No alla Turchia nazi maomettana nella UE

No a ła Turkia ente l'Ouropa Onida

Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 7:13 pm

I turchi puntano ad un’Europa islamica entro 20 anni
24 marzo 2018

https://www.corrispondenzaromana.it/not ... ro-20-anni

«L’Europa sarà musulmana»: lo ha detto senza mezzi termini il deputato turco Alparslan Kavaklioglu ad una recente riunione dell’Akp, il partito del presidente Erdogan, a suo tempo dettosi convinto che «i musulmani siano il futuro dell‘Europa». Quanto meno dal punto di vista numerico, divenendo la maggioranza entro vent‘anni.

Kavaklioglu presiede la commissione per la sicurezza dell’informazione del Parlamento turco, dunque uno che sa cosa dire per farsi bene intendere in Occidente (T. M.).



Warum 48 Prozent der Türken in Deutschland offiziell nicht arbeiten
Perché il 48 per cento dei turchi in Germania non lavora ufficialmente

10.07.2017,

Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator

https://www.focus.de/finanzen/videos/fa ... 38076.html


Fast jeder zweite Türke im erwerbsfähigen Alter ist nicht erwerbstätig. Viele gehen weder einem Beruf nach noch sind sie offiziell als arbeitslos gemeldet. Besonders drastisch sind die Zahlen für türkische Frauen – auch in Deutschland. Woran das liegt.

Quasi ogni due turchi in età lavorativa è inattivo. Molti non esercitano una professione, né sono ufficialmente registrati come disoccupati. Le cifre relative alle donne turche sono particolarmente drastiche, anche in Germania. Qual è il motivo.

Aktuelle Zahlen der europäischen Statistikbehörde Eurostat zeigen laut einem Bericht der „Welt“, dass 43 Prozent der Türken im erwerbsfähigen Alter wirtschaftlich inaktiv sind. Das bedeutet, dass sie weder einem Beruf nachgehen noch arbeitslos gemeldet sind. Ein noch etwas höherer Wert ergibt sich aus Zahlen des Statistischen Bundesamts für Türken, die in Deutschland leben. Demnach sind knapp 48 Prozent von ihnen sogenannte „Nichterwerbspersonen“. Zum Vergleich: In der Europäischen Union (EU) liegt die Quote mit 27 Prozent deutlich niedriger.

Secondo un rapporto in "Die Welt", i dati attuali dell'autorità statistica europea Eurostat mostrano che il 43 per cento dei turchi in età lavorativa sono economicamente inattivi. Ciò significa che non sono né occupati né registrati come disoccupati. Un valore ancora più elevato risulta dai dati dell'Ufficio federale di statistica per i turchi che vivono in Germania. Di conseguenza, quasi il 48 per cento di loro sono cosiddette "persone inattive". In confronto, il tasso nell'Unione Europea (UE) è significativamente più basso, con il 27%.

Es gibt viele Gründe für wirtschaftliche Inaktivität: Ein Drittel der Menschen im Alter zwischen 15 und 64 Jahren macht eine Ausbildung. Jeweils 16 Prozent sind entweder schon im Ruhestand oder aus gesundheitlichen Gründen inaktiv. In jedem zehnten Fall stehen familiäre Pflichten einer Berufstätigkeit entgegen.

Le ragioni dell'inattività economica sono molteplici: un terzo delle persone di età compresa tra i 15 e i 64 anni è impegnato nell'istruzione. In ogni caso, il 16% è già in pensione o inattivo per motivi di salute. In un caso su dieci, le responsabilità familiari impediscono l'esercizio di un'attività professionale.



Besonders drastisch sind die Zahlen für türkische Frauen

Die große Mehrheit der Inaktiven aber ist schlicht nicht an einem Job interessiert. Jedenfalls nicht offiziell: In Ländern mit einem hohen Anteil wirtschaftlich Inaktiver ist Schwarzarbeit besonders beliebt. In der Türkei beträgt der Anteil der Schattenwirtschaft nach Berechnungen des Finanzwissenschaftlers Friedrich Schneider von der Uni Linz 28 Prozent des Bruttoinlandprodukts (BIP). In Deutschland sind es lediglich zehn Prozent, südeuropäische Länder wie Griechenland und Italien liegen bei rund 20 Prozent.

Besonders drastisch sind die Zahlen für türkische Frauen: Nur ein Drittel von ihnen arbeitet. Dass die große Mehrheit zu Hause bleibt, liegt vor allem am konservativen Familienbild. Das gilt auch für die in Deutschland lebenden Türkinnen: Laut Mikrozensus des Statistischen Bundesamts zählte 2015 lediglich ein Drittel von ihnen zu den Erwerbspersonen. Sie sind damit nur halb so häufig wirtschaftlich aktiv wie deutsche Frauen. Gleichzeitig weisen sie eine deutlich höhere Geburtenrate auf.

Le cifre relative alle donne turche sono particolarmente drastiche

Ma la stragrande maggioranza delle persone inattive non è semplicemente interessata a un posto di lavoro. Nei paesi con un'alta percentuale di persone economicamente inattive, il lavoro sommerso è particolarmente popolare. Secondo i calcoli dello scienziato finanziario Friedrich Schneider dell'Università di Linz, l'economia sommersa rappresenta il 28 per cento del prodotto interno lordo (PIL) in Turchia. In Germania è solo il dieci per cento, paesi dell'Europa meridionale come la Grecia e l'Italia sono a circa il 20 per cento.

Le cifre relative alle donne turche sono particolarmente drastiche: Solo un terzo di essi funziona. Il fatto che la stragrande maggioranza rimanga a casa è dovuto principalmente all'immagine conservatrice della famiglia. Questo vale anche per le donne turche che vivono in Germania: Secondo il microcensimento dell'Ufficio federale di statistica, nel 2015 solo un terzo di essi era occupato nel mondo del lavoro. Sono quindi solo la metà delle donne tedesche economicamente attive. Allo stesso tempo, hanno un tasso di natalità significativamente più elevato.
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Re: No a ła Turkia ente l'Ouropa Onida, mi no me fido

Messaggioda Berto » gio mag 17, 2018 9:06 pm

La sfida della Turchia alla Nato
Daniel Pipes
16 maggio 2018

http://www.linformale.eu/la-sfida-della ... niel-pipes

In una dichiarazione disarticolata ma importante, l’ex consigliere per la Sicurezza Nazionale H.R. McMaster, nel dicembre 2017, asserì nel corso di una sessione a porte chiuse che la minaccia islamista in passato era stata trattata “in modo miope”: “Non abbiamo prestato abbastanza attenzione a come [l’ideologia islamista] viene promossa nelle associazioni benefiche, nelle madrasse e in altre organizzazioni sociali”. Alludendo al precedente sostegno saudita fornito a istituzioni del genere, McMaster rilevò che invece “ora lo offrono in misura maggiore il Qatar e la Turchia”.

E soffermandosi sulla Turchia, aggiunse: “Molti gruppi islamisti hanno imparato” dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e dal Partito per la giustizia e lo sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi, o AKP), al potere nel paese. I turchi, nelle parole di McMaster, offrono un modello di “azione attraverso la società civile, il settore dell’educazione, la polizia e il sistema giudiziario e anche attraverso l’esercito per consolidare il potere nelle mani di un particolare partito, che è qualcosa che non vorremmo vedere e che purtroppo sta contribuendo ad allontanare la Turchia dall’Occidente”.

