L'Europa che sognamo e che vogliamo

Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:33 pm

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Roberto Benigni: "L'amore è un discorso politico forte, oggi l'Europa unita è l'unico sogno rimasto"
L'attore e regista, ospite al Convegno Internazionale di Studi dove è stato presentato 'Letture dell'Inferno di Roberto Benigni', ha svelato di voler tornare sul piccolo schermo con uno spettacolo dedicato al sentimento più decantato da poeti e artisti
06 ottobre 2018

http://www.repubblica.it/spettacoli/tv- ... /?ref=fbpr

APIRO (MACERATA) - "Mi piacerebbe tanto tornare in tv, teatro, al cinema, in tutti e tre i settori nei quali ho sempre passeggiato nella mia vita": Roberto Benigni, ospite nel piccolo comune di Apiro in occasione del Convegno Internazionale di Studi dove oggi - al Teatro Mestica di Apiro, domani sarà al Teatro Pergolesi di Jesi - è stato presentato Letture dell'Inferno di Roberto Benigni, si è lasciato andare ad alcune inedite rivelazioni.

Per la tv Benigni pensa così a uno spettacolo su uno dei massimi sentimenti, quello dell'amore, celebrato nelle arti da poeti, pittori, musicisti: "Il titolo provvisorio è La verità vi prego sull'amore", ha detto Benigni, e sarà "una specie di atlante, di un bel viaggio intorno a questo sentimento, è come parlare dell'infinito, dell'oceano".

L'attore e regista ha spiegato: "L'amore è un discorso politico molto forte, è rivoluzionario: tutto quello di cui si discute oggi ha a che fare con l'amore che ritengo sia l'unico sogno che ci è rimasto. Il sogno dell'Europa unita è l'unico sogno che si può dare ad un bambino che nasce ora, non lo si può far morire. Nel mio nuovo progetto vorrei parlare di tutto questo".

Poi, scherzando davanti ai giornalisti accorsi per ascoltarlo parlare durante la presentazione delle sue letture di Dante, ha aggiunto: "È tanto tempo che non faccio più niente, che ho fatto domanda per il reddito di cittadinanza e mi è stata accordata! Mi avvicino alla quota cento per la legge Fornero; l'anno prossimo c'è la flat tax e sono a posto. Comunque - ha sottolineato - non mi sono mai fermato in questi anni".
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:34 pm

Merkel sferza Bruxelles: "Difenda gli interessi dei cittadini europei”
Manuel Glauco Matetich - Sab, 06/10/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mer ... 84857.html

La cancelliere tedesca ha esortato oggi l'Unione europea a tutelare i propri interessi attuando una politica estera comune in materia di difesa e di sicurezza

Europe first, prima l’Europa. Parola di Angela Merkel.

L’esortazione del cancelliere tedesco è una frecciatina diretta ai vertici di Bruxelles.

Nella giornata di oggi, il cancelliere tedesco ha espresso il proprio punto di vista sulle politiche estere intraprese dall’Unione Europea, durante la sua partecipazione al congresso dei giovani del blocco conservatore tedesco, la Junge Union (Ju).

Una Merkel inaspettata e diversa, in salsa populista europea, forse preoccupata del costante calo del suo partito (Cdu) in vista delle prossime elezioni europee di maggio, che sembra aver abbracciato in toto la causa europea di una politica estera comune di fronte agli attori internazionali, sottolineando più volte come la Germania faccia parte e sia “dentro all’Ue”.

“ll mondo sta cambiando rapidamente” ha dichiarato Angela Merkel all’assemblea della Junge Union. “Dobbiamo fare più attenzione ai nostri interessi in modo autonomo”, riferendosi alla politica nazionale portata avanti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump (America first, prima l’America). Il cancelliere tedesco ha parlato di una politica estera europea comune e di sicurezza per difendere come un “attore globale” forte i propri “interessi”, dato che gli stessi Stati Uniti sono concentrati sui propri. Nonostante ciò, la leader tedesca ha definito “vitale” il legame transatlantico in essere con gli Usa.

La Merkel sogna una politica estera comune che sappia parlare all’unisono “con una sola voce” al di fuori dei confini europei, mentre tuttora esistono troppe “opinioni diverse” nei paesi membri. Questa diversità “non va bene, ci indebolisce”, ha ribadito il capo del governo tedesco, sottolineando l’importanza di “un significato decisivo” verso una politica comune in materia di difesa e sicurezza, “non contro la Nato, ma come complemento”, capace di “garantire i nostri interessi”.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:34 pm

Così il fronte sovranista vuole rivoluzionare l'Unione Europea
Alessandra Benignetti - Lun, 08/10/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 85658.html

Matteo Salvini e Marine Le Pen si preparano a conquistare Parlamento e Commissione Ue alle prossime elezioni europee. Non ci sarà una lista unica ma i sovranisti sono al lavoro su candidati e progetto comune

“Questo non è un incontro elettorale”. Ci tiene a sottolinearlo Matteo Salvini, che arriva nella sede romana dell’Ugl di via delle Botteghe Oscure con mezz’ora di anticipo per un breve faccia a faccia con Marine Le Pen lontano dalle telecamere e dai flash.

Non è un incontro elettorale prima di tutto perché l’alleanza con la leader del Rassemblement National è salda e rodata. “Stiamo lavorando insieme ad un progetto comune di Europa e di futuro da anni”, mette in chiaro il vicepremier e ministro dell’Interno. Le elezioni europee del maggio prossimo saranno la cartina tornasole del lavoro svolto in questi anni da quello che Salvini chiama “fronte della libertà”. Un fronte populista pronto a conquistare il Parlamento e la Commissione europea. Non una lista unica, ma, di sicuro, un “progetto comune”. “Un’idea di futuro comune e, se possibile, anche candidati comuni a ricoprire i ruoli più delicati”, annuncia il leader della Lega.

Non è un incontro elettorale, poi, perché, gli fa eco Marine Le Pen, “non può esistere una lista unica alle europee”. Del resto, per i “sovranisti”, non potrebbe esserci paradosso più grande che confluire tutti in un unico calderone. Il rischio, però, non si corre a prescindere, visto che al momento non esiste la possibilità di presentarsi all'interno di liste transnazionali. L’obiettivo, quindi, è quello di unire le forze una volta approdati in aula a Strasburgo, forti delle percentuali conquistate dai partiti populisti in ogni singolo Paese europeo. Percentuali che crescono a vista d’occhio anche per i “lepenisti” che guadagnano consensi in patria approfittando del crollo della popolarità del presidente Emmanuel Macron sulla scia delle recenti grane che hanno travolto l’Eliseo, dal caso Benalla in poi. E così, Marine punta sull’effetto Salvini per prendersi la sua rivincita sul leader della République en Marche la prossima primavera.

Un’alternanza ai vertici dell’Ue, per Marine Le Pen, è inevitabile: “Non possiamo pensare che Ppe e Pse continuino a governare e ad imporre i loro rappresentanti, non sono lì per diritto divino”. L’alternativa a Jean-Claude Juncker e Pierre Moscovici, descritti come “i nemici dell’Europa asserragliati nel bunker di Bruxelles”, sono i “salvatori” di questa Unione: Matteo Salvini, Marine Le Pen, e gli altri leader populisti europei. Se al “fronte della libertà” si unirà anche il presidente ungherese Viktor Orban, non è ancora chiaro. Salvini, dal canto suo, non esclude nessun tipo di alleanza a destra. Eccetto “quella con i socialisti che sono al servizio della speculazione internazionale”, chiarisce. “Spero che gli ungheresi scelgano se continuare ad andare a braccetto con la sinistra o ripartire dalle radici, dai valori dell’Europa e dal diritto al lavoro”, afferma il vicepremier.

