Si liberi Europa dai sensi di colpa, dai miti, dai pgiudizi

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Messaggioda Berto » lun ago 07, 2017 5:21 pm

Si rivaluti la vita sulla terra e l'uomo di buona volontà e si abbandoni il culto dei miracoli e della provvidenza divina che all'umanità non portano nulla se non la supremazia/il dominio di caste parassitarie e la schiavitù per tutti gli altri.



D-o non fa miracoli; i miracoli sono assurdità magiche
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Miracołi veri e falbi
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L'uomo di buona volontà e l'ipocrita
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Messaggioda Berto » ven ott 20, 2017 7:16 pm

???

Tramonto islamico sulla Germania
Guy Millière

https://it.gatestoneinstitute.org/11197 ... o-islamico

Le elezioni federali tedesche avrebbero dovuto portare al trionfo di Angela Merkel. I risultati sono stati piuttosto diversi da quelli previsti. La "vittoria" della Merkel sembra un disastro: l'Alleanza cristiano-democratica (Cdu-Csu) ha ottenuto il 33 per cento dei voti – il 9 per cento in meno rispetto a quattro anni fa, il suo risultato peggiore dal 1949. Il Partito socialdemocratico (Spd), che ha governato il Paese con la Merkel negli ultimi quattro anni, ha perso più del 5 per cento dei consensi ed è crollato al 20 per cento, incassando il peggior risultato di sempre. Alternativa per la Germania (AfD), un partito nazionalista conservatore nato nel 2013, ha ottenuto il 12,6 per cento dei voti ed entrerà per la prima volta nel Bundestag. Die Linke, la sinistra marxista, ha ricevuto il 9 per cento dei consensi. Poiché né l'Spd né Die Linke parteciperanno al prossimo governo, e visto che l'AfD è radicalmente opposto alle politiche perseguite dalla Merkel, quest'ultima ha solo due possibili partner: il liberale Partito Democratico Libero (Fdp) e i Verdi, le cui posizioni di entrambi su molti argomenti sembrano incompatibili.

Angela Merkel rimarrà cancelliera, ma automaticamente e soprattutto perché non c'era altra scelta reale: sei mesi fa, due terzi della popolazione tedesca era favorevole a un rimpiazzo. Solo l'8 per cento voleva che lei continuasse a ricoprire la sua carica. Martin Schultz, ex presidente del Parlamento europeo, che era il candidato dell'Spd, non ha offerto niente di diverso e ha condotto una campagna elettorale scialba.

Se la Merkel riuscirà a formare una coalizione, sarà un assembramento precario e instabile che manterrà la Germania sull'orlo della paralisi e farà del Paese il malato dell'Europa del XXI secolo.

La Germania è già in realtà un paese malato e Angela Merkel fa parte della malattia.

Nel 1945, la Germania era in rovina. Ricostruì se stessa e gradualmente divenne la principale potenza economica dell'Europa. Pur riacquistando potere, non si è affermata politicamente ed è rimasta discreta, umile, pentita, silenziosamente vile. A causa del ruolo avuto nella guerra, era riluttante a ricreare un esercito quando le potenze della NATO le chiesero di ricostruirne uno; piuttosto, adottò una posizione generale di appeasement che portò alla "Ostpolitik", una politica di riavvicinamento con i Paesi del blocco orientale e l'Unione Sovietica.

Poiché il nazionalismo aveva portato al nazionalsocialismo, la Germania rigettò ogni forma di nazionalismo. E avendo commesso un genocidio, la Germania era intrisa di odio per se stessa e di un rifiuto della propria identità.

La Germania guardò in direzione della costruzione europea, cercando di definirsi europea per non qualificarsi come tedesca.

Questo processo durò fino alla caduta del Muro di Berlino e alla riunificazione del paese. La riunificazione fu largamente considerata nel paese come frutto dell'umiltà e della discrezione.

Angela Merkel, che sembrava incarnare una Germania riunificata con successo, ereditò questo processo quando divenne cancelliera nel 2005.

Le disfunzioni erano già iniziate ad affiorare. L'economia tedesca rimase prospera, ma la povertà era in aumento (nel 2005, il 17 per cento dei tedeschi era ufficialmente indigente e guadagnava metà del reddito medio nazionale) e il numero dei lavoratori poveri era in costante crescita.

Il tasso di natalità era estremamente basso. Aveva iniziato a diminuire nel 1967 e crollò rapidamente a 1,5 figli per donna. La popolazione, in generale, stava invecchiando.

La Germania iniziò ad accogliere migranti turchi per compensare la mancanza di manodopera. Nel 2000, il numero dei migranti aveva raggiunto i 3,5 milioni.

L'importazione di migranti musulmani causò una lenta islamizzazione del paese. Nelle principali città, furono costruite delle moschee. Furono aperte le scuole coraniche. L'Islam fu integrato nei programmi delle scuole pubbliche.

La Merkel cercò costantemente consensi, lavorando con i socialdemocratici per otto dei dodici anni trascorsi alla guida del Paese.

I tedeschi sembravano favorevoli a questo modus operandi fino a quando, nell'agosto 2015, la cancelliera non ha aperto i confini della Germania a un'ondata enorme di profughi e migranti provenienti dal Medio Oriente. Più di 1,5 milioni di persone sono entrate nel Paese senza alcun criterio e la maggior parte erano giovani uomini aventi diritto al ricongiungimento familiare.

La tesi secondo cui i rifugiati potrebbero tranquillamente integrarsi senza grossi problemi ha cominciato a cozzare con la realtà. Gli stupri si sono moltiplicati. Gli atti di violenza si sono intensificati.

Nel 2016, quasi la metà dei reati commessi a Berlino sono stati perpetrati da migranti da poco arrivati nel Paese. Le reti jihadiste hanno preso forma. Gli atti terroristici hanno cominciato ad aver luogo. L'antisemitismo musulmano ha portato ad attentati contro le sinagoghe. I costi del welfare sono aumentati notevolmente.

La Merkel non ha espresso alcun rammarico. Non ha nemmeno avuto alcun ripensamento dopo le elezioni: ha detto che se dovesse di nuovo aprire le frontiere del Paese, lo farebbe. Ha cercato di imporre le sue decisioni sull'immigrazione a paesi europei riluttanti come l'Ungheria, la Repubblica Ceca e la Polonia. E sta ancora cercando di farlo.

La vergogna è ancora presente nella mente di milioni di tedeschi, ma sta svanendo. Qualche anno fa, un sondaggio ha mostrato che quasi il 70 per cento dei tedeschi era indignato per essere ritenuto ancor oggi responsabile dei crimini commessi contro gli ebrei. Circa il 25 per cento delle persone intervistate è d'accordo con l'affermazione: "Molti ebrei cercano di usare il Terzo Reich della Germania a loro vantaggio". Un recente sondaggio mostra che tra un terzo e la metà dei tedeschi ritiene che Israele sia l'equivalente politico della Germania nazista. Il governo tedesco ora pretende regolarmente di dare lezioni di morale a Israele, ma non critica mai i leader terroristici come Mahmoud Abbas.

La Germania continua a perseguire una politica di appeasement, assicurando e rafforzando i legami economici con regimi canaglia come l'Iran. L'esercito tedesco è così mal equipaggiato che durante le esercitazioni anziché le armi usa i manici di scopa. I sondaggi mostrano che la popolazione tedesca ora pensa che la principale minaccia alla pace mondiale non provenga dall'Iran o dalla Corea del Nord, ma dagli Stati Uniti. La Germania è oggi il paese più antiamericano del mondo occidentale. Stern, il settimanale più popolare in Germania, ha di recente messo in copertina un'immagine di Donald Trump avvolto nella bandiera americana mentre fa il saluto nazista.

