Islam e democraziaviewtopic.php?f=188&t=2645 I parte
2.51 L’Islam è compatibile con la democrazia ?2083 Una dichiarazione di indipendenza europea – Libro 2.51 – L’Islam è compatibile con la democrazia? – Emigrante e Bestemmiante
http://emigrantebestemmiante.com/porcod ... democrazia E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: “Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi! – Corano, 8.12[1]
L’Apostolo di Allah disse: “Sono stato reso vincitore dal terrore inflitto al cuore del nemico” – Hadith Bukhari[2], Volume 4, Libro 52, Numero 220
“Colui che semina il terrore negli altri vive egli stesso continuamente nella paura.” – Claudiano, poeta latino
A volte sono infastidito dal dovere passare un sacco di tempo a confutare l’Islam, un’ideologia malata fino al midollo che dovrebbe essere irrilevante nel ventunesimo secolo. Però c’è un lato positivo: il confronto con l’Islam ci costringe ad affrontare i difetti della nostra stessa società. Ad esempio, ci ha fatto notare come il nostro sistema educativo e i nostri media siano pieni di odio anti occidentale e di idiozie ideologiche, lasciti della rivoluzione culturale degli anni ’60 e ’70[3], che ci hanno reso incapaci di percepire l’Islam come la minaccia che è. Quindi, prima di chiederci se l’Islam sia compatibile con la democrazia, dobbiamo chiederci quali siano le condizioni per fare funzionare un sistema democratico.
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“I vantaggi politici ed economici che portano le persone ad immigrare in Occidente sono dovuti alle sovranità nazionali. Purtroppo tali sovranità possono resistere solo fino a che i confini sono controllati. Le legislazioni sovranazionali, insieme alla cultura del ripudio delle sovranità, stanno mettendo fuori uso le condizioni che rendono possibili le libertà occidentali.”
Scruton commenta che per la prima volta da secoli l’Islam si sta comportando come “un singolo movimento diretto verso uno scopo” e che “il fattore principale in questa unità è il processo di globalizzazione diretto dalla civiltà occidentale.” Secondo lui ciò è il risultato della prosperità occidentale, del sistema legale occidentale, del commercio bancario occidentale e del sistema di comunicazioni occidentale che ha permesso a gente da tutto il globo di comunicare le proprie idee. E’ ironico come la civiltà occidentale dipenda da un’idea di cittadinanza che non ha niente di globale, anzi si basa sulla sovranità territoriale e sulla giurisdizione locale, mentre l’Islam militante (del tutto sconosciuto in Occidente fino a pochi anni fa) dipenda da un’idea globale. La globalizzazione “permette all’islam militante di fare ciò che voleva fare fin dai tempi della sconfitta degli Ottomani.” Grazie alla globalizzazione ora esiste “una Umma globale, che si identifica attraverso i confini in una forma globale e che si attacca come un parassita alle istituzioni e alle tecnologie prodotte dal mondo occidentale.”Scruton si pone due domanda difficili: La globalizzazione ha reso possibile una comunità musulmana globale, da sempre un ideale irrealizzabile per i musulmani? La globalizzazione ha messo in difficoltà le integrità territoriali degli stati nazionali? Se la risposta a queste domande è positiva, allora la globalizzazione ha aiutato l’Islam e indebolito le democrazie occidentali. Queste due domande sono difficili, ma per la nostra sopravvivenza dobbiamo trovare una risposta ad esse.
La globalizzazione non ha garantito la vittoria all’Islam. Alla lunga, è probabile che le possibilità di comunicare e l’esposizione alle critiche riescano a distruggere l’Islam, anche se potrebberlo renderlo ancora più pericoloso nel breve termine. L’Islam è compatibile con la democrazia? Il ministro di grazia e giustizia Piet Hein Donner[13] dice di no, chiedendo la messa al bando dei partiti che vogliono la legge islamica nei Paesi Bassi: “Per me è chiaro, se due terzi della popolazione volessero introdurre la Shariah domani, potrebbero averla.”
Questo dilemma si può risolvere affermando che la nostra piorità non è la democrazia intesa come elezioni in cui un voto vale uno, ma la libertà di opinione e di parola, il rispetto per i diritti di proprietà e delle minoranze, il diritto alle armi e all’autodifesa, l’uguaglianza davanti alla legge e lo stato di diritto (inteso come stato secolare), oltre ai principi di controllo del potere dei governanti e di approvazione popolare. Le elezioni possono essere un mezzo per arrivare a ciò, ma non sono di importanza vitale. Non dobbiamo confondere il fine con i mezzi.
Nella Sharia ci sono due concetti centrali, la blasfemia e l’apostasia, entrambe punite con la pena capitale.
