Xero/Zero
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Zero
https://it.wikipedia.org/wiki/0_%28numero%29
(LA)
« Novem figure indorum he sunt 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Cum his itaque novem figuris, et cum hoc signo 0, quod arabice zephirum appellatur, scribitur quilibet numerus, ut inferius demonstratur. »
(IT)
« Le nove cifre degli indiani sono queste: 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Con queste nove cifre, e con questo simbolo: 0, che in arabo si chiama zephir, si può scrivere qualsiasi numero, come si vedrà più avanti. »
(Leonardo Fibonacci, Liber abaci, inizio del primo capitolo)
Lo zero (cf. arabo صفر (sifr), ebraico אפס (éfes), sanscrito शून्य (śūnya), neol. greco μηδέν (inteso come nulla, niente) è il numero che precede uno e gli altri interi positivi e segue i numeri negativi.
Attorno al 300 a.C. i babilonesi iniziarono a usare un semplice sistema di numerazione in cui impiegavano due cunei inclinati per marcare uno spazio vuoto. Questo simbolo tuttavia non aveva una vera funzione oltre a quella di segnaposto. Il simbolo dello zero deriva dalla lettera greca omicron che si ritrova sistematicamente nelle tavole di Tolomeo e Giamblico che già lo usavano dal I secolo d.C. Il nome per esteso era οὺδἐν (ouden = nulla). Gli indiani appresero poi la sua esistenza quasi certamente dai greci dopo le conquiste di Alessandro Magno e nel tardo ellenismo.
L'uso dello zero come numero in sé è un'introduzione relativamente recente della matematica, che si deve ai matematici indiani, anche se gli antichi popoli mesoamericani arrivarono al concetto di zero indipendentemente. Un primo studio dello zero, dovuto a Brahmagupta, risale al 628.
Gli arabi appresero dagli indiani il sistema di numerazione posizionale decimale e lo trasmisero agli europei durante il Medioevo (perciò ancora oggi in Occidente i numeri scritti con questo sistema sono detti numeri arabi). Essi chiamavano lo zero sifr (صفر): questo termine significa "vuoto", ma nelle traduzioni latine veniva indicato con zephirum (per semplice assonanza), cioè zefiro (figura della mitologia greca, personificazione del vento di ponente).
http://www.etimo.it/?term=zero
zero, (xero en veneto)
s. m. (mat.) ‘numero indicante la mancanza di ogni valore, la cui cifra corrispondente (0), posta a destra di qualsiasi numero, ne indica la moltiplicazione per dieci nella numerazione binaria’ (av. 1449, D. Burchiello: al zero foglio; av. 1572, C. Bartoli: “Il zero non significa cosa alcuna; ma serve solamente per occupare i luoghi, e per trasportarlo negli articoli de' caratteri significativi”), ‘minimo voto scolastico’ (1961, Diz. enc.), est. ‘niente’ (av. 1484, L. Pulci).
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Dall'ar. sifr, propr. agg. col sign. di ‘vuoto’ (cioè ‘assenza di unità’). I matematici indiani usarono il corrispondente agg. sanscrito sunyá per indicare lo ‘zero’ e così fecero, sul loro esempio, anche gli Arabi, trasmettendo la parola, col nuovo sign., in Occidente: “Leonardo Fibonacci latinizzò tale voce in zephirum, che poi, nelle fonti italiane, diventò zefiro, zefro e quindi zero (documentato dal 1491; di qui provengono il franc. zéro e lo sp. cero).
Un adattamento della parola araba più vicino all'originale è quello dello spagnolo cifra, it. cifra (franc. chiffre, ted. Ziffer) col valore di ‘segno numerico’” (C. Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine, 1969 5, p. 315). V. anche cìfra, che ne rappresenta il doppione, evidente nell'ingl., dove cipher vale tanto ‘cifra’, quanto ‘zero’.
http://it.wikipedia.org/wiki/Leonardo_Fibonacci
Leonardo Pisano detto Leonardo Fibonacci, perché filius del Bonacci (Pisa, settembre 1170 – Pisa, 1240 ca.[1]) fu un matematico toscano.