Poledega

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Messaggioda Berto » mer feb 07, 2018 7:11 pm

Germania, Finanze ai socialdemocratici un messaggio anche per l'Europa
Mercoledì 7 febbraio 2018
Ma è improbabile il totale abbandono delle politiche di Schaeuble

http://www.askanews.it/esteri/2018/02/0 ... 0207_00232

Berlino, 7 feb. (askanews) – L’accordo raggiunto fra la Cdu e la Spd per una nuova “Grosse Koalition” prevede che il Ministero delle Finanze, da otto anni feudo dei conservatori, passerà nelle mani dei socialdemocratici: una “rivoluzione” che qualora implicasse un abbandono delle politiche di eccessivo rigore di Wolfgang Schaeuble, potrebbe rappresentare un punto di svolta anche in chiave europea.

L’abbandono di un portafoglio chiave testimonia l’attuale debolezza politica di Angela Merkel, costretta a fare di nuovo ricorso alla “GroKo” per evitare sia lo spauracchio di un governo di minoranza quanto quello – potenzialmente peggiore – di un ritorno alle urne.

La coalizione stavolta è però un matrimonio fra fidanzati riluttanti: e il prezzo imposto dal leader della Spd, Martin Schulz, per la sua celebrazione è stato necessariamente alto vista la contrarietà di fondo della sua base, che proprio alle passate esperienze di governo con la Cdu attribuisce i pessimi risultati dell’ultima tornata elettorale.

Tutto questo tuttavia non significa che alcuni dei dogmi finanziari fin qui dichiarati dalla Germania – equilibrio di bilancio, avversione al timore di dover pagare per i deficit altrui – verranno abbandonati del tutto o persino parzialmente: come sottolineano gli analisti, la realpolitik si imporrà rapidamente a qualsiasi velleità ideologica. Tanto più che il ministro candidato è il sindaco di Amburgo, Olaf Scholz, un moderato che all’interno del suo partito è considerato come il più vicino alla linea economica di Schaeuble.

Tuttavia, il cambio della guardia costituisce comunque un segnale per l’Europa e può essere interpretato come un sostegno, prudente ma reale, alle proposte di riforma dell’Eurozona lanciate dalla Francia: il “contratto di coalizione” menziona infatti esplicitamente il sostegno alla proposta francese di un bilancio dell’Eurozona per degli investimenti comuni.

Sul fronte interno, l’approdo della Spd al Ministero delle Finanze e a quello del lavoro e delle politiche sociali darà un più ampio margine di manovra a un partito che ha fatto della maggiore giustizia sociale uno dei cavalli di battaglia della propria campagna elettorale: di qui l’insistenza su un maggiore ricorso ai contratti a tempo indeterminato e un netto “no” a qualsiasi ipotesi di abbassare la tassazione sulle imprese sul modello di quanto fatto dall’Ammnistrazione Trump.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mar feb 20, 2018 7:54 pm

Germania, la destra dell'AfD supera l'Spd. E Merkel sceglie la sua delfina: Annegret Karrenbauer
Secondo l'istituto demoscopico Insa, l'Spd sarebbe scesa nell'ultima settimana al 15,5% dei consensi, mentre Alternative fuer Deutschland sarebbe salita al 16, diventando così il primo partito di opposizione. Intanto Merkel propone la premier del Saarland, Annegret Kramp-Karrenbauer, come segretaria Cdu
19 febbraio 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/02 ... -189246699

BERLINO - Il partito di destra populista e xenofoba Alternative fuer Deutschland ha superato, stando a un sondaggio commissionato dalla Bild, il partito socialdemocratico di uno 0,5%. Lo ha reso noto il tabloid tedesco, che cita l'istituto demoscopico Insa. Secondo il rilevamento, l'Spd di Martin Schulz e Andrea Nahles sarebbe scesa nell'ultima settimana a un disastroso 15,5% dei consensi, perdendo un altro punto (sarebbe il suo minimo storico), mentre l'Afd sarebbe salito di un punto, al 16%. Anche la Cdu recupera 2,5 punti e viene data al 32,5%.

Il sondaggio potrebbe avere un'influenza sul voto (che parte domani) degli iscritti Spd sulla Grosse Koalition con Angela Merkel cancelliera, l'ultimo ostacolo verso il terzo governo di coalizione tra Cdu (cristianodemocratici di Merkel), Spd e Csu (il partito bavarese della Cdu). La parte dei socialdemocratici che si oppone all'accordi di governo con Merkel, difatti, ha spesso sostenuto che un terzo esecutivo potrebbe essere dannoso per la Spd, in quanto il partito potrebbe perdere ulteriormente voti dopo la disfatta delle ultime elezioni e far ergere la destra populista di Afd a principale partito di opposizione, come questo ultimo sondaggio sostiene. Il voto degli iscritti Spd inizierà domani e finirà il 2 marzo. I risultati sono previsti il 4 marzo, giorno delle elezioni italiane.

Intanto, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha proposto la sua fedelissima Annegret Kramp-Karrenbauer per l'incarico di segretario generale della Cdu, dando per la prima volta un segnale chiaro nel dibattito sulla sua successione, tra quattro anni. Karrenbauer, 55 anni, governatrice del piccolo Land del Saarland (al confine con Lussemburgo e Francia) governato da una Grosse Koalition, sarà confermata dal congresso straordinario del 26 febbraio. Prenderà il posto di Peter Tauber, in uscita. La sua figura è stata decisiva nelle trattative con la Spd per il nuovo governo di coalizione. Angela Merkel è presidente della Cdu da 18 anni e Karrenbauer sarà la prima donna ad assumere l'incarico di vice dopo sei uomini.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer mar 14, 2018 3:57 am

Germania, si sta per insediare il governo tedesco. Ma la coalizione è tutt'altro che grande
di Andrea Affaticati
2018/03/13

https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/03/ ... nia-183868

Angela Merkel sta per ricevere l'incarico di cancelliera per la quarta volta: la grande coalizione con i socialdemocratici può iniziare a lavorare. Ma è davvero grande, questa coalizione? “Per una specie di pigrizia mentale, si continua a usare questo termine. Ma stando ai numeri sarebbe più corretto parlare, come si fa in abito scientifico, di ‘minimal coalition'. Perché oggi Unione e Spd insieme non hanno più del 54 per cento dei voti”, dice al Foglio Wolfgang Merkel, politologo, docente presso il Wissenschaftszentrum Berlin für Sozialforschung e relatore, giovedì scorso, al Forum Democrazia Minima, organizzato dalla Fondazione Feltrinelli. E a proposito di numeri. La situazione sarebbe ancora peggiore se i sondaggi di oggi fossero voti: l’Spd scesa al 16 per cento, l’Unione (Cdu e Csu) al 29,5 non sarebbero sufficienti per formare una coalizione.

E non solo: mentre l’Spd è in caduta libera, l’AfD (Alternative für Deutschland) al 15 per cento le sta addosso. Insomma, la Germania sembra sperimentare quello che fino a ora ha sempre definito “italienische Verhältnisse”, cioè “caos all’italiana”. “Viviamo momenti di grandi mutamenti – dice Merkel – Nell’immediato futuro, le coalizioni di governo saranno meno stabili, anche perché potrebbero essere necessari tre partiti”. Ma, aggiunge il celebre politologo, “non credo che in un futuro prossimo, l’AfD possa diventare un partito di governo”. Tra i partiti tedeschi c’è competizione, ma non un antagonismo cieco. Basta ricordare che a far naufragare il primo tentativo di formare una coalizione, allora a tre, non sono stati i Verdi, ma i liberali dell’Fdp.

