Ecco l'interpretazione dei dementi negatori dei diritti umani, civili e politici dei cittadini nativi e indigeni europeiGermania, Afd strappa 1.5 milioni di voti a Cdu e Spd dando risposte a precari e disoccupati. Ma anche alla classe media
di Alessandro Ricci | 25 settembre 2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... ia/3876298 Sconfitti dalla società moderna, scettici sul futuro che litigano con i tempi che cambiano, orientali frustrati, occidentali timorosi, xenofobi, in maggioranza di sesso maschile. E’ l’identikit dell’elettore dell’Afd, Alternative Für Deutschland, il partito populista di destra che ha raggiunto il 13% alle elezioni per il Bundestag. Un risultato storico che ha portato, per la prima volta dal dopoguerra, uno schieramento che non rinnega pienamente il nazionalsocialismo e ha toni apertamente razzisti ad ottenere quasi 90 seggi al Parlamento tedesco.
La Germania si interroga su quali possano essere le motivazioni di un successo che, sebbene annunciato, ha spiazzato tutti i maggiori partiti. Un dato c’è: secondo l’istituto Infratest, Afd ha sottratto più di 1 milione di voti a Cdu, 500.000 a Spd, più di 500.000 a Die Linke, mentre più di 1 milione provengono dalla galassia dell’astensionismo. Dato, quest’ultimo, confermato dall’aumento del 5% nel numero dei votanti rispetto al 2013.
Ma legare un successo così vasto ad un semplice voto di protesta sarebbe riduttivo. Quello di Afd è un processo più ampio che si è insinuato nella società tedesca e che, soprattutto, è destinato a cambiare la politica di Berlino, sancendo una cesura in una società che pensava di aver già fatto i conti con la Storia.
Non è certo un 13% che metterà in discussione la democrazia, ma la domanda che ci si pone è come sia stato possibile. Afd è riuscita ad intercettare il voto di coloro che sono senza lavoro o che un lavoro lo hanno ma è un mini-job, ossia una forma di lavoro estremamente precaria limitata nel tempo e a basso reddito. Quello che ci si chiede con maggior vigore è perché sia riuscita ad intercettare il voto di chi, invece, ha un reddito medio alto, non vive nell’est della Germania e ha un’istruzione almeno superiore.
Il profilo sembra essere ben delineato: maschio, 30-59 anni. Afd ha ottenuto una media dell’11% dei voti nella Germania Ovest, mentre è riuscita a raggiungere il 21% nella parte orientale, con punte del 37%. Proprio questa è la zona dell’ex Repubblica Democratica Tedesca, che ha sofferto in misura maggiore il processo di riunificazione e che si sente meno considerata dal governo. Parte di questi sono coloro che hanno riconosciuto una minaccia nella cosiddetta crisi dei rifugiati del 2015 e che hanno sofferto una campagna elettorale basata sul consenso piuttosto che sul cambiamento. Non a caso la wahlkampf è stata definita dagli stessi tedeschi la più noiosa che si ricordi.
Il partito populista ha avuto successo in quella fascia di popolazione delusa dalle politiche di Merkel che non riusciva a trovare una valvola di sfogo nei partiti tradizionali. Afd è stato il rigurgito di una fetta di popolazione che si sente abbandonata, che non riesce a stare al passo con le sfide imposte da un mondo che cambia velocemente e frequentemente. Una popolazione che vede una minaccia nell’Euro, nell’immigrazione e nella sfide poste dalla digitalizzazione.
Quello di Afd sembrerebbe quasi essere un grido di allarme nel Paese che gode della maggior ricchezza in Europa, e proprio per questo fa molto più rumore. Offrendo soluzioni semplici a problemi complessi, Alternativa per la Germania è riuscita ad intercettare il malessere degli elettori che vedono una minaccia nei rifugiati e sono nostalgici di un Paese che non c’è più. Ma anche in questo caso sarebbe un errore additare il successo dello schieramento semplicemente ai richiedenti asilo. Infatti, Afd ha un chiaro programma economico e politico che mira a maggiori sussidi statali e meno tasse. Ha attirato coloro che sentivano di non avere più una voce, a volte portando il discorso da bar nelle urne.
Con un sguardo più attento, l’exploit di Afd è il fallimento dei due partiti pigliatutto, Cdu e Spd, veri sconfitti da questa tornata elettorale. Mentre il primo riscuote la sconfitta più grande in termini numerici, dovuta ad una campagna senza promesse rivoluzionarie, il secondo sembra aver pagato a caro prezzo la Große Koalition e la mancanza di un programma politico alternativo. C’è una voglia di novità che è stata espressa attraverso un voto radicale e adesso starà alle forze democratiche capire quali sono i programmi da mettere in atto per riportare gli elettori sui binari tradizionali.
