Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » sab nov 04, 2017 9:04 am

Kalergi con tutto ciò non c'entra nulla


Intervista a Renaud Camus
02/11/2017

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

La Grande Sostituzione deve essere concepita come la sostituzione di una civiltà per mano di un’altra (per esempio la civiltà europea rimpiazzata dalla civiltà arabo-islamica) o – come personalmente credo – come la creazione di una non-civiltà in cui tutti gli uomini e tutti i popoli siano sostituibili, come la vittoria della sostituibilità universale?

Ah, lei punta subito il dito sulla grande contraddizione del sostituzionismo (*), l’ideologia globale e, a mio avviso, totalitaria, che promette e instaura la Grande Sostituzione. Dal punto di vista di tale ideologia, è la seconda parte dell’alternativa che lei ha posto che è all’opera: solo che, nella sua ottica, quella che si tratta di creare non è una camus cpnon-civilità, ma, al contrario, la civiltà stessa: liberale, intelligente, umana, egualitaria, fraterna, armoniosa e civilizzata, perché non ci saranno più differenze o discriminazioni tra i suoi membri, tutti fratelli, nel villaggio universale senza frontiere. Questa è la sovrastruttura, per così dire, l’ideale reclamizzato e condiviso in buona fede da una larga parte delle masse sostituzioniste. Beninteso, sappiamo bene, noi, e lo constatiamo ogni giorno, che questo ideale è falso e che ciò che prepara l’enorme macchina sostituzionista è, in effetti, come dice lei, una non-civiltà, una barbarie post-industriale e iper-economista in cui sarebbe compiuta la fabbricazione, da parte di quella che chiamo “l’industria dell’ebetudine”, dell’uomo sostituibile: de-originato, de-nazionalizzato, de-culturato, de-sessuato, cosificato, intercambiabile e delocalizzabile a piacimento. Ma c’è una contraddizione nella contraddizione. Il sostituzionismo, che è una nemesi, ha la sua propria nemesi. In effetti, esso sostituisce un popolo che ha perfettamente preparato alla Grande Sostituzione, il popolo degli uomini sostituibili, con un popolo ferocemente identitario, arabo-musulmano, islamico quando non islamista. Per dirla in un altro modo, esso sostituisce un popolo di bovini (industriali) con un popolo di iene. E così facendo scava la propria fossa. Ma è una magra consolazione.

Lei ha proposto altri due concetti-chiave che in Italia sono meno conosciuti: quello di “Grande Deculturazione” e di “In-nocenza”. Di cosa si tratta?

Sono solito dire che i popoli che conoscono i loro classici non si lasciano condurre nell’immondezzaio della storia senza protestare. La Grande Deculturazione è indispensabile alla Grande Sostituzione. E proprio a questa che alludevo quando dicevo prima che il potere sostituzionista aveva preparato alla sostituzione il popolo sostituito (ma non il popolo sostituente). Quella che chiamo industria dell’ebetudine conta tre branchie principali: l’insegnamento dell’oblio, così come è dispensato in Francia dal ministero dell’educazione nazionale; l’imbecillizzazione delle masse, così come è assicurato dall’industria culturale e dai divertimenti di massa, peraltro sempre più indistinguibili l’una dagli altri, senza contare la politica stessa che vi si sta ormai diluendo; e, in terzo luogo, la droga, la cui distribuzione, cosa non indifferente, è già largamente nelle mani dei popoli sostituenti, contrariamente alle altre due branche, che sono ancora gestite dai sostituzionisti. Quattro gruppi sono i protagonisti del dramma non politico ma ontologico che si sta svolgendo: i sostituiti in rivolta, che rifiutano la loro sostituzione; i sostituiti che acconsentono, che non percepiscono il fenomeno, che ne negano l’esistenza o vi sono rassegnati o pensano addirittura che sia una buona cosa; i sostituzionisti, che lo promuovono e lo impongono; e i sostituenti, sempre più numerosi e potenti. I secondi e i terzi possono essere considerati una cosa sola, e comunque saranno inghiottiti dai quarti. Quindi, in sostanza, non ci sono che due forze in campo, molti diseguali ideologicamente; e la linea che le separa è la sola che conta ideologicamente: quella che oppone i sostituzionisti, promotori e autori della Grande Sostituzione, e gli anti-sostituzionisti, coloro che sono decisi a fare di tutto per interromperne il corso e a invertirlo. La Grande Déculturation è il titolo di uno dei miei saggi sul crollo del sistema scolastico. Décivilisation tratta lo stesso problema della trasmissione della cultura prendendolo a monte della scuola, nelle famiglie, al cuore del lignaggio, che esiste sempre di meno. Il recente La Civilisation des prénoms riguarda il trionfo del nome nei rapporti sociali contemporanei, ovvero la scomparsa progressiva del cognome, dunque della responsabilità (solo il cognome firma), ma anche dell’inscrizione nel tempo, nella storia, nell’eredità, nel lignaggio. L’avvento del nome è uno dei segni di questa presentificazione, di questa imposizione del presente, di questo “da capo” perpetuo che è uno dei tratti più caratteristici della deculturazione, della decivilizzazione, del ridiventare selvaggia della specie. Tutti questi libri, e ancora La Dictature de la petite bourgeoisie, o Le Communisme du XXIe siècle (ovvero l’antirazzismo, ma oggi parlerei piuttosto di sostituzionismo, che ne è la forma evoluta), sono isole di un arcipelago il cui centro, il serbatoio teorico, è il voluminoso Du sens, che generalizza l’opposizione famosa messa in scena da Platone nel Cratilo, tra Cratilo stesso, che pensa che le parole abbiano un senso determinato dalla loro origine e dalla storia della loro origine, ed Ermogene, per il quale il rapporto tra significante e significato è pura convenzione. Essere francese, per esempio, o italiano, o europeo, è una questione puramente amministrativa, di carte bollate e timbri, o anche una appartenenza modellata dai secoli? “Sono francese come lei”, mi ha detto una volta una musulmana con il velo che parlava molto male la mia lingua. E, dal punto di vista di Ermogene, aveva ragione. Nessuna epoca è stata ermogeniana come la nostra. Del resto Ermogene vince sempre. Ma Cratilo non perde mai del tutto. Egli ritorna senza sosta. Quanto a l’in-nocenza [in-nocence], è il concetto attorno al quale ho sempre sognato di ordinare la mia riflessione politica. Esso procede dall’osservazione che innocenza è una parola negativa, in-nocenza, da cui risalta nettamente che ciò che è primario è la “nocenza”, la nocività, la pulsione di nuocere agli altri uomini, alla loro vita, ai loro beni, alla Terra. La civiltà, il contratto sociale, il covenant hobbesiano, la città, il civismo, l’essere civili, la sintassi, l’educazione, sono tutti patti di in-nocenza. L’in-nocenza, la non-nocenza, l’assenza di nocività, è un concetto che permette di pensare insieme tre campi che non possono essere separati, a mio avviso: la politica propriamente detta; l’ecologia, ovviamente; e – cosa che è grandemente dimenticata – la vita quotidiana, esposta al rumore, alla spudoratezza, a inciviltà di ogni genere, negli edifici, sulle scale, nel trasporto pubblico, ovunque. La gente non crede alla conquista di cui l’Europa è oggetto perché non vede eserciti stranieri sfilare sugli Champs-Élysées o in Via Veneto. La conquista non è militare, in effetti. Il suo strumento è la “nocenza”, dalle piccole aggressioni fino all’iperviolenza e alla carneficina, passando per tutte le forme di furto e di stupro. Non c’è soluzione di continuità tra la delinquenza e il terrorismo. D’altronde tutti gli autori degli attentati hanno fatto il loro esordio in rapine a mano armata. È a causa di un discorso intitolato “La Nocenza, strumento della Grande Sostituzione”, che io sono perseguito da anni dalla giustizia francese. Adesso siamo alla corte di Cassazione.

Credo che le origini della Grande Sostituzione siano liberali e marxiste allo stesso tempo. Lei è d’accordo ? O, in alternativa, quale ritiene che siano le radici ideologiche di tale dinamica?

La Grande Sostituzione è il figlio mostruoso della Rivoluzione industriale al suo stadio ultimo, post-fordiano, post-industriale, e dell’antirazzismo nella sua fase senile.

Quando la Grande Sostituzione sarà compiuta, il risultato sarà un mondo infernale, persino per le élite immigrazioniste che l’hanno favorita. Perché allora queste perseguono perseguono tale obbiettivo?

Non sono sicuro che ci sia da qualche parte una volontà espressa in azione, anche se alcuni documenti dell’Onu raccomandano papale papale una sostituzione degli europei. Credo piuttosto ad enormi meccanismi incontrollabili: egualitarismo, dogma dell’inesistenza delle razze, economicismo, dittatura della piccola borghesia: “Ciò significa – dice Agamben – che la piccola borghesia planetaria è verosimilmente la forma nella quale l’umanità sta andando incontro alla sua propria distruzione”.

Qual è il contrario della Grande Sostituzione? Qual è la buona ragione, in fin dei conti, affinché sia un popolo e non un altro a dover vivere in un dato territorio? Non è forse vero, come ci ripetono le élite immigrazioniste, che nessuno di noi è originario o autoctono, che le radici possono essere “decostruite”, che l’identità è un’illusione?

Il sostituzionismo è come un Dio terribile per cui tutti gli uomini sono uguali e intercambiabili, dato che gli sono indifferenti. Il contrario del sostituzionismo è non solamente l’identità, ma il carattere “insostituibile” degli individui e dei popoli. L’esilio ha una sua nobiltà tragica e metafisica, certo, ma non c’è esilio che a partire da un fondo di appartenenza. È la propaganda cosificante che pretende di decostruire l’essere. Amo più la morale de I nutrimenti terrestri, di Gide: “Non legarti in te se non a ciò che senti non essere altrove che in te stesso, e crea di te, impazientemente o pazientemente, ah! il più insostituibile degli esseri”.


Francesco Birardi
DAGLI AL FASCISTA !!!!! Ormai è dato per scontato lo spostamento a destra dell'elettorato europeo "indigeno", ma si spera comunque da un lato di rallentarlo, demonizzando al massimo la "destra" (e anche per questo assistiamo oggi a un revival della "minaccia fascista" in tutte le salse), e dall'altro di compensarlo, affrettandosi a dare cittadinanza e diritto di voto a quanti più immigrati possibile.... I "sostituzionisti" (come li chiama Camus) si stanno muovendo in questo senso come i peggiori assassini, inquinando, addormentando, minaciando e avvelenando....
E gli ebrei italiani e europei? In un contesto come questo, la cosa peggiore che gli amici ebrei possono fare è cadere in questa trappola del “dagli al fascista!”, e finire così per opporsi alla reazione degli “indigeni” e appoggiare di fatto il progetto dei sostituzionisti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » lun gen 08, 2018 8:15 am

Ecco chi irresponsabilmente, sconsideratamente, demenzialmente, utopisticamente vuole, sostiene e promuove l'immigrazione, il meticciato, l'invasione (irregolare, clandestina, parassitaria, criminale, del nazismo maomettano) confondendola con la normale e naturale immigrazione regolare e rispettosa delle nostre leggi e della nostra cultura. Tutti costoro non hanno nulla delle idee di Kalergi e nulla c'entrano con il sogno europeo e le previsioni futuriste di Kalergi che era un liberale e non un comunista



Bonino, D'Alema, Boldrini, Bergoglio

Da una Tv araba, Emma Bonino: servono 1,6 milioni di immigrati
http://www.imolaoggi.it/2017/02/08/da-u ... -immigrati
Queste sono le voci riportate all’estero, mentre a noi fanno credere che vogliono fermare l’immigrazione. Emma Bonino: Gli immigrati hanno contribuito al pil italiano con 100 miliardi di euro. Ci pagano 640mila pensioni. Abbiamo un problema demografico, servono 1,6 milioni di immigrati ALL’ANNO!! Che, per il periodo a cui fa riferimento, dal 2016 al 2025, fanno 16 MILIONI DI IMMIGRATI!!


