QUEL SENSO DI COLPA CHE ALIMENTA I DEMONI DELL’OCCIDENTE22 agosto 2019
Fabrizio Baldi
https://www.facebook.com/groups/4478672 ... 6849438918 Cosa hanno in comune un transessuale e lo spacciatore maghrebino nel parco sotto casa, Greta Thunberg che va a New York in barca a vela e le sodali del "metoo", l’espiazione cristiana del peccato ed il collettivismo?
Molto più di quanto si potrebbe pensare: sono i frutti dei demoni dell’Occidente, con cui la nostra civiltà deve confrontarsi se non vuole morire dopo più di 2000 anni di storia.
I Demoni
Quando parlo di demoni intendo quelle pulsioni distruttive, o meglio, auto-distruttive, che negli ultimi anni hanno trovato spazio e legittimazione e che portano gli occidentali a non credere più non dico al primato, ma solo semplicemente ai valori della loro civiltà millenaria, basata sull’autonomia dell’individuo dagli arbitri dello Stato, sulla sacralità della libertà di espressione, sull’etica del lavoro nella vita terrena unita alla speranza in qualcosa oltre la morte, sulla possibilità di sottoporre tutto e tutti a critica.
Questi demoni, evocati dalle elite di matrice liberal e socialista, stanno distruggendo l’Occidente dall’interno. Diventa dunque fondamentale conoscerli e chiamarli col loro nome per poterli affrontare.
1) Genderismo – Si tratta dell’idea infondata che il genere sessuale non sia qualcosa di dato da prima della nascita, ma una pura costruzione sociale, e come tale interpretabile ed intercambiabile a seconda delle preferenze, per poter assicurare a ciascuno la possibilità di esprimere sé stesso.
Molti potrebbero farsi una risata all’idea di un uomo che sostenga di essere una donna (o viceversa), in realtà la situazione è molto più seria ed ha in sé i germi del totalitarismo.
Ci sono già paesi (Canada, alcuni stati degli USA) dove la legge protegge “l’identità di genere” anche dal punto di vista linguistico (nello stato di New York si può essere sanzionati per aver chiamato signore un uomo che si creda una donna). Ci troviamo di fronte ad un legislatore che, oltre a calpestare le leggi di natura e milioni di anni di evoluzione, stabilisce per legge che una certa visione della realtà debba prevalere sulla realtà stessa, “blindandone” il linguaggio (e dunque il pensiero) che la sostiene. Uno Stato che ti dica come parlare (e quindi cosa pensare, dal momento che come scriveva George Orwell, i pensieri possono essere formulati solo in relazione alle parole esistenti) si dimostra a tutti gli effetti totalitario, direi anche distopico.
2) Ecologismo – Nella sua accezione radicale non è semplicemente la cura e l’attenzione per l’ambiente circostante, ma la condanna dell’operato dell’uomo (ovviamente solo di quello occidentale) sulla natura.
Partendo da pericoli e problemi reali (l’inquinamento, la desertificazione di alcune aree del pianeta) si arriva una visione anti-umana (e certamente anti-cristiana) che abbatte l’antropocentrismo per sostituirlo con la venerazione di tutto ciò che è “naturale”. Ecco dunque la moda del veganismo (a mio avviso pura e semplice psicopatologia), l’indignarsi oltremisura per le violenze sugli animali (cui fa da contraltare l’indifferenza per massacri e genocidi lontani), l’idea che l’uomo occidentale stia uccidendo il pianeta (quando è noto che la maggior parte dell’inquinamento provenga dai paesi in via di sviluppo e dalla Cina), le profezie catastrofiste legate al “riscaldamento globale” (che bene si inseriscono nel filone millenarista da fine del mondo sempre presente nella residua religiosità occidentale).
Si spiegano così anche le ricadute etiche e morali con conseguente svalutazione della vita umana (il filosofo australiano Peter Singer ci ha deliziati nello spiegarci perché i maiali hanno diritti e la lattuga no).
Ci siamo già passati: un rabbino in visita a Berlino tra le due guerre mondiali, osservando il gran numero di cani a spasso con il cappottino ebbe a dire: “In un posto dove si trattano gli animali come fossero uomini, si uccideranno gli uomini come fossero animali”.
