No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » dom ago 12, 2018 2:22 am

LA CRISI DELLA TURCHIA SPIEGATA FACILE
Fabio Dragoni ed Antonio Maria Rinaldi
11 agosto 2018

https://scenarieconomici.it/la-crisi-de ... ia-rinaldi

Premessa doverosa: lo Stato non è come un’azienda o come una famiglia e quindi come tali non può essere gestito. Ma nel momento in cui si finanzia in valuta estera (e quindi al di fuori del suo controllo) deve necessariamente sottostare ad equilibri di bilancio in tutto e per tutto simili a quelli delle imprese e dei consumatori che non hanno il privilegio del monopolio nell’emissione della valuta e che quindi devono necessariamente procurarsi quest’ultima (guadagnandola e prendendola a prestito) prima di utilizzarla.

Terminata l’introduzione abbiamo tutti gli strumenti per comprendere in cosa veramente consista la crisi della Turchia che turba risparmiatori ed investitori di tutto il mondo. Liquidiamo come semplici stupidaggini tutti gli accostamenti che politici ed osservatori nostrani hanno voluto avanzare in queste ore accostando la crisi di Ankara a ciò che potrebbe accadere in Italia qualora ci riappropriassimo della nostra sovranità monetaria. Al di là del condividere con la Turchia il nome della nostra precedente moneta tutte le similitudini finiscono qui.

Quella della Turchia è la tipica crisi di un paese emergente che si è finanziato in valuta estera. Principalmente euro o dollari. Il perché un paese in via di sviluppo sia costretto a finanziarsi in moneta estera è abbastanza facile da capire. Anche volendo intraprendere un poderoso programma di investimenti pubblici per dotare la propria economia di tutte le necessarie infrastrutture (strade, porti, aeroporti, ferrovie, scuole, ospedali ecc), il paese emergente dovrà necessariamente rivolgersi ad imprese soprattutto straniere. Se infatti avesse un tessuto produttivo e manifatturiero capace di soddisfare queste esigenze il paese in questione non sarebbe più emergente per definizione e potrebbe quindi pagare le imprese appaltatrici con la valuta nazionale. Ma così non essendo servono necessariamente monete straniere con cui remunerare le imprese chiamate a lavorare. Prestiti in valuta che devono necessariamente essere remunerati con altrettanta valuta straniera che il debitore potrà –anzi dovrà- recuperare esportando più di quanto importa ovvero indebitandosi ulteriormente in valuta ma con ciò non risolvendo il problema alla radice. La Turchia (governo e settore privato) ha un debito estero di quasi 470 miliardi stando alle ultime rilevazioni del governo di Erdogan a fronte di un PIL di circa 850 miliardi. Una cifra che sembrerebbe apparentemente non preoccupante se si considera che l’Italia ha un debito estero di quasi 1.900 miliardi a fronte di un PIL grosso modo uguale. Ma giudicare la sostenibilità del debito estero sulla base del reddito è fuorviante. Un Paese, ancorché non sia un’azienda, deve infatti rimborsare il proprio debito estero sulla base degli introiti di valuta estera. Occorre quindi guardare al saldo delle partite correnti (su cui gioca un ruolo determinante la bilancia commerciale) così come in un’impresa occorre guardare al margine operativo lordo (ciò che residua prima di ammortamenti, svalutazioni, interessi e tasse) per valutare la sostenibilità dell’indebitamento finanziario. Ebbene dal 2008 al 2017 mentre l’Italia ha cumulato un deficit complessivo di 60 miliardi di dollari (che diventano però +122 miliardi se si considera il periodo 2011-2017) la Turchia ha raggiunto invece la cifra di quasi 440 miliardi. Più o meno l’entità del suo attuale debito estero. Ecco spiegato il debito estero della Turchia che a differenza di un Paese come l’Italia non può invece contare su un surplus della bilancia dei pagamenti significativo come avvenuto a partire dal 2011.

E qualora l’Italia sperimentasse una significativa svalutazione della propria valuta (come avvenuto negli ultimi giorni per la Turchia che doveva disperatamente vendere lire contro dollari per onorare il debito in scadenza) non potrebbe che gioirne dal momento che già oggi, con una moneta artificialmente forte come l’euro, vanta un surplus commerciale di oltre 50 miliardi. E che la svalutazione non sia affatto una iattura per il commercio estero lo conferma il fatto che Trump con un tweet ha annunciato un aumento dei dazi sulle merci turche che grazie alla svalutazione sarebbero “troppo competitive”.

Bene ora che “il morto è nella bara” occorre chiedersi a quale possibile destino andrà incontro la Turchia visto che ad oggi non è chiaramente in grado di onorare il suo debito estero. Noi intravediamo tre possibili scenari che possono anche parzialmente sovrapporsi:

Scenario 1. La solita cura stile FMI fatta di austerità e tagli per abbattere i consumi e frenare l’import e quindi correggere la bilancia commerciale per recuperare la valuta estera necessaria a rimborsare il debito. Ne più né meno le manovre di “distruzione della domanda interna tramite il consolidamento fiscale” a suon di tagli e tasse candidamente rivelate dall’allora premier Mario Monti alla CNN. Pagheranno i cittadini turchi ed in un Paese particolarmente delicato per gli equilibri geopolitici del continente gli effetti potrebbero essere tragici ed imprevedibili.

Scenario 2. Default selettivo. La Turchia smette di pagare i creditori. A rimetterci sarebbero soprattutto le banche spagnole, francesi, tedesche ed italiane che si sono non poco esposte con Ankara. Anche qui gli effetti possono essere devastanti ma più facilmente prevedibili.

Scenario 3. La Turchia riesce a cavalcare la svalutazione per imprimere una svolta al proprio export a patto di avere un tessuto produttivo reattivo e comunque negoziando nel brevissimo termine una moratoria sul proprio debito estero necessaria a dare il dovuto respiro alla propria economia. Ed ovviamente Trump permettendo con conseguente ulteriore riavvicinamento della Turchia alla Russia di Putin. In tutto questo emerge la più totale assenza ed inconsistenza dell’Europa che su questa partita sarà semplice spettatore pagante. Come del resto è inconsistente tutta la sua dottrina basata sulla demonizzazione del debito pubblico che nessuna indicazione può dare in merito allo scoppio di future crisi finanziarie dal momento che quello turco è addirittura inferiore al 30%.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » dom ago 12, 2018 5:54 am

