, di mangiare, di relazionarsi agli altri, ecc.), chi viene in Occidente non può sottomettersi spontaneamente alle leggi, alle norme e alle usanze di quest’altro mondo. Per il musulmano di oggi la shari’a è ciò che governa tutta la vita. Disobbedire alle norme della shari’a è il crimine più grave. Quanto alle norme occidentali, sono spesso viste come cattive o addirittura peccaminose. Per questo motivo, il musulmano non vede perché dovrebbe adottare usanze e comportamenti che, a suo parere, sono decadenti, anzi contrarie alla Legge divina rappresentata dalla shari’a islamica.
Per questo motivo fin dal primo istante, è essenziale far capire all’emigrato musulmano la differenza culturale che esiste tra i due mondi; e spiegare all’emigrato musulmano che le sue norme, anche se sono sacre per lui, non hanno valore in Occidente. Se vuole vivere qui, deve obbligatoriamente sottomettersi ai valori del Paese, anche se gli sembrano scorrette. Lo stesso vale per l’Occidentale che vuol vivere in un Paese musulmano: deve sottomettersi alle norme di tale Paese, anche se gli sembrano erronee.
Se vogliamo evitare problemi e conflitti in futuro, questo è un punto fondamentale. Spesso, il comportamento strano del musulmano è giustificato da lui a partire dalla sua cultura islamica, la quale è vista da lui come il “sommo bene”, come il modello perfetto visto che - secondo il suo pensiero - è stato stabilito da Dio stesso.
Questa “educazione” non è automatica, né avviene in modo spontaneo. Si deve trasmetterla, a cominciare dai bambini, ma spiegandola come una necessità, come un obbligo assoluto, se vogliono vivere in questo Paese. È necessario spiegare che non intendiamo che le norme del nostro Paese siano migliori delle norme altrui, ma semplicemente che ogni Paese ha la propria cultura e norme, che sono (per definizione) “normative”. Se l’interessato non le accetta, è libero; ma deve allora andarsene, per vivere laddove le sue norme sono normative.
Uno dei punti più sensibili è il rapporto uomo-donna: non è lasciato al parere di ognuno; l’assoluta parità di diritti e doveri tra l’uomo e la donna è una norma assoluta. Contravvenire a questa norma è un delitto! Questo punto è particolarmente difficile da accettare o semplicemente da praticare, perché si oppone a una norma assoluta, stabilita dal Corano e diffusa in tutta la cultura islamica. Perciò appare al musulmano come totalmente inaccettabile ed erroneo. Ma non si può cedere su questo punto.
6. Annunziare il Vangelo ai Musulmani, sottolineando il Dio Amore e la fraternità universale
Infine, di fronte a questi musulmani che arrivano in massa, ci sono due atteggiamenti possibili: uno è vedere questa realtà come un’invasione; l’altro di vederla come un appello e una missione. Il primo atteggiamento non serve a nessuno, né a me, né all’altro. Il secondo può cambiare molte cose. Vedere automaticamente gli emigrati come “invasori” è certamente non cristiano. È ovvio che nelle situazioni in cui si trovano la maggioranza di loro, nei Paesi bombardati, con le loro case distrutte, le scuole e gli ospedali cancellati, ecc., ognuno di noi cercherebbe una soluzione più umana alla sua vita. Questo tanto più che la guerra continua, con la sua disumanità! Inoltre, in questi Paesi (Siria, Irak, e tanti Paesi africani), si sa che il governo non farà gran ché per restaurare tutto ciò che è stato distrutto. Non hanno altra scelta che di cercare una soluzione altrove, nei Paesi materialmente più organizzati.
Detto questo, dobbiamo pensare in quanto credenti cristiani. Il Vangelo di Matteo finisce con queste parole di Gesù ai discepoli: “Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28, 19-20; cfr Marco 16, 15-16).
Non si tratta di fare propaganda, si tratta semplicemente, per ciascuno di noi, di essere fraterno, di testimoniare affetto e amicizia, di esercitare amore e carità. È questo il messaggio del Vangelo. Se si può approfondire la relazione, anche con scambi di idee sulla visione musulmana e quella cristiana, tanto meglio. Non si tratta né di propaganda, né di proselitismo. Ma non dobbiamo esitare a parlare di Cristo e del Vangelo, ed eventualmente paragonarci con la concezione islamica, se la conosciamo.
Se si può aiutare alcune famiglie a mandare i figli in una scuola cattolica, sarà anche l’occasione per loro di scoprire un pochino che cos’è il cristianesimo.
D’altra parte, le feste cristiane sono occasioni d’incontro e di scambio. Ugualmente, se si crea l’amicizia con qualche famiglia musulmana, certamente v’inviteranno a partecipare alle feste musulmane, in particolare per il Ramadan.
Insomma, si tratta di partire dalla convinzione che loro non sono i nostri nemici, ma i nostri fratelli. Se Dio li manda nel nostro Paese, ci sarà anche un motivo di metterci alla prova: siamo veri cristiani, pronti a condividere la nostra fede, fonte della nostra gioia? A condividere la meraviglia che rappresenta il Vangelo? Allo stesso modo, lui condividerà con me il suo Corano, che considera come l’ultimo messaggio di Dio all’umanità.
In una parola, non dobbiamo aver paura dei musulmani. Sono come noi. Ma non hanno avuto la fortuna di conoscere Cristo, la Vergine Maria e il Vangelo. Hanno diritto a tutto questo: non possiamo tenere questo per noi soli. Ma è ovvio che se voglio condividere il Vangelo con qualcuno, devo essere io il primo a conoscerlo e a viverlo!
Alberto PentoIdolatra irresponsabile Amir non mentire!
Gli islamici nei paesi dove sono divenuti dominanti, hanno fatto sparire ogni diversamente religioso e pensante con le persecuzioni, con le conversioni forzate, con la costrizione all'esilio, con lo sterminio di ogni diversamente religioso e pensante.Nella storia dove è arrivato l'Islam è poi sempre avvenuta la guerra civile e religiosa e lo sterminio di tutti i diversamente religiosi e pensantiviewtopic.php?f=188&t=1895 Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio viewtopic.php?f=188&t=2526Ensemense proixlam, buxie e falbarie xlamegheviewtopic.php?f=188&t=1737 Islam e persecuzione e sterminio dei cristiani (cristianofobia)viewtopic.php?f=181&t=1356Accoglienza o ospitalità imposta o forzata è un crimine contro l'umanitàviewtopic.php?f=196&t=2420 Se accogliete indiscriminatamente islamici e africani come vorrebbero le caste irresponsabili e parassitarie, criminali e demenziali, vi farete irreparabilmente del male con le vostre mani e lo farete alle vostre famiglie, ai vostri figli, alla vostra gente.
L'obbligo dell'accoglienza o l'imposizione dell'accoglienza come nuova forma di dominio politico ideologico e di riduzione in schiavitù;
imposta in nome delle utopie totalitarie comunista e cristiana a cui si va aggiungendo quella orrenda maomettana:
Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente con l'irresponsabile accoglienza indiscriminata e scriteriata a spese delle scarse risorse pubbliche, dei nostri figli e nipoti e dei nostri compaesani e concittadiniviewtopic.php?f=196&t=2605 Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilitàviewtopic.php?f=194&t=2624