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L'ndipendentismo veneto padano che sta demenzialmente con la Russia di Putin contro l'Ucraina, l'Europa e gli USA e per la secessione della Crimea e di altre aree dell'Ucraina
In queste pagine una serie di prese di posizione nel giornale indipendentista "Indipendenza" a partire dal 2014
Alcune a favore dell'Ucraina, altre a favore della Crimea secessionista e della Russia di Putin
Ucraina, Crimea e Donbass
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =143&t=464
L’Ucraina è esplosa! Ma non per essere governata dagli Eurocrati
http://www.lindipendenza.com/lucraina-e ... -eurocrati
di ALESSANDRO VITALE
L’esplosione della situazione politica in Ucraina è diventata oggetto in pochi giorni di una martellante quanto nauseabonda propaganda dell’Europa di Bruxelles e dei suoi più fidati ideologi a tempo pieno.
Si sono schierati in prima fila, non a caso, i giornalisti italiani.
Nella fantasmagorica fiera dell’ipocrisia che ne è scaturita, si sono sentite e lette unanimi espressione ridicole quali: “oppositori filo-europeisti” del governo ucraino, “a Kiev si muore per l’Europa” o “la lotta di martiri dell’Europa” – come se UE e Europa fossero la stessa cosa.
Alla faccia di bronzo non c’è limite. Non solo ricercatori seri che nell’Europa occidentale, negli ultimi quindici anni, avevano previsto l’esplosione di quella pentola a pressione portata a un grado di ebollizione intollerabile e senza sbocchi, soprattutto a causa delle politiche UE, sono stati sbeffeggiati ed emarginati, ma ai danni irreparabili si sono volute aggiungere anche le beffe.
L’UE rimane figlia della guerra fredda.
È nata dalla più antieuropea delle condizioni (la spaccatura bipolare fra Europa Occidentale e Europa Orientale, che è stata la sua stessa ragion d’essere), è proliferata su quella e ha cercato, all’atto del crollo dell’URSS, di mantenerla in vita con tutti i mezzi, facendosi passare per la più fulgida espressione dell’Europa storica, per autolegittimarsi e per non mandare a casa uno sterminato esercito di costosissimi eurocrati.
All’Ucraina è stato sbattuto in faccia un confine eurocomunitario trincerato, sorvegliato da radar e cani, che ha paralizzato i processi spontanei transfrontalieri, iniziati negli anni Novanta, di passaggio di uomini, merci e capitali.
L’ex Presidente Viktor Yushenko ha abolito unilateralmente i visti per i cittadini UE e a distanza di dieci anni non è mai stata rispettata la più elementare regola internazionale della reciprocità.
Anzi: sono peggiorate le condizioni di attraversamento del confine.
L’agricoltura ucraina, che prima della Rivoluzione del ’17 consentiva all’Impero di esportare grano in Canada e negli USA (le fertilissime e immense “terre nere” potrebbero nutrire tre quarti del mondo intero), a vent’anni dalla fine della guerra fredda è ancora paralizzata dall’impossibilità di riprendersi, a causa del protezionismo UE di eurocrati e lobbisti, spaventosamente costoso per i consumatori dell’Europa Occidentale e distruttivo per gli Ucraini.
Quella barriera confinaria inoltre ha favorito, nella fascia occidentale delle Repubbliche ex sovietiche, la permanenza di nomenklature corrotte, padrone dell’economia, la stagnazione politica-economica, la restaurazione del dominio di strutture (come i servizi segreti) che per quasi un secolo hanno devastato l’Ucraina. I rivoltosi ucraini pretendono accordi con l’UE, non certo per finire sotto le mire pianificatorie e socialiste degli eurocrati, ma per vedere finalmente calare quella vergognosa e antistorica barriera (alla quale aveva cercato di opporsi il Parlamento polacco, ricattato da Bruxelles con la minaccia di “non far entrarela Poloniain Europa”) che provoca un disastro nella regione e che sottopone l’Ucraina ai ricatti della nomenklatura russa, favoriti dai legami interrepubblicani creati a tavolino a suo tempo da Stalin, per impedire che le Repubbliche un giorno potessero diventare indipendenti.
La lotta degli Ucraini è contro un governo aberrante, erede del sistema sovietico, favorito da quelle chiusure comunitarie, che emana leggi liberticide e uccide gli oppositori senza pensarci due volte. Nessuno di loro pretende l’associazione all’UE, ma l’abbattimento, mediante accordi elementari, di quel confine-barriera che sta portando l’Ucraina a un ennesimo genocidio per immiserimento.