L'efficienza economica è bassa. L'economia tedesca è essenzialmente un'economia industriale e non adattata all'era digitale. L'investimento nel PIL è diminuito; l'attività innovativa è debole; la produttività ristagna. Dal 2008, la crescita annua della produttività è stata solo dello 0,5 per cento. La chiusura prevista delle centrali nucleari tedesche in nome della "protezione del clima" aumenta i prezzi all'ingrosso dell'energia elettrica, mentre le famiglie e le imprese tedesche si accollano l'onere finanziario di pagare le tariffe elettriche tra le più elevate del mondo sviluppato. Gli immigrati non qualificati provenienti dal mondo musulmano non possono sostituire i tedeschi qualificati che vanno in pensione o muoiono. Il numero delle persone indigenti continua ad aumentare. La capacità di accogliere i migranti è al limite; le condizioni di vita in molti centri di accoglienza sono diventate scadenti: i pavimenti non vengono puliti con regolarità e per giorni sono insudiciati da sangue, urina, feci e le invasioni di scarafaggi sono frequenti. Il Commissario tedesco per l'Immigrazione di recente ha dichiarato che soltanto un quarto di un terzo dei rifugiati che risiede in Germania potrebbe entrare nel mercato del lavoro. Gli altri devono fare affidamento sui sussidi statali per il resto della loro vita.

Si registra una recrudescenza di malattie debellate come la tubercolosi. I vaccini sono inesistenti perché gli europei avevano smesso di produrli.

Ora, l'età media complessiva in Germania è di 46,8 anni. È in atto una graduale sostituzione della popolazione non musulmana con una musulmana. Oggi, il quaranta per cento dei bambini al di sotto dei cinque anni e nati in Germania è di origine straniera. Dal 2005, la popolazione dei nuovi arrivati è aumentata del 24 per cento, mentre la popolazione autoctona è diminuita del 5 per cento.

I demografi sostengono che se le tendenze attuali non saranno invertite, i tedeschi diventeranno una minoranza nel loro stesso paese, forse tra quindici o venti anni.

Nulla al momento indica che ci sarà un'inversione di tendenza.

La maggior parte della stampa tedesca è pervasa dalla correttezza politica. I quotidiani e le riviste appoggiano il multiculturalismo e non parlano dei problemi più urgenti che il paese si trova a dover affrontare, come la crescita economica anemica, l'invecchiamento della popolazione e l'islamizzazione. Molti giornalisti, docenti universitari e scrittori dicono che la cultura tedesca non esiste. Quando i libri che criticano l'Islam diventano dei best-seller, i loro autori vengono immediatamente demonizzati. Deutschland schafft sich ab ("La Germania si distrugge da sé") è stato un enorme successo nel 2010, ma il suo autore, Thilo Sarrazin, è stato subito equiparato a un "razzista" e spinto ai margini di tutti i dibattiti politici. Rolf Peter Sieferle, un ex consigliere di Angela Merkel, ha scritto molti articoli in cui parlava dell'autodistruzione della Germania. "Una società che non può più fare la differenza tra se stessa e le forze che la dissolvono vive moralmente al di là dei suoi mezzi", egli ha affermato nel 2015. Insultato e rifiutato da coloro con i quali lavorava, Sieferle si è suicidato nel settembre 2016. Finis Germaniae ("La fine della Germania"), una raccolta dei suoi scritti è stata pubblicata dopo la sua morte.

Il partito politico Alternativa per la Germania (AfD) promette di "scuotere il Bundestag". Il 12,6 per cento dei consensi ottenuti, indubbiamente gli darà voce. I suoi leader vengono considerati dai media e da altri partiti politici come l'incarnazione del diavolo. Il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel ha messo in guardia contro l'ingresso di "veri nazisti" nel Parlamento. Un dirigente del partito di estrema sinistra Die Linke ha chiesto: "Non abbiamo imparato le lezioni dalla guerra?". I leader ebrei sono spaventati: Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale ebraico in Germania ha detto che l'AfD usa strategie in genere utilizzate dalle aspiranti "dittature fasciste".

Ma l'AfD non è nazista. I suoi membri sembrano piuttosto temere che la Germania e i tedeschi scompariranno sotto il peso dell'Islam. I nazisti erano antisemiti, militaristi, socialisti e desideravano conquistare. L'AfD non è antisemita, non è militarista né socialista e non vuole conquistare gli altri paesi. I leader ebrei in Germania sono spaventati perché pensano che se l'AfD è ostile a una minoranza, i musulmani, potrebbe diventare ostile ad altre minoranze. Probabilmente si sbagliano. Non c'è paragone tra musulmani ed ebrei. L'AfD ha appoggiato con convinzione il diritto di Israele di esistere e il diritto di Israele di dover combattere la minaccia islamica contro di esso.

Alcuni membri di Alternativa per la Germania hanno rilasciato controverse dichiarazioni sui soldati tedeschi e sul Memoriale dell'Olocausto a Berlino.

Allo stesso tempo, l'AfD è il partito più filo-israeliano della Germania. Ed è anche l'unico partito che prevede con chiarezza il rischio concreto che la Germania si avvii verso un tramonto islamico.

La Germania potrà riprendersi? Vedremo. Qui però è in gioco molto di più della Germania.
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Messaggioda Berto » sab ott 21, 2017 8:54 pm

"Il problema è l'uomo bianco"
Niram Ferretti
8 febbraio 2016

http://www.linformale.eu/il-problema-e-luomo-bianco

“La cultura del piagnisteo è il cadavere del liberalismo degli anni Sessanta, è il frutto dell’ossessione per i diritti civili e dell’esaltazione vittimistica delle minoranze”, scriveva il grande Robert Hughes.

Il politicamente corretto è un epifenomeno di questa cultura che si declina come illuminata e progressista ma che in realtà è condiscendente e razzista e profondamente impregnata di ideologia. Prendiamo spunto da un recente articolo di David Bernstein sul Washington Post, in cui il columnist fa riferimento al post di una studentessa ebrea americana la quale racconta di come nel suo college molto costoso e molto progressive, Oberlin, nell’Ohio, gruppi di studenti pro-pal abbiano definito la shoah “un crimine bianco nei confronti dei bianchi”. Questa definizione razziale sottrae il genocidio ebraico alla sua specificità facendone un mero episodio della lotta di potere dei bianchi contro i bianchi per il dominio del pianeta. Certo gli ebrei non avevano un esercito da contrapporre a quello nazista, ma non importa, la loro sorte è la conseguenza delle grandi guerre dell’uomo bianco. Naturalmente bisogna aggiungere che l’uomo bianco, il caucasico, è imperialista e sfruttatore per natura nei confronti di un terzo mondo innocente per definiendum, e quindi vittima della sua volontà di potenza.

In questa ben oleata e consolidata narrativa progressista, Israele e il sionismo, da cui Israele è nato, rappresentano l’ultimo e più odiato risultato dell’imperialismo occidentale. Se si riduce l’odio per Israele al mero antisemitismo si fa torto a molte persone che di fatto antisemite non sono, ma pensano realmente che gli israeliani siano come i boeri in Sudafrica, i francesi in Algeria, gli inglesi in India, e così via. “L’esaltazione vittimistica delle minoranze”, di cui parla Hughes rappresenta il martirologio preferito dei liberals e delle sinistre in generale, la fonte primaria per l’edificante mitologia manichea in cui il cattivo (l’Occidente) deve espiare le sue colpe nei confronti del buono oppresso (il Terzo Mondo).

Israele, per i più estremisti tra di loro, è un crimine dell’Occidente imperialista ai danni di una popolazione autoctona “nera” espropriata della propria terra. Se non si capisce che insieme all’antisemitismo agisce anche e fortemente questo aspetto, sì da formare un dispositivo combinato di grande forza e presa, sfugge un elemento fondamentale per comprendere da dove nascano le feroci pregiudiziali anti-israeliane e anti-sioniste.