I franchi commenti di McMaster hanno generato un certo scetticismo che rompe con i soliti discorsi di Washington che ricordano nostalgicamente la Guerra di Corea, cui fecero seguito decenni di adesione quasi sacra alla NATO, l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico. La sua menzione del fatto che la Turchia si stia allontanando dall’Occidente solleva diversi interrogativi: al di là delle belle parole, quanto è reale l’alleanza della NATO nel 2018? La Turchia dovrebbe continuare a essere un partner della NATO? La NATO ha ancora una missione nell’era post-sovietica? E in caso affermativo, qual è?

La NATO e l’islamismo

Per comprendere la missione della NATO, torniamo alla nascita dell’Alleanza avvenuta il 4 aprile 1949. Il suo Trattato istitutivo firmato a Washington enunciava un chiaro obiettivo: “salvaguardare la libertà dei popoli [degli Stati aderenti al Trattato, N.d.T.], il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto”. In altre parole, la NATO tutelava la civiltà occidentale. All’epoca, sì, questo significava allearsi contro il comunismo, pertanto l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord si è focalizzata sulla minaccia sovietica per 42 lunghi anni. Poi, un giorno del 1991, quando l’Unione Sovietica crollò e il Patto di Varsavia si polverizzò, l’Alleanza affrontò una crisi di successo.

Ne seguì un periodo di incertezza esistenziale, durante il quale ci si interrogò sull’esistenza stessa dell’Alleanza e su chi potesse rappresentare una minaccia. (Alla fine, la Russia è tornata a essere un avversario, ma questo non è un argomento che tratteremo in questa sede.) Le risposte più convincenti furono espresse a favore della continuità dell’organizzazione e dell’obiettivo di mobilitare le difese contro la nuova grande minaccia totalitaria: l’islamismo. Fascisti, comunisti e islamisti presentano differenze sostanziali fra loro, ma condividono un sogno comune di utopismo radicale, di plasmare un essere umano superiore che sia dedito al servizio del suo governo.

Il nuovo nemico islamista ha assunto rilevanza globale nel momento in cui il nemico precedente era stato sconfitto, sfatando rapidamente idee fantasiose su un consenso liberale o sulla “fine della storia”. Nel 1977, gli islamisti presero il potere in Bangladesh; nel 1979, in Iran. Sempre nel 1979, il governo dell’Arabia Saudita volse drasticamente lo sguardo al radicalismo. Nel 1989, gli islamisti salirono al potere in Sudan; nel 1996, nella maggior parte dell’Afghanistan.

Durante questo periodo, proliferarono gli attacchi jihadisti ai membri della NATO e soprattutto agli Stati Uniti. Furono circa 800 gli americani che persero la vita a causa della violenza islamista prima dell’11 settembre, con l’attentato al World Trade Center del 1993 che permise di toccare con mano le supreme ambizioni degli islamisti.

Nel 1995, questa minaccia era diventata sufficientemente evidente al punto che il segretario generale della NATO Willy Claes paragonò l’islamismo al nemico storico della sua organizzazione dicendo: “Il fondamentalismo è pericoloso almeno quanto lo era il comunismo”. Dalla fine della Guerra Fredda, egli aggiunse, “la militanza islamica si è rivelata probabilmente la più grave minaccia all’alleanza della NATO e alla sicurezza dell’Occidente”. Nel 2004, l’ex premier spagnolo José María Aznar fece una dichiarazione simile, asserendo: “Il terrorismo islamico è una nuova minaccia condivisa di carattere globale che pone a rischio l’esistenza stessa dei membri della NATO”. Aznar affermò che l’Alleanza si concentrava sulla lotta contro “il jihadismo islamico e la proliferazione delle armi di distruzione di massa”. Egli non chiedeva altro che “porre la guerra contro il jihadismo islamico al centro della strategia delle forze alleate”.

Pertanto, fin dall’inizio dell’era post-sovietica, dei leader perspicaci auspicarono che la NATO focalizzasse l’attenzione sull’islamismo, la nuova principale minaccia posta alla civiltà occidentale.

La minaccia islamista

Due paesi allora simboleggiavano questa minaccia: l’Afghanistan e la Turchia. Essi rappresentavano, rispettivamente, sfide senza precedenti esterne ed interne alla NATO.

L’art. 5 del Trattato istitutivo della NATO, l’importante clausola che parla di “difesa collettiva”, non fu invocato per la prima e unica volta durante la crisi dei missili a Cuba o durante la guerra del Vietnam, ma soltanto il giorno dopo l’attacco dell’11 settembre. Per enfatizzare: non furono i comunisti sovietici, cinesi, nord-coreani, vietnamiti o cubani, ma al-Qaeda e i talebani che si nascondevano nelle caverne di un paese marginale (l’Afghanistan), a indurre uno Stato membro a compiere questo importante passo. E questo perché gli islamisti, e non i comunisti, osarono colpire i centri di potere americani a New York City e Washington D.C. .

Inoltre, al-Qaeda e i talebani non sono che una piccola parte del movimento jihadista globale. La proliferazione nucleare iraniana, che ora segue un percorso legittimo per la costruzione di bombe entro dieci anni, rappresenta il problema più letale, soprattutto se si aggiunge il regime apocalittico che governa a Teheran e la possibilità di un attacco a impulsi elettromagnetici.

Gli attacchi su piccola scala comportano minori rischi, ma sono quelli che si verificano costantemente, da una moschea in Egitto a un ponte di Londra fino a un caffè di Sydney. Le insurrezioni islamiste hanno scatenato guerre civili (in Mali, Libia, Yemen e Siria) e semicivili (in Nigeria, Somalia, Iraq e in Afghanistan). Per cinque mesi, un gruppo affiliato all’Isis ha occupato la città di Marawi nelle Filippine. Attacchi jihadisti hanno luogo in paesi che non sono membri della NATO, a maggiorana o meno musulmana, come l’Argentina, la Svezia, la Russia, Israele, l’India, Myanmar (Birmania), la Tailandia e la Cina.

I jihadisti hanno inoltre colpito molti paesi membri della NATO, compresi gli Stati Uniti, il Canada, il Regno Unito, la Spagna, la Francia, i Paesi Bassi, la Germania, la Danimarca e la Bulgaria. Al di là della debilitazione politica e del terrore, questi attentati hanno gravemente compromesso le capacità militari riducendo l’addestramento e distogliendo fino al 40 per cento delle forze militari attive dalla loro missione principale, impiegandole piuttosto in attività che rientrano nelle funzioni proprie della polizia – per proteggere sinagoghe, scuole e stazioni di polizia.

E poi c’è la Turchia.

Una Turchia dittatoriale, antioccidentale e anti-NATO

Ai bei vecchi tempi, la NATO garantiva alla Turchia sicurezza, soprattutto contro l’Unione Sovietica; a sua volta, la Turchia offriva all’Alleanza un prezioso fianco meridionale. Anche oggi, la Turchia possiede il secondo esercito più grande della NATO, esercito che unitamente a quello statunitense conta 3,4 milioni di effettivi su una forza di 7,4 milioni di personale militare in servizio effettivo; insieme, i due paesi contribuiscono per il 46 per cento sul totale delle truppe messe a disposizione dai 29 Paesi alleati.