Il pericoloso ricatto di Erdogan
11 agosto 2018

https://www.geopoliticalcenter.com/attu ... di-erdogan

Non sono minacce quelle esternate dal presidente turco Erdogan contro Stati Uniti e NATO, ma vere e proprie minacce di un Sultano desideroso di perdere ad ogni costo la guida del mondo mussulmano non sciita, se per fare ciò dovrà condividere con la Russia, con la Cina e con l’Iran i segreti della NATO poco importa, se dovrà arrestare personale NATO ad Incirlick pazienza.
Ma cosa ha minacciato Erdogan? Il Sultano ha apertamente detto ciò che già fa da mesi se non da anni. La Turchia di Erdogan non si sente vincolata al Patto Atlantico, rinnega la laicità dello stato, ripudia l’amicizia con Israele, dimentica che dopo la Seconda guerra mondiale solo la Nato ed Israele le hanno impedito di finire all’interno della tenaglia sovietica.
Da anni Erdogan cerca in ogni modo di emergere come leader del mondo mussulmano che desidera il controllo dei luoghi santi oggi in territorio israeliano. Cosciente che non avrebbe mai il supporto americano, egli tenta di procurarsi sistemi d’arma non prodotti da paesi dell’Alleanza Atlantica, mantenendo tuttavia la Turchia nella NATO in questo periodo di interregno. La Turchia di Erdogan ha già tra le mani il contratto per la fornitura del sistema di difesa aerea Russo S-400 (SA-21 Growler), punta ad ottenere caccia russi di 4ª generazione e forse anche sistemi terrestri. Ma cosa può dare in cambio Erdogan a Putin? Certo la rottura del comando Sud della NATO è già un’ampia contropartita politica e strategica, ma il presidente russo non si accontenterà di questo, se Erdogan volesse discutere un sostanziale sconto per l’acquisto di questi sistemi d’arma, fatto molto probabile alla luce delle difficoltà economiche di Ankara.
Ecco che Erdogan potrebbe scambiare una forte riduzione del prezzo di acquisto di queste armi con la trasmissione a Mosca dei segreti militari più intimi della NATO, come ad esempio le librerie dei radar avanzati utilizzati dai turchi insieme agli americani, esemplari di missili antiradar ed antiaereo, preziosi sia per Mosca per studiare nuovi sistemi antiaerei, sia per la Cina affamata di hardware per mettere in atto processi di “ingegneria inversa”.
I vertici militari turchi possiedono inoltre notizie e dati riservatissimi sui nuovi progetti missilistici, aeronautici e di velivoli a pilotaggio remoto della NATO, che potrebbero essere offerti senza tante remore a Mosca e a Pechino.
Gerusalemme invece, sotto questo punto di vista, si è dimostrata molto più accorta. Israele ha cessato di scambiare dati segreti e sensibili con Erdogan dal 2008 rendendo oggi carta straccia le informazioni che la Turchia possiede su Israele, sulla sua dottrina militare e sui suoi sistemi d’arma.
La NATO dovrebbe interrompere immediatamente ogni collaborazione con i turchi, ritirare dalla Turchia mezzi e uomini che oggi collaborano a difendere Ankara per due semplici motivi. Il primo è che Erdogan non autorizzerebbe mai l’impiego delle basi su suolo turco per ingaggiare forze riconducibili a Mosca o a Teheran. Il secondo è che ogni singola informazione sensibile passata alla Turchia aumenta il suo potere ricattatorio.
La Turchia non è un alleato dell’Occidente, la Turchia di Erdogan ormai è alleata solo con Allah e con una visione millenaristica ed estremistica del ruolo turco in Medio Oriente ed in Europa.
Se Erdogan terrà saldo il potere ad Ankara nessuno potrà impedire a questa Turchia di muoversi spedita verso un confronto militare con quelli che erano un tempo i suoi alleati nella Guerra Fredda.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » mer ago 15, 2018 7:11 am

Se in Turchia ci fosse stata libertà di stampa Erdogan non avrebbe mai vinto
12 agosto 2018

https://www.rightsreporter.org/se-in-tu ... -mai-vinto

La crisi economica che sta investendo la Turchia non è una questione che riguarda l’ultimissimo momento, sono anni che la linea economica imposta da Erdogan sta affossando l’economia turca. La lite con Trump ha fatto solo esplodere un problema latente e più volte denunciato da più parti. Solo che i turchi non lo sapevano, non ne sono stati informati perché in Turchia non esiste più una stampa di opposizione.

E questo ci riporta all’importanza della libertà di stampa in Paesi che si professano democratici e che si apprestano a recarsi al voto. Se in Turchia ci fosse stata piena libertà di stampa il popolo turco sarebbe stato informato delle suicide politiche economiche di Erdogan che Luigi Marattin e Raoul Minetti su Il Sole 24 ore (1) sintetizzano così:

Dal 2012 al 2018 il debito estero turco è cresciuto dal 39% a più del 53% del Pil, mentre il credito bancario esteso a imprese e famiglie saliva di 20 punti percentuali rispetto al Pil. Questo ha portato l’inflazione sopra al 10% annuo, e avrebbe richiesto un parallelo incremento dei tassi di interesse decisi dalla banca centrale, che invece – in nome della «prevalenza della politica sull’economia» – sono rimasti negli ultimi quattro anni al 8% (fino alle ultime settimane, a crisi già iniziata).

Ora, a noi non interessa valutare le politiche economiche della Turchia, non spetta noi farlo e certamente non ne abbiamo le competenze. Quello che invece ci interessa fare è sottolineare l’importanza di avere una stampa libera in un paese che si appresta a recarsi al voto.

Senza libertà di stampa il popolo viene a conoscere quello che il regime vuole fargli conoscere. Non si tratta di inventare campagne di fake news sui social atte a distorcere la realtà come magari è successo in qualche Paese occidentale, un fatto certamente grave ma non così grave quanto lo può essere l’azzeramento della stampa libera e di opposizione come è avvenuto in Turchia. Se i turchi avessero saputo dove li stava portando la politica di Erdogan sicuramente non lo avrebbero votato o quanto meno lo avrebbero votato in molti di meno e comunque coscienti di quello che li aspettava.

Invece a causa del totale “silenziamento” della stampa d’opposizione i turchi hanno creduto che tutto andava bene, che la Turchia di Erdogan potesse addirittura diventare il faro guida di una nuova e più vasta “rivoluzione islamica” sulla base della politica voluta dalla Fratellanza Musulmana.

Senza libertà di stampa si crede di vivere in una democrazia, tutto assomiglia a una democrazia, si va a votare, si va ad assistere ai comizi si fa tutto quello che viene fatto in una democrazia vera senza che nessuno imponga niente, tranne il silenzio. E quando viene imposto il silenzio, quando il dissenso non trova voce, quando la critica al regime viene silenziata senza tanti complimenti, allora di tutto si può parlare meno che di democrazia.

Lasciamo quindi agli economisti il compito di valutare il perché e come la Turchia di Erdogan si sia venuta a trovare in una simile situazione, che per altro rischia seriamente di incidere anche in Europa, lasciamo a loro il compito di analizzare i parallelismi con le economie occidentali e i motivi per i quali i “sovranisti” dovrebbero trarne esempio o comunque farsi delle domande su quanto avviene in Turchia a causa di determinate politiche economiche. Ma lasciateci dire che se in Turchia il popolo fosse stato informato debitamente della situazione le ultime elezioni potevano andare davvero diversamente.

