IL SIONISMO: UN MAGNIFICO SOGNO O UN TERRIBILE SCACCO ?
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IL VATICANO E LA QUESTIONE PALESTINESE
La Santa Sede continuò a ribadire la sua ferma opposizione alla costituzione di una home ebraica in Terra Santa. In una lettera al delegato apostolico a Washington il Segretario di Stato vaticano il 25 maggio 1943 sosteneva esplicitamente che (81). Anche Mons. Tardini scriveva: «La Santa Sede si è sempre opposta alla dominazione ebraica sulla Palestina. Benedetto XV si è adoperato con successo per evitare che la Palestina divenisse uno Stato ebraico. In effetti dal punto di vista religioso (il più importante) la Palestina è una terra sacra, non solo per gli ebrei, ma molto di più per tutti i cristiani e specialmente per i cattolici. Darla agli ebrei significherebbe offendere tutti i cristiani e violare i loro diritti» (82). L'avversione alla costituzione di una home ebraica in Palestina non significava però che la Santa Sede fosse favorevole ad una dominazione araba sulla Terra Santa, (83). Tutta la politica vaticana riguardo alla Palestina era ispirata dal timore che sia una dominazione araba sia una dominazione ebraica risultassero pregiudizievoli per gli interessi cattolici in Terra Santa (84).
Ma la risoluzione approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 29 novembre 1947 introdusse un fatto nuovo nello scenario mediorientale: la creazione di uno Stato ebraico indipendente, prevista per l'ottobre del 1948. La prospettiva della costituzione di uno Stato ebraico in Palestina ebbe un'eco profonda in tutto il mondo cristiano. La proclamazione dell'indipendenza di Israele fu accolta in Vaticano con molto riserbo. L'Osservatore Romano asserì che (85).
I rapporti tra Sionismo e nazionalsocialismoNel 1922 Vladimir Jabotinsky si ritirò dall'esecutivo dell'Organizzazione sionistica e fondò nel 1924 il Partito Revisionista. Il Nuovo schieramento combatteva la politica dell'Esecutivo sionista troppo disponibile al compromesso con gli inglesi e con gli arabi e (86).
A questo proposito il Blondet è più esplicito e ricco di informazioni: (87).
(88). Conobbe poi un ex ufficiale zarista, mutilato, certo Joseph Trumpeldor e con lui ideò l'organizzazione di una "legione ebrea" all'interno di non importa quale esercito alleato. Proprio Trumpeldor ha dato il suo nome alla principale organizzazione di gioventù sionista revisionista, il BÉTAR o B'RITH TRUMPELDOR (Alleanza di Trumpeldor). Bétar è anche il nome della fortezza dove Bar Kochba condusse la rivolta contro le legioni di Roma nel secondo secolo.
Durante il dodicesimo Congresso sionista del settembre 1921 a Karlovy Vary, Jabotinsky, senza informare i dirigenti sionisti, firmò un accordo con Maxime Slavinsky, rappresentante del leader del governo ucraino in esilio, Simon Petlioura (accusato oggi di antisemitismo). Questo accordo con un regime che favoriva i pogrom, fu giustificato da Jabotinsky con l'affermazione che se l'Armata Rossa gli avesse fatto la stessa proposta, l'avrebbe egualmente accettata (89). L'alleanza con l'Ucraina costrinse Jabotinsky a dimettersi dall'Esecutivo sionista e dall'Organizzazione sionista. Nel 1923 pubblicò una serie di articoli in cui mirava ad intraprendere una sorta di REVISIONE del Sionismo, affermando che si trattava di un ritorno alle tesi originarie di Herzl. Sostenne così posizioni di ACCESO NAZIONALISMO, il cui unico fine era di trasferire milioni di ebrei in Israele facendo della Palestina uno Stato ebraico di fatto. Gli arabi, (91). Jabotinsky è convinto che lo stato abbia il primato sull'individuo, per cui non bisogna assolutamente rifarsi all'etica biblica ma attingere le proprie forze alle teorie del NAZIONALISMO INTEGRALE; (92). Jabotinsky è assolutamente contrario alla diaspora e PER IMPEDIRE L'ASSIMILAZIONE degli ebrei, SARÀ ANCHE PRONTO AD ACCOGLIERE favorevolmente LE IDEE ANTISEMITE, che avrebbero spinto gli ebrei a ritornare nella loro terra e a riscoprire l'identità che stavano perdendo. «Per Jabotinsky ogni assimilazione ai goyim è non solo infausta ma impossibile "La fonte del sentimento nazionale si trova nel SANGUE dell'uomo nel suo TIPO FISICO-RAZZIALE È inconcepibile che un ebreo possa adattarsi alla visione spirituale di un tedesco o di un francese"» (93). Inoltre elimina l'idea di un Dio trascendente e la sostituisce con quella di nazione, minando alla base le fondamenta stesse del Giudaismo ortodosso. A tutto ciò unisce un odio viscerale per il socialcomunismo, mentre vede, di conseguenza, la forza principale del Sionismo nel supercapitalismo.
a) Il Bétar (94)
Nel 1923 Jabotinsky fondò il braccio armato del Revisionismo sionista il Bétar B'rith Trumpeldor, i cui membri (95). Dal 1934 al 1937 una scuola navale del Bétar funzionerà in Italia, a Civitavecchia, con 153 cadetti diplomati. Per Marius Schattner (96). Il Bétar è un'organizzazione rigida, con un rituale stretto e severo: ogni betariano deve impegnarsi a consacrare i due primi anni del suo insediamento in Palestina alla militanza a tempo pieno nel Bétar, il quale si fonda sostanzialmente sul mito della forza, sulla potenza del cerimoniale, su una struttura paramilitare.
Negli anni 1931-32 Jabotinsky visse a Parigi, (97). Nel 1935 fondò a Vienna, durante un congresso, la Nuova Organizzazione Sionista (N.O.S.), che inaugurava una politica molto discussa con tutti i governi (anche antisemiti) PURCHÉ FOSSERO INTENZIONATI A REGOLARE LA QUESTIONE EBRAICA IN SENSO SIONISTA, consentendo cioè l'emigrazione ebraica in Palestina. Ciò non impedirà per altro a Jabotinsky di pronunciarsi, negli anni della guerra, a favore della creazione di un esercito ebreo destinato a combattere la Germania hitleriana.
b) Menahem Begin
Fino alla vittoria di Begin nel 1977 a capo del Likud, formazione politica erede del Bétar di Jabotinsky, la maggior parte degli storici del Sionismo avevano relegato il Revisionismo nel ghetto spirituale dei fanatici o addirittura dei lunatici esaltati. Ma nel 1977 il "fascista" Begin sale al potere in Israele e, fin dal suo primo discorso, si rifà esplicitamente alle idee di Jabotinsky, anche se aveva fatto parte dell'ala più radicale del Revisionismo, quella più vicina al fascismo e associata al B'ritj Ha Biryonim (il gruppo dei bruti), scavalcando a destra lo stesso Jabotinsky!
Dopo la seconda guerra mondiale Begin come leader del partito Hérout (Libertà) farà lavorare al quotidiano del partito il suo amico Abba Ahimert, ideologo estremista revisionista, che aveva scritto: (98).