Queste leggi sono incompatibili con le idee fondamentali dell’occidente, ossia libertà di parola e di pensiero. La Shariah è la negazione della democrazia. Inoltre, la Shariah è nemica del concetto di eguaglianza di fronte alla legge, dato che pratica l’ineguaglianza tra musulmani e non musulmani, uomini e donne, liberi e schiavi. Inoltre, la Shariah non fornisce alcuna protezione per le minoranze religiose, dato che i non musulmani sono costretti a essere disarmati e a vivere alla mercé dei capricci dei musulmani. Anche se l’Islam accetta l’idea di shura, il consulto, non lo ha mai formalizzato. Ciò significa che i governanti non hanno alcun limite al loro potere. Un despota islamico può fare assolutamente quello che vuole, a parte rifiutare apertamente l’Islam.Secondo Salim Mansur[14], professore associato di scienze politiche presso l’università di Western Ontario, in Canada, “La democrazia in senso culturale è un’espressione del mondo liberale moderno, che pone l’individuo al centro morale della politica e della società (…) E’ il concetto di diritti inalienabili dell’individuo, diritti che devono essere protetti, curati e resi in condizione di funzionare. Ciò rende la democrazia un sistema moralmente differente dagli altri sistemi. Da questo punto di vista liberale, l’errore più comune quando si parla di democrazia è credere che sia un sistema di governo basato sul volere della maggioranza. Al contrario, la democrazia protegge i diritti degli individui, delle minoranze e dei malcontenti.” Questa definizione è l’opposto di una democrazia illiberale, una finzione di democrazia propagandata da una piccola élite al potere per legittimarsi e conservare la propria autorità
Il fatto che i musulmani vengano abituati fin dalla nascita all’idea che un non musulmano non possa godere degli stessi diritti dei musulmani è un grosso ostacolo alla fondazione di una democrazia in un paese musulmano. Il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo[15] intitolato “Reviving Mideastern Democracy: We Arabs Need the West’s Help to Usher in a New Liberal Age” a opera di Saad Eddin Ibrahim, presidente del Ibn Khaldun Center for Development Studies nel Cairo, arrestato varie volte per il suo impegno verso la democrazia in Egitto. Mr. Ibrahim pensa che ci siano buone possibilità di avere una democrazia in Medio Oriente:
“Nei decenni precedenti le autorità dicevano che la Germania, il Giappone, i paesi slavi e persino le società cattoliche non sarebbero mai state democratiche. Non sto parlando dei pregiudizi popolari, ma dell’opinione informata di studiosi di alto livello. Interi gruppi di esperti pensavano onestamente che ci fosse qualcosa nelle società tedesche, giapponesi, slave, o addirittura nel cristianesimo, che fosse radicalmente ostile alla democrazia e ai valori democratici.”
Secondo le parole del grande storico del quattordicesimo secolo Ibn Khaldun: “nelle comunità musulmane la guerra santa è un dovere sacro, data la natura universale della missione musulmana e dell obbligo alla conversione volontaria o forzata di tutta l’umanità.” Secondo Ibn Khaldun, nell’Islam la persona al comando della struttura religiosa deve occuparsi delle “politiche di potere”, dato che l’Islam ha l’obbligo di guadagnare il potere sulle altre nazioni (Muqaddimah[16], trans. Rosenthal, p. 183). Secondo Robert Spencer “queste non sono parole di tolleranza e di democrazia. Queste parole sono ancora vive nel mondo musulmano.”Ibn Khaldun diceva riguardo ai cristiani: “Pensiamo di non dovere sporcare le pagine di questo libro [Muqaddimah] con discussioni riguardo alle miscredenze [cristiane]. In generale, esse sono conosciute. Tutto riguardo a loro è miscredenza. Ciò è stabilito nel nobile Corano. Discutere o confutare queste cose non è per noi. E’ loro destino scegliere tra la conversione all’Islam, il pagamento della tassa, o la morte.”
Secondo il Dr. Andrew Bostom nel libro The Legacy of Jihad (pagina 29), “Nella legge del governo islamico al-Mawardi (d. 1058), esamina le leggi relative alle terre e alle popolazioni infedeli sottomesse dalla Jihad. Questa è l’origine del sistema dei Dhimmi. La popolazione nativa infedele deve riconoscere la sovranità islamica sul territorio, sottomettersi alla legge islamica e accettare il pagamento della tassa. Al-Mawardi ricorda l’aspetto più significativo di questa visione della tassa sugli infedeli nella giurisprudenza islamica: la connessione tra essa e la Jihad. “Il nemico presenta un pagamento in cambio della pace e della riconciliazione.” Al-Mawardi distingue due casi: il primo è quando il pagamento è immediato e viene considerato come bottino di guerra, cosa che non previene la dichiarazione di un’altra Jihad nel futuro. Il secondo è il pagamento annuale e costituisce un tributo continuo che garantisce la sicurezza del pagante. La riconciliazione e la sicurezza valgono solo fino a che il pagamento viene continuato. Al cessare del pagamento, la Jihad ricomincia.Ci sono anche altre limitazioni per i Dhimmi. Nel 2005[17] è stato rilasciato il permesso di costruzione per la prima chiesa cristiana nel Qatar dal settimo secolo. La chiesa è stata fondata su un terreno donato dall’emiro riformista, e non avrà una croce o un campanile, nel rispetto delle leggi islamiche che proibiscono l’esposizione della Croce da parte dei cristiani. Clive Handford, il vescovo anglicano del Golfo annuncia da Nicosia (Cipro) che “Siamo gli ospiti di un paese musulmano e dobbiamo essere rispettosi dei padroni di casa. Ma una volta che si entri nel centro, sarà inequivocabile che si tratti di un centro cristiano.” Il cristianesimo è stato spazzato via dagli stati del Golfo nei secoli successivi alla conquista islamica.Persino in Malesia[18], un paese a maggioranza musulmana definito “moderato e tollerante”, centinaia di fedeli indù sono stati costretti ad assistere terrorizzati mentre operai musulmani hanno sfondato il soffitto del loro templio e hanno fatto a pezzi le statue delle divinità portate dagli immigranti indiani. “Siamo poveri, il nostro unico conforto era il nostro templio e ci hanno tolto anche quello.”, dichiara Kanagamah parlando in Tamil, la lingua parlata dai malesi di origine indiana e fede induista.