Bonino: “Abbiamo bisogno di 160.000 immigrati all’anno” 2017
https://www.youtube.com/watch?v=d5_BVOogyzw


D'Alema: "noi in Europa abbiamo bisogno di almeno 30 milioni di immigrati"
anno 2011
https://www.youtube.com/watch?v=rmA4u4lTPyw
http://www.butac.it/dalema-e-i-30-milioni-dimmigrati


Migranti, l'ira della Boldrini contro gli italiani "ignoranti e razzisti" (VIDEO)
di Laura Ferrari
venerdì 21 luglio 2017

http://www.secoloditalia.it/2017/07/mig ... isti-video

Carcere per i razzisti? L’ultima suggestione firmata Laura Boldrini arriva in concomitanza di un convegno a Montecitorio. “È il tempo di reagire concretamente contro i razzisti”, dice la presidente della Camera chiedendo le maniere forti per contrastare le opinioni discriminatorie, xenofobe e più in generale “razziste”. Carcere? Sanzioni pecuniarie? La presidente della Camera non lo dice chiaramente, ma lascia intendere che il confronto non può essere solamente sulle opinioni. Intervenendo a un convegno a Montecitorio, la Boldrini si è lamentata della scarsa accoglienza dell’Italia nei confronti degli immigrati. Per la Boldrini gli italiani “sono ignoranti, non sanno che i migranti sono una risorsa e che i musulmani rappresentano solo il 6 per cento della popolazione”. Laura Boldrini presenta i dati della relazione finale della Commissione Jo Cox (l’esponente politica della sinistra britannica assassinata da uno squilibrato) che ha istituito contro i fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo. Il “non detto” è che non bastano le parole, che si debba intervenire con misure coercitive.

Boldrini: “I profughi portano un contributo positivo all’Italia”

Per la presidente della Camera, sui temi dell’immigrazione c’è una «clamorosa divaricazione tra i numeri e la realtà percepita. E sono soprattutto le persone che non conoscono, che non hanno accesso ai dati, le persone che probabilmente si limitano ad ascoltare certi esponenti politici o a leggere alcuni giornali, che sono più frequentemente portatrici di atteggiamenti di odio». «Il 65% degli italiani (contro il 21% dei tedeschi) considera i rifugiati un peso perché godono di alcuni benefit, secondo loro, mentre si ignora il contributo positivo che invece danno in termini di saldi fiscali e contributivi». Italiani ignoranti e xenofobi per colpa di alcuni politici e di alcuni media. Ma chi ignora davvero la realtà quotidiana sono gli italiani o la presidente della Camera?



Il Papa: “Accogliamo gli immigrati a braccia aperteˮ
giacomo galeazzi
2017/09/27

http://www.lastampa.it/2017/09/27/vatic ... agina.html


«Cristo stesso ci chiede di accogliere i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati con le braccia ben aperte»: Papa Francesco ha colto l’occasione dell’udienza generale in piazza San Pietro, per lanciare la campagna a sostegno delle famiglie costrette a migrare della Caritas internazionale, intitolata “Share the Journey - Condividi il viaggioˮ perché, ha chiosato Francesco, «il viaggio si fa in due: quelli che vengono nella nostra terra, e noi che andiamo verso il loro cuore per capirli, capire la loro cultura, la loro lingua». Il Papa è tornato a ricordare l’opportunità di una nuova legge migratoria italiana «più attinente al contesto attuale».

«Sono lieto di accogliere i rappresentanti della Caritas, qui convenuti per dare inizio ufficiale alla campagna “Condividi il viaggio”, che ho voluto far coincidere con questa udienza», ha detto Jorge Mario Bergoglio. «Do il benvenuto ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati che, assieme agli operatori della Caritas Italiana e di altre organizzazioni cattoliche, sono segno di una Chiesa che cerca di essere aperta, inclusiva e accogliente. Grazie a tutti voi per il vostro instancabile servizio. Meritano tutti davvero un grande applauso! Con il vostro impegno quotidiano, voi ci ricordate che Cristo stesso ci chiede di accogliere i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati con le braccia ben aperte. Proprio così, con le braccia ben aperte, pronte a un abbraccio sincero, affettuoso e avvolgente, un po’ come questo colonnato di Piazza San Pietro, che rappresenta la Chiesa madre che abbraccia tutti nella condivisione del viaggio comune».

Il Papa, che all’udienza ha proseguito un ciclo di catechesi dedicato alla speranza cristiana, ha sottolineato che essa «è la spinta nel cuore di chi parte lasciando la casa, la terra, a volte familiari e parenti, penso ai migranti, per cercare una vita migliore, più degna per sé e per i propri cari. Ed è anche la spinta nel cuore di chi accoglie: il desiderio di incontrarsi, di conoscersi, di dialogare… La speranza è la spinta a “condividere il viaggio” perché il viaggio si fa in due: quelli che vengono nella nostra terra e noi che andiamo verso il loro cuore per capirli, capire la loro cultura, la loro lingua. È un viaggio in due e senza la speranza non si può fare. La speranza è la spinta per “condividere il viaggio” della vita, come ci ricorda la campagna della Caritas che oggi inauguriamo. Fratelli, non abbiamo paura di condividere il viaggio! Non abbiamo paura di condividere la speranza!».

Francesco ha anche indirizzato parole di benvenuto «ai rappresentanti di tante organizzazioni della società civile impegnate nell’assistenza a migranti e rifugiati che, assieme alla Caritas, hanno dato il loro sostegno alla raccolta di firme per una nuova legge migratoria più attinente al contesto attuale». Il riferimento è alla proposta di legge di iniziativa popolare “Ero stranieroˮ che mira a sostituire la vigente legge italiana Bossi-Fini. Per l’iniziativa – promossa tra gli altri dal centro Astalli che, via Twitter, oggi ricorda che «a San Pietro ora si firma» – il Papa aveva già fatto appello a giugno scorso. Il testo prevede, in sintesi, l’apertura di canali legali e sicuri di ingresso per lavoro nel nostro Paese, la regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio, misure per l'inclusione sociale e lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati, l’effettiva partecipazione alla vita democratica col voto amministrativo e l'abolizione del reato di clandestinità. La proposta di legge è promossa tra gli altri da Radicali italiani, Acli, Cnca, centro Astalli – che, via Twitter, oggi ha ricordato che «a San Pietro ora si firma» – con l’adesione di organizzazioni tra cui la stessa Caritas italiana, Migrantes e comunità di Sant’Egidio.

Nella catechesi durante l'udienza del mercoledì, il Pontefice argentino ha concentrato la sua riflessione sul tema dei «nemici della speranza», partendo dal racconto del noto mito del vaso di Pandora: «L’apertura del vaso scatena tante sciagure per la storia del mondo», ha detto, «pochi, però, ricordano l’ultima parte della storia, che apre uno spiraglio di luce: dopo che tutti i mali sono usciti dalla bocca del vaso, un minuscolo dono sembra prendersi la rivincita davanti a tutto quel male che dilaga. Pandora, la donna che aveva in custodia il vaso, lo scorge per ultimo: i greci la chiamano elpìs, che vuol dire “speranza”. Questo mito ci racconta perché sia così importante per l’umanità la speranza. Non è vero che “finché c’è vita c’è speranza”, come si usa dire – ha notato Bergoglio –. Semmai è il contrario: è la speranza che tiene in piedi la vita, che la protegge, la custodisce e la fa crescere».

Il Papa ha citato il poeta francese Charles Péguy, che si stupiva «non tanto per la fede degli esseri umani, e nemmeno per la loro carità» ma per la loro capacità di sperare e lottare tenacemente per una vita migliore. La speranza, ha detto ancora il Papa, «non è virtù per gente con lo stomaco pieno» e per questo «i poveri sono i primi portatori della speranza e sono i protagonisti della storia».

«A volte - ha commentato ancora Francesco - aver avuto tutto dalla vita è una sfortuna. Pensate a un giovane a cui non è stata insegnata la virtù dell'attesa e della pazienza, che non ha dovuto sudare per nulla, che ha bruciato le tappe e a vent'anni “sa già come va il mondo”; è stato destinato alla peggior condanna: quella di non desiderare più nulla. È questa la peggior condanna, chiudere la porta ai desideri, ai sogni, sembra un giovane, invece è già calato l'autunno sul suo cuore, sono i “giovani d'autunno”».

Avere «un’anima vuota è il peggior ostacolo alla speranza», secondo il Pontefice, che ha ricordato la «accidia» menzionata dai monaci dell’antichità, che «deve essere combattuta, mai accettata supinamente. Dio ci ha creati per la gioia e per la felicità, e non per crogiolarci in pensieri malinconici. Ecco perché è importante custodire il proprio cuore, opponendoci alle tentazioni di infelicità, che sicuramente non provengono da Dio». Senza dimenticare che «non siamo soli a combattere contro la disperazione» perché «se Dio è con noi, nessuno ci ruberà quella virtù di cui abbiamo assolutamente bisogno per vivere. Nessuno ci ruberà la speranza».



Silvana De Mari

https://www.facebook.com/silvana.demari ... 4636108681

Perché l'Italia, e solo l'Italia riceve centinaia di migliaia di migranti in stragrande maggioranza maschi africani provenienti da nazioni non in guerra e con il pil in attivo, e appartenenti a classi sociali tutt'altro che disagiate? Vescovi, intellettuali e uomini politici africani sono disperati per l'esodo di maschi forti e sani che sarebbero preziosi nell'economia africana, in particolare a quella agricola, che non dispone di macchine. Molti di questi uomini sono stati attirati da video che in Africa sono diventati virali, video dove uomini politici e soprattutto donne appartenenti alla politica affermano che questi uomini sono necessari all’Italia, sono risorse. Questi uomini arrivano soli, sradicati dalla famiglia e dagli affetti. Sfidano il mare e chi favorisce tutto questo è responsabile della loro morte. Sono in maggioranza islamici, provenienti da paesi islamici. Per ogni uomo che c'è qui, buttato inutile su una panchina, oppure a chiedere l'elemosina, c'è una donna che diventa seconda o terza sposa. La poligamia può prosperare solo dove il numero degli uomini diminuisce o con una guerra o con un’emigrazione forzata da un continente a bassa densità verso un paese con una densità e una disoccupazione altissima. Ogni migrate irregolare costa 1050 euro al mese. Il fenomeno esiste solo in Italia. Questi uomini sono stati staccati, strappati dalla loro terra da una propaganda che si è resa responsabile anche delle morti in mare. La propaganda mischia cosa false, qui c'è lavoro per loro, e cosa parzialmente vere: a loro verrà dato del denaro, 35 euro al giorno. La cifra che per gli standard dell'Africa è una fortuna, in realtà non viene data a loro, ma spesa per loro, ed è comunque sottratta al popolo italiano.

Emma Bonino confessa: Abbiamo chiesto NOI che tutti gli sbarchi avvenissero in Italia
https://www.youtube.com/watch?v=Y4En-tVTH2E
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » lun feb 19, 2018 8:04 am

???

La Grande Sostituzione. I Protocolli del terzo millennio
2 febbraio 2018Mondo
di Ilaria Myr

https://www.facebook.com/francomatteo.m ... 5735805745


Una teoria che viene da lontano. Dal “Piano Kalergi” a Renaud Camus, si propala la fake news di un complotto Pluto-massonico
per sostituire i popoli europei con il sottoproletariato africano e asiatico. Sullo sfondo, un antisemitismo non dichiarato ma radicale

C’è un antisemitismo strisciante, non dichiarato, ma solo suggerito (e dedotto), e per questo ancora più pericoloso, che ha fatto il suo ingresso nella “grande politica italiana”, dove c’è chi parla ripetutamente di “sostituzione etnica” – vedi Matteo Salvini della Lega Nord -, di un progetto che favorisce le immigrazioni in Europa, orchestrato da fantomatiche lobby finanziarie internazionali, aiutate dai partiti di sinistra. Non si parla di ebrei, ma il riferimento al complotto giudaico-massonico è evidente. È l’antisemitismo del non detto, ma è più forte di quello esplicitato, ed è inquietante che nessuno – giornalisti, politologi, intellettuali – sembri accorgersi della sua pericolosità». A lanciare l’allarme è Elia Rosati, storico contemporaneo, collaboratore della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano ed esperto conoscitore delle destre radicali in Europa, profondamente preoccupato per la silenziosa diffusione di quello che lui chiama “i Protocolli dei Savi di Sion del terzo millennio”.
Alla base di tutto vi è la teoria della “grande sostituzione” (Le grand remplacement) sviluppata dall’intellettuale francese Renaud Camus agli inizi degli anni 2000.