Quando Begin si recò per la prima volta negli USA nel 1948, alcuni intellettuali ebrei, tra cui Einstein, Hannah Arendt e Sydney Hook, scrissero una lettera aperta al New York Times (4 dicembre 1948) in cui affermavano che il partito di Begin era . Begin non rinnegherà in nulla le sua vecchie idee estremiste: dopo di lui diverrà primo ministro di Israele il suo amico (e terrorista) Yitzhak Shamir, per il quale (99).
c) Revisionismo e nazismo
Nella primavera del 1936 una coppia di ebrei, i Tuchler, inviati dalla Federazione Sionista di Germania, ed una coppia di nazisti, i von Mildenstein, inviati dal N.S.D.A.P. e dalle SS., si ritrovarono alla stazione di Berlino dove presero il treno per Trieste e s'imbarcarono sulla Martha Washington per la Palestina. Lo scopo del viaggio era quello di fare un'indagine il più possibile completa e documentata sulle POSSIBILITÀ DI INSEDIAMENTO DI EBREI TEDESCHI IN PALESTINA. «Malgrado le dichiarazioni di principio e diverse misure specifiche (boicottaggio degli ebrei tedeschi a partire dal 1 aprile 1933), tutti gli storici sono d'accordo nell'ammettere che Hitler non aveva una politica d'insieme precisa sulla questione ebraica fino alla notte dei cristalli del 9-10 novembre 1938. Ciò lasciò campo libero all'Ufficio degli Affari ebraici delle SS, per esplorare le diverse politiche attuabili. Il viaggio del barone von Mildenstein fu una di esse. Ora Mildenstein era ufficiale superiore delle SS s'era interessato da molto tempo alla questione ebraica Fervente sionista, entrò nelle SS. e fu reputato uno dei più qualificati specialisti del Giudaismo. Fu lui che vide per primo l'interesse che si poteva trarre dalle organizzazioni sioniste, specialmente revisioniste Scrisse una serie di dodici lunghi articoli, molto documenteti, sul quotidiano berlinese Der Angrif di Goebbels, dal titolo Un nazista viaggia in Palestina. Vi esprimeva la sua ammirazione per il Sionismo e concludeva che "il focolare nazionale" ebreo in Palestina "indica un mezzo per guarire una ferita vecchia di molti secoli: la questione ebraica". Per commemorare tale visita fu coniata una medaglia, su richiesta di Goebbels. Una faccia era ornata dalla svastica nazista e l'altra dalla stella di David Le SS. erano divenute la componente più filosionista del partito nazista» (100). In seguito a questo viaggio il giornale delle SS. Das schwarze Korps proclamò ufficialmente il suo appoggio al Sionismo (101). Il 26 novembre lo stesso quotidiano rinnovava il suo appoggio al Sionismo: (102). Ancora, nel maggio 1935 Heyndrich in un articolo distingueva gli ebrei in due categorie dimostrando una forte predilezione per quelli che e Alfred Rosemberg scriveva che (103). Con l'avvento al potere di Hitler il Bétar fu la sola organizzazione a continuare ad uscire in parata in uniforme nelle strade di Berlino. Il 13 aprile 1935 la polizia della Baviera (feudo di Himmler e di Heyndrich) ammetteva eccezionalmente che gli aderenti al Bétar potessero indossare la loro uniforme. Questi cercavano così di spingere gli ebrei di Germania a CESSARE DI IDENTIFICARSI COME TEDESCHI e a farli innamorare della loro nuova identità nazionale israeliana (104). La Gestapo fece tutto il possibile per favorire l'emigrazione verso la Palestina; ancora nel settembre 1939 autorizzò una delegazione di sionisti tedeschi a partecipare al 21° Congresso sionista di Ginevra. Jabotinsky invece si era pronunciato per il boicottaggio della Germania, mentre Kareski, membro del movimento revisionista, perseguiva una politica di collaborazione con la Germania in vista di poter costituire lo Heretz Israel. Nel 1942 restava ancora in attività nella Germania un Kibbutz a Nevendorf per esercitare dei potenziali emigranti verso la Palestina. (105).
d) Un patto segreto tra la banda Stern e il terzo Reich
I dirigenti ebrei della gang Stern - incredibile ma vero - fecero ai nazisti una proposta di alleanza nel 1941 per lottare contro gli inglesi: la cosa che più colpisce è che uno di essi era Yitzhak Shamir, futuro primo ministro di Israele. «Lo scarso equipaggiamento militare dell'Italia, sia in Libia che in Grecia, convinse Stern che l'Italia non aveva i mezzi per condurre a termine la sua politica, mentre la Germania nel 1940, riportava vittoria su vittoria. Tali successi impressionarono Stern, che si lanciò in un'avventura folle e senza uscita: formare un'alleanza con la Germania hitleriana. Stern lavora fino al febbraio 1941 (quando fu ucciso dagli inglesi) a concretizzare questo obiettivo, fondandosi su un'analisi insolita della situazione del Giudaismo. Per lui l'Inghilterra è il vero nemico, mentre la Germania è solo un OPPRESSORE che appartiene alla linea dei PERSECUTORI che il popolo ebreo ha incontrato durante la sua storia. Questo è l'errore più grande di Stern: vede nel Nazismo un movimento animato da un antisemitismo ragionevole» (106). All'inizio del 1941 Lubentchik, agente segreto della banda Stern, propone un patto militare tra l'Organizzazione militare sionista Irgun (una scissione della stessa banda) e la Germania, proposta nota col nome di testo di Ankara (107), trasmesso a Berlino l'11 gennaio 1941 e ritrovato tempo fa negli archivi dell'ambasciata tedesca in Turchia. In esso si legge: «I principali uomini di stato della Germania nazionalsocialista hanno spesso insistito sul fatto che un Ordine Nuovo in Europa richiede come condizione previa una soluzione radicale della questione ebraica, mediante l'emigrazione. L'evacuazione di masse ebree d'Europa è la prima tappa della soluzione della questione ebraica. Tuttavia, il solo mezzo per cogliere tale fine è l'installazione di queste masse nella patria del popolo ebraico, la Palestina, mediante lo stabilimento di uno Stato ebraico nelle sue frontiere storiche» (108). Lo Stato maggiore tedesco, tuttavia, decise di appoggiarsi nella lotta alla Gran Bretagna, agli arabi che erano milioni, piuttosto che agli ebrei, che non erano che un pugno di uomini (109). La veridicità di questo documento è stata messa in dubbio, ma Israël Eldadsnab, uno dei capi storici del gruppo Stern, ha confermato la verità dei fatti (110) e il settimanale Hotam affermò che tale documento era stato consegnato personalmente da Shamir e Stern. Quando il 10 ottobre Shamir divenne primo ministro dello Stato di Israele dopo il dicastero Begin, l'Associazione Israeliana dei combattenti antifascisti e delle vittime del Nazismo manifestò la sua indignazione in un telegramma al presidente Herzog nel vedere il posto di primo ministro occupato da (111). Se la banda Stern fu l'unico gruppo sionista revisionista a negoziare col Terzo Reich in piena guerra, le organizzazioni sioniste moderate non avevano esitato a farlo prima della guerra, in gran segreto. «I circoli nazionalisti ebrei sono molto soddisfatti della politica della Germania, poiché la popolazione ebrea in Palestina sarà da tale linea politica talmente accresciuta che in un futuro prossimo gli ebrei potranno contare su una superiorità numerica di fronte agli arabi» (112).