E’ un monito anche per l’occidente dove apparentemente non abbiamo questo problema ma dove però è più facile che faccia notizia un meme piuttosto che una analisi articolata e dettagliata di una situazione o dove un titolo di giornale può letteralmente capovolgere la realtà. Forse da noi il problema è inverso e si da troppa voce a chi non avrebbe i titoli giusti per parlare o, peggio, è in malafede. E’ uno dei rischi della libertà di stampa e di parola, una controindicazione che produce effetti collaterali non sempre positivi. Ma la libertà di stampa è sempre e comunque l’unica medicina che può curare le politiche malate come quella della Turchia. Ricordiamocelo sempre anche da noi.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » lun ago 20, 2018 1:37 pm

Le spose bambine in Turchia
Burak Bekdil
19 agosto 2018

https://it.gatestoneinstitute.org/12887 ... ne-turchia

Dove vorresti che fosse tua figlia di 13 anni? A scuola o a letto con uomo maturo? La risposta a questa domanda è ovvia in gran parte del mondo. Ma nelle società islamiche – compresa la Turchia non araba e teoricamente secolare – la risposta a una domanda del genere è inverosimile. In genere, in questi paesi il potere di polizia del governo non contrasta la tradizione patriarcale, piuttosto la sostiene.

L'ex presidente turco, Abdullah Gül, storico uomo forte islamista, ex alleato di Recep Tayyip Erdoğan e co-fondatore del partito che governa la Turchia dal 2002, aveva 30 anni quando sposò sua moglie Hayrünnisa, all'epoca 15enne. Gül, nominato alla presidenza da Erdoğan, è stato il primo presidente islamista della Turchia.

Il presidente turco dal 2007 al 2014, Abdullah Gül (a sinistra, nella foto), aveva 30 anni quando sposò sua moglie Hayrünnisa, all'epoca 15enne. (Foto dell'ufficio stampa della NATO tramite Getty Images)

I turchi conservatori, invece di mettere in discussione il matrimonio di Gül con una minore, hanno plaudito alla sua ascesa alla presidenza. Il sottoscritto è stato avvertito più volte in privato – ma non gentilmente – dagli esponenti politici di rango elevato di non sollevare la questione negli articoli pubblicati su un altro quotidiano.

Secondo l'organizzazione Turkish Philanthropy Funds (TPF), in Turchia, il 40 per cento delle ragazze di età inferiore ai 18 anni è costretto a sposarsi. La TPF ha rilevato che la media nazionale turca della dispersione scolastica femminile nella scuola superiore è del 56 per cento. Ha inoltre osservato che i matrimoni precoci sono presi in considerazione dalle famiglie con un basso livello di istruzione. "Una scarsa scolarizzazione" è registrata in quasi tutta la Turchia: il livello medio di scolarità è di soli 6,5 anni. In 45 province turche, il tasso di scolarizzazione è inferiore alla media nazionale.

Il governo islamista del paese che un tempo era secolare ha aggravato il problema delle spose bambine, anziché contrastarlo. Nel novembre 2017, il presidente Erdoğan firmò la "legge muftì", la quale consente agli esponenti religiosi autorizzati dal governo (o semplicemente agli imam) di celebrare matrimoni, "nonostante le preoccupazioni della società civile che questo potrebbe avere un impatto sui matrimoni precoci".

Nel gennaio 2018, la Direzione per gli Affari religiosi dello Stato turco (nota come Diyanet) – un ente governativo sotto la giurisdizione di Erdoğan – ha proposto che, in base alla legge islamica, le bambine di appena 9 anni e i ragazzi di 12 anni possono convolare a nozze. La Diyanet è responsabile della gestione delle istituzioni religiose in Turchia. Il suo sito web ha ribadito che, conformemente alla legge islamica, chiunque abbia raggiunto l'età della "adolescenza" ha diritto a sposarsi. Questa "fatwa" ha indotto il principale partito di opposizione del paese, un gruppo secolare, a chiedere di avviare una inchiesta sui matrimoni di minori.

L'arrivo di circa tre milioni di rifugiati siriani, in Turchia, da quando è scoppiata la guerra civile nella vicina Siria, ha peggiorato la situazione. Ad esempio, un'assistente sociale del Kanuni Sultan Süleyman Training and Research Hospital, nel distretto di Küçükçekmece a Istanbul, ha rivelato che l'ospedale ha cercato di insabbiare le gravidanze e non ha informato le autorità, come la legge prevede per tutte le ragazze incinte di età inferiore ai 18 anni. Questi esempi sono solo la "punta dell'iceberg", secondo Canan Güllü, presidente della Federazione delle associazioni femminili turche.

Un recente caso di abusi su minori nei confronti dei rifugiati siriani minorenni è imbarazzante non solo per la cultura politica turca che ha alimentato questa piaga, ma anche per la magistratura turca. Ecco quanto è accaduto a Fatma C., una piccola profuga siriana arrivata ad Ankara, la capitale della Turchia, con la sua famiglia, quattro anni fa. Nel 2017, appena tredicenne, è stata costretta a sposare un suo parente, Abdulkerim J., contraendo un matrimonio civile, ma non religioso (reso legale sotto l'Islam da un imam). Fatma C. è poi rimasta incinta ed è stata condotta in un ambulatorio medico locale, dove le autorità sanitarie hanno provveduto a informare le forze dell'ordine, avendo la ragazzina meno di 18 anni.

La magistratura ha deciso che il marito della giovane e la madre, Emani B., sarebbero finiti sotto processo per aver costretto la minorenne a sposarsi. Ma una volta davanti alla corte di Ankara, alla prima udienza sono stati assolti da ogni accusa. Gli imputati hanno affermato di non conoscere la legge turca sul matrimonio e che la ragazzina si era sposata "conformemente alla legge siriana". Un giudice turco straordinariamente tollerante ha stabilito che "il matrimonio non era stato contratto con l'intento di commettere un reato".

"È una regola universale che non conoscere la legge non è una scusa quando si delinque", ha asserito Ceren Kalay Eken, un avvocato dell'Ordine degli Avvocati di Ankara. "Il luogo adatto per una ragazzina di 13 anni è stare seduta fra i banchi di scuola e non accanto a una culla".

È sorprendente quanto possano essere compiacenti e tolleranti le autorità giudiziarie quando i trasgressori agiscono per motivi legati alle rigide tradizioni e agli austeri valori islamici. Più o meno nello stesso periodo in cui sono stati assolti i due aguzzini della sposa bambina, un altro tribunale di Ankara ha arrestato quattro studenti universitari per aver esibito alla loro cerimonia di laurea un cartello che la corte ha definito offensivo nei confronti del presidente Erdoğan. In Turchia si può abusare di una 13enne e farla franca, ma non si può prendere in giro il presidente.

Burak Bekdil, uno dei maggiori giornalisti turchi, è stato di recente licenziato da un importante quotidiano del paese dopo 29 anni di lavoro, per aver scritto sul sito web del Gatestone ciò che sta accadendo in Turchia. È membro del Middle East Forum.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » dom set 30, 2018 8:06 pm

Proteste tedesche per Erdogan Lui apre la moschea e fa affari
Daniel Mosseri - Dom, 30/09/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 82338.html

Lite con il presidente Steinmeier, Merkel ricuce e strappa contratti pesanti ad Ankara. Polemica sul centro islamico

U n giornalista turco fermato dai commessi della cancelleria durante la conferenza stampa con Angela Merkel, una cena di insulti con il presidente Frank-Walter Steinmeier e l'inaugurazione della più grande moschea di Europa.

