Poledega

Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun mag 01, 2017 1:43 pm

È LA “SOTTOMISSIONE” DELLA SINISTRA FRANCESE ALL’ISLAM E ALLA TECNOCRAZIA GLOBALISTA AD AVER FATTO SORGERE LA LE PEN. ECCO LA PROVA
Antonio Socci
Da “Libero”, 30 aprile 2017

http://www.antoniosocci.com/la-sottomis ... #more-5828

“La cartina parla da sola!”, scrive Gérard Couvert sul sito francese “Boulevard Voltaire”. In effetti è davvero eloquente.
I dati del primo turno delle elezioni presidenziali francesi sono stati commentati in lungo e in largo, ma nessuno aveva pensato di sovrapporre la mappa dei Dipartimenti – con i relativi vincitori – alla mappa delle moschee presenti sul territorio francese.
Forse per autocensura – insinua Couvert – infatti il risultato è impressionante ed “è istruttivo sia sulla sociologia del voto e la sua probabile evoluzione, sia sugli sviluppi di civiltà che vedremo nel prossimo decennio”.
Il simbolo della moschea, nella cartina, ha tre grandezze diverse: il più grande indica che in quella zona c’è una moschea per meno di 7.500 abitanti; il simbolo a grandezza media per una popolazione dai 7.500 ai 12.500; il simbolo più piccolo tra 12.500 e 15.000 abitanti.
Nelle zone dove manca il simbolo non significa che non ci sono moschee, ma che ce n’è una per una popolazione oltre i 15.000 abitanti.
In pratica questa cartina è una rappresentazione della densità di popolazione musulmana nei diversi dipartimenti.
Per esempio nel Dipartimento Seine-Saint-Denis c’è una moschea per 3.500 abitanti, “che è un po’ più di quello che troviamo a Damasco”, spiega Couvert. Invece in Vandea c’è una moschea per 114.000 abitanti.
Ovviamente non è una mappa esattissima, perché diversi luoghi di culto islamici non sono dichiarati pubblicamente.

In ogni caso basta il colpo d’occhio per capire che le zone dove ha vinto Marine Le Pen si sovrappongono quasi esattamente alle zone a più alta densità di popolazione islamica. Mentre nelle zone dove l’Islam è scarsamentre rappresentato ha vinto Macron.
È molto eloquente e non può essere una coincidenza casuale. Naturalmente ci sono anche altre componenti che hanno inciso sul voto, per esempio quelle di tipo sociale: l’ostilità o il plauso a questa globalizzazione e a questa Europa.
Sappiamo che Macron ha prevalso nella borghesia parigina, mentre nel voto operaio la Le Pen ha preso il 37 per cento, Mélenchon il 24 per cento, Macron il 16 per cento e Hamon il 5 per cento.
È probabile che al secondo turno i diversi malesseri e le diverse rabbie, si aggreghino. Per esempio convogliando sulla Le Pen molti voti andati a Mélenchon (lo scontento sociale, l’impoverimento, la rabbia dei ceti popolari). Ma anche i voti presi da un ex gollista anti Europa come Nicolas Dupont-Aignan, che al primo turno ha raggiunto il 4,7 per cento e che ora ha dichiarato di votare Le Pen. Mentre l’elettorato di Fillon dovrebbe andare, in parte, a Macron.
Resta tuttavia quell’impressionante sovrapposizione evidenziata dalla cartina di Couvert relativa all’islamizzazione.
C’è una Francia che assiste con sgomento a quella che Finkielkraut chiama “la disintegrazione francese”, cioè la trasformazione di quel paese in un’altra cosa, senza più identità e senza più la sua storia millenaria.
Sono cittadini da disprezzare e bollare come razzisti, populisti, islamofobi e fascisti?
O sono cittadini che pongono un problema serio e drammatico e sono da rispettare, da ascoltare e capire?
Vedono più acutamente il futuro della Francia loro oppure le élite che hanno portato la Francia e l’Europa a questo punto e che oggi sostengono il “multiculturalismo” e l’immigrazione di massa?
L’élite globalista, rappresentata da Macron, detesta le patrie nazionali e gli interessi nazionali (la finanza e il denaro non hanno patrie né frontiere).
Macron – come ha scritto ancora Finkielkraut – accompagna e teorizza quella disintegrazione della Francia.
Invece la cartina di Couvert ci dice che al primo turno ha votato Le Pen soprattutto chi ha la sensazione di trovarsi in un Paese in via di islamizzazione e vede il futuro dei propri figli com’è rappresentato nel romanzo “Sottomissione” di Michel Houellebecq.
Ma probabilmente al secondo turno voteranno Le Pen anche quegli elettori di Mélenchon e di Fillon che rifiutano un’altra sottomissione: alla grande finanza, alla Troika, alla Ue e alla Merkel.
Per questo il risultato potrebbe non essere così scontato come i media fanno pensare. Del resto sono gli stessi media che prevedevano (e sostenevano entusiasticamente) la bocciatura della Brexit e la vittoria di Hillary Clinton.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun mag 08, 2017 4:09 am

???

La Francia di Parigi, diversa dalle altre mille che esistono tra banlieue e campagne, accoglie il neopresidente cantando la Marsigliese. Il pupillo del sistema si è mangiato i suoi stessi padri e ora tutti confidano succederà qualcosa. I problemi però, ne sono tutti consapevoli, iniziano da lunedì mattina quando Macron siederà davvero sulla poltrona più importante. Ecco le storie, le speranze, gli auspici di chi ha accolto Macron per "l'incoronazione" davanti al Louvre
di Martina Castigliani | 7 maggio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... ta/3569018

La maestosa piazza del Carrousel del Louvre ascolta imperturbabile i cori da stadio, mentre le casse che pompano musica da discoteca quasi coprono la famosa piramide in vetro. “Macron président, Macron président”. Quando sul maxi schermo compaiono i risultati, la folla si mette a sventolare le bandiere e Parigi tira un sospiro di sollievo: ha vinto Emmanuel Macron, ha perso l’estrema destra di Marine Le Pen. “Questa è la vera Francia”, grida lo speaker dal palco. “Siete fieri?”. “Sii”, risponde in coro la piazza facendo la sua professione di fede prima di tornare composta ad applaudire l’intervento del neo-presidente. Lui arriva sotto le note dell’Inno alla gioia, in onore dell’Europa, con una camminata studiata nei dettagli che dura parecchi minuti. “Finalmente un giovane, l’aria nuova, la nostra speranza”, commenta Marie, dipendente di banca poco più che 60enne. “È il nostro Matteo Renzi che spazzerà via la vecchia politica per lasciar spazio ai giovani”. Il pupillo del sistema si è mangiato i suoi stessi padri e ora tutti confidano succederà qualcosa. In diretta tv compare l’ex ministra del Ps Ségolène Royale, sua grande supporter, e questo dice molto sul fatto che non tutto è così nuovo come sembra. Jean-Claude, 73 anni e, dice, un “lungo passato di elettore gollista”, si scalda: “Macron, ne fais pas le con” (non fare lo stupido ndr). Qualcuno lo guarda storto e allora si spiega meglio: “Iniziano ora le difficoltà, il presidente ha fatto molte promesse e non può deludere i suoi elettori. La prima urgenza è riuscire a riunificare il Paese. Siamo spaccati ed è inaccettabile”. Meriam ha 24 anni, è di origini algerine, ma è nata e vive a Parigi dove fa studi di commercio. È di fede musulmana ed è uscita di casa mettendosi la bandiera tricolore al posto del velo. “C’è una Francia razzista”, dice mentre lascia che le persone la fotografino come se fosse un simbolo. “lo lo vivo ogni giorno sulla mia pelle, negli sguardi in metropolitana della gente e nelle discriminazioni ogni volta che mi chiedono di mostrare il capo. Macron dimostra che c’è un’altra Francia che non è quella del Front National”.