L’abbattimento di quelle barriere – anche economiche – possibile da un giorno all’altro, non danneggerebbe affatto l’economia russa, come va raccontando il protezionista Putin, con argomenti risibili nel campo della teoria economica, già distrutti nella prima parte del Novecento.
Il solo fine di quest’ultimo, di mentalità fascista (“numero-potenza” e autarchia) è infatti quello di impedire la formazione anche in Russia di piccole e medie imprese e di uno strato medio che sarebbe pericoloso per il regime.
La realtà è invece che l’abbattimento di quelle barriere volute da Bruxelles depotenzierebbe i dittatori che prosperano al loro oriente. I morti di Kiev ricadono sulla coscienza sporca degli eurocrati di Bruxelles. Così come i metodi dilaganti di squadracce fasciste protette dalla bestialità legale che con stile sovietico prelevano gli oppositori dagli ospedali e li massacrano nei boschi ucraini.
Un regime di tipo bielorusso anche in Ucraina (con persino infiltrazioni dei servizi nelle file degli oppositori) è il bel risultato, il capolavoro, il miracolo di politiche eurocomunitarie demenziali e interessate, protrattesi per vent’anni, che hanno portato l’Ucraina al collasso e alla tragedia. Quella degli oppositori ucraini non è affatto una rivolta “controla Russia”.
È una rivoluzione contro la permanenza di un mondo che sarebbe dovuto scomparire con il 1989-91 e che burocrati interessati ai loro posti e alle loro prebende hanno cercato di mantenere in vita con una propaganda martellante, finanziata dai loro cittadini, scandalosa e parassitaria, occultandone le vere ragioni.
La responsabilità di quello che sta accadendo in Ucraina non ricade affatto solo sul governo autoritario di una cricca di mezze figure sopravvissute al collasso dell’Impero sovietico, che ne stano utilizzando l’eredità più violenta.
Ricade invece, in pieno, su coloro che dalla permanenza di un’Europa spaccata in due, nonostante i legami storici e la ricchezza etnoculturale intrecciata, che si estende fino alla Russia, hanno continuato a prosperare mantenendo privilegi, istituzioni decrepite, barriere confinarie distruttive, coltivando un’ideologia che non corrisponde più alla realtà dei cambiamenti mondiali avvenuti alla fine degli anni Ottanta.
Il danno è già stato fatto e peggiorerà in futuro.
Ci risparmino almeno la loro insopportabile ipocrisia.
La secessione dell’Ucraina ridurrebbe le tensioni tra Occidente e Russia
http://www.lindipendenza.com/margolis-u ... nte-russia
di REDAZIONE
Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo Don’t let Kiev become another Sarajevo da parte di Eric S. Margolis, saggista ed editorialista per varie testate giornalistiche statunitensi. (Traduzione di Luca Fusari)
Con la violenza e l’aumento del caos a Kiev, capitale dell’Ucraina, cresce la paura che l’Europa, gli Stati Uniti e la Russia possano entrare in rotta di collisione. L’attuale crisi ucraina è iniziata lo scorso Novembre, dopo che il primo ministro Viktor Yanukovich ha rifiutato di firmare un patto economico di cooperazione/integrazione con l’Unione europea.
Prossima alla bancarotta, Kiev ha invece accettato l’offerta russa riguardante la fornitura di gas naturale a prezzi fortemente scontati e un impegno ad acquistare le sue traballanti obbligazioni per vari miliardi. Varie dimostrazioni di piazza sono scoppiate a Kiev e successivamente a Leopoli. Il governo filo-russo di Yanukovich ha reagito con una brutale repressione poliziesca. La violenza è montata nei giorni scorsi, con almeno due manifestanti uccisi e con feriti su entrambi i fronti.
Mosca sta mandando degli avvertimenti. Questa crisi è della massima importanza geopolitica, essa determinerà il destino di 46 milioni di ucraini, il futuro della Russia, e la stabilità dell’Europa dell’Est. Gli ucraini sono aspramente divisi: l’Ucraina occidentale che parla per lo più ucraino guarda ad Ovest e alla confinante Polonia già membro dell’Unione Europea; l’Ucraina orientale prevalentemente di lingua russa guarda ad Est alla vicina Russia.
La Crimea era russa fino al 1954, quando Nikita Krusciov a seguito di un suo capriccio (alcuni dicono causato dalla vodka) la diede all’Ucraina. La vasta popolazione musulmana della Crimea fu sterminata o esiliata da Stalin. Ucraini e russi capiscono l’un l’altra lingua, il problema più che sul linguaggio, l’etnia o la religione, è di tipo economico e di mentalità.