È in chiaroscuro il bilancio della visita di stato del presidente turco Recep Tayyip Erdogan in Germania. Il sultano è stato accolto con tappeti rossi e onori militari ma anche le proteste di strada della sinistra e di quella parte dei turchi tedeschi ostili al sultano ma la forma non ha prevalso sulla sostanza. Dopo mesi di gelo, Berlino e Ankara hanno ripreso a parlarsi ma «tra noi restano grandi differenze in materia di standard democratici» ha sottolineato la cancelliera davanti ai giornalisti. La conferenza stampa di venerdì è stata interrotta dalla protesta simbolica di un reporter turco, Ertugrul Yigit, con indosso una t-shirt con scritto «Libertà per i giornalisti in Turchia». L'uomo è stato subito allontanato dalla sicurezza; poco dopo il portavoce di Merkel, Steffen Seibert, ha chiuso il caso spiegando che «durante le conferenze stampa non si tengono manifestazioni politiche, e la regola vale a prescindere dalla fondatezza delle ragioni dei dimostranti». Durante lo stesso incontro, un Erdogan insolitamente moderato ha anche lodato l'integrazione dei suoi connazionali. Un anno fa, quando accusava i tedeschi di essere dei nazisti, soffiava invece sul fuoco dell'identitarismo. Il sultano avrebbe tuttavia anche minacciato di cancellare la conferenza stampa se alla stessa si fosse presentato il reporter turco Can Dundar, condannato nel suo Paese per presunti legami con il terrorismo.

Insomma, in virtù di relazioni fittissime basate sulle 7mila aziende tedesche attive in Turchia e i tre milioni di elettori turchi di Germania, la cancelliera e il sultano ce l'hanno messa tutta per rilanciare il dialogo. Erdogan però continua a governare con il pugno di ferro, tenendo in prigione centinaia di oppositori, a inclusione di parlamentari, magistrati, sindacalisti, giornalisti, e cinque cittadini tedeschi. Steinmeier glielo ha ricordato a cena: «Sono preoccupato per tutti coloro che rimangono in carcere in Turchia». «Lei è male informato», gli ha replicato il Reis, invitandolo piuttosto a occuparsi delle «migliaia di terroristi del Pkk che circolano liberamente in Germania». Insomma, una cena-disastro alla quale ha cercato di mettere una toppa sabato la cancelliera durante una colazione di lavoro con l'ospite turco tutta dedicata all'economia. Nonostante gli alti e bassi diplomatici, Ankara potrebbe assegnare una commessa miliardaria a Siemens e Deutsche Bahn perché modernizzino la rete ferroviaria turca.

Ieri pomeriggio Erdogan ha incontrato il premier regionale del Nord Reno-Westfalia, Armin Laschet: nel suo Land vive la più grande comunità di turchi all'estero, in gran parte sostenitori del sultano. Erdogan e Laschet dovevano vedersi al castello di Wahn, ma all'ultimo minuti la proprietà dell'immobile ha rifiutato di aprire i portoni al discusso Reis: il faccia a faccia fra i due politici è dunque avvenuto all'aeroporto. Erdogan ha poi inaugurato la grande moschea d'Europa di Colonia. Il luogo di culto appartiene alla Ditib, braccio religioso di Ankara all'estero: negli scorsi mesi la Ditib, che forniva decine di imam a tutta la Germania, è stata accusata di spionaggio a favore del governo di Ankara. Di recente Berlino ha tagliato dell'80% i fondi per l'integrazione religiosa che versava all'organizzazione. In moschea, il Reis ha parlato ancora di integrazione ma anche del bisogno di guardarsi dall'islamofobia. Erdogan ha parlato a porte chiuse dopo che la piazza della moschea gli è stata negata «per motivi di sicurezza». Né Laschet né la sindaca di Colonia hanno partecipato alla cerimonia di inaugurazione.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » sab nov 03, 2018 6:58 am

Siria, Erdogan avanza contro i curdi. Nuova offensiva nel silenzio generale
Lorenzo Vita

http://www.occhidellaguerra.it/siria-er ... siva-curdi

“Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” è la frase con cui si narra la disperazione degli ambasciatori di Sagunto di fronte al tempo perso dal Senato romano nel discutere del possibile intervento militare in difesa della città iberica. La frase è poi diventata proverbiale, a indicare tutte le volte in cui servirebbe un’azione rapida e decisiva e invece si perde tempo in discussioni lunghe e senza via d’uscita. E nel frattempo la guerra miete vittime.

La situazione dei curdi, in Siria, non è troppo distante da quella che subirono i tristemente noti abitanti di Sagunto. Alleati (almeno formalmente) della coalizione occidentale, i curdi sono stati con il tempo scaricati da Stati Uniti e Paesi europei per diventare il bottino di guerra di Recep Tayyip Erdogan e delle sue milizie islamiste.

E mentre a Istanbul, il presidente turco ha riunito i leader di Francia, Germania e Russia per discutere degli sviluppi della guerra in Siria. Con l’offensiva su Idlib messa in stand-by e con l’Occidente che appare totalmente distratto rispetto alla tragedia siriana, le forze turche hanno avviato l’ennesima operazioni militare nei confronti delle forze curde dello Ypg/Pyd.

Il sultano lo aveva promesso proprio dopo il summit: “In Siria è necessario intervenire per consolidare la nostra sicurezza. Dopo il golpe qualcuno pensava che saremmo rimasti passivi, ma le operazioni ‘Scudo dell’Eufrate’ e ‘Ramoscello d’Ulivo’ sono stati dei colpi durissimi inferti all’Isis e al Pyd. Abbiamo mostrato alla comunità internazionale e ai Paesi arabi con quale intento siamo andati in Siria. A Idlib abbiamo evitato una crisi umanitaria enorme, abbiamo dimostrato di agire per i siriani”.

“Quello che abbiamo realizzato in Siria lo abbiamo fatto grazie soprattutto alla Russia, ma come ho detto alla fine del vertice, rimane insufficiente l’azione della comunità internazionale, la cui posizione ci auspichiamo sia più netta. Per quanto ci riguarda non lasceremo che l’Isis faccia il suo gioco in Siria” ha detto Erdogan.

Parole decisamente curiose per un leader che ha agevolato la nascita e lo sviluppo del Califfato per infliggere colpi durissimi sia ai curdi sia alla Siria di Bashar al-Assad. L’autostrada del jihad per muovere miliziani verso l’Iraq e la Siria, così come le carovane di petrolio di contrabbando che arrivavano nei porti turchi sono storia. Eppure Erdogan continua a dire di aver combattuto Daesh.

