Marantega, Moira, Morrigan/Morgana, Mora/Zmora, Mara

Marantega, Moira, Morrigan/Morgana, Mora/Zmora, Mara

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 7:43 pm

Marantega, Moira, Morrigan/Morgana, Mora/Zmora, Mara
viewtopic.php?f=44&t=293


Marantega (etimoloja)

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... antega.jpg



Marantega

la xe na voxe ke la gà orexene asè vecie e forse la ne xe rivasta ente li ani jermaneghi:

MARA = demone, encubo

http://da.wikipedia.org/wiki/Mare
http://de.wikipedia.org/wiki/Nachtalb
http://en.wikipedia.org/wiki/Mare_(folklore)

A mare or nightmare (Proto-Germanic: *marōn; Old English: mære; Old Norse: mara; German: Mahr; Dutch: nachtmerrie; Swedish: mara; Icelandic: mara; Faroese: mara; Danish: mare; Norwegian: mare/mara) is a spirit or goblin in Germanic folklore which rides on people's chests while they sleep, bringing on bad dreams (or "nightmares").

The word "mare" comes (through Middle English mare) from Old English mære, mare, or mere, all feminine nouns. These in turn come from Common Germanic *marōn. *Marōn is the source of Old Norse mara (from which come Icelandic, Faroese, and Swedish mara, Danish mare and Norwegian mare/mara), Dutch (nacht)merrie, and German Mahr. The -mar in French cauchemar ("nightmare") is borrowed from the Germanic through Old French mare. The word can ultimately be traced back to the reconstructed Proto-Indo-European root *mer-, "to rub away" or "to harm".
In Norwegian and Danish, the words for "nightmare" are mareritt and mareridt respectively, which can be directly translated as "mare-ride". The Icelandic word martröð has the same meaning (-tröð from the verb troða, "trample", "stamp on", related to "tread") , whereas the Swedish mardröm translates as "mare-dream".

Xermani, Germani
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RIY0E/edit
Medhoevo/Mexoevo
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... NHNWM/edit
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 7:43 pm

Mara entel budixmo

http://it.wikipedia.org/wiki/M%C4%81ra
Nel buddismo, Māra è il demone, della classe degli Yakṣa, che cercò di distogliere Gautama Buddha dal raggiungimento del Risveglio sia spaventandolo con un esercito di esseri mostruosi sia con la visione di bellissime donne le quali, in varie leggende, sono spesso ritenute essere le sue figlie.
Māra rappresenta la Morte, gli ostacoli della mente alla vita spirituale. È un tentatore, che distrae gli uomini dalla pratica rivolta alla Liberazione dal Saṃsāra, rendendo la vita mondana seducente o facendo sembrare il negativo come positivo.
Nel Buddhismo in ogni caso Māra non è un principio metafisico del male, né una divinità dotata di poteri superiori alle leggi del karma, essendo anch'esso sottoposto alle leggi di causa-effetto. Non è nemmeno la sola personificazione della morte, essendo in seguito questa più spesso identificata con Yama.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 4/Mara.jpg

http://en.wikipedia.org/wiki/Mara_(demon)
The word "Mara" comes from the Proto-Indo-European root *mer meaning to die, and so it is related to the European Mara, the Slavic Marzanna and the Latvian Māra.Mara in Latvian mythology means - The Mother of Earth and has positive meaning. She is wise and generous.

http://de.wikipedia.org/wiki/Mara_(Buddhismus)
http://cs.wikipedia.org/wiki/M%C3%A1ra
http://fr.wikipedia.org/wiki/Figuier_des_pagodes
http://it.wikipedia.org/wiki/Ficus_religiosa

http://cs.wikipedia.org/wiki/Sams%C3%A1ra
http://it.wikipedia.org/wiki/Sa%E1%B9%83s%C4%81ra
http://en.wikipedia.org/wiki/Sa%E1%B9%83s%C4%81ra


Da encostarghe la storia de le tentasion del Cristo entel dexerto:

http://it.wikipedia.org/wiki/Tentazioni_di_Ges%C3%B9
http://www.cristomaestro.it/discernimen ... oni_1.html
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 7:45 pm

Zmora
http://pl.wikipedia.org/wiki/Zmora

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http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... htmare.JPG

Mara "demon śmierci" - poświadczone w folklorze ukraińskim, bułgarskim, czeskim i polskim. Ukraińskie Мара/Mára, bułgarskie Мара/Mará, polskie Marzanna, czeskie Mařena itd., staroindyjskie mara (rodzaj męski) "śmierć, zaraza", Mara - "uosobienie śmierci, demon ciemności; diabeł, zły", wspólny ario-słowiański derywat z vṛddhi od *moro- "śmierć".