L’Ucraina occidentale ha sostenuto l’accordo europeista che avrebbe iniziato il processo di integrazione della loro nazione con la ricca Ue ripudiando la pesante influenza politica ed economica russa. La crescita della Polonia, membro dell’Ue, è un esempio che ha ispirato i partigiani occidentali dell’Ucraina. Gli ardenti nazionalisti ucraini anelavano ad una rottura definitiva con la Russia, la quale sin dagli anni ’20 del XX° secolo ha combattuto i nazionalisti ucraini, e che dal 1991 non ha mai veramente accettato la loro indipendenza nazionale da Mosca.
L’Ue vedeva il patto commerciale con l’Ucraina come parte della sua grande strategia per continuare a spingere i suoi confini ad est, una campagna che allarma profondamente la Russia. Ma l’Ucraina orientale, in particolare il suo bacino industriale di Donetsk, temeva che la crescente integrazione con l’Ue spazzasse via l’antiquata industria produttiva della loro regione, basata su miniere, imprese siderurgiche, aziende di materie prime ed impianti chimici, causando alti tassi di disoccupazione.
Le inefficienti aziende post-sovietiche dell’Ucraina non potrebbero competere con i produttori di energia integrati nell’Ue. Lo stesso fenomeno è stato visto nell’ex Germania dell’Est, dove il ricongiungimento con la Germania dell’Ovest ha comportato la fine della maggior parte delle industrie arrugginite del’Est. Gli ucraini orientali tradizionalmente guardano alla Russia come il loro fondamento culturale.
La maggior parte dei russi considerano l’Ucraina come il loro cuore storico, la culla della civiltà e dell’ethos russo. Quando il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che la caduta dell’Unione Sovietica è stata la più grande tragedia della storia contemporanea, stava chiaramente pensando alla perdita del cuore ucraino, del granaio della Russia e della porta verso l’Occidente. Per molti russi, la soleggiata e meridionale Ucraina è la loro versione regionale dell’Italia.
Attori esterni stanno versando benzina sul fuoco ucraino. I politici europei ed americani puntano su Kiev, denunciando il governo di Yanukovich, il quale ha preso il potere nel 2004-2005 attraverso elezioni fraudolente. Il senatore statunitense John McCain ed alti funzionari degli Stati Uniti sono andati a Kiev a chiedere la cacciata del governo. E’ interessante notare che tali personaggi non vanno al Cairo a denunciare la sempre più brutale dittatura fascista della giunta militare egiziana finanziata dagli Stati Uniti e dall’Arabia saudita.
I servizi d’Intelligence occidentali stanno rimescolando il calderone ucraino utilizzando finanziamenti segreti e le tecniche avanzate dei social media per mobilitare l’opposizione al governo. I servizi segreti russi anche loro son attivi, ma in forma più discreta. Gli oppositori del governo sono stati avvelenati, rapiti, torturati e anche uccisi dai teppisti filo-Yanukovich.
L’Ucraina ribolle, gli Stati Uniti stanno riversando tale calore anche sulla Russia e sul suo leader Putin, il quale viene vilipeso e attaccato dai media occidentali al loro guinzaglio. I giochi invernali di Sochi sono diventati un bersaglio. Come osano i russi utilizzare il denaro e il gas per corrompere l’Ucraina affinché rimanga nell’orbita di Mosca? L’Occidente dovrebbe avere il monopolio di tali maniere forti!.
Se la violenza continuerà a lacerare l’Ucraina si porrà la domanda inevitabile di una sua divisione. Proprio come cechi e slovacchi, gli ucraini potrebbero decidere di andare per strade separate. A meno che le teste calde ucraine raggiungano un compromesso stabile, il divorzio può essere la loro unica opzione. L’opzione è ovviamente drammatica, ma non come uno scontro veramente spaventoso tra la Nato e la Russia sull’Ucraina.
Inimmaginabile?
Beh, in pochi lo pensavano possibile per Sarajevo e la Bosnia nel 1914.
Gli Usa collaborano coi neonazisti e l’estrema destra anche in Ucraina?
http://www.lindipendenza.com/draitser-u ... overnative
Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo Ukraine and the Rebirth of Fascism in Europe tratto dal Global Research Centre (organizzazione canadese indipendente d’analisi geopolitica, strategica, e socio-economica ambientale con sede nella provincia del Quebec), da parte di Eric Draitser, analista geopolitico indipendente. (Traduzione di Luca Fusari)
La violenza per le strade dell’Ucraina è molto più di un’espressione di rabbia popolare contro un governo. Invece è solo l’ultimo esempio della crescita della forma più insidiosa di fascismo che l’Europa abbia visto dopo la caduta del Terzo Reich.
