L’envension de ła Padania o Padagna

Re: L’envension de ła Padania o Padagna

Messaggioda Berto » mer mag 28, 2014 9:11 am

La sinistra renziana sfonda in Padania. Andiamo a vivere a Spirano…

http://www.lindipendenza.com/la-sinistr ... -a-spirano

di GIANFRANCESCO RUGGERI

Nel 50 avanti Cristo tutta la Gallia è occupata dai Romani…Tutta? No! Un villaggio dell’Armorica, abitato da irriducibili Galli, resiste ancora e sempre all’invasore. È l’incipit di Asterix che oggi potremmo così riformulare: nel 2014 dopo Cristo tutta la Padania è occupata dai Renziani…Tutta? No! Un villaggio della bergamasca, abitato da irriducibili Padani, resiste ancora e sempre all’invasore. Per la precisione mi riferisco al comune di Spirano, poco più di 5.000 abitanti nella pianura bergamasca, dove il sindaco Giovanni Francesco Malanchini è stato riconfermato con un risultato bulgaro, un’affermazione travolgente, un vero e proprio trionfo che ha portato la Lega addirittura al 74%, dicesi settantaquattropercento! Erano anni che non vedevo un risultato del genere per la Lega, a memoria devo risalire al 1996 quando in quei bei tempi a Valgoglio una Lega allora veramente secessionista era arrivata al 72%.

Torniamo a Spirano e cerchiamo di capire perché Malanchini e i suoi siano arrivati a prendere così tanti voti nello stesso momento in cui la sinistra riesce a sfondare in Padania diventando largamente il primo partito persino in Lombardia e in Veneto. Di certo non si può parlare di astensionismo, infatti a Spirano ha votato l’81,4 % degli aventi diritto, pertanto l’alto numero di votanti non fa che aumentare l’importanza del risultato.

La spiegazione principale ovviamente sta nel fatto che l’amministrazione uscente ha ben governato, Malanchini e i suoi si sono fatti in 4 per la loro gente, hanno dato tutto, ma credo ci sia di più.

A Spirano non soltanto hanno riparato le buche, sistemato le scuole, tagliato l’erba delle aiuole e più in generale affrontato tutti i problemi del vivere quotidiano, l’hanno fatto con l’amore di chi ha a cuore la propria terra, il proprio paese o meglio la propria piccola patria. Con lo stesso amore e senza alcuna paura hanno parlato di identità, non si vergognano infatti ad usare il nome Padania, fanno del bilinguismo bergamasco/italiano una bandiera e quando è nata l’iniziativa di Color 44 sono stati i primi nella Bergamasca ed i secondi in regione a votare una mozione di sostegno al referendum per l’indipendenza della Lombardia e l’hanno fatto di testa loro, senza aspettare i cervellotici ragionamenti politici che giungevano dalle alte sfere, perchè sanno che un leghista serio, se si parla di indipendenza, non può che dire di si, subito! Volete poi sapere cosa ha fatto il sindaco Malanchini quando Napolitano è venuto a farsi un giro a Bergamo? È stato tra i pochi che non si sono presentati ad omaggiarlo: grazie Giovanni!

Per di più stiamo parlando di una lista monocolore, niente alleanze, niente pastrocchi, a Spirano hanno chiaro in testa che o si vince o si perde, ma lo si fa con coerenza e con onore, senza imbarcare fratelli d’Italia, cugini di Alfano e suocere di Casini, questo è fondamentale perché poi si può governare come si vuole. La prova provata di quanto detto la si è avuta anche il 24 maggio, proprio il giorno prima delle elezioni, quando a Spirano si è tenuto il convegno di studi linguistici per i dieci anni dell’Alp, l’Associazione Linguistica Padaneisa, originariamente in programma altrove e poi dirottato a Spirano, perché nel comune inizialmente prescelto a guida Lega-Pdl, gli “alleati” hanno posto il veto ed impedito un simile evento troppo padanista. Malanchini e i suoi non si sono invece fatti alcun problema, tiè!

