Novi skei veneti ?
Inviato: lun mar 31, 2014 12:26 pm
Novi skei veneti ?
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Veneto indipendente, una proposta per una moneta locale
http://www.lindipendenza.com/veneto-ind ... eta-locale
di ENZO TRENTIN
Per una discussione sulla possibilità di avere una moneta nazionale veneta, c’è da tener presente che alcuni non credono che la moneta sia uno dei più importanti problemi soprattutto in un sistema federale. Il problema più importante, secondo costoro, è la gestione della politica economica. In particolare bisogna partire dal sistema fiscale e dall’avere una pubblica amministrazione efficiente ed adeguata alle necessità dei cittadini e non una pubblica amministrazione auto-alimentante e dispotica. Anche la giustizia (penale, civile e amministrativa) dovrebbe essere adeguata alle necessità dei cittadini con leggi chiare e leggibili da tutti. Tuttavia questi ultimi aspetti saranno affrontati da altri gruppi di studio.
I vincoli che l’Italia ha accettato entrando nell’euro sono vincoli che avremmo dovuto perseguire anche se stavamo fuori dalla moneta comune, forse solo in maniera più elastica. La concorrenza dei paesi emergenti (oramai già dei colossi economici) ci avrebbe in ogni caso stroncato. Si tenga presente che l’Italia è un paese trasformatore che ha poche materie prime. Deve importare, pagare, lavorare, esportare e infine incassare. Ci ricordano alcuni esperti che anche la Serenissima Repubblica di Venezia ebbe il suo fulcro nel commercio. E poi è importantissimo lo sviluppo tecnologico. Bisogna che lo Stato metta i cittadini in condizione di usare gli strumenti e i mezzi di comunicazione più avanzati. Comunque tornando all’euro. Ecco un breve appunto storico per sapere che un sistema di cambi stabili che favorisca il commercio è stato allo studio già da metà ’800 quando si è sviluppata un’economia industriale.
Dalla metà dell’800 con lo sviluppo dell’economia gli stati europei hanno cercato una stabilità nei propri rapporti monetari. Alcuni paesi europei organizzarono l’Unione Monetaria Latina con un sistema bimetallico oro-argento. Il sistema venne superato dal “gold standard” che durò fino alla prima guerra mondiale (1914). Tra le due guerre mondiali prevalse l’autarchia e il nazionalismo che impedirono lo sviluppo di qualsiasi forma di cooperazione monetaria. Dopo la seconda guerra mondiale prevalse lo spirito di cooperazione e l’Unione Europea dei pagamenti consentì la ripresa degli scambi commerciali (1950-1958) e portò le monete europee occidentali alla convertibilità nell’ambito del Fondo Monetario Internazionale frutto degli accordi di Bretton Woods del 1944.
Il sistema, imperniato sul FMI e basato su tassi di cambio fissi con margini di oscillazione prestabiliti con riferimento al dollaro USA, consentì un soddisfacente sviluppo degli scambi fino al 1971. Nel frattempo gli Stati europei realizzarono nel 1951 il Trattato istitutivo della CECA e, nel 1957, con il Trattato di Roma la Comunità Economica Europea. Nel trattato venne prevista l’istituzione di un Comitato Monetario per promuovere il coordinamento delle politiche degli Stati membri nel campo monetario.
Alla fine degli anni ’60 il sistema di Bretton Woods manifestò i suoi limiti di fronte allo sviluppo dell’economia mondiale e gli Stati della CEE cominciarono a studiare un loro sistema monetario. Nel marzo 1970, si affidò a un gruppo di esperti, presieduto da Pierre Werner, allora presidente del Consiglio e ministro delle Finanze del governo lussemburghese, l’elaborazione di un progetto di unione monetaria. Il piano venne presentato lo stesso anno e puntava alla progressiva stabilizzazione dei cambi delle monete dei paesi membri e fondamentalmente a spostare la politica di bilancio dal livello nazionale a quello comunitario. Venne approvato e avrebbe dovuto essere realizzato entro il 1980. Ma il 15 agosto del 1971, a seguito della dichiarazione di inconvertibilità del dollaro, il sistema di Bretton Woods saltò, i paesi abbandonarono i cambi fissi e con i cambi flessibili fu giocoforza ripristinare il controllo sui movimenti di capitali; i tentativi di un accordo sostitutivo tra il 1971 e il 1973 fallirono e poi nel 1974 ci fu il primo shock petrolifero.
