Migranti ed economia, l’avanzata della destra ostacola i piani della Ue
francesco semprini
2017/09/25
http://www.lastampa.it/2017/09/25/ester ... agina.html
Per l’Europa difficilmente poteva esserci un risultato peggiore. Una leader come Merkel decisamente indebolita, la Spd dell’europeista Schulz polverizzata e relegata all’opposizione, il rischio di attendere mesi per veder nascere una coalizione che già si annuncia piena di contraddizioni. E soprattutto il ritorno di quell’onda nera a cui nessuno ormai dava più importanza. Un’onda che ora rischia di paralizzare il cammino delle riforme europee (tra tutte quelle dell’Eurozona) o comunque di indirizzale verso altre direzioni (leggasi immigrazione).
Alle 18 di ieri, la Bella Addormentata si è presa uno schiaffo proprio nel bel mezzo del sonno. Uno schiaffo inatteso e doloroso. Da settimane l’Europa era troppo impegnata a sognare il suo rilancio per preoccuparsi del ceffone che stava arrivando dal voto tedesco. Non se lo aspettava, convinta di essersi definitivamente lasciata alle spalle le minacce del populismo di estrema destra. Perché i risultati delle elezioni in Olanda e soprattutto di quelle in Francia avevano trasformato l’appuntamento elettorale tedesco in una pura formalità. E invece.
Certo, a Bruxelles tutti sapevano che fino al 24 settembre sarebbe stato impossibile fare qualsiasi mossa. Così, in effetti, è stato. Ma i più consideravano quella data quasi come un passaggio burocratico, di normale amministrazione. Questo lunedì 25 settembre avrebbe dovuto essere il primo giorno della nuova era. Bisogna invece cambiare i piani. C’è da ripensare subito un futuro diverso, almeno nell’immediato. «Nel suo discorso al Parlamento Ue - nota Guntram Wolff, direttore dell’influente think tank bruxellese Bruegel - Juncker aveva totalmente sbagliato a calcolare la situazione».
I leader europei erano pronti a darsi appuntamento giovedì sera a Tallinn per iniziare a disegnare la road map dell’Europa, convinti di poter arrivare a dicembre con uno straccio di accordo sul futuro dell’Ue. E invece le cose andranno diversamente. Probabilmente Angela Merkel si siederà al tavolo dicendo: «Mi spiace, ma non possiamo ancora ripartire. Datemi più tempo, ho altro a cui pensare».
Il presidente del Consiglio Donald Tusk, spronato dagli entusiasmi delle capitali trainate da Emmanuel Macron, nei giorni scorsi aveva addirittura convocato un Euro Summit per dicembre. Una riunione dei 19 capi di Stato e di governo della zona Euro (aperto anche agli altri) per dare concretezza alle proposte di riforma dell’Eurozona che stanno circolando. Ma a quella data, se tutto andrà bene, il nuovo governo tedesco sarà appena entrato in carica. E quindi non si potrà prendere alcuna decisione. Tutto sarà rinviato al 2018, con il rischio di scivolare verso le Europee del 2019.
È per questo che le prime reazioni dei vertici Ue sono caute («La Germania resta fedele agli ideali europei», Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento) o addirittura mute: fino a tarda sera non risultavano cenni dagli altri due presidenti Donald Tusk e Jean-Claude Juncker. Un silenzio indice della delusione che ha attraversato le maggiori cancellerie europee. Il più amareggiato è certamente Emmanuel Macron.
Domani pomeriggio il capo dell’Eliseo terrà un discorso sull’Europa alla Sorbona, una sorta di manifesto programmatico che però potrebbe presto schiantarsi contro il muro di Berlino. I liberali tedeschi - che puntano a incassare il ministero delle Finanze - hanno una visione totalmente diversa dalla sua sull’integrazione della zona euro. Niente bilancio comune, meno poteri alla Commissione per il controllo dei conti pubblici, più rigidità nei vincoli e certamente meno solidarietà con gli Stati in difficoltà. «Se la Merkel si allea con i liberali, sono morto» si è sfogato nei giorni scorsi Macron con un collaboratore secondo un articolo di Le Monde, che non è stato smentito dall’Eliseo.
E sulla questione immigrazione? L’argomento interessa da vicino l’Italia, che nella Merkel ha trovato spesso una valida alleata nella battaglia per condividere gli oneri a livello europeo. Sul tavolo c’è la riforma di Dublino, che regola il diritto d’asilo, e la Cancelliera si è sempre detta favorevole a una più equa ripartizione dei rifugiati. A prima vista, l’ingresso nella coalizione dei Verdi - europeisti e promotori di politiche di apertura sull’immigrazione - potrebbe essere una buona notizia. Ma Merkel sa benissimo che l’Afd al terzo posto è un segnale da non sottovalutare e la spinta verso destra che arriva dai bavaresi della Csu potrebbe costringerla a rivedere in senso restrittivo le sue politiche, chiudendo in faccia le porte ai migranti. E ai partner europei che chiedono più solidarietà.