Lega e Rassemblement National puntano a portare all’interno delle istituzioni europee quella che Marine Le Pen definisce una rivoluzione “democratica e pacifica” contro il “mondialismo e la globalizzazione” e contro le politiche portate avanti da chi in questi anni si è reso responsabile di “scelte politiche sbagliate” che hanno portato all’aumento di “povertà e disoccupazione di massa”. La chiamano “rivoluzione del buonsenso”. Una diversa visione di Europa basata sulla difesa del lavoro, dei confini e sul “blocco di trattati commerciali che aiutano la finanza ma danneggiano gli agricoltori”. Tra i progetti, non manca neppure un piano economico per “dare un futuro a milioni di africani nella loro terra”, senza costringerli “a scappare sui barconi”. L’Europa di Matteo Salvini e Marine Le Pen, insomma, “non è un’Europa senza regole”, chiarisce il vicepremier italiano. Sarà un’Europa “che aiuta a investire sul lavoro, sulla sicurezza”. “Risparmieremo, ma non sui diritti sociali”, promette il leader leghista.

E a chi, nelle scorse settimane, ha adombrato il sospetto che dietro l’internazionale sovranista possa esserci una regia occulta che parte da Oltreoceano, Marine Le Pen replica che la fondazione creata dall’ex stratega della Casa Bianca, Steve Bannon, è solo uno strumento utile alla prossima campagna elettorale. “La forza politica che uscirà dalle elezioni di maggio, saremo noi e nessun altro”, tuona la leader francese, che assicura: “Saremo estremamente attaccati alla nostra libertà, al nostro sovranismo”. Intanto, però, i giornalisti d'Oltralpe presenti all'incontro organizzato dall'Ugl notano come all’ex braccio destro di Donald Trump, ricevuto da Salvini al Viminale, sia stata riservata un’accoglienza migliore di quella ricevuta stamane da Marine. Ma nonostante le supposizioni e le inquietudini dei mercati, l’alleanza sovranista contro l’Europa di Juncker e Moscovici appare più salda che mai.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:35 pm

Un buon europeo - Kurz, il cancelliere “sovranista” che azzera il deficit
Alb.Ma.
2018-10-08

https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2 ... d=AEHTPFJG

Mentre il governo gialloverde litiga con Bruxelles sui propri conti pubblici, c’è un esecutivo “sovranista” che va in direzione opposta. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, considerato uno tra i leader più vicini all’asse di destra dell’Europa dell’Est, ha annunciato che Vienna presenterà alla Commissione europea una bozza di bilancio 2018-2019 con un deficit pari allo zero per cento.

È la prima volta in assoluto dal 1995, l’anno di adesione di Vienna all’allora comunità europea. In parallelo il rapporto debito pubblico-Pil, secondo pilastro dei parametri di Maastricht, è dato in discesa dal 78,3% del 2017 al 74,2% del 2018, per calare ulteriormente al 70,5% nel 2019. La notizia arriva direttamente dall’account Twitter di Kurz, in un post dove il cancelliere spiega che l’allontamento «dalla politica del debito sta dando i suoi frutti. Risparmiamo e, al tempo stesso, possiamo permetterci misure come il bonus alle famiglie o l’aumento delle pensioni». Quando parla di «risparmio», Kurz allude ai tagli operati in alcuni settori del budget pubblico - come le spese per i richiedenti asilo e la Pa - in favore di investimenti su difesa, istruzione e, appunto, l’accoppiata bonus famigliari-previdenza.

Kurz, il populista «moderato» che rispetta l’Europa
L’elezione di Kurz, il primo ministro più giovane al mondo (32 anni compiuti ad agosto), era stata salutata come una vittoria della destra populista in un paese chiave per i rapporti con la Germania e il cosiddetto blocco di Visegrad. In effetti il cancelliere ha giocato buona parte della sua campagna elettorale sulla retorica anti-immigrazione e fa tutt’ora da ponte con i paesi dell’Est capeggiati dall’Ungheria di Viktor Orbán, alleato ideale nel contrasto a un meccanismo di quote che sarebbe stato istituito dallariforma - fallita - del regolamento di Dublino. Salvo qualche steccata occasionale a Bruxelles, però, il cancelliere non ha mai sposato una linea euroscettica né, tantomeno, di insofferenza verso la moneta unica.

Il suo Österreichische Volkspartei, il partito popolare austriaco, è affiliato alla famiglia europea del Ppe e si è anche smarcato occasionalmente dalle posizioni di Visegrad (ad esempiovotando a favore dell’articolo 7 contro l’Ungheria, una procedura di infrazione approvata dall’Europarlamento per le violazioni dei principi europei commesse da Orban). Un atteggiamento che si rispecchia anche nelle scelte di politica economica, abbastanza ortodosse rispetto alla linea dei Popolari e del suo inevitabile paese di riferimento, la Germania. Kurz, annunciando il traguardo del deficit a zero, ha rivendicato la bontà di una politica incentrata sull’alleggerimento del debito e sul risparmio nella spesa pubblica.

Via cinque punti di deficit in un decennio
Se si dovesse arrivare davvero a un deficit pari allo zero per cento del Pil, l’Austria metterebbe a segno una riduzione di oltre cinque punti percentuali rispetto al 5,4% toccato nel 2009. Oggi la disoccupazione viaggia al 6,9% a settembre 2018, in calo rispetto al picco negativo del 2016 (10%) ma ancora sopra gli standard del 4,95% registrati fra il 1960 e il 2018 (dati Tradingeconomics). Il tragitto verso il nulldefizit, il deficit a zero, è iniziato in realtà durante gli anni della grande coalizione fra socialdemocratici e popolari, rimasta al governo in maniera quasi ininterrotta negli ultimi decenni. Lo stesso vale per il debito pubblico, salito fino a picchi dell’84,4% nel 2014 e disceso da allora fino al 74,2% stimato per l’anno in corso.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:35 pm

Esclusa una città ungherese da capitale europea della cultura

di Cesare Sacchetti
2018/02/18

https://lacrunadellago.net/2018/02/18/t ... la-cultura

Le città europee che ospitano troppi cittadini bianchi non sono molto gradite all’UE. È quanto sembra possibile dedurre da quello che è accaduto in questi giorni – riportato dal portale di notizie ungherese 888.hu – alla città dell’Ungheria di Székesfehérvár, in lizza per aggiudicarsi il titolo di capitale europea della cultura per il 2023.

Le selezioni hanno luogo in questi giorni, e la delegazione della città ungherese ha presentato come tutte le altre, un suo video di presentazione, intitolato “Tele Élettel”, dove mostra la vita nella ridente cittadina magiara. Nel video si vedono bambini che giocano, delle chiese, un prete che sorride soddisfatto alle scene di giubilo dei suoi concittadini mentre passano in rassegna gli scorci più belli della città.

Il video di presentazione di Székesfehérvár per la candidatura a capitale europea della cultura 2023

Una presentazione dove la vita tutto sommato appare scorrere felice e serena, ma che secondo gli esperti internazionali della commissione selezionata dall’UE che sta valutando a chi assegnare il prestigioso riconoscimento, rappresenta un “video di propaganda per l’Europa cristiana bianca nel quale ci sono troppi cittadini bianchi felici, croci e non compaiono minimamente i migranti.”