La Francia di Parigi, diversa dalle altre mille che esistono tra banlieue e campagne, accoglie il neopresidente cantando la Marsigliese e subito dopo ballando al suono di musica da discoteca. Il neo-eletto si presenta alzando le mani e ringraziando: “Tutti ci dicevano che era impossibile, ma non conoscevano la Francia”. Quindi le parole per chi è andato a votarlo al secondo turno: “So che alcuni hanno scelto me pur non credendo nelle mie idee, ma per difendere la Repubblica, e io lo farò con loro”. E quindi agli elettori del Front National: “Farò di tutto perché non abbiano più alcuna ragione per votare gli estremi”. Sono passati 5 anni da quando i francesi acclamarono François Hollande ai piedi della Bastiglia e sembrava la festa dei lavoratori di un primo maggio qualsiasi. Oggi quei militanti hanno un’altra storia e altre priorità in testa. Christian ha 36 anni, fa l’ingegnere per un gruppo internazionale ed ha la doppia nazionalità francese e tedesca: “In Germania Macron è già una star: sono tutti pronti a lavorare con lui e Angela Merkel credo sia davvero soddisfatta di questo cambio. Lui è l’ultima chance per la mia generazione, quella che i partiti tradizionali hanno sprecato. I giovani, i miei coetanei, non credono più nella politica”. I problemi però, ne sono tutti consapevoli, iniziano da lunedì mattina quando Macron siederà davvero sulla poltrona più importante: “Deve trovare una soluzione alla disoccupazione che inginocchia il Paese”, conclude Christian. “Ha in testa una riforma del lavoro che va verso una maggiore flessibilità e che, secondo me, è davvero la soluzione. Cercherà di equilibrare con tutele per i lavoratori, ma la cosa più urgente è dare più libertà agli imprenditore schiacciati dal peso delle tasse e della burocrazia. Ce la farà? È un equilibrista”.

Ad ascoltarlo con le magliette di En Marche! indossate sopra i maglioni ci sono tanti della classe di Macron. Quasi quarantenni che nel sistema, loro, ancora non sono riusciti ad entrare. Abdel ad esempio, ha 37 anni e due specializzazioni in due delle scuole più prestigiose della Francia: Sciences Po e la Sorbona. “Ho appena fatto un colloquio per lavorare al ministero del Lavoro”, dice incrociando le dita. “Ma parlando con i miei selezionatori ho avuto l’impressione che qualcosa si muove anche dentro il mondo dei funzionari pubblici. Forse c’è uno spiraglio anche per noi, quelli che sono sempre stati esclusi dal mondo delle élite”. E il lavoro sarà la sua più grande sfida: “Deve riuscire a conciliare pragamtismo con tutela sociale. È vero che il nostro codice è molto pesante, ma deve pensare anche alla protezione dei più deboli”. Secondo Abdel, francese ma di origini marocchine, il primo obiettivo è quello di riconciliare la nazione: “Siamo come divisi in fazioni e in guerra continua. Basta vedere il risultato del primo turno. Io spero davvero che lui, con spirito repubblicano, si rivolga a tutti. Perché non possiamo più accettare una Le Pen al secondo turno. Che figura facciamo a livello internazionale?”.

La festa della Repubblica unisce per tradizione famiglie e adolescenti che escono nelle strade per rendere omaggio al nuovo presidente. Oggi, forse più che altre volte, i diciottenni occupano la scena. Diego ad esempio, doppia nazionalità costaricana e francese, è appena diventato maggiorenne ed è al primo voto: “Io mi sento più di sinistra, ma credo che l’importante oggi fosse non trovarsi al potere l’estrema destra. Crediamo tutti nell’Europa e finalmente abbiamo trovato un politico che ha il coraggio di dirlo per combattere il populismo. Non potevo crederci che saremmo diventati i nuovi Stati uniti con il nostro Trump”. Diego, batte i denti pur di non mettere la giacca e coprire la sua maglietta di “En Marche!” di colore giallo. È tra i più giovani, ma parla come se avesse già vissuto decine di presidenze. “Ho capito che sono necessari interventi radicali per far ripartire l’impiego. Ma ci sarà una grande opposizione nel Paese e a volte ho paura che non funzionerà. E se non fosse così? Spero che Macron si ricordi che la Francia è prima di tutto un Paese che tutela i più deboli”. Jade lo ascolta e aspetta il suo turno prima di dire la sua con orgoglio: “Io ho 16 anni. Non l’ho votato, ma spero di poterlo rifare presto. È un presidente che ha a cuore la cultura e l’integrazione delle banlieue dove i giovani vivono in grande difficoltà e hanno bisogno di più attenzione. Se io abito in banlieue? No, no. Vivo con i miei genitori poco distante dal Louvre”.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mar lug 25, 2017 3:13 am

??? I dementi irresponsabili e manipolatori dei diritti umani di questo giornalaccio infame. Ricordo a questi imbecilli che i paesi dell'Est di sono liberati della mostruosità sovietica dell'URSS non certo per finire in un'altra mostruosità simile che è l'UE ???

Polonia, gli Stati dell'Est fanno la guerra su diritti, giustizia e migranti: così la Contro-Europa demolisce i valori dell'Ue
di Leonardo Coen | 24 luglio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07 ... ue/3751519

La riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dal governo di Varsavia è solo l'ultimo episodio: gli Stati di Visegrad - Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia - riemersi dal blocco comunista, mettono in discussione i principi fondanti dell'Unione e le decisioni di Bruxelles a partire dal ricollocamento dei richiedenti asilo in nome della sovranità statale. Una battaglia aperta, culturale ed ideologica contro il sistema democratico che Bruxelles rischia di perdere ???

Ricorsi della Storia? Vengono i brividi, ad immaginare il potenziale distruttivo che incombe su di noi. Anche nel 1939 tutto cominciò da quella che allora venne chiamata “crisi polacca”, in realtà un pretesto inventato dai nazisti, che invasero la Polonia fieramente nazionalista – coll’assenso di Stalin – innescando la Seconda Guerra Mondiale. Quasi ottant’anni dopo, un’altra minaccia grava sull’Europa che si vorrebbe unita e che invece è sempre più divisa e incontrollabile. Il governo polacco, guidato dal partito che beffardamente si chiama Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedlywose, formazione iper conservatrice, nazionalista ed euroscettica pilotata dall’ex premier Jaroslaw Kaczynski, anche se formalmente non occupa alcuna funzione), sta infatti distruggendo lo Stato di diritto del Paese. Per il momento, parte di questo progetto dittatoriale è stato frenato dal no del presidente Andrzej Duda e dalle proteste che si sono diffuse in tutta la Polonia. In realtà, la mossa di Duda – che è sempre stato una “pedina” di Diritto e Giustizia – è stata dettata dalla paura che la Commissione Europea inneschi l’articolo 7 del Trattato di Lisbona, ossia la sanzione che priverebbe Varsavia del suo diritto di voto. Sinora non è mai stato applicato. Gli eurocrati la chiamano “bomba nucleare istituzionale” perché di fatto conduce al bando dall’Unione.