Una storia che parte da lontano
Per capirne l’essenza è necessario richiamarne le origini, facendo un passo indietro al 1926 e alla teoria complottistica del “piano Kalergi”, che prevedeva una strategia di annientamento etnico/identitario delle popolazioni europee tramite il massiccio favoreggiamento dell’immigrazione di corpose masse da Africa e Asia da parte di elites politiche, intellettuali, scientifiche ed economiche giudaico-massoniche. «Il piano Kalergi viene poi citato dalla propaganda del Terzo Reich, che lo personalizzò però in chiave antigermanica, richiamandosi a un protocollo d’intesa – mai applicato – degli Alleati del Piano Morgenthau di occupazione della Germania dopo la seconda guerra mondiale (da Henry Morgenthau, all’epoca segretario al Tesoro degli Usa che lo propose) – spiega Rosati -. In questa rilettura, l’attacco alla Germania era frutto dell’ostilità della finanza e della stampa giudaico-massonico statunitense che puntava a distruggere l’economia tedesca, anche mettendo in atto un indebolimento culturale ed etnico». Un ulteriore passaggio si ha con la “Nouvelle Droite” dell’intellettuale francese Alain de Benoist, che fra gli anni ’70 e gli anni ’80 ha modernizzato la grammatica politico-ideologica della destra radicale, introducendo il concetto di “mondialismo”, che teorizzava un piano di “americanizzazione” del mondo fatto a spese delle identità nazionali, per “omogeneizzare” la popolazione mondiale. Questo progetto sarebbe stato ideato e perseguito tenacemente da quei popoli che, per eccellenza, sarebbero “senza una storia connessa a una terra”: ovvero gli americani, popolo di immigrati, e gli ebrei, popolo errante per antonomasia.

Il complottismo del terzo millennio
È su queste teorie che nasce e si sviluppa il concetto di “grande sostituzione” di Renaud Camus. «Egli parte dalla convinzione che la prossima generazione di francesi sarà differente da quella originale a causa dell’immigrazione e di chi la spinge, ovvero un complotto (massonico) comunista-mondialista, per riattualizzare il piano Kalergi – spiega Rosati -. Da un lato, infatti, ci sarebbe l’ultra-capitalismo finanziario, che vuole così controllare l’economia tramite la leva della forza lavoro, favorendo l’arrivo in Europa di migranti. Dall’altro, la sinistra comunista, che vorrebbe fare degli immigrati la nuova classe rivoluzionaria; dal momento che gli operai francesi oggi ormai votano in molti per la destra del Front National di Marine Le Pen, diventa necessario creare una nuova classe operaia. A queste due forze, si aggiunge anche il cattolicesimo solidarista, che propugna la cultura dell’uguaglianza e dell’accoglienza».
Una “strana” (quanto in realtà assurda) alleanza, insomma, di forze che, partendo da ideali e ideologie opposte (capitalismo, comunismo) avrebbero costituito una fantomatica elite che pianifica la “grande sostituzione” e che la gestisce attraverso i giornali, le grandi aziende e le attività della sinistra. Complice di questa “satanica alleanza” sarebbe addirittura la Chiesa, con il suo invito alla accoglienza dei migranti in Europa. Un po’ come dicono quelli di HolyWar, il sito neonazista apertamente antisemita, che pubblicò nel passato liste degli ebrei italiani “influenti” e diverso materiale antiebraico, e che teorizza che il Papa stesso sia un infiltrato della massoneria ebraica.
«Attenzione però: chi sostiene la teoria di Camus non nomina apertamente il complotto giudaico, ma lascia che sia l’interlocutore ad arrivarci da solo – continua Rosati -. Mentre nei Protocolli dei Savi di Sion si parlava apertamente del complotto dei rabbini, oggi si lascia intendere chi è seduto intorno al tavolo della cospirazione. E per questo motivo è un antisemitismo ancora più forte e radicato».
L’esempio degli esempi è il “grande burattinaio” George Soros, finanziere ebreo che controllerebbe – secondo i complottisti – i giornali e la politica, che in Italia avrebbe i suoi burattini in Carlo De Benedetti, editore di sinistra che aizzerebbe i giornali, in Laura Boldrini, presidente della Camera, che invita all’accoglienza dei migranti, e in Emanuele Fiano, deputato ebreo del Pd, bersaglio “perfetto” per chi sostiene questa tesi. È, insomma, un antisemitismo “non detto”, ma implicitamente suggerito, e perciò ancora più forte e pericoloso, che deve fare preoccupare anche nel nostro Paese. «Da noi un politico come Matteo Salvini parla tranquillamente di sostituzione etnica, così come il divulgatore filosofico Diego Fusaro, che richiama chiaramente il piano Kalergi – spiega lo storico -. Così come CasaPound, che ha portato in Italia la teoria di Renaud Camus, pubblicando nel 2016 il testo L’identità sacra di Adriano Scianca, spostando tutta la sua attenzione politica su questo tema e pubblicando in edicola il primo numero della sua rivista, Il Primato Nazionale, con la copertina dedicata a Emanuele Fiano, responsabile della legge contro l’apologia di fascismo, nonché ebreo di sinistra».
Un elemento preoccupante, inoltre, è che da due anni la teoria della Grande Sostituzione sia stata nominata in decine di talk-show nelle principali reti televisive nazionali (da La7 a Mediaset a Rai3) dai neofascisti di CasaPound, senza alcun contradditorio o stigmatizzazione.
Tutto ciò deve fare riflettere e suscitare reazioni nella società italiana. Perché l’antisemitismo è lì sotto, basta scavare sotto la facciata e viene fuori in tutta la sua forza.

Come nasce e si sviluppa una teoria complottista

La “teoria del complotto sul piano Kalergi”, elaborata dal negazionista austriaco Gerd Honsik (condannato in due occasioni, nel 1992 e nel 2009, per avere pubblicamente negato la Shoah) è l’insieme dell’esposizione di fatti e circostanze tese a convalidare l’esistenza di un presunto progetto (chiamato piano Kalergi) d’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica in Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni. Prende il nome dal filosofo austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894-1972), fondatore dell’Unione Paneuropea e primo uomo politico a proporre un progetto di Europa unita. A lui viene attribuita la paternità di tale piano, soprattutto da ambienti nazionalisti di estrema destra e antiglobalisti, ma anche dai leghisti e dai separatisti antieuropei.
La teoria del complotto sostiene che il fenomeno migratorio verso l’Europa fosse da lungo tempo programmato, voluto e incentivato da non meglio specificate élite al fine di giungere a un’unica razza meticcia euro-asiatico-africana, un «gregge multietnico senza qualità e senza coscienza» che sostituisca le popolazioni del continente e che sia più «facilmente manipolabile».




Gino Quarelo
Non esiste alcun Piano Kalergi, poiché Kalergi non ordì alcun Piano di tale natura come a torto gli viene attribuito
viewtopic.php?f=92&t=1475

L'Europa di Kalergi federale e liberale non ha nulla a che fare con l'Europa sovietica e mostruosa dei comunisti Spinelli e Bonino; tanto meno con quella nazista e fascista, oltretutto Kalergi non era antisemita.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » mer feb 21, 2018 8:25 am

Franco Matteo Mascolo
INCOLLO :
BUFALE STORICHE
Cos’è il piano Kalergi, la bufala dei migranti che uccideranno gli europei
Un mix di razzismo e catastrofe che gira su Internet e si rifà alle teorie di un intellettuale asburgico. Che però sosteneva cose molto diverse
di Clara Amodeo
Dalla pagina Facebook Il piano Kalergi
28 Settembre 2015 - 13:25

https://www.facebook.com/francomatteo.m ... 1332367852

«È in corso un tentativo di genocidio delle popolazioni che abitano l’Italia da qualche secolo e che qualcuno vorrebbe soppiantare con decine di migliaia di persone che arrivano da altre parti del mondo. Non possiamo permettercelo, un Paese normale con un governo normale blocca le partenze, blocca gli sbarchi e non ne arriva più neanche uno». Così parlò lo scorso 15 agosto il segretario della Lega Nord Matteo Salvini alla festa leghista di Ponte di Legno, ai microfoni di Rai News 24.

Una frase che si può smontare pezzo per pezzo. Passi per il leitmotiv della difesa dei confini italiani: “rimandarli da dove sono venuti” pare essere la soluzione leghista a tutti i mali dell’umanità. Passi anche per i dati, poco certi. Se è vero che l’Italia ha raggiunto l’unificazione politica nel 1861, non esistono popolazioni che abitano l’Italia da “qualche secolo” ma solo un popolo italiano che è tale da 154 anni. Consultando poi gli ultimi dati, gli stranieri residenti in Italia al primo gennaio 2015 sono 5 milioni 73mila e rappresentano l'8,3% della popolazione residente totale. Eppure, stando alle parole di Salvini, “decine di migliaia di persone” vogliono soppiantare una popolazione di oltre 60 milioni di abitanti.

Insomma, passi per tutto questo. Ma un dettaglio lascia davvero senza parole: il segretario della Lega Nord non si è fermato al concetto, a lui tanto caro, dell’invasione, ma è andato oltre, arrivando a parlare di genocidio. Un termine che, stando al vocabolario della lingua italiana Treccani, indica la “metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui, la dissociazione e dispersione dei gruppi familiari, l’imposizione della sterilizzazione e della prevenzione delle nascite, lo scardinamento di tutte le istituzioni sociali” e altri crimini efferati.

Se vogliamo cercare un retrorerra culturale a tutto ciò, dobbiamo cercarlo dalle parti del “piano Kalergi”. Una bufala, equiparabile solo a quella dei Protocolli dei Savi di Sion, secondo cui i poteri forti (qualunque cosa significhi) stanno facendo di tutto per realizzare una sorta di meticciato totale attraverso le migrazioni e l’abbattimento delle frontiere. Il loro obiettivo? Arricchirsi per poi distruggere lo stesso “melting pot” così creato.

Capofila di questa teoria è Gerd Honsik, autore del libro “Assoluzione per Hitler?”, un volume pubblicato nel 2005 che è costato al suo autore una condanna per razzismo e negazionismo in Austria. Paese dove era stato estradato al termine di una lunga latitanza in Spagna, dove si era a sua volta rifugiato per sfuggire ad altri procedimenti del genere. Ma al di là di queste quisquilie, Honsik, e con lui tanti siti Internet che gridano al complotto (compreso il blog di Beppe Grillo), copiano, incollano e travisano le parole di Kalergi. Secondo loro è andata più o meno così: nei volumi “Paneuropa” (1923) e “Praktischer Idealismus"(1925) Kalergi dichiarerebbe che gli abitanti dei futuri Stati Uniti d’Europa non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di “subumanità resa bestiale” (sic!) dalla mescolanza razziale. Affermerebbe poi, senza mezzi termini, che è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’élite al potere. Proclamerebbe infine l’abolizione del diritto di autodeterminazione dei popoli e, successivamente, l’eliminazione delle nazioni per mezzo dei movimenti etnici separatisti o l’immigrazione allogena di massa.

Insomma una vera catastrofe. E pensare che Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, politico e filosofo austriaco, sosteneva tutt’altro. Figlio (e qui già la sua prima colpa) di un diplomatico asburgico e di una donna giapponese, nel 1923 dà alle stampe il pamphlet “Paneuropa”: il progetto era quello realizzare l’unificazione dell’Europa in una confederazione (la Paneuropa, appunto) di Stati, al fine di integrarla all’interno di un’organizzazione mondiale politicamente unificata. Elementari quanto obbligate le regole del gioco: una garanzia reciproca di delegazione legale della sovranità, il rispetto della diversità delle culture europee così come la protezione delle minoranze nazionali.