Gli ultimi mesi hanno visto le proteste regolari dell’opposizione politica ucraina e dei suoi sostenitori, proteste apparentemente in risposta al rifiuto del presidente ucraino Yanukovich di firmare un accordo commerciale con l’Unione europea, il quale accordo è stato visto da molti osservatori politici come il primo passo verso l’integrazione europea.
Le proteste sono rimaste in gran parte pacifiche fino allo scorso 17 Gennaio, quando i manifestanti armati di bastoni, caschi e bombe improvvisate hanno scatenato la violenza brutale della polizia, l’assalto di edifici governativi, colpendo chiunque fosse sospettato di simpatie filo-governative, e in generale scatenando il caos per le strade di Kiev.
Ma chi sono questi estremisti violenti e qual è la loro ideologia?. La formazione politica conosciuta come ‘Pravý Sektor’ (Settore Destra) è essenzialmente un’organizzazione ombrello per una serie di sigle ultra-nazionaliste (leggasi fasciste) di gruppi dell’estrema destra, tra cui i sostenitori dell’Unione Pan-Ucraina Libertà (o Svoboda), i Patrioti d’Ucraina, l’Assemblea Nazionale Ucraina-Popolo Ucraino d’Autodifesa (Una-Unso), e il ‘Tridente’.
Tutte queste organizzazioni condividono un’ideologia comune violentemente anti-russa, anti-immigrati ed anti-ebraica. Inoltre condividono una comune venerazione per la cosiddetta ‘Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini’, guidata da Stepan Bandera, i famigerati collaborazionisti nazisti che attivamente combatterono contro l’Unione sovietica e che furono impegnati in alcune delle peggiori atrocità commesse nella seconda guerra mondiale.
Mentre le forze politiche ucraine d’opposizione e di governo continuano a negoziare, una battaglia molto diversa si combatte nelle strade. L’utilizzo dell’intimidazione e della forza bruta era tipico delle ‘camicie brune’ di Hitler o delle ‘camicie nere’ di Mussolini piuttosto che di un movimento politico contemporaneo, questi gruppi sono però riusciti a trasformare un conflitto sulla politica economica e le alleanze politiche del Paese in una lotta esistenziale per la sopravvivenza di una nazione che questi cosiddetti “nazionalisti” amano così tanto.
Le immagini di Kiev in fiamme, delle strade di Leopoli piene di delinquenti, ed altri esempi agghiaccianti di caos nel Paese, mostrano senza ombra di dubbio che il negoziato politico con l’opposizione di Maidan (la piazza centrale di Kiev e il centro delle proteste) non è più il problema centrale. Piuttosto la questione è il fascismo ucraino se sostenerlo o rifiutarlo.
Da parte loro, gli Stati Uniti sono fortemente scesi a fianco dell’opposizione a prescindere dal suo carattere politico. Ai primi di Dicembre, membri dell’establishment statunitense come John McCain (nelle due foto in alto a sinistra a Kiev assieme a Oleh Tyahnybok, leader del partito ucraino Svoboda, n.d.t.) e Victoria Nuland sono stati visti a Maidan dare il loro appoggio ai manifestanti.
Tuttavia poiché negli ultimi giorni il carattere dell’opposizione è diventato evidente, gli Stati Uniti, l’establishment occidentale e la loro macchina mediatica hanno fatto poco per condannare la recrudescenza fascista. Invece i loro rappresentanti si sono incontrati con quelli del Settore Destra ritenendo che esso «non fosse una minaccia».
In altre parole, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno dato la loro tacita approvazione per il proseguimento e la proliferazione della violenza in nome del loro obiettivo finale: il cambio di regime. Nel tentativo di sottrarre l’Ucraina dalla sfera d’influenza russa, l’alleanza Usa-Ue-Nato si è alleata con i fascisti, e non è la prima volta.
Ovviamente per decenni milioni di persone in America Latina sono scomparse o sono state assassinate da forze paramilitari fasciste armate e sostenute dagli Stati Uniti. I mujaheddin dell’Afghanistan che più tardi magicamente si sono trasformati in Al Qaeda (anche loro dei reazionari ideologici estremisti) furono creati e finanziati dagli Stati Uniti con lo scopo di destabilizzare l’Urss. Naturalmente c’è anche la dolorosa realtà della Libia e più di recente della Siria, dove gli Stati Uniti e i loro alleati finanziano e sostengono jihadisti estremisti contro un governo che ha rifiutato di allinearsi con loro ed Israele.
C’è qui un modello inquietante che non è mai sfuggito agli osservatori politici più acuti: gli Stati Uniti fanno sempre causa comune con i fascisti e gli estremisti di destra per finalità geopolitiche. La situazione in Ucraina è profondamente preoccupante perché rappresenta una conflagrazione politica che potrebbe dividere facilmente il Paese meno di 25 anni dopo aver ottenuto l’indipendenza dall’Unione sovietica. Tuttavia vi è un altro aspetto altrettanto inquietante: l’ascesa del fascismo non avviene solamente in quel Paese.