E qui arriviamo al dunque: la Polonia ha ancora tanto da guadagnare, a star dentro l’Ue, da cui ha avuto e vuole tutti i vantaggi e gli aiuti strutturali possibili. A tal punto che la scommessa di Bruxelles pareva vinta, perché la Polonia aveva assunto il passo di una “tigre” europea, con tassi di crescita da rendere gelosi tutti, e con pretese politiche – più influenza sui processi direttivi dell’Unione – che l’hanno affiancata sovente alla Francia e alla Germania. Però, in cambio, Varsavia si è fatta arrogante: non è disposta a concedere nulla. Dunque, un’ingrata. Il problema è che non è sola. Come lei, si stanno comportando altri Paesi riemersi dal blocco comunista centrale ed orientale. Un’anomalia tollerata da Bruxelles, giacché il Trattato di Lisbona sancisce – sarebbe più corretto dire: recepisce – il principio internazionalistico della sovranità statale, se ce ne fossero ragioni di sicurezza nazionale e di ordine pubblico interno. Un’anomalia, tuttavia, forzata. Al punto che due anni fa Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – il nucleo mitteleuropeo del Comecon sovietico – hanno creato il Gruppo dei Quattro di Visegrad. La contro Europa dei populisti e dei regimi autoritari. ???

I governi di questi quattro Paesi si riuniscono regolarmente per dettare agende di lavoro in comune, per difendere i propri interessi (alla faccia di Bruxelles), ma soprattutto per dare sostanza a progetti sovversivi nei confronti dei valori su cui si basa l’Europa. Mettendo a tacere l’opposizione. Monopolizzando l’informazione. Distruggendo l’indipendenza della magistratura e dello Stato di diritto: insomma, tutto nelle mani del potere politico. Che si garantisce la perpetuità. In barba alla democrazia.

Violazioni inammissibili del Trattato istitutivo dell’Unione. A Bruxelles, per troppo colpevole tempo si è finto di non vedere. Una tolleranza intollerabile: ci si è accontentati di definire i regimi di questi Paesi come “democrazie illiberali”, che è poi l’autodefinizione che ha coniato uno dei leader più sulfurei dell’Est, l’ineffabile premier magiaro Viktor Orban. L’impunità a lui concessa da Bruxelles gli ha gonfiato i muscoli e la lingua. Per lui, e gli altri tre soci di Varsavia, Praga e Bratislava, l’afflusso dei migranti è da respingere con ogni mezzo. Perché scuoterebbe gli equilibri sociali interni. Perché portatore di sconquassi economici. E di terrorismo. Ossia minano gli spazi “comuni” della sicurezza, della giustizia, della libertà, è la loro conclusione. Quindi, i Quattro di Visegrad (con il tacito assenso dell’Austria) non accettano alcun ricollocamento, anche se questa è stata la decisione di Bruxelles.

Come ben sappiamo noialtri. Sabato 22 luglio Orban ha sproloquiato contro l’Italia, saltando sul cavallo di battaglia dei migranti – con il plauso vergognoso ed irresponsabile dei nostri Salvini e Meloni, grandi agit-melmatori – ed accusando Roma di inanità. Come se il flusso dei migranti verso la Penisola fosse una manovra orchestrata dagli italiani per destabilizzare l’Europa: “Una nazione che non è capace di difendere i suoi interessi non è una nazione, nemmeno esiste, e scomparirà”, ha tuonato Orban. Dichiarazione che in altri tempi avrebbe scatenato una guerra. O, perlomeno, avrebbe fatto richiamare gli ambasciatori. Budapest dimentica il suo vergognoso ruolo accanto ai nazisti, dimentica i bagni di sangue per reprimere i democratici, dimentica i governi comunisti fantocci di Mosca, la repressione del 1956 coi carri armati che sparavano contro chi voleva la libertà e uno Stato di diritto.

Ecco, questa Europa che simula un europeismo basato sull’esasperazione del sovranismo e dell’identitarismo è perniciosa. Dicono che lo scopo del polacco Kaczynski – personaggio assai misterioso che comanda a bacchetta governo e Parlamento – sia quello di far uscire la Polonia da “l’occidentalismo decadente” imposto dall’Ue e che vorrebbe ricondurre il suo Paese all’identità cattolica più retriva e fondamentalista. In verità, stanno emergendo due Polonie, ostili l’una all’altra. Quella urbana, aperta, europeista e prospera. E quella rurale, cattolica, conservatrice e emarginata dal boom economico.

Un divario che enfatizza le debolezze della transizione dal comunismo alla democrazia, pilotata da Bruxelles, ed aggravata dalla globalizzazione. Le ineguaglianze hanno favorito il populismo, la rabbia, la frustrazione sociale. Il meccanismo è noto. Trump insegna. L’inganno populista sfrutta tutto ciò, soprattutto l’odio nei confronti di una classe politica incapace di soddisfare le esigenze e le aspettative. La colpa si scarica anche sullo stato di diritto e sulle garanzie costituzionali, incapaci di dare a tutti un po’ di tutto. Liberalismo e socialdemocrazia vengono visti e additati come “nemici” del popolo. A demonizzare la “società civile”.

Un revisionismo politico che ha portato Varsavia ad abbracciare Budapest, in una sorta di “fronte del rifiuto”, come hanno scritto parecchi analisti. In fondo, Orban è stato il primo ad erigere il filo spinato per arginare i migranti, scatenando l’emulazione e contestando così lo spazio Schengen. E’ una battaglia aperta, non occulta, culturale ed ideologica, contro il sistema democratico, così come lo abbiamo concepito in Occidente. Il risultato è che il malessere sociale e la protesta degli “esclusi” è stato abilmente strumentalizzato dai leader populisti che appena insediati si sono subito rivelati autoritari più che autorevoli e si sono guardati bene dal trasferire al popolo il potere. Hanno solo sostituito un’élite con altre élite: bramosa di regime e di privilegi, di soldi e di muri. Ha dunque senso tenere in Europa questa non-Europa? Intanto, chi si strofina le mani per compiacersi della situazione è Putin…
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » ven ago 18, 2017 2:48 am

Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente con l'irresponsabile accoglienza indiscriminata e scriteriata a spese delle scarse risorse pubbliche, dei nostri figli e nipoti e dei nostri compaesani e concittadini
viewtopic.php?f=196&t=2605

Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente e i nostri figli, ricordiamoci che
in un paese come l'Italia, in crisi economica e sociale profonda, senza lavoro, con un'imposizione fiscale spaventosa e con un debito che è tra i più alti del mondo,
ogni clandestino, ogni finto profugo, ogni migrante irregolare senza risorse e senza lavoro, ogni vero profugo in eccesso che per irresponsabile umanitarismo favorite e per cui sostenete e giustificate l'accoglienza, l'assistenza e il mantenimento a spese delle risorse comuni, del bene di tutti i cittadini, magari aumentando ulteriormente e irresponsabilmente il debito pubblico e l'imposizione fiscale
è un rubare risorse e vita ad almeno due cittadini italiani ed europei o impedire la nascita di almeno due nostri figli che le nostre famiglie e i nostri giovani non possono generare per mancanza di lavoro, per povertà, perché non riescono a metter su casa e famiglia.
Poi ricordiamoci che tutta questa gente foresta assistita e mantenuta, che non lavora perché non c'è lavoro o perché trova più comodo farsi mantenere e/o che delinque rubando, rapinando, spacciando, sfruttando la prostituzione e che è inculturalmente diversa e senza rispetto per noi e per i nostri sacrosanti diritti umani in casa nostra e che ci disprezza perché cristiani e che magari per questo vorrebbe sterminarci, sono un grave pericolo per tutta la nostra società, per la nostra umanità e la nostra vita.