I rapporti tra Sionismo e Fascismoa) La scuola navale del Bétar nell'Italia fascista
Già negli anni precedenti la prima guerra mondiale Jabotinsky aveva sviluppato una teoria sui FONDAMENTI RAZZIALI DELLE NAZIONI (Razza e nazionalità), i cui postulati coincideranno con la Dottrina dello Stato di Mussolini (113). «Sprovvisto di animosità nei confronti degli ebrei, Benito Mussolini considerava le organizzazioni sioniste revisioniste come movimenti fascisti. Fu così che fece allenare, a partire dal novembre 1934, dietro domanda di Jabotinsky, uno squadrone completo del Bétar a Civitavecchia, presso la scuola marittima, diretta dalle camicie nere. Durante l'inaugurazione del quartier generale degli squadroni italiani del Bétar, nel marzo 1936, un triplice canto ordinato dal comandante dello squadrone risuonò; "Viva l'Italia, il Re, il Duce!". Esso fu seguito dalla "benedizione" che il rabbino Aldo Lattes invocò, in italiano e in ebraico, per Dio, il Re, il Duce "Giovinezza" (l'inno del partito fascista) fu intonata dai betariani con molto entusiasmo. Mussolini ricevette inoltre la promozione di betariano nel 1936» (114). Mussolini fu anche il primo Capo di Stato a proporre la divisione della Palestina e la creazione di uno Stato ebraico (115). Jabotinsky tuttavia, al contrario dei suoi luogotenenti, non si proclamò mai fascista o nazista, anche se prese le difese di Mussolini in una serie di articoli scritti negli USA nel 1935 (116), mentre tale era considerato da molti capi israeliani, al punto che Ben Gurion lo chiamava Vladimir Hitler. Nel 1935 Mussolini confidò a David Prato, futuro gran rabbino di Roma che (117). I dirigenti sionisti non revisionisti fin dal 1922 avevano preso contatti con Mussolini, che ricevette i primi sionisti poco dopo la marcia su Roma, il 20 dicembre 1922, assicurando il gran rabbino di Roma che non avrebbe tollerato alcuna manovra antisemita (118). Ahimeir, principale leader del movimento revisionista palestinese negli anni trenta, riaffermò nel marzo 1962: (119).
b) Mussolini e il Sionismo
Occorre tuttavia precisare con De Felice che (120).
D'altronde «Dopo le sanzioni votate dalla Società delle Nazioni contro l'Italia, Mussolini tagliò i rapporti che fino ad allora aveva intrattenuto con i dirigenti sionisti e si avvicinò agli arabi, nel tentativo di scalzare le posizioni britanniche e francesi nel Medio Oriente» (121).
Per comprendere meglio l'attitudine di Mussolini verso il Sionismo giova leggere l'interessante Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo del De Felice, nella quale si vede come l'atteggiamento di Mussolini sia stato ondivago, a seconda se si trattava del Sionismo in Palestina o della partecipazione di cittadini italiani al movimento sionista (122).
«Verso il SIONISMO ITALIANO Mussolini nutriva tutti i pregiudizi e le diffidenze così diffusi tra nazionalisti e fascisti La convinzione che i sionisti avessero due "patrie" e neppure sullo stesso piano tra loro, per cui la prevalente sarebbe stata quella palestinese, urtava profondante il suo concetto monolitico ed esclusivistico della patria e gli rendeva automaticamente antipatici e sospetti i sionisti Verso il SIONISMO INTERNAZIONALE Mussolini nutriva invece, se non simpatia una certa benevolenza egli vedeva nel Sionismo (specie nei suoi gruppi di destra più accesi e antinglesi) un prezioso mezzo per inserire l'Italia negli avvenimenti mediterraneo-orientali e soprattutto un mezzo per creare difficoltà in quel settore all'Inghilterra La carta "Sionismo", così come da un certo momento in poi quella degli "arabi" era per Mussolini soprattutto un elemento del suo gioco mediterraneo... Che i sionisti, da parte loro, non rifiutassero il "rapporto" con l'Italia fascista è ovvio. Prima che Mussolini "cadesse sotto l'influsso di Hitler", l'Italia era uno dei paesi europei più liberali verso gli ebrei» (123).
Antisemitismo pagano e SionismoHannah Arendt, filosofa ebrea tedesca (1906-1975) ha scritto considerazioni di grande interesse sulla natura del Sionismo: (124). E ancora: (125). La Arendt critica la definizione stessa del Sionismo data da Herzl, per il quale una nazione e afferma che «la conclusione cui giunsero questi sionisti fu che SENZA L'ANTISEMITISMO IL POPOLO EBRAICO NON SAREBBE SOPRAVVISSUTO per cui SI OPPOSERO A QUALUNQUE TENTATIVO DI LIQUIDARE L'ANTISEMITISMO SU LARGA SCALA. Al contrario, dichiararono che "I NOSTRI NEMICI, GLI ANTISEMITI, SAREBBERO STATI I NOSTRI AMICI PIÙ FIDATI E I PAESI ANTISEMITI I NOSTRI ALLEATI L'antisemitismo era una forza irresistibile e gli ebrei AVREBBERO DOVUTO UTILIZZARLA o ne sarebbero stati divorati (L'antisemitismo) era la forza motrice responsabile di tutte le sofferenze degli ebrei, e avrebbe continuato a causare sofferenza FINCHÉ GLI EBREI NON AVESSERO IMPARATO AD UTILIZZARLA A LORO VANTAGGIO. IN MANI ESPERTE QUESTA FORZA MOTRICE SI SAREBBE DIMOSTRATA IL FATTORE PIÙ SALUTARE NELLA VITA EBRAICA Tutto ciò che occorreva fare era usare la FORZA MOTRICE dell'antisemitismo che come l'onda del futuro avrebbe portato gli ebrei nella terra promessa» (126).
I rapporti tra sionismo USA e URSS«Il periodo della guerra [1939-1945] trasformò la comunità ebraica di Palestina in un organismo più forte, cosciente, proteso verso l'affermazione concreta dei propri ideali Gli anni della guerra avevano reso l'opinione pubblica americana estremamente sensibile al dramma dell'Ebraismo europeo ed avevano trasformato notevolmente la comunità ebraica che si era fatta più omogenea, influente ed aperta al Sionismo. In pochi anni l'interesse per questo movimento da sentimento prettamente filantropico si trasformò in una forma di partecipazione concreta» (127).
Paul Johnson ha affermato recentemente che (128).