L’episodio di cui parla Bernstein nel suo articolo è emblematico di una mentalità forgiata e radicata, la quale ha la sua origine nella propaganda sovietica antisionista attivatasi a partire dalla fine degli anni Cinquanta e innestatasi poi sul furioso antiamericanismo e antioccidentalismo degli anni Sessanta e Settanta, i cui miasmi sono ancora perduranti.
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Messaggioda Berto » ven dic 15, 2017 7:09 am

Liberi dalle idolatrie religiose dell'orrore e del terrore e dai nazismi maomettano hitleriano e internazicomunista;
uguali nello spirito naturale e universale, nel rispetto dei Valori Doveri Diritti Umani Universali e delle diversità culturali e linguistiche dei popoli, ognuno nella sua terra.
E per la vera democrazia che è una e una soltanto, quella diretta come in Svizzera dove ogni uomo è un sovrano.
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Messaggioda Berto » mar gen 30, 2018 12:54 pm

Legge Shoah, alta tensione fra Polonia e Israele
30 gennaio 2018

http://www.progettodreyfus.com/legge-shoah-polonia

La legge sulla Shoah sta provocando altissime tensioni fra Polonia e Israele. Un ramo del parlamento polacco, infatti, ha approvato una norma sull’Olocausto, elaborata e proposta dal ministero della Giustizia gestito da Zbigniew Ziobro, che prevede sanzioni (da una multa fino a tre anni di carcere) per tutti coloro che:
“Pubblicamente e contro i fatti attribuiscono alla nazione polacca o allo stato polacco la responsabilità o la corresponsabilità di crimini compiuti dal Terzo Reich tedesco oppure i crimini contro l’umanità, contro la pace nonché altri crimini durante la guerra”.
La norma in questione, che deve passare al vaglio del Senato e del Presidente, è alla base di quella che può diventare una crisi diplomatica fra Polonia e Israele.
Il premier dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il testo della legge “va cambiato”:
“Non abbiamo alcuna tolleranza per la falsificazione della verità, per la riscrittura della storia o per la negazione dell’Olocausto”.
Secca e perentoria la risposta di Varsavia, che tramite la portavoce del partito al governo (Pis) e vice presidente del parlamento polacco, Beata Mazurek, ha fatto sapere:
“Non cambieremo nulla nella legge sull’Istituto per la memoria nazionale. Basta con le accuse contro la Polonia e ai polacchi per i crimini tedeschi”.
Il governo polacco sta tentando di riscrivere la storia, scaricando le proprie responsabilità sulla Shoah esclusivamente sul Terzo Reich.
La realtà è ben diversa. La Polonia non fu quel teatro inconsapevole della Shoah, che l’attuale governo vuole far credere. Sicuramente il territorio polacco, insieme ad altri, venne scelto dalla Germania per costruire i molti campi di sterminio, ma le responsabilità polacche rimangono enormi.
Molti polacchi hanno tradito gli ebrei, sapendo perfettamente il destino a cui sarebbero andati incontro.
Molti polacchi erano a conoscenza della sorte degli ebrei in territorio polacco.
Molti polacchi hanno avallato il progetto della “soluzione finale”.
Molti polacchi hanno fatto davvero poco per aiutare gli ebrei protagonisti della difesa del Ghetto di Varsavia.



LA SHOAH FU TEDESCA, MA NESSUNO PUO' CANCELLARE LE ATROCITA' DEI COLLABORATORI
Di Chaim Kozienicki

Anche a 73 anni dalla guerra i polacchi, a quanto pare, erano e rimangono antisemiti. Avevo 11 anni quando scoppiò la guerra e a 12 anni entrai nel ghetto di Lodz. I polacchi denunciavano ai tedeschi chi era ebreo, additandoci volonterosamente per consegnarci ai soldati tedeschi. Una notte, stavo aspettando con mio fratello nella coda per il pane. Quando ero ormai secondo, uno dei polacchi chiamò un soldato tedesco e mi indicò, dicendo “Jude!” in tedesco. Il soldato mi tirò fuori dalla linea e mi rispedì a calci in fondo alla fila: tornai a casa senza il pane. Dal ghetto di Lodz fummo trasferiti ad Auschwitz e da lì al campo di concentramento di Stutthof, fino alla liberazione. La legge polacca in questione è assurda. I polacchi furono partner a pieno titolo dei nazisti. Come ebbe a dire l’allora primo ministro israeliano Yitzhak Shamir, i polacchi succhiavano antisemitismo con il latte materno. Anche in prima elementare ricordo i miei compagni di classe polacchi che gridavano “Ebrei fuori! Ebrei in Palestina!”. Il crimine commesso dai polacchi contro il popolo ebraico non può essere cancellato con una stupida legge. La storia racconta fatti diversi. Si impadronirono delle proprietà e degli effetti personali degli ebrei deportati e l’unica cosa che hanno restituito dopo la guerra sono le sinagoghe. I polacchi furono crudeli con gli ebrei che cercarono di tornare alle loro case. Molte volte li uccisero. E questo avvenne dopo la guerra. Più di mille ebrei furono uccisi per mano di polacchi dopo la guerra, senza nessuna attinenza coi campi di sterminio tedeschi. Ho sentito parlare per la prima volta di questa legge ridicola e demente circa un anno e mezzo dopo che l’attuale governo polacco era salito al potere. Con o senza la legge, non possono spogliarsi della responsabilità per i loro crimini: la Polonia collaborò attivamente e volentieri con i tedeschi.

Oggi, come testimone vivente che racconta la propria storia agli studenti, vado spesso in Polonia e percepisco l’antisemitismo. Conosco la loro lingua, sembro uno di loro, non sanno che sono ebreo. Sento benissimo i loro accenti antisemiti. Ancora oggi mi capita di sentire la madre che sgrida il figlio dicendo: “Guarda che ti vendo agli ebrei o agli zingari”. Ma torno là, più e più volte, perché dare testimonianza è importante. A dispetto di tutti i loro sforzi per seppellire il loro passato, non possono scavalcare la storia. Solo un mese fa ero a Yad Vashem (il memoriale della Shoà a Gerusalemme) a parlare a un gruppo di colonnelli dell’esercito polacco. Ho raccontato loro, nella loro lingua, la storia della mia vita e quanto abbiamo sofferto per l’antisemitismo del loro paese, per i torti subiti. Ammettevano che era tutto vero, a capo chino. Quindi, adesso, questi colonnelli saranno incriminati? Ho pronunciato un discorso simile in Polonia, di fronte al sindaco di Lodz. Quelli che mi ascoltavano in umile silenzio verranno ora arrestati? È assurdo, perché non potranno mai cancellare gli orrori perpetrati: non potranno farlo finché dei sopravvissuti alla Shoà sono ancora vivi, e non potranno faro finché vi saranno ebrei nel mondo in grado di raccontare questa storia.