Il piano Werner si arenò; ma nel 1972 i paesi europei vararono il “serpente monetario” per limitare la fluttuazione delle monete tra di loro. Il serpente non ebbe successo. Nel 1975 i paesi europei vararono l’unità di conto europea (UCE) che nel 1979 divenne ECU un paniere di monete europee che fu la base dell’euro. La necessità di creare in Europa una zona di stabilità monetaria spinse il Presidente francese e il Cancelliere tedesco a varare, nel 1978-79, il Sistema Monetario Europeo (SME). Francia, Italia, Irlanda, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Danimarca organizzarono un reciproco rapporto di sostegno con un meccanismo di cambio finalizzato a limitare le variazioni di valore delle monete accettando la leadership monetaria della Germania. Il sistema consentì il recupero di una stabilità monetaria dopo la pesante inflazione degli anni ’70-’80. La politica monetaria della Bundesbank si affermò ma mancava una istituzionalizzazione di questo ruolo. Con l’attuazione del Mercato Unico e la liberalizzazione dei movimenti di capitali, alla fine degli anni ’80, ripartì l’unione monetaria.
Nel giugno 1988 al Consiglio Europeo di Hannover venne istituito un comitato sotto la presidenza di Jacques Delors per elaborare un progetto di Unione Economica e Monetaria. Il rapporto Delors fu la base del Trattato di Maastricht firmato a febbraio del 1992 che modificando il Trattato di Roma del 1957 istituiva una Banca Centrale Europea e una moneta unica europea. La realizzazione della moneta unica ha determinato la necessità di avere una banca centrale unica alla quale trasferire i compiti e i poteri della politica monetaria. La nascita della politica monetaria come disciplina autonoma dalla politica economica e la necessità che questa nuova disciplina sia di specifica competenza della banca centrale è un fatto relativamente recente (anni 70). Da quando le monete sono state sganciate dall’oro e si è sviluppato un “sistema” dei pagamenti e di creazione del credito è sorta l’esigenza di avere una banca centrale per svolgere il compito di banca delle banche e di regolamentazione e vigilanza sul “sistema”; fermo rimanendo che anche la banca centrale, per quanto indipendente, è sempre sottoposta alle regole dettate dal governo nel CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio). Con le sue passività (definite base monetaria) la B.C.E. alimenta le banche commerciali che possono così regolare i propri debiti e crediti. Nell’economia monetaria vediamo quindi tre livelli: la banca centrale, le banche commerciali e le famiglie e imprese.
Dopo questa – spero utile – ricostruzione, l’ennesimo gruppo di lavoro a favore della costituzione di un nuovo assetto istituzionale per un Veneto indipendente, ecco qui in allegato un progetto di moneta complementare, che mantenendo inizialmente l’utilizzo dell’Euro, non preclude la possibilità dell’introduzione successiva di una moneta nazionale veneta. Ricordo, ancora una volta, che – in questa delicata fase “costituzionale” – per evitare che si accendano polemiche e critiche ad personam che sarebbero deleterie all’iniziativa che vuole invece essere giudicata per il suo lavoro e non per le persone che lo svolgeranno, tutti i componenti hanno chiesto o hanno accettato d’impegnarsi alla massima discrezione e all’anonimato. Ci penserà la storia – se del caso – ad esaltare i giusti meriti d’ognuno.