Tutto quello che viene dato a questi invasori
viene tolto a te,
alla tua famiglia,
ai tuoi figli,
ai tuoi vecchi,
alla tua gente,
ai tuoi concittadini,
ai tuoi ammalati,
ai tuoi disoccupati,
ai tuoi lavoratori,
alle tue imprese,
ai tuoi poveri,
ai tuoi nipoti,
alla tua terra,
alla tua cultura,
al tuo futuro
e alla tua vita;

senza contare
che nessuno di questi invasori ha un diritto assoluto ad essere accolto,
e che molti non hanno nemmeno alcun diritto relativo, all'accoglienza e all'ospitalità;
che buona parte sono criminali comuni e parassiti
e che tanti altri sono terroristi e nazisti maomettani che possono nuocere gravemente alla tua gente, al tuo paese, alla tua famiglia e alla tua vita;

che lo stato italiano è pieno di debiti che gravano sulle spalle dei cittadini per generazioni e che non ha risorse e lavoro nemmeno per le sue genti, per i suoi figli già nati e per farne nascere altri.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » ven ago 18, 2017 2:48 am

Oggi, 17 Agosto, Defend Europe ha terminato la sua missione. È stato un successo, indubitabile e totale.

https://www.facebook.com/DefendEuropeID ... bA&fref=nf

Un successo politico, un successo ,mediatico, un successo di attivismo.
Soprattutto un successo di attivismo, questa missione è stata possibile grazie alla mobilitazione di migliaia di europei che ci hanno supportati finanziariamente, che ci hanno seguiti e diffuso il messaggio nei social network di diversi paesi. Noi li ringraziamo tutti di cuore.

Èstato, inoltre, un successo mediatico, Defend Europe ha ottenuto un’enorme copertura mediatica, specialmente in Italia. Nonostante quasi tutti ci fossero ostili e molti mentissero, questi articoli e servizi televisivi hanno portato la nostra campagna nei cuori di milioni di europei.
È questa campagna mediatica ad aver garantito il nostro successo politico.
Si’, Defend Europe é stato un successo politico.
Solamente due mesi fa, molteplici ONG navigavano di fronte alle coste libiche come fossero taxi in attesa di clienti.
Oggi, 17 Agosto, ne é rimasta solo una. Insensata e ridicola, poichè non ci sono più clienti da far viaggiare.
Tutta Europa ora sa come le cosiddette ONG fossero complici degli scafisti e della mafia, oltre che utilissimi idioti.
Cosa é successo nell’ultimo mese ?
La voce dei cittadini italiani, che protestano contro l’invasione degli immigrati illegali, é stata ascoltata.
Una voce che noi abbiamo contribuito ad aiutare ed a prendere forza per più di un mese.
Il governo italiano di centrosinistra é stato forzato ad agire, poiché se non lo avesse fatto sarebbe caduto.
Defend Europe ha dimostrato di saper essere al posto giusto nel momento giusto, capace di influenzare concretamente i governi e di ottenere risultati concreti.
Figure politiche molto note come Nigel Farage e Frauke Petry, cosi come la guardia costiera libica, hanno riconosciuto l’utilità della nostra azione.
Ora che la missione é terminata, Defend Europe va avanti, nuove iniziative stanno per arrivare.
Una conferenza stampa avrà luogo alla sede identitaria La Traboule, 5 Montée du Change, Lione, Francia, sabato 19 Agosto alle 18.00 con l’equipaggio della C Star.


La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare
viewtopic.php?f=194&t=2665
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » ven ago 18, 2017 2:49 am

Si liberi l'Europa dai sensi di colpa, dai miti e dai pregiudizi
viewtopic.php?f=92&t=2669
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer set 13, 2017 6:25 am

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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer set 13, 2017 6:26 am

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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer set 13, 2017 6:27 am

NORVEGIA VIRA A DESTRA: DOPO 30 ANNI VINCE DI NUOVO IL CENTRODESTRA NAZIONALISTA EUROSCETTICO E ANTI MIGRANTI
martedì 12 settembre 2017

http://www.ilnazionalista.it/index.php? ... s.facebook

OSLO - La coalizione di centrodestra, nazionalista e contraria all'invasione di migranti in Europa, guidata dalla premier uscente Erna Solberg ha vinto le elezioni legislative in Norvegia. A scrutinio ultimato, il blocco guidato dalla premier uscente ha ottenuto 89 dei 169 seggi, una maggioranza che la conferma al governo del Paese per la seconda volta di fila. Alla coalizione di centrosinistra, guidata dal labirista Jonas Gahr Store, vanno 80 seggi. Il partito laburista si conferma primo gruppo del Paese per un pugno di voti, con il 27% delle preferenze, davanti ai Conservatori di Solberg (al 25%), ma non riesce nel sorpasso auspicato alla vigilia dal suo leader, così da rimanere all'opposizione.

Gli ambientalisti di estrema sinistra sono rimasti invece sotto la soglia del 4%, facendo tirare un sospiro di sollievo alle grandi aziende petrolifere, a cui chiedono da tempo la fine immediata di ogni nuova prospezione di idrocarburi e la sospensione per 15 anni della produzione di petrolio. Richieste semplicemente assurde, dato che l'attività estrattiva di greggio è la principale risorsa della Norvegia e ne fa anche il primo produttore d'Europa.

Nella notte, Solberg ha rivendicato la vittoria (è la prima volta in oltre 30 anni che un leader conservatore viene riconfermato per un secondo mandato) pur manifestando una certa cautela. "Dobbiamo essere un po' cauti, ma sembra che avremo una maggioranza non socialista", ha detto davanti ai suoi sostenitori in festa.

La sua riconferma alla guida del governo - in alleanza con il Partito del Progresso, nazionalista e anti-immigrati e con l'appoggio dei cristiano-democratici e dei liberali - affida la governabilità del Paese a forze politiche decisamente di destra. Il partito laburista perde sei seggi rispetto alle ultime elezioni, si conferma primo partito del paese. Una magra consolazione per il suo leader Store, che nella notte non ha nascosto la sua insoddisfazione. "Questa è una grande delusione per i laburisti", ha commentato. "Il nostro obiettivo era quello di dare alla Norvegia un nuovo governo, sapevamo che era vicino, ma, come sembra ora, quanto ottenuto non è sufficiente per sostituire il governo del partito conservatore e del Progresso con un governo laburista".

Dopo questo risultato in Norvegia, si conferma l'onda di destra dell'elettorato che in tutta Europa respinge sempre di più le sinistre schierate per l'invasione africana e mediorientale degli stati europei in nome di un preteso buonismo che all'atto pratico diventa business per le organizzazioni dell'accoglienza a pagamento, là dove chi paga sono i cittadini europei tartassati e chi lucra la rete delle organizzazioni di sinistra.