Possiamo dire che a Spirano non hanno solo amministrato bene, hanno fatto ciò che dovrebbe fare un’amministrazione leghista, amministrare bene e al contempo risvegliare le coscienze, fare identità e questo messaggio è giunto alla popolazione. Posso raccontare a riguardo un simpatico aneddoto, infatti dopo il convegno Alp di sabato siamo andati a cena con i relatori, tra cui il simpaticissimo e formidabile Sergio Salvi, autore tra l’altro de “L’Italia non esiste” e de la “Lingua padana e i suoi dialetti”, il quale al momento di ordinare ha dato in escandescenza quando gli hanno proposto “i gnocchi”. Se l’è presa con la padrona “vietandole di ripetere quello scempio linguistico”, perché in italiano corretto si dice “gli gnocchi” e poi nervosamente ha sbottatto “ma dove siamo qui, in Padania?” A questo punto la padrona del locale gli ha risposto a muso duro “certo che siamo in Padania qui!” e il buon Salvi sorridendo ha replicato, “questa risposta così convinta mi fa piacere”, dato che in fin dei conti lui stesso è decisamente a favore della Padania, pur non essendo padano: gli basta solo che non gli si dica “i gnocchi”, figuratevi che a mezzogiorno aveva strigliato anche me per lo stesso motivo! In ogni caso questo episodio testimonia l’aria che si respira a Spirano, aria di identità, aria di libertà, così non è difficile trovare chi ti dice “certo che siamo in Padania qui!”, prova ne sia che anche alle europea la Lega a Spriano ha preso il 40%, mentre il dato provinciale è della metà senza contare che alle amministrative nel circondario la Lega ha perso molti comuni.

La morale è che quando la Lega fa la Lega i risultati arrivano, i padani rispondono, la colpa quindi non è dei padani come si dice sempre, che saranno anche tonti e mollaccioni, ma che pure ti votano in massa se gli sottoponi una proposta politica seria e coerente e non una sparata propagandistica. La colpa non è dei padani, ma di chi sotto le insegne della Lega va in giro zuzzurellando come la vispa Teresa, per non dire di peggio.

In ogni caso dobbiamo renderci conto che esiste il “caso Spirano”, si tratta di una goccia di libertà che ha resistito all’ondata rossa che ha travolto tutta la Padania. Vogliamo studiare il caso Spirano e replicarlo a tappeto altrove? Sarebbe ora che anche le alte sfere se ne accorgessero, sarebbe ora che i geni al comando invece di inventarsi strane alleanze con i sindaci uscenti del Pd, si è visto anche questo in bergamasca, si rendesse conto che la coerenza paga, che si deve preferir una sconfitta con onore piuttosto che governare ad ogni costo, che la buona amministrazione è fondamentale, ma è il minimo per un sindaco leghista che deve dare anche un’impronta identitaria, perché un sindaco veramente leghista non deve essere un amministratore di condominio, ma la guida di un popolo in cerca di libertà e indipendenza.

In attesa che i pozzi di scienza al comando, tra un viaggio al sud e un’alleanza con il Pd, capiscano quanto detto, ai signor nessuno come me non resta che trasferire la residenza a Spirano. Padania Libera!
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Re: L’envension de ła Padania o Padagna

Messaggioda Berto » lun giu 02, 2014 12:46 pm

Che palle questi quattro sassi romani. Riscopriamo cos’è la nostra Padania

http://www.lindipendenza.com/che-palle- ... ra-padania (Padania???)

di GIANFRANCESCO RUGGERI

Giugno, ore due di un caldissimo pomeriggio e sono sperso in un sito archeologico, mentre una notissima e famosissima archeologa ci descrive con dovizia di particolari i resti romani di non so quale teatro. Il tempo passa e il sole picchia sempre più, nemmeno una pianta sotto cui ripararsi, ma dopo ben 45 minuti finalmente tace e penso di andarmene, quando inizia a parlare un suo collega. Non capisco più nulla e in fondo al gruppo sbotto: “che palle questi quattro sassi romani!” Senza che me ne accorgessi l’illustre archeologa si è messa proprio accanto a me, la guardo, mi guarda, stupefatta a bocca aperta non riesce ad emettere suono, sembra la Boldrini quando i grillini le assaltano il banco alla Camera. Abbasso gli occhi, la testa, le orecchie, abbasso tutto e me ne vado via prima che mi tiri uno di quei quattro sassi romani.