Dal 1998 Merkel è anche membro indipendente del Comitato Valori (“Value Commission”) dell’Spd. Ne conosce dunque bene dinamiche e sviluppi. E così, nel suo scritto “La disuguaglianza come sfida alla democrazia”, sottolinea il dilemma nel quale si trovano i partiti di centrosinistra. “Se si impegnano davvero in politiche redistributive legate, per esempio, ai salari minimi, al mantenimento del welfare state e alla tassazione dei redditi più elevati, si trovano di fronte alla minaccia, da parte degli investitori, di spostare i capitali e gli investimenti all’estero”. Minacce già attuate, come dimostrano il caso Nokia di Bochum qualche anno fa, che ha trasferito la produzione in Romania, e il recente caso in Italia della Embraco, intenzionata a dislocare la produzione in Slovacchia.

“E’ vero che in seguito alla globalizzazione è più facile per i capitali, in particolare per quelli finanziari, valicare i confini nazionali e ricattare gli stati, dicendo che ‘se non ci togliete per almeno cinque anni le imposte sulla società, noi ci insediamo altrove’”, spiega Merkel. “Questo però non impedirebbe di aumentare il salario minimo. In un paese come la Germania con un capitale umano altamente qualificato, 2 euro in più all’ora, non spaventerebbe nessun investitore. Ma questi spazi non sono stati sfruttati appieno dai socialdemocratici”. Almeno non del tutto, visto che l’introduzione del salario minimo è merito loro. Ma la vera modernizzazione è stata su un altro piano, quello culturale. Ci si è allontanati dalla politica della ridistribuzione e concentrati su quella dell’identità, cioè la parità di diritti tra uomo e donna, delle scelte sessuali, la protezione delle minoranze. “Questo ha prodotto una frattura dentro al partito. Da una parte, i rappresentanti di una politica che rivendica la ridistribuzione e al tempo stesso si atteggia a cosmopolita e si rivolge in prima linea al ceto medio. Dall’altra, i politici locali, i sindacati che sono a contatto con le ansie ansie delle fasce più deboli, vittime della globalizzazione”. Cosmopolitismo versus comunitarismo è questa la dicotomia da sciogliere, dice Merkel.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer mar 28, 2018 9:01 am

Ex spia Kgb, l'Austria non segue l'Europa: Kurz non caccia i diplomatici russi
Martedì, 27 marzo 2018

http://www.affaritaliani.it/affari-euro ... 32095.html

L'Austria ha fatto sapere che non seguirà i 14 paesi europei che hanno deciso di espellere i diplomatici russi come relazione all'avvelenamento di un'ex spia russa in Gran Bretagna."Sosteniamo la decisione di richiamare l'ambasciatore dell'Unione europea, ma non prenderemo alcuna misure a a livello nazionale", hanno detto in una dichiarazione congiunta il cancelliere Sebastian Kurz e ministro degli Esteri Karin Kneissl. "Vogliamo mantenere aperti i canali di comunicazione verso la Russia".

"L'Austria è un paese neutrale e si considera un costruttore di ponti tra Oriente e Occidente". Sono quattordici i paesi dell'Unione europea che hanno deciso di espellere i diplomatici russi in una risposta coordinata a Mosca per l'avvelenamento di Sergei Skripal e sua figlia Yulia, il 4 marzo a Salisbury con il gas nervino; e secondo un calcolo dell'Afp, i diplomatici russi espulsi saranno in tutto 30. L'Austria è membro dell'Unione europea, ma è ufficialmente neutrale e non fa parte della Nato. Il premier conservatore Kurz è stato in Russia alla fine di febbraio e, con il suo alleato di coalizione, l'estrema destra del Partito della Libertà, ha stretto un "patto di collaborazione" con il partito Russia Unita del presidente Vladimir Putin.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun apr 09, 2018 6:49 am

Elezioni in Italia, centrodestra prima coalizione. Vola il M5S, il Pd crolla sotto il 20%
Andrea Indini - Lun, 05/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... po-reale/1

Cala il sipario su una legislatura contestatissima e divisiva. E, dopo una lunga giornata segnata da errori, ritardi e code, lo spoglio dei voti incorona il centrodestra prima coalizione del Paese.

Secondo le proiezioni di Tecnè per Matrix, incassa il 35,7% alla Camera e il 36% al Senato. Il Movimento 5 Stelle è, invece, il primo partito del Paese col 32,7% alla Camera e il 30,91% al Senato. A piangere è Matteo Renzi che, dopo il tracollo del Pd al 19%, dovrà ora fare i conti con i malpancisti dem. Più in generale, il quadro che ne esce è complicato. Nessuna forza politica, né da sola né in coalizione, avrebbe dunque la maggioranza e, quindi, l'autosufficienza per poter governare. A meno che non vi siano "innesti" esterni.

"Si parte da noi - esultano in Forza Italia - il centrodestra è la prima coalizione". All'interno della coalizione, secondo le proiezioni di Tecnè, la Lega supera Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi è al 14,18% alla Camera e al 14,4% al Senato, mentre il movimento guidato da Matteo Salvini è al 18,47% al Senato e al 18,57 alla Camera. "È un momento storico per il Carroccio", chiosa Giancarlo Giorgetti che, escludendo "intese" post voto, avvia le trattative con gli alleati. Tra questi anche Fratelli d'Italia che incassa oltre il 4%. "Dopo cinque anni di governo della sinistra il centrodestra e non il Movimento 5 Stelle è l'alternativa vincente - fanno sapere da Forza Italia - gli italiani, come aveva chiesto il presidente Berlusconi, non hanno fatto prevalere la deriva grillina". La partita, poi, non è affatto finita. "Ci sarà la fila per entrare nel centrodestra...", commenta il capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta.

Nelle prossime ore la palla passerà al capo dello Stato Sergio Mattarella. Che non potrà prescindere dall'exploit del Movimento 5 Stelle. Alessandro Di Battista ha già fatto sapere che non intendono aprire ad altre soluzioni se non quella di un governo pentastellato a cui altre forze potrebbero dare l'appoggio su determinati provvedimenti. Ovvero, in altre parole, solo alle condizioni dettate dagli stessi Cinque Stelle. Tutto, però, dipende dal computo (finale) dei seggi. Alla Camera il M5S ne conquista tra 220 e 268, il centrodestra tra 213 e 261, il centrosinistra tra 97 e 145 e Liberi e uguali tra 12 e 18. Al Senato, invece, al centrodestra vanno tra 113 e 139 seggi, ai Cinque Stelle tra 104 e 130, al centrosinistra tra 45 e 71 e a Liberi e uguali tra 4 e 10. A queste proiezioni, però, vanno ad aggiungersi quelli che sono ancora incerti.

Da queste elezioni è il centrosinistra a uscire con le ossa rotte. Alla Camera non arriva al 24%, mentre al Senato si ferma al 22,7%. E il primo imputato è Renzi. "Deciderà lui... ma prima pensiamo al Paese". Ettore Rosato, capogruppo piddì alla Camera, taglia corto quando gli domandano se Renzi lascerà la guida del Pd. "Voglio capire qual è la soluzione che il Parlamento può trovare per garantire un governo a questo Paese - si limita a dire - dopo discuteremo anche di cosa succede al Pd". Andando a guardare i singoli partiti della coalizione spicca, infatti, il crollo del Partito democratico. Che si ferma al 19,4% alla Camera e al 18,7% al Senato. Un abisso da quel 40,8% conquistato alle elezioni europee del 2014, ma anche dalla "non vittoria" di Pier Luigi Bersani nel 2013. Renzi assiste alla disfatta nel suo ufficio al Nazareno con un manipolo di big. Lo "schema" di buttare incolpare gli scissionisti regge solo fino a un certo punto, visti i risultati poco lusinghieri raggiunti dai bersaniani. Liberi e Uguali supera (di poco) il 3%, soglia di sbarramento per poter entrare in parlamento.