Germania, Afd strappa 1.5 milioni di voti a Cdu e Spd dando risposte a precari e disoccupati. Ma anche alla classe media
di Alessandro Ricci | 25 settembre 2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... ia/3876298
Sconfitti dalla società moderna, scettici sul futuro che litigano con i tempi che cambiano, orientali frustrati, occidentali timorosi, xenofobi, in maggioranza di sesso maschile. E’ l’identikit dell’elettore dell’Afd, Alternative Für Deutschland, il partito populista di destra che ha raggiunto il 13% alle elezioni per il Bundestag. Un risultato storico che ha portato, per la prima volta dal dopoguerra, uno schieramento che non rinnega pienamente il nazionalsocialismo e ha toni apertamente razzisti ad ottenere quasi 90 seggi al Parlamento tedesco.
La Germania si interroga su quali possano essere le motivazioni di un successo che, sebbene annunciato, ha spiazzato tutti i maggiori partiti. Un dato c’è: secondo l’istituto Infratest, Afd ha sottratto più di 1 milione di voti a Cdu, 500.000 a Spd, più di 500.000 a Die Linke, mentre più di 1 milione provengono dalla galassia dell’astensionismo. Dato, quest’ultimo, confermato dall’aumento del 5% nel numero dei votanti rispetto al 2013.
Ma legare un successo così vasto ad un semplice voto di protesta sarebbe riduttivo. Quello di Afd è un processo più ampio che si è insinuato nella società tedesca e che, soprattutto, è destinato a cambiare la politica di Berlino, sancendo una cesura in una società che pensava di aver già fatto i conti con la Storia.
Non è certo un 13% che metterà in discussione la democrazia, ma la domanda che ci si pone è come sia stato possibile. Afd è riuscita ad intercettare il voto di coloro che sono senza lavoro o che un lavoro lo hanno ma è un mini-job, ossia una forma di lavoro estremamente precaria limitata nel tempo e a basso reddito. Quello che ci si chiede con maggior vigore è perché sia riuscita ad intercettare il voto di chi, invece, ha un reddito medio alto, non vive nell’est della Germania e ha un’istruzione almeno superiore.
Il profilo sembra essere ben delineato: maschio, 30-59 anni. Afd ha ottenuto una media dell’11% dei voti nella Germania Ovest, mentre è riuscita a raggiungere il 21% nella parte orientale, con punte del 37%. Proprio questa è la zona dell’ex Repubblica Democratica Tedesca, che ha sofferto in misura maggiore il processo di riunificazione e che si sente meno considerata dal governo. Parte di questi sono coloro che hanno riconosciuto una minaccia nella cosiddetta crisi dei rifugiati del 2015 e che hanno sofferto una campagna elettorale basata sul consenso piuttosto che sul cambiamento. Non a caso la wahlkampf è stata definita dagli stessi tedeschi la più noiosa che si ricordi.
Il partito populista ha avuto successo in quella fascia di popolazione delusa dalle politiche di Merkel che non riusciva a trovare una valvola di sfogo nei partiti tradizionali. Afd è stato il rigurgito di una fetta di popolazione che si sente abbandonata, che non riesce a stare al passo con le sfide imposte da un mondo che cambia velocemente e frequentemente. Una popolazione che vede una minaccia nell’Euro, nell’immigrazione e nella sfide poste dalla digitalizzazione.
Quello di Afd sembrerebbe quasi essere un grido di allarme nel Paese che gode della maggior ricchezza in Europa, e proprio per questo fa molto più rumore. Offrendo soluzioni semplici a problemi complessi, Alternativa per la Germania è riuscita ad intercettare il malessere degli elettori che vedono una minaccia nei rifugiati e sono nostalgici di un Paese che non c’è più. Ma anche in questo caso sarebbe un errore additare il successo dello schieramento semplicemente ai richiedenti asilo. Infatti, Afd ha un chiaro programma economico e politico che mira a maggiori sussidi statali e meno tasse. Ha attirato coloro che sentivano di non avere più una voce, a volte portando il discorso da bar nelle urne.
Con un sguardo più attento, l’exploit di Afd è il fallimento dei due partiti pigliatutto, Cdu e Spd, veri sconfitti da questa tornata elettorale. Mentre il primo riscuote la sconfitta più grande in termini numerici, dovuta ad una campagna senza promesse rivoluzionarie, il secondo sembra aver pagato a caro prezzo la Große Koalition e la mancanza di un programma politico alternativo. C’è una voglia di novità che è stata espressa attraverso un voto radicale e adesso starà alle forze democratiche capire quali sono i programmi da mettere in atto per riportare gli elettori sui binari tradizionali.
Un indizio è già arrivato, ed è la dichiarazione di Angela Merkel di voler stringere sull’immigrazione e riconquistare gli elettori di destra. Scelta peraltro annunciata ad ogni ottimo risultato di Afd. Il timore è che questo risultato possa cambiare lo scacchiere politico tedesco non solo a causa di Afd, ma anche a causa del passaggio di Spd all’opposizione.
Se, infatti, così facendo, Spd si assicura la posizione di oppositore al futuro governo, che altrimenti sarebbe rimasta esclusivamente nelle mani dei populisti di destra, lascia il governo in mano ad una coalizione tripartita tra Cdu, Fdp e Grüne, con questi ultimi in posizione minoritaria. A rimetterci potrebbero essere l’Europa e l’Italia. Entrambe per una ricerca da parte del governo del consenso degli elettori di destra, fatta di politiche sempre più germanocentriche che vedono in Berlino (si legga Francoforte) la capitale europea.