Ma molto è cambiato con la vittoria parlamentare dell’AKP del novembre 2002. Subito dopo questa vittoria, Erdogan dichiarò che “la Turchia non è un paese dove prevale l’Islam moderato” e ha mantenuto questa promessa, con il governo che sponsorizza scuole islamiche, disciplina i rapporti tra uomini e donne, il consumo di alcool, la costruzione delle moschee e che cerca più in generale di allevare una “generazione pia”.

Il governo di Erdogan ha attinto alla natura dispotica dell’islamismo: ha manipolato le elezioni, ha arrestato i giornalisti dissidenti muovendo loro accuse di terrorismo, ha creato un esercito privato, il SADAT, ha lasciato che la polizia praticasse torture e ha organizzato un golpe. Riguardo a quest’ultimo punto occorre dire che il presunto colpo di Stato del luglio 2016 ha dato al governo l’opportunità di trattenere, arrestare o licenziare oltre 200 mila turchi, chiudere circa 130 agenzie di stampa e incarcerare 81 giornalisti. Il Comitato di protezione dei giornalisti ha definito la Turchia “la più grande prigione al mondo per giornalisti”.

Senza che nessuno se ne accorga, nel sudest della Turchia imperversa una guerra semi-civile, mentre Erdogan accontenta i suoi nuovi alleati nazionalisti turchi cercando di eliminare l’uso della lingua curda, di cancellare la cultura curda e le aspirazioni politiche curde. La paura si diffonde e il totalitarismo incombe.

I problemi diretti della NATO con la Turchia sono iniziati il 1° marzo 2003, quando il parlamento dominato dall’AKP negò alle forze americane l’accesso allo spazio aereo turco per condurre la guerra contro Saddam Hussein.

Il governo turco minaccia di invadere l’Europa con i profughi siriani. Ostacola le relazioni della NATO con stretti alleati come l’Austria, Cipro e Israele. Si è fatto promotore di un cambiamento di atteggiamento dell’opinione pubblica turca nei confronti dell’Occidente, in particolare contro Stati Uniti e Germania. A dimostrazione di questa ostilità, il sindaco di Ankara, Melih Gokcek, ha scritto un tweet, nel settembre 2017, in cui diceva di aver pregato affinché Allah inviasse ulteriori calamità naturali dopo che due grossi uragani, Harvey e Irma, avevano devastato parti degli Stati Uniti.

Ankara ha preso tedeschi e americani in ostaggio per esercitare pressioni politiche. Deniz Yucel, un giornalista tedesco di origine turca, è stato incarcerato per un anno finché il governo tedesco non ha approvato la modernizzazione dei carri armati turchi. Peter Steudtner, un attivista tedesco per i diritti umani, ha trascorso diversi mesi in prigione. Andrew Brunson, un pastore protestante, è l’ostaggio americano più illustre, ma ce ne sono altri, come Ismail Kul, un docente di chimica, suo fratello Mustafa e Serkan Golge, un fisico della NASA.

Andando sul personale, io (e molti altri analisti di Turchia) non posso nemmeno fare scalo aereo a Istanbul per paura di essere arrestato e sbattuto in prigione, fungendo da ostaggio da scambiare con qualche reale o immaginario criminale turco negli Stati Uniti. Pensate un po’, la Turchia, un presunto alleato, è l’unico paese al mondo in cui temo di essere arrestato al mio arrivo.

I dissidenti turchi in Germania sono stati assassinati o temono di esserlo, come Yuksel Koc, co-presidente del Congresso della società democratica dei curdi in Europa. Inoltre, sostenitori del governo turco hanno aggredito nel 2016 dei cittadini americani negli Stati Uniti davanti alla Brookings Institution, e nel quartiere di Sheridan Circle, a Washington, davanti all’ambasciata della Turchia, nel 2017.

Il governo turco si schiera con Teheran in vari modi: ha aiutato il programma nucleare iraniano, ha contribuito allo sviluppo dei giacimenti petroliferi iraniani, ha favorito il trasferimento di armi iraniane a Hezbollah e ha dato il suo appoggio a Hamas. Il capo di Stato maggiore dell’esercito iraniano si è recato in visita ad Ankara, forse per sviluppare uno sforzo congiunto contro i curdi. Ankara ha partecipato ai colloqui di Astana insieme all’Iran e alla Russia per decidere il destino della Siria.

Erdogan ha quasi aderito all’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione che, sebbene sia un po’ una imitazione è la cosa più simile a una controparte russo-cinese della NATO. Le truppe turche hanno compiuto esercitazioni militari congiunte con l’esercito cinese e con quello russo. In particolare, le forze armate turche utilizzano il sistema missilistico antiaereo russo S-400, il che è un’azione decisamente incompatibile con l’adesione alla NATO.

E poi c’è l’Esercito dell’Egeo. Yigit Bulut, capo consigliere del presidente Erdogan ha dichiarato nel febbraio 2018 che la Turchia ha bisogno di una forza armata “potenziata da jet da combattimento russo-cinesi perché un giorno [il governo americano] (…) potrebbe benissimo prendere in considerazione l’ipotesi di attaccare la Turchia”. Non sono proprio questi, si potrebbe osservare, i sentimenti di un alleato.

E se questo sembrerà cospirativamente strano, la possibilità esiste, al momento della stesura di questo scritto, di uno scontro tra forze turche e americane nella città siriana di Manbij. Le tensioni hanno raggiunto un punto tale che in base a una dichiarazione della Casa Bianca, il presidente Trump “ha esortato la Turchia a essere cauta, evitando qualsiasi azione che possa generare il rischio di un conflitto tra le forze turche e americane”.

La Turchia snatura la NATO

Oltre alla sua ostilità, la presenza della Turchia nella NATO distorce l’Alleanza. La NATO dovrebbe occuparsi della lotta all’islamismo. Ma se gli islamisti sono già al suo interno, cosa farà l’Alleanza?

Questo dilemma è diventato di dominio pubblico nel luglio 2009, con la fine del mandato del segretario generale Jaap de Hoop Scheffer. Esisteva un consenso sul fatto che il nuovo segretario generale dovesse essere il premier danese Anders Fogh Rasmussen già dal 2006. In altre parole, quest’ultimo era primo ministro del paese durante la crisi delle vignette danesi del 2005. Quando i governi di paesi a maggioranza musulmana, compreso quello turco, lo spinsero a prendere provvedimenti contro le vignette satiriche, Rasmussen affermò molto correttamente: “Sono il premier di un paese libero e moderno, non posso dire ai giornali cosa pubblicare o meno, è loro responsabilità”. Si rifiutò persino di incontrare una delegazione di ambasciatori dei paesi a maggioranza musulmana.

Tre anni dopo, tuttavia, con la candidatura di Rasmussen a segretario generale della NATO, il governo turco disse la sua. L’allora primo ministro Erdogan, rammentando la crisi delle vignette satiriche, affermò: “Ho chiesto un incontro dei leader islamici [in Danimarca] per spiegare cosa sta succedendo e lui si è rifiutato di farlo, quindi come può contribuire alla pace?” Ne seguì molta negoziazione che terminò con un compromesso: Rasmussen fu nominato segretario generale, a condizione che tranquillizzasse pubblicamente Erdogan, cosa che lui fece: “Elaborerò un programma di sensibilizzazione ben preciso a favore del mondo musulmano, per assicurare la cooperazione e intensificare il dialogo. Considero la Turchia un alleato molto importante e un partner strategico e collaborerò nel tentativo di assicurare la migliore cooperazione con il mondo islamico”. Parole che tradotte dal burocratese suonerebbero così: “Non farei nulla che possa turbare il primo ministro della Turchia”.