Un indizio è già arrivato, ed è la dichiarazione di Angela Merkel di voler stringere sull’immigrazione e riconquistare gli elettori di destra. Scelta peraltro annunciata ad ogni ottimo risultato di Afd. Il timore è che questo risultato possa cambiare lo scacchiere politico tedesco non solo a causa di Afd, ma anche a causa del passaggio di Spd all’opposizione.
Se, infatti, così facendo, Spd si assicura la posizione di oppositore al futuro governo, che altrimenti sarebbe rimasta esclusivamente nelle mani dei populisti di destra, lascia il governo in mano ad una coalizione tripartita tra Cdu, Fdp e Grüne, con questi ultimi in posizione minoritaria. A rimetterci potrebbero essere l’Europa e l’Italia. Entrambe per una ricerca da parte del governo del consenso degli elettori di destra, fatta di politiche sempre più germanocentriche che vedono in Berlino (si legga Francoforte) la capitale europea.
Migranti ed economia, l’avanzata della destra ostacola i piani della Uefrancesco semprini
2017/09/25
http://www.lastampa.it/2017/09/25/ester ... agina.htmlPer l’Europa difficilmente poteva esserci un risultato peggiore. Una leader come Merkel decisamente indebolita, la Spd dell’europeista Schulz polverizzata e relegata all’opposizione, il rischio di attendere mesi per veder nascere una coalizione che già si annuncia piena di contraddizioni. E soprattutto il ritorno di quell’onda nera a cui nessuno ormai dava più importanza. Un’onda che ora rischia di paralizzare il cammino delle riforme europee (tra tutte quelle dell’Eurozona) o comunque di indirizzale verso altre direzioni (leggasi immigrazione).
Alle 18 di ieri, la Bella Addormentata si è presa uno schiaffo proprio nel bel mezzo del sonno. Uno schiaffo inatteso e doloroso. Da settimane l’Europa era troppo impegnata a sognare il suo rilancio per preoccuparsi del ceffone che stava arrivando dal voto tedesco. Non se lo aspettava, convinta di essersi definitivamente lasciata alle spalle le minacce del populismo di estrema destra. Perché i risultati delle elezioni in Olanda e soprattutto di quelle in Francia avevano trasformato l’appuntamento elettorale tedesco in una pura formalità. E invece.
Certo, a Bruxelles tutti sapevano che fino al 24 settembre sarebbe stato impossibile fare qualsiasi mossa. Così, in effetti, è stato. Ma i più consideravano quella data quasi come un passaggio burocratico, di normale amministrazione. Questo lunedì 25 settembre avrebbe dovuto essere il primo giorno della nuova era. Bisogna invece cambiare i piani. C’è da ripensare subito un futuro diverso, almeno nell’immediato. «Nel suo discorso al Parlamento Ue - nota Guntram Wolff, direttore dell’influente think tank bruxellese Bruegel - Juncker aveva totalmente sbagliato a calcolare la situazione».
I leader europei erano pronti a darsi appuntamento giovedì sera a Tallinn per iniziare a disegnare la road map dell’Europa, convinti di poter arrivare a dicembre con uno straccio di accordo sul futuro dell’Ue. E invece le cose andranno diversamente. Probabilmente Angela Merkel si siederà al tavolo dicendo: «Mi spiace, ma non possiamo ancora ripartire. Datemi più tempo, ho altro a cui pensare».
Il presidente del Consiglio Donald Tusk, spronato dagli entusiasmi delle capitali trainate da Emmanuel Macron, nei giorni scorsi aveva addirittura convocato un Euro Summit per dicembre. Una riunione dei 19 capi di Stato e di governo della zona Euro (aperto anche agli altri) per dare concretezza alle proposte di riforma dell’Eurozona che stanno circolando. Ma a quella data, se tutto andrà bene, il nuovo governo tedesco sarà appena entrato in carica. E quindi non si potrà prendere alcuna decisione. Tutto sarà rinviato al 2018, con il rischio di scivolare verso le Europee del 2019.