Ma adesso, con l’Isis ridotto al territorio sudorientale della Siria, è del tutto evidente l’obiettivo della Turchia: estendere la sua influenza a sud, colpendo i curdi e facendo in modo che il confine turco-siriano si trasformi in una sorta di protettorato di Ankara. E la sostituzione etnica messa in atto dalle milizie jihadiste ne è la dimostrazione più crude ed eclatante.

E dalle promesse, Erdogan è passato ai fatti. L’esercito turco, proprio in questi giorni, è tornato a colpire oltre il confine siriano le postazioni dello Ypg. Mentre Erdogan ospitava il summit, le forze armate turche hanno colpito avamposti curdi a Zor Maghar, a nord di Aleppo. Mentre subito dopo, altri missili dell’artiglieria pesante turca, di stanza nella provincia di Urfa hanno colpito l’area di Kobane. Le prime informazioni parlano di quattro curdi uccisi e di altri sei feriti.

Secondo quanto riferito dal ministro della Difesa di Ankara, Hulusi Akar, “l’esercito turco ha risposto al fuoco di disturbo contro un proprio check-point colpendo oltre il confine siriano le postazioni dei curdi del Pyd-Ypg e 10 terroristi sono stati uccisi”. Secondo il ministero turco, sarebbero stati i curdi i primi ad aprire il fuoco, “danneggiando un nostro veicolo, ma senza causare feriti”. Un gesto che, a detta di Ankara, “giustifica il ricorso alla legittima difesa così come prevista dagli accordi Onu”.

Gli Stati Uniti hanno espresso grande preoccupazione per quanto sta avvenendo nel nord della Siria. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Robert Palladino, ha dichiarato che “attacchi militari unilaterali nel nord-ovest della Siria da parte di chiunque, soprattutto con personale americano che potrebbe essere presente o nelle vicinanze, suscitano grande preoccupazione”. Washington ha suggerito ad Ankara di migliorare il coordinamento e di incrementare le consultazioni fra i due comandi per evitare incidenti.

Ma l’idea che è da parte di Erdogan ci sia poco interesse, così come da parte della stessa Casa Bianca. I curdi hanno ormai chiaro di essere fra le prime vittime di questa guerra. Hanno scelto male il loro alleato. E adesso ne pagano le conseguenze. Così, mentre aspettano una presa di posizione definitiva di Francia e Stati Uniti, presenti nei territori curdi per controllare il nord-est siriano, la Turchia continua a fare il suo gioco. Ed è per questo che negli ultimi mesi hanno scelto di riallacciare i rapporti con Damasco e con Mosca: sanno che se vogliono ottenere qualcosa, non possono più fidarsi di chi li ha abbandonati.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » sab mar 02, 2019 4:05 am

L'Ue fa un regalo a Erdoğan: milioni di euro per le ferrovie turche
Gerry Freda - Ven, 01/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lue ... 54597.html

Il sostegno economico promesso dalla Commissione Ue all'esecutivo Erdoğan ha subito suscitato malumori da parte di numerosi media occidentali e da parte dei movimenti "sovranisti"

Le autorità Ue hanno in questi giorni annunciato un "imponente piano di aiuti", del valore di "centinaia di milioni di euro", diretto ad "ammodernare la rete infrastrutturale della Turchia".

Il vicepresidente della Commissione europea, Jyrki Katainen, ha di recente partecipato, ad Ankara, a una conferenza stampa insieme a Nihat Zeybekci, ministro degli Affari economici del governo Erdoğan. Durante il suo intervento, il vice di Juncker ha assicurato al Paese anatolico un "significativo contributo Ue" al fine di munire l'ex "Sublime Porta" di un "sistema dei trasporti efficiente e all'avanguardia".

Katainen ha quindi dichiarato che Bruxelles accorderà alla Turchia uno stanziamento di "275 milioni di euro", destinati principalmente alla realizzazione, nel Paese asiatico, di linee ferroviarie "ad alta velocità". Grazie al finanziamento Ue, la nazione islamica, a detta del vicepresidente della Commissione, sarà dotata di collegamenti su ferro capaci di "connetterla con il cuore dell'Europa". Tra i progetti rientranti nel "piano di aiuti" europeo per Ankara, vi è infatti lo sviluppo di una tratta ferroviaria diretta "da Istanbul a Bruxelles", la quale sarà percorsa da treni costruiti con le "tecnologie più avanzate".

Il sostegno economico promesso da Katainen all'esecutivo Erdoğan ha subito suscitato malumori da parte di numerosi media occidentali e da parte dei movimenti "sovranisti". Ad esempio, il quotidiano britannico The Daily Telegraph ha accusato la Commissione Juncker di stornare le risorse Ue dall'obiettivo di "promuovere la crescita" nel "Vecchio continente" per destinarle a vantaggio di un Paese "lontano anni luce dagli standard giuridici e democratici europei".

Critiche alla volontà Ue di sostenere l'ammodernamento delle infrastrutture anatoliche sono state espresse anche da diversi esponenti politici "sovranisti". Marine Le Pen ha infatti duramente biasimato il piano ideato dalla Commissione a beneficio della nazione islamica e ha poi accusato i vertici Ue di "regalare al tiranno Erdoğan i soldi dei cittadini europei" e di volere promuovere la "penetrazione musulmana" nel "Vecchio continente".



Il governo: "Turchia nell'Ue". La rivolta dell'opposizione
Fabrizio de Feo - Ven, 01/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 54307.html

L'allargamento ad Erdogan previsto da un documento del ministro Savona. FdI: «Sottomissione all'islam»

Il governo Conte apre a un allargamento dell'Unione Europea alla Turchia. O almeno è questo ciò che si legge nella relazione programmatica dal titolo «La partecipazione dell'Italia all'Unione europea» che il ministro dimissionario per gli Affari europei Paolo Savona - nominato presidente della Consob - ha depositato in Parlamento.

Il documento prevede l'allargamento dell'Unione europea all'area dei Balcani Occidentali e, soprattutto, alla Turchia. Savona pur ammettendo «tutte le difficoltà» dell'operazione, vede il governo di Ankara come «un interlocutore fondamentale» per Bruxelles su «sicurezza» e «politica regionale» nel Medio Oriente, nel Golfo e persino «in quadranti più distanti, come il Corno d'Africa». Una proposta che, appena è stata pubblicata da la Stampa, ha subito scatenato una strenua opposizione da parte di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni ha infatti chiesto a Matteo Salvini di far ritirare subito la relazione e ha puntato il dito contro i Cinquestelle.

Il leader della Lega, peraltro, si è sempre detto contrarissimo a questa ipotesi, ritenendo che l'ingresso della Turchia nell'Ue rappresenterebbe «un cavallo di Troia per l'Islam». «Aprire le porte dell'Europa alla Turchia è escluso, abbiamo già abbastanza problemi di integrazione per far entrare in casa nostra questo Cavallo di Troia». E di recente, proprio il leader leghista aveva ribadito alla stampa francese che «l'ingresso della Turchia nell'Ue è escluso». Il sottosegretario agli Esteri ed esponente della Lega Guglielmo Picchi prova a depotenziare l'iniziativa di Savona. «Confermiamo che Italia è aperta al dialogo tra Ue e Turchia per migliorare rapporti e rafforzarne le istituzioni, ma è contraria a ingresso della Turchia in Ue. Questo è il senso della relazione del governo».