Ciò ovviamente, non mostrava una NATO forte alla guida della lotta contro l’Islam radicale, ma una istituzione ostacolata dall’interno e incapace di contrastare la principale minaccia strategica per paura di offendere un governo membro. Ho assistito personalmente a questo quando una delegazione presso l’Assemblea parlamentare della NATO ha abbandonato una conferenza organizzata dall’organizzazione che dirigo, per rispetto verso i propri membri turchi.

Cosa fare

La NATO si trova dinanzi a un dilemma e a una scelta: espellere la Turchia, come io sostengo, o mantenerla nell’organizzazione, così come vuole la propensione istituzionale. La mia tesi è motivata dal fatto che la Turchia intraprende iniziative ostili alla NATO, non è un alleato e ostacola la necessaria attenzione da prestare all’islamismo. In breve, la Turchia è il primo paese membro a passare nel campo nemico, dove rimarrà probabilmente per molto tempo.

La tesi favorevole alla presenza della Turchia nella NATO si riduce alla motivazione che, pur essendo la Turchia sotto Erdogan ribelle, l’adesione alla NATO consente un minimo di influenza su Ankara fino a quando essa non rientrerà nei ranghi, come farà alla fine. Oppure, come sostiene Steven Cook: “La Turchia continuerà a essere importante non tanto perché può essere utile, quanto a causa dei problemi che Ankara può creare”.

Pertanto, qual è la priorità maggiore? Che la NATO adempia liberamente alla propria missione? Oppure che mantenga la propria influenza su Ankara? Tutto dipende da quanto a lungo la Turchia continuerà a essere islamista, dittatoriale e assumerà i connotati di stato canaglia. Vedendo l’ampio consenso anti-occidentale in Turchia, vorrei che la NATO sia libera di essere la NATO.

Gli analisti (compreso il sottoscritto nel 2009) che concordano con questa conclusione a volte dicono di “buttare fuori la Turchia”; ma la NATO non ha un meccanismo di espulsione, perché nel 1949 nessuno poteva immaginare l’attuale problema. Detto questo, si possono compiere numerosi passi per ridimensionare le relazioni con Ankara e sminuire il ruolo della Turchia in seno alla NATO.

Abbandonare la base aerea di Incirlik. Ankara limita capricciosamente l’accesso a Incirlik (inducendo le truppe tedesche al ritiro) e la base è pericolosamente vicina alla Siria, la zona di guerra più attiva e più rischiosa al mondo. Esistono molti siti alternativi, ad esempio, in Romania e in Giordania. Secondo alcune testimonianze, questo processo è già iniziato.

Rimuovere le armi nucleari americane. A Incirlik sono custodite una cinquantina di bombe nucleari: andrebbero rimosse immediatamente. Questa vestigia della Guerra Fredda non ha alcun senso da un punto di vista militare perché, secondo quanto riferito, gli aerei di stanza a Incirlik non possono nemmeno caricare queste armi. Peggio ancora, è ipotizzabile che il governo del Paese ospitante possa confiscare queste armi.

Annullare le vendite di armi. Il Congresso americano ha ignorato una decisione del 2017 del ramo esecutivo, respingendo una proposta di vendita di armi personali in risposta alla condotta da bulli tenuta dai turchi a Washington. E cosa ancor più importante, la vendita di caccia F-35, gli aerei da combattimento più avanzati dell’arsenale americano, deve essere bloccata.

Ignorare l’art. 5 o altre richiese di aiuto. L’aggressione turca non deve trascinare i membri della NATO in una guerra a causa dei curdi, e questo punto è stato messo bene in chiaro. In risposta, Erdogan punzecchia la NATO a beneficio dei suoi sostenitori, affermando: “Ehi NATO, dove sei? Abbiamo risposto alle richieste in Afghanistan, in Somalia e nei Balcani, e ora prendo io la decisione, andiamo in Siria. Perché non vieni?”

Allontanare la NATO dall’esercito turco. Smettere di condividere le attività di intelligence, non addestrare il personale turco ed escludere la partecipazione turca allo sviluppo delle armi.

Aiutare gli oppositori della Turchia. Stare dalla parte dei curdi siriani. Sostenere la crescente alleanza tra la Grecia, Cipro e Israele. Cooperare con l’Austria.

In breve, i comunisti non hanno mai provocato l’attivazione dell’art. 5 della NATO e nessun membro dell’Alleanza Atlantica è mai entrato nel Patto di Varsavia. L’islamismo, incarnato da al-Qaeda e da Erdogan, ha distorto le vecchie verità, fino a renderle irriconoscibili, richiedendo un pensiero nuovo e creativo. La NATO deve rendersi conto di tali problemi.

Aggiornamento del 13 marzo 2018: Confermando il modello di appeasement, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato oggi che la Turchia continua a essere “un alleato prezioso della NATO” perché “contribuisce alla nostra sicurezza collettiva, alle missioni e alle operazioni in molti modi. Ringrazio la Turchia per questo”. E ha proseguito dicendo:

“La NATO fornisce sostegno alla Turchia. Abbiamo missioni, presenze militari in Turchia. Abbiamo i nostri aerei di sorveglianza AWACS, che sorvolano la Turchia e l’aiutano. Abbiamo anche batterie di difesa aerea chiamate SAMP/T, fornite da Spagna e Italia. Siamo grati alla Turchia per il sostegno alla NATO. Dimostriamo inoltre solidarietà verso la Turchia con la presenza militare della NATO nel paese, presenza militare che è aumentata negli ultimi anni alla luce dell’instabilità e delle minacce che la Turchia sta affrontando dal sud, da parte di Daesh, del terrorismo, soprattutto in Iraq e in Siria”.

Traduzione in italiano di Angelita La Spada

Qui l’articolo originale
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Re: No a ła Turkia ente l'Ouropa Onida, mi no me fido

Messaggioda Berto » sab mag 26, 2018 4:44 am

La Turchia minaccia Israele: “Guai se riconoscerete il genocidio armeno”.
Giulio Meotti
25/05/2018

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 6346991548

La Turchia minaccia Israele: “Guai se riconoscerete il genocidio armeno”. Io invece penso che, per far chinare la testa al sultano Erdogan e per rendere giustizia a un crimine superato soltanto dalla Shoah degli ebrei, sia giunto il momento per tutti i paesi civili europei e occidentali di riconoscere l'annientamento della più antica nazione cristiana al mondo. Non è un caso che sia stato proprio uno scrittore ebreo, Werfel, a descrivere l'odissea armena con un libro che commosse il mondo. Gli armeni affondati sui barconi a Trebisonda, gli armeni sgozzati a Ak-Hissar, le carovane armene depredate di tutto, assaltate dai lupi, decimate dalla fame, i nonni armeni che precipitavano nei burroni e morivano nelle notti ghiacciate, gli armeni giustiziati a Bitlis, a Sasun, a Erzurum, la pulizia etnica degli armeni in Cilicia, il massacro di madri e figli armeni nel cortile della scuola tedesca di Aleppo, gli armeni rifugiatisi nel Caucaso e buttati nei fiumi come stracci. Hitler, nel 1942, preparando l'Olocausto degli ebrei, disse: “Chi si ricorda più degli armeni?”. Date un bel dispiacere a quel prestuntuoso di Erdogan, riconoscete il genocidio armeno! Fu un Isis ante litteram.