Nessuna distruzione di massa, nessun odio verso i bianchi, nessun tipo di associazionismo segreto tra logge massoniche o banche (anche se, lo sapete, le due categorie vanno sempre di pari passo). Eppure la rete è piena di queste idee a dir poco balzane, a metà tra il complotto e l’odio razziale, tanto che ne sono nate delle pagine Facebook. Ognuna declina la propria idea sull’immigrazione, ognuna mette in guardia dallo straniero, ma tutte sono accomunate da un unico elemento: l’ignoranza. A partire dalla grammatica, come dimostra la trascrizione della parola “immigrati” su questa pagina, attiva fin dal 2013.



Gino Quarelo
Questa del Piano Kalergi è una vera bufala, come è vera bufala l'idea che i clandestini possano entrare liberarmente nei paesi altrui e che non si possa impedire loro di non entrare in un paese o se entrati di rinchiuderli in campi appositi e poi rispedirli da dove sono venuti.
Il territorio di un paese, di uno stato, di una città è come quello di una casa di qualsiasi uomo e di qualsiasi famiglia della terra, nessun'altro ha il diritto di entrare senza permesso, senza autorizzazione, senza lasciapassare, se lo facesse sarebbe un ladro, un rapinatore, un assassino, un violatore di domicilio, un criminale, un invasore violento e perciò un nemico.
I presunti bisognosi, asilanti, rifugianti non certificati, non collaborativi, irrispettosi e incompatibili come i nazisti maomettani vanno qualificati e trattati come maleintenzionati, criminali, soggetti pericolosi o indesiderati e cacciati. Gli altri se in numero limitato vanno verificati e se possibile aiutati ma se non è possibile alcun aiuto vanno raccolti e rispediti a casa loro.

Il territorio di uno stato/nazione/paese è come lo spazio di una casa, di una proprietà privata, è un bene primario e fondamentale di un paese, come lo sono anche le sue risorse finanziarie ed economiche, i suoi diritti di cittadinanza, le sue tradizioni e il suo patrimonio culturale;
nessun cittadino, amministratore e governante ha il diritto di disporre di questi beni comuni collettivi come se fossero suoi e di metterli a rischio di invasione, occupazione e distruzione, di sperperarli, scialacquarli, regalarli, privando così i cittadini che sono i legittimi proprietari e beneficiari dei loro beni essenziali.

Nessun cittadino, amministratore e governante può assumere o contrarre oneri, impegni, debiti e iniziative che pregiudichino l'integrità territoriale, i beni primari del paese, la sicurezza pubblica, la stabilità socio politica del paese, il benessere la pace e la tranquillità dei cittadini, e che siano un rischio per la vita dei cittadini. Se lo facesse si trasformerebbe in criminale estremamente pericoloso, in un traditore del paese, in un nemico mortale da combattere.
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » gio mar 15, 2018 9:27 pm

La teoria del complotto sul piano Kalergi
https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_de ... no_Kalergi

La teoria del complotto sul piano Kalergi è l'insieme dell'esposizione di fatti e circostanze tese a convalidare l'esistenza di un presunto progetto (chiamato piano Kalergi) d'incentivazione dell'immigrazione africana e asiatica in Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni[1][2][3]. Prende il nome dal filosofo austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894-1972), paneuropeista storico, cui viene attribuita la paternità di tale piano, soprattutto da ambienti nazionalisti di estrema destra e antiglobalisti[4] ma anche leghisti e separatisti[5].

La teoria fu elaborata dal negazionista austriaco Gerd Honsik (condannato in due occasioni, nel 1992 e nel 2009, per avere pubblicamente negato la verità storica dell'Olocausto[4]) nel suo libro Addio Europa[6] attraverso un'opera di selezione, rielaborazione e decontestualizzazione delle idee di Kalergi[4]. Questi, fondatore nel 1922 dell'Unione Paneuropea, aveva espresso, nella sua opera Pan-Europa. Un grande progetto per l'Europa unita e fin dalla fine della prima guerra mondiale, a ferite del conflitto ancora aperte, la necessità di un'integrazione continentale al fine di favorire la pacifica convivenza dei popoli. Inoltre, nel libro Praktischer Idealismus (1925), distingueva tra «uomo rustico», figlio dell'endogamia, forte di volontà ma debole di spirito e «uomo urbano», frutto della mescolanza razziale (Blutmischung), povero di carattere ma ricco di spirito[7], preferendo quest'ultimo in quanto più propenso al mantenimento della pace e auspicandosi una sua diffusione su scala mondiale, quindi non strettamente europea[7].

Tali due concetti furono alla base della reinterpretazione di Honsik[4], il quale li rilesse in chiave di annullamento delle identità nazionali e locali, d'imposizione del meticciato etnico e di «genocidio» dei popoli europei per sostituirli con quelli asiatico-africani al fine di ottenere un'etnia indistinta di docili consumatori piegati al mercato e al desiderio di dominio mondiale da parte di non meglio precisate élite economiche[3][4].

Nonostante nel citato Praktischer Idealismus Kalergi si limiti alla critica di tesi quali quelle della razza superiore della mistica nazionalistica tedesca e del superuomo nietzschiano, Honsik suggerisce che ivi si possano leggere le linee del presunto piano da lui denunciato: in realtà, lungi dal teorizzare nel suo Pan-Europa un'egemonia élitaria, Kalergi ipotizza unicamente un'unione confederata di Stati tra le diverse potenze europee con la garanzia reciproca della sovranità individuale e il rispetto delle diverse culture europee, in controtendenza agli ideali imperialistici e totalitari dell'epoca[3][4].

Nel secondo decennio del XXI secolo alcuni fattori, tra i quali la perdita di posti di lavoro e di stabilità economica in Europa a seguito della recessione del 2007 — i cui effetti colpirono in maniera più o meno pesante tutte le economie continentali — e l'esplodere di guerre nel terzo mondo che stanno causando l'arrivo in Europa di centinaia di migliaia di rifugiati, sia politici che in fuga dal conflitto, hanno favorito la diffusione delle teorie di Honsik soprattutto tra le persone più colpite dagli effetti della crisi economica[8]; in Italia Honsik ha trovato diffusione tramite la Lega Nord per voce del suo leader Matteo Salvini e, a seguire, diversi altri gruppi populisti di destra[3][9] nonché attraverso commentatori di un certo rilievo mediatico come Diego Fusaro[10], saggista attestato su posizioni di critica della modernità e del capitalismo[11], o anche il giornalista e scrittore Magdi Allam[12].

La teoria del complotto così elaborata sostiene che il detto fenomeno migratorio verso l'Europa fosse da lungo tempo programmato, voluto e incentivato da non meglio specificate élite al fine di giungere a un'unica razza meticcia euro-asiatico-africana, un «gregge multietnico senza qualità e senza coscienza» che sostituisca le popolazioni residenti nel continente e che sia più «facilmente manipolabile» dalle citate élite[3][4][9]; a detta di chi denuncia tale presunto piano, camuffato sotto la promozione dell'integrazione europea, sarebbe quindi in corso un tentativo di «genocidio programmato» avente come scopo e conseguenza finale «l'annullamento dell'individuo»[9].
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » ven mag 11, 2018 6:55 am

Contro questa Europa sovietica del comunista Spinelli più che contro l'Europa di Cattaneo e di Kalergi.




La dittatura europea - Ida Magli – Telegraph
Salvatore Clemente
Ida Magli (1925-2016)

http://telegra.ph/La-dittatura-europea-Ida-Magli-05-06


LA DITTATURA EUROPEA – Ida Magli (estratti)
copertina del libro

Premessa, pag. 7

Quando ho scritto Contro l'Europa sapevo soltanto una cosa: che l'unificazione dell'Europa era un'idea del tutto contraria alla ragione e alla storia.

Le società e le culture non possono camminare all'indietro, non possono regredire, così come le Specie: o progrediscono nella direzione di marcia verso la loro forma, oppure si estinguono. La Germania, la Francia, l'Italia, l'Inghilterra (solo per citare alcuni Paesi chiamati alla fondazione dell'Ue) erano giunti a diventare «Nazioni», con la loro individualità di territorio, di confini, di paesaggio, di patria, di lingua, di letteratura, di arte, di musica, di bellezza, di civiltà, attraverso un lungo percorso storico, perché questo «essere Nazione» era la «forma» di civiltà cui aspiravano: piena, forte, matura, felice. Avevano perseguito questo modello con lo sforzo, il lavoro, l'ingegno, le battaglie, il sangue, l'eroismo di secoli.

(...)

Capitolo 1. Salvare l'Italia dall'Europa, pagine 9, 11, 12, 19, 21, 22, 23, 25, 29, 30

Mi sono battuta con tutte le mie forze affinché qualcuno impedisse l'omicidio-suicidio di una delle civiltà più belle che l'umanità abbia prodotto senza riuscirvi. Ma quello che mi angosciava maggiormente era l'impossibilità di capire perché questo destino di morte sembrasse a tutti, salvo che a me, un evento ineluttabile, al quale era giusto adeguarsi sforzandosi di collaborarvi.

Maastricht era stato firmato nel 1992(1). Un trattato il cui testo sembra scritto da esseri alieni i quali, in base ai loro concretissimi interessi di denaro e solo denaro, impongono a popoli altamente civili, con la sicurezza dittatoriale di chi non sa quello che dice e quello che fa, di centrare la propria vita, il proprio futuro, sulle regole del «mercato», assurto a infallibile divinità. O meglio, sulla libertà di un mercato che, unico personaggio nel teatro di Maastricht, non soltanto non ha bisogno di regole, ma addirittura garantisce il suo più giusto funzionamento esclusivamente se gode di un'assoluta libertà.

La sua libertà, perciò, al di sopra di quella degli uomini, contro quella degli uomini, è la nostra prigione. Le «virtù» degli adepti del nuovo Dio si misurano nelle cifre dei loro bilanci, in un Pentalogo, chiamato «Parametri» (o criteri di convergenza), che fissa quali debbano essere e mantenersi per sempre i rapporti fra i cinque dati nei quali è racchiusa la vita dell'umanità.

Li riporto qui nella convinzione che la grandissima maggioranza degli Italiani e degli altri milioni di cittadini europei obbligati ad attenervisi, non li conosca affatto; e non li conosca perché nessuno ha voluto farglieli conoscere:

1) l'inflazione non deve superare di più dell'1,5% quella dei tre Stati più «virtuosi»; 2) il tasso d'interesse a lungo termine non può essere più di due punti sopra la media dei tre Stati suddetti; 3) negli ultimi due anni bisogna aver rispettato i margini di fluttuazione dei cambi all'interno del sistema monetario europeo e non aver mai svalutato la propria moneta rispetto a quella degli altri Paesi membri; 4) il deficit annuale delle amministrazioni pubbliche non può eccedere il 3% del Pil; 5) il debito pubblico complessivo non può essere superiore al 60% del Pil.

Il «per sempre» di Maastricht, messo a sigillo di un Trattato fra Stati, cosa mai avvenuta prima perché la saggezza delle diplomazie è stata sempre solita lasciare uno spiraglio ai cambiamenti, dobbiamo tenerlo ben fisso nella memoria perché lo ritroveremo continuamente nel nostro itinerario. L'edificazione dell'Unione Europea e in prospettiva di tutto il mondo, non conosce il divenire della storia, non prevede necessità di cambiamenti perché si fonda sulla certezza che non possa esistere nulla di più perfetto.

(...)

La frode europeista invece è nascosta in quell'articolo 11 [della Costituzione] che recita: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo». Come sia stato possibile far scaturire da questo articolo l'eliminazione della proprietà del territorio della Nazione (Schengen), la perdita della sovranità monetaria e della moneta, l'obbligo di una nuova cittadinanza, di una nuova bandiera, di una nuova Costituzione, nessuno potrà mai spiegarlo. A questa evidente frode è stata aggiunta, poi, un'altra consapevole volontà fraudolenta: aver inserito l'unificazione europea nella politica estera, di cui fa parte l'articolo 11, affinché gli italiani fossero costretti a subire la perdita dell'indipendenza senza poter esprimere il proprio parere. La democraticissima Costituzione italiana, infatti, vieta il parere dei cittadini nei due unici veri campi di esercizio del potere: il sistema fiscale e il rapporto con l'estero.