ALLEGATO
Sistema_Monetario_per_la_Repubblica_VENETA
http://www.lindipendenza.com/wp-content ... VENETA.doc
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Veneto indipendente, una proposta per una moneta locale
http://www.lindipendenza.com/veneto-ind ... eta-locale
di ENZO TRENTIN
Per una discussione sulla possibilità di avere una moneta nazionale veneta, c’è da tener presente che alcuni non credono che la moneta sia uno dei più importanti problemi soprattutto in un sistema federale. Il problema più importante, secondo costoro, è la gestione della politica economica. In particolare bisogna partire dal sistema fiscale e dall’avere una pubblica amministrazione efficiente ed adeguata alle necessità dei cittadini e non una pubblica amministrazione auto-alimentante e dispotica. Anche la giustizia (penale, civile e amministrativa) dovrebbe essere adeguata alle necessità dei cittadini con leggi chiare e leggibili da tutti. Tuttavia questi ultimi aspetti saranno affrontati da altri gruppi di studio.
I vincoli che l’Italia ha accettato entrando nell’euro sono vincoli che avremmo dovuto perseguire anche se stavamo fuori dalla moneta comune, forse solo in maniera più elastica. La concorrenza dei paesi emergenti (oramai già dei colossi economici) ci avrebbe in ogni caso stroncato. Si tenga presente che l’Italia è un paese trasformatore che ha poche materie prime. Deve importare, pagare, lavorare, esportare e infine incassare. Ci ricordano alcuni esperti che anche la Serenissima Repubblica di Venezia ebbe il suo fulcro nel commercio. E poi è importantissimo lo sviluppo tecnologico. Bisogna che lo Stato metta i cittadini in condizione di usare gli strumenti e i mezzi di comunicazione più avanzati. Comunque tornando all’euro. Ecco un breve appunto storico per sapere che un sistema di cambi stabili che favorisca il commercio è stato allo studio già da metà ’800 quando si è sviluppata un’economia industriale.
Dalla metà dell’800 con lo sviluppo dell’economia gli stati europei hanno cercato una stabilità nei propri rapporti monetari. Alcuni paesi europei organizzarono l’Unione Monetaria Latina con un sistema bimetallico oro-argento. Il sistema venne superato dal “gold standard” che durò fino alla prima guerra mondiale (1914). Tra le due guerre mondiali prevalse l’autarchia e il nazionalismo che impedirono lo sviluppo di qualsiasi forma di cooperazione monetaria. Dopo la seconda guerra mondiale prevalse lo spirito di cooperazione e l’Unione Europea dei pagamenti consentì la ripresa degli scambi commerciali (1950-1958) e portò le monete europee occidentali alla convertibilità nell’ambito del Fondo Monetario Internazionale frutto degli accordi di Bretton Woods del 1944.
Il sistema, imperniato sul FMI e basato su tassi di cambio fissi con margini di oscillazione prestabiliti con riferimento al dollaro USA, consentì un soddisfacente sviluppo degli scambi fino al 1971. Nel frattempo gli Stati europei realizzarono nel 1951 il Trattato istitutivo della CECA e, nel 1957, con il Trattato di Roma la Comunità Economica Europea. Nel trattato venne prevista l’istituzione di un Comitato Monetario per promuovere il coordinamento delle politiche degli Stati membri nel campo monetario.
Alla fine degli anni ’60 il sistema di Bretton Woods manifestò i suoi limiti di fronte allo sviluppo dell’economia mondiale e gli Stati della CEE cominciarono a studiare un loro sistema monetario. Nel marzo 1970, si affidò a un gruppo di esperti, presieduto da Pierre Werner, allora presidente del Consiglio e ministro delle Finanze del governo lussemburghese, l’elaborazione di un progetto di unione monetaria. Il piano venne presentato lo stesso anno e puntava alla progressiva stabilizzazione dei cambi delle monete dei paesi membri e fondamentalmente a spostare la politica di bilancio dal livello nazionale a quello comunitario. Venne approvato e avrebbe dovuto essere realizzato entro il 1980. Ma il 15 agosto del 1971, a seguito della dichiarazione di inconvertibilità del dollaro, il sistema di Bretton Woods saltò, i paesi abbandonarono i cambi fissi e con i cambi flessibili fu giocoforza ripristinare il controllo sui movimenti di capitali; i tentativi di un accordo sostitutivo tra il 1971 e il 1973 fallirono e poi nel 1974 ci fu il primo shock petrolifero.