È un episodio realmente accadutomi qualche anno fa, riguardo al quale mi rendo conto di aver sbagliato i modi, i tempi, le forme, ma più passa il tempo, più mi convinco di aver pienamente ragione nel contenuto: che palle, questi quattro sassi romani! Mi accorgo sempre più che la nostra società è in preda ad un’ossessiva ossessione romanofila, così che un paese, un luogo meritano attenzione solo e soltanto se possono vantare qualcosa di romano, di presunto romano, di simili romano. La società in cui viviamo è ancora vittima dell’idea fascista che la civiltà sia stata portata dai romani e così tutto quello che è romano è degno di attenzione, se non di venerazione. La romano-mania è così forte, che se andate al supermercato trovate in vendita persino “Amore e sesso nell’antica Roma” di Alberto Angela: ma chissenefrega, veramente chissenefrega di come facevano l’amore i romani!

Casualmente pochi giorni orsono leggevo una banalissima guida turistica della bergamasca, dove si nota con facilità l’eccessiva attenzione al più insignificante elemento romano quasi non esista altro in grado di nobilitare un territorio: ad Azzano San Paolo si segnala la presenza di “laterizi romani”, in pratica pezzi di mattone, a Zanica si parla di “due speroni in ferro e di due fibbie in bronzo”, mentre a Comun Nuovo non c’è proprio nulla di romano, dato che il paese è stato fondato solo nel 1200: sarà per questo che la descrizione dedicata al paese è tra le più brevi del testo?

Il punto è un altro, chiediamoci se sono utili queste notizie. Servono a descrivere il territorio? Aiutano a capire i luoghi? Se voi foste sotto l’ombrellone al mare e il vostro vicino di sdraio vi chiedesse notizie sul luogo in cui vivete, gli rispondereste mai che nel vostro paese hanno trovato 4 mattoni o 2 speroni romani? Se malauguratamente foste di Comun Nuovo, dove di romano non c’è nulla neanche a cercarlo col lanternino, fareste scena muta?

Ebbene, se io abitassi nei tre paesi citati, direi che vi passa la Morla, rigorosamente al femminile, perché in Padania i corsi d’acqua che finiscono con la A sono femminili, con buona pace degli italici, che cercano di maschilizzarli tutti. Nessuno di voi saprà cos’è la Morla, nè chi abita nei tre paesi in questione si sognerebbe mai di farne menzione, perché non le dà alcun valore, dato che noi padani non abbiamo la minima conoscenza di noi stessi, della nostra storia, né del nostro territorio. La Morla è un corso d’acqua naturale, giunta a Bergamo piega a sud e con un alveo rettilineo e artificiale giunge fino a Comun Nuovo, dove si suddivide nei campi che irriga fino a perdersi e sparire. Lo storico Menant scrive che la Morla è la spina dorsale del sistema idraulico della media pianura bergamasca e proprio grazie ad essa è nato nel 1200 il paese di Comun Nuovo.

Ogni angolo di Padania ha la sua Morla, cercate attorno a casa vostra e troverete qualcosa di simile ed ogni Morla è un testimonianze del nostro ingegno e della nostra laboriosità. Pensate che la Morla ha un alveo artificiale lungo più di 10 Km, interamente scavato a mano, a pich e pala, dai nostri padanissimi antenati poco prima dell’anno 1000, nei cosiddetti “secoli bui”. Allora chiediamoci, sono più importanti due speroni giusto perché sono romani od un corso d’acqua naturale deviato dall’uomo con il suo alveo artificiale lungo più di 10 Km grazie al quale è nato un intero comune, grazie al quale hanno prosperato altri paesi ed ancora oggi si irrigano i campi? Ebbene come detto la Morla non è un caso isolato, tutti voi avete la vostra Morla più o meno grande che scorre vicino a casa vostra, perché tutta la Padania è stata costruita dal nostro lavoro, dalla nostra fatica e sopratutto dal nostro ingegno.

Carlo Cattaneo riassume perfettamente quanto sto dicendo quando scrive: noi possiamo mostrare agli stranieri la nostra pianura tutta smossa e quasi rifatta dalle nostre mani; (…). Abbiamo preso le acque dagli alvei profondi dei fiumi e dagli avvallamenti palustri e le abbia­mo diffuse sulle àride lande. Questa è la verità, dove vi era palude abbiamo regolato le acque, dove il suolo era arido abbiamo portato l’irrigazione e con la nostra inventiva e perseveranza abbiamo creato una delle più grandi macchine idrauliche che esistano al mondo. Immagino che girando per la nostra terra non abbiate mai dato troppo peso ai canali e ai singoli fossatelli che vi capita di incontrare, che oggi distruggiamo, cementifichiamo e copriamo, ebbene quello che a voi sembra un’insignificante nullità è in realtà una minuscola porzione di un sistema idraulico immenso, senza il quale oggi la nostra terra semplicemente non esisterebbe.