Dopo la guerra il gioco decisivo era nelle mani delle grandi superpotenze (USA e URSS). L'America presentava lo Stato d'Israele come baluardo del mondo occidentale nel Medio Oriente. La politica miope dei liberalconservatori vedeva (e continua a vedere) come UNICO pericolo quello comunista (che è certamente enorme e non va sottovalutato neppure oggi), ma non riusciva a scorgere la portata apocalittica e teologica della fondazione dello Stato di Israele, e forse ignorava che: «Nell'immediato dopoguerra Stalin si presentò più volte come il paladino dei popoli colpiti dalla dominazione nazista, mostrandosi propenso a considerare le istanze degli ebrei che con sei milioni di vittime rivendicavano i propri diritti. Il rappresentante sovietico alle Nazioni Unite, Andrey Gromiko, sostenne che non si potava negare al popolo ebraico il diritto di avere uno Stato Approvò quindi il piano UNSCOP tra la sorpresa generale» (129). Secondo il Johnson «se complotto vi fu per fondare Israele, FU L'UNIONE SOVIETICA AD ESSERNE MEMBRO INFLUENTE. Durante la guerra, per ragioni tattiche, Stalin aveva sospeso la sua politica antisemita, creando perfino un Comitato ebraico antifascista. Dal 1944, per un breve momento, aveva adottato un atteggiamento filosionista in politica esteranel maggio 1947, Andrey Gromiko sorprese tutti annunciando che il suo governo era favorevole alla creazione di uno Stato ebraico» (130).
Chi invece comprese molto bene la portata della fondazione dello Stato d'Israele furono proprio gli ebrei: «In quella circostanza [la risoluzione del 1948, n.d.r.] gli ebrei di Roma, che tradizionalmente si erano imposti di non passare più sotto l'Arco di Tito, testimone del loro asservimento, in una solenne cerimonia ruppero questo simbolico divieto, attraversando l'Arco di Tito in senso opposto a quello del trionfo dell'imperatore romano» (131). (132).
Tuttavia con il 1949 i rapporti tra URSS e Israele cominciano ad incrinarsi.
Andrew e Leslie Cockburn, in un recente e ben documentato libro, gettano nuova luce sui rapporti tra USA, URSS e Sionismo: «Dopo molti decenni ed una guerra fredda, Andrei Gromyko, alzando una mano avrebbe dichiarato: "Con questa mano ho creato lo Stato di Israele" L'eloquenza di Gromyko si manifestò su ordine di Giuseppe Stalin, che, rispetto alla fondazione dello Stato d'Israele, non si era certo fatto influenzare dai sentimenti I russi avevano ottime ragioni per sostenere sia la resistenza armata ebraica contro il dominio britannico in Palestina, che la creazione dello Stato sionista, dal momento che lo Stato arabo era allora decisamente nella sfera di influenza dell'occidente. () Il sostegno diplomatico non fu l'unica forma d'incoraggiamento che Stalin diede alla lotta d'Israele per costruirsi e sopravvivere come Stato» (133). Lo Stato di Israele inoltre, ricevette aiuti bellici «dal regime comunista che prese il potere in Cecoslovacchia nel febbraio del 1948, un governo sotto l'occhio attento e vigile di Stalin. Nei mesi che precedettero la dichiarazione di indipendenza di Israele (maggio 1948), i servizi segreti militari statunitensi scoprirono l'esistenza di un regolare ponte aereo per il trasporto di armi tra Praga e il medio oriente (134). () Entro l'autunno del 1948 furono addestrati nelle varie basi cecoslovacche non meno di cinquantamila militari israeliani e quando questi partirono alla volta di Israele, il loro reparto prese il nome di Klement Gottwald, il dirigente comunista ceco» (135). Israele rese inoltre il favore alla Cecoslovacchia, fornendole preziose informazioni sulle più moderne armi americane, veri gioielli di un settore di tecnologia bellica altamente avanzata, nel quale i sovietici erano ancora assai arretrati. «Nel 1948, in almeno due occasioni, gli israeliani consegnarono ai cecoslovacchi esemplari di moderne armi americane Quando e come gli israeliani avessero ottenuto questi prodotti della tecnologia occidentale, poi consegnati ai sovietici, non si è mai saputo, ma evidentemente per lo Stato ebraico si trattava di un'operazione che valeva la pena di compiere» (136). Tuttavia il rapporto privilegiato con l'Est sovietico non doveva essere esclusivo poiché non era da solo sufficiente a fornire al Sionismo , al cui vertice vi era il presidente Trumann che inizialmente non si mostrò entusiasta ad appoggiare la creazione di uno stato ebraico in Palestina (137). Fu solo nel corso del suo secondo mandato che Trumann riconobbe formalmente lo Stato ebraico: «Spingere il presidente americano nel campo filo-israeliano era stata una mossa importante, ma ciò non comportò affatto per Israele la rottura dei suoi legami con i paesi dell'Est ed il suo passaggio nel blocco occidentale [in quanto] Israele voleva sia i capitali americani sia i due milioni di ebrei dell'Unione sovietica, ma non sembrava possibile ottenerli entrambi allo stesso tempo. E d'altra Parte il denaro serviva subito. La comunità ebraica americana aveva contribuito di tasca propria, e con ingenti somme, ad operazioni come l'acquisto di armi cecoslovacche» (138). Se l'Unione Sovietica si accontentava della neutralità di Israele, nel corso della guerra fredda gli Stati Uniti non erano per nulla soddisfatti di tale posizione. Tuttavia gli israeliani «nel timore di alienarsi del tutto i sovietici, tentarono di mantenere comunque un profilo basso e una certa neutralità Israele si trovava in un vicolo cieco: da una parte non osava impegnarsi troppo apertamente con gli americani per timore di tagliare tutti i legami con l'Est dall'altra, si trovava di fronte al problema di come continuare a mungere la "mucca" americana senza essere disposta né capace di dare qualcosa in cambio (139). In realtà c'era qualcosa che Israele poteva dare alla "mucca" americana, ma ciò doveva rimanere segreto» (140). Se era molto difficile per gli USA e la CIA contattare direttamente gli abitanti dell'Est ed averne preziose informazioni, «non rimaneva altro che trovare un posto dove vi fosse molta gente che avesse vissuto di recente in un territorio controllato dai sovietici. Tanto meglio poi se quel paese (Israele) aveva anche una consolidata esperienza di lavoro clandestino in quella parte del mondo ed un'organizzazione di servizi segreti altamente efficiente e ansiosa di collaborare con gli USA» (141). Questa tesi trova conferma anche nel libro di Ostrovsky, il quale asserisce che il Mossad dipende totalmente dagli ebrei che vivono fuori da Israele, i cosiddetti Sayanim, e non potrebbe funzionare senza di loro (142).
Il sionismo e l'antico testamentoMa qual è il piano di Dio? Gerusalemme è destinata dal Signore a ridiventare capitale di uno Stato ebraico? Il modo in cui si è realizzata la formazione dello Stato d'Israele corrisponde a ciò che deve essere il regno di Giuda secondo le profezie? Questa è la chiave della questione sionista: è una chimera o è una realtà? Lo studio teologico del piano di Dio darà una risposta.
La risposta si trova nelle profezie bibliche, che vanno però bene interpretate, in senso spirituale (e non temporale); infatti esse non predicono il ristabilimento del regno temporale d'Israele, ma preannunciano la fondazione della Chiesa romana, regno anzitutto e principalmente spirituale e celeste.