Il voto dei norvegesi è un grande NO a tutto questo. A breve, ci sarà il voto in Austria e in Germania.


Norvegia, dalle urne riconferma storica per i conservatori
All'80% dello spoglio Erna Solberg - premier uscente - rivendica la vittoria con gli alleati della neodestra liberale guidati dalla giovane Sylvi Listhaug. Delusione per i Laburisti che restano primo partito ma perdono voti. I motivi della scelta
di ANDREA TARQUINI
11 settembre 2017

http://www.repubblica.it/esteri/2017/09 ... -175233163

Erna Solberg, la Angela Merkel di Oslo, va verso la vittoria elettorale. Riconferma storica per il regno definito dall´Onu "il paese migliore al mondo per viverci", perché mai prima nella bella Norvegia storicamente socialdemocratica come tutto il Grande Nord, un leader conservatore ha conquistato un secondo mandato. Ecco il responso del popolo sovrano alle elezioni parlamentari svoltesi questo lunedí in Norvegia, secondo l'80 per cento dei voti espressi. I conservatori della signora Solberg si vedono - a questo punto dello spoglio - riconfermati al potere conquistando almeno il 25 per cento dei consensi nella loro coalizione con i “Progressisti” (neodestra liberale eurominimalista e antimigranti) guidati dalla giovane Sylvi Listhaug che volano al 15 per cento. Un cambiamento è ancora possibile perché si tratta di vedere se liberali e democristiani, i due alleati minori della premier uscente, andranno sopra o sotto la soglia di rappresentanza del 4 per cento.

A sinistra, delusione dei laburisti che restano primo partito del paese ma perdono voti per l´apparenza troppo aristocratica e lontana dalla gente del loro leader Jonas Gahr Store, uscito dalle elitarie Grandes écoles francesi. Mentre guadagnano sinistra radicale, comunisti e verdi. Un altro problema per Erna Solberg potrebbero essere le scelte dell´altro vincitore del voto, il Partito agrario (Centro), disponibile a coalizioni con le eterogenee sinistre in cambio di concessioni alle pur prospere aree rurali. Ma ieri sera tardi nel bel centro di Oslo erano i fans delle due leader di centrodestra Erna e Sylvi a festeggiare vittoria abbracciandosi in strada al primo freddo.

Èun fotofinish appassionante, come in ogni vera solida democrazia. Nella serata prima sembrava vincitore quindi confermato al potere il centrodestra, poi le sinistre sono passate in vantaggio, poi conservatori e moderati sono tornati in testa. Secondo risultati della tarda serata il blocco di centrodestra avrebbe una ristretta maggioranza di 87 seggi sui 169 dello Stortinget, il Parlamento unicamerale del regno guidato dall´anziano, gioviale re Harald e dalla regina Sonia usi a passeggiare nel parco reale giocando coi bimbi di passaggio, e che il principe ereditario Haakon sposato con la commoner ragazza madre Mette Marit si prepara a governare.

Al potere dal 2013, Erna Solberg, la Merkel norvegese appunto, ha governato bene, in modo conservatore soft. Insomma l´opposto di Theresa May nel Regno unito o di Donald Trump negli Usa. Nella Norvegia unico PetroStato europeo, colpita dal crollo del prezzo del greggio, ha saputo assorbire il colpo usando bene i soldi del fondo sovrano nazionale, che come è noto è il piú ricco del mondo. Ha tagliato le tasse ma non il welfare, ha speso per strade, scuole, reindustrializzazione sull´esempio della vicina Svezia, potenza egemone-soft del Nord. Con cautela per non urtare i vecchi poteri forti dell´economia Erna Solberg e Sylvi Listhaug hanno avviato l´addio dolce al petrolio e ai combustibili fossili, rincorrendo appunto la Svezia: da dopo il 2030, niente piú veicoli con auto a combustione interna.

Disoccupazione contenuta nonostante la petrocrisi, crescita solida (alla media nazionale postbellica del 2,7 per cento chiunque abbia governato, laburisti per decenni e ora conservatori), prospettive di boom di Borsa come in Svezia a causa del Brexit. E linea dura sul problema migranti, come ha spiegato a Repubblica la leader dello junior partner della coalizione Sylvi Listhaug: accolti solo se si integrano e rispettano le leggi, e se non impongono burka o niqab alle donne. Pragmatismo in economia: appunto spese dalle casse del Fondo sovrano per l´occupazione, e incentivi alle grandi aziende, un esempio per tutti Norwegian, la compagnia aerea low cost migliore del mondo, con una flotta maggiore di quella di Air France.

I laburisti di Store, dati per favoriti mesi fa nei sondaggi, alla fine sembrano non aver convinto. Troppe proposte di aumenti delle tasse in un paese a prelievo alto come ovunque in Scandinavia, troppi discorsi pessimisti su crescita e occupazione. Ma nel Grande Nord tutto è diverso rispetto che da noi o anche in Francia o altrove ancora in Europa. Il centrodestra è pacato, sa che dovrà affrontare la sfida della riconversione ecologica difendendo sia ambiente sia lavoro, persino la neodestra della “valchiria” Sylvi Listhaug usa toni moderati, mai parole di divisione o di odio. “Abbiamo governato bene e abbiamo fatto una buona campagna elettorale, adesso prepariamoci se davvero saremo riconfermati a un periodo di speranze, non di facili certezze”, dice alla Reuters uno dei consiglieri della “Angie Merkel di Oslo”, Michael Tetzschner.

Vedremo nelle prossime ore, comunque il modello di alternanza è rafforzato nella splendida Norvegia e al tempo stesso la tradizione consensuale bipartisan tipica della Scandinavia esce rafforzata. Forse è cosí anche per i dettagli con cui la democrazia funziona lassú a Oslo. Col voto-test condotto nelle scuole superiori dopo incontri con leader di tutti i partiti (tra i giovani ovviamente aveva vinto la sinistra). E col voto a casa per i cittadini – non pochi in un paese di alta durata media della vita – bloccati a casa o in ospedale da anzianità o malattie. Centinaia di migliaia, tutti se volevano votare hanno ricevuto la visita in domicilio o in corsia di commissioni elettorali viaggianti con urne. Scusate se è poco.



In Norvegia ha vinto di nuovo il centrodestra
martedì 12 settembre 2017
Il primo ministro resterà Erna Solberg dei Conservatori, la cui coalizione ha battuto di poco quella dei Laburisti

http://www.ilpost.it/2017/09/12/elezion ... ntrodestra

La maggioranza di centrodestra, al governo in Norvegia dal 2013, ha vinto le elezioni parlamentari che si sono tenute ieri. Il primo ministro sarà ancora Erna Solberg, la leader del Partito Conservatore, che ieri ha ottenuto circa il 25 per cento dei voti risultando il secondo più votato. La maggioranza relativa dei voti l’ha ottenuta il Partito Laburista, di centrosinistra, la cui coalizione però ha ricevuto meno voti rispetto a quella del Partito Conservatore (in Norvegia si vota con un proporzionale puro). Al terzo posto è arrivato il Partito del progresso, alleato dei Conservatori e spesso accusato di essere una formazione di destra populista.