Il Cattaneo ci insegna che gli elementi naturali originari erano come le parti di una vasta macchina agraria alla quale mancava solo un popolo che (…) ordinasse gli sparsi elementi; è quello che abbiamo fatto noi padani, non certo i romani che si sono limitati a centuriare la nostra terra. La tanto osannata centuriazione altro non è se non la suddivisione del territorio in maglie rettangolari da assegnare ai soldati per favorire la colonizzazione delle terre e badate bene che si sono limitati a centuriate le terre più fertili, non hanno costruito il territorio, se ne sono soltanto impadroniti. La centuriazione romana è l’equivalente degli Homestead act con cui gli statunitensi si sono spartiti le terre dei nativi, dopo averle divise in maglie rettangolari. C’è dell’ingegno in tutto ciò? C’è dell’onesto lavoro? Se la Padania è un immenso deposito di fatiche dipende da noi, non dai romani che ci hanno lasciato giusto due mattoni e quattro sassi.

Non solo abbiamo realizzato una macchina idraulica efficientissima, di più, abbiamo creato il bello nel vero senso della parola. Parlandovi del Grand Tour vi dicono sempre che gli stranieri valicavano le Alpi per visitare le città d’arte, Firenze, Roma, Napoli, ma vi nascondono sempre il fatto che superate le montagne quegli stessi stranieri restavano sbigottiti nel vedere quanto era bella la nostra terra e nei loro diari di viaggio si rinvengono facilmente entusiastiche descrizioni. Scrive Joseph Jérome de Lalande nel 1786 che “Cette plaine de Lombardie qui s’étend depuis Turin jusqu’à Rimini & Venise, sur une longueur de 90 lieues est la plus vaste, la plus délicieuse & l’une de plus fertiles qu’il y ait en Europe” e badate bene che la Lombardia di Lalande, che si estende da Torino a Rimini e a Venezia, altro non è che la Padania di oggi. Molti sono quelli che rimangono stupiti dall’abbondanza di acque “che irrigano, ma non inondano” (Edward Gibbon 1764), altri viaggiatori descrivono la nostra terra come un “giardino perpetuo” (François Deseine, 1699), grazie alla presenza delle marcite, riguardo alle quali il Cattaneo scrive che una parte del piano, per arte ch’è tutta nostra, verdeggia anche nel verno, quando all’intorno ogni cosa è neve e gelo. Altri autori si spingono oltre descrivendo la nostra terra come una sorta di giardino in festa e questa impressione è data loro dai tralci di vite maritata, che correndo di albero in albero danno l’impressione di essere “ghirlande” (Silhouette, 1770). E chi credete che abbia inventato questo modo di coltivare la vite che ha fatto bella la nostra terra? Non certo i romani, che arrivati in Padania l’hanno trovata ovunque e l’hanno solo ribattezzata arbustum gallicum!

Mentre tutti si sbrodolano con la romanità, quanti sanno che la nostra terra era internazionalmente considerata un’icona paesaggistica di valore mondiale, come oggi lo è la Toscana? Quanti di voi sono consci che molto abbiamo distrutto, ma che molto di quel bello rimane tutt’oggi? E quanti sono invece i nostri fratelli rimbambiti da una malsana idea di mediterraneità che li porta a riempire la nostra terra di sughere, ulivi, palme e cipressi cercando di scimmiottare le colline toscane o lidi ancor più lontani? Non conosciamo il valore paesaggistico della nostra terra, non comprendiamo che il cipresso è l’albero della romanità, non sappiamo che al suo posto si potrebbe piantare il pioppo cipressino, che è un’essenza tipica della Padania, dove questa specie è stata selezionata nel XVII secolo, tanto tipica da essere nota in inglese con il nome di Lombardy Poplar.