Il piano Werner si arenò; ma nel 1972 i paesi europei vararono il “serpente monetario” per limitare la fluttuazione delle monete tra di loro. Il serpente non ebbe successo. Nel 1975 i paesi europei vararono l’unità di conto europea (UCE) che nel 1979 divenne ECU un paniere di monete europee che fu la base dell’euro. La necessità di creare in Europa una zona di stabilità monetaria spinse il Presidente francese e il Cancelliere tedesco a varare, nel 1978-79, il Sistema Monetario Europeo (SME). Francia, Italia, Irlanda, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Danimarca organizzarono un reciproco rapporto di sostegno con un meccanismo di cambio finalizzato a limitare le variazioni di valore delle monete accettando la leadership monetaria della Germania. Il sistema consentì il recupero di una stabilità monetaria dopo la pesante inflazione degli anni ’70-’80. La politica monetaria della Bundesbank si affermò ma mancava una istituzionalizzazione di questo ruolo. Con l’attuazione del Mercato Unico e la liberalizzazione dei movimenti di capitali, alla fine degli anni ’80, ripartì l’unione monetaria.
Nel giugno 1988 al Consiglio Europeo di Hannover venne istituito un comitato sotto la presidenza di Jacques Delors per elaborare un progetto di Unione Economica e Monetaria. Il rapporto Delors fu la base del Trattato di Maastricht firmato a febbraio del 1992 che modificando il Trattato di Roma del 1957 istituiva una Banca Centrale Europea e una moneta unica europea. La realizzazione della moneta unica ha determinato la necessità di avere una banca centrale unica alla quale trasferire i compiti e i poteri della politica monetaria. La nascita della politica monetaria come disciplina autonoma dalla politica economica e la necessità che questa nuova disciplina sia di specifica competenza della banca centrale è un fatto relativamente recente (anni 70). Da quando le monete sono state sganciate dall’oro e si è sviluppato un “sistema” dei pagamenti e di creazione del credito è sorta l’esigenza di avere una banca centrale per svolgere il compito di banca delle banche e di regolamentazione e vigilanza sul “sistema”; fermo rimanendo che anche la banca centrale, per quanto indipendente, è sempre sottoposta alle regole dettate dal governo nel CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio). Con le sue passività (definite base monetaria) la B.C.E. alimenta le banche commerciali che possono così regolare i propri debiti e crediti. Nell’economia monetaria vediamo quindi tre livelli: la banca centrale, le banche commerciali e le famiglie e imprese.
Dopo questa – spero utile – ricostruzione, l’ennesimo gruppo di lavoro a favore della costituzione di un nuovo assetto istituzionale per un Veneto indipendente, ecco qui in allegato un progetto di moneta complementare, che mantenendo inizialmente l’utilizzo dell’Euro, non preclude la possibilità dell’introduzione successiva di una moneta nazionale veneta. Ricordo, ancora una volta, che – in questa delicata fase “costituzionale” – per evitare che si accendano polemiche e critiche ad personam che sarebbero deleterie all’iniziativa che vuole invece essere giudicata per il suo lavoro e non per le persone che lo svolgeranno, tutti i componenti hanno chiesto o hanno accettato d’impegnarsi alla massima discrezione e all’anonimato. Ci penserà la storia – se del caso – ad esaltare i giusti meriti d’ognuno.
ALLEGATO
Sistema_Monetario_per_la_Repubblica_VENETA
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