LA MINACCIA FASCISTA IN TUTTO IL CONTINENTE
L’Ucraina e l’ascesa dell’estremismo di destra non possono essere visti, figuriamoci intesi, separatamente. Piuttosto occorre esaminarlo come parte di una tendenza in crescita in tutta Europa (e nel mondo), una tendenza che minaccia le basi stesse della democrazia.
In Grecia, l’austerità selvaggia imposta dalla troika (Fmi, Bce e Commissione europea) ha paralizzato l’economia del Paese, portando ad una brutta depressione peggiore della Grande Depressione negli Stati Uniti. E’ in questo contesto di collasso economico che il partito Lega Popolare-Aurora Dorata (detta comunemente ‘Alba Dorata’) è cresciuta fino a diventare il terzo più popolare partito politico nel Paese.
Sposando un’ideologia dell’odio (è in effetti un partito nazista che promuove una visione anti-ebraica, anti-immigrati, anti-sciovinismo femminile) è una forza politica che il governo di Atene ha capito essere una seria minaccia per il tessuto della società.
Questa minaccia ha indotto il governo ad arrestare la leadership del partito, dopo che un membro di Alba Dorata ha accoltellato a morte un rapper anti-fascista. Atene ha avviato un’indagine sul partito, anche se i risultati di questa indagine e il processo rimangono poco chiari.
Ciò che rende Alba Dorata una minaccia insidiosa è il fatto che, nonostante la sua preminente ideologia sia il nazismo, è anti-Ue e con una retorica anti-austerità quale appello rivolto ad una Grecia economicamente devastata. Come molti movimenti fascisti del XX° secolo, Alba Dorata adotta come capri espiatori gli immigrati (in primo luogo i musulmani e gli africani) per molti dei problemi che affliggono i greci.
In circostanze economiche disastrose l’odio irrazionale diventa accattivante quale risposta alla domanda su come risolvere i problemi della società. Infatti, nonostante i leader di Alba Dorata siano stati incarcerati, altri membri del partito sono ancora in parlamento e ancora in corsa per uffici importanti, tra cui il sindaco di Atene. Anche se una vittoria elettorale appare improbabile, un’altra dimostrazione di forza alle urne renderebbe lo sradicamento del fascismo in Grecia molto più difficile.
Se questo fenomeno fosse confinato solo in Grecia ed Ucraina non costituirebbe una tendenza continentale. Purtroppo però vediamo il sorgere di simili partiti politici (anche se leggermente meno apertamente fascisti) in tutta Europa. In Spagna, le leggi pro-austerity del Partito Popolare hanno prodotto provvedimenti draconiani che limitano la protesta e la libertà di parola, potenziando le sanzioni e le tattiche repressive della polizia.
In Francia il Front National di Marine Le Pen usa con veemenza gli immigrati musulmani ed africani quali capri espiatori, ha così vinto quasi il 20% dei voti al primo turno delle elezioni presidenziali. Allo stesso modo, il Partito per la Libertà dei Paesi Bassi, promuovente politiche anti-islamiche ed anti-immigrati, è cresciuto fino a diventare il terzo più grande soggetto in parlamento. In tutta la Scandinavia i partiti ultra-nazionalisti, che una volta faticavano nella più completa irrilevanza ed oscurità, ora sono attori importanti alle elezioni. Queste tendenze sono a dir poco preoccupanti.
Va notato anche che, oltre all’Europa, ci sono una serie di formazioni politiche quasi fasciste che sono, in un modo o nell’altro, sostenute dagli Stati Uniti. I golpi d’estrema destra che hanno rovesciato i governi di Paraguay e Honduras sono stati tacitamente e/o apertamente sostenuti da Washington nella loro ricerca infinita di soppressione della sinistra in America Latina.
Naturalmente bisogna anche ricordare che il movimento di protesta russo guidato da Alexei Navalny (nella foto a sinistra), coi suoi seguaci nazionalisti sposa una visione anti-musulmana ed una violenta ideologia razzista che vede negli immigrati del Caucaso russo e nelle ex repubbliche sovietiche come inferiori ‘russi europei’.
Questi ed altri esempi iniziano a dipingere un ritratto molto brutto della politica estera degli Stati Uniti, la quale tenta di utilizzare il disagio economico e gli sconvolgimenti politici per estendere la sua egemonia in tutto il mondo. In Ucraina il Settore Destra ha spostato la lotta dal tavolo delle trattative nelle strade, nel tentativo di realizzare il sogno di Stepan Bandera: una Ucraina libera dalla Russia, dagli ebrei e da tutti gli altri cosiddetti “indesiderabili”.