Fino a pochi mesi fa sembrava difficile che i Conservatori potessero restare al governo. Il programma dei Laburisti aveva ottenuto molti consensi nel corso dell’ultimo anno, anche a causa della crisi causata nel 2014 dal crollo del prezzo del petrolio, la principale industria norvegese. Circa 50mila persone persero il lavoro e, a causa delle loro difficoltà, si avvicinarono ai socialdemocratici. Negli ultimi mesi, però, l’economia ha subito un “rimbalzo”, come si dice in gergo: gran parte della disoccupazione è stata riassorbita, il governo di centrodestra è cresciuto nel gradimento degli elettori e i Laburisti hanno perso in pochi mesi circa dieci punti nei sondaggi.

Il partito che esce peggio da queste elezioni è però quello dei Verdi, che l’anno scorso sembravano poter diventare il quarto partito e fare da ago della bilancia in vista delle elezioni: hanno ottenuto il 3,3 per cento, meno della soglia minima per eleggere dei deputati, il 4 per cento.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » dom set 24, 2017 6:29 pm

Elezioni Germania, exit poll: Angela Merkel in testa ma prende una batosta. Vola l'estrema destra
2017/09/24

http://www.huffingtonpost.it/2017/09/24 ... a_23221125

Stando ai primi exit poll della ZDF, la Cdu-Csu vincerebbe le elezioni tedesche con il 33,5% dei voti, l'Spd crollerebbe al 21, sfonderebbero i populisti di Afd al 13. Tornano i Liberali con il 10%. Verdi e Linke sono entrambi al 9%. Leggermente diversi i dati della tv ARD, stando alla quale la Cdu-Csu avrebbe il 32,5%, l'SPD il 20%, AFD il 13,5%, i liberali il 10,5%, i Verdi il 9,5% e la Linke il 9%.

Merkel vince, nello scontro con l'Spd di Martin Schulz, ma il partito della cancelliera, riceve un durissimo colpo arretrando al 33,5% rispetto al 2013, quando prese il 41,5%. Sarebbe il peggior risultato della Cdu/Csu dal 1949. Spd non se la passa meglio, è crollo anche dei socialdemocratici tedeschi. La Spd guidata da Martin Schulz ha registrato il suo peggior risultato fermandosi, secondo gli exit poll della tv Zdf, al 21%, perdendo 4,7 punti rispetto al voto di 4 anni fa. Sarebbe il peggior risultato dal 1945.

Il crollo dei social democratici tedeschi, ha fatto decidere alla Spd guidata da Martin Schulz di escludere una nuova Grosse Koalition (accordo di governo) con la Cdu/Csu del cancelliere uscente Angela Merkel, come l'ultimo governo.

Se gli exit poll saranno confermati dai risultati definitivi, Merkel potrebbe dar vita a una coalizione a tre, cosiddetta "giamaica", con i liberaldemocratici e i Verdi - considerato il risultato dei Verdi migliore delle aspettative dei sondaggi. In questo modo la Spd resterebbe fuori dal governo, evitando che l'estrema destra Afd diventi il primo partito d'opposizione, con tutto ciò che ne consegue.



Elezioni Germania, Merkel e Spd prendono una batosta. Svolta storica

http://www.affaritaliani.it/esteri/elez ... 00751.html

Germania, clamorosi risultati elettorali. La Cdu di Angela Merkel si conferma primo partito con il 33,5% ma ha perso quasi 10 punti percentuali rispetto alle ultime consultazioni, malissimo l'Spd che supera di poco il 20%. L'estrema destra dell'Afd per la prima volta entra al Bundestag ed è addirittura il terzo partito, con un sorprendente 13%. Sono i dati dei primi exit poll diffusi dai media tedeschi alla chiusura delle urne in Germania, nel voto per il rinnovo del Bundestag.

Successo anche per i liberali, intorno al 10%, ma in netto recupero rispetto a quattro anni fa. Tengono la Linke e i Verdi, sulle stesse percentuali del 2013.

"È una pesante sconfitta per l'SPD, oggi finisce per noi la grande coalizione". Lo ha detto Manuela Schwesig, una delle esponenti di spicco dell'SDP. Con questi numeri, e vista la posizione dei socialdemocratici, unica coalizione possibile sarebbe la coalizione cosidetta Giamaica, la coabitazione insieme alla Cdu dei liberali dell'Fdp e dei Verdi.

Il fatto che siano sei i partiti ad entrare in Parlamento è una novità nel sistema politico tedesco, novità che spezzetterà la maggioranza e potrebbe costringere Merkel a una difficile 'navigazione'.

I vincitori, senza se e senza ma, di questa tornata elettorale è l'estrema destra dell'Afd: "Siamo nel parlamento tedesco e cambieremo questo paese". Ha detto il candidato di punta del partito, Alexander Gauland. "Qualsiasi governo si formerà dovremo fare attenzione. Combatteremo contro Merkel o chiunque sarà alla guida del governo", ha aggiunto, sottolineando che "da oggi c'è di nuovo un partito di opposizione nel Bundestag".


Ma quale destra estrema... ecco il programma dell'AFD
Betta Masellli
https://www.facebook.com/betta.mas.9?fref=mentions
(grazie a Mauro Meneghini che conoscendo bene la Germania ed il tedesco, se lo è studiato a differenza di tanti giornalisti...)

- introduzione del voto diretto (referendum modello Svizzera)
- nuova regolamentazione finanziamento pubblico dei partiti
- limitazione temporale degli incarichi dei politici
- controllo delle pensioni di anzianità dei politici
- evasione fiscale come reato penale
- uscita dall'euro (modello brexit)
- limitazione dell'immigrazione incontrollata e quote di espulsione
- riduzione della pressione fiscale
- alleggerimento della burocrazia
- riduzione dell'IVA
- limitazione della spesa pubblica
- abolizione della tassa di successione
- abolizione delle tasse sui beni immobili
- abolizione del canone televisivo
(Praticamente il programma dei cristiani democratici di Kohl del 1984/85)


Elezioni tedesche. Dove va l'Europa?
https://www.youtube.com/watch?v=qBJPnkM ... e=youtu.be


???
Germania. Il populismo anti-popolare. Il programma politico dell’AfD. Un’idra dotata di innumerevoli teste
Nicola Bassoni

http://www.jobsnews.it/2016/03/germania ... voli-teste

Il partito di destra assurto agli onori della cronaca europea dopo i successi elettorali di domenica 13 marzo sta ancora tentando di trovare una propria esatta collocazione politica: liberal-conservatorismo o populismo nazionalista? Uno sguardo al programma elettorale dell’AfD, Alternative fur Deutschland, può forse aiutarci a capire questo nuovo fenomeno del panorama partitico tedesco e, forse, anche europeo. L’AfD non assomiglia né a un Leviatano né al Behemoth, quanto piuttosto a un’Idra, dotata di innumerevoli teste e che, quando ne perde una, è capace di farne crescere altre al suo posto. Questo è ciò che avvenne nel luglio dello scorso anno, quando il fondatore del partito – il docente di macroeconomia Bernd Lucke – abbandonò l’AfD (o, meglio, ne venne cacciato a seguito di una fronda interna che proseguiva da marzo). Allora il partito, nato euroscettico con un serioso e posato manifesto firmato da sessantotto esponenti del mondo accademico, economico e pubblicistico, fece emergere tante nuove teste, e in genere tutte queste guardavano a destra. L’AfD che ha fatto il pieno di voti in Sachsen-Anhalt ha poco da spartire con quella nata nel 2013 come reazione alle politiche di salvataggio dell’Euro.