Già ai tempi della venuta di Cristo i dottori gli scribi e i farisei, interpretando alla lettera le profezie, si facevano un'idea del tutto terrestre e materiale del regno del Messia, ed è per questo che condannarono a morte Gesù, che predicava un regno principalmente spirituale (la Chiesa in terra e il Cielo nell'al di là) per tutti gli uomini. I sionisti di allora non furono contenti ed eliminarono il vero Messia. Ed è ancora con tale falsa interpretazione delle profezie messianiche che gli ebrei, sin dalla distruzione di Gerusalemme (70) e fino ai giorni nostri, continuarono a sperare nella ricostituzione del regno d'Israele.
La causa di tali false interpretazioni è, per la teologia cattolica, il disconoscimento del duplice oggetto di tali profezie: uno temporale, riguardante la restaurazione di Gerusalemme e dello Stato ebraico dopo la cattività babilonese (586 a. C.) e non dopo la morte del Messia e la distruzione di Tito (70); l'altro spirituale e riguardante la fondazione della Chiesa, l'Israele spirituale che deve condurre gli uomini di tutti i popoli in Cielo (la Gerusalemme celeste).
L'insigne teologo ed esegeta mons. Lémann scrive a questo riguardo: "È dopo aver misconosciuto il duplice oggetto delle profezie messianiche, l'uno temporale, relativo all'antica Gerusalemme terrestre, e l'altro spirituale, relativo alla Gerusalemme delle anime, opera del Messia, che il popolo ebraico s'è ingannato e s'inganna ancora. () Purtroppo il popolo ebraico si è attaccato e si attacca ancora alle IMMAGINI che rivestono la VERITÀ delle profezie Ed è una seconda e nuova riedificazione di Gerusalemme e del Regno di Giuda che molti di loro persistono a volere. CHIMERA! Il duplice oggetto delle profezie essendosi avverato, uno venticinque secoli fa, grazie alla riedificazione materiale di Gerusalemme dopo l'esilio babilonese, sotto Esdra e Nehemia; l'altro, diciannove secoli fa, grazie alla fondazione della Chiesa: Gerusalemme spirituale
Cercare di ricostruire una Gerusalemme terrestre è lo stesso che voler edificare l'ombra della realtà. Ora da diciannove secoli e per sempre la realtà, che è la Chiesa, ha dissipato l'ombra. Umbram fugat veritas!" (143).
Già Sant'Alfonso Maria de' Liguori aveva individuato questi errori: «Due furono gl'inganni de' Giudei circa il Redentore che aspettavano: il primo fu che quanto predissero i profeti de' beni spirituali ed eterni, de' quali dovea il Messia arricchire il suo popolo, essi vollero intenderlo de' beni terreni e temporali: Et erit fides in temporibus tuis, divitiae salutis, sapientia et scientia, timor Domini, ipse est thesaurus eius (Is. XXXIII, 6). Ecco i beni promessi dal Redentore, la fede, la scienza delle virtù, il santo timore: queste furon le ricchezze della salute promesse. Inoltre Egli promise che avrebbe recata la medicina a' penitenti, il perdono a' peccatori e la libertà a' cattivi del demonio: Ad annuntiandum mansuetis misit me, ut mederer contritis corde et praedicarem captivis indulgentiam et clausis apertiorem (Is. LXI, 1).
L'altro inganno de' Giudei fu che quello ch'era stato predetto da' profeti della seconda venuta del Salvatore, quando Egli verrà a giudicare il mondo nella fine de' secoli, vollero intenderlo della prima venuta. Scrisse bensì Davide del futuro Messia ch'egli dovea vincere i principi della terra ed abbattere la superbia di molti e, colla forza della spada, distruggere tutta la terra: Dominus a dextris tuis: confregit in die irae suae reges. Iudicabit in nationibus conquassabit capita in terra multorum (PS. CIX, 5 et 6). Ed il profeta (Gioele II, 11) [leggi Geremia XII, 12] scrisse: Gladius Domini devorabit ab extremo terrae usque ad extremum eius. Ma ciò s'intende già della seconda venuta, quando verrà da giudice a condannare i malvagi; ma parlando della prima venuta, nella quale dovea venire a consumare l'opera della Redenzione, troppo chiaramente predissero i profeti che il Redentore dovea fare in questa terra una vita povera e disprezzata. Ecco quel che scrisse il profeta Zaccaria parlando della vita abbietta di Gesù Cristo: Ecce rex tuus venit tibi iustus et salvator: ipse pauper et ascendens super asinam et super pullum filium asinae (Zach. IX, 9)» (144).
Il sionismo e il nuovo testamentoGesù, per ben quattro volte, ha profetizzato riguardo al futuro del Tempio di Gerusalemme; una prima volta ha annunciato il suo abbandono da parte di Dio (Lc. XII, 34,35): "ecco che la vostra casa sarà ABBANDONATA" (l'aggettivo deserta riportato nella Vulgata non si trova nel testo greco). Tale sentenza annuncia l'abbandono del Tempio da parte di Dio: Gesù non chiama più il Tempio la MIA casa o la casa del PADRE MIO, ma la VOSTRA casa.
Una seconda volta Gesù predice la distruzione da cima a fondo del Tempio: "Non lasceranno (i tuoi nemici) di te PIETRA SU PIETRA" (Lc. XIX, 41-44).
Una terza volta Gesù predice che il Tempio sarà reso come deserto: "Ed ecco che la vostra casa vi sarà lasciata DESERTA" (Mt. XXIII, 37-38). Questo è un nuovo annuncio, più solenne, che Dio avrebbe abbandonato il Tempio dove abitava. Gesù ripete due volte tale abbandono del Tempio, poiché gli ebrei avevano la folle confidenza che il Tempio, essendo la casa di Dio, li avrebbe risparmiati da qualsiasi calamità. Gesù perciò vuole togliere loro una tale fiducia, ripetendo l'annuncio dell'abbandono ed anzi per far meglio capire la gravità di tale abbandono aggiunge qui la terribile parola deserta, a significare che il Tempio è destinato a cadere in rovina.
Gesù infine si è pronunciato una quarta volta, giurando addirittura che il Tempio sarebbe stato distrutto insieme con le sue stesse rovine: "In verità vi dico non resterà pietra su pietra CHE NON SIA DISTRUTTA" (Mt. XXIV, 2). Ebbene Dio ABBANDONÒ il Tempio quando Gesù fu messo a morte ed il velo del Tempio si strappò in due (Mc. 15, 38; Lc, 23, 45). Il Tempio fu DISTRUTTO da Tito, che fece demolire dai soldati le mura del Tempio incendiato. Restavano le FONDAMENTA, che, al tempo di Giuliano l'Apostata, FURONO DIVELTE proprio dagli ebrei stessi i quali le avevano dissotterrate nella speranza di scavarne delle nuove e di ricostruire il Tempio, cosa che non fu possibile a causa di un fuoco sprigionatosi dalla terra e di numerosi terremoti, "che inghiottironociò che restava delle fondamenta del Tempio" (145). Ecco compiuta la quarta promessa, le rovine stesse del Tempio sono state distrutte: "Lapis super lapidem qui non destruatur" (Mt. XXIV, 2). Tale distruzione, secondo la Tradizione, non è soltanto totale, ma DEFINITIVA! San Giovanni Crisostomo asserisce: "nessuno può distruggere ciò che Gesù Cristo ha edificato, così nessuno può riedificare ciò che ha distrutto. Egli ha fondato la Chiesa e nessuno potrà mai distruggerla; Egli ha distrutto il Tempio e nessuno potrà mai riedificarlo" (146).