Sterminio degłi armeni anatolicii - perché cristiani
viewtopic.php?f=110&t=371
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » ven giu 08, 2018 6:26 am

Genocidio armeno: La Turchia interviene duramente
Uzay Bulut
07/ giugno 2018

https://it.gatestoneinstitute.org/12477 ... no-turchia

L'annuale cerimonia di commemorazione del genocidio armeno che la sezione turca dell'Associazione per i diritti umani (IHD) e il Movimento di base europeo antirazzista (EGAM) avevano organizzato il 24 aprile – come fanno ogni anno dal 2005 – è stata bloccata dalla polizia, che ha sequestrato i cartelli e gli striscioni sul genocidio e ha controllato le fedine penali dei manifestanti. Tre attivisti per i diritti umani sono stati arrestati e poi rilasciati.

In un'intervista esclusiva al Gatestone, Ayşe Günaysu, un'attivista membro della Commissione dell'IHD contro il razzismo e la discriminazione, ha dichiarato che "mentre venivano condotti alla stazioni di polizia, i manifestanti fermati sono stati costretti ad ascoltare canzoni razziste contenenti parole ostili nei confronti degli armeni".

L'annuale cerimonia commemora il rastrellamento del 24 aprile 1915, l'arresto e il successivo massacro di più di 200 intellettuali armeni e leader della comunità armena di Istanbul per mano delle autorità ottomane – e il genocidio armeno che si consumò. Le vittime furono rinchiuse in una prigione, che oggi è un edificio che ospita il Museo di arte turca e islamica (Türk İslam Eserleri Müzesi). Gli armeni furono poi condotti alla stazione ferroviaria di Haydarpaşa, dove vennero trasportati in Anatolia per la fase finale dello sterminio. La Günaysu ha detto:

"Nel corso delle nostre commemorazioni, abbiamo mostrato le scene del crimine. Le abbiamo esposte al Museo di arte turca e islamica e alla stazione ferroviaria di Haydarpaşa, luoghi del crimine. Abbiamo letto ad alta voce e citato i nomi di oltre duemila città, paesi e villaggi armeni distrutti durante il genocidio. Abbiamo annotato i loro nomi e li abbiamo affissi su tabelloni. Pertanto, non abbiamo soltanto commemorato le vittime, ma abbiamo cercato di condividere con i cittadini turchi la verità sul genocidio".

Dal 2010, l'IHD si riunisce alla stazione ferroviaria di Haydarpaşa per la commemorazione. Quest'anno l'associazione voleva organizzare la cerimonia in piazza Sultanahmet. La Günaysu ha spiegato:

"Non chiediamo l'autorizzazione all'ufficio del governatore di Istanbul per commemorare il genocidio. Ci limitiamo a telefonare e a comunicare l'ora e il luogo della cerimonia. Sui nostri striscioni c'è scritto: "Genocidio! Ammettetelo! Chiedete perdono! Risarcite i danni!" in inglese e in turco. La polizia ci ha detto che avremmo potuto organizzare l'evento, a condizione che non avessimo usato la parola 'genocidio'. Ma abbiamo risposto che non ci saremmo autocensurati e che ci saremmo riuniti in piazza Sultanahmet per commemorare le vittime del genocidio. Avevamo inoltre preparato un comunicato stampa, ma non abbiamo potuto leggerlo né diffonderlo ai mass media a causa dell'intervento della polizia. La polizia ci ha anche sequestrato gli striscioni e le foto degli intellettuali armeni arrestati il 24 aprile 1915".

Il comunicato stampa dell'IHD, che la polizia ha impedito di diffondere, recita parzialmente così:

"Alla radice di tutti i mali di questo paese si trova il genocidio commesso contro i cristiani dell'Asia Minore e della Mesopotamia settentrionale, contro gli armeni, gli assiri e i greci.

"Ora, ancora una volta con profondo rispetto ci inchiniamo dinanzi alla memoria delle vittime armene, assiro-siriache e greche del genocidio. E noi, i discendenti dei perpetratori del genocidio, esprimiamo ancora il nostro senso di vergogna per non essere in grado di evitare la continuazione del genocidio attraverso la sua negazione e le successive ondate di distruzione per generazioni".

Purtroppo, l'aggressione turca contro i rimanenti armeni continua. Il 28 dicembre 2012, una donna armena di 85 anni, Maritsa Küçük, fu picchiata e accoltellata a morte nella sua casa del quartiere di Samatya, dove risiede una delle più grandi comunità armene di Istanbul.

Ayşe Günaysu ha raccontato che:

"durante l'intervento della polizia e gli arresti avvenuti alla cerimonia di commemorazione in piazza Sultanahmet, la figlia di Maritsa Küçük, Baydzar Midilli, ha urlato: 'Mia madre è una vittima del genocidio, eppure continuate a dire che non c'è alcun genocidio!!!' Mentre i poliziotti si erano diretti versi di lei per arrestarla a causa della protesta, Eren Keskin, un avvocato che opera per la tutela dei diritti umani, li ha fermati dicendo loro che la madre della Midilli era stata uccisa perché armena. Un funzionario della polizia è poi intervenuto per evitare che gli agenti la arrestassero".

Il 24 aprile 2011 – data del 96° anniversario del genocidio – Sevag Balıkçı, un armeno che stava espletando il servizio militare obbligatorio, fu colpito a morte da un nazionalista turco. Il suo assassino deve ancora essere assicurato alla giustizia. Durante la commemorazione del mese scorso, sette anni dopo la morte di Sevag, la famiglia e gli amici del giovane si sono recati sulla sua tomba a Istanbul per rendergli omaggio. Secondo la Günaysu, gli agenti di polizia hanno detto a coloro che si erano riuniti davanti al sepolcro del ragazzo che non era loro consentito pronunciare discorsi in cui menzionare la parola "genocidio":

"C'era un gran numero di poliziotti armati al cimitero. Mentre la gente pregava, la polizia era pronta a intervenire. Due attivisti hanno chiesto agli agenti di rispettare coloro che stavano pregando e piangendo. Per fortuna, la polizia li ha ascoltati e si è allontanata di pochi passi dalla tomba".

Il genocidio cristiano perpetrato nella Turchia ottomana durò dieci anni – dal 1913 al 1923 – e colpì armeni, greci, assiri e altri cristiani. Provocò circa tre milioni di vittime. Sebbene sia trascorso un secolo, è ancora una ferita sanguinante per le vittime e i loro discendenti. Il quotidiano online Artı Gerçek ha di recente riportato la notizia che le ossa delle vittime sono ancora visibili in un lago nella Turchia orientale.

Civili armeni, scortati dai soldati ottomani, marciarono per le strade di Harput fino a una prigione nei pressi di Mezireh (l'odierna Elazig), nell'aprile 1915. (Fonte dell'immagine: Croce Rossa americana/Wikimedia Commons)

La gente del posto ha chiamato il lago "Gvalé Arminu" (il "lago armeno") dopo il massacro di più di un migliaio di uomini, donne e bambini avvenuto 103 anni fa. Secondo l'articolo di Artı Gerçek, sopravvissero allo sterminio soltanto due bambini, nascosti dagli abitanti del villaggio. Persino le ossa che emergono in estate, quando il lago si prosciuga, non hanno indotto ad avviare alcuna inchiesta da parte del governo turco, il quale continua a negare il genocidio e tenta in modo aggressivo di mettere a tacere chi cerca di parlarne.