A dire il vero, l’AfD ha poco a che vedere con se stessa anche tra un Land e l’altro. Negli ex territori orientali, i leaders di partito sono dichiaratamente vicini al nazionalismo più esasperato e ai loro comizi non è difficile veder sventolare le bandiere della “rivoluzione del 1848” (nero-rosso-oro con croce scandinava, per sancire la “nordicità” della Germania) o sentir gridare incitamenti per «Dio, patria e famiglia». Nella Germania occidentale, al contrario, i vertici della AfD appaiono più moderati e tendono a prendere le distanze dagli estremismi dei loro colleghi orientali, evitando accuratamente ogni riferimento a imbarazzanti simboli o espressioni del passato tedesco.

Un partito policefalo. La pubblicazione del programma prevista per aprile

Comprendere l’intima natura di questo partito policefalo non è affatto facile. L’effettivo programma elettorale è ancora in definizione e la sua pubblicazione è prevista per aprile. Intanto sono stati resi pubblici degli “abbozzi”, dai quali è comunque possibile trarre le linee politiche fondamentali del partito. Cerchiamo quindi di comprendere cosa vuole l’AfD per il proprio paese (e per l’Europa) osservando queste linee programmatiche (il documento è scaricabile all’indirizzo: https://correctiv.org/media/public/a6/8 ... ntwurf.pdf).

Sovranità contro l’Unione europea e anti-islamismo

Il nome stesso dell’AfD sintetizza uno dei punti della politica estera del partito. L’“alternativa” è una chiara risposta all’«alternativlos» (mancanza di alternative) pronunciato da Angela Merkel davanti alle misure di salvataggio della moneta unica. L’alternativa per la Germania sarebbe dunque il ritorno alla moneta nazionale, nella convinzione che le differenze economiche nella zona-euro (vale a dire l’Europa meridionale) rappresentino un freno allo sviluppo del paese. Su questo singolo elemento, il partito di Frauke Petry ha mantenuto intatto lo spirito impresso da Bernd Lucke: il programma di partito si esprime chiaramente contro l’Unione Europea, definita un “costrutto anti-democratico”, suggerendo una consultazione popolare per il mantenimento della moneta unica e, in ogni caso, sostenendo un recupero della sovranità nazionale contro i tecnocrati di Bruxelles.

Dall’altra parte, il cavallo di battaglia con cui l’AfD è salita dal 4% a oltre il 10% dei consensi è certamente rappresentato dalle istanze anti-islamiche. Sempre ribattendo alle affermazioni della cancelliera, nel programma si esprime chiaramente che «l’Islam non appartiene alla Germania». Qui iniziano le prime contraddizioni nel piano politico dell’AfD: infatti, mentre si stabilisce solennemente la piena libertà religiosa e di opinione, si propone al contempo la proibizione della costruzione di minareti o il divieto di portare il velo negli uffici pubblici. In precedenti abbozzi del programma si sosteneva anche il divieto della circoncisione per i bambini. Poi questa voce è scomparsa nelle versioni più recenti, per ragioni abbastanza facili da comprendere.

Conseguenti e note sono le posizioni riguardo al tema dei profughi: garanzia di protezione per i “veri” profughi e respingimenti per i migranti economici. Come soluzione del problema globale dei flussi migratori si propone quindi di intervenire sulle “cause” scatenanti di questi processi. Ciò detto, è difficile non stupirsi di come questa parte del programma dell’AfD sia sostanzialmente identica alla linea ufficiale del governo federale che, anzi, ha preso decisioni discutibili come quella di dichiarare l’Afghanistan un “paese sicuro” per il quale non vale il diritto d’asilo. Se si pensa che il successo elettorale dell’AfD è stato dovuto principalmente alla questione dei profughi e, quindi, si osserva il programma del partito, sorge il legittimo dubbio che questi punti programmatici siano solo la bella facciata di istanze e opinioni molto più imbarazzanti da mettere nero su bianco – almeno in Germania.

Democrazia e famiglia. La “vita autonoma dell’apparato” statale

L’AfD è un partito democratico. Così democratico da ritenere anti-democratica la società tedesca attuale. La Germania, per l’AfD, è prigioniera dei partiti che «mettono a rischio la democrazia». Invece di rappresentare le forme di un sistema rappresentativo, i partiti dell’establishment sono indicati come un «cartello politico» (da noi la chiameremmo “casta”) che ha dato origine a una «vita autonoma dell’apparato statale» rispetto alla società. Il rimedio proposto è il solito di tutti i movimenti ultra-democratici del resto d’Europa: ovvero maggiore democrazia diretta, espressa attraverso la pratica dei referendum e una limitazione nel ruolo dei partiti nella vita politica del paese. A ciò si aggiungono alcune proposte secondarie, tanto popolari quanto comuni, come la riduzione del numero di deputati al Bundestag da 600 a 500 e una limitazione dei mandati per gli stessi parlamentari, che non potrebbero essere eletti per più di quattro legislature, indipendentemente dal voto popolare e dalle preferenze espresse dall’elettorato.

Inoltre il programma dell’AfD si apre con un nobile motto: «Essere cittadini liberi, non sudditi». Il senso di questa espressione viene spiegato poco più avanti: «Noi siamo cittadini liberi e non sudditi. Noi ci poniamo contro l’onnipotente Stato ideologico e “balia”, e contro l’arbitrio della classe politica». Si tratta, in altre parole, di una formulazione tipicamente liberista, che pone le scelte individuali come non-regolamentabili da parte dello Stato: «Noi ci poniamo contro il controllo, la vigilanza e la regolamentazione di tutti gli aspetti della vita. Noi ci poniamo contro ogni intrusione motivata ideologicamente nella sfera privata e nella vita familiare».

Bellissime parole. Peccato che, appena qualche pagina più avanti, vedendo proprio il programma sulle politiche familiari possiamo leggere come l’AfD intenda tutelare la famiglia tradizionale composta da madre-padre-figli, contrastando influenze ideologiche a essa contrarie e difendendo i tradizionali ruoli di genere. Viene proposta una particolare tutela per le donne che sono «“solo” madri e casalinghe», in opposizione a un «femminismo mal interpretato» che privilegia le donne nel campo professionale. Nei dettagli, secondo l’AfD lo Stato dovrebbe incentivare la natalità e, a tal fine, incoraggiare il ruolo domestico delle donne. Una “piccola” eccezione al rifiuto di «ogni intrusione motivata ideologicamente nella sfera privata e nella vita familiare».

Il cambiamento climatico esiste da quando esiste il pianeta

Il cambiamento climatico non esiste – o, meglio, esiste «da quando esiste il pianeta». Difficile contestare questa affermazione ma, al contempo, leggendola quale preambolo alla sezione dedicata alle politiche ambientali dovrebbe farci ben capire con quale “spirito” si intenda affrontare il problema. L’AfD, infatti, propone un radicale mutamento nelle politiche di protezione dell’ambiente: ripresa dello sfruttamento dell’energia nucleare (che in Germania dovrebbe essere abbandonata del tutto tra appena sei anni), revoca dell’attuale legislazione atta a favorire l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e, infine, revisione delle norme contro le emissioni di CO2. Il ragionamento proposto nel programma dell’AfD non fa una piega: l’anidride carbonica è un elemento necessario alla vita sul pianeta; attraverso di essa le piante producono ossigeno; allora perché doverne limitare le emissioni mediante costose pratiche come l’adesione ai protocolli di Kyoto?