“Le demolizioni sono indiscriminate, illegali e contro tutte le garanzie costituzionali di libertà di religione”, dichiara l’attivista per i diritti umani P. Uthayakumar. I templi e le altre strutture demolite erano abusive, ma le autorità hanno reso impossibile avere i permessi di costruzione per nuove strutture. Una comunità cattolica ha dovuto aspettare trent’anni prima di avere il permesso di costruire una chiesa. Cosa ci dice ciò riguardo alla libertà di culto? In verità, le autorità musulmane continuano a ragionare secondo le vecchie logiche Dhimmi, in base alle quali i non musulmani non possono costruire nuovi edifici di culto o riparare quelli esistenti.
Secondo Sita Ram Goel[18], l’Imam Hanifa “ha raccomandato che gli indù, anche se idolatri, vengano accettati come gente del libro e trattati alla stregua di ebrei, cristiani e zoroastriani sotto la legge dei Dhimmi. Ciò ha rappresentato un miglioramento per gli induisti, che hanno potuto salvarsi la vita e parte delle loro proprietà, anche se non l’onore e i luoghi di culto. Come Dhimmi, gli induisti potevano sopravvivere accettando il pagamento della tassa e condizioni di cittadini di seconda classe. Gli altri tre grandi Imam islamici, Malik, Shafi e Hanbal, fondatori delle quattro scuole di giurisprudenza islamica, offrivano solo la scelta tra la conversione e la morte.”Alcuni apologeti occidentali insistono nel dire che nel subcontinente indiano le ostilità sono reciproche. In questo caso, come mai i non musulmani in Pakistan sono stati spazzati via? Come mai i pochi cristiani e induisti rimasti soffrono abusi e oppressioni continue? La popolazione del Bangladesh[19] aveva circa un trenta per cento di non musulmani fino a pochi decenni fa. Oggi la percentuale è attorno al dieci per cento. Aggiungete il fatto che la forte natalità delle famiglie musulmane in India ha fatto si che il numero dei musulmani aumentasse. Secondo voi queste statistiche indicano “ostilità reciproche” o semplice persecuzione degli infedeli?
Nella provincia pakistana del Sindh i musulmani hanno l’abitudine di rapire ragazze di fede induista[20] e costringerle alla conversione. Le comunità induiste si sono ridotte a fare sposare prestissimo le loro figlie, oppure a farle emigrare in India, Canada o altrove.
“Avete mai sentito di una ragazza musulmana costretta a convertirsi all’induismo?[21] I musulmani stanno vincendo tramite l’intimidazione, stanno abbattendo una cultura terrorizzandola. I rapimenti delle ragazze costringono le comunità a scappare o a sottomettersi ai musulmani.”, dichiara l’attivista per i diritti umani Hina Jillani. In Pakistan gli induisti e i cristiani sono discriminati e costretti ad accontentarsi di lavori di basso livello e a non aspirare ad altro. Il complesso di superiorità dei musulmani è molto radicato: nel suo libro Milestones[22], l’egiziano Egyptian Sayyid Qutb scrive che “il cuore del credente deve essere sempre in uno stato trionfale”, anche di fronte alle avversità. “Significa sentirsi superiori agli altri anche quando si è in pochi, poveri e deboli, non solo quando si è in tanti, ricchi e potenti.”“Quando il credente osserva gli insegnamenti dell’uomo antico e moderno e li paragona al suo sistema, gli appaiono come il brancolare dei ciechi o i giochi dei bambini al confronto con la perfeszione della legge islamica. Quando osserva con compassione gli errori e le sconsideratezze del resto dell’umanità, prova senso di trionfo verso i loro errori. Le condizioni cambiano, i musulmani perdono il loro potere e vengono conquistati, ma non perdono la consapevolezza di essere superiori. Se il credente rimane tale, guarda il suo conquistatore dall’alto in basso, sicuro del fatto che la sua condizione è temporanea e che la fede è come un’ondata inevitabile”
Oltre all’idea di supremazia musulmana, esiste anche un’idea di supremazia araba. Secondo Qutb[23], “Cosa sarebbero gli arabi senza l’Islam? Che ideologia potrebbero dare all’umanità se abbandonassero l’Islam? L’unica ideologia creata dagli arabi è la fede islamica, che li ha elevati al rango di signori dell’umanità. Se abbandonassero l’Islam non avrebbero più alcun valore nella storia. Ovviamente ci sono quelli che direbbero che Sayyid Qutb è “solo un estremista,” dato che le sue opere come Milestones o In the Shade of the Qur’an[24] hanno ispirato tantissimi jihadisti fin dalla sua esecuzione capitale per mano del regime di di Gamal Abdel Nasser nel 1966. Le idee di Qutb’s riguardo alla supremazia musulmana sono una delle basi dell’Islam.Secondo Hugh Fitzgerald[25], “nell’Islam, una religione che afferma di essere universale e di trattare tutti i musulmani in maniera uguale, c’è un posto speciale per gli arabi.” Il Corano è scritto in arabo ed “è stato rivelato agli arabi, il popolo eletto. Il migliore degli uomini, Muhammad, era un arabo così come i suoi compagni. In teoria il Corano non andrebbe letto se non in Arabo (la versione originale dell’Arabo, non l’Arabo moderno o semplificato.) La recitazione coranica avviene in Arabo. Gli studenti in Indonesia o in Pakistan imparano a memoria versetti in Arabo, lingua che non conoscono o che conoscono male. Eppure, c’è gente che si fa guidare nella vita da un arabo del settimo secolo. (…) In Arabia Saudita vige la separazione: le cose sono separate tra “per musulmani” e “per non musulmani”, ma le cose per musulmani sono separate tra “per arabi” (prima classe) e “per non arabi (seconda classe). Ciò è evidente per tutti i musulmani non arabi che vivono in Arabia Saudita.”