Il 24 aprile, l'agenzia di stampa finanziata dal governo Anadolu Agency (AA) ha pubblicato un pezzo titolandolo: "La fonte di reddito delle lobby armene: L'industria del genocidio", sostenendo che la diaspora armena e la Repubblica di Armenia fanno delle affermazioni false riguardo alla "menzogna del genocidio armeno" per fini economici.

Nello stesso giorno, l'AA ha pubblicato un altro articolo titolato "I turchi ricordano come sfuggirono all'oppressione armena". Secondo il mito turco, furono di fatto gli armeni "traditori" a perseguitare i turchi; e i turchi agirono per legittima difesa per liberarsi degli armeni assassini. Un'affermazione corrente da parte dei turchi è: "Se lo meritarono".

Le menzogne e la propaganda di Stato, le quali ritengono le vittime responsabili del loro stesso annientamento, sono ciò che consente la continua persecuzione turca degli armeni rimasti nel paese, compresa la trasformazione delle loro chiese in moschee e la profanazione delle tombe e delle chiese armene da parte dei cacciatori di tesori.

Il governo turco deve smetterla.

Uzay Bulut, musulmana di nascita, è una giornalista turca e membro dello Haym Salomon Center. Attualmente vive a Washington D.C.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » ven giu 08, 2018 7:32 pm

Turchia nuovo centro di potere nazi-islamico contro l’occidente. I segnali ignorati
08/06/2018

https://www.rightsreporter.org/turchia- ... i-ignorati

La Turchia è ormai la più grande anomalia dei nostri tempi. Mentre continua ad appartenere alla NATO e a dichiarare di puntare all’ingresso nell’Unione Europea, la retorica politica dei suoi leader si manifesta in maniera sempre più decisa in direzione del più bieco estremismo islamico.

Nel dicembre del 2017, il Consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, HR McMaster, ha indicato la Turchia e il Qatar come prime fonti di finanziamento per l’ideologia estremista islamista a livello globale. «L’ideologia dell’islam radicale è una grave minaccia per tutti i popoli civili» disse allora McMaster ammonendo anche sul fatto che per troppo tempo USA e occidente avevano sottovaluto il rischio derivante dall’ideologia radicale islamica e non si erano accorti del suo dilagare.

La Turchia è diventata il simbolo più plastico di quello che l’ideologia islamica radicale può fare a una società relativamente civile o comunque laica com’era appunto la Turchia prima dell’avvento di Erdogan . In pochi anni il dittatore turco spingendo proprio sulla radicalizzazione religiosa è riuscito a trasformare la Turchia da uno Stato laico e moderno arrivato sull’orlo di un ingresso nella UE, in una teocrazia islamica spinta unicamente dall’odio verso l’occidente, da una forte componente di antisemitismo e non ultimo da una politica imbastita quasi totalmente sulla retorica islamica.

Quasi contemporaneamente alle parole di McMaster, arrivava un articolo scritto da Ibrahim Karagül, direttore del quotidiano turco Yeni Şafak, molto vicino a Erdogan e considerato il vero portavoce del regime turco, nel quale il Direttore islamista affermava che «la Turchia sta emergendo come un nuovo centro di potere contro gli Stati Uniti , il potere più forte del mondo … la questione non riguarda più Gerusalemme o la Turchia e Israele. È una resa dei conti tra gli Stati Uniti e la Turchia» aggiungendo poi che secondo lui l’obiettivo dell’America era quello di occupare i luoghi santi dell’Islam, la Mecca e Medina, parole durissime e preoccupanti mai smentite da Erdogan che sono la manifestazione plastica della più bieca retorica islamica volta ad incentrare attorno alla figura di Erdogan l’islam radicale.

La cosa strana e preoccupante è che le parole scritte nero su bianco dal più importante consigliere di Erdogan, qual’è appunto Ibrahim Karagül, non hanno scatenato alcuna reazione né in occidente né negli Stati Uniti. Tutti si sono limitati a sollevare le sopracciglia quasi fosse che l’esternazione di un fanatico qualsiasi invece che di uno dei più importanti consiglieri del dittatore turco.

Ancora più preoccupante è però il fatto che durante questi mesi la Turchia si è sostanzialmente comportata esattamente come l’entità descritta nel suo articolo da Ibrahim Karagül, si è cioè posta in contrapposizione agli Stati Uniti e all’occidente mentre Erdogan si è elevato sempre di più al ruolo di guida dell’islam radicale.

Svante E. Cornell dello Hudson Institute ne ha fatto una lunga e approfondita analisi (1) nella quale evidenzia come l’involuzione della Turchia da Stato laico a regime islamista rappresenti un enorme pericolo per tutto l’occidente e non solo per gli Stati Uniti e per Israele. Cornell nella sua analisi evidenzia come la stampa mainstream turca segua con maniacale dedizione le indicazioni del regime volte a consolidare la svolta islamista della Turchia allontanandola nel contempo da quei valori occidentali che l’avevano portata prima nella NATO e poi sull’orlo dell’ingresso nella UE.

Sempre Cornell ci ricorda come Necmettin Erbakan, riconosciuto come il fondatore dell’islam politico turco poi diventato il leader del movimento islamista, Milli Görüş, mentore di Erdogan e personaggio incredibilmente sottovalutato per la sua importanza nel diffondere la peggiore ideologia islamica anche in Europa (Milli Görüş è una organizzazione potentissima in Germania), abbia scritto un libro (uscito dopo la sua morte e intitolato Davan, in turco “la mia casa”) diffusissimo in tutto il mondo islamico, nel quale il mentore di Erdogan mostra tutto il suo disprezzo per l’occidente, il suo profondo antisemitismo e odio verso tutto quello che riguarda l’ebraismo visto come il male di tutti i mali. Ebbene, Erdogan per sua stessa ammissione ha basato la sua politica sugli insegnamenti di Erbakan basati quindi sul disprezzo dei valori occidentali e su un marcato antisemitismo e antiamericanismo.


Segnali ignorati dall’occidente

Tuttavia l’occidente continua a ignorare i bruttissimi segnali che arrivano dalla Turchia, specie quelli riguardanti il profondo antisemitismo del regime. Secondo Bassam Tibi e Marc Baer questa forma di antisemitismo non si basa sull’antipatia islamica tradizionale verso gli ebrei, ma richiama distintamente il pensiero razzista europeo del diciannovesimo secolo: gli ebrei sono immutabili e malvagi, e «portano tratti biologici essenziali che non potranno mai essere modificati». Questa visione turca che si differenzia dal tipico antisemitismo arabo viene spiegata nel libro “An Enemy Old and New”. In Turchia ci troviamo quindi di fronte al mutamento dell’islamismo stesso che sposa apertamente l’ideologia nazista e per questo ancora più pericoloso dell’islamismo radicale tradizionale già pericoloso di suo.