In realtà le basi “scientifiche” in questa sezione del programma sono abbastanza aleatorie, e la ragione principale addotta dall’AfD è che il controllo delle emissioni limita lo sviluppo dell’economia tedesca. Qui arriviamo infatti all’ultimo punto che intendiamo presentare: il programma economico del partito di Freuke Petry. Accanto a dichiarazioni di circostanza in favore di una maggiore presenza tedesca sui mercati mondiali, più sviluppo, e via dicendo, il fine dichiarato del programma è quello della protezione della classe media tedesca, “spina dorsale” del paese. Le manovre concrete sono tutte di ordine fiscale: le tariffe delle imposte sul reddito dovrebbero avere scaglioni più ampi, mentre viene suggerito un “freno” alle tasse e alle imposte, impedendo che queste possano essere alzate “arbitrariamente” o al di sopra di determinati tetti. Da ultimo, l’AfD sostiene l’abolizione della tassa di successione. Una misura che avrebbe l’unico effetto di aumentare la forbice tra ricchi e poveri nella società tedesca, da accompagnare con decisi tagli allo stato sociale, ai sussidi di disoccupazione e alle minime garanzie di assistenza.

Un populismo anti-popolare, un campionario di contraddizioni

Il programma dell’AfD, almeno nella sua forma attuale, è un campionario di contraddizioni. A ben vedere non pare molto distante dalle istanze politiche che si stanno producendo da anni in tutta Europa (o, adesso, negli Usa) ed è facile riconoscere nei paragrafi succitati significativi parallelismi con altri movimenti che intendiamo tipicamente come populisti. Tuttavia siamo forse davanti a un fenomeno politico nuovo e a una significativa mancanza terminologica. Osservando le linee politiche fondamentali dell’AfD e di molti altri suoi precursori, si ha l’impressione che parlino essi sì alla pancia del popolo ma, al contempo, che si rivolgano anche alle tasche delle élite. L’operaio o il disoccupato del Sachsen-Anhalt che ha votato per l’AfD non avrebbe effettivamente molto da guadagnare del programma economico dichiarato dal partito. Emerge piuttosto come questi movimenti “giochino” con determinate passioni o timori della popolazione – la percepita lontananza della politica dei partiti, la paura dell’invasione di migranti e del terrorismo, le difficoltà della vita familiare quotidiana – per proporre invece misure concrete a favore delle classi più abbienti.

Siamo davanti a un populismo che, dal punto di vista economico, è anti-popolare. Davanti a un’ultra-democrazia che vorrebbe essere diretta ma è soltanto plebiscitaria e, quindi, intimamente anti-democratica. Infine, davanti a un nazionalismo che non ha più timore di definirsi tale, laddove un partito tedesco – che in un Land ha raggiunto il 24% dei consensi – può permettersi di inserire nel proprio programma, senza alcun distinguo, la difesa dell’«identità storico-culturale della nostra nazione nel corso del tempo».


[color=#0000BF][color=#0000BF]Alice Weidel: "Sono di destra per la mia omosessualità, non nonostante"[/color][/color]
L'outing della co-leader dell'AfD mescola xenofobia (???) e diritti dei gay: la più grande minaccia per gli omosessuali viene dai migranti musulmani. Teoria del gender? Questioni private che non devono essere insegnate a scuola

22 settembre 2017

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... tml#foto-1

In una campagna elettorale tedesca apparentemente senza storia in cui Angela Merkel sembra destinata a conquistare per la quarta volta il mandato alla Cancelleria nelle elezioni del prossimo 24 settembre senza particolari patemi, l'attenzione è tenuta desta dal possibile risultato dal partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) che, nell'opulenta Germania catalizza il malcontento degli esclusi e di chi si sente minacciato da stranieri e migranti cavalcando sentimenti xenofobi.

A guidare l'AfD alle elezioni una strana coppia composta dall'ex CDU Alexander Gauland, un 76enne le cui posizioni marcatamente euroscettiche non fecero breccia nel partito di Merkel e Alice Weidel. È su questa giovane leader e la sua storia eccentrica rispetto agli stereotipi della destra che sono puntati i riflettori dei media in questi giorni. Trentotto anni, una laurea in economia all'Università di Bayreuth, la Weidel ha lavorato per colossi finanziari come Goldman Sachs, Allianz e Bank of China. Da tempo vive con Sarah Bossard, una produttrice cinematografica originaria dello Sri Lanka, hanno una seconda residenza in Svizzera a Biel dove allevano due figli adottivi.

Per la prima volta, due giorni fa in un evento della campagna elettorale in Baviera la candidata dell'AfD ha sollevato la questione della sua omosessualità davanti a iscritti e simpatizzanti: "Non sono qui, nonostante la mia omosessualità, ma anche per la mia omosessualità" ha detto Weidel, ribadendo un concetto già espresso in un'intervista pubblicata mercoledì sul blog "Philosophia Perennis", l'AfD è "l'unica protezione reale per i gay e le lesbiche in Germania". Secondo la sua visione la più grande minaccia per gli omosessuali tedeschi deriva in questo momento dai migranti musulmani ostili per motivi religiosi alle rerlazioni gay.

Un outing reso necessario, per mettere a tacere i pettegolezzi e le continue domande dei giornalisti durante le conferenze stampa sulla sua vita privata e sulla compatibilità della sua preferenza sessuale con la militanza in un partito di estrema destra che nel suo programma elettorale si lamenta del declino delle famiglie tradizionali e critica l'insegnamento scolastico in cui troppa enfasi verrebbe data alla omosessualità, alla transessualità e in generale alla diversità sessuale. A questa apparente contraddizione Weidel risponde che: "A scuola i bambini devono studiare tedesco, matematica e scienze. La questione del genere e il vocabolario LGBT non sono adatti alle mura scolastiche ma a quelle di casa."

Nell'Aprile scorso la Weidel era rimasta coinvolta anche in una polemica sul "politicamente corretto" da lei definito "il cumulo di immondizia della Storia". Un conduttore radiofonico ne aveva approfittato per scagliarsi contro di lei durante il suo programma in modo sarcastico: "Ma sì, finiamola con il politicamente corretto, viva il politicamente scorretto, quella 'sgualdrina Nazi' deve avere ragione." La Weider lo aveva denunciato cercando inutilmente di vietare la replica del programma.

Alternativa per la Germania è stata fondata nel 2013 da euroscettici fuoriusciti dalle file di conservatori e liberali. Nelle elezioni di quattro anni fa però il discorso anti-europeista non riuscì a sfondare e l'AfD restò fuori dal Parlamento essendosi attestato poco al di sotto del 5%. Con lo scoppio della crisi migratoria del 2015 e l'irruzione sulla scena del movimento islamofobo Pegida, l'AfD ha virato decisamente verso l'aperta xenofobia lasciando in secondo piano l'euroscetticismo. La formazione si nutre del voto di protesta in un Paese che, dal 2015, ha accolto circa 1,3 milioni di rifugiati.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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