(...)

Un altro esempio ancora più grottesco si trova nel sistema di «scelta» dei parlamentari: non devono saper fare nulla dato che, una volta eletti, sanno fare tutto.

(...)

Ma è stata questa generalizzata incompetenza dei politici che ha permesso, o almeno ha reso più facile, a banchieri, economisti, esperti finanziari, di impadronirsi delle vere funzioni del governo, imponendone le regole a tutti. Maastricht nasce anche per questa totale delega da parte dei politici ai tecnici dell'economia, di ogni responsabilità nei confronti dei Popoli.

Come noteremo più volte lungo il nostro itinerario, l'Unione Europea rispecchia a ogni passo della sua costruzione questo «peccato originale»: mancano i popoli. E mancano perché chi gioca in Borsa, chi si occupa soltanto di denaro, e del modo di accrescerlo, neppure si ricorda che esistono gli uomini, anzi gli sarebbe d'impaccio ricordarlo. Il Trattato di Maastricht lo rivela continuamente. È per questo, perché è privo di qualsiasi riflesso d'umanità, che nessuno ha avuto il desiderio o la forza di leggerlo. Ma purtroppo questa è stata la sua fortuna: è andato avanti senza ostacoli perché, non avendolo letto, nessuno ha avuto neanche la voglia, la competenza per contestarlo.

Io, però, l'ho letto. La prima parte della mia battaglia contro l'unificazione europea è nata dall'orrore che ha suscitato in me; dalla constatazione che coloro che l'avevano pensato e sottoscritto erano dei despoti assoluti, quali ancora non erano mai apparsi nella storia, proprio perché non avevano alcun bisogno di riferirsi agli uomini per dettare il proprio disegno e le regole per realizzarlo. Non ne avevano bisogno al punto tale che le loro armi consistevano in multe in denaro per chi avesse disobbedito. Tutto il resto non aveva né senso né valore: la patria, la lingua, la musica, la poesia, la religione, le emozioni, gli affetti, tutto quello che riguarda gli uomini in quanto uomini, che dà espressione e significato al loro vivere in un determinato luogo, in un determinato gruppo, al loro contemplare un determinato paesaggio, al loro amare, soffrire, godere, creare, veniva ignorato.

Era mostruoso. Non potevo tacere. Dopo aver fatto tutti i tentativi che mi erano possibili per convincere qualcuno fra i giornalisti, i politici, i colleghi d'università, gli industriali, i medici che conoscevo, a organizzare un movimento anti-Maastricht senza riuscirvi, ho deciso di scrivere un libro. Contro l'Europa(2). Era il 1997.

(...)

A questo, del resto, è adibita la scuola di Stato: a preparare dei docili insegnanti e dei docili allievi della democrazia. E dell'Unione Europea. Quanto è stato flagellato Mussolini perché nelle scuole di Stato si formavano i giovani fascisti! Ma in che cosa sono diverse le nostre scuole dove si distribuiscono gratuitamente libri, preparati negli uffici dell'Ue e pubblicati con i nostri soldi, su Cittadinanza e Costituzione. Educazione alla cittadinanza europea?(3) C'è da aggiungere a questa autoritaria iniziativa la cosa più miserevole: la «cittadinanza» che, in base al titolo, dovrebbe costituire l'oggetto del libro, è un termine che nel testo ricorre una sola volta. La spiegazione di un errore così clamoroso è però molto semplice: non si vuole illustrare che cosa sia una «cittadinanza» perché sarebbe troppo difficile in tal caso convincere gli alunni a trovare giusto l'essere stati costretti ad avere due cittadinanze e a sentire l'Europa come «patria» (la cittadinanza europea è stata imposta a tutti i cittadini dell'Unione con il Trattato di Maastricht).

(...)

Sia ben chiaro però che, malgrado la tanto osannata democrazia esistente in Europa, ai popoli non è stato detto nulla dei tanti problemi che stiamo tentando di chiarire. Nulla, assolutamente nulla. L'informazione sull'unificazione europea è stata programmata fin dall'inizio per non informare, e ha proseguito sempre sulla stessa strada in modo da non fornire neanche il minimo indizio sulla realtà. Con la tattica tipica dei Progettisti del «Nuovo ordine mondiale», europeo e globale, la situazione viene semplicemente imposta, fatta trovare davanti agli individui e ai popoli già pronta.

(...)

Prego, però, i miei lettori di non pensare che io stia alludendo, come già tanti hanno fatto, alla «teoria del complotto». Non c'è e non c'è stato nessun complotto. E perché avrebbe dovuto esserci? Sono i sudditi, quelli che non hanno il potere, che sono costretti a «complottare», a lavorare in segreto per raggiungere il proprio scopo se vogliono cambiare le strutture politiche, il sistema del potere. I capi non hanno alcun bisogno di «complottare» visto che hanno in mano tutti gli strumenti per fare quello che vogliono, dai mezzi di informazione al denaro dei contribuenti, dall'emanazione di leggi funzionali ai loro scopi agli innumerevoli mezzi coercitivi per mettere a tacere chiunque li ostacoli. Nessun complotto, dunque. L'unificazione dell'Europa è un progetto dei Capi: tutto è stato fatto e continua a essere fatto alla luce del sole.

Questo non significa però che i popoli non siano stati ingannati, anzi. Mai è stata compiuta una tale trasformazione della vita dei popoli ingannandoli così profondamente, proprio perché quasi tutto, salvo il cambio della moneta, è stato possibile farlo a tavolino, sulla testa dei popoli; o meglio sulla carta geografica, senza la loro collaborazione. La «geopolitica» sembrerebbe nata apposta per poter creare l'Unione Europea, sorvolando e guardando il territorio dell'Europa da un aereo.

(...)

Si tolgono i confini fra gli Stati così come si impone alla gente una falsa percezione della realtà fisica affermando che montagne, fiumi, mari non dividono i territori, ma li uniscono. Il Mediterraneo è in qualche modo il segno di questo dispotismo allucinatorio: non separa, ma unisce. D'altra parte è evidente che questa è un'idea strumentale alla creazione politica dei cosiddetti «Paesi mediterranei» nei quali viene inclusa l'Africa del Nord nella prospettiva che un giorno faccia parte dell'Europa. Se, dicendo che sono bagnati dal Mediterraneo, si riesce a far credere che sono un tutt'uno anche i popoli, l'allucinazione è completa.

(...)

In analogia con il significato di ponti e di tunnel, i Progettisti dell'unificazione dell'Europa hanno innalzato a suo simbolo la «pace». A noi, però, sudditi dell'Unione non ne va bene una: la pace è un'idea bellissima, ma è anche il miglior strumento del potere nelle mani dei nuovi dittatori. Di conseguenza tutti i politici si sono aggrappati alla pace per giustificare le innumerevoli violenze che hanno ideato e messo in atto contro i popoli. L'eliminazione dei confini, tanto per fare un solo esempio, non avrebbe potuto mai essere realizzata senza guerre, quindi senza coinvolgere i popoli. Firmata a tavolino invece (Trattato di Schengen), è stata loro imposta con le drammatiche conseguenze dell'invasione immigratoria dalla quale non sappiamo come salvarci. Naturalmente i nostri Progettisti hanno previsto anche le possibili proteste mettendo in opera l'apposita legge di condanna e di «arresto europeo» per i reati di xenofobia e di razzismo, di cui il barbaro anticipo è stato in Italia la Legge Mancino.(4)

La strategia messa a punto per non dare nessuna reale spiegazione delle proprie azioni all'opinione pubblica, è stata perfetta. È evidente che, dato che facciamo il bene dei popoli, non è necessario informarli o chiedere il loro consenso. La bravura dei giornalisti, poi, ha fatto il resto. Bravura nel dire senza dire; nel non farsi trovare in fallo per non aver dato una notizia, e tuttavia nel riuscire a darla in modo che sfuggisse all'attenzione e tanto più alla comprensione del pubblico.

(...)

Credo che questo itinerario possa essere utile a tutti quei cittadini cui fino a oggi non è stata fornita nessuna informazione «vera» su ciò che i governanti hanno progettato sulla loro testa. Una volta messi sull'avviso, saranno in grado di capire in quale gravissimo pericolo si trovano e di valutare in che modo reagire per salvarsi dalla meta finale della «globalizzazione» e di un «governo unico mondiale». La situazione, infatti, è così confusa che è difficile capire se, e in quale direzione muoversi: da una parte si parla di un'Europa in declino, quasi moribonda e in procinto di cedere al passo agli islamici, e dall'altra simultaneamente di un'Europa fornita di una delle più potenti economie e di esempio al mondo per le sue leggi di tutela dei diritti umani.

Spero che dall'assurdo quadro che ci troviamo di fronte nasca finalmente almeno un dibattito; che venga anche a qualche altra persona oltre che a me, la curiosità (ma anche l'angoscia) di guardare cosa si nasconda sotto gli strani «misteri» che avvolgono l'«operazione Unione Europea». Infine e soprattutto che ci si possa mettere d'accordo per trovare una via d'uscita.

(...)

Il monumento dell'euro, che svetta davanti alla Banca Centrale Europea, è stato eretto a nostra vergogna. Vergogna di quella che un tempo era la Civiltà. (Da bravi dittatori, non ci hanno chiesto il permesso per costruirlo, ma la prima cosa che faremo, non appena avremo ripreso possesso di noi stessi, sarà quella di buttarlo giù.) Come ogni monumento eretto in onore e nel nome di una divinità, quello all'euro racchiude un segreto. È il segreto che ha sempre circondato i sogni, i miti, le fantasie alchemiche sulla fabbricazione dell'oro dal nulla. Lì, in quelle torri, si fabbrica davvero l'oro dal nulla. Adesso però lo sappiamo tutti che non c'è nessuna magia, nessuna formula segreta da scoprire. La sicurezza con la quale i banchieri hanno creduto di poter continuare a magnificare la propria potenza, sebbene il «segreto» fosse stato scoperto, ci fa anche capire quanto siano stati vanesi e sciocchi nel cercare di costruire, con l'unificazione europea, un futuro impossibile. E ci fa anche sperare che non sia difficile spazzarli via.

(...)

Capitolo 3. L'invenzione dell'Europa, pagine 109, 111, 112, 116, 118, 121, 122, 123, 124

La seconda strada che ho intrapreso è stata quella di inseguire le tracce dell'idea di un'Europa unificata nel passato più lontano, alla ricerca dell'origine di tutti i fili che avevo già messo nel mio telaio e delle tessere che avevo già inserito nel mio puzzle. Ero assolutamente certa che i filosofi e i politici di cui Prodi, Ciampi, Monti, Kohl, Mitterrand si facevano vanto come se fossero loro precursori, non avessero mai pensato che una federazione europea significasse mischiare i popoli costringendoli a essere tutti uguali. Volevo capire, però, ripercorrendone l'itinerario, in che modo vi fosse stato inserito l'inganno, e quali fossero i veri motivi che spingevano i maggiori responsabili politici degli Stati a realizzare l'unificazione, pur sapendo quali ne sarebbero state le conseguenze disastrose.

Di questo, infatti, adesso ero sicura. Il momento dell'«ingenuità» era finito. Se non si parlava, se non si discuteva, se nessuno reagiva in nessun modo, neanche di fronte alle normative europee più autoritarie e lesive della libertà e della democrazia, questo succedeva perché così era stato deciso. I responsabili politici sapevano; sapevano che le forze, le energie vitali, creative, della civiltà europea sarebbero state annientate. Favorivano, anzi provocavano, l'invasione di immigrati perché questo era un fattore che accelerava al massimo il processo di decomposizione dell'unità culturale oltre che fisica dei popoli, tenuti accuratamente all'oscuro delle mete che si volevano raggiungere affinché non potessero opporre neanche la più piccola resistenza.