Questo razzismo arabo è un’arma contro l’Islam che molti infedeli non conoscono: “Mostrare ai musulmani che l’Islam è solo un’invenzione araba volta a distruggere le altre civiltà è un modo per indebolirlo. Questo è particolarmente efficace verso i molti iraniani che non ne possono più della Repubblica Islamica, ossia quasi tutti.” In Marocco, gli attivisti si lamentano della poca influenza berbera[26] sulla politica e sull’economia: “Non siamo arabi, dateci la nostra vera storia”, cantavano centinaia di berberi marocchini durante le marce del primo maggio. I loro slogan erano scritti in lingua Tamazight con l’alfabeto berbero Tifinagh. I Berberi sono gli abitanti originari del Nord Africa, da prima dell’invasione araba del settimo secolo. La costituzione marocchina dice che il paese è arabo e che la religione è l’Islam. Non si conosce la percentuale di berberi, ma fonti indipendenti dicono che siano la maggioranza assoluta. Si stima che ci siano circa venticinque milioni di berberi in tutto il mondo, concentrati in Algeria, Libia, Mali, Mauritania, Nigeria e Tunisia.Le idee razziste dell’Islam stanno già venendo esportate in Europa. Nel 2005, a Copehagen, due uomini sono stati uccisi durante una rissa tra immigranti di seconda generazione. Secondo l’imam Abu Laban[27] (poi ritenuto responsabile per avere scatenato le violenze dei fanatici durante il caso delle vignette su Muhammad del giornale danese Jyllands-Posten) la sete di vendetta potrà essere spenta solo tramite il pagamento di 200,000 corone da parte della famiglia dell’assassino, un risarcimento paragonabile a quello stabilito da Muhammad nel Corano.
L’idea di “legge del taglione” viene descritta nel versetto 2.178 del Corano: O voi che credete, in materia di omicidio vi è stata prescritta la legge del taglione: libero per libero, schiavo per schiavo, donna per donna. E colui che sarà stato perdonato da suo fratello, venga perseguito nella maniera più dolce e paghi un indennizzo: questa è una facilitazione da parte del vostro Signore, e una misericordia. Ebbene, chi di voi, dopo di ciò, trasgredisce la legge, avrà un doloroso castigo.
Politiken, un giornale di sinistra multiculturalista danese, ha provato a scrivere che si dovrebbe considerare l’applicazione della legge del taglione. Per fortuna, l’opinione pubblica è stata contraria alla proposta. Ci sono almeno due problemi riguardo a questa forma di “giustizia” islamica. Il primo è che è un sistema in cui la giustizia si amministra tra famiglie, clan e tribù, non un sistema in cui la legge è regolata dall’autorità. Il secondo è che coinvolge i clan e le famiglie anche in faccende che riguardano i singoli individui. Avevamo un sistema di vendette tribali in Europa tempo fa, ma ce lo siamo lasciati indietro e i musulmani dovrebbero fare lo stesso. Il problema si ha quando tale sistema tribale cerca di infiltrarsi nel sistema giuridico europeo e i cittadini si trovano costretti a seguire le leggi tribali per difendersi. Molti danesi non capiscono che la legge del taglione non è solo antica e collettivistica, ma è anche profondamente ingiusta. I maschi musulmani sono gli unici membri a pieno titolo della comunità musulmana. Tutti gli altri valgono meno, e le differenze tra i pagamenti della legge del taglione lo dimostrano. Un tribunale saudita ha dichiarato che il valore della vita di una donna vale quanto il valore della perdita della gamba di un uomo. Il tribunale ha ordinato a un saudita di pagare il prezzo per l’omicidio della moglie di un siriano e per la perdita di entrambe le sue gambe.
Il pagamento è stato tredicimila dollari per la vita della moglie e lo stesso ammontare per la perdita delle gambe dell’uomo. Sotto la Shariah la vita di un ex musulmano non vale niente dato che si tratta di un traditore e di un apostata che può essere ucciso impunemente. Il 9 Aprile 1992 il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo in cui si elencavano i prezzi di sangue per l’omicidio in Arabia Saudita:
100,000 riyals per la morte di un uomo musulmano
50,000 riyals per la morte di una donna musulmana
50,000 riyals per la morte di un uomo cristiano
25,000 riyals per la morte di una donna cristiana
6,666 riyals per la morte di un uomo induista
3,333 riyals per la morte di una donna induista
In un libro di scuola media saudita[28], si dice che “Il prezzo di sangue per un infedele libero è la metà del prezzo per un musulmano, sia che appartenga a uno del popoli del Libro o no. (…) Il prezzo di sangue per una donna è metà di quello di un uomo della sua stessa religione.” Come dice Ali Sina [29], “Secondo questa gerarchia, la vita di un uomo musulmano vale quanto quella di 33 donne induiste. Tale gerarchia si basa sulla definizione islamica di diritti umani presa dal Corano e dalla Shariah. Come possiamo parlare di democrazia se nell’Islam non esiste il concetto di eguaglianza?”
Secondo Ali Sina, il sistema di governo islamico è paragonabile a quello fascista:
Centralizzazione dell’autorità sotto un dittatore assoluto investito da un dio.
Controllo socioeconomico su tutti gli aspetti della vita dei soggetti, anche quelli di fede diversa.
Opposizione soppressa tramite terrore e censura.
Belligeranza verso i non credenti.
Separatismo religioso.
Disprezzo verso la ragione.
Imperialismo.
Oppressione.Dittatura.