Il sindaco Cser-Palkovics ha rilasciato una conferenza stampa dove racconta le fasi della selezione e le motivazioni dell’esclusione “fondate esclusivamente su ragioni di carattere ideologico e politico”. Il primo cittadino racconta come la commissione non abbia nemmeno per un istante preso in considerazione i programmi e gli investimenti proposti da Székesfehérvár per conquistarsi il titolo, nè tantomeno i commissari hanno addotto motivazioni pertinenti per escludere la città dalla competizione.

Durante le fasi di valutazione, un commissario belga della giuria ha sollevato delle questioni sull’aspetto “identitario della candidatura di Székesfehérvár, fondata sulla cultura greco-romana e giudaico-cristiana”. Le motivazioni dell’esclusione hanno indotto quindi il sindaco a protestare con la stampa e a rilasciare una dichiarazione denunciando il carattere discriminatorio delle decisioni prese dalla giuria scelta da Bruxelles.

Paradossalmente la colpa della città di Székesfehérvár, prosegue Cser-Palkovics, è stata quella di “essere troppo orgogliosa dei suoi valori”, come quello del crocefisso che “non è solo un simbolo religioso, ma un valore culturale.”

In altre parole, la cittadina magiara è stata troppo “europea”, ma non nel senso inteso dai giudici della giuria. Il concetto di europeo dal punto di vista di Bruxelles, evidentemente, non implica più la rappresentazione di quei valori e di quei popoli che hanno da sempre accompagnato la storia europea degli ultimi secoli. Nella nuova Europa, i popoli europei non sono più quelli che hanno fatto la storia dell’Europa cristiana, ma quelli nuovi, giunti dai paesi afro-asiatici.

Se si pensa alle recenti polemiche sorte in Italia sulla razza bianca, dopo le parole di Attilio Fontana, candidato come governatore in Lombardia, verrebbe da chiedersi; se la razza bianca non esiste ed è un concetto razzista già il semplice fatto di parlarne, perchè mai i commissari incaricati di nominare la capitale europea della cultura, hanno addotto la motivazione che a Székesfehérvár ci sarebbero troppi bianchi?

Non si può fare a meno di notare che quando si tratta di discriminarla, d’un tratto la razza bianca torna ad esistere, mentre viceversa quando si rivendica il diritto a difenderne l’esistenza, si finisce inevitabilmente per essere accusati di razzismo. A Bruxelles sembrano pensare che ancora esista, e sono piuttosto preoccupati che in Europa ci siano ancora delle città con troppi cittadini europei bianchi e cristiani.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:36 pm

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea o Carta di Nizza
https://www.facebook.com/groups/3389296 ... 7379050488


Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), in Italia anche nota come Carta di Nizza, è stata solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo da Parlamento, Consiglio e Commissione.
https://it.wikipedia.org/wiki/Carta_dei ... ne_europea

https://eur-lex.europa.eu/legal-content ... XT&from=IT



La Polonia boccia la Carta dei diritti Ue: troppo filo-Lgbt
Renato Zuccheri - Gio, 11/10/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pol ... 86996.html

Il veto della Polonia ferma l'approvazione del documento. Secondo Varsavia, dovevano essere menzionate espressamente le discriminazioni contro ebrei e cristiani

La Polonia di nuovo contro una decisione dell'Unione europea. Questa volta, il governo di Varsavia ha bloccato la firma della Carta europea dei diritti fondamentali.

Il motivo, secondo i polacchi, è che il testo sia troppo favorevole alle istanze della comunità gay. La Polonia ha obiettato che nella Carta sia menzionata la discriminazione degli omosessuali ma non dei cristiani e degli ebrei. Ed è per questo che ha deciso di boicottarla.

La bozza della Carta è stata oggetto di dibattito durante la riunione dei ministri della Giustizia dell'Unione europea. La firma di Varsavia non è avvenuta a causa di questo passaggio: "Le persone Lgbt sono ancora spesso vittime di discriminazioni, violenza fisica e incitamento all'odio e alla violenza in tutta l'Unione europea".

Il governo conservatore della Polonia, di stampo marcatamente nazionalista e parte integrante del sistema del Gruppo di Visegrad, non solo ha rifiutato quest'affermazione, ma anche voluto spingere affinché fosse inserito esplicitamente la menzione di "cristiani ed ebrei". E ha posto il veto, rendendo impossibile l'approvazione.

Come riporta il Financial Times, il ministero della Giustizia polacco ha detto che ha posto il veto perché voleva sottolineare gli attacchi contro cristiani ed ebrei in Europa spesso realizzati per motivi religiosi ma che sono stati "spesso ignorati". "La Polonia - ha spiegato il ministero - si è mossa per tener conto della necessità di proteggere i cristiani e gli ebrei dalla discriminazione religiosa in condizioni di parità con il protezione dei diritti delle persone Lgbt, dei figli di immigrati o delle donne".


Alberto Pento
Io credo che in Europa vi sia discriminazione anche verso i nativi europei e il loro diritti naturali e civili e che sia preponderante rispetto ad altre discriminazioni vere o presunte.
Essere contro il matrimonio gay non è una discriminazione, come non lo è l'essere contro il gender.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:38 pm

A casa nostra difendiamo i nostri diritti, i nostri valori, i nostri doveri

Difendiamo i nostri diritti, i nostri valori, i nostri doveri, la nostra storia, le nostre tadizioni, la nostra cultura, la nostra libertà e la nostra vita, perché siamo a casa nostra, nella nostra terra, nel nostro paese.
https://www.facebook.com/groups/3389296 ... 5788975647

A casa nostra sono gli altri, quelli che arrivano da noi, che per rispetto verso di noi dovrebbero mangiare il maiale; non siamo noi che per rispetto verso i foresti che arrivano e che non amano il maiale dobbiamo fare a meno di mangiarlo; ci mancherebbe altro; sarebbe come rinunciare a noi stessi, alla nostra tradizione, alla nostra storia, alla nostra cultura, alla nostra identità, dignità e libertà.



Peschiera, niente maiale nella mensa scolastica: è polemica
VALERIA GIACOMELLO
Peschiera Borromeo (Milano), 12 ottobre 2018

https://www.ilgiorno.it/sud-milano/cron ... -1.4235300

Pinzimonio di verdure, cous cous e niente carne di maiale, il menu delle mense scolastiche di Peschiera lascia perplessi i genitori che protestano. Entrato in vigore dall’8 ottobre, il menu autunno-primavera dei plessi scolastici Montalcini e De André, elaborato dalla società Pellegrini e approvato dalla Agenzia di Tutela della Salute, insieme ai prodotti biologici e Dop, frutta e verdura di stagione e pane a basso contenuto di sale, prevede l’utilizzo della sola carne di pollo oltre all’introduzione di piatti meno convenzionali quali hamburger di legumi e polpettone di ceci. In cima alla proteste, il tanto esecrato cous cous con ceci, piselli, carotine e zafferano. Un favore alle comunità islamiche, secondo alcuni genitori che non ci stanno a un menu così particolare. Piatti sani ed equilibrati, elaborati nel pieno rispetto delle prescrizioni di Regione Lombardia, secondo il Comune, che annuncia l’introduzione, durante l’anno, di pietanze speciali in base alle festività e menu tipici regionali che permetteranno la sperimentazione di nuovi cibi e aumenteranno la conoscenza della cucina italiana.

La querelle è velocemente passata dalle pagine Facebook dei genitori al palazzo della politica, con un duro attacco del consigliere Regionale della Lega Massimo Bastoni: «Non scherziamo!», ha dichiarato. «La carne, anche suina, deve essere fornita nei pasti scolastici. Chi fa di testa sua contravvenendo alle direttive regionali dovrà farsi da parte». Intanto, alcuni genitori di Bettola hanno organizzato una raccolta di firme. «Non è tollerabile che questo menu non sia stato frutto dell’esame preventivo di noi genitori - recita la petizione - che crediamo e perseguiamo una alimentazione equilibrata e sana per i nostri figli, ma soprattutto varia. Chiediamo un incontro pubblico con la dirigenza del gestore della refezione scolastica, con i membri della commissione mensa e con l’assessore alla Pubblica istruzione del Comune di Peschiera Borromeo per chiedere di rinegoziare il menu per la refezione scolastica, cercando di rispettare le linee guida della Regione Lombardia».