Incoraggiati dal continuo sostegno a loro dato da parte degli Stati Uniti e dall’Europa, questi fanatici rappresentano più di Yanukovich e del suo governo filo-russo una seria minaccia per la democrazia. Se l’Europa e gli Stati Uniti non riconoscono questa minaccia al suo esordio, nel momento in cui finalmente lo faranno potrebbe essere troppo tardi.
Ucraina sull’orlo della disgregazione: Leopoli “secede” dal governo centrale
http://www.lindipendenza.com/ucraina-su ... o-centrale
d i SALVATORE ANTONACI
Si aggrava di ora in ora il quadro della crisi ucraina.
Mentre nella capitale Kiev continua il braccio di ferro tra gli insorti contro il Presidente Viktor Yanukovych e le forze di polizia governative (costato ,solo nella giornata di ieri, più di venti vittime fra le opposte fazioni), la regione occidentale di Lviv (Leopoli) si è quest’oggi dichiarata “autonoma” dal governo centrale innescando, de facto, una possibile disintegrazione della compagine territoriale unitaria.
A confermare quest’informazione è la portavoce del Presidente del parlamento regionale che, intervenendo in una radio nazionale, ha specificato come un comitato esecutivo da poco costituito ha rilevato le funzioni del governo regionale in carica “dichiarando l’indipendenza dal governo del Presidente Yanukovych”.
La svolta odierna fa seguito ai disordini di martedì durante i quali una folla di migliaia di oppositori ha dato l’assalto ai palazzi del potere incendiando la sede del tribunale e “conquistando”il locale comando delle forze speciali. I poliziotti non hanno opposto la minima resistenza consegnando spontaneamente le armi in segno di solidarietà alla manifestazione. La regione di Leopoli, quinta città più importante del paese, conta oltre due milioni e mezzo di abitanti e confina con la Polonia. Il contagio della rivolta si sta estendendo anche ad altri capoluoghi dell’ovest ucraino primi tra tutti Tarnopol, Khmelnitsky e Ivano-Frankivsk
Ucraina: i russofoni ora rischiano violenze, la Russia interverrà?
http://www.lindipendenza.com/ischenko-u ... nto-russia
Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione in italiano dell’articolo ‘Civil war has already broken out in Ukraine’, discorso pronunciato da Rostislav Ischenko, Presidente del Centre for Analysis and Forecasting con sede a Kiev, presso l’Institut de la Democratie et de la Cooperation con sede a Parigi. (Traduzione di Luca Fusari)
A mio parere l’Ucraina ha già varcato il confine della guerra civile. La domanda da porsi è se sarà limitata a un breve periodo di tempo, con un paio di vite perdute, o se si tradurrà in spargimenti di sangue violenti e in numerose perdite. Esprimo questo parere non solo perché si sono perse vite su entrambi i fronti del conflitto, lo dico soprattutto perché il confronto, iniziato con scontri tra militanti radicali neo-nazisti e le forze di sicurezza, ha portato a un conflitto tra due parti dell’Ucraina e tra i cittadini ucraini.
L’opposizione radicale ha catturato degli edifici amministrativi del governo. Diversi edifici sono stati presi nell’Ucraina occidentale. Dopo di che, un gruppo di 2-3 mila militanti dell’Ucraina occidentale ha cominciato un “tour” nella parte orientale del Paese, cercando di occupare i municipi sulla riva orientale del Dnepr. In risposta, le autorità hanno dispiegato le forze dell’ordine ed invitato la popolazione a difendere gli edifici dell’amministrazione regionale.
Unità d’autodifesa sono state formate nelle grandi città dell’Ucraina orientale. In diverse grandi città come Zaporozhye, Dnepropetrovsk, Nikolaev, Odessa e Kherson sono stati in grado di respingere l’opposizione ad ovest del Paese. Come sapete, quando dei conflitti emergono tra i diversi gruppi di cittadini di un Paese, anche se non sono utilizzate armi da fuoco, è segno dell’inizio di una guerra civile.
Diversi consigli regionali nell’Ucraina occidentale avevano dichiarato il loro rifiuto ad obbedire al governo federale di Kiev di Yanukovich. Allo stesso modo, diverse agenzie governative nell’Ucraina orientale e in Crimea avevano dichiarato che se l’opposizione arriverà al governo non lo riconosceranno. Sono convinto che il governo legale, avente circa 300 mila agenti di polizia sarebbe stato in grado di reprimere le rivolte, le quali consistono in circa 15-20 mila combattenti (non più di 10 mila gli attivisti a Kiev di cui circa 4 mila costantemente presenti a Maidan).