Secondo Sina, “L’Islam è politica e l’islam politico è fascismo.” A Toronto, in Canada, i musulmani hanno mostrato il loro complesso di superiorità presso la Ryerson University [30]. Il gruppo studentesco più grande del campus, la the Muslim Students’ Association, ha preso il controllo della sala multiconfessionale. Eric Da Silva, presidente della Catholic Student Association, ha dichiarato che il gruppo ha cercato di usare la sala per dire Messa, ma gli è stato detto che la sala è stata data in “gestione continuata” agli studenti musulmani. Secono Da Silva “Nessuno si arrischia a mettersi contro i musulmani.” Il gruppo cattolico ha trovato un altro spazio dove dire Messa e il conflitto è stato risolto. La sala multiconfessionale è divisa tra maschi e femmine ed è decorata in stile islamico in modo da accogliere solo musulmani. Un gruppo universitario di controllo sulle discriminazioni culturali e religiose ha esaminato il campus, ma si è occupato solo dell’islamofobia. Raymond Ibrahim[31], bibliotecario presso la biblioteca del Congresso, parla dei fondamentalisti musulmani dal Los Angeles Times:
“Durante i giorni precedenti la visita di Papa Benedetto XVI presso Hagia Sophia a Istanbul, i musulmani e i turchi hanno espresso rabbia, paura e ansietà. Secondo il giornale turco Vatan, il rischio era che Benedetto avrebbe potuto causare un’ondata di furia fanatica in tutto il mondo musulmano se avesse provato a riappropriarsi un un centro del mondo cristiano caduto in mano musulmana. Sembra che solo l’atto di farsi il segno della croce o compiere un atto di devozione cristiana nella basilica di Hagia Sophia sia un sacrilegio. Tale basilica, costruita nel sesto secolo, è stata la chiesa più grande e più importante di tutta la cristianità. Dopo secoli di attacchi da parte degli arabi Costantinopoli è stata saccheggiata dai turchi e rinominata Istanbul. Le croci di Hagia Sophia sono state abbattute, le icone vandalizzate.”
I turchi hanno avuto poco di che preoccuparsi. Il Papa si è comportato come un bravo dhimmi durante le sue visite in Turchia. Ibraim crede che “L’Occidente fa di tutto per confermare queste idee. Facendo autocritica, offrendo scuse e concedendo accordi, tutte cose che il mondo islamico deve ancora fare, l’Occidente conferma che l’Islam gode di uno stato di privilegio.” La mancanza di consapevolezza riguardo al complesso di superiorità islamico rende impossibile esportare la “democrazia” in paesi islamici come l’Iraq.Nel settembre 2005, il patriarca caldeo di Baghdad[32] ha dichiarato alle autorità irachene il suo timore per la possibilità di abusi contro i non musulmani. L’articolo 2.1(a) della costituzione afferma che: “Nessuna legge può andare contro le regole indiscutibili dell’Islam.” Il patriarca ha affermato che: “Ciò rende possibile approvare leggi che siano ingiuste verso i non musulmani.” Glyn Ford, europarlamentare britannico, ha unito la sua voce a quella dell’editore del Tribune Mark Seddon e a quella di Andy Darmoo, segretario di Save the Assyrians, per dare l’allarme riguardo alle condizioni dei cristiani assiri[33]: “I cristiani assiri non possono votare alle elezioni, hanno avuto le loro terre occupate, le loro chiese bombardate e le loro famiglia assalite. Non è il momento per la comunità internazionale di mobilitarsi per i loro diritti e i diritti delle altre minoranze?”
Un gruppo di musulmani ha rapito un bambino mandeo di sette anni[34], appartenente a una setta gnostica irachena, lo ha annaffiato di petrolio e arso vivo. Mentre il bambino urlava tra le fiamme, i musulmani cantavano “Brucia, lurido infedele!” Molte donne medico, poliziotte, giornaliste e reporter sono state uccise, dichiara Rajaa al-Khuzai, presidentessa del Iraqi National Council of Women. Le donne sono bersagli facili, specialmente quelle di alto profilo come lei. L’oppressione delle donne e dei non musulmani è sancita dalla Shariah ed è un fatto comune.
Anche se i cristiani sono meno del 4% della popolazione, sono il gruppo di maggioranza tra i rifugiati arrivati ad Amman in Giordania durante i primi mesi del 2006. In Siria, il 44% dei rifugiati iracheni sono cristiani. Questi rifugiati scappano da omicidi, rapimenti e minacce di morte. Il vescovo cattolico di Baghdad, Andreos Abouna, ha dichiarato che metà dei cristiani iracheni sono scappati dal paese dal 2003 a ora. In vent’anni non ci saranno più cristiani[35]. “Gli americani e gli inglesi avrebbero potuto proteggerci mentre le nostre chiese venivano bombardate, sarebbe stato un atto storico, ma non lo hanno fatto. Se ci avessero dato aiuti economici avremmo potuto proteggere tutte le famiglie cristiane a Mosul.”
Il presidente americano George W. Bush[36] ha dichiarato che se gli iracheni avessero votato un governo islamico lui lo avrebbe accettato: “Ne sarei dispiaciuto, ma la democrazia è democrazia.” Davvero, Mr. Bush?