Alberto Pento
Ci si liberi del senso di colpa verso gli ebrei riconoscendo il pregiudizio cristiano antigiudaico (dovuto alla falsa accusa di deicidio e al non riconoscimento della divinità di Cristo da parte degli ebrei ortodossi) e le assurdità naziste antisemite.
Io da quando ho smesso di essere cristiano cattolico romano e mi sono fatto "aidolo" non trovo in me alcun motivo per essere antisemita, antigiudeo, antisionista e antisraeliano, anzi amo di più gli ebrei del mondo e di Israele. Io non sono discendente di Abramo come non lo sono di Enea. Non provo alcuna avversione e odio etnico o culturale o religioso per gli ebrei e Israele che è uno stato che a me non ha mai fatto del male, che mi difende dal nazismo maomettano e che è un buon esempio di democrazia solida e rispettosa delle minoranze e dei Diritti Umani Universali Si pensi che il pregiudizio razziale ed etnico antisemita è una evoluzione del pregiudizio religioso cristiano nato in seno allo stesso ebraismo, esso trova origine nel conflitto tra l'ortodossia ebraica farisiaca e l'eresia ebraica cristiana, Cristo era un rabbino ebreo, vissuto da ebreo e morto da ebreo, ucciso dai romani che poi divenuti cristiani hanno alimentato a dismisura questo odio verso gli ebrei che non hanno riconosciuto alcuna divinità messianica in Gesù.
Il sano nazionalismo dei vari paesi e popoli europei non ha proprio alcun bisogno di essere antisemita e di negare le persecuzioni degli ebrei inflitte lungo i secoli fino alla Shoah. Ammetterlo sarebbe una liberazione per tutti e i sani nazionalismi europei ne trarrebbero vantaggio e non sarebbero più ricattabili né al loro interno né dall'esterno.
Anche Israele il paese stato-nazione, la Terra Promessa degli ebrei è una buona democrazia etnica (culturale e religiosa) e il sentimento dei suoi abitanti e cittadini è quello di un sano, naturale e universale nazionalismo.
Facciamo come gli ebrei, amiamo la nostra terra come loro amano la loro Israele e riconosciamo le nostre colpe verso di loro tenendo conto che sono dovute in parte alla religione cristiana che da loro stessi ci arriva e che ci ha preso nel suo vortice che per taluni è idolatra e fanatica.
Come risarcimento (...) riconosciamo Gersualemme come capitale di Israele e sosteniamo Israele nella sua lotta contro il nazismo maomettano palestinese, iraniano e di ogni altro paese che lo minacci o tenti di fagli del male.



Europa e Occidente, antigiudaismo/antisemitismo e Shoà
viewtopic.php?f=201&t=2735

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 2946540969

Europa liberati dall'antisemitismo e dalla colpa della Shoà (olocausto del capro espiatorio ebraico)
acquisendo la piena coscienza storico-culturale e assumendoti la tue specifiche responsabiltà e non responsabilità, al contempo di carnefice degli ebrei e di vittima dell'ebraismo cristiano messianico e idolatra



Il sano nazionalismo è un valore/diritto umano fondamentale
viewtopic.php?f=205&t=2721
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Messaggioda Berto » lun feb 05, 2018 8:55 am

Risvegliare l'Europa: Dov'è la diplomazia della verità?
Ruthie Blum
04/02/2018

https://it.gatestoneinstitute.org/11836 ... lla-verita

Da esperta di terrorismo globale, di antisemitismo, di guerre mediorientali e di politica europea, Fiamma Nirenstein ha seguito con particolare interesse le proteste popolari in Iran. La Nirenstein – giornalista pluripremiata, autrice di best-seller, ex parlamentare italiana e fellow del JCPA – sostiene che, proprio come l'elezione dell'ex presidente americano Ronald Reagan e la politica estera furono strumentali nel crollo dell'Unione Sovietica nel 1991, il presidente Donald Trump è probabilmente responsabile delle proteste di piazza che si sono svolte in tutto l'Iran e che potrebbero portare alla caduta della Repubblica islamica guidata dagli ayatollah.

Secondo quanto affermato dalla giornalista e scrittrice italiana, l'Europa – che non si è pronunciata sulle proteste in Iran – non può prendersi più merito per questa svolta positiva degli eventi di quanto potrebbe prendersene per la sconfitta dell'Urss o anche del Terzo Reich di Hitler. È l'America, precisa la Nirenstein, che è sempre stata in prima linea nella lotta per l'affrancamento dalla schiavitù dei dittatori; è l'America che salva sempre l'Europa.


Gatestone: Perché non è il contrario? L'Europa, dopotutto, è più vicina a queste lotte rispetto all'America.

Fiamma Nirenstein: L'approccio chiave dell'Europa è sempre stato quello dell'appeasement, perché quando si è deboli, si cerca di non interferire troppo, di non dire ciò che si pensa. Nel profondo del suo cuore, l'Europa probabilmente avrebbe voluto fermare Hitler sin dall'inizio e assistere al crollo dell'Unione Sovietica prima, ma non ha avuto il coraggio di esprimere queste opinioni a voce alta o di manifestarle con sufficiente determinazione. Lo stesso dicasi per l'Iran oggi.

Gatestone: Ma l'Europa non ha espresso in modo chiaro e deciso la propria avversione per il fascismo? E l'America non ha mostrato ciò che si chiama "debolezza"?

FN: L'Europa è divisa. È stata tanto fascista quanto comunista e ha anche combattuto contro il fascismo e contro il comunismo – non con sufficiente tempestività. Potrebbe, pertanto, soffrire di sensi di colpa e sentire il peso dell'umiliazione legati al proprio passato. Anche gli Stati Uniti sembrano sentirsi in colpa e umiliati per il razzismo perpetrato nel corso della propria storia. Ma c'è una differenza tra l'Europa e l'America: come avviene per gli individui, anche le nazioni devono confrontarsi e fare i conti con i propri sentimenti. Quando una persona fa questo, diventa adulta. Si potrebbe dire che se l'America è maturata e diventata adulta, l'Europa non lo ha mai fatto.

Gatestone: L'Europa non è cambiata radicalmente negli ultimi decenni?

FN: Solo a livello formale. Prendiamo l'esempio del presidente francese Emmanuel Macron. Tutti pensavano che sarebbe stato il nuovo leader dell'Europa. È stato il candidato che ha sconfitto l'estrema destra in Francia, sotto la bandiera dell'Unione Europea. Tutti pensavano che la sua presidenza segnalasse la rinascita dell'UE sotto questo giovanissimo e fortissimo leader molto occidentale – non antiamericano né anti-israeliano.

Ma guardate cosa è successo dopo la sua elezione. Dinanzi alle realtà globali, tra cui l'imperialismo iraniano e la corsa alle armi nucleari, Macron non solo non è riuscito a realizzare questo sogno, ma il massimo che è stato in grado di fare è stato quello di rappresentare l'eredità della solita vecchia Europa che è sempre stata.

Se Washington, Gerusalemme e Riad hanno reagito positivamente alle proteste iraniane contro il regime, Macron ha dichiarato: "La linea ufficiale perseguita dagli Stati Uniti, da Israele e dall'Arabia Saudita, che sono nostri alleati in molti modi, è praticamente quella che ci porterebbe alla guerra". Mentre l'ambasciatore francese alle Nazioni Unite François Delattre ha asserito in modo vergognoso durante una riunione del Consiglio di Sicurezza che quanto stava accadendo in Iran "non costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale" e pertanto la crisi non andrebbe "sfruttata a fini personali".

Macron ha invocato la solita vecchia politica fallimentare dell'appeasement, che è quella di mantenere "un dialogo permanente" aperto con l'Iran, in modo da non correre il rischio di innescare un "conflitto di estrema brutalità" e "ricostruire un asse del male".

Ciò implica che coloro che si oppongono agli ayatollah possono scatenare una guerra. Questo è inaudito. È Teheran che diffonde il terrorismo, che sta sviluppando il proprio potenziale nucleare e sta fomentando guerre in tutto il mondo. È Teheran che ha causato l'immenso numero di rifugiati provenienti da paesi sunniti o semi-sunniti – come l'Iraq, lo Yemen, il Libano, la Siria e altri luoghi – che sono fuggiti in Europa per scappare dagli sciiti i quali cercano di impadronirsi dei loro paesi.