La Turchia sta quindi lentamente ma costantemente diventando il baricentro di un pericolosissimo nazi-islamismo che disprezza tutti i valori occidentali e ne sfrutta le vulnerabilità. Continuare a ignorare questa metamorfosi della Turchia come stanno facendo i Paesi europei è un errore che potrebbe rivelarsi fatale anche perché il regime turco si sta portando dietro quello che rimane dell’ideologia dello Stato Islamico, molto più vicina a quella turca di quanto non lo fosse a quella araba.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 10:36 am

L'Austria fa la guerra all'islam: moschee chiuse, espulsi imam
Claudio Cartaldo - Ven, 08/06/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lau ... 38075.html

La Turchia protesta contro il Cancelliere d'Austria, Kurz: "Misura razzista". Salvini appoggia Vienna: "Libertà di culto, ma basta estremismo"

Non solo l'idea di aprire un campo profughi fuori dall'Ue per valutare le richieste d'asilo dei migranti.

L'Austria guidata da Sebastian Kurz, uno dei nuovi "alleati" di Matteo Salvini, si dimostra sempre più orientata a destra (in fondo, nella maggioranza c'è pur sempre l'Fpoe di Heinz Christian Strache). E ora ha deciso di dare il via a una vera e propria guerra all'islam politico.

Il giro di vite è stato annunciato dallo stesso Cancelliere austriaco. Vienna ha deciso di espellere "vari" imam e di chiudere ben 7 moschee. I predicatori che lasceranno Vienna sono tutti finanziati a vario titolo dall'estero. La decisione nasce da una inchiesta che riguarda uno scandalo che ha fatto molto discutere dalle parti austriache. In alcune foto, pubblicate dal settimanale di centro-sinistra Falter, mostravano una rievocazione storica della campagna di Gallipoli, scontro armato simbolo della potenza dell'impero Ottomano. Negli scatti si vedevano ragazzini in uniforme militare che marciavano, sventolavano bandiere e si fingevano morti con il drappo turco sui corpi. Quelle immagini erano state riprese dentro una delle più grandi moschee di Vienna, gestita dall'Unione islamico-turca d'Austria, una di quelle che sono legate alla comunità turca del capoluogo austriaco e alla Direzione turca degli Affari religiosi (Diyanet). "Società parallele, l'islam politico e la radicalizzazione non hanno posto nella nostra società", ha detto Kurz senza esitazioni.

La reazione della Turchia

Sulla questione si è subito espressa anche la Turchia. Che ha definito la decisione dell'Austria "il risultato di un'ondata discriminatoria, populista, islamofoba e razzista". Ibrahim Kalin, assistente e portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha detto attaccato Kurz sostenendo che il suo obiettivo è quello di ottenere "un dividendo politico, marginalizzando le comunità musulmane".

Salvini appoggia Kurz

Un messaggio di approvazione all'iniziativa di Vienna è arrivato invece da Matteo Salvini. "Credo nella libertà di culto, non nell'estremismo religioso. Chi usa la propria fede per mettere a rischio la sicurezza di un Paese va allontanato! Spero già la prossima settimana di incontrare collega ministro austriaco per confrontarci su linee d'azione", ha scritto il ministro dell'Interno su Twitter.



Austria espelle Imam. "Le Monde": misure contro Islam politico. "Falter": in moschee 'bimbi-soldato'
08 giugno 2018

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... tml#foto-1

La notizia è in risalto su i quotidiani di tutto il mondo. Il giornale austriaco ricorda che le espulsioni arrivano dopo una lunga indagine lanciata dall'Autorità per gli Affari religiosi con le autorità austriache che hanno scoperto delle immagini di bambini vestiti in mimetica in un centro islamico di Vienna sostenuto dalla Turchia

08 giugno 2018"Non c'è spazio per radicalizzazioni". Vienna usa il pugno duro e annuncia la chiusura di 7 moschee (quattro a Vienna, due in Alta Austria e una in Carizia) e l'espulsione di una quarantina di Imam: in totale - calcolando anche i familiari - si parlerebbe di almeno 150 persone che non avranno più il diritto di restare su territorio austriaco. In pratica, perderanno il permesso di soggiorno. La decisione annunciata dal cancelliere Sebastian Kurz, esponente dell’Oevp, e il ministro degli Interni Herbert Kickl, membro del Fpoe, si basa su riscontri e accuse precise: i capi religiosi dell’Unione turco-islamica per la collaborazione culturale e sociale in Austria (Atib) si sarebbero avvalsi di finanziamenti illeciti dall’estero e avrebbero violato la legge nazionale sulla religione islamica.

La notizia sta facendo il giro del mondo e già campeggia sulle pagine dei principali quotidiani internazionale. I media turchi quelli che danno maggior risalto alla vicenda. "Aksam" riporta che Ibrahim Kalin, portavoce di Recep Tayyp Erdogan, ha una posizione particolarmente dura sulla decisione adottata dal governo di Vienna, accusandolo di voler "trarre vantaggi politici colpendo le comunità musulmane". E incalza: "è il frutto dell'ondata anti-islamica, razzista, discriminatoria e populista" nel Paese.

Ovviamente anche i giornali austriaci parlano di quanto annunciato da Kurz e Kickl. "Kronen zeitung", "Die presse", "derStandard.at" riportano che le espuslioni arrivano dopo una lunga indagine lanciata dall'Autorità per gli Affari religiosi con le autorità austriache che hanno scoperto delle immagini di bambini vestiti da soldati in un centro islamico di Vienna sostenuto dalla Turchia.

Le immagini, diffuse dal quotidiano "Falter", mostrano un gruppo di ragazzi mentre mettono in scena la battaglia di Gallipoli: ci riferiamo alla Prima guerra mondiale, con l’Impero britannico e la Francia sconfitti dall’Impero ottomano, sostenuto dalla Germania.

Risalto alla vicenda anche sul quotiano francese "Le Monde", che parla di misure contro "l'Islam politico" e lo spagnolo "El Mundo".



https://www.facebook.com/RobertoMarinoM ... 9633671470

Questo assassino, dittatore, islamico fanatico che detta secondo lui l’agenda agli austriaci fa riflettere. Il fanatismo islamico, grazie ai mollicci governanti UE, è partito di nuovo alla conquista dell Europa, ma, forse, nel Vecchio Continente qualcosa si muove per non farsi islamizzare. Nuove crociate contro la mezzaluna? Se serve per frenare la deriva islamista dell Europa vorrà dire che che ci attrezzeremo, ma, per riuscire di nuovo a ripetere dopo secoli Vienna e frenare i barbari servirà recuperare coscienza di se, principi, valori e senso di appartenenza. Altrimenti, il futuro islamico, come nel resto del bacino sud del Mediterraneo, dove i Cristiani sono ormai estinti e quei pochi rimasti perseguitati quando non uccisi, diverrà presto realtà, con tanto di burqa, culi all aria a pregare e Sharjia!



Erdogan, Austria vuole guerra religione
Mondo
2018/06/10

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... bfb5c.html

(ANSA) - ROMA, 10 GIU - Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha avvertito l'Austria, che ha di recente chiuso alcune moschee ed espulso degli imam, avvertendo che queste azioni portano alla guerra di religione.
"Queste misure prese dal cancelliere austriaco stanno, io temo, portando il mondo verso una guerra fra Crociati e la Mezzaluna", ha detto il leader turco in un discorso tenuto a Istanbul. Erdogan ha dichiarato che il provvedimento del cancelliere Sebastian Kurz ha un carattere "anti-islamico" e ha promesso una risposta. Fra le misure adottate da Vienna, la chiusura di sette moschee in territorio austriaco e l'espulsione di decine di imam "finanziati dalla Turchia". "Loro dicono di voler buttare fuori dall'Austria i nostri religiosi. Credete forse che noi non reagiremo se faranno una cosa del genere?", ha detto nel suo discorso Erdogan, che già ieri aveva criticato il governo di Vienna, giudicando il suo provvedimento il "risultato di un'ondata populista, islamofoba, razzista e discriminatoria".