Elezioni 2018, Salvini vera sorpresa delle elezioni. Lega ago della bilancia
05/03/2018

http://www.affaritaliani.it/politica/el ... 28142.html

La vera sorpresa delle elezioni politiche 2018 è Matteo Salvini e la sua nuova Lega nazionale. Che il Partito Democratico di Matteo Renzi andasse incontro ad una debacle storica era nell'aria, così come il successo del Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio. Ma in pochi si aspettavano un trionfo del Carroccio sovranista e ormai non più padano. Salvini ha staccato nettamente Berlusconi vincendo così la sfida all'interno del Centrodestra diventando il primo partito della coalizione. Con queste elezioni la Lega si conferma la nuova destra italiana che si appropria anche di una buona fetta dei voti che erano di Alleanza Nazionale, mettendo nell'angolo Fratelli d'Italia, e ha convinto gli elettori soprattutto sui temi della sicurezza e della lotta all'immigrazione clandestina, oltre che sul cambiamento radicale dell'Unione europea e sulla riduzione delle tasse e sulla cancellazione della Legge Fornero.

Salvini ha vinto, anzi stravinto, la sua scommessa perché ha saputo ottenere risultati record al Nord, Veneto, Lombardia e Liguria in testa, avvicinandosi al 20% nelle ormai ex Regioni rosse ma sfondando anche nel Mezzogiorno. In alcune zone del Centro-Sud, come nel Lazio, in Abruzzo e in Sardegna, la Lega supera addirittura il 10%. E comunque è sempre come minimo intorno al 5%. Un risultato clamoroso e impensabile fino alla vigilia, non preventivato nemmeno dai più ottimisti in Via Bellerio. Con queste elezioni viene definitivamente sconfitto Roberto Maroni, il Governatore uscente della Lombardia che una settimana prima del voto aveva disertato l'oceanica manifestazione salviniana a Piazza Duomo per poi affermare "questa non è più la mia Lega". Bene, l'ex ministro dell'Interno e del Welfare, in molti nel Carroccio definito "giuda" in questi giorni, esce definitivamente di scena. Ora Salvini diventa l'ago della bilancia che può decidere le sorti del Paese. Se resta nel Centrodestra e conferma l'alleanza con Forza Italia l'Italia è ingovernabile, se invece manda segnali a Di Maio e Grillo aprendo ad un esecutivo con i 5 Stelle cambia tutto. Ecco perché la vera sorpresa di queste elezioni si chiama Matteo Salvini.


Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni
viewtopic.php?f=22&t=2741



In Italia vincono e formano un governo coloro che sono contro questa Europa sovietica e pro invasione che calpesta i ditti umani e civili e la sovranità dei cittadini italiani ed europei.


Governo, Conte premier, Di Maio e Salvini vice. Ecco l'elenco dei ministri del governo M5s-Lega
Giovanni Tria, il ministro dell'Economia in pectore

Chiuso l'accordo sulla spartizione dei ministeri più importanti del governo M5s-Lega, Giuseppe Conte presidente del Consiglio. All'economia Tria, alla Farnesina Moavero Milanesi, alla Giustizia Bonafede, alle Politiche comunitarie Paolo Savona, alla Difesa Elisabetta Trenta. Sottosegretario con delega agli 007 Vito Crimi
di ALBERTO CUSTODERO
31 maggio 2018

http://www.repubblica.it/politica/2018/ ... 0&ref=fbbr

ROMA - Ecco la lista dei ministri del governo M5s-Lega dopo il vertice di Lega e Cinquestelle a Montecitorio. Vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro e Sviluppo: Luigi Di Maio. Vicepresidente del Consiglio e ministro dell'Interno: Matteo Salvini. Sottosegretario alla presidenza del Consiglio: Giancarlo Giorgetti. Sottosegretario con delega ai servizi segreti: Vito Crimi. Economia: Giovanni Tria (Lega). Esteri: Moavero Milanesi. Giustizia: Alfonso Bonafede (M5S). Politiche comunitarie: Paolo Savona. Rapporti con il Parlamento e democrazia diretta: Riccardo Fraccaro (M5S). Pubblica amministrazione: Giulia Bongiorno (Lega). Affari regionali: Erika Stefani (Lega). Sud: Barbara Lezzi (M5S). Disabili: Lorenzo Fontana (Lega). Difesa: Elisabetta Trenta (M5S). Politiche agricole: Gian Marco Centinaio (Lega). Infrastrutture: Mauro Coltorti (M5S). Istruzione: Marco Bussetti (Lega). Beni culturali: Alberto Bonisoli (M5S). Salute: Giulia Grillo (M5S).

GIOVANNI TRIA, ECONOMIA: SI ALLA FLAT TAX, NO AL REDDITO CITTADINANZA
Giovanni Tria, presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione e professore ordinario di economia politica all'università di Tor Vergata. Favorevole alla flat tax, ma non ostile al reddito di cittadinanza, se correttamente inteso. Giovanni Tria, 69 anni, laurea in giurisprudenza, presidente della scuola di amministrazione e docente di politica economica alla facoltà di economia di tor vergata, è un economista collaboratore di Renato Brunetta del quale è stato consulente all'epoca in cui brunetta era ministro della pubblica amministrazione. È stato anche alla scuola di formazione politica dell'allora Pdl. Di recente - su Formiche - ha analizzato criticamente il contratto di programma tra M5s e Lega. Sul reddito di cittadinanza ha sospeso il giudizio "in attesa di sapere cosa sarà" e quali saranno "quindi, le risorse richieste e l'ampiezza del pubblico dei beneficiari.

• PAOLO SAVONA, AFFARI EUROPEI: L'ECONOMISTA DEL NO EURO
Paolo Savona cominciò in Bankitalia con Guido Carli, ma la sua cifra in quegli anni fu quella del tecnico di area repubblicana, come si diceva una volta. Uno dei suoi primi incarichi fu quello di consigliere economico di Ugo La Malfa, nel governo Rumor IV, circa mezzo secolo fa, era 1974-1975, poi un cursus che lo portò a conquistare le maggiori posizioni nel Paese, favorito anche dalla rendita di posizione del suo partito.

Nel 1976 approda alla direzione generale della Confindustria, quindi una lunga carriera di incarichi tra pubblico e privato: presidente del Credito Industriale, del Fondo interbancario di tutela dei depositi, della Gestifondi, delle società Impregilo, di Gemina, Aeroporti di Roma e del Consorzio Venezia Nuova.

ENZO MOAVERO MILANESI, ESTERI: SPECIALIZZATO IN ANTITRUST
Avvocato, esperto di diritto, e politico. Enzo Moavero Milanesi è stato ministro senza portafoglio agli Affari europei nel governo di Mario Monti dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013. È stato ancora ministro nel'esecutivo di Enrico Letta dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014. Ha ricoperto l'incarico di giudice presso la Corte europea di Giustizia di Lussemburgo. La sua specializzazione è l'antitrust: è stato fino al 2006 direttore generale del Bureau of European Policy Advisors della Commissione europea.

Poi ha svolto l'incarico di vicesegretario generale dell'esecutivo Ue dal 2002 al 2005, prima era stato direttore del Servizio antitrust (2000-2001) e capo di gabinetto dell'allora commissario Ue alla Concorrenza Mario Monti (1999-2000). Nel suo trascorso politico, tra il '92 e il '94 fu consigliere dei governi Amato e Ciampi. È docente di Diritto dell'Unione Europea alla Luiss di Roma. Il 30 marzo 2013, in seguito alle infruttuose consultazioni per la formazione di un governo, è stato chiamato da Giorgio Napolitano a far parte del gruppo ristretto incaricato di avanzare proposte programmatiche in materia economico-sociale ed europea.