Ciò che Gesù ha profetizzato riguardo a GerusalemmeDue cose ha profetizzato Gesù: la distruzione di Gerusalemme e la sua sorte dopo la distruzione, quando essa dovrà essere "calpestata dai pagani, sino a che i tempi delle nazioni siano compiuti" (Lc. XXI, 24).
Dopo la distruzione, operata da Tito nel 70, Gerusalemme fu effettivamente ancora occupata, saccheggiata, calpestata e dominata da diversi popoli pagani. Venti volte conobbe l'invasione e il saccheggio! Cominciarono le legioni di Adriano nel 130; nel 613 fu la volta dei persiani, ai quali seguì nel 627 Eraclio e nel 636 il califfo Omar. Una quinta ed una sesta volta fu occupata tra il 643 e l'868, quando la dinastia degli Omniadi cadde e fu sostituita dagli Abassidi. Nell'arco di circa duecento anni subì nove invasioni: nel 868 dal sovrano egiziano Ahmed, nel 905 dai califfi di Baghdad, nel 936 da Maometto-Ikhschid, nel 968 dai Fatimiti, nel 984 dal turco Ortok, e in seguito dal califfo d'Egitto, nel 1076 dal turco Meleschah, poi dagli Orokidi e ancora nel 1076 dai Fatimiti. La sedicesima volta furono i crociati che entrarono a Gerusalemme alle quindici del venerdì 15 luglio del 1099, alla stessa ora della morte di Gesù Cristo. Nel 1188 fu Saladino che tolse ai cristiani i luoghi santi, nel 1242 il sovrano d'Egitto Nedjmeddin, nel 1382 i Mammalucchi e infine nel 1516 i Turchi con Séhim I.
Sul versetto evangelico che segue la predizione della soggezione di Gerusalemme ai pagani "fino a che i tempi delle nazioni non siano compiuti" si danno due interpretazioni: per la prima, sostenuta da S. Giovanni Crisostomo (II oratio contra Judeos) le parole di Cristo significano "fino a che non vi siano più nazioni", cioè FINO ALLA FINE DEL MONDO, e quindi esclude la possibilità che Gerusalemme possa diventare mai la capitale di uno Stato ebraico. Per la seconda, invece, Gerusalemme sarà calpestata fino a che la pienezza delle nazioni non sia entrata nella Chiesa con la conversione di Israele, in base alle parole di San Paolo (Rm. XI, 25-26): "L'accecamento ha colpito in parte Israele, fino a che la pienezza dei gentili sia entrata, e così tutto Israele sia salvato". Questa tesi esclude anche, con l'entrata progressiva delle nazioni nella Chiesa e la salvezza finale di Israele, la ricostruzione del regno d'Israele, come dimostrano anche l'abbé Lémann e Mons. Spadafora (147).
GESÙ E IL REGNO DI ISRAELE
Il giorno dell'Ascensione gli Apostoli, non ancora ripieni di Spirito Santo, erano imbevuti di sogni di gloria e felicità temporale, come tutti gli ebrei di quell'epoca che aspettavano un Regno terrestre del Messia guerriero e conquistatore. E siccome Gesù aveva parlato loro in quel giorno del Regno di Dio e della discesa dello Spirito Santo, ecco che le loro speranze di regalità temporale si risvegliarono e chiesero a Gesù: "Maestro, è ora che realizzerai il Regno di Israele?" (148). Nella risposta di Gesù ["Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato al suo potere. Ma voi riceverete la virtù dello Spirito Santo che scenderà su di voi e sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria fino alle estremità della terra" (149)] vi è un insegnamento indiretto riguardo al ristabilimento del regno di Israele, in quanto nell'eleggere i discepoli come suoi testimoni fino alle estremità del mondo, Nostro Signor Gesù Cristo faceva loro capire che NON SI TRATTAVA per Lui DI RENDERE ALLA NAZIONE EBREA IL SUO REGNO TEMPORALE, ma di fondare, tramite il loro ministero apostolico, il Regno di Israele spirituale, la Chiesa (Verus Israël) che da Gerusalemme avrebbe dovuto diffondersi in tutto il mondo.
Questo è il Regno di Israele che Gesù Cristo è venuto a fondare, Regno delle anime, Regno dei Cieli: la Chiesa qui in via, e il Paradiso in Patria! Nessun accenno ad uno Stato di Israele che riapparirà a Gerusalemme.
Alla obiezione spontanea che attualmente Gerusalemme è nuovamente la capitale di uno Stato ebraico, che la Palestina è il Regno d'Israele occorre dare una risposta ampia e articolata.
Il fatto che Dio abbia permesso il ritorno di una gran massa di ebrei in Terra Santa non solo non contraddice le profezie di Gesù Cristo ma LE COMPIE, in quanto le Scritture ci parlano, anche della conversione di Israele al Cristianesimo. E Mons. Lémann stesso vedeva in tale movimento verso la Palestina una PREPARAZIONE AL RAGGRUPPAMENTO imponente di ebrei che sarà necessario perché LA LORO CONVERSIONE IN MASSA appaia EVIDENTE AL MONDO INTERO.
E il ritorno in massa del popolo ebraico nella Terra Santa implica veramente la realizzazione STRETTA E FORMALE del Sionismo? Prima della sua conversione al Cristianesimo il popolo ebraico ritroverà il possesso COMPLETO ED INDIPENDENTE del paese dei suoi avi? La storia fino ad ora ha risposto. Il possesso non è PIENO, COMPLETO ed ESCLUSIVO. Inoltre lo Stato di Israele per essere VERO E LEGITTIMO Regno d'Israele dovrebbe essere teocratico ed avere perciò il terzo Tempio. Ora, come affermano tutti gli ebrei ortodossi, il Sionismo attuale non è riuscito a far rivivere tale stato di cose, anzi non ha voluto neppure provarci per principio; pertanto lo Stato di Israele è soltanto MATERIALMENTE, ma non FORMALMENTE, il Regno sognato dai talmudisti. Inoltre gli ebrei non hanno ancora il pieno possesso della Terra Santa, che devono spartire, in stato di guerra continua, con lo Stato palestinese (150).
Secondo Mons. Lémann, anche DOPO LA CONVERSIONE AL CRISTIANESIMO, gli ebrei non potranno ristabilire il Regno d'Israele, non saranno cioè rimessi da Dio nel paese dei loro avi in cui godranno la pace più profonda, perché il ritorno di Israele nella terra promessa deve essere interpretato in senso spirituale e metastorico, cioè come la conversione e il rientro d'Israele nella Chiesa di Cristo, il Verus Israël.
Altri esegeti affermano invece che Israele sarà ristabilito in Palestina e che vi formerà uno Stato [cristiano, dal momento che si parla di Israele convertito] (151).