Per prima cosa devo dire che mi era sembrata strana fin dall'inizio l'idea di un'Europa come un tutto. La differenza con altri continenti, con le altre Nazioni, era stata sempre questa: guardando all'Europa non si pensava affatto al territorio geografico perché il pensiero correva subito ai Greci, ai Romani, alla lingua o alla letteratura della Francia, alla musica o all'arte dell'Italia, alla filosofia o alla storia della Germania. Insomma l'identità delle singole Nazioni era la «vita», l'unica vita dell'Europa. Perfino l'aggettivo «europeo» non aveva mai contraddistinto i popoli d'Europa, dato che portavano fin dai più antichi testi di storia il nome della Nazione: Germani, Galli, Celti, Spagnoli, Italiani, Tedeschi, Francesi... nomi che scrivo con l'iniziale maiuscola per contrastare l'uso attuale della minuscola, silenziosamente imposto (naturalmente anche di questo fatto la prova è soltanto nella logica degli avvenimenti) dal laboratorio che si occupa, con la creazione della «neolingua», dell'annullamento linguistico delle identità.

(...)

Il progetto di unificazione europea investe, infatti, campi vastissimi di riflessione, affrontati consapevolmente e con grande profondità dai primi ideatori del sistema di pace perpetua, cosa del tutto aliena alla mente e agli scopi degli attuali Progettisti. Si potrebbe quasi applicare ai vari Kohl, Mitterrand, Adenauer, il giudizio di Rousseau su coloro che si immaginano ingenuamente che basti indire un congresso, proporvi i propri articoli e sottoscriverli perché ogni cosa sia risolta. L'idea della pace perpetua, però, si costituisce in maniera «semplicistica» anche nella mente dei grandi filosofi quali l'Abbé de Saint-Pierre e Immanuel Kant proprio perché «filosofi», abituati a spaziare liberamente nel mondo senza limiti del pensiero, al di fuori della concretezza del tempo e dello spazio, con tutto quello che questa concretezza comporta sul carattere dei singoli popoli e dei singoli capi.

(...)

Questa impronta ideale, priva di connotati concreti, è rimasta una caratteristica costante dell'idea di Europa agli occhi di tutti coloro che vi sono venuti a contatto: intellettuali, politici, semplici cittadini. Non farsi più la guerra? Certo, giustissimo, inauguriamo l'Era della pace. Cosa c'è di più semplice? Ma è stata proprio questa apparente semplicità a far sì che i politici potessero abbandonarsi alla violenza distruttiva della loro capacità di potere senza tenere nel minimo conto i milioni di sudditi che erano chiamati a subirne le conseguenze. Hanno, infatti, aggiunto mattone a mattone, costruendo l'enorme edificio dell'Unione Europea, senza coinvolgervi per nulla i diretti interessati; oppure, nei pochi casi in cui i popoli sono stati interrogati, passando sopra al loro parere negativo.

(...)

A forza di eliminare le differenze, si eliminano i confini anche dei nuclei familiari, dei sessi, oltre che quelli delle Nazioni e degli Stati, così che alla fine gli individui rimangono soltanto «individui», a livello planetario, il che significa giungere alla morte, in quanto la vita secondo la natura immaginata dai filosofi non esiste per nessun essere vivente.

Il mondo globalizzato cui aspirano i banchieri è in qualche modo prefigurato nel progetto filosofico di Kant. Una sola lingua, quindi una sola letteratura, un solo tipo di pensiero in tutto il mondo: questa sarebbe l'inevitabile conclusione del Progetto se non venisse fermato. C'è chi parla dell'inevitabilità della Terza guerra mondiale. Speriamo che non si debba giungere a tanto. Basterebbe riappriopriarsi della produzione del denaro, come vedremo alla fine della nostra ricerca, per bloccare il potere dei banchieri e il loro bisogno di un mondo globalizzato.

D'altra parte il presupposto di Kant, e di tutti quelli che se ne sono innamorati e l'hanno seguito nelle sue idee, è errato alle origini: sono e sono stati sempre i capi – dittatori, generali, imperatori, re, papi – a scatenare le guerre e a costringere i popoli a combattere. Perché dunque partire dai popoli per assicurare la pace? Anche se vivessero tutti nello stesso modo, anche se si considerassero tutti «fratelli» (concetto che è nato sulla base dei legami di sangue e che, laddove questi non contassero più come negli ideali kantiano-mondialisti, perderebbe qualsiasi pregnanza), senza più nessuna patria, nessuna famiglia, nessun sentimento di predilezione per nessuna persona e per nessun luogo, cosa ovviamente impossibile, basterebbe che i capi, i quali ci sono sempre, dessero l'ordine di combattere e di uccidere uomini o gruppi, e gli ipotetici esseri amorfi e privi di desideri del mondo globalizzato obbedirebbero. Tanto più infatti l'uomo è privo di volontà personale, tanto più obbedisce alla volontà di chi comanda.

(...)

Fra questi primi ammiratori e sedicenti seguaci di Nietzsche e di Mazzini, troviamo il conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi che nel 1922 fondava a Vienna il Movimento Paneuropeo. Non si trattava di una decisione improvvisa. Nato a Tokyo nel 1894 dove il padre, ambasciatore di Francia, aveva sposato una principessa giapponese, Richard Coudenhove-Kalergi (cognomi del padre e della madre) era vissuto a Vienna in un'atmosfera raffinata e cosmopolita, alimentando i suoi interessi internazionali nelle conversazioni con i maggiori intellettuali e politici del momento quali Heine, Wagner, Bismarck. Comincia perciò giovanissimo a interessarsi al progetto di un Nuovo Ordine Internazionale Mondiale, basato su una Federazione di Nazioni guidata dagli Stati Uniti. Si trovano già espressi in questo progetto alcuni presupposti che renderanno difficile la realizzazione dell'Unione Europea: aver assunto gli Stati Uniti, in quanto Stato esemplare di federalismo, ad esempio, e guida per l'Europa e l'aver indicato la mondializzazione come vera meta del movimento federalista.

Naturalmente il passo indispensabile per dare il via al Nuovo Ordine Mondiale era la creazione di un'Europa unita, la Paneuropa. Nel 1923 Coudenhove-Kalergi pubblica il saggio Paneuropa dove espone i motivi per i quali è necessario realizzare una «federazione» degli Stati d'Europa.(5)

(...)

Non potevo più pensare che tutto il mondo fosse diventato incosciente e imbecille. Se nessuno parlava, questo poteva significare soltanto una cosa: che, anche se la massa non ne sapeva nulla, molti, però, sapevano e obbedivano all'ordine di non parlare.

Sono tornata perciò al nome, quasi del tutto sconosciuto in Italia di Coudenhove-Kalergi, nella speranza di riuscire a trovare nel passato qualche spiegazione di quello che è avvenuto nell'edificazione dell'Ue. Coudenhove-Kalergi è un personaggio, a dire il vero, poco simpatico perché, pur dotato di grandi capacità organizzative, le adopera però con eccessiva sicurezza. Il suo pensiero teorico non è mai incrinato dal minimo dubbio. Una caratteristica psicologica – questa certezza – che dobbiamo tenere presente nella nostra ricerca perché connota in egual modo tutte le persone che collaborano all'unificazione europea. Un'identica visione della natura degli uomini e dei loro bisogni, accomuna tutti coloro che, dal momento in cui si comincia a pensare alla gestione unitaria, per prima cosa disegnano una nuova sistemazione degli Stati d'Europa, considerandoli entità indipendenti dai milioni di esseri umani che li abitano.

(...)

Ufficialmente Coudenhove-Kalergi è soltanto un teorico della politica e non occupa nessun posto di potere; ma una volta esposta pubblicamente, con il saggio Paneuropa, la sua convinzione che la creazione di una Federazione degli Stati sia l'unico mezzo per conservare all'Europa il ruolo di potenza mondiale, comincia a muoversi promuovendo convegni e incontri con importanti uomini della politica e della finanza, europei e americani. In base alle inamovibili certezze cui accennavo, Coudenhove-Kalergi ribadisce in continuazione le sue tesi, senza mai cambiare una virgola per tutta la vita (è morto nel 1972).

(...)

Il «dubbio», principio metodologico di base per qualsiasi scienziato, per l'inventore di Paneuropa non esiste. Ciò malgrado, però, Coudenhove-Kalergi trova ovunque molti consensi o forse proprio per questo. Un uomo pericoloso, dunque, perché straordinariamente influente sulle persone dotate di potere politico come quelle di potere finanziario, tanto da indurle a concretizzare ciò che esse stesse desiderano per i propri interessi, appoggiandosi, per suo tramite, alle teorie che confortano i loro desideri. Alludo in particolar modo all'interesse dei politici ad allargare l'area del proprio potere con il sistema della Federazione fra Stati, e all'interesse dei banchieri e dei finanziari a ingrandire l'area degli scambi e dei mercati con l'abbattimento dei confini e delle dogane.

(...)

Nell'ottobre 1926 si tenne a Vienna il primo Congresso dell'Unione paneuropea, presieduto dal cecoslovacco Edvard Benes, dal presidente del Reichstag Paul Löbe e dal politico italiano Francesco Saverio Nitti. Duecento i delegati, rappresentanti di ventiquattro nazioni, inclusi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia. Le simpatie per Paneuropa arrivavano indifferentemente da personalità politiche sia democristiane sia socialiste, come ricorda lo stesso Coudenhove-Kalergi in Storia di Paneuropa. Konrad Adenauer, infatti, che diverrà nel dopoguerra cancelliere federale, era il fondatore della democrazia cristiana tedesca insieme a Robert Pferdmenges, che era membro del Reichstag di Hitler; Hjalmar Schacht era a sua volta membro delle Finanze del Reich e uomo di fiducia di Wall Street presso Hitler; Sean Mac Bride, anch'egli un entusiasta mondialista che nel 1961 fonderà l'associazione Amnesty International ottenendo il Premio Nobel per la Pace, e Karl Haushofer il teorico dello spazio vitale di Hitler e suo «guru» nel misticismo delle società segrete.

(...)

Capitolo 4. L'impero dei banchieri, pagine 149, 152, 172

Il 2 maggio 1998 alcune delle famiglie europee più importanti del mondo politico e di quello degli affari tenevano pronto lo champagne da stappare per lo storico momento in cui da Bruxelles i corrispondenti televisivi di tutti gli Stati d'Europa avrebbero annunciato la nascita dell'Unione Monetaria Europea. Ma soprattutto la nascita dell'unico vero sistema di governo e di potere su tutti i cittadini d'Europa: la Banca centrale europea (Bce). In Italia si aspettava l'apparizione in televisione di un soddisfattissimo Prodi che, con il calice in mano, doveva festeggiare, insieme a Carlo Azeglio Ciampi, suo principale complice nella gigantesca svendita dei beni e del denaro degli italiani offerti in sacrificio alla nuova divinità «Europa», l'avvenuto tradimento.

In un divertente, anche se amarissimo libro, intitolato L'insopportabile pesantezza dell'euro,(6) Antonello Zunino, noto analista finanziario, prefigurava (siamo nel 1999), raccontandolo come contenuto di un suo sogno, quali sarebbero state le strade segretissime che avrebbero preso i politici, ma soprattutto i banchieri e gli economisti che avevano voluto a tutti i costi creare la moneta unica europea, per sfuggire alle ire e alle vendette dei popoli al momento del crac dell'euro. Il compito di accompagnarli fuori dalle loro nobili sedi in luogo sicuro, con il massimo tatto e in grande segretezza, era stato affidato proprio a lui, Zunino, nella sua qualità di vecchio finanziare, buon conoscitore dei vizi piccoli e grandi degli abitanti del mondo più nefando di tutti, quello della creazione e dell'accumulo dei soldi. Il sottotitolo del libro spiega ancora meglio, infatti, la gravità del momento: «È iniziato il crepuscolo degli dei».

(...)