3) Femminismo – Il femminismo di oggi (la cosiddetta third-wave) è diventato una parodia di quello che fu in grado di condurre le grandi battaglie per l’emancipazione delle donne. Non si occupa più dei diritti delle donne (ormai dati per scontati in gran parte del mondo occidentale) quanto di una costante denigrazione ai danni del maschio, specie se etero e bianco. A questo scopo è stato inventato un concetto alquanto bizzarro, quello della “toxic masculinity”, che non è altro che la colpevolizzazione del maschio in quanto tale. L’uomo, per il solo fatto di essere maschio, è colpevole a priori di molestie e comportamenti libidinosi, in quanto oppressore (magari a sua insaputa) al servizio di una fantomatica società patriarcale.
A nulla vale far presente che le società occidentali sono tra quelle più aperte al contributo delle donne (in politica, nelle scienze, nell’imprenditoria, nello sport, nella cultura): le cosiddette femministe si indigneranno sempre per il manspreading ma non troveranno mai tempo per Asia Bibi. A loro non interessano i diritti delle donne, ma la colpevolizzazione del maschio occidentale, cui va insegnato che non ci sono generi (in un asilo in Svezia si sono aboliti i pronomi di genere) e la cui autostima va distrutta, a costo di inventarsi storie di abusi mai avvenuti (caso Kavanaugh alla Corte Suprema USA).
Storicamente è sempre gravata sui maschi la responsabilità di difendere la comunità da aggressioni esterne; va da sé che se il ruolo del maschio viene coperto di ridicolo e disprezzo, la comunità risulta più vulnerabile.
4) Secolarismo – Il crollo della religione organizzata in Occidente è sotto gli occhi di tutti. Dal momento che il Cristianesimo (assieme alla filosofia greca ed al diritto romano) costituisce uno degli elementi essenziali della nostra civiltà, il suo progressivo abbandono non può non avere conseguenze sul nostro futuro.
Mancando ogni visione trascendentale (sostituita da emozioni immediate: il profilo Instagram di Chiara Ferragni, l’iPhone, ecc.) non c’è nessuna spinta al futuro, nessuna progettualità in nome di qualcosa di più grande (aspetto di cui avevo già parlato nel mio post “Conservatorismo e Visione del Futuro”), per cui viene meno persino il bisogno di continuare la specie e di trasmettere i valori fondamentali della civiltà ai propri discendenti. L’inverno demografico come risultato del crollo della natalità ne è l’ovvia conseguenza.
In realtà il discorso si fa più ampio: non c’è solo il disprezzo della religione (quella cristiana s’intende, perché quella musulmana sembra godere di particolare considerazione) ma della storia e delle tradizioni in generale. Negli USA si abbattono le statue di Cristoforo Colombo, in Europa si stanziano fondi per dimostrare le radici islamiche della cultura europea e la BBC fa interpretare ad un nero il personaggio di Niccolò Machiavelli).
Nelle università britanniche gli studenti chiedono di dare meno spazio a Kant e Platone perché bianchi.
Tutto quanto prodotto dall’uomo bianco occidentale viene ridotto a mera oppressione, sfruttamento ai danni di altri popoli, da purgare ed estirpare dalla nostra storia in un ideale falò riparatore e purificatore.
Amare il proprio retaggio storico-culturale, difendere i confini da popolazioni ritenute ostili o semplicemente troppo diverse, diventano colpe imperdonabili da espiare sull’altare del politicamente corretto.
Alla sparizione del Cristianesimo non corrisponde però la completa scomparsa del sacro. La mancanza di religiosità organizzata porta a venerare tutto (gli animali al posto dell’uomo, i “migranti” al posto dei cittadini) e a credere a qualsiasi cosa (le profezie sempre sbagliate sugli oceani che ci inonderanno tutti, le visioni allucinate di una ragazzina autistica svedese che ci punta contro il dito) per colmare il vuoto che Instagram e iPhone non riescono a riempire.
5) Immigrazionismo – Finito miseramente il mito della classe proletaria da salvare e redimere dalle tentazioni piccolo-borghesi e consumistiche, la sinistra post-comunista s’è inventata l’immigrato come nuovo feticcio da adorare.
L’immigrato è a priori buono, da accogliere in casa e vezzeggiare come un cucciolo (uomini ed animali sono intercambiabili, come aveva ben capito il rabbino sopra citato). Questo atteggiamento naturalmente può portare a tragiche conseguenze: se pensiamo che la nostra cultura ed i nostri valori siano merda, non per questo gli immigrati pensano lo stesso della loro cultura e dei loro valori. I risultati di questo fraintendimento sono abbastanza prevedibili, in un crescendo di mancata integrazione, no-go zones ed infine scontri etnici.