Austria e migranti/rifugianti, clandestini e islamici
viewtopic.php?f=194&t=1937


Il maomettismo o nazismo maomettano e i maomettani o l''Islam e gli islamici sono una minaccia, una offesa, un'ingiuria, un pericolo per l'umanità intera
viewtopic.php?f=188&t=2667
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 5512703312
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » ven giu 15, 2018 7:46 pm

Speriamo che il diavolo se lo prenda presto!


Erdogan malato di tumore? La notizia diffusa da Israele
Luca Romano - Gio, 14/06/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/erd ... 40887.html

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, potrebbe essere gravemente malato. Le ultime immagini lo mostrano molto affaticato. E con l'arrivo delle elezioni, molti temono un crollo dell'immagine

Da Israele arriva una notizia che potrebbe cambiare (e molto) il futuro del Medio Oriente: Recep Tayyip Erdogan sarebbe malato di tumore.

Una notizia che circola da diversi anni, ma che adesso ritorna. E a pochi giorni dalle elezioni che dovevano essere l'incoronazione del Sultano, la questione è particolarmente importante.

In effetti, nelle ultime settimane, Erdogan era apparso molto meno in salute dei mesi precedenti. Il suo volto appare affaticato e la sua verve e il suo carisma sembrano lentamente scemare. Non è il leader che ha infiammato per anni le piazze turche. È un leader affaticato. E per molti non è semplicemente l'età né lo stress.

In Turchia sono in molto a sospettare di una suo male. Già nel 2011, come scrive Libero (qui l'articolo riprodotto da Dagospia), "Erdogan si sottopose ad una complicata quanto mai chiarita operazione chirurgica, alla quale ne è poi seguita un' altra nel febbraio dell' anno successivo. Si parlò, senza mai alcuna conferma, di cancro al colon; si disse che gli furono asportati 20 centimetri di intestino crasso e che il tumore originario si era già metastatizzato al fegato".

L' opposizione confermava la notizia. Un quotidiano allegò anche rapporti dettagliati della malattia e dell'operazione chirurgica. Addirittura c'è chi parlava di ambulatori perfettamente funzionanti nelle sue residenze per essere curato con la chemioterapia per non apparire mai in pubblico come malato.

L'anno scorso un caso che aveva fatto sorgere dei sospetti. Voci poi smentite ufficialmente parlavano dello svenimento di Erdogan durante le preghiere del Eid al-Fitr, cioè di fine Ramadan, in moschea. Ufficialmente si parlò di stanchezza dovuta al digiuno del mese sacro. Ma, sempre da Israele, qualcuno iniziò a vociferare che il cancro stesse avanzando.

Un documento di Wikileaks del 2012 parlava di una metastasi al fegato e di un cancro al cervello. Ma nel frattempo il presidente non si è mai operato e i dubbi sulla sua reale malattia sono molti. Cinque anni senza operarsi sembrano molto difficili.

Per adesso non arrivano altre conferme. Ma è chiaro che la malattia di Erdogan, se confermata, avrebbe un impatto molto sensibile sulla politica turca. E già le prossime elezioni sembrano essere particolarmente difficili. Il presidente turco sembra poter solo sfiorare il 45% dei consensi, potendo quindi sperare solo nel ballottaggio. Una possibilità che ad Ankara vorrebbero evitare. Il leader appare molto stanco e le opposizioni stanno prendendo forza.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » ven lug 27, 2018 1:42 pm

Trump vuole imporre sanzioni alla Turchia. Duro scontro con Erdogan
17 luglio 2018

https://www.rightsreporter.org/trump-vu ... on-erdogan


È duro scontro (per ora solo verbale) tra il Presidente americano, Donald Trump, e il dittatore turco Recep Tayyip Erdogan. Motivo del contendere la lunga detenzione e la più che probabile condanna del pastore Andrew Brunson, cittadino americano detenuto in Turchia con l’accusa di favoreggiamento del terrorismo e spionaggio.

Con un Twitt pubblicato ieri sera il Presidente Trump ha minacciato la Turchia di sottoporla a “grandi sanzioni” se non libererà immediatamente il pastore Andrew Brunson, descritto da Trump come un «grande cristiano, uomo di famiglia e meraviglioso essere umano»

Andrew Brunson, un pastore evangelico cristiano cinquantenne originario della Carolina del Nord, è stato rilasciato mercoledì dopo un lungo periodo di detenzione e tradotto agli arresti domiciliari a causa dei suoi gravi problemi di salute. Il pastore Brunson era stato arrestato nell’ottobre del 2017 con l’accusa di proselitismo (cristianizzazione) nei confronti dei curdi, spionaggio e di collaborazione con quello che la Turchia definisce “terrorismo curdo”. Se condannato rischia una pena di 15 anni di carcere.

Immediatamente dopo la pubblicazione del Twitt di Trump è arrivata la risposta del Ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, il quale anche attraverso Twitter faceva sapere che «nessuno può imporre niente alla Turchia» e che Ankara «non tollererà minacce di nessun tipo» concludendo affermando che «lo stato di Diritto è valido per tutti in Turchia».

Proprio la precarietà dello stato di Diritto in Turchia emersa con l’arresto del pastore Andrew Brunson aveva spinto alcuni senatori americani a bloccare la vendita di aerei F-35 alla Turchia.

Erdogan a suo tempo aveva messo sul piatto della bilancia la liberazione del pastore Andrew Brunson in cambio della estradizione di Fethullah Gulen, attualmente riparato negli USA, accusato dal dittatore turco di essere l’organizzatore del “golpe” che nel 2016 cercò di rovesciare Erdogan. Al diniego del Dipartimento di Stato americano, Erdogan avrebbe quindi “indurito” le condizioni di detenzione del pastore americano scatenando le ire del Presidente Trump fino alla minaccia di “dure sanzioni” arrivata ieri sera.

Negli Stati Uniti crescono i fautori di una estromissione della Turchia dalla NATO, ipotesi auspicata anche da illustri membri dell’Alleanza Atlantica. In molti sono preoccupati della svolta islamico-estremista imposta da Erdogan alla Turchia e della politica espansionista portata avanti da Ankara in diversi scacchieri internazionale.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » ven ago 10, 2018 8:08 pm

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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » ven ago 10, 2018 8:09 pm

La lira affonda, la Turchia accusa gli Usa. E Trump raddoppia i dazi su acciaio e alluminio
roberto giovannini

http://www.lastampa.it/2018/08/10/econo ... agina.html

La Borsa di Istanbul ha recuperato sul finale di seduta e ha chiuso in perdita del 2,3%, dopo essere scesa anche dell’8,8%. La lira turca è scesa del 16% a 6,6 contro il dollaro.

Erdogan: “Loro hanno i dollari, noi il nostro Allah”

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan invita i suoi cittadini a non farsi prendere dal panico per il crollo della lira sui mercati valutari e denuncia «campagne» contro il suo Paese. «Ci sono diverse campagne in corso, non prestate loro alcuna attenzione», ha detto Erdogan secondo quanto riporta l’agenzia di stampa statale Anadolu, citata da Bloomberg. «Non dimenticate questo: se loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente, il nostro diritto, il nostro Allah».
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