Maiale? No, cous-cous La Regione in campo "Stop al menu islamico"
Alberto Giannoni - Dom, 14/10/2018

http://www.ilgiornale.it/news/milano/ma ... 87915.html

Prosciutto eliminato dai pasti delle scuole L'assessore Rolfi: «Una follia ideologica»
Cous-cous al posto della carne di maiale? La Regione scende in campo contro il menu speciale scelto a Peschiera Borromeo.
Entrato in vigore l'8 ottobre nei plessi Montalcini e De Andrè, il menu scolastico prevedrebbe l'eliminazione del prosciutto e della carne di maiale e l'introduzione del cous cous, tipico alimento mediterraneo-nordafricano. La scelta ha generato le lamentele di qualche genitori e sul caso sono intervenuti due assessori regionali. Il titolare delle deleghe ad Alimentazione e Sistemi verdi della Lombardia, Fabio Rolfi, è stato molto duro: «È semplicemente una follia - ha detto l'assessore leghista - hanno fatto bene i genitori a lamentarsi ed è mia intenzione intervenire. Lunedì (domani, ndr) sentirò il direttore della Agenzia di Tutela della Salute per capire cosa è successo». «Se si tratta davvero di un favore alla comunità islamica - ha anticipato Rolfi - la Regione Lombardia scenderà in campo». «Se servirà - ha proseguito - daremo indicazioni ancora più precise alle Ats, che non devono prestarsi a queste iniziative ideologiche sulla pelle dei bambini». Rolfi ne fa una questione culturale, economia e di salute: «Non posso tollerare attacchi di questo tipo - ha detto - la carne di maiale deve stare nelle mense scolastiche perché fa bene ed è parte della corretta dieta alimentare dei nostri ragazzi. Rappresenta inoltre un mercato che genera un indotto straordinario nella nostra regione. Se per motivi religiosi qualcuno non vuole mangiare il prosciutto può tranquillamente scegliere altro. Certamente in Lombardia non devono però essere i bambini lombardi ad adeguarsi alle esigenze altrui». «Questo episodio - ha concluso l'assessore Rolfi - darà ulteriore spinta alla mia azione: promuovere i cibi lombardi nelle mense collettive di scuole e ospedali».

Sul caso è intervenuto anche l'assessore regionale alla Sicurezza, Riccardo De Corato (Fdi): «Probabilmente - ha detto - la situazione dell'accoglienza e dell'integrazione sta sfuggendo di mano: noi togliamo la carne di suino nelle mense ai nostri figli, mentre in cambio loro umiliano e trattano come se fossero oggetti di loro proprietà le donne. Come successo all'infermiera di Saronno che mentre stava visitando la madre di un musulmano, questo le ha rivolto una frase con la quale le diceva di tenere basso lo sguardo quando parlava con lui perché era una donna. O come successo alla vigilessa che a Lentate sul Seveso ha fermato un pachistano, mentre si recava alla festa islamica del sacrificio, che le ha detto sei una donna e non puoi darmi ordini. Nonostante ciò vengono trattati con i guanti bianchi».

Sulla pagina del Comune si legge che il menù, elaborato dalla società incaricata e approvato da Ats, prevede l'utilizzo di prodotti biologici e Dop. Il Comune spiega anche che «non mancheranno durante l'anno alcune sorprese che consentiranno ai bambini di gustare menù speciali in base alle festività e menù tipici regionali, sperimentando nuovi cibi e aumentando la conoscenza della cucina italiana».




Una grande Croce distrutta a Lesbo in Grecia. Un sacrilegio compiuto col sostegno delle Ong che dicono: “offende i migranti”. Silenzio del Papa.
Carlo Franza
2018/10/13

http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/1 ... o-del-papa

La Croce di Cristo simbolo della Chiesa di Roma e dell’Occidente non è ben vista proprio dai migranti che Papa Francesco dice di accogliere, tanto che nelle sue stantie prediche giornaliere, e in quelle della CEI, ma anche di vescovi e cardinali, non manca mai di sentir dire di aprire porte, portoni e finestre e di non erigere muri. E invece da quando Salvini le porte le ha chiuse con l’appoggio degli italiani, ad iniziare da me, di immigrati che sbarcano ne vediamo ben pochi. E allora è meglio essere sovranisti e difendere le nostre radici e la nostra cultura. Bene torniamo alla Croce. Di Croci l’Occidente ne ha innalzate tante, sulle Alpi, sui promontori che si affacciano sul Mediterraneo e sugli oceani -penso a quella del Santuario di Santa Maria di Leuca della Diocesi di Ugento, sull’estremità meridionale del Salento- esse sono il simbolo più certo di quanto la Chiesa Cattolica nei secoli ha lasciato in eredità in tutta Europa e nel mondo.

grecia-lesbo-croce3Veniamo al dunque, è di questi giorni la notizia che sull’isola di Lesbo in Grecia, sotto il castello di Mitilene, è stata distrutta, nella notte del 7 ottobre, una grande Croce che era stata eretta su una roccia a picco sul mare a settembre. Poche settimane fa una Ong aveva inviato una lettera di protesta al sindaco in cui si diceva : “Si sbarazzi di questo simbolo religioso: è razzista”. Proprio le Ong quelle che hanno messo in piedi questo scandaloso commercio di vite umane, e faziose come sono, al soldo di chi sa chi, hanno pure il coraggio di dire che la Croce “offende i migranti”. Ma gli abitanti di Lesbo che non si sono dati per vinti e non proprio sottomessi a culture diverse, hanno ben replicato che la ricostruiranno. E se da domani in tutto il Mediterraneo si mettessero in atto le costruzioni di migliaia di Croci, questi migranti cosa farebbero, ci porterebbero alla guerra di religione. E’ certo che se la vogliono, sia così. Il simbolo cristiano per eccellenza, il simbolo che ci accompagna tutti i giorni dell’anno e della nostra e altrui vita, è inviso alle organizzazioni locali e Ong che accolgono i migranti. Pensate che sono ben oltre 6.500 i migranti che vivono ancora sull’isola di Lesbo. Secondo i dispacci dell’ agenzia di stampa Lesvos new, poche settimane fa la Ong “Coesistenza e comunicazione nell’Egeo”ha inviato una lettera al sindaco del Comune per chiedere la rimozione della croce, che avrebbe infastidito i musulmani accolti sull’isola. Si legge nella lettera: “Il crocifisso è stato eretto per impedire ai migranti e rifugiati di venire qui a nuotare. Questo atto è illegale e offensivo soprattutto verso il simbolo della cristianità, che è un simbolo di amore e sacrificio, non razzismo e intolleranza”. Non è chiaro perché una croce dovrebbe impedire a chiunque di nuotare, ma la lettera al Sindaco dell’isola di Lesbo conclude così: “Si sbarazzi di questo simbolo religioso inappropriato in un luogo dove la gente nuota”.Ora i residenti sono sul piede di guerra. Le autorità greche non hanno preso posizione, forse per paura. Ma i residenti paura non ne hanno, se uno dei principali quotidiani greci TA NEA, scrive che la ricostruiranno. Il simbolo della Croce è il simbolo dell’Europa, e se a Bruxelles sono distratti da conti e banchieri, e dunque il Parlamento europeo alza le spalle dinanzi a simili offese sacrileghe, allora è il caso di mandare l’Europa all’aria e riaprire i confini nazionali, con tanto di soldati in armi.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:38 pm

???