Chiudo prendendo di petto persino il simbolo stesso della romanità, il Colosseo. Certo è un monumento imponente, ammirevole, decisamente interessante, ma soprattutto celebrato ed osannato ad ogni piè sospinto. Ma veramente credete voi che costruire quel famoso anfiteatro abbia richiesto più ingegno e più fatica di quanto ne sia servito per deviare la sconosciuta Morla e scavarle un alveo artificiale di più di 10 km oltre alla relativa rete di canali minori? Né va dimenticato che la Morla fin dai secoli bui ha nutrito generazioni e generazioni di padani, mentre il Colosseo era il luogo in cui i civilissimi romani si divertivano a far sbranare dai leoni donne e bambini. Anche prescindendo da queste considerazioni di ordine morale e pur con tutto il rispetto che è necessario avere per un tale monumento, è comunque necessario aver ben chiaro in mente che il Colosseo rappresenta solo un infimo granello di sabbia al confronto di ciò che noi abbiamo fatto e costruito nel corso dei secoli in Padania, dove i romani hanno lasciato giusto due speroni e quattro sassi!

Così quando pomposamente vi dicono che tutte le strade portano a Roma, rispondete loro orgogliosamente che tutti i canali scorrono in Padania! Padania libera, anche e soprattutto dalla nostra ignoranza per noi stessi.
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Re: L’envension de ła Padania o Padagna

Messaggioda Berto » dom nov 22, 2015 12:16 pm

El vecio padan Oneto lè morto

A Belgirate il funerale della Padania
22 Nov 2015 di STEFANIA PIAZZO

http://www.lindipendenzanuova.com/a-bel ... -padania-2

Due colpi in una volta sola.
Il primo. “Flavia, non venire per carità col tricolore al mio funerale”. Niente sindaco col fascione.
Il secondo: far aprire la vecchia chiesa di Belgirate, che raramente si mostra al pubblico.
Gilberto Oneto, celebrato, commemorato, salutato sabato scorso nella splendida pieve vecchia, sicuramente avrà apprezzato gli affreschi sulle volte, pieni del suo lago e, soprattutto, della Belgirate prima che arrivasse Napoleone. Anche l’iconografia vuole la sua parte. Niente simboli di stati, dittature, imperi.
La storia è scienza, anche davanti alla morte. Per una volta, poi, si può chiedere che sia l’anima a decidere, se per tutta la vita sono state le leggi, e non solo quelle, a frenare una rivoluzione culturale che Oneto aveva nel cuore.
Dunque, non si sa se fosse più incazzato con Roma o con i padani, soprattutto alcuni loro politici. Ne è stato l’ispiratore, il costruttore di contenuti, di simboli. Tutti lo sanno che è stato lui a parlare per primo di Padania.
A identificarla attraverso i suoi studi nel sole delle Alpi. A dare una cornice storica ad un popolo, quello padano-alpino, che aveva dimenticato da dove arrivasse e, soprattutto, dove potesse andare.
La politica poi prende queste bandiere e le fa camminare ma, spesso, come accade per l’invidia e pochezza degli uomini di potere, allontana chi può fare ombra. L’imperatore preferisce chi non fa ombra accanto a sè. E’ così da sempre. E’ lo stesso destino che ha subito Oneto. E, prima di lui, Miglio. Altri indizi non servono.

Fu un errore non dare a Oneto l’opportunità di governare il suo territorio, di non portarlo a Roma a tuonare, di non rivoluzionare la cultura della Lombardia, con un assessorato, di non consentirgli di fare pure il segretario nazionale. Si temeva che col suo carattere non avrebbe risposto a nessuno. Appunto.

Fu un errore bandirlo dai media della politica, porre il veto “perché quello lì ci scrive contro”. Toccò anche a me ricevere la telefonata di un genio di via Bellerio che mi pose il veto quando ancora sul settimanale “Il Federalismo” la firma di Oneto era tornata a sparare ad alzo zero.

A Belgirate c’era anche Matteo Salvini, apprezzato nella sua riservata presenza, uno tra i tanti, uno tra i tutti, e che a Gilberto non aveva mai negato il microfono della radio.