Questo atteggiamento non solo è pericoloso per le società occidentali (cui si richiede di snaturarsi per non offendere i nuovi venuti) ma tradisce anche un certo disprezzo verso gli immigrati stessi. L’immigrato è de-responsabilizzato come fosse un bambino, assolto da tutte le colpe quasi fosse un minorato mentale, esentato dalla responsabilità di (ri)costruire il proprio paese per trarlo fuori dalla povertà. L’immigrato in altre parole è compatito, specie quando è di fronte alle telecamere, per permettere alla sinistra liberal e socialista di presentarsi come piena di amore per il prossimo e di considerazione per i diritti umani. Quando l’immigrato crepa nell’attraversare il Sahara lontano da occhi indiscreti, non potendo più essere strumentalizzato, perde di importanza.
Ci troviamo di fronte ad un idealismo idiota ed infantile totalmente disconnesso dalla realtà.
Logica conseguenza di questo atteggiamento non può che essere l’insistere unicamente su concetti come razzismo e accoglienza, trascurando completamente ogni aspetto pratico (l’Europa non può e non vuole accogliere decine di milioni di africani).
Il politicamente corretto
Il politicamente corretto è al contempo spada e scudo dei demoni. È il politicamente corretto che sposta la contesa dal piano delle idee (da sottoporre a verifica fattuale e sempre criticabili) a quello delle emozioni, impedendo ogni discussione ed analisi critica (per non offendere i sentimenti ed i fragili ego di chi non è d’accordo).
È in altre parole il sistema di pensiero, prima ancora che linguistico, che costituisce una corazza quasi impenetrabile a difesa dei demoni evocati dall’ideologia liberal e socialista.
Se avanzi critiche nei confronti dell’immigrazione incontrollata diventi automaticamente razzista, se sostieni la famiglia tradizionale (padre e madre, non coppie gay, harem, o genitore un due tre) sei un sessista e/o un omofobo.
Particolarmente interessante l’accusa di fascismo, sempre presente sulla bocca delle elite di sinistra nonostante i regimi fascisti siano morti da più di 70 anni.
Se una cosa terribile come il fascismo sta per tornare, ogni mezzo per fermarlo diventa lecito, con conseguenze potenzialmente letali per la libertà di espressione. Ecco dunque che la sinistra si auto-investe del titolo di guardiano morale, per vigilare sulle possibili deviazioni fascistoidi del popolino grezzo ed ignorante che vota Salvini o Trump.
Lo fa facendo leva sul senso di colpa: “Come puoi sostenere un fascista dopo tutto quello che i fascisti hanno fatto? Non ti vergogni?”.
Nell’utilizzare l’armamentario del politicamente corretto (utile tra l’altro come arma offensiva per indottrinare i bambini, ad esempio propugnando il genderismo nelle scuole) la sinistra mostra la sua impostazione culturale stalinista, votata alla denigrazione dell’avversario allo scopo di distruggerne le idee.
Collettivismo e senso di colpa
I demoni prima menzionati hanno certamente un elemento in comune: il collettivismo.
L’intervento statale (in nome di inesistenti interessi collettivi) si manifesta nella pretesa di normare e regolare tutto: si creano quote rosa per le donne in politica, ci si inventa una “carbon tax” per tassare le emissioni di anidride carbonica, si regola la lingua decidendo cosa è opportuno dire e cosa no.
Si creano organismi e commissioni (naturalmente finanziati con soldi pubblici) per vigilare sulla corretta applicazione dei principi del politicamente corretto.
Diego Fusaro ha ragione nel denunciare il tentativo di distruggere la famiglia come corpo intermedio in grado di fornire identità, valori e linee guida all’individuo, ma sbaglia completamente quando incolpa di tutto ciò un fantomatico (quanto inesistente) turbo-capitalismo. Il responsabile è invece lo Stato, o meglio, la concezione statalista e collettivista che la sinistra non ha mai abbandonato. Distruggere i corpi intermedi ed avere persone sradicate dalla propria cultura di riferimento permette allo Stato e a chi lo idolatra di meglio controllare i singoli individui, oramai poco affascinati dal vecchio comunismo che vedeva nell’URSS un modello da seguire.