Chi erano? Zunino fa pochi nomi fra quelli italiani: Ciampi, Prodi, Monti, Visco, nomi talmente noti e ovvi che il citarli non sembrerebbe dover richiedere alcuna precauzione. Zunino, tuttavia, ha ritenuto che non fosse sufficiente, per tutelarsi da eventuali vendette, affidarsi a un romanzo di «fantaeconomia» (come lui stesso lo definisce), ma addirittura a un sogno all'interno del romanzo. Qualche buona ragione nel temere rappresaglie la si poteva individuare nel fatto che, contrariamente alla giustizia sognata nel racconto, i traditori erano (sono) diventati più potenti di prima, in base alla regola che più hanno tradito e più debbono essere ricompensati. Ciampi è stato infatti premiato dal Bilderberg e dalle altre potentissime società di cui è membro, con il massimo della carriera: è diventato quell'incredibile presidente della Repubblica Italiana, grottescamente finto innamorato della patria e dedito al culto di se stesso nelle vesti di capo dello Stato, che abbiamo visto pretendere «ghedaffiane» parate militari in costumi storici. Mario Monti, invece, anch'egli membro dei due club mondialisti più potenti, il Bilderberg e la Commissione trilaterale, è stato premiato, in maniera forse meno vistosa agli occhi del pubblico ma più significativa dal punto di vista del potere, in quanto è stato immesso nel Consiglio della Banca centrale europea. Se si pensa che era stato costretto a dimettersi, insieme alla Commissione Santer, per «l'accertata responsabilità collegiale dei commissari nei casi di frode, cattiva gestione e nepotismo» messi in luce dal Collegio di periti nominato dal Parlamento europeo, si rimane ancora più convinti che i giudizi per i detentori del potere sono molto diversi da quelli riservati ai normali cittadini. (Aggiungo, per completezza d'informazione, che fu costretto a dimettersi anche l'altro commissario italiano, Emma Bonino, anch'essa naturalmente presente alle riunioni del Bilderberg, a causa del buco di settemila miliardi rilevato nell'Ufficio europeo per gli Aiuti umanitari d'emergenza di cui era a capo e che non abbiamo mai saputo dove siano andati a finire).

(...)

Di Carlo Azeglio Ciampi, che conosciamo già come devastatore delle finanze italiane tramite la massiccia svalutazione della lira e come liquidatore, con l'aiuto delle potenti banche Goldman Sachs, Marrill Lynch e Solomon Brothers, delle maggiori industrie dello Stato,(7) è inutile forse sottolineare il fatto che appartiene a quasi tutte le organizzazioni semisegrete che guidano il mondo. Oltre che al Bilderberg e dell'Aspen Institute, è membro della Banca dei Regolamenti internazionali (Bis), autentico vertice del capitalismo finanziario mondiale, di cui è stato anche vicepresidente. Giustamente, quindi, come abbiamo già visto, è stato premiato con la presidenza della Repubblica.

(...)

La costruzione dell'Unione Europea è servita soprattutto a questo ribaltamento: i banchieri governano, i politici eseguono. Per ora il grande gioco è riuscito, anche perché sembra che nessuno se ne sia accorto. Ma non è improbabile che, presto o tardi, si verifichi una clamorosa caduta degli dei. Manca infatti ai banchieri quello «schermo» illusorio quanto si vuole, ma schermo di cui la democrazia ha fornito i politici: la rappresentanza, la delega. Si tratta dello strumento principale che permette ai governi democratici di sussistere, anche quando incorrono in clamorosi errori, senza essere costretti a eccessi autoritari. I cittadini, infatti, se ne stanno tranquilli, anche di fronte ai peggiori disastri, con la convinzione di avere in mano, in base all'esercizio del voto, il potere ultimo, quello di liberarsi, se vogliono, dei governanti.

Note:

(1) Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, C224, 35° anno, 31 agosto 1992, edizione italiana.

(2) Ida Magli, Contro l'Europa, Bompiani, Milano 1997.

(3) Bianca Maria Riberto, Cittadinanza e Costituzione. Educazione alla cittadinanza europea, SEI, Torino 2010.

(4) Carlo Alberto Agnoli, «Legge Mancino» n° 122. Come trasformare gradualmente l'Italia in un grande campo di concentramento, Edizioni Civiltà, Brescia 1995.

(5) Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi, Paneuropa, Il Cerchio, Rimini 1997.

(6) Antonello Zunino, L'insopportabile pesantezza dell'euro, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1999.

(7) David Icke, La verità vi renderà liberi, Macro edizioni, Diegato di Cesena 2007.

(8) Marco Della Luna, Antonio Miclavez, Euro Schiavi. La Banca d'Italia; la grande frode del debito pubblico, Arianna Editrice, Bologna 2008.

Fonte:

Ida Magli, La dittatura europea, Rizzoli-Bur, Milano 2010 (206 pagine).




Alberto Pento
L'idea dell'unione federale europea di Cattaneo e di Kalergi era una buona cosa, questa Europa unita del comunista Spinelli invece è una cosa orrenda. L'idea di una Europa Unita e Federale non era e non è una cattiva idea se ha come modello la Svizzera e consente ai popoli europei di liberarsi delle loro nefaste e nefande caste parassitarie e irresponsabili che abbondano specialmente in Italia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » ven mag 11, 2018 6:57 am

"L'EUROPA DEI POPOLI", NEL SOGNO DI CATTANEO, TORNA A ISPIRARE IL NORD SFRUTTATO E VILIPESO
di ROMANO BRACALINI

http://www.lindipendenzanuova.com/leuro ... vilipeso-2

Fu dopo il ’48,nel volontario esilio del Ticino,sulla base dei suoi studi e delle sue meditazioni,che Carlo Cattaneo cominciò a concepire l’ideale federalista che avrebbe dovuto ispirare l’Europa dei popoli. Negli avvenimenti del moto popolare milanese aveva visto la continuazione di tutta la storia dell’Italia comunale. Essa dimostrava che la forza della nazione stava nel popolo delle città e ripeteva con Romagnosi che “la molla, solida, attiva, reale e permanente del vero e sicuro patriottismo stava nel municipio”, e che in lui “solo sta la base di sicurezza di tutto”.

Erano Municipi Pisa, Venezia, Firenze, Genova. Barbarossa fu sconfitto da una lega di città. Venezia salvò l’Europa dai turchi.Viceversa nel ’49 i centomila soldati della monarchia piemontese non seppero contrastare i quarantamila soldati di Radetzky, metà dei quali erano veneti e trentini che non avevano mai sentito l’appartenenza all’Italia. Il potere non si delega;lo si esercita in proprio. Ogni popolo doveva proclamare la sovranità,nominare un’assemblea e organizzarsi autonomamente. Una volta ottenuta la propria libertà, avrebbe cercato di associarsi agli altri in una federazione capace di respingere ogni minaccia alla sua esistenza. E di cooperare alla libertà degli altri popoli in un processo continuo di aggregazioni e fratellanze. La Svizzera si era formata in base a questo principio nel corso di parecchi secoli. L’Europa dei popoli avrebbe dovuto fare altrettanto.

Nessun popolo è nemico dell’altro, solo le oligarchie e i sovrani si inventano i nemici per brama di conquista e di potere. In Lombardia era sempre stato vivo lo spirito autonomistico municipale, e si sarebbe guardato con scarso interesse alla formazione di una qualunque entità statale in cui Milano, la sola città di respiro europeo che non avesse i piedi nel “botro” mediterraneo, non dovesse svolgere un ruolo preminente. Lo stesso Cattaneo dava al suo progetto una connotazione fortemente lombarda non negando di vedere nella borghesia settentrionale la sola classe imprenditoriale moderna in grado di assicurare lo sviluppo economico e civile del paese. Più volte fece capire di ritenere problematica l’unione di regioni troppo diverse e di temere che quelle più sviluppate potessero rimetterci qualcosa associandosi a quelle più povere e arretrate. Una grande federazione sarebbe stata senz’altro possibile se la Campania, la Sicilia, la Lucania avessero avuto lo stesso grado di sviluppo della Lombardia o della Liguria. Ma così non era. In queste condizioni nemmeno un forte assetto centralista avrebbe resistito a lungo. Uno stato unitario,che non tenesse conto delle differenze tra Nord e Sud, era apparso fantasioso e irreale anche a Napoleone III che aveva immaginato un assetto federale,il solo che si addicesse a un paese anomalo come l’Italia.Solo la monarchia sabauda aveva interesse a un’Italia unita unicamente per ragioni di prestigio e di potenza. Nessuno ricordava le parole di Gian Domenico Romagnosi:”Le piccole teste sono soggiogate dall’idea dell’unità. L’uniformità poi è comoda perché dispensa dal pensare. I gretti ammiratori d’un aspetto solo ben ordinato crederebbero di peccare soggiungendo varietà”. Dimenticato l’insegnamento di Montesquieu che individuava nella pluralità e nell’equilibrio dei poteri la fonte della libertà.

Cattaneo non respingeva l’idea di una Nazione italiana, bensì il modo in cui essa si sarebbe realizzata: al disegno di fusione di tutti gli stati in uno solo opponeva l’idea di una libera federazione,”una promessa dell’uno per tutti e di tutti per uno”. Ma ai suoi tempi gli diedero del visionario; lo accusarono di volere “un’Italia in pillole”. Dall’esilio svizzero non si stancava di ammonire, ribadendo un concetto sempre di drammatica attualità in Italia: “Chi non apprezza la libertà,si rassegni a vivere servo”.
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Messaggioda Berto » dom ago 26, 2018 8:37 pm

Idealismo pratico di Kalergi in lingua francese
https://ia902305.us.archive.org/12/item ... _IP_fr.pdf
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Messaggioda Berto » sab set 08, 2018 7:20 pm

Comitato di Ventotene

Ieri abbiamo consegnato la nostra prima tessera onoraria a Marco Cappato
Le battaglie di Marco non solo hanno avuto un impatto reale sulla vita di ognuno di noi, ma hanno anche ispirato molte persone a perseguire gli ideali di libertà e giustizia, sfidando convenzioni e ostacoli con coraggio e dignità.
Con questo gesto simbolico si consolida un’alleanza di princìpi e di persone, che guarda al futuro del nostro Paese e dell’Europa.
https://www.facebook.com/ComitatoVentot ... 8989035583


Gino Quarelo
Marco potrebbe migliorare passando o evolvendosi dall'Europa sovietica di Ventotene e di Spinelli a quella liberale, democratica di Kalergi che fu il primo e vero animatore dell'Unione Europea.

Comitato Ventotene
"La caduta dei regimi totalitari significherà per interi popoli l'avvento della "libertà" sarà scomparso ogni freno ed automaticamente regneranno amplissime libertà di parola e di associazione.
Sarà il trionfo delle tendenze democratiche. Esse hanno innumerevoli sfumature che vanno da un liberalismo molto conservatore, fino al socialismo e all'anarchia"
(Il Manifesto di Ventotene)



Gino Quarelo
Peccato che il Manifesto di Ventotene scritto nel 1941, abbia trascurato di inserire tra i regimi totalitari da combattere quello europeo comunista e a livello europeo e mondiale quello maomettista o islamico.

Infatti è un manifesto incoerente e contradittorio perché contiene al suo interno l'elemento socialista che è alla base di tutti i regimi statalisti totalitari e ademocratici: fascista e nazista che si propone di combattere ma anche comunista;
germe socialista che predomina nella UE odierna e che la sta trasformando in un regime parassitario, statalista, burocratico, ademocratico ed elitario, antisemita-antisionista-antisraeliano e per una sorta di attrazione fatale tra simili aventi visioni totalitarie e dogmatiche, la UE è divenuta sostenitrice dei regimi autoritari islamici come l'Iran e in generale del nazismo maomettano.

Kalergi invece era un liberale e un democratico vero che avversava tutti i regimi compreso il social-comunismo.