ALFONSO BONAFEDE, GIUSTIZIA: Il "MR WOLF" DEL M5S
Spesso in contrasto con le politiche della Giustizia del suo predecessore (Andrea Orlando, Pd), siciliano di Mazara del Vallo ma fiorentino d'adozione, classe 1976, Alfonso Bonafede è senza dubbio una delle persone più vicine a Luigi Di Maio. Deputato del M5S al secondo mandato, avvocato con studio legale nel capoluogo toscano, è unanimemente considerato il Mr Wolf del Movimento. Tra gli incarichi svolti - si legge nel curriculum - ha fatto anche il "conciliatore tra imprese e clienti finali dei servizi elettrico e gas".

VITO CRIMI, SERVIZI SEGRETI: QUEL CONFLITTO DI INTERESSI IN FAMIGLIA
Crimi è palermitano, 46 anni, è iscritto al Movimento dal 2007. Infanzia e l'adolescenza nel quartiere Brancaccio di Palermo, poi il trasferimento a Brescia dopo aver vinto un concorso alla Corte d'Appello. Nel 2010 è il candidato dei 5 Stelle alla presidenza della Regione Lombardia. Nel 2013 entra in Parlamento ed è il primo a presiedere il gruppo parlamentare dei grillini al Senato: in questa veste partecipa alle riunioni - in streaming - con le delegazioni del PD per la formazione del governo. Rieletto nel 2018 è nominato presidente della Commissione Speciale per il Def.

In gennaio era stato al centro di un caso di conflitto di interessi famigliare: era stato nominato componente del Comitato di garanzia del M5s, mentre la compagna ex deputata Paola Carinelli del Collegio dei probiviri. Dopo il capo politico e il garante, sono gli organi principali del M5S disegnati dal nuovo statuto. Ma i componenti del Collegio dei probiviri sono revocabili mediante consultazione in rete su proposta del Garante, previo parere conforme del Comitato di garanzia. Insomma, un controllore e un controllato - nominati dall'alto - compagni di vita.


Macron-Merkel: «Italia choc Paghiamo crisi e migranti»
Roberto Fabbri - Sab, 17/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 06158.html

"Mancata gestione di migrazioni e recessione, il voto di Roma è la conseguenza". Roadmap comune per l'Ue

«I risultati del voto italiano del 4 marzo hanno evidenziato le conseguenze di una duratura crisi economica e delle sfide migratorie a cui non siamo stati in grado di rispondere».

Il presidente francese Emmanuel Macron fa una sorta di preoccupato mea culpa a nome dell'Europa nel corso della conferenza stampa congiunta all'Eliseo con Angela Merkel, che ieri secondo tradizione ha scelto Parigi per il primo viaggio del suo mandato.

Macron ha messo così in guardia contro il rischio del prevalere in Europa di partiti populisti ed estremisti. «Il contesto europeo è stato scosso», ha detto insistendo sull'urgenza di inviare nuovi segnali per un rilancio della costruzione europea.

Aveva del resto proprio questo scopo l'incontro tra Angela Merkel ed Emmanuel Macron, enfant prodige della politica francese e nuovo partner di un tandem, quello franco-tedesco, che circostanze rinnovate - l'autoesclusione del Regno Unito, la debolezza politica ed economica dell'Italia, la marginalità di una Spagna alle prese con la crisi catalana - mantengono ancor più saldamente alla guida dell'Europa.

Costretta a rimandare il viaggio a Parigi dal protrarsi delle manovre politiche che solo pochi giorni fa, a quasi sei mesi dal voto dello scorso 23 settembre, hanno portato alla formazione del governo a Berlino, la Merkel ha mantenuto dunque l'impegno di vedere Macron prima del vertice europeo del 22 e 23 prossimi. L'obiettivo è quello di saldare una politica comune per rafforzare l'Unione e l'eurozona, rispondendo con una rinnovata strategia ai rischi di una fase caratterizzata da choc politici e carenze di visione.

Dunque, come hanno detto i due leader politici nella conferenza stampa congiunta seguita all'incontro, è tempo di «una roadmap chiara e ambiziosa». Parigi e Berlino, ha detto la Cancelliera, «devono fare da guida dando l'esempio». In tempo per il vertice europeo di giugno, Francia e Germania annunceranno linee comuni non solo sull'Eurozona, ma anche su temi come la difesa europea e la politica migratoria, con un piano congiunto sull'asilo che scaturirà da un annunciato apposito vertice tra i due Paesi.

Macron attendeva da tempo questa giornata per «accendere il motore franco-tedesco delle riforme europee». Lo scorso settembre, nel suo discorso programmatico all'università della Sorbona, il presidente francese aveva denunciato la «glaciazione europea» e invitato a rispondere con soluzioni audaci e ambiziose. Il leader quarantenne ha idee molto precise, e propone ad esempio un ministro europeo per l'Eurozona, con tanto di budget dedicato. Ma la Germania frena, sempre preda del timore di ritrovarsi a dover pagare i debiti degli altri (Italia compresa) senza che l'Ue diventi, come a Berlino ripetono spesso, più competitiva. Non a caso ieri a Parigi si sono incontrati anche i ministri dell'economia Bruno Le Maire e Olaf Scholz, consapevoli di dover affrontare una discussione complicata per «sposare meglio responsabilità e solidarietà».

La sfida lanciata da Donald Trump con le sue minacce di imporre dazi anche sulle merci europee dirette negli Stati Uniti è un altro banco di prova per Francia e Germania, decise a spronare tutti i Paesi membri sulla necessità di mostrare unità di fronte al tentativo piuttosto scoperto del presidente americano di dividere il fronte dell'Ue per arrivare a stipulare accordi commerciali separati con i singoli Paesi.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun apr 09, 2018 6:52 am

Ungheria, Orbán vince le elezioni con quasi il 50 per cento dei voti
Orbán, al potere dalla vittoria elettorale dell'aprile 2010, si afferma alle legislative, conquistando il terzo mandato consecutivo. "Ora difenderemo la madrepatria", dice subito dopo il risultato
di ANDREA TARQUINI
08 aprile 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/04 ... -193304539

BUDAPEST - Alla fine Viktor Orbán ce l'ha fatta. Il popolare, carismatico premier nazionalconservatore e sovranista ungherese, secondo i dati provvisori delle elezioni legislative svoltesi questa domenica nel paese magiaro, conquista il 49,5 per cento dei voti. Tradotto in seggi, è maggioranza assoluta ma forse non la maggioranza di due terzi necessaria per continuare a sviluppare il suo progetto di "democrazia illiberale" che si ispira apertamente ai presidenti russo e turco, Putin ed Erdogan. "Questa è una vittoria decisiva, in futuro saremo in grado di difendere la nostra madrepatria", ha commentato subito dopo il risultato.

Guadagnano molti consensi salendo al 20 per cento i suoi rivali di Jobbik, partito trasformatosi da ultradestra xenofoba e antisemita in centrodestra presentabile. I socialisti (ex comunisti) sono all'11,85 per cento che arriva al 12 per cento sommando i piccoli alleati verdi. Secondo gli osservatori difficilmente i voti dall'estero (gli expats ungheresi a Berlino Londra Parigi eccetera, e i membri delle minoranze ungheresi in Slovacchia Romania Serbia Ucraina) potranno cambiare in modo essenziale questi risultati provvisori.