La spiegazione del perché questo non sia avvenuto ricade su fattori esterni che influenzano l’opposizione interna in Ucraina. Per fattori esterni, non intendo solo i rappresentanti dell’Unione europea che continuano a influenzare la situazione, ma anche e soprattutto dagli interessi degli Stati Uniti, rispetto al quale l’Ue e l’Ucraina sono spettatori passivi.
Particolarmente significativo, l’Unione europea e l’opposizione legale si erano dichiarati disponibili a negoziare con le autorità ucraine, dopo recenti discussioni di Putin con Bruxelles. Tuttavia gli Stati Uniti e i suoi alleati orientali, tra cui il ministro degli esteri polacco, hanno espresso sostegno alle azioni dei militanti del cosiddetto Settore Destra (i combattenti neo-nazisti), esortandoli a continuare la loro opposizione attiva.
Questa situazione mi ricorda gli amari eventi avvenuti l’8 Agosto 2008 in Georgia. La situazione militare ha poi avuto una escalation nel Caucaso con il sostegno degli Stati Uniti. Il conflitto provocò uno scontro armato diretto, e la leadership russa fu stretta in una trappola. Da un lato, la Russia dovette intervenire per la propria credibilità davanti ai suoi cittadini e per non perdere stabilità all’interno del Paese. Dall’altra parte, in caso di intervento, la Russia avrebbe rischiato di essere responsabile del sangue versato.
Credo che né l’Ue né la Russia siano interessate alla destabilizzazione completa della situazione in Ucraina, o all’inizio di una lunga guerra civile, poiché un certo numero di gasdotti passanti attraverso l’Ucraina continueranno a fornire gas all’Europa. E’ molto probabile che in caso di guerra civile prolungata il transito del gas verrebbe interrotto.
Nel frattempo i militanti neonazisti del Settore Destra hanno dichiarato che non saranno soddisfatti né dalle sole dimissioni di Yanukovich né con nessuno dei politici delle esistenti opposizioni al potere. Quei militanti hanno dichiarato che intendono prendere il potere al fine di costruire uno Stato totalitario mono-etnico basato sulla dottrina neo-nazista.
Nonostante il fatto che questi militanti abbiano ripetutamente dichiarato che sono ben armati e pronti ad uccidere i loro nemici (e i loro nemici sono tutti coloro che sono in disaccordo con loro), gli Stati Uniti con insistenza continuano a caratterizzarli come manifestanti pacifici ed insistono sul fatto che non si debba usare la forza contro di loro. Questo però rafforza la loro mano.
La posizione degli Stati Uniti è comprensibile nel contesto di un grande gioco politico, poiché perdendo l’Ucraina gli Stati Uniti rischiano di perdere nel lungo termine il controllo sull’Europa occidentale. D’altra parte, la difficile situazione in Ucraina e il rovesciamento del suo governo influenzeranno la reputazione della Russia. L’autorità di Putin rischia di essere gravemente compromessa e tale destabilizzazione si trasferirebbe automaticamente sul territorio della Federazione Russa.
Se la Russia non interviene nel conflitto ucraino, i possibili esiti sono:
una guerra civile su vasta scala in prossimità dei suoi confini (e questo è molto probabile che accada);
un massacro di 7 milioni di russi in Ucraina o una strage di massa della popolazione di lingua russa che comprende il 60% della popolazione totale dell’Ucraina;
Tenendo conto del numero enorme di legami personali e familiari, come pure il fatto che molti credono che il popolo russo e ucraino siano tra loro legati, sarà difficile per la leadership russa rimanere a lungo in stand-by e in disparte a guardare l’Ucraina piombare nel caos. Le autorità russe saranno prima o poi costrette ad intervenire o a dimettersi.
Pertanto gli eventi Maidan rappresentano una trappola geopolitica per la Russia, in quanto entrambe le soluzioni di cui sopra si tradurranno in una sconfitta.
La Russia poteva legittimamente intervenire nel conflitto se le perveniva una richiesta legale di aiuto da parte del governo di Yanukovich. Se interverrà dopo che l’Ucraina avrà vissuto una grave catastrofe umanitaria e dopo il crollo del governo ucraino, questo intervento risulterà troppo tardivo.
In conclusione vorrei dire che per la prima volta nella mia vita sto sperimentando una situazione in cui ho capito gli obiettivi politici ma non capisco come possano essere raggiunti senza un importante scontro militare. E’ evidente che l’attuale situazione in Ucraina (indipendentemente dalla causa, e da chi sarà il vincitore) rappresenti un’interferenza offensiva negli affari sovrani dell’Ucraina. Il confronto militare è praticamente inevitabile dato che Yanukovich si è dimostrato incapace di risolvere il conflitto da solo.