È del tutto falso che l'Europa non ha alcun interesse in questa situazione; è sorprendente quanto sia terrorizzata dalla coraggiosa rivoluzione che sta avvenendo in Iran contro questo repressivo regime islamista. In teoria, una crisi del genere per il regime di Teheran dovrebbe appagare l'Europa, la quale potrebbe anche beneficiare di una riduzione dell'immigrazione. Inoltre, l'Europa si vanta di favorire la tutela dei diritti umani e civili, mentre l'Iran è un paese in cui le donne vengono lapidate, gli omosessuali vengono impiccati e i dissidenti vengono imprigionati, torturati e giustiziati.

Nel 1959, l'Europa istituì un intero tribunale a Strasburgo per la tutela dei diritti umani. L'Europa dovrebbe essere molto felice delle proteste popolari contro il regime iraniano. Ma non sembra che lo sia.

Al contrario, Federica Mogherini, l'Alto rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, ha usato tanto il linguaggio dell'appeasement quanto quello della falsa equivalenza morale nella sua dichiarazione alla stampa sulle proteste, dicendo: "Siamo stati in contatto con le autorità iraniane. Nello spirito di apertura e rispetto che è alla base delle nostre relazioni auspichiamo che tutte le parti in causa evitino la violenza".

Gatestone: Se l'Europa non ha alcun interesse a consentire l'imperialismo sciita sostenuto dall'Iran, poiché è causa della migrazione dei profughi sunniti, allora perché la cancelliera tedesca Angela Merkel fronteggia i flussi di migranti e di richiedenti asilo in arrivo incoraggiando la politica del "wir schaffen das" – "Ce la possiamo fare" – una frase da lei pronunciata nel 2015 e che la Merkel ha deciso di non utilizzare più a causa della raffiche di critiche che ha generato?

FN: La Germania probabilmente ha più sensi di colpa di qualsiasi altro paese dell'UE, e a ragione, a causa della responsabilità avuta nella perpetrazione del peggior massacro della storia dell'uomo. Non è un caso che lo slogan della Merkel ricordi il motto "Yes, we can" ("Sì, possiamo"), reso famoso dall'ex presidente americano Barack Obama nel 2008, perché Obama non assomigliava soltanto a un leader europeo, ma ha anche spinto l'Europa ad essere "più Europa" – ossia rafforzata all'interno dell'Europa stessa. Lui stesso a volte ha agito come se preferisse essere europeo. Era anti-americano e anti-israeliano, come è sempre stata l'Europa. Un aspetto ancora più significativo è che Obama ha sollevato l'Europa dall'enorme peso di essere grata agli Stati Uniti – il paese che la salvò durante la Seconda guerra mondiale. Inoltre, il suo messaggio fondamentale era che l'America doveva smettere di sentirsi superiore agli altri paesi.

Gatestone: Qual è la reazione degli europei a Trump?

FN: Sono indignati.

Gatestone: Sono indignati perché il presidente americano ha chiesto ai membri della NATO di adempiere i loro obblighi finanziari?

FN: La motivazione è molto più profonda, è quasi di natura antropologica. In Europa, c'è una sorta di snobismo aristocratico che non può tollerare ciò che ritiene essere la volgarità di Trump. Quando quest'ultimo ha detto alle Nazioni Unite che non potevano continuare ad accettare soldi dagli Stati Uniti e poi "votarci contro al Consiglio di Sicurezza", gli europei hanno sussultato e detto: "Oh, soldi. Che parola disgustosa! È orribile sentire questo uomo d'affari, che non è un politico, ridurre tutto al denaro. È solo un ricatto". Questo naturalmente è oltremodo ipocrita, visto che il denaro svolge un ruolo chiave in tutti gli atteggiamenti e le politiche dell'Europa – anche nella sua apparente scelta di continuare a fare affari con il regime iraniano pur sentendo gli appelli del popolo iraniano a favore della libertà. Gli europei dicono di disprezzare i politici, che considerano corrotti, ignoranti e inefficienti. Ogni volta che in Europa si va alle urne, ogni partito politico tenta di reclutare il maggior numero possibile di candidati nell'ambito imprenditoriale, perché sono visti come persone che prendono sul serio la società civile e che sanno il fatto loro a livello professionale.

Lo snobismo anti-Trump – come il comportamento di Macron – fa parte di una mentalità reazionaria tipica della Vecchia e della Nuova Europa.

Gatestone: Quanto è manifesta questa mentalità nell'atteggiamento dell'Europa nei confronti del Medio Oriente?

FN: La sindrome di "Lawrence d'Arabia" risale alla Vecchia Europa. È lo snobismo delle persone che si innamorano delle culture esotiche. C'è un romanticismo che circonda il Medio Oriente, associato a tappeti magici e lampade di Aladino. Ma con questo romanticismo arriva anche la paura – la paura di ciò che il grande storico Bernard Lewis ha chiamato i "primi assassini", islamisti invasori che tagliano la gola alla gente. Esiste un'espressione italiana che meglio descrive questa paura ed è "Mamma, li Turchi" – che si riferisce agli ottomani, ma è usata ancor oggi per indicare la paura dei "barbari" che arrivano e commettono omicidi brutali. Questa paura ha indotto gli Stati europei a cercare di fare affari con i gruppi terroristici. Agli inizi degli anni Ottanta, ad esempio, funzionari italiani strinsero un accordo segreto con i terroristi palestinesi, che non culminò in una cooperazione, ma in una serie di attacchi mortali: l'attacco del 1982 alla Grande Sinagoga di Roma; il dirottamento della nave da crociera battente bandiera italiana Achille Lauro, nel 1985 e – sempre nel 1985 – gli attacchi simultanei agli aeroporti di Roma e Vienna.

Oltre allo snobismo e alla paura, gli europei nutrono interesse soprattutto per il petrolio. E questo da circa un centinaio di anni, da quando il petrolio divenne per la prima volta una merce ad alta domanda a livello globale e si scoprì che i paesi mediorientali ne possedevano grandi quantità.

Poi c'è la questione dell'enorme numero di musulmani. Quando le nazioni islamiche si riuniscono in un consesso internazionale, come l'UNESCO, esse ottengono una maggioranza automatica con il "Movimento dei paesi non allineati". L'Unione Sovietica ha capito che unendo il Terzo Mondo sotto la propria egida avrebbe maggiore potere. In passato, l'Europa è rimasta paralizzata a fronte di questa maggioranza. E lo è ancora, nonostante il crollo dell'Urss avvenuto quasi tre decenni fa.

Gatestone: È questo il motivo per cui l'Europa ha votato a favore della risoluzione dell'UNESCO che nega i legami storici degli ebrei con Gerusalemme?

FN: Sì, ma c'è una tendenza ancor più preoccupante di tutto questo. Non esiste alcuna questione rilevante – all'infuori dell'ostilità nei confronti di Israele – su cui l'UE riesce ad essere coesa. I Paesi membri dell'Unione Europea non sono d'accordo sull'economia; non condividono la politica in materia di immigrazione; non sono d'accordo sulla natura dell'Islam. Ma poi fanno fronte comune e votano una risoluzione di condanna a Israele. Sono teatro dello stesso odio di cui ora fingono di pentirsi. Per fortuna, grazie all'Europa orientale, le cose potrebbero iniziare a cambiare.

Gatestone: Cosa rende diversa l'Europa orientale?

FN: L'Europa orientale ha vissuto e patito sotto l'Impero ottomano e sotto il comunismo per centinaia di anni, pertanto, è meno ingenua ed è priva di sensi di colpa. I cittadini dell'Europa orientale non sentono il "fardello dell'uomo bianco". Tutto ciò che desiderano è vivere liberi e bene. Non vogliono migranti che importano una cultura patriarcale e spesso fondamentalista, e nemmeno il terrorismo. Molti cittadini dell'Europa occidentale non riescono nemmeno ad ammettere che numerosi migranti importano il terrorismo.