Orbán dunque ce l'ha fatta ancora una volta. Ha conquistato un terzo mandato (è al potere dalla vittoria elettorale dell'aprile 20110 e riconfermato nell'aprile 2014) e potrà continuare nella sua dura politica di no all'immigrazione e ai presunti diktat dell'Unione europea da cui pure Budapest riceve ingenti aiuti coi fondi di coesione. Il successo del leader magiaro è importante per i sovranisti in tutta la Ue.

Gli avversari lo avevano accusato di casi di corruzione, di controllo di istituzioni e media, di malversazione del 30 per cento degli aiuti europei, di amicizia con Putin incompatibile con le strategie di Ue e Nato, di connivenza con gli oligarchi. Ma la sua campagna concentrata sul no ai migranti e sull'accusa (nome per nome) a tutti gli oppositori di essere agenti stranieri al servizio della presunta congiura del tycoon americano di origini ebree ungheresi Soros, per islamizzare l'Europa favorendo le ondate migratorie, sembra aver convinto.

Sotto Orbán l'Ungheria ha vissuto e vive una delle crescite economiche più robuste della Ue, ampi investimenti industriali di alta tecnologia, bassa disoccupazione e conti sovrani sotto controllo.



Elezioni in Ungheria, Orban vince ancora
2018/04/08

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... ca078.html

Il premier ungherese Viktor Orban ha vinto in maniera schiacciante le elezioni, conquistando il suo terzo mandato consecutivo dal 2010 in un voto che ha visto nel Paese un'affluenza record. Il partito di governo Fidesz, secondo i risultati diffusi quando lo spoglio era ormai oltre l'80%, conserva la maggioranza assoluta nel parlamento con il 49% dei consensi. Secondo è il partito Jobbik con il 20%, terza l'alleanza socialisti-verdi con 12%. Per tutto il giorno si sono registrate lunghe code davanti ai seggi elettorali, un'affluenza mai vista nel Paese. Una grande partecipazione che aveva fatto ipotizzare agli analisti la possibilità di una buona affermazione delle opposizioni che avrebbero potuto far perdere la maggioranza assoluta a Fidesz. Cosa che non è avvenuta.

Fino alla chiusura dei seggi, alle 19, circa 5,5 milioni di elettori sono andati alle urne, il 70%, contro un affluenza del 61,73% nel 2014. Circa 1547 i candidati in lizza per i 199 seggi del parlamento. Fidesz e il suo alleato il partito cristiano democratico avrebbero ne avrebbero conquistati 133. Il secondo posto alle elezioni è andato a Jobbik di Gabor Vona, partito conservatore nazionalista, ma non più euroscettico, che aveva promesso una lotta contro la corruzione generalizzata attribuita a Orban. A seguire l'alleanza socialista-verde (Mszp-P) e le altre formazioni politiche.

La vittoria - sono state le prime parole di Orban che ha festeggiato il risultato con i suoi sostenitori - è un'opportunità "per difendere l'Ungheria". A premiarlo, secondo gli osservatori, è stato soprattutto il martellamento andato avanti per mesi, anche attraverso i media pubblici da lui controllati, circa il "pericolo mortale" che starebbe minacciando gli ungheresi: l'arrivo di migliaia di migranti musulmani, con il ricollocamento obbligatorio voluto dall'Ue. "Dobbiamo decidere bene, perché sbagliando non ci sarà più modo di riparare, rischiamo di perdere il nostro Paese, che diventerà un Paese di immigrati", aveva detto ancora il giorno delle elezioni. Un messaggio che ha evidentemente raccolto il favore dell'elettorato.



Ecco cosa scriveva prima delle elezioni il giornalaccio bugiardo della Repubblica

Ungheria, Agnes Heller: "Cittadini stanchi di Orbán, corruzione e totalitarismo"
08 Aprile 2018
La filosofa parla delle elezioni, "le più importanti da 24 anni", mai così incerte
di ANDREA TARQUINI

https://rep.repubblica.it/pwa/intervist ... -193299935

"Gli ungheresi sono stanchi di Orbán, di corruzione e onnipresenza totalitaria, ma può vincere indebolito e divenire più duro contro tutti". Ce lo dice Agnes Heller. Orbán ce la farà? "Sono le elezioni piú importanti da 24 anni. Mai prima tanta incertezza. La gente è stanca di Orbán, non sa piú lanciare messaggi oltre slogan nazionalisti o antimigranti. È diventato noioso. Il problema non è la sua de...


???
Ungheria, Osce: 'Voto minato da faziosità, xenofobia dei media e finanziamenti opachi alla campagna elettorale'
9 aprile 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... le/4282062


Viktor Orban ha vinto le lelezioni politiche in Ungheria, conquistando il terzo mandato alla guida del governo di Budapest, ma la possibilità degli elettori di esprimere alle urne un voto pienamente informato è stata minata dalla retorica xenofoba e dalla faziosità dei media, che hanno limitato il vero dibattito politico. Ad affermarlo sono gli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

“Gli elettori hanno avuto un’ampia rosa di opzioni politiche – è l’analisi dell’Osce – ma intimidazione e retorica xenofoba, faziosità dei media e finanziamenti opachi alla campagna elettorale hanno ridotto lo spazio per il genuino dibattito politico, intralciando la possibilità degli elettori di esprimere una scelta pienamente informata”.

Secondo l’organizzazione la gestione tecnica dell’evento elettorale è stata “professionale e trasparente” e i diritti e le libertà fondamentali sono stati “nell’insieme rispettati, ma esercitati in un clima avverso“. L’accesso all’informazione, la libertà dei media e di associazione è stata “ristretta”, secondo gli osservatori, che hanno sottolineato una “pervasiva sovrapposizione tra risorse dello Stato e del partito al potere”.

“Per quanto il clima possa essere ostile, siamo determinati nel nostro impegno – ha dichiarato la direttrice di Amnesty International per l’Europa, Gauri van Gulik, commentando la vittoria di Fidesz, il partito di Orban – resisteremo all’offensiva contro i diritti umani in Ungheria per e con tutte le persone e i gruppi che combattono per i diritti e le libertà di tutti”.

“Continueremo a contrastare i tentativi di attizzare l’ostilità contro i migranti e i rifugiati – ha proseguito van Gulik – e continueremo a prendere la parola in favore di chi li sostiene e difende. Non ci faremo spaventare da coloro che cercano di ridurre al silenzio le voci critiche e di creare un’atmosfera di paura. Il legittimo lavoro delle organizzazioni che difendono i diritti umani in Ungheria è adesso più necessario che mai e più che mai siamo determinati a stare al loro fianco”.


Alberto Pento
I diritti e le libertà fondamentali sono stati "nell’insieme rispettati, ma esercitati in un clima avverso". Durante le elezioni il clima è sempre avverso, in tutti i paesi del mondo; gli avversari politici quando si confrontano nelle elezioni creano naturalmente un clima avverso, anche quelli che poi risultano perdenti alle elezioni. A casa propria tutti gli uomini della terra fanno entrare solo chi vogliono e che sono graditi, quindi anche gli ungheresi, è un loro diritto naturale, umano, civile, politico universale. Non è certo un diritto entrare in casa degli altri contro la volontà di chi vi abita. I diritti umani che vanno difesi in ogni paese sono innanzi tutto quelli dei cittadini di quei paesi.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun apr 09, 2018 7:14 am

I (veri) nemici dell’Europa

Giulio Terzi di Sant'Agata
09 Aprile, 2018

http://www.lintraprendente.it/2018/02/i ... 4.facebook

I candidati che proclamano la necessità di avere “più Europa” si guardano bene dal ricordare e da difendere i principi sui quali il Vecchio Continente si fonda. A partire dal rispetto dei diritti umani. Farlo creerebbe loro qualche problema con regimi sanguinari e repressivi (vedi Iran) con cui sostengono la necessità di dialogare.