Nel perimetro dell'opposizione il partito che si schiera sulle posizioni più dure è Fratelli d'Italia. In particolare il capogruppo in Commissione Esteri della Camera, Andrea Delmastro, vuole andare fino in fondo e capire se questa è la posizione ufficiale del governo Conte. «È la solita manina o siamo in presenza di un atto di sottomissione?», si chiede. «Salvini fermi questo atto di islamizzazione dell'Europa». «Altrimenti ci penseremo noi: piuttosto ci incateneremo in Parlamento per difendere la nostra civiltà. Sarebbe folle proporre una cosa del genere dopo il processo di islamizzazione portato avanti da Erdogan che ha proposto a tutti i turchi residenti in Europa di fare cinque figli così l'Europa sarebbe diventata loro. È una questione di diritti umani, politici, giuridici e di un'identità sempre più radicale assunta da Istanbul». Molto dura anche Giorgia Meloni: «Sono scioccata da questo atto di sottomissione: anche chi ha sempre detto che si batteva contro il processo di islamizzazione forzata dell'Europa ora vorrebbe aprire le porte a milioni di musulmani e al dittatore islamista Erdogan. Fratelli d'Italia non ha cambiato idea. La Lega faccia ritirare subito questa relazione e chieda un chiarimento politico: non si resta al governo con chi vuole islamizzare l'Europa».

Per la diplomazia turca, l'adesione all'Ue è una priorità dal 1963: nel marzo 2018 il presidente Recep Tayyip Erdogan ha ribadito l'obiettivo strategico della piena adesione all'Unione. Tuttavia, anche se l'Ue e la Turchia dovessero concludere i negoziati nel medio termine, nel caso in cui la questione cipriota venisse risolta, l'iter sarebbe comunque complicato. Il Consiglio e il Parlamento Europeo dovrebbero entrambi approvare il trattato di adesione, trattato che poi dovrebbe essere ratificato dagli Stati membri, con possibili referendum. Il percorso di adesione all'Ue di un Paese di 80 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali di religione musulmana, appare insomma un'ipotesi allo stato molto poco realistica.



Savona apre all'ingresso della Turchia in Ue
Nella relazione programmatica del ministro dimissionario si considera questa possibilità, sempre osteggiata da Salvini. Meloni: "La Lega chieda chiarimento politico"
28 febbraio 2019

https://www.repubblica.it/politica/2019 ... -220335998

Il governo Conte apre a un allargamento della Unione europea alla Turchia. È quanto si legge nella relazione programmatica dal titolo "La partecipazione dell'Italia all'Unione europea" che il ministro dimissionario per gli Affari europei Paolo Savona - nominato presidente della Consob - ha depositato in Parlamento. Da rimarcare che il vicepremier Matteo Salvini, sin da quando era europarlamentare della Lega, si è sempre dimostrato contrario all'ingresso di Instabul nella Ue, definendo la Turchia un Paese "culturalmente asiatico", che "occupa miltarmente da 44 anni un Paese membro dell'Ue", riferendosi a Cipro.

Di recente, proprio il leader leghista aveva ribadito alla stampa francese che "l'ingresso della Turchia in Ue è escluso". Desta quindi molta sorpresa che l'ex ministro Savona - peraltro molto vicino a Salvini - abbia invece considerato questa possibilità, lasciandola in eredità al suo successore. Il ragionamento di Savona parte dalla necessità di un allargamento dell'Unione all'area dei Balcani Occidentali. Ma estendendo poi l'apertura anche oltre il Bosforo.

"Ankara resta un interlocutore fondamentale per la Ue per quanto riguarda le relazioni di sicurezza e la politica regionale in Medio Oriente e nel Golfo", si legge nella relazione. Non a caso lo strumento individuato dall'ex ministro per avviare una cooperazione con la Turchia è la Pesc (Politica estera e di sicurezza della Ue). "Tuttavia - evidenzia ancora Savona nel documento - non si può sottacere la preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti fondamentali nel Paese".

L'ipotesi di un'apertura alla Turchia provoca la reazione "scioccata" di Giorgia Meloni. La leader di Fdi afferma infatti: "Sono scioccata da questo atto di sottomissione: anche chi ha sempre detto che si batteva contro il processo di islamizzazione forzata dell'Europa ora vorrebbe aprire le porte a milioni di musulmani e al dittatore islamista Erdogan. Fratelli d'Italia, invece, non ha cambiato idea. La Lega faccia ritirare subito questa relazione e chieda un chiarimento politico: non si resta al governo con chi vuole islamizzare l'Europa".
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » mar apr 02, 2019 7:05 pm

Erdogan perde le elezioni
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/04/2019, a pag.9 con il titolo "Cade Istanbul. L’opposizione laica espugna anche il feudo di Erdogan" la cronaca di Giordano Stabile; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Erdogan non ha vinto le elezioni".

http://www.informazionecorretta.com/mai ... oV46WkuEVM

"Cade Istanbul. L’opposizione laica espugna anche il feudo di Erdogan"
LA STAMPA
Giordano Stabile

L’onda lunga dell’islam politico in Turchia era cominciata venticinque anni fa, con le vittorie ad Ankara e Istanbul. Nella città sul Bosforo aveva trionfato un quarantenne emergente, un certo Recep Tayyip Erdogan. Ora i suoi oppositori, la Turchia laica e repubblicana, sperano che il flusso della marea si sia invertito, che i risultati delle elezioni amministrative, la prima seria sconfitta di Erdogan, segnino anche l’inizio della sua fine. È presto per dirlo.
Ankara e Istanbul, le capitali amministrativa ed economica, sono cadute per una manciata di voti, poche migliaia. L’Akp, il partito del presidente, ieri contestava ancora i risultati, perché lo scarto era «troppo ridotto». L’ex premier Binali Yildirim, considerato alla vigilia sicuro vincitore a Istanbul, ha ammesso alla fine che il suo rivale, il candidato del partito repubblicano Ekrem Imamoglu, era in testa con «25 mila preferenze in più». Un distacco difficile da colmare anche in caso di riconteggi parziali.
Poi Yildirim ha puntualizzato che c’erano «dettagli che non vanno dimenticati, 319.500 voti annullati, errori nel conteggio e in altri seggi». Le stesse puntualizzazioni fatte domenica dall’Akp ad Ankara, la prima metropoli a «cadere». Segno che ci saranno probabili ricorsi, anche se ieri sera Imamoglu aveva cambiato il proprio profilo Twitter con la dicitura «sindaco di Istanbul». Lui e il neosindaco della capitale Mansur Yavas sono i volti nuovi del partito repubblicano Chp, che era uscito con le ossa rotta dalle presidenziali dello scorso 24 giugno. Per il leader Kemal Kilicdaroglu è una parziale rivincita e soprattutto, ha sottolineato, «una vittoria della democrazia» perché significa che nel Paese c’è ancora una opposizione vera, nonostante le ondate di arresti che sono seguite al fallito golpe del 15 luglio del 2016.