È per questo che le prime reazioni dei vertici Ue sono caute («La Germania resta fedele agli ideali europei», Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento) o addirittura mute: fino a tarda sera non risultavano cenni dagli altri due presidenti Donald Tusk e Jean-Claude Juncker. Un silenzio indice della delusione che ha attraversato le maggiori cancellerie europee. Il più amareggiato è certamente Emmanuel Macron.
Domani pomeriggio il capo dell’Eliseo terrà un discorso sull’Europa alla Sorbona, una sorta di manifesto programmatico che però potrebbe presto schiantarsi contro il muro di Berlino. I liberali tedeschi - che puntano a incassare il ministero delle Finanze - hanno una visione totalmente diversa dalla sua sull’integrazione della zona euro. Niente bilancio comune, meno poteri alla Commissione per il controllo dei conti pubblici, più rigidità nei vincoli e certamente meno solidarietà con gli Stati in difficoltà. «Se la Merkel si allea con i liberali, sono morto» si è sfogato nei giorni scorsi Macron con un collaboratore secondo un articolo di Le Monde, che non è stato smentito dall’Eliseo.
E sulla questione immigrazione? L’argomento interessa da vicino l’Italia, che nella Merkel ha trovato spesso una valida alleata nella battaglia per condividere gli oneri a livello europeo. Sul tavolo c’è la riforma di Dublino, che regola il diritto d’asilo, e la Cancelliera si è sempre detta favorevole a una più equa ripartizione dei rifugiati. A prima vista, l’ingresso nella coalizione dei Verdi - europeisti e promotori di politiche di apertura sull’immigrazione - potrebbe essere una buona notizia. Ma Merkel sa benissimo che l’Afd al terzo posto è un segnale da non sottovalutare e la spinta verso destra che arriva dai bavaresi della Csu potrebbe costringerla a rivedere in senso restrittivo le sue politiche, chiudendo in faccia le porte ai migranti. E ai partner europei che chiedono più solidarietà.
Germania. Il populismo anti-popolare. Il programma politico dell’AfD. Un’idra dotata di innumerevoli testeNicola Bassoni
http://www.jobsnews.it/2016/03/germania ... voli-testeIl partito di destra assurto agli onori della cronaca europea dopo i successi elettorali di domenica 13 marzo sta ancora tentando di trovare una propria esatta collocazione politica: liberal-conservatorismo o populismo nazionalista? Uno sguardo al programma elettorale dell’AfD, Alternative fur Deutschland, può forse aiutarci a capire questo nuovo fenomeno del panorama partitico tedesco e, forse, anche europeo. L’AfD non assomiglia né a un Leviatano né al Behemoth, quanto piuttosto a un’Idra, dotata di innumerevoli teste e che, quando ne perde una, è capace di farne crescere altre al suo posto. Questo è ciò che avvenne nel luglio dello scorso anno, quando il fondatore del partito – il docente di macroeconomia Bernd Lucke – abbandonò l’AfD (o, meglio, ne venne cacciato a seguito di una fronda interna che proseguiva da marzo). Allora il partito, nato euroscettico con un serioso e posato manifesto firmato da sessantotto esponenti del mondo accademico, economico e pubblicistico, fece emergere tante nuove teste, e in genere tutte queste guardavano a destra. L’AfD che ha fatto il pieno di voti in Sachsen-Anhalt ha poco da spartire con quella nata nel 2013 come reazione alle politiche di salvataggio dell’Euro.
A dire il vero, l’AfD ha poco a che vedere con se stessa anche tra un Land e l’altro. Negli ex territori orientali, i leaders di partito sono dichiaratamente vicini al nazionalismo più esasperato e ai loro comizi non è difficile veder sventolare le bandiere della “rivoluzione del 1848” (nero-rosso-oro con croce scandinava, per sancire la “nordicità” della Germania) o sentir gridare incitamenti per «Dio, patria e famiglia». Nella Germania occidentale, al contrario, i vertici della AfD appaiono più moderati e tendono a prendere le distanze dagli estremismi dei loro colleghi orientali, evitando accuratamente ogni riferimento a imbarazzanti simboli o espressioni del passato tedesco.
Un partito policefalo. La pubblicazione del programma prevista per aprile
Comprendere l’intima natura di questo partito policefalo non è affatto facile. L’effettivo programma elettorale è ancora in definizione e la sua pubblicazione è prevista per aprile. Intanto sono stati resi pubblici degli “abbozzi”, dai quali è comunque possibile trarre le linee politiche fondamentali del partito. Cerchiamo quindi di comprendere cosa vuole l’AfD per il proprio paese (e per l’Europa) osservando queste linee programmatiche (il documento è scaricabile all’indirizzo:
https://correctiv.org/media/public/a6/8 ... ntwurf.pdf).