Pubblichiamo un estratto dell’intervento che l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata ha tenuto lunedì 29 gennaio al convegno organizzato alla Camera dei deputati dall’associazione Fare Futuro.

Una politica estera e di sicurezza che intenda affermare nel Mediterraneo e in Medio oriente “più Europa” , ma che voglia farlo in chiave esclusivamente affaristica e rinunciataria della propria identità, porta dritto allo smarrimento dell’Europa, non a un’Europa che si rafforza. Sembra assurdo che ciò avvenga proprio sulle sponde del Mediterraneo che hanno visto nascere il pensiero, la cultura, l’identità dei popoli europei (???).
Ma questa è la sensazione che danno le Istituzioni dell’Unione, i Governi italiani e i candidati alle imminenti elezioni politiche che proclamano la necessità di avere “più Europa” sulla scena mondiale ma si guardano bene dal ricordare i principi sui quali l’Europa si fonda. Essi sorvolano su questi principi in reverente ossequio alle “sensibilità “ di regimi che non hanno alcuna parvenza di democrazia, mentre sono in atto da parte di quei regimi repressioni violente del dissenso politico, incarcerazioni arbitrarie e esecuzioni. Il silenzio dell’Europa e lo smarrimento dei suoi valori, come in altre terribili stagioni della nostra storia, è un potente stimolo per regimi sanguinari e corrotti . Ignorando la centralità dello Stato di Diritto nella politica estera e di Sicurezza l’Italia e le Istituzioni comunitarie stanno facendo perdere all’Europa la sua vera anima: quella dei principi fondanti dei Trattati Europei, obbligatori per tutti gli Europei‎. Credo non dobbiamo stancarci di dirlo in questa stagione elettorale.

Uno dei più grandi giuristi contemporanei è stato il professor Cherif Bassiouni. Tra gli internazionalisti degli ultimi decenni ha decisamente influito sulla tutela avanzata dei diritti umani attraverso i meccanismi della giustizia transizionale delle Nazioni Unite, fortemente sostenuti dall’Italia. Bassiouni, ci ha lasciato il 25 settembre scorso. Aveva accettato con entusiasmo di presiedere il Consiglio Scientifico del “Comitato Globale per lo Stato di Diritto-Marco Pannella”. Il suo ultimo libro – The “Chronic of the Egyptian Revolution”, è una descrizione documentatissima di quanto avvenuto nel Mediterraneo a partire dalla rivoluzione egiziana e dalle Primavere Arabe del 2011, sino alla immane tragedia della distruzione della Siria e del suo popolo. “Chronic of the Egyptian Revolution”, si conclude con la citazione di Charles Dickens da “A Tale of Two Cities”. Uno spunto letterario, si potrà dire, ma rilevante in un dibattito sul rapporto tra Europa e Mediterraneo. Nella contrapposizione Dickenseniana tra città della luce e città delle tenebre si possono anche oggi intravvedere le scelte per una nuova politica estera dell’Italia e dell’Europa nel Grande Mediterraneo.

Ci vuole una nuova politica estera non soltanto perché l’emarginazione dell’Europa e dell’Occidente dalla gestione politica, diplomatica e militare delle crisi durante gli ultimi sette anni- pesa negativamente sulla sicurezza dell’Europa, sulla coesione e stabilità sociale dei nostri Paesi, su nostri diretti interessi nazionali .L’emarginazione europea e soprattutto dell’Italia – Londra e Parigi hanno per parte loro dato prova di capacità di intervento ben diverse dalle nostre- e la rinuncia supina all’affermazione dell’identità europea e dell’interesse nazionale fanno si che nel Mediterraneo, ormai, l’Europa stia perdendo la sua anima nel senso letterale del termine.
Infatti:

– la politica estera e di sicurezza dell’UE sta affrontando in modo insufficiente e parziale la questione delle migrazioni: ritenendole soltanto una questione umanitaria quando esse devono essere considerate un aspetto fondamentale per la nostra sicurezza dentro e fuori i confini dell’Europa. Lo documenta perfettamente il rapporto sul progetto di ricerca realizzato dal CeNASS lo scorso maggio, pubblicato a cura di Paolo Quercia ;

– resta ugualmente ambigua, debole, insoddisfacente la definizione di una strategia comune nei rapporti con la Russia – dopo l’annessione della Crimea – sulla riduzione e il controllo degli armamenti convenzionali, strategici e sub strategici nel continente europeo, in particolare le armi nucleari vietate dal Trattato INF del 1987;

– rimane altrettanto incomprensibile quale linea l’Unione, e l’Italia in particolare , intendano seguire su Siria, Iraq, Yemen – tutte tessere del puzzle Iraniano – oltre che su Libia e Sahel ;

– mentre tutto questo è sotto i nostri occhi, abbiamo completamente e vistosamente rinunciato nell’affermazione di principi sui quali si basa prima di ogni di altra cosa la costruzione dell’Unità europea, la sua integrazione politica ed economica, e la sua identità culturale.

L’Europa perde la sua anima nel Mediterraneo quando l’Alto Rappresentante Federica Mogherini evitare sistematicamente di porre su qualsiasi tavolo dei negoziati con l’Iran, il rispetto delle libertà politiche, economiche e sociali della popolazione iraniana. Personalità del nostro Governo e di altri paesi europei fanno la stessa cosa. Non ci si vergogna di ignorare gli ottomila e più manifestanti arrestati negli ultimi giorni dello scorso anno, e quelli uccisi a decine durante le dimostrazioni, eliminati in carcere e impiccati perché si battono contro la corruzione e la repressione di un’intero popolo.

Ci sono chiare domande da porci. Non è fatto un obbligo dai Trattati a ciascuno Stato Membro dell’Unione Europea e a tutte le istituzioni comunitarie di porre al centro dei rapporti dell’Unione con tutti gli altri Stati il rispetto dei Diritti umani e dello Stato di Diritto? Non è quest’ obbligo sancito dai Trattati e da una miriade di decisioni dei Consigli europei, delle linee guida e di piani d’azione, come quelli sulla libertà di religione e di pensiero (FORB)? E non sono questi obblighi sottoscritti, conclamati, propagandati dal nostro Governo ma allo stesso tempo completamente ignorati nei fatti? Il Ministro dell’Economia Padoan ha celebrato nella sala Ciampi del suo Dicastero con il suo collega iraniano la concessione di linee di credito miliardarie, finanziate direttamente o indirettamente dal contribuente e dal risparmiatore italiano, proprio mentre il sangue scorreva nelle strade di decine di città iraniane. Si tratta delle linee di credito che saranno gestite da Invitalia, ai sensi dell’ultima Legge di Bilancio. Da essa il Governo ha voluto persino escludere emendamenti che erano stati saggiamente proposti per ribadire gli impegni derivanti dalle norme europee contro il riciclaggio con finalità terroristiche. Il segnale dato a Teheran dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene è quindi che l’Italia non sarà troppo “fiscale” sulla destinazione dei finanziamenti ad entità filo terroristiche – sanzionate dagli Usa e dall’Europa- o coinvolte nella gestione spesso disinvolta del sistema bancario iraniano.

L’Europa ha cancellato dal radar i diritti umani, la dignità dell’individuo, i diritti economici e sociali, la libertà religiosa, di credere e di non credere, il pluralismo politico. Siria, Iran, Egitto, Tunisia, Libia, sono le tappe dell’indifferenza europea e della nostra irrilevanza. Da sette anni gli orrori del genocidio siriano sono lo specchio che continuiamo a ignorare delle nostre incapacità.


Alberto Pento
Questi rappresentano l'URSE l'Europa sovietica e totalitaria del comunista Altiero Spinelli, non certo l'Europa del vero fondatore il liberale e federalista Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, di cui la Bonino e i suoi ex radicali si guardano bene dal nominare.