La posta in gioco
Anche se l’affluenza è stata inferiore rispetto alle presidenziali, 83 per cento invece dell’87, il voto ha assunto una valenza politica nazionale, per volontà dello stesso Erdogan. Il presidente ha condotto una campagna martellante, con 100 comizi in tutto il Paese e ha ripetuto che era in gioco la «sopravvivenza» della Turchia. Voleva un’altra vittoria per cementare la sua fama di invincibilità. L’Akp ha vinto tutte le competizioni dal 2002 in poi e va detto che anche questa volta, a livello nazionale, ha ottenuto assieme agli alleati il 51 per cento dei voti. Ma le sconfitte di Istanbul e Ankara, oltre a quella prevista a Smirne, certificano lo scollamento dalla parte più ricca e avanzata del Paese. Pesa la crisi economica. Il Pil è calato del 3 per cento nel quarto trimestre del 2018. La crescita dell’intero anno si è fermata al 2,6 per cento, dopo il 7,4 del 2017. Insufficiente ad assorbire la nuova forza lavoro, e infatti la disoccupazione è salita al 13,5, il peggior dato dal 1990, a parte il picco del 14 nel 2009, durante la recessione globale.
Una consolazione parziale, per Erdogan, arriva dalle vittorie in alcune roccaforti curde, come le città di Bingol, Bitlis, Sirnak, strappate all’Hdp, il partito curdo che vede il suo leader Selahattin Demirtas in prigione dal 2016. Il leader turco contava sul conservatorismo islamico della società nel Sud-Est per consolidarsi alla frontiera con la Siria ma non è riuscito a espugnare Diyarbakir, la «capitale» del Kurdistan turco. La questione curda potrebbe avere presto un impatto anche sulla politica internazionale. Lo stesso Erdogan ha «promesso» un’operazione contro i curdi siriani delle Ypg, vicini al Pkk, che presto potrebbero ritrovarsi senza la protezione americana.



"Erdogan non ha vinto le elezioni"
IL FOGLIO

Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia, è celebre per la sua invincibilità elettorale. Da quando si è candidato a sindaco di Istanbul per la prima volta, nel 1993, non ha mai perso un’elezione. E quando le elezioni non sono andate come voleva, come per esempio quelle del 2015, che gli consegnarono una maggioranza non abbastanza ampia per i suoi progetti, lui le ha fatte ripetere e le ha rivinte. Le elezioni locali di domenica scorsa, tuttavia, potrebbero essere qualificate come la prima vera sconfitta di Erdogan. Dal punto di vista numerico l’Akp, il partito del presidente, va ancora molto forte nel paese: sommando tutti i voti ha preso il 44 per cento, che unito al 7 per cento preso dall’alleato Mhp significa avere la maggioranza assoluta. Tuttavia, nelle elezioni locali i risultati hanno un peso specifico differente a seconda di dove si vota, e i candidati di Erdogan hanno perso tutte le contese di un certo peso. Dopo 25 anni, il Chp, il principale partito dell’opposizione secolare, ha riconquistato la capitale Ankara, oltre che Smirne e Antalya. L’Hdp, partito curdo i cui leader sono stati perseguitati da Erdogan, ha preso Dyarbakir e altri centri. Insomma, il presidente turco ha perso tutte le grandi città, e questo segnale politico già importante potrebbe diventare dirompente se alla lista delle sconfitte si aggiungesse anche Istanbul. La città è da sempre il centro nevralgico del potere erdoganiano, e la sua importanza è tale che i turchi dicono: chi vince Istanbul vince la Turchia. I due candidati, l’ex premier Binali Yildirim (Akp) ed Ekrem Imamoglu (Chp), sono distanziati di appena 25 mila voti, con Imamoglu in vantaggio. Yildirim ha già detto che contesta il risultato, ha citato centinaia di migliaia di schede annullate e ha rimesso tutto nelle mani del Tribunale elettorale. Il risultato di Istanbul non decide direttamente il destino di Erdogan (le prossime elezioni generali saranno nel 2023) ma, con l’economia che va sempre peggio, potrebbe segnare l’inizio della parabola discendente per l’invincibile.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » sab apr 20, 2019 8:28 am

"Erdogan fomenta l'odio e lo scontro con l'Occidente e il cristianesimo"
Lorenza Formicola - Ven, 19/04/2019

http://www.ilgiornale.it/news/erdogan-f ... 81889.html


Abdullah Bozkurt, rifugiato in Svezia, denuncia il regime del "sultano": "Ormai è l'islamismo a dettare le mosse politiche del governo di Ankara"

«È stata una vittoria simbolica quella dell'opposizione: licenziare la bandiera dell'Akp nelle principali città alle elezioni amministrative è stato importante, ma niente cambierà in Turchia.

Erdogan ha ancora il pieno controllo del Paese: il potere esecutivo, legislativo, giudiziario e la sicurezza sono tutti nelle sue mani. Il risultato elettorale ha irrobustito il morale dell'opposizione, ma non è abbastanza per superare le sfide imposte dal consolidamento del potere nelle mani di Erdogan».

È Abdullah Bozkurt che ci racconta della Turchia di questi giorni. Un Paese, il suo, che ha imparato a conoscere ancora meglio quando è stato costretto ad abbandonarlo. Giusto in tempo per evitare l'arresto nella sua redazione. Bozkurt è una delle voci silenziate da Erdogan - la posizione editoriale del giornale di cui era capo redattore era critica nei confronti dell'establishment; il quotidiano venne sequestrato nel marzo 2016 con accuse inventate e trasformato in organo di stampa governativo in una notte -, oggi che continua a fare il giornalista, è costretto a vivere in Svezia e probabilmente non potrà mai più tornare a casa. Anche perché - nonostante la battuta d'arresto alle amministrative - il vento politico difficilmente cambierà presto nel Paese. E di questo Bozkurt è certissimo. «Quando l'Akp ha perso la maggioranza in parlamento alle elezioni del giugno 2015, Erdogan non ha provato a creare un governo di coalizione, ma ha spinto e ottenuto le elezioni anticipate già nel novembre 2015 per riconquistare la maggioranza. E in quel periodo abbiamo visto la Turchia aggredita da attacchi bomba attribuiti all'Isis: tre attacchi diversi che uccisero circa 150 persone. Molti credettero a questa storia, ma l'Isis non aveva alcun motivo di attaccare, dal momento che stava ricevendo forniture e libertà di movimento per i combattenti attraverso il Paese». Il giornalista esule apre questa parentesi per spiegare che «la grande sfida per Erdogan oggi non è l'opposizione, che egli può ancora manipolare, dividere e neutralizzare, ma l'economia di cui ha poco controllo. Le cose peggioreranno in Turchia: è molto probabile una crisi internazionale per distrarre l'opinione pubblica interna. Il che potrebbe significare uno scontro con la Grecia, per esempio, o un'altra incursione militare in Siria».