Perché è urgente la Federazione degli Stati Uniti d’Europa
di Mario Baldassarri
2017-05-03

http://mobile.ilsole24ore.com/solemobil ... 41T8fr1Jjw

Gli Stati Uniti d’Europa sono solo utopia? No, sono una estrema urgenza. E almeno per due ragioni: una istituzionale e una geopolitica e geoeconomica.

1- Ogni giorno tocchiamo con mano la totale “assenza” o “irrilevanza” dell’Europa su tutti i fronti scottanti del mondo globale. Ebbene, questa...

Gli Stati Uniti d’Europa sono solo utopia? No, sono una estrema urgenza. E almeno per due ragioni: una istituzionale e una geopolitica e geoeconomica.

1- Ogni giorno tocchiamo con mano la totale “assenza” o “irrilevanza” dell’Europa su tutti i fronti scottanti del mondo globale. Ebbene, questa Europa-che-non-c’è deriva dall’impotenza genetica di un progetto fondato sull’Europa Intergovernativa che richiede quasi sempre l’unanimità di tutti i 28 Stati membri (27 quando uscirà il Regno Unito). Ottenere decisioni unanimi con 27 governi in campo è “statisticamente” impossibile senza neanche ricorrere al teorema di Arrow che, peraltro, dimostra come siano impossibili decisioni democratiche prese a maggioranza, figuriamoci all’unanimità. È come se avessimo fatto dell’Italia una Confederazione nella quale il governo Centrale ed il Parlamento Nazionale non possono assumere alcuna decisione senza l’approvazione unanime dei venti governi regionali.

Per “decidere” occorre una Federazione, come negli Usa, in Canada, in Germania. Poi si può discutere delle funzioni da attribuire al governo federale e ai singoli governi nazionali.

2 - Ci sono almeno cinque temi sui quali da oltre 20 anni gli Stati europei hanno già perso sovranità nazionale, cioè ogni capacità di decidere come singoli Stati. Anche questi sono sotto gli occhi di tutti ogni giorno. Difesa-Sicurezza-Immigrazione, Politica estera, Grandi reti di infrastrutture con in testa energia (elettricità, gas, petrolio), Alta ricerca ed innovazione tecnologica ivi compresa alta formazione di capitale umano. Si deve poi aggiungere il tema del controllo della concorrenza nei mercati dei beni e servizi e quello specifico della vigilanza sui mercati finanziari e bancari. Sul primo aspetto occorre una antitrust europea che non sia la sommatoria-ragnatela di 27 antitrust nazionali. Sul secondo aspetto occorre arrivare subito alla vigilanza bancaria europea guidata dalla Bce alla quale è già affidata la politica monetaria e la moneta unica.

Almeno su questi cinque temi il “recupero” di sovranità a livello di singoli Stati nazionali è impossibile. Chi lo propone o è inconsapevole oppure, se consapevole, fa semplicemente una bugiarda operazione di demagogia per raccogliere consenso a breve termine e ottenere, per sé stessi e per i propri cittadini, un risultato di totale irrilevanza a medio-lungo termine.

Basti pensare che viviamo tutti in Europa con 28 eserciti, 28 aereonautiche, 28 marine, oltre 50 servizi segreti (ogni stato ne ha più d’uno). Non controlliamo i confini “esterni” dell’Unione e qualcuno propone di ripristinare i confini “interni” che in chilometri sono almeno 7 volte più lunghi. Gas-petrolio-elettricità sono mercati concorrenziali fuori dall’Europa, ma quando si entra in Europa diventano cartelli oligopolistici concentrati all’interno di ogni stato nazionale con cittadini europei (vedi Italia) che pagano bollette del 30% in più rispetto ad altri cittadini europei (vedi Francia) sulle quali poi si aggiungono carichi fiscali che vanno dal 60% al 180% decisi da ogni singolo Stato nazionale. Noi in Italia abbiamo 354 sedi universitarie, fatichiamo ad avere quattro o cinque università riconosciute a livello internazionale e i nostri giovani se ne vanno all’estero per fare dottorati qualificati e per avere poi prospettive di ricerca e di qualificazione all’altezza dei loro saperi e delle loro potenzialità. E si potrebbe continuare…

A oggi il bilancio dell’Unione Europea è pari all’1,5% del Pil, il bilancio federale degli Stati Uniti è pari al 25% del Pil. Tra l’1,5% ed il 25% ci sarà pure una via intermedia. E questa non può che essere, per ragioni geopolitiche ma anche per ragioni geoeconomiche, una federazione degli Stati Uniti d’Europa “leggera” basata su quei cinque temi, con un governo federale fatto da un Presidente e cinque ministri, votati dai cittadini e “fiduciati” dal Parlamento europeo.

Senza parlare e straparlare di nuove tasse europee aggiuntive, se i soldi che già oggi ogni stato spende per quei cinque temi/funzioni vengono sommati insieme e vengono attribuiti al bilancio federale europeo, si ottiene qualcosa che è pari a circa il 10/12% del Pil, cioè a metà strada tra la situazione attuale europea e quella americana.

Tutto il resto... resta nella mani e nelle competenze dei singoli stati nazionali.

Due domande.

1- Perché non si fa?

Il vero perché non è soltanto “miopia” o “insipienza” politica, ma è prevalentemente dovuto al fatto che chi “controlla” quelle risorse a livello nazionale non intende facilmente “mollare l’osso”.

2- Chi ci sta?

Il perimetro ideale sarebbe quello dei 19 Paesi dell’euro, visto che hanno già una moneta comune. La necessità e l’urgenza indicano però che la vera risposta coraggiosa è: «Chi ci sta, ci sta». Basti pensare che se su questo si ricreasse un asse forte e lungimirante tra Germania e Francia, al quale associare con ruolo determinante Italia, Belgio, Olanda e Spagna avremmo circa il 70% del Pil e dei cittadini europei.

Chi ci sta, recupera sovranità e si salva.

Certo, l’elezione di Macron potrebbe essere il prodromo di questo percorso. Attenti però ai facili sondaggi ex-ante. Mai dire quattro se non l’hai nel sacco!

Chi non ci sta, può aderire dopo oppure dissolversi sul piano politico, e forse economico e sociale, in questo mondo globale del XXI secolo.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:39 pm

Spaemann: “L’utopia multiculturale dell’Europa è pericolosa”
Il filosofo tedesco Robert Spaemann, scomparso a 91 anni
2018/12/11

http://www.controversoquotidiano.it/201 ... WXbfF07NG0

È morto a 91 anni Robert Spaemann, uno dei massimi filosofi tedeschi contemporanei, amico e compagno di studi di Joseph Ratzinger, erede della cattedra ad Heidelberg che era stata di Hans-George Gadamer. Un anno fa, assieme al filosofo inglese Roger Scruton, al francese Rémi Brague e al polacco Ryszard Legutko, Spaemann aveva lanciato la “dichiarazione di Parigi”, un manifesto a favore dell’“Europa in cui crediamo”. Ne riproponiamo qui le parti più interessanti.