Questo ci riporta alla critica platonica della democrazia come una forma di governo della plebaglia. Senza un sistema di controlli e di tutele, tale definizione è corretta. Benjamin Franklin diceva che: “La democrazia è quando due lupi e un agnello votano per decidere chi deve essere mangiato. La libertà è quando l’agnello è armato e contesta il voto!” Questo è il motivo per cui lui e i padri fondatori volevano che gli USA fossero una repubblica costituzionale, non una democrazia diretta. Stranamente, gli USA volevano esportare in Iraq un modello ingenuo di democrazia, lo stesso che era stato rifiutato dai padri fondatori dato che non assicurava abbastanza diritti e protezioni a minoranze e individui. Inoltre, non avevano neanche tenuto conto dell’Islam, religione che perseguita minoranze e individui per principio.
I non musulmani e le donne irachene stanno pagando questo errore con le loro vite[37]
Nel 1970 il futuro presidente bosniaco Alija Izetbegovic[38] stendeva una dichiarazione islamica in cui si diceva che “in generale un musulmano non esiste come individuo. Se vuole vivere come musulmano, deve creare un ambiente, una comunità, un sistema. Deve cambiare il mondo o farsi assimilare. La storia non ricorda alcun movimento veramente islamico che non fosse anche un movimento politico.”
Franz Rosenthal, studioso americano di questioni islamiche, diceva che “un islamico deve subordinare la sua libertà alle credenze, alla moralità e alle tradizioni del gruppo a cui appartiene (…) L’islamico non si deve aspettare di poter fare alcuna scelta su come sarà governato. In generale, il governo non consente a nessun cittadino di partecipare e non gli concede alcuna libertà effettiva.”
L’apostata ex musulmano iraniano Ali Sina[39] afferma che “la spersonalizzazione è caratterizzata da una diminuzione della coscienza del sé e dell’individualità. Nell’Islam l’individuo viene negato e la sua vita è integrata nella Umma. La spersonalizzazione riduce le inibizioni e le regole di comportamento dell’individuo, e contribuisce ai comportamenti collettivi delle folle urlanti, delle bande di delinquenti e delle rivolte urbane.” Secondo Sina, “è ironico come la natura brutale, repressiva e completamente irrazionale dell’Islam sia ciò che gli ha consentito di sopravvivere così a lungo.”
Come scrive lo scrittore F.A. Hayek nel suo The Road to Serfdom:
“La nostra generazione rischia di dimenticare che la moralità non è solo una necessità della condotta individuale, ma che può esistere solo in un ambiente nel quale l’individuo è libero di scegliere volontariamente di rinunciare a vantaggi personali per una regola morale. Non si può essere buoni o cattivi in un ambiente nel quale non si è liberi di scegliere se sacrificare i propri desideri in cambio di ciò che è giusto. Le nostre decisioni hanno valore morale solo quando siamo liberi di sacrificare i nostri interessi per provare le nostre convinzioni. Anche se ci sono buone intenzioni o un’organizzazione efficiente, non si può mantenere la moralità in un ambiente in cui non ci sono responsabilità e libertà personali.”
Secondo un rapporto della polizia inglese[40] ci sono dieci volte più casi di corruzione tra gli agenti di polizia di cultura musulmana che tra i loro colleghi non musulmani. Secondo il rapporto, i pakistani in Inghilterra vivono in una cultura in cui assistere economicamente la propria famiglia è considerato un dovere, e in cui è normale prestare grosse somme di denaro tra parenti e amici. La conclusione è stata l’assegnazione di addestramento speciale anti corruzione per gli agenti di origine pakistana.
In Pakistan e in molti altri paesi musulmani, pochi cittadini pagano le tasse. Secondo la loro filosofia, che non da alcun valore all’individuo, il clan è tutto e lo stato è il nemico. Questa mentalità è alla base del comportamento degli immigranti da quei paesi, e porta nei paesi non musulmani la corruzione e la violenza tribale associata al mondo musulmano. Ali Sina[41] scrive che: “Abu Hamid Al-Ghazali, (1058 – 1111 CE) è probabilmente il più grande tra gli studiosi islamici. Nel suo libro ‘L’incoerenza dei filosofi’, attacca violentemente Aristotele, Platone, Socrate e gli altri pensatori greci definendoli come miscreditenti e corruttori della fede islamica. Per lui, Avicenna, il grande filosofo e fisico persiano dell’undicesimo secolo, era un razionalista che prendeva spunto dagli antichi greci. Ghazali ricordava l’incompatibilità tra fede e ragione, e l’impossibilità del sottomettere la fede alla ragione. Ghazali lodava la fede senza pensiero e la stupidità eletta a sistema di pensiero.”
“I razionalisti islamici come i Mutazili ponevano la ragione al di sopra della rivelazione, ma la loro scuola è stata attaccata e distrutta dai fondamentalisti islamici del gruppo Ashariyya, a cui appartenevano i poeti al-Ghazali e Rumi. Rumi prendeva in giro i razionalisti e dichiarava nei suoi versi che il razionalista ha le gambe di legno.”
Secondo Sina[42] le “ basi della democrazia sono libertà di pensiero, libertà di parola, rispetto per le minoranze e separazione tra stato e religione.” L’occidente deve sostenere la libertà di parola e di pensiero sia sul proprio territorio che all’estero. “La gente deve avere la possibilità di criticare le idee della maggioranza senza temere per la propria vita. Non ci può essere democrazia senza libertà di espressione o senza opposizione. Prima di portare la democrazia nei paesi islamici bisogna proteggere quella che abbiamo a casa.”
Secondo Ibn Warraq, un altro apostata ex islamico[43], “L’islam è una ideologia totalitaria che vuole controllare la vita religiosa, politica e sociale di tutta l’umanità. Le vite degli islamici sono completamente controllate, e le vite dei non islamici controllate a tal punto da rendergli impossibile interferire con l’Islam. Non accetto alcuna distinzione tra Islam e fondamentalismo islamico o terrorismo islamico. Data la natura totalitaria della legge islamica, l’Islam non da alcun valore all’individuo, che si deve sacrificare per il bene della comunità islamica. L’Islam è una ideologia collettivista.”