Sovranità contro l’Unione europea e anti-islamismo
Il nome stesso dell’AfD sintetizza uno dei punti della politica estera del partito. L’“alternativa” è una chiara risposta all’«alternativlos» (mancanza di alternative) pronunciato da Angela Merkel davanti alle misure di salvataggio della moneta unica. L’alternativa per la Germania sarebbe dunque il ritorno alla moneta nazionale, nella convinzione che le differenze economiche nella zona-euro (vale a dire l’Europa meridionale) rappresentino un freno allo sviluppo del paese. Su questo singolo elemento, il partito di Frauke Petry ha mantenuto intatto lo spirito impresso da Bernd Lucke: il programma di partito si esprime chiaramente contro l’Unione Europea, definita un “costrutto anti-democratico”, suggerendo una consultazione popolare per il mantenimento della moneta unica e, in ogni caso, sostenendo un recupero della sovranità nazionale contro i tecnocrati di Bruxelles.
Dall’altra parte, il cavallo di battaglia con cui l’AfD è salita dal 4% a oltre il 10% dei consensi è certamente rappresentato dalle istanze anti-islamiche. Sempre ribattendo alle affermazioni della cancelliera, nel programma si esprime chiaramente che «l’Islam non appartiene alla Germania». Qui iniziano le prime contraddizioni nel piano politico dell’AfD: infatti, mentre si stabilisce solennemente la piena libertà religiosa e di opinione, si propone al contempo la proibizione della costruzione di minareti o il divieto di portare il velo negli uffici pubblici. In precedenti abbozzi del programma si sosteneva anche il divieto della circoncisione per i bambini. Poi questa voce è scomparsa nelle versioni più recenti, per ragioni abbastanza facili da comprendere.
Conseguenti e note sono le posizioni riguardo al tema dei profughi: garanzia di protezione per i “veri” profughi e respingimenti per i migranti economici. Come soluzione del problema globale dei flussi migratori si propone quindi di intervenire sulle “cause” scatenanti di questi processi. Ciò detto, è difficile non stupirsi di come questa parte del programma dell’AfD sia sostanzialmente identica alla linea ufficiale del governo federale che, anzi, ha preso decisioni discutibili come quella di dichiarare l’Afghanistan un “paese sicuro” per il quale non vale il diritto d’asilo. Se si pensa che il successo elettorale dell’AfD è stato dovuto principalmente alla questione dei profughi e, quindi, si osserva il programma del partito, sorge il legittimo dubbio che questi punti programmatici siano solo la bella facciata di istanze e opinioni molto più imbarazzanti da mettere nero su bianco – almeno in Germania.
Democrazia e famiglia. La “vita autonoma dell’apparato” statale
L’AfD è un partito democratico. Così democratico da ritenere anti-democratica la società tedesca attuale. La Germania, per l’AfD, è prigioniera dei partiti che «mettono a rischio la democrazia». Invece di rappresentare le forme di un sistema rappresentativo, i partiti dell’establishment sono indicati come un «cartello politico» (da noi la chiameremmo “casta”) che ha dato origine a una «vita autonoma dell’apparato statale» rispetto alla società. Il rimedio proposto è il solito di tutti i movimenti ultra-democratici del resto d’Europa: ovvero maggiore democrazia diretta, espressa attraverso la pratica dei referendum e una limitazione nel ruolo dei partiti nella vita politica del paese. A ciò si aggiungono alcune proposte secondarie, tanto popolari quanto comuni, come la riduzione del numero di deputati al Bundestag da 600 a 500 e una limitazione dei mandati per gli stessi parlamentari, che non potrebbero essere eletti per più di quattro legislature, indipendentemente dal voto popolare e dalle preferenze espresse dall’elettorato.
Inoltre il programma dell’AfD si apre con un nobile motto: «Essere cittadini liberi, non sudditi». Il senso di questa espressione viene spiegato poco più avanti: «Noi siamo cittadini liberi e non sudditi. Noi ci poniamo contro l’onnipotente Stato ideologico e “balia”, e contro l’arbitrio della classe politica». Si tratta, in altre parole, di una formulazione tipicamente liberista, che pone le scelte individuali come non-regolamentabili da parte dello Stato: «Noi ci poniamo contro il controllo, la vigilanza e la regolamentazione di tutti gli aspetti della vita. Noi ci poniamo contro ogni intrusione motivata ideologicamente nella sfera privata e nella vita familiare».