L'Europa occidentale nega anche il concetto dei diritti e dei valori umani. È così che Parigi oggi è una città in cui centinaia di migliaia di abitanti vivono in famiglie poligame. Da europei, si può ammettere di avere famiglie poligame? No, non si può. Si può ammettere che le donne non siano al sicuro nelle strade della Danimarca, dell'Olanda e della Svezia? No, non si può. Le uniche persone che lo ammettono e che riconoscono che la causa è l'Islam sono di destra ed è per questo che in Europa la destra è in crescita.

Questo è rischioso, perché ci sono degli antisemiti tra questi esponenti di destra, e tali elementi devono essere condannati. Di contro, la maggior parte dei partiti di destra non odia gli ebrei; al contrario, la maggioranza di loro ama e sostiene gli ebrei e Israele. Il fatto è che oggi l'antisemitismo più pericoloso arriva dalla sinistra e l'antisemitismo più pericoloso è quello che è diretto contro Israele.

La sinistra pensa che la peggiore violazione dei diritti umani sia imporre la cultura occidentale ad altri popoli – qualcosa che associa al colonialismo. Dice, ad esempio, che è sbagliato picchiare le donne ed evoca l'applicazione delle leggi contro coloro che le violano. Ma quando si consente a una cultura che segrega e perseguita le donne di prosperare, si registreranno numerosi delitti d'onore e altri tipi di comportamento che sono inaccettabili in Occidente e dovrebbero essere tali ovunque.

Gatestone: Trump è stato definito razzista per aver vietato l'ingresso negli Stati Uniti ai cittadini provenienti da otto paesi musulmani, a meno che non ci sia un modo per controllare le persone che entrano nel Paese. Lei cosa ne pensa di queste politiche?

FN: Penso che la sua politica sia solida, ma spesso è impossibile operare una distinzione tra vittime innocenti del terrorismo e terroristi che arrivano dai paesi mediorientali. Molti di coloro che arrivano in Europa a bordo di imbarcazioni sono in fuga da persecuzioni e terrorismo. Quelli che ci riescono senza affogare in mare vengono portati a riva mezzi nudi e avvolti in coperte. Sono privi di documenti d'identità. Ma cosa si può fare? Lasciarli annegare?

Il problema è che nel 2015, quando questi migranti hanno cominciato ad arrivare a frotte, l'Europa ha di nuovo chiuso gli occhi e non ha considerato la necessità di fornire aiuto consentendo loro di rimanere nei paesi d'origine. Ora si tenta di invertire la tendenza degli europei, semplicemente spalancando le loro braccia ai profughi, ma è un processo troppo lento ed è molto tardi per avviarlo.

Gatestone: Cosa pensa l'Europa degli immigrati regolari, o dei loro figli, che tornano in Medio Oriente per ricevere addestramento dall'Isis e da altri gruppi terroristici, per compiere attacchi in Europa?

FN: Il problema qui è l'Islam e non l'immigrazione. "Islam" è una parola che gli europei devono imparare a pronunciare se intendono affrontare le difficili questioni poste dall'immigrazione incontrollata, sia regolare sia illegale.

Gatestone: Tornando all'Iran, il regime di Teheran accusa i "nemici stranieri" – ossia America, Arabia Saudita e Israele – di essere dietro le attuali proteste.

FN: Ciò è falso e ridicolo. Questi paesi stanno solo comunicando messaggi di solidarietà al popolo iraniano. E questo è esattamente l'opposto di come l'amministrazione Obama reagì alla "Rivoluzione Verde" del 2009, che fu rapidamente repressa dal regime.

Gatestone: Che possibilità ci sono che le attuali proteste rovescino il regime?

FN: Una rivoluzione ha successo quando la leadership e le forze di sicurezza di un paese sono spaccate al loro interno, e inizia la defezione dei loro membri. È così che è crollata l'Unione Sovietica. Non appena i leader si indebolirono, le forze di sicurezza e la polizia li abbandonarono. In Iran, la Guardia Rivoluzionaria e le milizie Basij sono fortemente allineate con il regime a livello religioso, ideologico e finanziario. Pertanto, è difficile immaginare che ci saranno defezioni di massa. E qui, arriviamo di nuovo alla conclusione che il problema è l'Islam. Ed è un problema in tutto il mondo. Dobbiamo riconoscere che quando parliamo di processo di pace tra Israele e i palestinesi, ad esempio, di fatto è un processo di pace tra Israele e l'Islam – che rifiuta l'esistenza stessa di Israele. Ecco perché non c'è stata pace.

Gatestone: Come spiega, allora, la recente cooperazione di alcuni paesi arabi e musulmani con Israele? L'Islam politico può essere raggruppato in un'unica categoria? Differenti paesi islamici non hanno interessi diversi?

FN: Attualmente, esiste una forte alleanza sunnita contro il rampante imperialismo sciita iraniano che fa dei paesi sunniti gli alleati naturali dell'America e di Israele. Ma le alleanze in Medio Oriente sono fluttuanti. Oggi, l'Egitto ha interesse ad essere un forte alleato dell'Occidente. Ma poco prima che il presidente Abdel Fattah al-Sisi arrivasse al potere, il paese era governato dai Fratelli Musulmani, e chissà chi arriverà o cosa succederà dopo?

Gatestone: Si potrebbe dire la stessa cosa degli Stati Uniti. Prima che Trump diventasse presidente, il suo predecessore per otto anni è stato Obama e nessuno sa quanto durerà l'attuale amministrazione.

FN: Le due cose non sono equiparabili. In America, le regole rimangono le stesse, non importa chi diventa presidente. In Egitto e nel resto del Medio Oriente, le regole cambiano ad ogni cambio di potere.

Gatestone: Perché, allora, un cambio di regime in Iran farebbe la differenza? Dopotutto, la Russia oggi è governata da Vladimir Putin, un ex funzionario del KGB e membro di spicco del vecchio regime sovietico.

FN: Di solito, quando un regime viene rovesciato, affonda con i principali valori che rappresenta. Ciò è particolarmente rilevante quando si parla dell'Iran, che è musulmano, ma non arabo, e ha una ricca tradizione storica persiana, che include lo Zoroastrismo.

Gatestone: Quale scenario prevede per l'Iran?

In generale, oggi il mondo ha bisogno di una diplomazia della verità. Questo è ciò che Netanyahu è stato così bravo a fare, mettendo coraggiosamente in guardia il Congresso americano e le Nazioni Unite contro l'accordo sul nucleare con l'Iran, nonostante l'ira di Obama.

Troppe menzogne sono alla base delle relazioni internazionali. Fra tali menzogne figurano il "dialogo" tra le religioni per contrastare il terrorismo islamista; la falsa idea della "volontà di pace" dei palestinesi; l'opinione secondo la quale la Turchia è un "ponte" verso il mondo musulmano; l'idea ridicola che il presidente iraniano Hassan Rouhani sia un "moderato"; la convinzione che una "Europa unita" sia il futuro del Vecchio Continente e la fiducia nelle Nazioni Unite come arbitro nelle questioni internazionali. Le politiche basate su queste menzogne non sono soltanto infruttuose, sono pericolose.

La diplomazia della verità, adottata da Trump e dalla sua ambasciatrice presso le Nazioni Unite, Nikki Haley, è l'unica speranza per la stabilità e la pace.