Spinelli e certi radicali di radice socialista come la Bonino sono la rovina dell'Europa.
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Messaggioda Berto » sab set 08, 2018 7:25 pm

La sinistra di nuovo in marcia verso il nulla
L'Opinione delle Libertà
Giuseppe Basini
2018/09/07

http://www.opinione.it/editoriali/2018/ ... ly-correct

Il dramma storico del comunismo, russo e internazionale, fu sintetizzato da uno striscione inalberato dalla folla di studenti e operai scesi in piazza nei giorni delle ultime convulsioni del blocco sovietico. C’era scritto: “Settant’anni di marcia verso il nulla”, una marcia che, nella sola Urss, lasciava dietro di sé molti milioni di morti. In quei giorni la Russia e i Paesi dell’Europa orientale finalmente riprendevano, faticosamente, il viaggio verso il progresso, l’umanità e la libertà.

Penso a questo, oggi, perché preoccupato dall’ormai chiara involuzione della sinistra occidentale, che, pur tra mille contraddizioni, sta assumendo sempre più le caratteristiche di quella rabbiosa intolleranza che fu propria del comunismo e senza neanche quella fiducia nel progresso, che, seppur rozza e fideistica, almeno nel comunismo c’era.

Ma vediamo cosa la sinistra occidentale, che solo in parte fu legata alla storia del comunismo, abbia determinato o contribuito fortemente a determinare, dal dopoguerra ai giorni nostri. Anzitutto il problema della libertà di espressione e di pensiero. Sono diventate sempre di più, negli anni, le leggi che pongono limiti alla libertà di pensiero e alla sua esternazione e per di più applicate nelle interpretazioni più estensive, tali da essere dilatabili fino a comprendere anche atti e fenomeni che poco avrebbero a che fare con il loro dettato. E, si badi bene, non stiamo parlando di leggi democratiche e di validità generale contro la violenza, da chiunque praticata; no, si tratta di leggi mirate contro una parte o scuola di pensiero, indipendentemente dal merito e dalle sue infinite articolazioni. Si è cominciato, in alcuni Stati, con il divieto di ricostituzione del partito fascista, giustificato con l’allora fresco ricordo di quella dittatura, si è continuato con la sanzione della sua propaganda apologetica, si è proseguito con la messa al bando di ogni concezione etnica anche quando non tale, ma puramente e solo identitaria e, col recente reato di negazionismo, si è arrivati al divieto di mettere in dubbio, anche su un piano puramente tecnico-documentale, la verità storica dei campi di sterminio, verità in tal modo però assolutizzata e sottratta alla ricerca (la verità deve essere tale semplicemente perché vera e non per dogma) e fino al punto di provare a sanzionare non solo chi negava quella verità, ma anche chi semplicemente criticava una legge che limitava la libertà degli studi storici. Si è arrivati poi a lambire autoritariamente tutti i campi, nessuno escluso. Qualunque critica agli omosessuali e alle loro monomaniacali lobbies è diventata “incitazione all’odio” verso i diversi e rischia la sanzione di un’apposita legge, la critica all’azione di penetrazione “politica” di talune religioni diviene discriminazione religiosa condannabile, mentre, in Italia, il “sospetto” di infiltrazioni mafiose può condurre allo scioglimento d’autorità di amministrazioni comunali che, democraticamente elette, possono così essere non democraticamente sciolte, mentre, senza attendere il giudizio penale finale, si confiscano molto facilmente beni e proprietà private dei sospettati di mafia.

Insomma, sempre più spesso si nega alla radice l’impianto generale di uno stato di diritto liberale. Nella prassi, se possibile, ancora peggio, si sono moltiplicate le richieste di scioglimento di partiti politici di destra, così come sono aumentati i presidi aggressivi contro le libere manifestazioni di partito, anche moderate, di quella parte, le contestazioni di qualunque vittoria elettorale conservatrice sono divenute immediate e rabbiose e spesso pretestuosamente giudiziarie, accompagnate con un disprezzo dichiarato, coltivato e veicolato, dai grandi mezzi di informazione radical-chic. Basta vedere come reagiscono, dagli Stati Uniti all’Italia, dalla Polonia all’Ungheria, a libere scelte elettorali che a loro piacerebbe tanto poter interdire su di un piano mondiale. Tutto questo sta diventando (o ritornando) un carattere distintivo delle sinistre, sia italiane che internazionali, il “politically correct” è ormai il sigillo della nuova intolleranza e tende ormai a estendersi a tutto, dalla larvata criminalizzazione del corteggiamento uomo-donna, alle paranoiche accuse di “assassinio” degli animali lanciate da molti animalisti vegani, mentre contemporaneamente si mina il concetto di unicità e inviolabilità della vita umana, dal concepimento alla morte. E tutto questo in un mondo in cui il villaggio elettronico globale ha certamente aperto la strada a nuove opportunità, ma anche a enormi nuovi rischi, col Grande Fratello divenuto informatico. E il bello è che “i nuovi compagni” più diventano intolleranti, più amano definirsi liberali o almeno liberal, quando sono la più sfacciata negazione della liberal-democrazia, sempre più assente dalla loro concezione ed incompatibile coi loro comportamenti. Il divieto e la sanzione, al posto del confronto delle idee, il proibire quasi tutto e ciò che non è proibito renderlo obbligatorio. Ancora peggio quando si passa dalla politica all’economia e ai comportamenti individuali.

Del tutto incapaci di comprendere veramente il ruolo della libertà in economia, con diligenza da neoconvertiti, si dedicano però allo struscio coi grandi capitalisti per sentirsi parte del salotto buono, mentre affondano l’iniziativa privata in un mare di regole e ne chiedono sempre di nuove, confondendo il capitalismo di stato con il libero mercato. Come lo studente che copia senza capire, sono diventati solo “mercatisti” senza darsi la fatica di intelligere, di comprendere che non esistono formule “prêt-à-porter” facili da applicare e che, ad esempio, una limitata e concordata politica di dazi doganali, può talvolta evitare le pericolose monocolture agricole o industriali (e penso al Cile di Allende pesantemente dipendente dai corsi del rame o al Giappone privo di risorse alimentari, senza contare i Paesi petroliferi) in favore di una situazione più diversificata e meno dipendente dai rischi di crisi del commercio internazionale (il risultato sarebbe un po’ come con le assicurazioni, che costano, ma attutiscono le catastrofi). Lo stesso sul piano dell’energia e dell’ambiente, si dà per già completamente dimostrata la responsabilità umana nel riscaldamento globale per effetto serra e poi si combatte la forma di energia che meno di tutte lo provoca: quella nucleare.

Sul piano dei diritti individuali, poi, la sinistra ha portato a una compressione violenta delle libertà personali, dal giustizialismo che con la cultura del sospetto e il carcere preventivo ha indebolito lo stato di diritto e con esso le garanzie dei cittadini, alla vanificazione del diritto di proprietà, oggi reso precario dai troppi poteri abusivi attribuiti alle autorità locali, che, con il “vincolismo selvaggio” autoritario e le troppe tasse sugli immobili, anche non destinati a reddito, stanno riportandoci all’alto medioevo del signoraggio del potere sulle proprietà private altrui.

Ma dove la sinistra ha dato il peggio di sé è nell’aver annullato la speranza del futuro. Lungo tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, lo spirito della vecchia Europa, sposato all’ottimismo americano, fu il motore che continuò a spingere i pionieri “sempre più ad Ovest”. Il desiderio di libertà sopravviveva infatti intatto e vitale nella Nuova Frontiera di John Fitzgerald Kennedy e Wernher von Braun. Quello spirito, quell’eterno, irrequieto, spirito occidentale, ci portò sulla Luna. Pensavamo al Futuro, non solo per idearlo e costruirlo, ma soprattutto per realizzare le condizioni per poterlo avere, un futuro. Penso a questo, oggi che quello spirito va ritrovato, oggi che non riusciamo a uscire da una crisi di fine millennio, ancora ripiegati in noi stessi, in preda a dubbi, angosce e prediche catastrofiche di bigotti, guaritori, nichilisti e santoni. Penso a questo oggi, che è più che mai necessario riprendere il nostro cammino, per continuare a vivere da uomini.

Non sbarcammo sulla Luna solo per un sogno (come dissero i poeti), per le ricadute economiche (come scrissero miopi economisti) o per motivi di puro prestigio (come sostennero gli agit-prop, i distratti e alcuni imbecilli) ma essenzialmente per questo: per assicurarci un futuro. Quel giorno agimmo per assicurarci l’unico futuro non solo auspicabile, ma realisticamente possibile: un futuro di libertà. Non credo che potremmo avere un futuro col numero di figli stabilito per legge, le professioni, i costumi, le attività economiche sempre più strettamente regolate, lo spazio individuale a disposizione rigidamente fissato, una standardizzazione e massificazione dei comportamenti sempre più accentuata, una fine di tutte le differenze e le tradizioni, una pesante tutela internazionale contro le nazioni, i popoli e i loro “populisti” (tutte cose che, per i limiti finiti del nostro pianeta, ci dicono di doverci imporre e sempre più ci imporranno), senza provocare una crisi di follia generalizzata, che sola, oggi, potrebbe condurre a una guerra totale, a massicce invasioni o a un perenne stato insurrezionale. Perché questo è il pericolo insito nella “crescita zero” (che non solo non esiste in natura, dove tutto invece cresce o decresce, ma è forse la più pericolosa utopia mai concepita dal pensiero di sinistra), il pericolo di considerare l’uomo solo come una perturbazione di un preconcetto ordine naturale – preconcetto perché nella natura l’uomo invece c’è – o addirittura come un peccatore degno di scomparire o almeno da irreggimentare e comprimere, prescindendo completamente dalle sue inclinazioni e tendenze, aspirazioni e paure, fino a farne un “uomo diverso”, eterna e sciagurata tentazione di tutte le dittature, vecchie e nuove, dal nazismo, alle teocrazie, al comunismo. Ecco perché lo Spazio, allora. Lo Spazio assicurerà la crescita futura e con essa la prosecuzione della nostra avventura di esseri umani, ma già da oggi dobbiamo cominciare a prepararci, sia per essere pronti quando assolutamente servirà, sia per avere – da subito – il beneficio di sapere che c’è una prospettiva di futuro per le prossime generazioni, nostra necessità psicologica e nostro dovere morale.

È solo e unicamente in questa prospettiva che la conservazione dell’ambiente, la lotta agli sprechi, la moderazione dei consumi, diventano vero buon senso, perché servono a darci il tempo di preparare la grande avventura, invece di essere il prologo di una futura immensa galera. E la storia umana, cominciata con la lotta al fuoco, al freddo, alla fame, continuerà. Non è compito di noi, semplici cittadini di oggi, colonizzare i pianeti, i figli dei nostri figli lo faranno, ma nostro compito è creare le premesse scientifiche, tecniche e industriali, perché essi lo possano fare quando diverrà insieme possibile, necessario e urgente. Saranno pionieri spinti dall’interesse e dall’avventura i colonizzatori, oppure deportati, perseguitati e galeotti? Anche questo dipenderà da noi, dalla nostra capacità di avere o no difeso e sviluppato la liberal-democrazia e le libere istituzioni. E questo è il nostro secondo grande compito, che dovrebbe essere di tutti, perché di tutti sono i problemi. A tutto ciò invece si oppone, tradendo le ipotesi di socialismo nella libertà, la sinistra occidentale (e purtroppo in quasi tutte le sue articolazioni) ormai ricaduta nel clericalismo della sostituzione della ragione con la Dea Ragione, rifiutando il dubbio e la ricerca come metodo.

La sinistra ormai non è più solo un pericolo per la sopravvivenza della nostra concezione liberale del mondo, il che comunque ci dispiacerebbe e molto, la sinistra ormai è un pericolo potenziale per la semplice convivenza nel mondo stesso, con la sua intolleranza e il suo giacobinismo, con le destabilizzazioni internazionali manichee che provoca e con l’oscurantismo irrazionale che evoca, col radicalismo esagitato delle sue troppe guerre sante finte e la sua mal dissimulata sottovalutazione delle troppe guerre sante vere. La sinistra non solo non aiuta certo la soluzione dei problemi, ma ne crea di nuovi e falsi. La sinistra, purtroppo, si è di nuovo messa in marcia verso il nulla.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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