Il futuro dell’Europa dev’essere liberale nel senso migliore del termine, ovvero garante di discussioni pubbliche appassionate, libere da ogni minaccia di violenza e di coercizione (…) Siamo in un vicolo cieco. La minaccia maggiore per il futuro dell’Europa non sono né l’avventurismo russo né l’immigrazione musulmana. L’Europa vera è a rischio a causa della stretta asfissiante che l’Europa falsa esercita sulla nostra capacità d’immaginare prospettive. I nostri Paesi e la cultura che condividiamo vengono svuotati da illusioni e autoinganni su ciò che l’Europa è e deve essere. Noi c’impegniamo dunque a resistere a questa minaccia diretta contro il nostro futuro. Noi difenderemo, sosterremmo e promuoveremo l’Europa vera, l’Europa a cui in verità noi tutti apparteniamo (…) Dobbiamo essere franchi ancora una volta: le società europee si stanno sfilacciando malamente. Se non apriremo gli occhi, assisteremo a un uso sempre maggiore del potere statalista, dell’ingegneria sociale e dell’indottrinamento culturale (…) I padrini dell’Europa falsa sono stregati dalle superstizioni del progresso inevitabile. Credono che la Storia stia dalla loro parte, e questa fede li rende altezzosi e sprezzanti, incapaci di riconoscere i difetti del mondo post-nazionale e post-culturale che stanno costruendo. Per di più, ignorano quali siano le fonti vere del decoro autenticamente umano cui peraltro tengono caramente essi stessi, proprio come vi teniamo noi. Ignorano, anzi ripudiano le radici cristiane dell’Europa. Allo stesso tempo, fanno molta attenzione a non offendere i musulmani, immaginando che questi ne abbracceranno con gioia la mentalità laicista e multiculturalista. Affogata nel pregiudizio, nella superstizione e nell’ignoranza, oltre che accecata dalle prospettive vane e autogratificanti di un futuro utopistico, per riflesso condizionato l’Europa falsa soffoca il dissenso. Tutto ovviamente in nome della libertà e della tolleranza (…) Una società che non accoglie i figli non ha futuro (…) Riconoscendo il carattere particolare dei Paesi europei, e la loro impronta cristiana, non dobbiamo lasciarci confondere dalle affermazioni pretestuose dei multiculturalisti. L’immigrazione senza l’assimilazione è solo una colonizzazione, e dev’essere respinta (…) In Europa, i ceti intellettuali sono, purtroppo, fra i principali partigiani ideologici della boria dell’Europa falsa (…) Le nostri classi dirigenti promuovono i diritti umani. Combattono i cambiamenti climatici. Progettano una economia di mercato più globalmente integrata e l’armonizzazione delle politiche fiscali. Supervisionano i passi compiuti verso l’eguaglianza di genere. Fanno così tanto per noi! Che importa dunque dei meccanismi con cui sono arrivati ai loro posti? Che importa se i popoli europei sono sempre più scettici delle loro gestioni? In questo momento, chiediamo a tutti gli europei di unirsi a noi per respingere le fantasie utopistiche di un mondo multiculturale senza frontiere. Amiamo a buon diritto le nostre patrie e cerchiamo di trasmettere ai nostri figli ogni elemento nobile che noi stessi abbiamo ricevuto in dote.



Ecco sette modi per rovesciare la civiltà occidentale dall’interno
scrive lo Spectator (13/12/2018)

http://www.controversoquotidiano.it/201 ... allinterno

“La civiltà occidentale gode di una brutta reputazione in questi giorni”, scrive Nicola Wright. “Nonostante sia la fonte di tutte le nostre strutture giuridiche, le nostre tradizioni e valori, così come i concetti di individualismo, pensiero razionale e metodo scientifico, sembra che l’idea stessa di civiltà occidentale sia qualcosa da denigrare. La civiltà occidentale è sotto attacco dall’interno”. Ci sono sette modi per rovesciare l’Occidente.

Negare che esiste

“Avete mai sentito qualcuno dire che l’Australia, la Gran Bretagna o l’Europa non ha una cultura? E’ un’accusa comune nei paesi occidentali, soprattutto quando la popolazione esprime preoccupazione per l’immigrazione. Se non esiste una tradizione culturale occidentale, se gli occidentali hanno difficoltà ad articolare ciò che è o hanno semplicemente paura a farlo, allora è più facile rinunciarvi. Un modo per favorire questa negazione della nostra storia è quello di evitare di insegnarla nelle scuole e nelle università”.

Abbattere tutte le statue

“Quale modo migliore per minare la civiltà occidentale di abbattere i suoi monumenti e giudicare i personaggi storici del passato in base alle norme sociali e culturali di oggi? Abbattere statue di ‘problematici’ eroi occidentali è il segnale ultimo della virtù anti-occidentale. L’abbattimento delle statue può essere efficacemente associato al rifiuto di offrire corsi universitari sulla civiltà occidentale e alla revisione dei curricula di storia nelle scuole superiori, come mezzo per denigrare i benefici e i risultati dei nostri antenati, e concentrarsi indebitamente sugli aspetti negativi”.

Attuare le leggi sul discorso dell’odio

“Il modo migliore per far regredire le nostre società in nome della ‘tolleranza’ è punire la libertà di espressione. Uno dei risultati della tradizione culturale occidentale è stato l’alto valore attribuito al diritto di dire la propria senza essere sanzionato. Nel Regno Unito la gente viene arrestata per il pensiero sbagliato su Twitter, segnalando un’inversione del rispetto per la libertà di pensiero che è alla base del patrimonio culturale occidentale”.

Sposarsi con lo Stato

“Un modo per far crollare una volta per tutte la civiltà occidentale è quello di porre fine alla famiglia. L’unità familiare tradizionale di padre, madre e figli è un’istituzione vacillante, con tassi di matrimonio in declino e tassi di divorzio elevati. La dipendenza intergenerazionale dal benessere sta dilagando nelle società occidentali. Si tratta di una forma di parassitismo economicamente e socialmente insostenibile a lungo termine. Quindi, se il vostro obiettivo è quello di cancellare i benefici della civiltà occidentale, continuate a denigrare la famiglia tradizionale, sostenete il welfare e accumulate debito futuro”.

Abolire il genere

“Parole innocue come ‘moglie’, ‘marito’ e ‘donna incinta’ sono diventate problematiche. Costringere il cambiamento linguistico dall’alto verso il basso mina la ricerca della verità e aiuta a stabilire nuove e ‘progressiste’ verità che ci dicono, per esempio, che il genere e la razza sono meri costrutti sociali senza alcuna base in biologia. La manipolazione della verità attraverso il controllo linguistico è l’antitesi della libertà e della ragione – i valori che la civiltà occidentale vi ha portato. Per contribuire alle distruzione, lasciate che la vostra lingua sia dettata dagli ideologi”.

Credere a tutte le vittime

“Carriere sono state spettacolarmente distrutte senza la seccatura nemmeno di un giorno in tribunale. Il giusto processo è uno dei principi più significativi emersi dalla tradizione della common law inglese. Rifiutare quel principio significa rifiutare un’altra base della cultura occidentale e aiutarla nella sua scomparsa”.

Lasciare che i bambini gestiscano il paese

“Se vogliamo paralizzarci economicamente, mettendo a repentaglio il futuro dei nostri figli, lasciamoci guidare dalle loro opinioni politiche sottosviluppate”.

“Ci sono innumerevoli modi per minare e distruggere la civiltà occidentale per coloro che sono desiderosi di farlo: difendere il relativismo culturale, aprire le frontiere, femminilizzare i bambini e la lista continua. Ma l’ironia assoluta in tutto questo è che i benefici che la civiltà occidentale ci ha procurato – libertà personale, individualismo, ragione e stato di diritto – sono proprio i mezzi con cui i ‘progressisti’ sono in grado di portare avanti i loro programmi.