Ruthie Blum è l'autrice di "To Hell in a Handbasket: Carter, Obama, and the 'Arab Spring.'"
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Si liberi Europa dai sensi di colpa, dai miti, dai pgiudizi

Messaggioda Berto » mar feb 20, 2018 7:37 pm

Il sano nazionalismo è un valore/diritto umano fondamentale
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Messaggioda Berto » mar mag 08, 2018 8:30 pm

“L’estrema sinistra ha resuscitato la segregazione razziale”: editoriale di fuoco su “Le Figaro”
2018/05/07

https://rivoluzioneromantica.com/2018/0 ... -le-figaro

Un nuovo razzismo fondato sulle scienze umane anziché sulla biologia. Secondo la saggista francese Céline Pina, impegnata a documentare i sempre più numerosi eventi proibiti ai bianchi, il “separatismo islamista” e il “nuovo antisemitismo” musulmano, non ci sono dubbi: l’estrema sinistra sta resuscitando la segregazione razziale, mascherandola paradossalmente da anti-razzismo. “‘Proibito ai bianchi’, questo è lo slogan e il piano d’azione che prova a rendere popolare una parte sempre più consistente degli indigenisti e del ‘Grande Fratello’ di sinistra”, scrive l’attivista francese, la quale accusa: “vogliono sostituire la lotta di classe con la guerra delle razze e, come in ‘1984’ di Orwell, fanno dell’inversione dei concetti e dei significati un’arma di distruzione delle coscienze e di sottomissione degli spiriti”. “L’antirazzismo è diventato l’alibi dell’odio contro i bianchi“, sostiene Céline Pina in un editoriale pubblicato pochi giorni fa su “Le Figarò”.

In particolare, fa riferimento al Parti des Indigènes de la République (Partito degli Indigeni della Repubblica), al Collettivo contro l’Islamofobia in Francia, cita come ultimo esempio la recente conferenza organizzata a Saint-Denise, “Bandung du Nord”, e punta il dito contro la sinistra, giunta al punto di scusarsi di essere bianca e di parlare ancora (a volte) di sociale e non di razza. Anche in quell’evento, racconta pescando direttamente dagli interventi, è evidente come l’accusa all’imperialismo occidentale sia solo una scusa per scagliarsi contro la presunta “ferocia bianca”, in nome di una rivendicazione dopo tutto fermamente identitaria: “Gridare in faccia ai bianchi ‘Io sono arabo’, ‘Io sono musulmano’, “Io sostengo gli arabi perché sono arabi e i musulmani perché sono musulmano’ […] è una rivendicazione eminentemente politica”. Una politica, dunque, concepita esattamente in chiave etnica, in cui la stessa nozione di scelta sparisce, evidenzia la scrittrice la quale parla di antirazzismo “isterico” ma anche di un pericoloso revisionismo: “lo abbiamo visto a proposito della tratta degli schiavi con il processo contro lo storico Olivier Pétré-Grenouilleau, la cui unica colpa è stata quella di ricordare che, non solo esistevano anche commerci africani e arabo-musulmani, ma sono stati anche più consistenti rispetto alla tratta transatlantica”.

“Quando tutto ciò che vi tiene uniti è un ‘negativo’ – il fatto di essere non-bianchi -, l’unica cosa in comune è il nemico. Ecco perché l’odio contro i bianchi è al cuore di queste dottrine“, osserva prima di concludere: “Oggi siamo di fronte ad una nuova alleanza tra brutalità e scienza, ma stavolta sono le scienze umane che tentano di giustificare filosoficamente e sociologicamente le concezioni razziste portate avanti dagli indigenisti. I nostri nuovi Gobineau oggi fanno reclute a sinistra della sinistra. Non sono sicura che questo sia progresso“.


Fascisti e antifascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari, la loro disumanità e inciviltà
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https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3975893749
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Messaggioda Berto » gio dic 06, 2018 8:17 am

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Si liberi Europa dai sensi di colpa, dai miti, dai pgiudizi

Messaggioda Berto » gio dic 06, 2018 8:18 am

La debolezza dell’Occidente: Intervista con Bruce Thornton
Niram Ferretti
11 giugno 2017

http://www.linformale.eu/la-debolezza-d ... enG7Ocbqo4

Bruce Thornton, professore di studi classici alla California State University, e ricercatore presso il Hoover Institution dell’Università di Stanford, rappresenta una voce controcorrente nel panorama accademico e intellettuale americano.

Smascheratore dei miti e dei feticci del pensiero progressista, Thornton ha diagnosticato in vari libri l’origine della crisi che oggi affligge la società occidentale. Tra di essi vogliamo ricordare,

Plagues of the Mind (1997), Decline and Fall: Europe’s Slow Motion Suicide (2007), The Wages of Appeasement: Ancient Athens, Munich, and Obama’s America (2011).

Professor Thornton, vorrei cominciare dalla citazione tratta dal suo ultimo articolo scritto per Frontpage Magazine, “Unicamente votati ai beni e ai piaceri materiali, come possiamo combattere un nemico appassionatamente devoto allo spirituale? Disprezzando la nostra stessa civiltà come possiamo confrontarci con coloro i quali sono fanaticamente certi della superiorità della propria? Come possiamo sconfiggere un simile nemico se non c’è nulla per il quale crediamo valga la pena di combattere e morire? Sono domandi pressanti che vanno diritte al cuore del problema. Lasci che le ponga la prima. Come possiamo combattere un nemico appassionatamente devoto allo spirituale?
Dobbiamo combattere la battaglia su due fronti. Prima di tutto dobbiamo riqualificare le radici spirituali della nostra civiltà, le fondamenta classiche e giudeo-cristiane dalle quali scaturiscono beni come l’eguaglianza, la libertà, la tolleranza e i diritti umani. È un compito difficile, ma non possiamo rinunciare a questa lotta nel nostro lavoro e nelle nostre vite. In seconda istanza dobbiamo esercitare pressione sui nostri leader perché ammettano che siamo in guerra, e che è necessario lottare aggressivamente così come abbiamo fatto contro il nazismo. Se i jihadisti amano la morte più di quanto noi amiamo la vita, dovremmo dargli quanto dichiarano di amare.

Il disprezzo che nutriamo nei confronti della nostra stessa civiltà è un atteggiamento in corso da diversi decenni ormai. L’Occidente, secondo il parere dei suoi critici occidentali, è responsabile per tutti i mali del mondo. Abbiamo proiettato sul cosiddetto Terzo Mondo il mito della purezza e dell’innocenza in modo da sentirci più colpevoli per i nostri misfatti. Quali sono secondo lei le cause di questa autoflagellazione?
Ritengo che tutto parta da qualcosa di prezioso e intrinseco alla civiltà occidentale: ciò che definisco coscienza critica, la volontà di mettere in discussione il sapere e i dogmi consolidati, come fece Socrate. Ma per buona parte della storia dell’Occidente, la coscienza critica era ancorata al trascendente, una realtà spirituale che ci assicurava sull’esistenza della verità e del bene per i quali dovevamo impegnarci. Il secolarismo moderno ha distrutto questo terreno e ha ridotto la coscienza critica all’”ermeneutica del sospetto”, rappresentata emblematicamente dalla trinità moderna di Marx, Darwin e Freud. Oggi attacchiamo ferocemente i nostri credi nel nome di ideologie materialiste e contingenti che negano la natura spirituale della persona umana, riducendoci a semplici cose del mondo guidate solo dai nostri bassi appetiti e dalle leggi della fisica.

Per quanto concerne la nostra idealizzazione del Terzo Mondo si tratta di una riproposizione del vecchio mito del nobile selvaggio il quale ci risarcisce psicologicamente dai compromessi della civiltà anche se non abbiamo nessuna reale intenzione di vivere in paesi così arretrati e tirannici. A questa versione Disney della storia viene poi fornita una legittimazione politica spuria nella sua versione “anticolonialista” e “anti-imperialista”.