La conversione futura degli ebrei è ammessa comunemente dai teologi cattolici, tra i quali alcuni affermano che gli ebrei, ritornati a Cristo e incorporati alla Chiesa, saranno ricondotti provvidenzialmente in Palestina dove restaureranno Gerusalemme ed anche il Tempio, ma in onore di Gesù Cristo. S. Beda afferma, ad esempio: "Quando Israele si convertirà non è temerario sperare che ritornerà sul suolo dei suoi padri, che riprenderà il possesso di Gerusalemme per abitarvi" (152). Questa opinione tuttavia, anche se riprende quelle profezie che annunciano il ristabilimento del Regno d'Israele ed è seguita da alcuni esegeti, sembra rinnovare nel fondo l'errore del Giudaismo talmudico, che si ferma al significato letterale delle profezie senza coglierne quello spirituale. Anche l'opinione che gli ebrei convertiti ricostruiranno il Tempio in onore di Gesù Cristo è respinta da Mons. Lémann in quanto contraria a tutta l'economia del Nuovo Testamento: infatti il Tempio aveva, oltre la destinazione immediata al culto divino dell'Antica Alleanza, - ormai revocata - un significato simbolico (153), era figura del TEMPIO FUTURO fondato da Dio stesso, la Chiesa romana. Il Santo rappresentava la Chiesa militante e il Santo dei Santi quella trionfante. Ora che la realtà ha sostituito la figura non vi è più motivo di ricostruire un Tempio che era eminentemente figurativo.
La sorte di Gerusalemme fino alla fine del mondo.Su questo argomento esistono due tesi; la prima afferma che quando i tempi delle nazioni saranno compiuti Gerusalemme non conoscerà la convivenza con l'Islàm e diverrà una capitale cristiana, mentre l'altra, più sicura, asserisce che GERUSALEMME SARÀ CALPESTATA FINO ALLA FINE DEL MONDO a causa del deicidio.
Anche le parole di Gesù "Gerusalemme sarà calpestata dai pagani, fino a che i tempi delle nazioni siano compiuti" (154), vengono spiegate in modo diverso: per alcuni significano che Gerusalemme cesserà di essere calpestata quando il Vangelo sarà predicato ovunque nel mondo intero e Israele si convertirà divenendo uno Stato cristiano; la maggior parte degli esegeti, però, sostiene che Gerusalemme sarà calpestata fino alla fine del mondo, secondo la tesi di san Giovanni Crisostomo: «Mai Gerusalemme gioirà di un pieno e tranquillo splendore Essa presenterà sempre i segni della desolazione decretata. Se arrivasse l'Anticristo, nell'avvenire, e riuscisse a darle uno splendore anticristiano, esso sarà soltanto FITTIZIO E PASSEGGERO. Credere il contrario significa illudersi Se "l'uomo del peccato, il figlio della perdizione"(II Tess. 2,3), per cercare di far mentire le profezie, tenterà di rendere a Gerusalemme il suo splendore passato, immediatamente essa cadrà sotto il colpo di una maledizione simile a quella che pronunciò Giosuè contro chiunque tentasse di ricostruire le mura di Gerico: "maledetto sia davanti al Signore" Lo stesso avverrà per il tentativo dell'Anticristo Per far sparire lo splendore che Gerusalemme non deve più conoscere [e qui si vede la gravità del piano di Giovanni Paolo II in Tertio Millennio Adveniente] (155) un miracolo di vendetta divina colpirà l'Anticristo e bloccherà il suo braccio» (156).
Roma contro Gerusalemme«Vi sono due città quaggiù riguardo alle quali le macchinazioni degli uomini resteranno impotenti: Roma e Gerusalemme Roma sede del Vicario di Cristo, non cesserà mai di esserlo. Leone XIII lo ha proclamato una volta di più nella sua Enciclica relativa al Giubileo del 1900: "Il segno divino, che è stato impresso a questa città, non può essere alterato né dalle macchinazioni umane né da alcuna violenza. Gesù Cristo Salvatore del mondo, ha scelto, sola tra tutte, la città di Roma per una missione più alta ed elevata che le cose umane, e se l'è consacrata. Ha deciso che il trono del suo Vicario vi restasse in perpetuo". Ma se Roma deve restare fino alla fine del mondo la sede indistruttibile del regno di Cristo e del Papato, Gerusalemme, al contrario, non ridiverrà mai la capitale né il seggio di un nuovo regno d'Israele. Un marchio divino è stato ugualmente impresso su di essa, quello del castigo. Né le combinazioni umane, né alcuna violenza non saprebbe farlo scomparire» (157).
Il Sionismo e l'AnticristoÈ sentenza comune dei Padri della Chiesa (158) che gli ebrei devono ricevere e acclamare l'Anticristo come loro Messia e che Gerusalemme non ridiverrà la capitale di uno stato ebraico (perfettamente e completamente) neanche sotto il Regno dell'Anticristo e grazie al suo aiuto. Per ben capire la portata di tale asserzione occorre prima risolvere la questione di quale sarà la sede dell'Anticristo, per la quale esistono due opinioni.
Secondo la prima l'Anticristo avrà come sede del suo regno Gerusalemme; molti sono i sostenitori di questa tesi e tra questi S. Ireneo (159), Lattanzio (160), Sulpizio Severo (161), San Roberto Bellarmino (162), Cornelio a Lapide (163), Francisco Suarez (164). Essa si fonda sull'Apocalisse in cui san Giovanni afferma che Enoch ed Elia, avversari dell'Anticristo, saranno uccisi (165), cioè a Gerusalemme dove quindi l'Anticristo, avrà prima posto la sede del suo regno.
La seconda opinione afferma invece che la capitale del regno dell'Anticristo sarà Roma, perché, per i sostenitori di questa tesi, il testo dell'Apocalisse non si riferisce necessariamente a Gerusalemme come sede dell'Anticristo, il quale potrebbe ordinare la soppressione dei due testimoni in quella città, avendo però altrove la sua sede; anzi per opporsi meglio a Cristo (166). Coloro che preparano il suo regno (gli anticlericali di ogni sorta), sembrano averlo compreso molto bene, infatti «è CONTRO ROMA che si sono coalizzati, da svariati anni gli sforzi dei massoni e degli ebrei, questi formidabili preparatori della potenza dell'Anticristo. Una volta stabilitosi a Roma, "terra di gloria" nulla sarà più facile all'Anticristo che rendersi a Gerusalemme. È là, in effetti che l'attende, secondo la profezia di Daniele, la vendetta di Dio» (167).
Ma anche nel caso in cui l'Anticristo si stabilisse a Gerusalemme, non per questo si realizzerà il sogno del Sionismo, perché questi non avrà come fine quello di ristabilire il Regno di Israele e di realizzare così le profezie, ma solo di farsi adorare come Dio, per cui (168) e aperti gli occhi si convertirà a Gesù Cristo guardando Colui che hanno trafitto.
Per quanto riguarda il Tempio, poi, ci si può chiedere se l'Anticristo arriverà a ricostruirlo in odio alle profezie di Gesù Cristo e per cercare di smentirle o screditarle; alcuni Padri ed esegeti, tra cui san Ireneo, san Cirillo di Gerusalemme, Suarez, lo affermano, interpretando alla lettera le parole di san Paolo (169). Molti altri Padri invece intendono metaforicamente la parola Tempio, che non è quello di Gerusalemme. Per san Girolamo siederà nel Tempio di Dio: vale a dire o in Gerusalemme, o nella Chiesa e ciò mi sembra più vero [vel in Ecclesia, ut verius arbitramur] (170). Della stessa opinione sono anche san Giovanni Crisostomo (171) e Teodoreto che spiega anche il modo in cui avverrà: (172).