Come dice l’adagio:

Tempi duri creano uomini forti
Uomini forti creano tempi sereni
Tempi sereni creano uomini deboli
Uomini deboli creano tempi duri

Alla luce del nostro debito pubblico, del welfare, della correttezza politica e del calpestare i valori culturali occidentali che vediamo emergere dal mondo accademico e dai media tradizionali, sembrerebbe che siamo chiaramente nella fase di uomini deboli che creano tempi duri. Rimane ancora da vedere quanto difficili saranno i tempi duri”.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » lun gen 07, 2019 10:46 pm

“Europa, rovinata dai social-liberisti”. Parla Joseph Halevi
scritto da Matteo Angeli
2019/01/02

https://ytali.com/2019/01/02/europa-rov ... kEhAWPPyzY

Il Vecchio continente è in caduta libera. Tra pochi anni, nel 2025, probabilmente nessuno dei singoli paesi europei oggi appartenenti al G7 faranno ancora parte del prestigioso club, che riunisce le sette nazioni avanzate con la ricchezza nazionale netta più grande al mondo. È una perdita di influenza non solo economica, ma anche morale, le cui ripercussioni interne si stanno facendo già sentire. In questo contesto, l’Unione europea è un’ancora di salvezza o un corpetto troppo stretto che ci farà andare a fondo?
Ne abbiamo parlato con Joseph Halevi, professore di economia che ha insegnato a Torino, Sydney, New York, Grenoble, Nizza e Amiens e autore di numerose pubblicazioni, tra cui “Modern Political Economics: Making sense of the post-2008 world”, scritto insieme a Yanis Varoufakis e Nicholas Theocarakis.

Professor Halevi, l’Europa è una delle zone del mondo dove il benessere è maggiore, ma questo sta diminuendo a discapito dell’ascesa di altre parti del mondo. Il ceto medio europeo è in crisi, ha perso o teme di perdere il suo status. Da un punto di vista di teoria economica, pensa che i governi degli stati europei possano continuare a promettere ai loro elettori gli attuali livelli di benessere o stiamo andando verso un inevitabile peggioramento delle nostre condizioni di vita?
I livelli di vita europei si stanno sgretolando e sotto molti aspetti si sono già sgretolati. Se scomponiamo il benessere attuale, notiamo che in alcuni grandi paesi europei, come per esempio Francia, Italia e Spagna, non ci sono solo grandi sacche di povertà ma anche una situazione di generale deterioramento. Questo spiega perché una buona fetta delle classi popolari ora vota per i nazionalisti e la destra in quei paesi dove i partiti democratici hanno instaurato lo stato sociale. Sono aumentate moltissimo le disuguaglianze e questa non è una novità. Basti pensare alla pubblicistica in Germania negli anni Ottanta: si parlava della società dei due terzi, in cui i due terzi dei cittadini hanno raggiunto il benessere. Oggi si potrebbe parlare al massimo della società del 20-40-40, con il 20 per cento delle persone che stanno molto bene, il 40 la cui posizione è più o meno stabile e un altro 40 le cui condizioni sono peggiorate. La stessa Germania non è poi così eccezionale come si sente spesso dire: ci sono condizioni di sottoccupazione incredibile, finanziate perlopiù dal modello Hartz (un insieme di leggi con cui è stato riformato il mercato del lavoro tedesco a partire dal 2003, ndr). ???

L’Unione europea può impedire il peggioramento dei livelli di vita che lei descrive?
L’Unione europea è strutturata intorno all’euro. Anche i paesi che non possiedono la moneta unica sono formalmente in attesa, altrimenti la Banca centrale europea (Bce) non si chiamerebbe così. La Bce è la banca centrale dell’Unione europea perché l’Ue non può condurre una politica macroeconomica per tutti i paesi europei se non attraverso la politica che passa per la Bce. Il problema è che il sistema monetario europeo, così come strutturato, non è assolutamente capace di rilanciare niente. Se il mondo fosse razionale, ci si siederebbe intorno a un tavolo, si prenderebbe atto che questo sistema non funziona e si rifletterebbe su come sviluppare un sistema monetario alternativo.

Lei a cosa pensa quando parla di un’alternativa al sistema attuale?
Ci vuole un’Europa federale. Se gli stati europei vogliono stare insieme e avere una moneta comune devono passare a una fiscalità comune e non costrittiva. Ma l’Europa federale è una risposta che non ha alcuna possibilità di veicolazione politica. Oggi in parlamento europeo non esiste nessun partito politico in grado di avere una rappresentatività numerica tale da poter articolare questa linea. I partiti che remano contro lo status quo sono i nazionalisti, mentre i socialdemocratici e i cristiano sociali non riescono a sganciarsi dagli schemi attuali. Per fare un paragone, per certi versi è una situazione simile a quella in cui si trovava Heinrich Brüning, cancelliere della Repubblica di Weimar prima dell’arrivo al potere del nazismo. Brüning aveva capito tutto: lui scriveva ai leader europei dicendo che avrebbe continuato a onorare il debito, chiedendo loro al contempo di farglielo pagare in maniera ridotta, altrimenti le cose si sarebbero messe male. Ma nessuno riusciva a sganciarsi dallo status quo.

Crede che sia possibile una vera politica federale con un parlamento europeo così com’è strutturato oggi, con i deputati divisi tra una duplice fedeltà, quella al gruppo politico di riferimento e quella allo stato di appartenenza?
Il problema è il ruolo istituzionale del parlamento europeo, che non rende possibile nessuna politica veramente federale. Il parlamento europeo è un budello. Viene eletto direttamente dai cittadini dal 1979, gli sono stati dati più poteri, soprattutto con il Trattato di Lisbona, ma sono sempre poteri concessi. A Strasburgo si legifera, molto, ma poche di queste decisioni sono vincolanti. Lo stesso vale per le altre istituzioni. Si pensi al consiglio dei ministri, dove, anche se ci siedono rappresentanti degli stati membri, la musica non cambia. Possono, ad esempio, chiamare a parlare il presidente della Bce Mario Draghi, ma poi non c’è un meccanismo per dare un giudizio su quello che dice il presidente, come avviene invece negli Stati uniti con la Federal Reserve, la banca centrale americana.

Cosa cambia?
Negli Stati uniti il giudizio del Congresso è semi-vincolante, la banca centrale deve in un certo modo tenere conto di quello che dicono i rappresentanti della politica. In Europa manca proprio questo assetto istituzionale. Questo lo capii benissimo quando vivevo in Francia, ai tempi del referendum su Maastricht. Allora i sì vinsero per pochissimo, con il 50,3 per cento. Il fronte del no era guidato da Philippe Séguin, un costituzionalista, della destra istituzionale, presidente dell’assemblea nazionale dal 1993 al 1997. Lui osservava la sovranità da un punto di vista tecnico e mostrò come il sistema europeo aveva degli enormi vuoti dentro, nel senso che toglieva sovranità agli stati senza reintrodurla a livello europeo. Invece che nuova sovranità introduceva solo capacità burocratica, di tipo amministrativo. Un po’ come fa il commissario agli affari economici Pierre Moscovici con l’Italia, limitandosi a dirle che è troppo al di là dei numeri che l’Europa si aspetta. Questo assetto istituzionale non funziona. Serve un parlamento europeo veramente funzionante, con la capacità di nominare i commissari europei, che hanno il compito di governare.