Bellissime parole. Peccato che, appena qualche pagina più avanti, vedendo proprio il programma sulle politiche familiari possiamo leggere come l’AfD intenda tutelare la famiglia tradizionale composta da madre-padre-figli, contrastando influenze ideologiche a essa contrarie e difendendo i tradizionali ruoli di genere. Viene proposta una particolare tutela per le donne che sono «“solo” madri e casalinghe», in opposizione a un «femminismo mal interpretato» che privilegia le donne nel campo professionale. Nei dettagli, secondo l’AfD lo Stato dovrebbe incentivare la natalità e, a tal fine, incoraggiare il ruolo domestico delle donne. Una “piccola” eccezione al rifiuto di «ogni intrusione motivata ideologicamente nella sfera privata e nella vita familiare».
Il cambiamento climatico esiste da quando esiste il pianeta
Il cambiamento climatico non esiste – o, meglio, esiste «da quando esiste il pianeta». Difficile contestare questa affermazione ma, al contempo, leggendola quale preambolo alla sezione dedicata alle politiche ambientali dovrebbe farci ben capire con quale “spirito” si intenda affrontare il problema. L’AfD, infatti, propone un radicale mutamento nelle politiche di protezione dell’ambiente: ripresa dello sfruttamento dell’energia nucleare (che in Germania dovrebbe essere abbandonata del tutto tra appena sei anni), revoca dell’attuale legislazione atta a favorire l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e, infine, revisione delle norme contro le emissioni di CO2. Il ragionamento proposto nel programma dell’AfD non fa una piega: l’anidride carbonica è un elemento necessario alla vita sul pianeta; attraverso di essa le piante producono ossigeno; allora perché doverne limitare le emissioni mediante costose pratiche come l’adesione ai protocolli di Kyoto?
In realtà le basi “scientifiche” in questa sezione del programma sono abbastanza aleatorie, e la ragione principale addotta dall’AfD è che il controllo delle emissioni limita lo sviluppo dell’economia tedesca. Qui arriviamo infatti all’ultimo punto che intendiamo presentare: il programma economico del partito di Freuke Petry. Accanto a dichiarazioni di circostanza in favore di una maggiore presenza tedesca sui mercati mondiali, più sviluppo, e via dicendo, il fine dichiarato del programma è quello della protezione della classe media tedesca, “spina dorsale” del paese. Le manovre concrete sono tutte di ordine fiscale: le tariffe delle imposte sul reddito dovrebbero avere scaglioni più ampi, mentre viene suggerito un “freno” alle tasse e alle imposte, impedendo che queste possano essere alzate “arbitrariamente” o al di sopra di determinati tetti. Da ultimo, l’AfD sostiene l’abolizione della tassa di successione. Una misura che avrebbe l’unico effetto di aumentare la forbice tra ricchi e poveri nella società tedesca, da accompagnare con decisi tagli allo stato sociale, ai sussidi di disoccupazione e alle minime garanzie di assistenza.
Un populismo anti-popolare, un campionario di contraddizioni
Il programma dell’AfD, almeno nella sua forma attuale, è un campionario di contraddizioni. A ben vedere non pare molto distante dalle istanze politiche che si stanno producendo da anni in tutta Europa (o, adesso, negli Usa) ed è facile riconoscere nei paragrafi succitati significativi parallelismi con altri movimenti che intendiamo tipicamente come populisti. Tuttavia siamo forse davanti a un fenomeno politico nuovo e a una significativa mancanza terminologica. Osservando le linee politiche fondamentali dell’AfD e di molti altri suoi precursori, si ha l’impressione che parlino essi sì alla pancia del popolo ma, al contempo, che si rivolgano anche alle tasche delle élite. L’operaio o il disoccupato del Sachsen-Anhalt che ha votato per l’AfD non avrebbe effettivamente molto da guadagnare del programma economico dichiarato dal partito. Emerge piuttosto come questi movimenti “giochino” con determinate passioni o timori della popolazione – la percepita lontananza della politica dei partiti, la paura dell’invasione di migranti e del terrorismo, le difficoltà della vita familiare quotidiana – per proporre invece misure concrete a favore delle classi più abbienti.