Ma pur ammesso che l'Anticristo cerchi di ricostruire il terzo Tempio, non per questo si avvereranno le speranze del Sionismo, perché lo scopo non sarà la gloria di Jahwé, ma il suo culto personale in sostituzione di quello di Dio. Inoltre «tale tentativo sarà talmente imperfetto che il Tempio non sarà ricostruito NEL SENSO STRETTO o proprie loquendo Il Tempio non potrà essere ricostruito FORMALITER, poiché l'impresa avrà per oggetto non il culto del vero Dio, ma quello dell'Anticristo. Poiché benché all'inizio, l'Anticristo, per ingannare gli ebrei, simulerà di voler ricostruire il Tempio per il culto di Dio, in realtà e nel segreto del suo cuore, agirà solo per la sua gloria e per farsi adorare» (173).
Conclusione: l'attuale Stato di Israele è il regno messianico?Il Sionismo attualmente realizzatosi è l'avverarsi di un BEL SOGNO o è una CHIMERA? Dopo aver visto la risposta dell'ebreo convertito Augustin Lémann nel 1901 esaminiamo quanto affermano oggi storici e politologi di diversa estrazione di pensiero. Secondo Paul Johnson la nuova Sion era stata concepita come risposta all'antisemitismo del XIX secolo e pertanto non aveva alcun fondamento né fine religioso, ma era solo «uno strumento politico e militare per la sopravvivenza del popolo ebraico L'essenza del Giudaismo era che l'esilio sarebbe finito per un evento metafisico, in un momento stabilito da Dio, non per una soluzione politica escogitata dall'uomo. Lo Stato sionista era semplicemente un nuovo Saul, suggerire che fosse una forma moderna del Messia era non soltanto sbagliato, ma blasfemo. () Poteva soltanto generare un altro falso messia» (174). Gershom Scholem, grande studioso di mistica ebraica, ammoniva: (175).
«Il Sionismo non aveva posta - secondo il Johnson - per Dio come tale ecco perché fin dal principio la maggior parte degli ebrei osservanti considerarono il Sionismo con sospetto o con decisa ostilità e alcuni ritennero che fosse OPERA DI SATANA La creazione dello Stato sionista non era un reingresso ebraico nella storia, un Terzo Stato, ma l'inizio di un esilio nuovo e molto più pericoloso Il Sionismo era 'ribellione' contro il Re dei re lo Stato ebraico sarebbe finito in una catastrofe peggiore dell'olocausto» (176).
Le ultimissime recenti stragi hanno fatto scrivere a Fiamma Nirestein: «SMARRIMENTO. Israele, che ha per pietra angolare il concetto della sicurezza dello Stato ebraico, che è nato deciso a riscattare per sempre la storia giudaica dal sentimento di inevitabile e continuo pericolo, si trova forse per la prima volta dal 1948, anno della sua fondazione, a non sapere che fare, a percepire, a causa degli attacchi omicidi-suicidi che si susseguono implacabilmente, un senso di vuoto, di perdita, di SMARRIMENTO appunto» (177).
Lo stesso disagio evidenzia, sempre su La Stampa, Avraham Ben Yehoshua:
Negli ultimi tempi la stampa israeliana dedica molto spazio all'eventualità di una guerra civile. Il trauma di una guerra fratricida si accompagna al ricordo della perdita della sovranità Nell'anno 70 Gerusalemme fu conquistata ma alla disfatta militare conribuì una guerra fratricida combattuta tra coloro che si erano scelti per nome 'zeloti' e i cosiddetti 'sadducei'. Questa guerra interna indebolì lo Stato ebraico e preparò il terreno alla sconfitta militare definitiva, ed è per questo che ogni sintomo di possibile lotta di questo genere risveglia un ricordo doppiamente traumatico In fondo i motivi di divisione erano gli stessi che si riscontrano oggi nella società israeliana. Si tratta della lotta tra due diversi codici il codice religioso e quello nazionale Si è tornati [oggi] in un certo senso all'antico conflitto tra i due codici non ci si deve stupire perciò se tra i più violenti oppositori al governo attuale ci sono numerose persone che esibiscono la propria religiosità. Sono loro gli esponenti di punta di un'opposizione che rischia di diventare violenta. Perché il codice religioso, che si esprime nella sacralizzazione della terra di Israele, ha la meglio su quello nazionale Come per gli zeloti non era assurdo ribellarsi contro l'Impero romano. Così per i religiosi contemporanei non c'è niente di male nel continuare l'assurda dominazione su un popolo che rappresenta circa il cinquanta per cento della sua stessa popolazione senza concedere i diritti civili C'è quindi la possibilità che questi fattori [USA e Europa, n.d.r.] contribuiscano ad impedire che i sostenitori del codice religioso scatenino una guerra civile dagli esiti DIFFICILMENTE PRONOSTICABILI» (178).
«Israele il giorno dopo la grande sciagura [la morte di Rabin, n.d.r.] la grande paura degli israeliani ha un nome blasfemo: guerra civile. Inutile nascondersi dietro un dito. Israele corre e correrà codesto rischio mostruoso, devastante, se colui che ha raccolto il testimone non agirà in fretta» (179).
Sembra quasi di cogliere il dubbio o il timore che il Sionismo, lungi dal rappresentare un magnifico successo, possa trasformarsi in un TERRIBILE SCACCO.
Al termine dell'analisi del Sionismo si ritorna al punto iniziale: tutto ciò che riguarda il problema ebraico è problema esclusivamente religioso: già san Gregorio Magno affermava che (180). Il motivo può essere trovato nelle parole stesse della Nirenstein: Israele ha rigettato la vera pietra d'angolo Nostro Signor Gesù Cristo (che avrebbe dovuto riunire gli ebrei ai pagani nell'unica chiesa di Dio, come la pietra d'angolo fa da base a due muri della casa) e ve ne ha sostituita un'altra, il concetto della SICUREZZA dello Stato ebraico; ma mai l'uomo sarà sicuro se non fonda ogni sua speranza in Dio e nel suo Unigenito Gesù Cristo (181). Allora la sostituzione di un Messia personale con un'idea astratta è alla base dello scacco del Sionismo, è la ragione profonda della situazione di SMARRIMENTO constatata dalla Nirenstein, nonostatnte l'opulenza e la potenza attuale dello Stato d'Israele, perché il cuore dell'uomo non troverà pace finché non riposerà in Colui che l'ha redento e che nel Vangelo aveva predetto: «La pietra [Cristo] che riprovarono gli edificanti [i giudei] è diventata PIETRA ANGOLARE [che unisce in una sola Chiesa i due popoli, il pagano e l'israelita]. Chiunque cadrà su questa si sfracellerà ed essa stritolerà colui sul quale cade [cioè colui che per disprezzo l'avrà voluta rimuovere]» (182).
Encoerense:
Scanviar par fanatixmo ła łota e łe goere partexane e de łeberasion ebraeghe contro l'envaxion e l'ocupasion romana. Li ebrei par sto prete catołego-cristian no łi xe degni de esar on popoło, na nasion, de ver ła so tera e ła so rełijon ła saria endegna ...