Oggi l’Ucraina occidentale ed orientale sono d’accordo solo su una cosa: il Paese non sarà in grado di esistere sotto forma di un unico Stato in un prossimo futuro. Il dibattito non è più su quando verrà divisa, ma su dove verranno posti i confini tra le due aree. Capisco che né la Russia né l’Unione europea siano interessate alla divisione dell’Ucraina in due o più Stati, tuttavia non mi è chiaro in questo momento come saranno in grado di prevenire questa situazione anche laddove dovessero unire le loro forze.
Ucraina: manovre militari, iperinflazione e la polveriera Crimea
http://www.lindipendenza.com/ucraina-ma ... era-crimea
Di SALVATORE ANTONACI
Una giornata a dir poco convulsa, quella di oggi, nel calderone ucraino: tanti avvenimenti tutti ovviamente tra di loro interconnessi e gravidi di sviluppi inquietanti.
Prima notizia, non esattamente una novità si direbbe:la Russia non ha affatto gradito il cambio al timone di Kiev con la defenestrazione del fedele Yanukovych in favore di un’eteroclita coalizione nazionalista che spazia da posizioni filo europeiste e moderate ad altre decisamente più estremiste ancorché minoritarie. La conferma, quanto mai plateale, della bocciatura giunge, addirittura, dal ministero della Difesa russo che ha iniziato a muovere i pezzi sulla scacchiera di quella che sembra davvero una guerra di nervi se non ancora un conflitto armato vero e proprio. Oltre ai rinforzi spediti a presidiare la Crimea con l’importante base navale di Sebastopoli ,sede della flotta del Mar Nero, è arrivato anche l’annuncio, volutamente intimidatorio, di imprecisate manovre militari che dovrebbero svolgersi assai vicino al confine russo-ucraino. Ufficialmente, questo dispiegamento non avrebbe nulla a che fare con la presente situazione dell’ ex-pupilla occidentale dell’impero, ma si sa che, alle volte, le negazioni sono inserite in un discorso solo per accentuarne la plausibilità. E questo pare proprio uno di questi casi.
Il nuovo Premier ucraino, che dovrebbe essere il delfino della Signora Tymoshenko, Arseniy Yatsenyuk, leader del partito “Patria” (Batkivshchyna), avrà, dunque, le sue belle gatte da pelare. Il ruggito dell’orso non è passato di certo inosservato tra la novissima ed ancora incompleta compagine governativa ucraina. Ma a fare davvero tremare i polsi all’élite forgiata in Piazza Maidan è il baratro che si apre nei conti economici del paese: una vertigine quantificabile in circa 35 miliardi di Euro. Questi i primi numeri, di sicuro non definitivi, quantificati dal fresco responsabile delle finanze per venire incontro alle esigenze primarie di uno stato semi-fallito ovvero per impedirne il fragoroso e colossale default immediato, questa sì una bomba atomica nel cuore d’Europa. Il tempo incalza, si diceva, e prova oltremodo eloquente di questo timor panico è la svalutazione galoppante della valuta locale , la hrivnya, che ha perso la bellezza del 28% del proprio valore dagli inizi dei tumulti, meno di tre mesi fa.
Lo spettro dell’iperinflazione ucraina agita, a maggior ragione, le capitali occidentali timorose, però, di muoversi su un terreno cedevole propizio a nuovi smottamenti politico-istituzionali e di sfidare troppo apertamente il potente vicino. Potenziale risultato: uno stallo pericolosissimo con la via aperta ad ogni demagogia e a una rovinosa guerra civile.
I primi bagliori dell’incendio divampano già a sud, in quella succitata Crimea, enclave a stragrande maggioranza russofona figlia della spietata ingegneria etnica staliniana. Violenti scontri hanno accompagnato il dispiegarsi di due opposte manifestazioni nella città che ospita l’amministrazione di questa provincia autonoma incorporata nell’Ucraina dal 1954. A Simferopol, infatti, due folle composte da diverse migliaia di persone, si sono scontrate e menate di santa ragione: una ventina i feriti ed anche un morto (anche se per cause “naturali”). I russi chiedevano a gran voce al governo regionale un plebiscito per ricongiungersi alla madrepatria russa ed abbandonare la “repubblica dei traditori”. A contrapporsi a costoro la minoranza dei tatari che appoggiavano, invece, la rivoluzione di Kiev. Un’altra bomba ad orologeria pronta alla detonazione