Siamo davanti a un populismo che, dal punto di vista economico, è anti-popolare. Davanti a un’ultra-democrazia che vorrebbe essere diretta ma è soltanto plebiscitaria e, quindi, intimamente anti-democratica. Infine, davanti a un nazionalismo che non ha più timore di definirsi tale, laddove un partito tedesco – che in un Land ha raggiunto il 24% dei consensi – può permettersi di inserire nel proprio programma, senza alcun distinguo, la difesa dell’«identità storico-culturale della nostra nazione nel corso del tempo».
In Germania chi ha votato per l'estrema destra?lunedì 25 settembre 2017
http://www.ilpost.it/2017/09/25/elettori-afdPiù uomini che donne, più quarantenni che giovani e anziani, vivono soprattutto nella Germania est e in passato si erano astenuti
Alle elezioni di domenica in Germania il partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) ha ottenuto uno storico risultato, entrando per la prima volta in Parlamento con il 12,6 per cento dei voti e diventando il terzo partito del paese, dopo la CDU di Angela Merkel e i socialdemocratici della SPD. Grazie ai sondaggi, agli exit poll e all’analisi dei flussi elettorali è possibile fare un primo ritratto di chi sono i suoi elettori e del perché hanno deciso di votare AfD: sono informazioni da prendere con cautela, dato che si basano su rilevazioni statistiche, ma sono utili a capire di cosa parliamo.
Il primo dato è quello geografico. L’AfD ha ottenuto i risultati migliori nella Germania orientale, la parte più povera del paese. Secondo i primi dati, nella Germania occidentale AfD ha ottenuto in media l’11 per cento dei voti, mentre in quella orientale ne ha raccolti più del 20 per cento. I migliori risultati li ha ottenuti in Sassonia e in Sassonia-Anhalt, dove è stata il partito di maggioranza relativa in cinque circoscrizioni (le uniche dove ha ottenuto questo risultato). Si trovano in Sassonia anche i tre collegi dove AfD è riuscita a far eleggere il suo candidato nei collegi uninominali (qui trovate una spiegazione del sistema elettorale tedesco). Peraltro le zone in cui AfD è andata meglio sono quelle in cui ci sono meno migranti, nonostante l’opposizione ai migranti sia una delle posizioni più forti e riconoscibili del partito.
Percentuali AFD secondo voto
I voti della AfD in Germania: nelle regioni in verde scuro, il partito ha ottenuto tra il 15 e il 35 per cento dei voti (Bundeswahlleiter)
Un altro dato interessante è quello dell’età. AfD ha ottenuto i migliori risultati tra chi ha intorno ai 40 anni e in particolare nelle fascia tra i 30 e i 59 anni. Le statistiche mostrano che AfD ha guadagnato il 10 per cento dei consensi tra i 40enni rispetto alle elezioni del 2013. I giovani con meno di 30 anni e gli anziani con più di 59 anni hanno invece votato l’estrema destra in percentuali più basse della media nazionale. Tra i giovani, il partito che ha ottenuto i risultati migliori rispetto alla media nazionale e rispetto al 2013 è il partito liberale FDP.
Germania voto per età
Gli elettori dell’AfD sono soprattutto uomini: quasi il 20 per cento di loro ha votato per il partito di estrema destra, mentre ha fatto lo stesso meno del 10 per cento delle donne, e questo nonostante le donne siano molto rappresentate nella leadership del partito. Tra le persone più famose e riconoscibili di AfD ci sono l’ex leader Frauke Petry, Beatrix von Storch e Alice Weidel, la candidata di punta del partito.
Germania voto per sesso
Un altro ottimo risultato AfD lo ha ottenuto tra gli operai, conquistando il 20 per cento del loro voto. Il partito ha invece ottenuto risultati inferiori alla media nazionale dei suoi consensi tra gli impiegati (Angestellte), tra gli autonomi (Selbständige) e soprattutto tra i dipendenti pubblici (Beamte), una categoria in cui ha raccolto meno del dieci per cento dei voti.
DWO-IP-BTW17-Demografie-ergebnis-klassisch-mku-Beruf-20-45-jpg
I primi sondaggi sui flussi elettorali, che vengono realizzati nel giorno stesso del voto, mostrano che AfD ha ottenuto voti soprattutto da persone che nel 2013 non avevano votato. Il 34 per cento degli intervistati che hanno votato AfD ha detto di essersi astenuto alle elezioni precedenti, mentre il 21 per cento nel 2013 aveva votato per la CDU di Angela Merkel o per il suo partito alleato, la CSU.
Flusso elettorale AfD
I flussi elettorali mostrano una significativa uscita di elettori della CDU verso l’AfD, ma il partito di Angela Merkel ha subito una perdita di voti ancora più ampia nei confronti dei liberali di FDP.