Iran, Islam scita e ebrei
viewtopic.php?f=188&t=2221

Iran, ebrei in Iran, persecuzione, guerra a Israele
viewtopic.php?f=197&t=2237
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer apr 18, 2018 6:23 am

???

Macron all'Ue: "Egoismi nazionali e fascino illiberale: è guerra civile europea. Siria? Difeso l'onore internazionale"
17 aprile 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... li/4297839

Il presidente della Repubblica francese è intervenuto per la prima volta di fronte alla plenaria di Strasburgo. E ha parlato di quella che per lui è "la difesa della sovranità europea": "Non voglio appartenere a una generazione di sonnambuli". Sull'intervento in Siria: "I raid erano necessari e sono stati limitati ad alcuni obiettivi e non ci sono state vittime". Juncker: "Bene, ma non dimenticare che l'Unione è formata da 28 Paesi, non da Germania e Francia". Merkel: "Discuteremo di riforme con l'Eliseo"

Per colpa di “egoismi nazionali” e del “fascino illiberale”, “emerge una sorta di guerra civile europea”. Quindi “bisogna edificare una nuova sovranità europea per dare una risposta chiara agli europei”. Il presidente francese Emmanuel Macron è intervenuto, per la prima volta, davanti alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo e ha rilanciato quella che è la sua idea di Europa, quella stessa di cui aveva parlato durante la campagna elettorale e che ora vuole riportare al centro del dibattito politico in vista delle elezioni Ue del prossimo anno. “Non voglio appartenere a una generazione di sonnambuli che dimentica il passato”, è uno degli estratti del suo discorso. Macron ha anche parlato dei raid in Siria di Francia, Gran Bretagna e Usa dello scorso weekend, dicendo che “sono intervenuti per difendere l’onore della comunità internazionale”: “In modo mirato e senza vittime siamo andati a distruggere tre siti di lavorazione di armi chimiche”, ha detto. “Non c’entra nulla con l’Iraq e la Libia. Noi non abbiamo dichiarato la guerra a nessuno. I raid erano necessari e sono stati limitati ad alcuni obiettivi”.

“Sui migranti un dibattito tossico” – Il presidente ha quindi parlato del tema immigrazione, definendolo “un dibattito tossico”, e rivendicando la “perfetta intesa tra Italia e Francia”, nonostante solo poche settimane fa ci sia stato il caso diplomatico legato all’irruzione della gendarmeria a Bardonecchia per controllare un migrante. Centrale nel suo intervento poi il tema del “popolo” che non ha “abbandonato l’Europa”, ma secondo Macron è “il tradimento degli intellettuali“. Il presidente francese ha iniziato da alcuni mesi il suo percorso verso le elezioni del 2019, lui che ha sempre difeso l’Unione, pur chiedendone una rifondazione. Tra le incognite più interessanti c’è quella del “con chi” il suo partito andrà a formare il gruppo a Bruxelles, se sceglierà di andare con i partiti tradizionali o avrà le forze di dare vita a una nuova formazione politica.

“Egoismi nazionali e fascino illiberale” – “Non possiamo far finta di essere in un tempo normale”, ha esordito Macron, “c’è un dubbio che attraversa molti dei nostri Paesi europei sull’Europa, una sorta di guerra civile europea sta emergendo: stanno venendo a galla i nostri egosimi nazionali e il fascino illiberale“. E ha aggiunto: “Dobbiamo edificare una nuova sovranità europea per dare una risposta chiara agli europei. Siamo in un momento in cui avvengono grandi trasformazioni. Il modello democratico in Europa è unico nel mondo”. Su questo passaggio del presidente francese si è soffermato Jean Claude Juncker, sottolineando che l’Unione Europea “non è un club guidato dalla Francia e dalla Germania, ma un’Unione a 28″. Eppure a stretto giro è arrivato l’annuncio della cancelliera Angela Merkel per annunciare che “la Germania darà un proprio contributo autonomo, e troveremo entro giugno una soluzione comune con la Francia” sulle riforme dell’Eurozona. “Non mi preoccupo che non metteremo in piedi un pacchetto forte”, ha aggiunto, sottolineando che sul tavolo ci sono molti temi, “pilastri della stessa importanza” come difesa comune, diritto d’asilo, solidità finanziaria e unione bancaria. Un appuntamento, quello del Consiglio d’Europa sulle riforme, al quale guarda con attenzione anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: una data che il Quirinale ritiene “invalicabile” nella formazione del governo.

“Lavoriamo bene con l’Italia sui migranti” – Sull’immigrazione, l’inquilino dell’Eliseo ha detto: “Dobbiamo sbloccare il dibattito tossico, avvelenato, sui migranti”, ma anche “sulla riforma di Dublino e la ridistribuzione”. E ha quindi proposto: “Bisogna costruire solidarietà interna, propongo di creare un programma europeo che finanzi direttamente le comunità locali che accolgono e integrano i rifugiati”. Macron ha anche parlato della cooperazione con l’Italia, finita al centro delle polemiche dopo l’episodio del controllo francese in territorio italiano che ha creato tensione a livello diplomatico. “La Francia”, ha detto, “si felicita della cooperazione” nelle politiche sulle migrazioni “con diversi Stati membri, penso in particolare alla Germania e all’Italia, che voglio salutare. Penso che in particolare con l’Italia noi abbiamo saputo dimostrare in questo ultimo anno la nostra capacità di lavorare insieme“. Serve “anzitutto una politica di solidarietà interna ed esterna in Europa. Ed è la chiave se vogliamo avere un risposta integrata al rischio migratorio. Ma credo profondamente che serva una solidarietà europea alle nostre frontiere per proteggerci, come una solidarietà all’interno delle nostre frontiere, per poter condividere gli oneri”.

“No a generazione di sonnambuli” – Macron ha quindi parlato di quella che per lui è la “difesa della sovranità europea”: “Appartengo a una generazione che non ha conosciuto la guerra e che si sta dando il lusso di dimenticare ciò che i suoi predecessori hanno vissuto, non voglio appartenere a una generazione di sonnambuli che dimentica il passato e non vuole vedere i tormenti attuali. Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità, voglio appartenere a una generazione che decide di difendere la propria democrazia, perché è una parola che ha senso e che è frutto di battaglie passate. Voglio appartenere a una generazione che difenda la sovranità europea, che permetterà alle generazioni future di scegliere liberamente il loro futuro”. Il presidente francese ha citato volutamente un celebre saggio, “I sonnambuli”, dello storico australiano Christopher Clark, che sostiene come l’Europa degli anni dieci si tuffò, attraverso una concatenazione di eventi e di errori di valutazione, nella carneficina della Prima guerra mondiale, che fece tra 15 e 17 milioni di morti ed iniziò con la convinzione diffusa che si sarebbe trattato di un conflitto breve e circoscritto. “Spero che nei prossimi mesi”, ha continuato, “arriveremo a superare le faglie che dividono il Nord dal Sud, l’Est dall’Ovest, i piccoli dai grandi, il ripiegamento sugli egoismi nazionali. Ci sono molti oggi che pensano che si possa continuare a preferire gli scontri abituali, le certezze di ieri, perché ci siamo abituati, le divisioni ben conosciute e ben concertate. Ma vengo anche da una terra, e da una famiglia, che ha conosciuto tutte le ferite della nostra storia passata”.