Erdogan teneva tanto alle amministrative e si è speso non poco per un risultato che poi non è arrivato. Ne aveva bisogno per mascherare le gravi condizioni in cui versa l'economia, ma anche per dimostrare a quanti lo criticano che non possono prescindere da lui. Quella delle scorse settimane è stata una campagna elettorale disperata per il «sultano», che all'indomani dell'attentato in Nuova Zelanda ha diffuso le riprese all'interno della moschea «in tutte le manifestazioni - che sono state trasmesse ripetutamente da dozzine di reti tv - amplificando il messaggio dell'attentatore. Sta conducendo e costruendo lo scontro e la contrapposizione islam-cristianesimo e turchi-occidentali che sono piuttosto pericolosi. Sta soffiando sotto l'odio nella società turca».

L'islamofobia europea e la cristianità che odia l'islam sono da sempre il cavallo di battaglia del sultano. Un bel miscuglio eterogeneo di ideologia e propaganda. «È un islamista devoto e impegnato, che vede non solo l'Occidente ma tutti i non musulmani come ostili alla sua ideologia religiosa», conferma Bozkurt. «Qualora ci fossero tendenze islamofobiche in tutto il mondo, Erdogan cercherebbe di esasperarle solo per aumentare il divario, per sovrapporre le false accuse contro la Nuova Zelanda in particolare e l'Occidente in generale».

Che il clima già teso sia stato esasperato proprio recentemente è provato dai cori che si sono levati durante i comizi elettorali. «Andiamo e distruggiamo l'Europa», così cantava la gente? «Sì, è verissimo. L'hanno fatto subito dopo che Erdogan ha mostrato il raccapricciante video dell'attacco alla moschea da schermi giganti nella piazza». Bozkurt si sofferma sull'argomento per aggiungere che questo è lo stesso Paese in cui «ogni settimana, l'agenzia di stampa statale fa circolare la mia foto in stile wanted del selvaggio West. Se tornassi a casa, in Turchia, sarei arrestato o verrei ucciso».

Da quando Erdogan è presidente, la Turchia è «diventata un regime autocratico in cui un uomo solo è responsabile e tiene i fili. Le istituzioni laiche repubblicane non sono riuscite a contenere la trasformazione della democrazia parlamentare in una dittatura. L'ideologia dell'islamismo ha iniziato a dettare le mosse politiche del governo». Il che è talmente vero che l'islamismo del sultano ha preso di mira soprattutto le nuove generazioni. L'islamizzazione dell'istruzione scolastica, secondo Bozkurt, si spiega perché Erdogan si vede «califfo e leader di tutti i musulmani e quindi intende crescere una nuova generazione di giovani islamisti sia in Turchia sia all'estero. Ha bisogno di gente che quando vuole, si mobiliti per lui. E ha bisogno che siano educati da giovanissimi».

L'islam in Turchia è molto più di una religione. E sebbene la Costituzione turca protegga tutti i tipi di libertà, compresa la libertà di riunione, fede ed espressione, è qualcosa che resta solo sulla carta. Basti pensare che il presidente ha conquistato il potere per la prima volta con una promessa: eliminare l'obbligo di rimuovere il velo negli spazi pubblici. Qualcosa di talmente importante da essere utilizzato ancora oggi per intimidire l'opposizione. Erdogan continua a ripetere che le politiche avversarie porteranno l'orologio indietro addirittura a quando il velo andava tolto. «Usa il divieto per intimidire e per spostare l'attenzione», ma non solo. Rientra tutto in un progetto più grande. Nel 2002 prima dell'ascesa al potere erano tre i principali obiettivi: il velo islamico, la fine delle restrizioni imposte alle scuole religiose imam-hatip e Santa Sofia riconvertita in una moschea.
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Re: No alla Turchia nazi maomettana nella UE

Messaggioda Berto » gio mag 09, 2019 9:25 pm

Turchia, Borsa e lira in caduta dopo annullamento elezioni a Istanbul
Roberto Bongiorni
2019-05-06

https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2 ... S5AL9EUGCE

Borsa a picco e lira turca che scivola ai minimi da sette mesi sul dollaro. Sono gli effetti sui mercati della decisione con cui la Commissione elettorale suprema della Turchia ha annullato le elezioni amministrative che avevano sancito la vittoria dell’opposizione a Istanbul. Il listino di Istanbul cede oltre il 2% mentre il dollaro sale a 6,16 sulla lira turca (-2,7%), ai massimi dallo scorso ottobre.

A Istanbul, infatti, è tutto da rifare. Con un annuncio a sorpresa la Commissione elettorale suprema della Turchia (Ysk) ha accolto i ricorsi per presunti brogli presentati dalle forze a sostegno del presidente turco Recep Tayyip Erdogan ed ha così deciso di ripetere le elezioni amministrative tenutesi lo scorso 31 marzo. La decisione non è appellabile.

La posta in gioco era altissima. Erdogan lo aveva fatto capire anche alla vigilia del voto: «Chi vince a Istanbul vince in Turchia», aveva ripetuto fiducioso davanti a decine di migliaia di suoi sostenitori.

Il verdetto delle urne, però, era stato un altro. Nelle elezioni amministrative del 31 marzo la coalizione del Partito Popolare Repubblicano (Chp), il principale partito di opposizione turco, era riuscita ad affermarsi in diverse città, ma soprattutto nella capitale Ankara e ad Istanbul.

Ekrem Imamoglu era così diventato – ufficiosamente - sindaco di Istanbul, mettendo fine a 15 anni consecutivi di potere dell'Akp, il partito di Governo. Ufficiosamente perché l'Akp aveva subito presentato una valanga di ricorsi per ottenere il riconteggio. Istanza accolta.

Dopo tre settimane di operazioni, la Commissione elettorale turca aveva concluso il riconteggio ribadendo che il Chp aveva vinto le elezioni amministrative nella capitale Ankara e a Istanbul. Ma il partito del presidente Erdogan, l'Akp, aveva insistito sui brogli e sull'irregolarità del voto chiedendo una nuova elezione. Richiesta, alla fine, accolta.

Ekrem İImamoglu si era insediato come sindaco soltanto 20 giorni fa. Ora rischia di veder la sua poltrona svanire. Deluso per la decisone della Commissione elettorale suprema, il partito del neo sindaco ha gridato alla dittatura. Si voterà con ogni probabilità il prossimo 23 giugno. Al potere in Turchia dal lontano 2000, Erdogan era uscito vincitore nelle elezioni presidenziali dello scorso giugno. In quell'occasione, l'entrata in vigore di un sistema presidenziale molto forte gli ha conferito poteri così ampi che i suoi rivali non esitano a definirlo il nuovo Sultano. Per lui perdere Istanbul è stata una sconfitta cocente. La città sul Bosforo non è soltanto il luogo dove è nato. A Istanbul Erdogan ha iniziato la sua carriera politica. E sempre a Istanbul, nel 1994, il Sultano ha coronato i suoi sogni divenendo sindaco. Questa metropoli di 20 milioni di abitanti è sempre stata, e di gran lunga, il centro dell'economia del Paese. Ecco perché «Chi vince Istanbul vince tutto».
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