Altri voti per AfD sono arrivati dall’estrema sinistra di Die Linke. Anche se apparentemente molto diversi, entrambi i partiti hanno una forte base nella Germania orientale e hanno elettori dal profilo simile: operai maschi con un’istruzione medio-bassa. Secondo i sondaggi, Die Linke è riuscita a pareggiare i voti persi verso l’AfD con quelli arrivati dai socialdemocratici della SPD. Die Linke ha ottenuto in tutto il 9,2 per cento dei voti, più o meno lo stesso risultato delle elezioni 2013.
Un altro dato interessante è il risultato ottenuto da AfD in Baviera, una delle regioni più ricche della Germania e, almeno sulla carta, un territorio ostile all’estrema destra populista. In Baviera è tradizionalmente molto forte la CSU, il partito gemello della CDU di Angela Merkel. La differenza tra CSU e CDU è che storicamente la prima ha una linea più di destra. Negli ultimi anni i suoi leader sono stati spesso critici nei confronti delle politiche di apertura ai migranti adottate da Merkel. La CSU, in teoria, avrebbe dovuto rappresentare un’efficace barriera al populismo anti-migranti dell’AfD. Le cose però sono andate diversamente: la CSU in Baviera ha perso il 10 per cento dei voti e AfD ha ottenuto un rispettabile 12,6 per cento, una crescita dell’8 per cento rispetto al suo risultato del 2013.
In un commento pubblicato sul Guardian, il politologo Cas Muddle ha sottolineato altri due aspetti particolari degli elettori dell’AfD.
Il primo è che molti di loro non sembrano condividere le posizioni estremiste spesso adottate dai leader del partito. Secondo un sondaggio citato da Muddle, l’86 per cento degli elettori di AfD ritiene che i suoi leader non facciano abbastanza per dissociarsi dalle posizioni estremiste e apertamente neonaziste adottate da alcuni membri del partito (e a volte dai suoi stessi leader). Una parziale conferma di questo sondaggio è che Frauke Petry, l’ex leader che ha abbandonato l’incarico in polemica con i membri più estremisti del partito, è la candidata che ha ottenuto il risultato migliore, raccogliendo più del 35,5 per cento dei voti nel suo collegio. Oggi Petry ha annunciato che non farà parte del gruppo di AfD in Parlamento, in polemica con gli attuali vertici che considera troppo estremisti.
Il secondo aspetto interessante indicato da Muddle è che l’elettorato di AfD appare tra i meno convinti della propria scelta in tutto il panorama politico tedesco. Soltanto il 34 per cento dei suoi elettori ha detto di essere convinto dal programma del partito, mentre il 60 per cento ha detto di averlo votato come forma di protesta nei confronti delle altre forze politiche. Sembra essere un voto piuttosto volatile e non troppo convinto, insomma.
Da questi dati preliminari, che avranno bisogno di essere elaborati e raffinati nei prossimi giorni, emerge un ritratto abbastanza chiaro dell’elettore di AfD: sono soprattutto maschi operai, intorno ai 40 anni, residenti nella Germania orientale, con un livello di istruzione medio-basso. Quasi un terzo di loro ha votato AfD per la prima volta, dopo essersi astenuti alle scorse elezioni, mentre un quinto di loro, circa un milione di persone, quattro anni fa aveva votato per Angela Merkel. La gran parte degli elettori ha scelto di votare AfD non perché attirata da programmi estremisti o addirittura neonazisti, ma sopratutto come forma di protesta verso i partiti tradizionali.
Una legione di xenofobi e negazionisti, così l’AfD sconvolge il Bundestaggiordano stabile
2017/09/26
http://www.lastampa.it/2017/09/26/ester ... agina.htmlSe la fatica di Angela Merkel nel gestire la sua fragile vittoria sarà segnata nei prossimi giorni da trattative e negoziati all’insegna del più raffinato tatticismo politico, quella che aspetta la dirigenza del partito di estrema destra Afd - gli altri vincitori di questa tornata elettorale tedesca - sarà gestire la coabitazione fra due anime, di cui una smaccatamente xenofoba e negazionista. Il fatto di aver rastrellato consensi un po’ ovunque - tra i razzisti e i semplici scontenti, tra i violenti e gli impauriti, tra i transfughi e i traditi - rischia infatti di tramutarsi in un boomerang.