Rafforzare il parlamento renderebbe l’Europa più democratica. Questo sforzo di “democratizzazione” sta anche alla base del progetto Diem25 del suo collega Yanis Varoufakis, con il quale ha lavorato. Cosa pensa di questo progetto?
Concordo con le sue idee. Io sono stato a lungo nel partito comunista italiano e ho frequentato abbastanza il partito comunista francese durante le mie permanenze in Francia. Questi due partiti, in fasi diverse, erano molto radicati nella popolazione. I partiti comunisti erano radicati nella popolazione. Se un partito politico non è radicato nella popolazione, posso essere d’accordo con le sue idee, ma sono molto scettico dal punto di vista delle possibilità di successo. Gli sforzi che fa Yanis, soprattutto dal punto di vista della comunicazione, sono molto importanti. Non penso che come movimento politico da votare alle elezioni Diem25 sia la carta vincente, ma apporta comunque un contributo importante alla diffusione e all’articolazione di certe idee. Ben venga che Diem25 prenda alcuni seggi al parlamento europeo. Gli altri hanno deluso. Si pensi alla lista Tsipras, che doveva portare uno spirito di cambiamento al parlamento europeo ma alla fine non ha fatto niente. Si è sentito di più Nigel Farage e questa non è certo una cosa buona.

Yanis Varoufakis

Stando ai sondaggi attuali, alle prossime europee sembra che i partiti sovranisti faranno il pieno di voti. Che conseguenze economiche potrebbe avere una loro affermazione?
Non so se faranno il pieno di voti, ma aumenteranno certamente il loro numero di deputati. Non sono comunque un gruppo coeso, perché i sovranisti sono sia a destra che a sinistra. Ad esempio, in Francia, Jean-Luc Mélenchon va considerato tra i sovranisti. Oggi il discorso di una certa sinistra è solo leggermente diverso da quello della destra salviniana. La sinistra sovranista è subalterna alla destra nazionalista, sull’immigrazione dice: “Sì, ma…”.
Inoltre, a livello europeo i sovranisti di destra non sono uniti. Quelli del gruppo di Visegrad non metteranno mai i bastoni nelle ruote della Germania dato che sono parte integrante e dinamica della zona del capitale tedesco e non seguiranno mai l’Italia sulla questione dello “sharing” dei migranti, come già si è visto.
Non cambierà molto nell’immediato, perché i governi rimarranno gli stessi. Importante in questo senso è vedere come reagiranno i governi, i partiti dello status quo, che perderanno voti. Dipende da come questi perderanno nei vari paesi. Una cosa è se la destra nazionalista dell’Afd si porta avanti a spese dei socialdemocratici, un’altra se lo fa a spese dei cristiano sociali.

Luigi di Maio dice che con il voto europeo del prossimo maggio cambia tutto…
Non è vero: a maggio non cambia niente. Il parlamento europeo non ha impatto sul governo europeo, perché i nuovi commissari non sono eletti, ma semplicemente confermati dalle coalizioni che si formano al parlamento. Ci saranno forse una serie di deputati che voteranno contro i commissari. Ma i sovranisti, se a loro va veramente bene, non prenderanno più del 30 per cento dei voti. Più del 60 per cento dei seggi rimarranno a quei partiti che possono formare coalizioni: liberali, conservatori, cristiano sociali e socialdemocratici. Loro confermeranno la commissione europea che verrà decisa dai governi.

I partiti socialdemocratici sono in crisi dappertutto. Pensa che l’ascesa dei Verdi potrebbe rilanciare una sinistra europeista?
No. Se io dovessi votare in Europa, voterei i Verdi, ma lo farei in mancanza di meglio. Voterei una cosa un po’ liberale, senza la bava alla bocca, progressista. Il problema è che le formazioni “a sinistra” e/o ex comuniste tendono a un sovranismo di destra. Oltre a Mélenchon, penso ad esempio a Sahra Wagenknecht, leader della Linke in Germania. Io avevo moltissima stima di lei. È una che ha studiato filosofia, economia, ma sta dicendo delle cose sbagliate sull’immigrazione.
Il problema è che i partiti socialdemocratici europei sono diventati veramente neoliberali. Sono social-liberisti, come già notò analiticamente il Professor Bellofiore dell’Università di Bergamo oltre quindici anni fa. A credere veramente nel mercato non è stata la destra ma loro. La destra non ha mai creduto nel mercato. Ha creduto nell’ideologia del mercato ma poi ha dato potere ai propri monopoli.

Come ha fatto Silvio Berlusconi in Italia…
Berlusconi è un esempio in Italia, ma anche altrove si possono trovare pratiche di questo tipo. In Italia è la sinistra che ha creduto nel mercato e che ha fatto le peggiori privatizzazioni, con il governo Prodi-D’Alema, soprattutto nella fase D’Alema. Per esempio, se le autostrade italiane si trovano in questa situazione, è colpa di quelle privatizzazioni. Lo stesso è successo in molti paesi dell’est europeo. Gli ex comunisti camuffati in socialdemocratici hanno fatto le peggiori liberalizzazioni. È colpa loro se politici come Viktor Orban hanno compiuto questa traiettoria.

La sinistra è diventata il punto di riferimento delle élite?
Si pensi alla tecnocratizzazione del partito socialista in Francia, ai tempi di Lionel Jospin. Nel 2002, quando Jospin venne sconfitto, i socialisti chiamavano in modo sprezzante la popolazione francese che aveva votato per Jean-Marie Le Pen “La France d’en bas”, la “Francia dal basso”. E questi di conseguenza hanno votato per tre volte i Le Pen. Un aneddoto che la dice tutta sull’atteggiamento della sinistra di governo. La stessa cosa è successa in Italia. Oggi non si parla più di classi sociali, ma di centro e periferia. Il riferimento del partito democratico è diventato il centro. In questo senso, non credo che i partiti socialdemocratici europei riusciranno a recuperare un terreno sociale.

Insomma, siamo nei guai. Guai a cui si aggiunge la decisione della Gran Bretagna di abbandonare l’Ue. Crede che la Brexit potrebbe, nel migliore dei casi, costituire un’opportunità di rilancio per l’Unione?
No, per l’Unione europea la Brexit è un fatto negativo. La Gran Bretagna è un grosso paese e la sua uscita porterà conseguenze negative, soprattutto dal punto di vista politico e dell’immagine. Anche la Gran Bretagna va verso una situazione complicata. La Scozia troverà un modo per riaprire il contenzioso e lo stesso vale per l’Irlanda del nord. Ripercussioni negative si sentiranno anche in un territorio dove si è votato per la Brexit, ovvero il Galles. Il Galles perderà tutti i contributi europei. La parte agricola del Galles viveva di questo. Londra non colmerà questo ammanco, perché la vera preoccupazione della classe dirigente britannica è quella di salvare la City.

Ce la faranno?
Bisogna vedere cosa implica il “no deal”, il mancato raggiungimento di un accordo, per il passporting, pratica che riguarda il sistema finanziario e bancario e che consente a una società finanziaria o a una banca britannica registrata alla City di Londra di condurre attività transfrontaliere negli stati membri dell’Ue, senza dover essere specificamente autorizzate in ogni stato membro dell’Ue in cui desiderino operare. Per la City il passporting garantisce un accesso diretto all’Europa. Nell’accordo attuale tra Gran Bretagna e Ue il passporting è garantito. Ma se l’accordo salta, per la City è un grandissimo problema. Theresa May non poteva dire esplicitamente che se salta l’accordo salta il passporting, perché in questo modo avrebbe svelato che in Inghilterra tutto viene fatto in funzione della City e deve essere perciò coerente ai suoi interessi.

“Europa, rovinata dai social-liberisti”. Parla Joseph Halevi was last modified: gennaio 2nd, 2019 by Matteo Angeli

“Europa, rovinata dai social-liberisti”. Parla Joseph Halevi ultima modifica: 2019-01-02T16:40:59+00:00 da Matteo Angeli
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