Il collettivismo però non è sufficiente a spiegare la forza dei demoni; c’è qualcosa di più profondo, a cui i demoni attingono per alimentarsi e prosperare.
Questo qualcosa è la concezione cristiana del peccato e della colpa. Per quanto il sentimento religioso sia moribondo, l’influenza cristiana sulla nostra visione del mondo continua a farsi sentire, e la cosa non è certo passata inosservata agli occhi delle elite.
L’uomo occidentale, per il solo fatto di essere tale, si porta dietro una colpa, un peccato originale da cui deve purificarsi: il suo esistere, la sua storia.
Politici, giornalisti, opinionisti, intellettuali, uomini di spettacolo, sono riusciti nel capolavoro di convincere interi popoli ad odiare sé stessi ed a sentirsi in colpa per i torti del mondo. Nella storia i governanti hanno sempre cercato capri espiatori (gli ebrei, i templari, i borghesi) che fossero altro, mentre le elite liberal per la prima volta sono riuscite ad imporre un gigantesco senso di colpa collettivo (si veda anche il white-privilege in America, il cui discorso è portato avanti prevalentemente da bianchi).
L’uomo bianco deve vergognarsi di tutto ciò che è stato, deve chiedere scusa per le Crociate (e poco importa se furono una reazione a 500 anni di aggressioni islamiche) e per il colonialismo (anche se prima dell’arrivo dei bianchi in Africa c’era il cannibalismo ed in India bruciavano le vedove nei roghi funerari).
Permettendo un’immigrazione senza controllo nelle proprie terre native, umiliando il proprio stesso passato, denigrando il livello di sviluppo materiale raggiunto in nome della protezione dell’ambiente, l’uomo bianco confessa la sua colpa come si faceva una volta nel confessionale e la espia per pagare oggi i torti commessi secoli fa (alla faccia della responsabilità individuale).
La continua ricerca di vittime da salvare, di minoranze da redimere (di volta in volta gli immigrati, i gay, gli animali, ecc.) unita all’odio di sé, è la penitenza inflitta dal confessore per ottenere il perdono dei propri peccati da parte del mondo.
Visti gli epiteti poco simpatici con cui ci chiamano i musulmani (kafir, ossia infedeli) ed i cinesi (baizuo), più che perdono si direbbe che stiamo ottenendo un misto di compatimento e disprezzo, anche se probabilmente liberal e socialisti non se ne curano.
È questa auto-colpevolizzazione la fonte dell’energia malvagia che nutre i nostri demoni ed attacca al cuore l’Occidente.
I cantori ne sono gli intellettuali organici alla sinistra liberal e socialista. Per loro la colpevolizzazione deve riguardare solo l’Occidente: nessuno di loro si sogna infatti di criticare la Cina che inquina a più non posso, l’Arabia Saudita che massacra migliaia di civili in Yemen, L’Iran che vela le donne ed uccide i gay. Questi sono fatti che, si direbbe in inglese, “do not fit the narrative”, non si adattano alla loro fiaba, pertanto non meritevoli di attenzione e copertura mediatica.
D’altronde Joseph Schumpeter ricordava che l’Occidente fosse l’unica civiltà a sostenere e proteggere un gran numero di intellettuali votati alla sua denigrazione e alla sua distruzione.
Di questo in effetti si tratta: del rischio di distruzione dall’interno dell’Occidente.
E l’Islam, appena accennato in questo post?
L’Islam è certamente, e da sempre, una forza antagonista all’Occidente ed irrimediabilmente incompatibile con i suoi valori.
La religione musulmana pone certamente una minaccia, potendo godere di finanziamenti illimitati da parte delle monarchie del golfo, di compiacente tolleranza da parte delle elite liberal (pronte a sguainare la spada del politicamente corretto contro una presunta islamofobia) e di un forte tasso di crescita demografica tra gli immigrati musulmani.
Ritengo però che il vero campo di battaglia per la sopravvivenza occidentale sia interno, e passi per il superamento del senso di colpa e la distruzione del politicamente corretto così da poter uccidere i demoni.
Solo così l’Occidente potrà recuperare fiducia in sé stesso e vincere la sfida posta dall’Islam.
Nessun guerriero con pulsioni suicide ha mai vinto una guerra.