Molti ex musulmani come Ali Sina e Ibn Warraq scrivono sotto falso nome perchè l’Islam è una religione talmente ostile all’individualismo e alla libertà di parola, che il crimine peggiore per un musulmano è quello di cambiare religione e criticare l’Islam. Lasciare l’Islam è un atto punito con la pena capitale. Lo scrittore Ibn Warraq scrive nella sua antologia Leaving Islam – Apostates Speak Out[44](p. 31):
“L’apostasia è un tradimento ideologico, che viene dall’ostilità e dall’ipocrisia. Il destino di una persona nata con un handicap è diverso da quello di uno che ha dovuto subire un’amputazione per via di una malattia. L’apostasia di un musulmano nato in una famiglia musulmana è una malattia pericolosa, contagiosa e incurabile per il corpo della comunità (umma), che minaccia la salute delle persone. Gli apostati sono come degli arti infetti che devono essere amputati.”
La pena di morte per gli apostati è confermata dai testi islamici, Hadith e Corano. Il versetto 4:89 dice che:
Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate. Non sceglietevi tra loro né amici, né alleati,
Il commento al Corano di Kathir (1373) di questo versetto conferma la pratica dell’uccidere gli apostati, dato che sono miscredenti che hanno manifestato la loro miscredenza e meritano la morte. Le hadith accettano la pena di morte senza problemi. Ad esempio, nella raccolta delle hadith di Bukhari, Mohammed afferma “uccidete chi cambi la sua religione.” Secondo il Dr. Andrew G. Bostom, tutte e quattro le scuole di giurisprudenza Sunnita[45] (Maliki, Hanbali, Hanafi, e Shafi’i), sono d’accordo con i giuristi Sciiti nel dire che gli apostati vanno messi a morte. Il filosofo aristotelico e giurista malikita Averroè dava la sua opinione legale riguardo al trattamento da riservare agli apostati (vol. 2, p. 552):
“Un apostata deve essere giustiziato immediatamente, dato che il Profeta ordinava di uccidere chi cambiava la sua religione. Prima dell’esecuzione si deve chiedere all’apostata se intende pentirsi.”
Questa opinione non è limitata alla giurisprudenza medievale. Il manuale di legge islamica del 1991 Umdat al-Salik, approvato dalla Islamic Research Academy di Al-Azhar, il centro culturale più importante del mondo sunnita, afferma che:
“Lasciare l’Islam è la forma di miscredenza più brutta e la peggiore. Se una persona adulta e sana di mente lascia volontariamente l’Islam, deve essere uccisa. In questo caso è obbligatorio chiedergli se vuole pentirsi e ritornare nell’Islam. Se accetta, dovrà essere risparmiato. Se si rifiuta, deve essere ucciso immediatamente.”
Ne 2003, la scrittrice egiziana Dr. Nawal Al-Sa’dawi[46], nota per il suo nazionalismo arabo e per le sue idee femministe, ha chiesto la revoca dell’articolo della Costituzione egiziana che dichiara l’Islam come religione di stato, dato che “abbiamo i cristiani copti tra noi. La religione è una faccenda tra uomo e Dio, quindi nessuno ha il diritto di imporre la sua fede, il suo Dio e i suoi rituali su altri.” Secondo lei, la cosa più importante è la lotta politica e militare contro gli USA e contro Israele.[47]
Ci sono state varie reazioni contro i commenti della Sa’dawi, ma il capo del fronte dei chierici di Al-Azhar, il Dr. Abd Al-Mun’im Al-Berri, ha dichiarato che “lei deve avere tre giorni per pentirsi di quello che ha detto. Se continuerà con le sue idee, dovrà essere punita secondo le regole della Shariah per chi abbandona l’Islam. Il regnante, ossia il capo di stato, dovrà eseguire la sentenza.” Lo sceicco Mustafa Al-Azhari ha spiegato che “la punizione per chiunque combatta contro Allah e il suo Profeta è la morte, la crocefissione, l’amputazione di due arti opposti o l’esilio” Daveed Gartenstein-Ross[48] afferma che “anche se i processi ufficiali contro gli apostati sono abbastanza rari – sicuramente perchè molti mantengono il silenzio sulla loro decisione – l’apostasia viene punita con la morte in Afghanistan, Iran, Mauritania, Arabia Saudita, Sudan e Yemen. L’apostasia è illegale anche in Giordania, Kuwait, Malesia, nelle Maldive, in Oman e in Qatar. (…) Gli apostati sono minacciati non solo dallo stato, ma anche da privati cittadini che decidono di farsi giustizia da soli. Ad esempio, nel 2003 in Bangladesh un evangelista cristiano di origine musulmana è stato accoltellato a morte mentre tornava a casa dopo aver partecipato alla visione di un film sul Vangelo di Luca. Un altro apostata del Bangladesh ha dichiarato al Newswire americano che se un musulmano si converte al cristianesimo non può vivere qui. I fondamentalisti sono sempre più forti.”