I primi segni del caos ci sono stati ieri mattina, quando a sorpresa, con una mossa a effetto da tempo meditata, la capogruppo al Bundestag Frauke Petry ha annunciato le sue dimissioni, pur restando all’interno del partito: «Credo che non stiamo rispondendo, nei contenuti, al mandato dei nostri elettori, che ci chiedono di guardare al futuro in modo costruttivo, non al passato». Il volto più borghese e rassicurante dell’Afd - madre di cinque figli, fautrice di una destra più conservatrice che estremista - ha dunque deciso di prendere le distanze dalla coppia Gauland-Weidel, non senza averli accusati di accarezzare la parte peggiore del loro elettorato. E non sbaglia, in certo modo, quando dice che «se i toni non fossero stati così esasperati in campagna elettorale, avremmo preso il 20 per cento, mentre così abbiamo spaventato molte persone». A spaventarli, soprattutto, i toni negazionisti e xenofobi che hanno nutrito, per tutta questa campagna elettorale, il sottobosco dell’elettorato Afd.
Lo scontro di ieri è solo l’inizio, perché le dimissioni di Petry non erano ancora state digerite, che già Alexander Gauland - 76 anni, un passato nella Cdu, oggi candidato di punta Afd insieme a Alice Weide - interveniva su Israele con un discorso tanto contorto quanto inquietante: «Certo che siamo al fianco di Israele - ha detto - ma è discutibile il fatto che il diritto di Israele a esistere sia un principio della ragion di Stato tedesca. Se così fosse dovremmo essere pronti a usare il nostro esercito per difendere Israele, e siccome in Israele c’è una guerra continua, ecco mi sembra privo di senso». Immediate le proteste del Consiglio centrale degli ebrei in Germania: «Purtroppo le nostre paure sono diventate realtà», ha detto il presidente Joseph Schuster.
Lo ripetiamo, lo scontro fra l’anima presentabile e quella impresentabile dell’Afd è solo all’inizio. E una conferma viene dalla lista degli oltre 90 eletti che dalla prossima seduta fino al 2021 siederanno in Parlamento. Se tra i «presentabili» c’è Beatrix von Storch, candidata a Berlino, che ammira i Tea Party e vorrebbe una squadra di calcio senza stranieri, al suo fianco c’è Wilhelm von Gottberg, ex poliziotto, ex Cdu, che oggi ha 77 anni, vive in Bassa Sassonia e ritiene un «mito» lo sterminio di massa degli ebrei da parte dei nazisti: «L’Olocausto - disse una volta - è un dogma che dovrebbe essere lasciato fuori da qualsiasi ricerca storica». Un altro che vorrebbe iscrivere la Shoah nel capitolo «acqua passata» è Jens Meier, giurista, candidato a Dresda, che tra le sue affermazioni più note registra quella secondo cui «i tedeschi dovrebbe finirla con questo culto della colpa».
Vicino a personaggi rozzi come questi, ci sono anche figure più stilizzate, tra cui spicca Armin-Paul Hampel, 60 anni, alta borghesia della Sassonia: ama presentarsi come viaggiatore e conoscitore delle cose del mondo - è stato corrispondente per il canale televisivo Ard dal Sudest asiatico fino al 2008 - e si è ritagliato negli anni il ruolo di mediatore e consulente per varie imprese commerciali tra India e Germania. Grazie a un passato nella marina, Hampel ha molti buoni amici tra gli alti gradi delle gerarchie militari, altro bacino elettorale dalle tonalità nostalgiche che guarda con interesse alle politiche dell’Afd. E che dire dello storico Stefan Scheil, teorico delle ambizioni militari della Polonia, che avrebbe per questo iniziato la guerra contro la Germania, e che oggi si erge a «eterna vittima»?
Tra i più anziani c’è poi Detlev Spangenberg, 73 anni, nato nella Ddr, arrestato durante un tentativo di fuga verso l’Ovest, riesce infine a trasferirsi in Nordreno Westfalia, dove si iscrive alla Cdu. Dopo la caduta del Muro decide di ritornare all’Est, dove partecipa al gruppo estremista «Lavoro, Famiglia, Patria», che ha tra i suoi principi ispiratori l’odio per i musulmani e il ripristino dei confini tedeschi al 1937. Una lunga lista di curriculum pasticciati e sgangherati, quella dei parlamentari Afd, che risponde alla confusione presente nel loro elettorato: in parte violento, in parte inconsapevole, in altra parte ancora spregiudicato e avventuriero. E che adesso, a dispetto di tutto, entrerà a pieno titolo nel patrimonio politico tedesco.