C’era Alfredo Croci, il grafico con cui iniziò a impaginare nella tipografia di Lombardia Autonomista, i primi Quaderni Padani. Ci eravamo conosciuti così.
Tutti ne riconoscono il genio, il carattere tenacemente ostile a chi remava contro. Un testone a volte per partito preso, ma capace di leggere, di scrivere e di menare la cultura dove gli altri neppure immaginavano. Quasi tutti i politici che abbiamo intorno.
“E’ morto con stile”, ha dovuto ammettere persino il parroco di montagna che lui volle con sè per “capire” ed essere pronto, “lucido fino all’ultimo nella sua onestà intellettuale, in grazia di Dio”. Ecco, questo passaggio a tanti mancava, ma ci sono valori in cui si crede che, a differenza di altri, non c’è bisogno di urlarli, scriverli, sbandierarli.foto (5)
Ma l’impressione, a dirla tutta, è che sabato 21 novembre si sia chiusa un’era, un’epopea, una storia. E’ stato il funerale della Padania. Non delle idee divulgate da Oneto, non della loro attualità, della loro modernità. Quanto, piuttosto, di un percorso che è finito perchè un altro ne è già iniziato, e da tempo: la depadanizzazione della politica, con l’avvento del politicamente corretto con cui parlano oggi i politici del Nord. Che sarà il prossimo ad essere denordizzato.
Se Oneto è in pace, di sicuro non riposa chi resta.
(nella foto in apertura, San Giorgio che uccide il drago, davanti alla casa di Gilberto e da lui realizzato. Sotto, Belgirate al termine della funzione: sole, vento, nubi e arcobaleno…).


Ciao Oneto pecà ke no te ghè vesto tanta creansa co naltrri veneti ke te ne vołevi tuti padani e poco o gnente veneti!
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Re: L’envension de ła Padania o Padagna

Messaggioda Berto » dom nov 22, 2015 12:47 pm

24 maggio, Gilberto Oneto: “La storia non ha insegnato nulla a un’Italia che decide ancora senza il consenso del popolo”

di Elisabetta Reguitti
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... lo/1713336

"Guerrone", questo il titolo dell'ultimo libro dello storico ed esperto di cultura identitaria: "Ho solo usato l'espressione di papa Pio X che nel 1911 durante il conflitto con la Libia utilizzò questa parola per indicare ciò che stava per iniziare", ha detto a FQ Magazine. "Il nostro Paese è rimasto immutato: oggi si tratta di scelte di politica economica che si riflettono su pensionati e giovani. Ieri, la scelta di entrare in guerra che ha portato la morte di un'intera generazione di ragazzi"
di Elisabetta Reguitti | 24 maggio 2015

Tricolore a mezz’asta nel centenario della Grande guerra? Giusto, secondo Gilberto Oneto, storico e esperto di cultura identitaria. “A parte il lutto per tutti i morti di quel conflitto, non dobbiamo dimenticare che ai sud tirolesi di diventare italiani proprio non interessava”.
Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d’Italia, via Twitter ha invitato Ugo Rossi e Arno Kompatscher a dimettersi…
Poteva evitarselo. Trovo che Meloni stia andando così bene inseguendo la Lega sui temi dell’immigrazione, che poteva tranquillamente stare alla larga da queste sterili discussioni, e da queste figuracce. Credo infatti legittimo che in Trentino e in Sud Tirolo si possa ricordare la grande guerra in quel modo.
Grande guerra che per lei è il “Guerrone” peraltro titolo del suo ultimo libro edito da “il Cerchio”.
Ho solo usato l’espressione di papa Pio X che nel 1911 durante il conflitto con la Libia, – utilizzò questa parola per indicare ciò che stava per iniziare.
Libia, oggi come ieri…
Da punti di vista diversi, ma evidentemente la storia non ha insegnato nulla. L’Italia è la stessa.
In che senso?
Allora come oggi le decisioni sono state prese senza il consenso del popolo, del parlamento. Oggi si tratta di scelte di politica economica che si riflettono su pensionati e giovani. Ieri, la scelta di entrare in guerra che ha portato la morte di un’intera generazione di ragazzi “a causa” dell’Italia.
Perché a “causa dell’Italia”?
A causa delle insane aspirazioni imperialistiche d’Italia, nascoste dal mito delle terre “irredente”, di Trento e Trieste, del confine orientale. Gli interessi di una casta economica e finanziaria, di una monarchia dai grandi appetiti e le “spinte” straniere sono state pagate un prezzo altissimo fatto di ragazzi mandati al macello, tribunali, condanne a morte e fucilazioni sommarie, profughi e prigionieri, oltre che un enorme danno economico e di immagine: l’Italia aveva tradito gli alleati senza peraltro riuscire a portare a casa un beneficio concreto.
Cosa intende?
Partiamo dalla Triplice alleanza: i tedeschi volevano contrastare la politica di egemonia continentale di Parigi che strizzava l’occhio alla Russia; l’Austria temeva l’ingerenza dei Balcani mentre l’Italia cercava appoggi e protezione contro l’espansionismo francese, e anche una sorta di assicurazione alla sua monarchia contro i movimenti repubblicani. L’Italia ha contrattato su due tavoli la sua entrata in guerra; a un certo punto si è trovata a essere contemporaneamente alleata di entrambe le parti. Poi ha dichiarato guerra all’Austria senza fare altrettanto con la Germania, per opportunismo. Tutte furbizie che hanno isolato l’Italia e devastato la sua già precaria reputazione.Insomma gli italiani si sono anche allora distinti per la vocazione ai “giri di valzer” e ai cambi dicavaliere.
Se parla di Cavaliere il pensiero corre a Berlusconi…
In effetti la politica estera di Berlusconi e Renzi ha seguito il malvezzo: il risultato è il bassissimo grado di autorevolezza che esprimiamo in ogni sede istituzionale. Anche in Europa con il tema dell’immigrazione. A leggere degli altri stati le quote di accoglienza dei migranti sono chiuse. A sentire Renzi invece le cose vanno a gonfie vele. Noi siamo sempre in un indefinito “mezzo”: siamo con la Russia ma anche con l’Ucraina, con la Persia e con i sunniti…
Il suo libro si chiude con la frase di Gabriele D’Annunzio:”Sono sicuro che l’Italia vincerà, ma se anche non vincesse, avrà vinto;la guerra era necessaria perché la nazione non morisse”.
La prima guerra mondiale è servita per salvare l’unità dello Stato. Ma a che prezzo? Un numero drammatico di morti, feriti e lo sterminio di un’intera generazione. L’Italia ha esasperato le proprie tensioni sociali interne, attentando al libero mercato e condannandosi a un’economia fortemente condizionata allo Stato, preparando la strada al fascismo e a un’altra guerra. Mi rendo conto che la mia è un’analisi politicamente scorretta tuttavia la storia va raccontata e studiata recuperando tutti gli avvenimenti accaduti, analizzandone le date e i dati. La storia d’Italia gronda di plebisciti raggiunti con maggioranze bulgare e con furbizie di infimo livello. L’inserimento degli impresentabili nelle liste elettorali di questi giorni è in perfetta coerenza con questo patriottico cialtronismo. In realtà il “guerrone” non è mai finito.