Il postmodernismo, il decostruzionismo, il multiculturalismo, sono stati alcuni dei fattori che hanno contribuito massicciamente all’erosione della nostra identità e a una lunga e consolidata tradizione di valori che erano capaci di conferirci un senso di coerenza e di stabilità. Siamo veramente destinati a soccombere all’Islam con “compiaciuta cecità e arrogante ignoranza” come scrive alla fine del suo articolo?
In opposizione ai movimenti che lei cita, gli esseri umani sono definiti dalla loro libertà spirituale e dal libero arbitrio, quindi non siamo destinati né determinati ad agire in un dato modo. Se soccombiamo è soltanto dovuto a una scelta, la stessa scelta davanti alla quale sono posti Adamo ed Eva nel racconto biblico, credere alla menzogna di Satana che possiamo essere dei, che non dobbiamo rispondere a nessun potere trascendente e che siamo unicamente governati dai nostri mutevoli e contingenti desideri e piaceri corporei.

Negli anni Novanta, Samuel Huntington scriveva, “Il futuro degli Stati Uniti e dell’Occidente dipende dalla volontà degli americani di riconfermare il loro impegno nei confronti della civiltà occidentale. Sul piano domestico ciò significa respingere i richiami divisivi della sirena multiculturalista”. A livello pratico come si può ottenere questo risultato, sempre che sia possibile?
Negli Stati Uniti la speranza può essere trovata nelle chiese che continuano ad attirare milioni di fedeli. Non ottengono molta attenzione da parte delle élite mediatiche, ma all’interno delle loro congregazioni e nelle loro famiglie mantengono vive le verità spirituali che sfidano lo spurio relativismo culturale e il multiculturalismo, che di fatto è una ideologia di potere, non una forma di tolleranza. L’altra fonte di speranza sono le scuole private, le scuole domestiche, e i movimenti scolastici privati che si basano su un curriculum classicista-cristiano. Stimolare la loro crescita è molto importante.

Uno dei grandi pensatori del Novecento, Eric Voegelin, nel suo Magnus Opus, “Ordine e Storia” ha imputato il progressivo declino politico e ideologico dell’Occidente a una patologia la quale ha la sua origine nel avere reciso le proprie radici giudeo-cristiane. E’ d’accordo con questa diagnosi?
Assolutamente. Il movimento progressista persegue ciò che chiama scienza, ma in realtà non è altro che scientismo. Si tratta di mascherare una metafisica materialista con i paramenti della scienza reale, riducendo l’essere umano a nulla più che a una cosa del mondo che può essere modificata e controllata. Il passo successivo è di respingere qualsiasi autorità che metta in discussione questa deumanizzazione materialista del soggetto: la chiesa, la famiglia, la società civile, la tradizione, la saggezza collettiva che l’Occidente ha sviluppato nei secoli e che è incarnata nelle nostre maggiori opere d’arte, di letteratura e di pensiero. Questa mossa ci lascia privi di radici, legati al presente e ai suoi piaceri materiali e dipendenti dal potere centralizzato del governo il cui obbiettivo è quello di governare le nostre vite secondo i bisogni di una élite tecnocratica. Il risultato è la deumanizzazione dell’essere libero, spirituale e autogovernato che si trova al centro della nostra eredità classica e giudaico-cristiana.

Qui in Occidente, dopo secoli di dibattiti, lotta e guerre siamo giunti alla conclusione che la tolleranza è uno dei nostri più grandi risultati, ma non è forse anche un cavallo di Troia che i nemici delle “società aperte” usano per indebolirci? Come possiamo opporci agli intolleranti se continuiamo a essere tolleranti nei loro confronti?
Quello che chiamiamo tolleranza non è vera tolleranza. La tolleranza è la consuetudine nelle società libere di riconoscere e accettare la diversità unicamente nel contesto di un accordo su valori fondamentali e non negoziabili come la santità della vita umana, l’uguaglianza di opportunità, i diritti individuali, la libertà politica e il resto. Ciò che oggi passa per tolleranza è solamente un eufemismo per una carenza di ideali e di volontà nel volere affermare i nostri principi fondazionali, o una maschera per l’intolleranza nei riguardi di posizioni politiche diverse. Chi non è disposto a difendere i propri valori sarà disposto a difendere qualsiasi cosa, anche una eresia omicida che giustifica l’assassinio perpetuo degli innocenti.

Intorno all’Islam è stata costruita una grande finzione il cui scopo è quello di rappresentarla come una religione di pace e tolleranza nonostante la schiacciante evidenza che non lo è e non lo è mai stata fin dal suo sorgere. Secondo lei quali sono le ragioni principali che sostengono questa falsificazione?
Ovviamente l’ignoranza storica, ma il secolarismo è la ragione principale. I nostri governanti non prendono sul serio la religione. Avendo ridotto la fede a un oppiaceo marxista o a una illusione freudiana, guardano alle cause materiali per spiegare la disfunzione sociale e la violenza. Siccome per loro la fede è solo una scelta di stile di vita, nessuno dei quali è meglio dell’altro, la loro mente non è in grado di comprendere che ci sono persone che prendono la fede in modo sufficientemente serio da uccidere in suo nome. Inoltre il multiculturalismo del nobile selvaggio ha predicato una demonizzazione dell’Occidente, e idealizza qualsiasi cultura che sia esotica e vittima del malvagio Occidente.

Nel suo recente viaggio in Medioriente il presidente Trump ha fatto tappa a Riad prima di recarsi in Israele. Ha stipulato un grande accordo economico con i sauditi e ha dichiarato che sono disposti a collaborare contro il terrorismo islamico, tuttavia sappiamo molto bene che nessun altro ha contribuito più dei sauditi a diffondere il wahabismo in Occidente. Quanta credibilità ha per lei questa alleanza?
Se darà frutti nel contrastare le pretese egemoniche dell’Iran, allora sarà stata una buona idea. Non possiamo sempre scegliere di allearci con chi ha le mani pulite: durante la Seconda Guerra Mondiale abbiamo dovuto allearci con uno dei regimi più maligni e omicidi per poterne sconfiggerne un altro. Questa è la tragedia della scelta umana, non sempre è tra il male e il bene ma spesso è tra il male e il peggio e produce sempre conseguenze imprevedibili.

E d’accordo che sia in Europa che negli Stati Uniti, la diffamazione di Israele da parte della sinistra, è, insieme ad altre ragioni, parte dello stesso processo di odio nei confronti dell’Occidente e dei suoi valori liberali giudeo-cristiani?
Sì, ma non si dimentichi che l’antisemitismo non è terminato con l’Olocausto, finì sottoterra per poi riaffiorare sotto forma di antisionismo. La sinistra odia qualsiasi società che acquisisce la prosperità e l’eguaglianza politica senza seguire i suoi sacri dogmi marxisti-collettivisti.

Il culto della morte e la glorificazione del martirio sono tra I fattori più distintivi del jihadismo islamico e palestinese. Israele ha dovuto confrontarsi per decenni con questa dura realtà, ciò nonostante, da parte di molti occidentali, è Israele che è visto come l’oppressore e i palestinesi come le vittime. Il pro-palestinismo è diventato una religione. Cosa può dirci in proposito?
Gli arabi palestinesi sono stati molto abili nello sfruttare le ossessioni e il narcisismo dell’Occidente. Sappiamo che gli attacchi contro Israele che durano da un secolo sono stati episodi facenti parte di un jihad contro quelli che precedentemente erano dhimmi, i quali hanno avuto la meglio su chi li aveva dominati e quindi sono stati capaci di creare uno stato anni luce più avanzato di qualsiasi stato creato nel mondo musulmano. Dopo che la violenza fallì gli arabi convinsero l’Occidente che la questione fosse l’anticolonialismo e l’autodeterminazione nazionale, motivazioni grottesche da parte dei musulmani che sono stati uno dei poteri imperialisti maggiori della storia e che vedono lo stato-nazione come una imposizione straniera sull’Umma mondiale che dovrebbe essere governata da un califfato basato sulla sharia. E, ancora una volta, gli utili idioti occidentali agiscono come gonzi al servizio dei “combattenti per la libertà” e dei “rivoluzionari” soprattutto quando rappresentano il Buon Selvaggio.


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