“Minaccia dal tradimento degli intellettuali” – Per quanto riguarda i populismi e la crisi della fiducia nelle istituzioni europee ha aggiunto: “Non è il popolo che ha abbandonato l’idea d’Europa. È la trahison des clercs, il tradimento degli intellettuali, che la minaccia. Alcuni ci dicono con aplomb che il popolo non vuole più Europa. A volte gli si crede, sottraendosi così alle responsabilità, quando occorrerebbe condurre il popolo fino alla fine di questa avventura. Altri dicono, con aria da saggi, che non dobbiamo accelerare il passo, per non turbare il popolo, perché questo vorrebbe dire fare il gioco dei populisti. Questo vorrebbe dire abituarci ad una musica che conosciamo bene, quella della paralisi. Sarebbe comodo, in effetti, eccitare le passioni del popolo, per evitare di indicare un cammino; sarebbe comodo criticare senza proporre, distruggere senza ricostruire”.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » dom apr 22, 2018 3:53 am

Il Montenegro non svolta e rimane in mano a Dukanovic
Mauro Indelicato
21/04/2018

http://www.occhidellaguerra.it/monteneg ... -dukanovic

Il Montenegro ha un nuovo presidente, che in realtà però oltre ad essere una vecchia conoscenza è anche il principale simbolo della continuità politica del sistema che governa questo paese già da prima del 2006, annodell’indipendenza dalla Serbia. A vincere già al primo turno le presidenziali di domenica, è stato Milo Dukanovic, uomo forte del piccolo Stato affacciato sull’Adriatico e personalità di spicco del Partito Democratico dei Socialisti del Montenegro, lo stesso a cui appartiene il suo predecessore, Filip Vujanovic. Quest’ultimo lascia dopo essere stato per dodici anni alla guida del Montenegro e, di fatto, fino a domenica l’unico presidente del paese dall’indipendenza. Cambierà comunque molto poco: Dukanovic è stato alla guida dei governi montenegrini per diversi mandati e la sua influenza si è sempre fatta sentire anche negli esecutivi non da lui direttamente presieduti. Adesso per il neo presidente montenegrino, è arrivato il momento di varcare la tanto sospirata soglia del palazzo presidenziale.


Vittoria già al primo turno

Già leggendo i primi dati si è ben intuito come le consultazioni della scorsa domenica avrebbero consegnato la presidenza a Dukanovic: al termine del conteggio tali sensazioni sono state confermate, con il candidato del Partito Democratico dei Socialisti in Montenegro in grado di ottenere il 54% dei consensi e di essere quindi eletto al primo turno. Alle sue spalle si è piazzato Mladen Bojanić, con 33.5% dei voti: sembrerebbe un divario molto importante, in realtà il risultato del principale sfidante del neo presidente appare decoroso considerando una serie di molteplici fattori. In primo luogo, Bojanić non appartiene ad alcun partito ed è stato scelto come punto di convergenza di gran parte dei partiti di opposizione; in secondo luogo, in un paese dove è forte il radicamento del partito del Presidente, riuscire ad andare oltre il 30% appare molto importante in previsione futura.

Dietro questo 33.5% si celano infatti diverse anime del paese pronte a dar battaglia al nuovo/vecchio corso montenegrino: dalle associazioni scese in piazza lo scorso anno contro l’adesione alla Nato, fino ai tanti cittadini che lamentano corruzione negli apparati statali, passando pure per chi non vuole recidere i contatti con la Serbia schierandosi in netta posizione filo Ue e filo Usa. Nonostante la vittoria al primo turno, Dukanovic dovrà quindi comunque governare un paese profondamente spaccato e diviso, con non poche tensioni al suo interno. Il Montenegro si interroga circa il suo futuro, la sua possibilità di vedere un’alternativa al regno del partito del neo presidente, così come l’opinione pubblica appare spaccata sul posizionamento internazionale dei prossimi anni.


Le controversie su Dukanovic

In pochi nel 2016, dopo l’ennesima vittoria del suo partito alle legislative, avevano creduto ad un suo definitivo ritiro dalla politica: nonostante infatti l’affermazione della formazione politica di riferimento, Dukanovic aveva deciso di passare il testimone ai suoi collaboratori. In realtà, come ben dimostrato in seguito, si è trattato del primo passo verso la presidenza: con la candidatura ufficialmente annunciata ad inizio anno, Dukanovic si è quindi assicurato cinque anni di mandato come nuovo leader montenegrino. Non mancano le controversie sul suo operato politico: in tanti lo accusano di vero e proprio autoritarismo e di una gestione quasi personale del paese, durante e dopo i mandati da primo ministro. Controversie politiche che si tramutano anche in giudiziarie: nel 2003 il Gip del Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta di arresto per Dukanovic soltanto per l’immunità diplomatica di cui in quel momento godeva.

Le indagini riguardavano presunti rapporti con la criminalità organizzata per portare tabacco di contrabbando in Italia; nel marzo del 2008, lo stesso Dukanovic è stato interrogato sei ore dalla procura di Bari per tali indagini, poi del tutto archiviate nell’aprile del 2009. Ma al di là dei fatti contestati nel nostro paese a livello giudiziario, sotto un profilo prettamente politico Dukanovic è accusato di aver imposto la propria visione sull’orientamento internazionale del Montenegro nonostante diverse voci di protesta. A livello interno, al nuovo presidente viene invece imputata una visione clientelare ed una gestione che non riesce ad estirpare la corruzione. Con lui alla guida comunque, nonostante le varie controversie, il Montenegro è destinato ad avvicinarsi sempre più all’occidente: dopo l’ingresso nella Nato, Podgorica prosegue con il processo di adesione all’Ue.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » dom mag 13, 2018 8:48 am

Ora Juncker si preoccupa: "Crisi migranti alimenta i populismi"
Angelo Scarano - Ven, 11/05/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 25339.html

Il presidente della Commissione Ue "scopre" i migranti: "Serve solidarietà". E lancia l'allarme: "L'emergenza immigrazione alimenta nazionalismi e populismi"

"Il popolo italiano e greco hanno chiesto a gran voce più solidarietà perché non si puo lasciare dei Paesi solo a se stessi: questo è stato il grido lanciato da Italia e Grecia e purtroppo la nostra risposta è stata troppo tardiva".

Ora si sveglia pure Jean-Claude Juncker che alla conferenza sullo Stato dell'Unione chiede all'Europa più solidarietà.

"La solidarieta è un obiettivo originario e permanente della costruzione europea e fa parte del patto fondatore alla base della creazione del progetto europeo", ricorda il presidente della Commissione Ue, "Questo stesso desiderio di solidarietà viene rinnovato ogni giorno e fu lanciato come messaggio dai padri fondatori della costruzione Ue. Ci sarebbe voluta una risposta più spontanea di solidarietà. In occasione della crisi migratoria e anche in occasione della crisi finanziaria ho scoperto che ci sono degli europei sempre pronti a rispondere all'appello dell'Europa e degli europei part-time che a volte partecipano, a volte no. Vorrei che tutti europei fossero full-time".

E lancia l'allarme: "Con la crisi migratoria i sentimenti che pensavano di aver superato purtroppo hanno rifatto capolino e, considerando il ritorno dei populisti e nazionalisti, hanno avuto materia per alimentare i loro movimenti e per aumentare il distacco dagli altri", dice, "Quando le cose vanno bene o quasi bene la solidarietà quasi nasce da sola ma quando ci sono crisi, come avvenuto negli anni passati, allora la solidarietà si sfilaccia, si perde a poco a poco. Abbiamo visto la riscoperta di un'espressione che detesto: 'club Mediterraneo', un termine che si può usare per il turismo ma non quando si parla di Europa solidale. Le economie di mercato da sole non bastano, ci vuole anche un senso sociale e proprio questo effetto di solidarietà è alla base del progetto europeo. Bisogna rimanere fedeli allo spirito di solidarietà che caratterizza questa nostra storia europea e la costruzione europea".
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