Nel 2004 il principe Carlo di Inghilterra[49] ha cercato di tenere un incontro tra leader cristiani e musulmani per fermare le condanne capitali verso gli apostati. Il gruppo musulmano ha intimato al principe e ai leader cristiani di non parlare pubblicamente della proposta. Un membro del gruppo cristiano si è detto molto insoddisfatto dei risultati. Patrick Sookhdeo, direttore internazionale del Fondo Barnabas che si occupa di proteggere i cristiani oggetto di persecuzioni nel mondo, ha chiesto al principe e ai leader delle comunità musulmane inglesi di condannare apertamente la legge sull’apostasia, chiedendone l’abolizione. Secondo Sookhdeo, “l’importanza morale della libertà di scelta individuale è una delle basi della società secolare. Nell’Islam tale scelta non è possibile. Non si può decidere quali aspetti della religione accettare e quali no, dato che sono tutti ordine divino. Allah ha dato gli ordini, e l’uomo deve ubbidire.”
Anthony Browne[50] ha scritto un articolo sul London Times riguardo a Mr Hussein, un infermiere di 39 anni di Bradford che ha rischiato non solo l’ostilità della famiglia e della comunità, ma anche il rapimento e l’omicidio per avere lasciato l’Islam. Mr. Hussein ha dichiarato che: “E’ orribile. Questa è l’Inghilterra, dove sono nato e cresciuto. Non mi sarei mai aspettato che un cristiano potesse soffrire in tale modo.” La polizia non ha effettuato arresti, ma ha suggerito a Mr. Hussein di lasciare la città. Si stima che almeno il quindici per cento dei musulmani in Occidente abbia perso la fede.
Anwar Sheikh, ex insegnante in una moschea in Pakistan, è diventato un ateo dopo essersi trasferito in UK. Sheikh si è trasferito a Cardiff, in una casa piena di allarmi anti intrusione dopo avere ricevuto minacce per avere criticato l’Islam in una serie di libri. “Ho ricevuto 18 fatwa. Mi hanno chiamato al telefono, non si arrischiano a mettere niente per iscritto. Ho ricevuto l’ultima chiamata due settimane fa. Mi hanno detto di pentirmi o di prepararmi ad essere impiccato”, dichiara Hussein, “Credo in quello che ho scritto e non me lo rimangerò. Ne soffrirò le conseguenze. Se questo è il prezzo, lo pagherò.” Anwar Sheikh è morto di morte naturale nella sua casa in Galles, nel Novembre del 2006.
Aluma Dankowitz[51], direttore del Middle East Media Research Institute (MEMRI) Reform Project, descrive le accuse rivolte agli intellettuali, agli artisti e agli scrittori musulmani di “miscredenza”, detta “takfir”. Tale accusa è frequente nel mondo islamico, e viene punita con la morte come veniva fatto nel periodo seguente alla morte di Mohammed, quando il suo successore Abu Bakr combatteva le guerre contro le tribù che avevano abbandonato l’Islam. Lo Sceicco Yousef Al-Qaradhawi, uno dei chierici più importanti del mondo sunnita, descrive la differenza tra i due tipi di apostasia: “La ridda è l’apostasia di chi lascia l’Islam ma non è interessato a parlarne con altri. Tale tipo di apostasia è punito con l’inferno dopo la morte. L’altro tipo di apostasia [ridda] è l’apostasia di chi chiama gli altri a lasciare l’Islam, creando un gruppo di persone che non segue il percorso della società islamica. Questi individui mettono tutta la società in pericolo e sono come gli apostati [murtaddoon] che hanno combattuto contro il primo Califfo e i compagni del Profeta.”
In altre parole, chi lascia pubblicamente l’Islam costituisce una minaccia per il morale della comunità islamica, come un soldato che diserta da un esercito, e quindi deve essere punito prima che avvenga una diserzione di massa. Al-Qaradhawi conferma la necessità di trattare i musulmani che lasciano l’Islam secondo la tradizione: “la società musulmana deve combattere contro la ridda in ogni sua forma se vuole mantenere la sua esistenza. I saggi musulmani concordano nel dire che la punizione per il murtadd [apostata] è la morte.”
Nei paesi islamici c’è un’enorme pressione sociale contro l’espressione di dubbi riguardo alla religione islamica. Razi Azmi[52], uno dei giornalisti più esperti del Daily Times Online pakistano, ha menzionato questo problema:
“Immaginiamoci un musulmano in un paese musulmano che si converta al cristianesimo o, che il cielo non voglia, all’induismo o al buddismo. È una cosa inimmaginabile. I chierici delle varie scuole islamiche concordano nel dire che un apostata deve essere messo a morte, l’unica discussione è se la condanna deve avvenire immediatamente o dopo aver dato una possibilità di pentimento. La punizione è così dura e la pressione sociale e familiare è così forte, che è impensabile che un musulmano possa esprimere un dubbio sulla propria religione, figuriamoci convertirsi a un’altra o praticare l’ateismo o l’agnosticismo.”
L’ostilità islamica verso la libertà di parola non è rivolta solo ai musulmani, ma anche verso tutti quelli che osino criticare minimamente l’Islam. I musulmani hanno già iniziato a boicottare la libertà di parola nelle nazioni occidentali attraverso l’uso di battaglie legali o di intimidazione fisica. Il giorno 2 Novembre 2004 Mohammed Bouyeri[53], un musulmano di Amsterdam di origine marocchina, ha assassinato il regista olandese Theo van Gogh perchè aveva diretto un film di critica verso l’Islam insieme all’apostata ex musulmano Ayaan Hirsi Ali. Bouyeri ha sparato a van Gogh mentre andava al lavoro, lo ha inseguito, gli ha tagliato la gola e lo ha trafitto con due coltelli, di cui uno con una lettera di cinque pagine. Stingendo il Corano al petto, Bouyeri ha dichiarato ai giudici di averlo fatto per la sua fede, dato che van Gogh aveva insultato l’Islam.
fine I parte
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