So tante robe te ghevi raxon ma co naltri veneti te ghpè xbajà!
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Re: L’envension de ła Padania o Padagna

Messaggioda Berto » dom nov 22, 2015 12:54 pm

Addio a Gilberto Oneto, architetto-scrittore e papà del “sole delle Alpi
BELGIRATE – 20.11.2015 – Architetto, scrittore, uomo di cultura, politico.

http://www.verbano24.it/index.php/2252- ... 8189541198
Gilberto Oneto era tutto questo e lo è stato fino a ieri sera, giorno in cui se n’è andato per sempre. Era malato da tempo e la sua vita l’ha conclusa sul Lago Maggiore. Vita che era iniziata nel 1946 a Biella e è proseguita per buona parte – fino a oggi – a Belgirate, che era diventata la sua casa.
Sono state tante le avventure e le esperienze di vita di Oneto, che viene ricordato soprattutto per il suo impegno sociale e politico vicino alla Lega Nord. Amico intimo di Gianfranco Miglio, l’ideologo del Carroccio, lo ha seguito dagli inizi, candidandosi al parlamento europeo nel 1999. Negli ultimi anni è stato distante dalla Lega come partito – anche se ieri il segretario Matteo Salvini ha voluto incontrarlo personalmente in ospedale –, lui che ne aveva condiviso e diffuso i principi ispiratori. A lui si deve la riscoperta del “Sole delle alpi”, immagine che ricorre sovente nell’iconografica longobarda. Giornalista opinionista per diversi giornali, da Libero a La Padania, dall’Opinione al Giornale, in realtà è stato anche un abile architetto. Dopo la laurea ha studiato e lavorato in Italia e all’estero, specializzandosi nel paesaggio, materia insegnata anche come docente all’università di Genova. Ricca, ricchissima la produzione come scrittore saggista ma anche come curatore dei Quaderni padani e di diversi articoli e pubblicazione.
I suoi funerali saranno celebrati domani alle ore 14 nella chiesa vecchia di Belgirate.

https://it.wikipedia.org/wiki/Gilberto_Oneto

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