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /zmora.jpg


http://www.ufodigest.com/news/1106/zmora.html

Marxana/Marzanna
Maržanna, Mara, Maržena, Morana, Moréna, Mora, Marmora or Morena
http://en.wikipedia.org/wiki/Marzanna
Maržanna, Mara, Maržena, Morana, Moréna, Mora, Marmora or Morena is a Slavic goddess associated with death, winter and nightmares. Some sources equate her with the Latvian goddess Māra, who takes a person's body after their death. Some medieval Christian sources such as the Mater Verborum also compare her to the Greek goddess Hecate, associating her with sorcery. The Polish chronicler Jan Długosz (15th cent.) likened her to Ceres, the Roman goddess of agriculture.
http://cs.wikipedia.org/wiki/Morana
http://de.wikipedia.org/wiki/Morena


Angoane/anguane e salbanei
viewtopic.php?f=44&t=49

Fate, Moire, Parke, Norne, Matronae, Angoane
Pora Reitia Sainatei Vebelei
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... dtd1U/edit
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 7:45 pm

Da: Le origini delle lingue europee, del glottologo Mario Alinei Volume II
Preistoria linguistica germanica
Capitolo XI
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2.2.2.2. lnnovazioni di data paleo-mesolitica e di area germanica e celtica

Queste affinità sono probabilmente di data più recente (fra Paleolitico e Mesolitico) delle precedenti. L'attribuzione del loro focolaio a uno dei due gruppi è incerta.
1) Come abbiamo visto in ORI, il nome della «magia, incantesimo» risale alla radice PIE *sēi- ecc. «legare» [IEW 891-892], che Devoto aveva illustrato alla luce della ricca documentazione sulle pratiche di «legatura» magica ancora in uso nell’Europa tradizionale [HWDA s.v. Band; cfr. Devoto 1962, 239]. Nella TC, tuttavia, questo significato magico della radice non può risalire al PIE, in quanto appare esclusivamente nell’area celto-germanica: antico irlandese siabair «fantasma, spirito», siabarid «incantato, stregato», antroponimo Find abair = gallese Gwen-hwyfar «Ginevra», letteralmente «spirito bianco», antico irlandese soib «ingannevole», letteralmente «mаgico», gallese e bretone hud «magia», antico cornico hudol «stregone», germanico *saitha- «magia», teonimo (dativo plurale) Saitchamimi(s) < *Saithamjoz «chi può cambiare forma per magia», antico islandese seið «magia», sida «incantare stregare», anglosassone -siden «magia»; anglosassone ælf siden (lett. «magia di elfo» > «febbre») [da ANEW s.v. seiðr].

2) In un contesto di caccia, che la documentazione archeologica dimostra avere ancora un ruolo centrale in questo periodo, Germani e Celti utilizzano la radice PIE *sek(w)- «seguire» [IEW 896], per motivare una delle più importanti funzioni umane, quella del «vedere»: gotico saihan, antico islandese, islandese, feringio sjá, norvegese sjaa, svedese e danese se, antico sassone e antico alto tedesco, sehan, tedesco seben, nederlandese zien, aglosassone sēon, inglese see, antico irlandese ēcosch «vista», inchosig (3a sg.) (< *ind-com-sech) «indica» [Buck 15.51; ANEW s.v sjá].

2) Dalla radice IE *sek- che significa anche «pelle» (v. ORI) - nasce l’allargamento celto-germanico *sken-, da cui antico islandese e islandese, feringio norvegese svedese skinn, danese skind «pelle» (in antico islandese soprattutto di animali)», anglosassone scin(n), inglese skin, antico irlandese scing «indumento di pelle».

3) Il nome di un recipiente motivato da «sacco, otre, vescica» deve risalire all'uso di vesciche animali come contenitori, e quindi a una cultura paleolitica. E il tipo celto-germanico rappresentato da gotico balgs, anglosassone bel(i)g, byl(i)g «sacco» ecc., inglese belly «pancia», bellows «mantice», antico frisone, antico sassone antico alto tedesco balg, antico islandese belgr, anche «pancia», islandese belgur, feringio bjølgur; gallico bulga «otre di pelle», medio irlandese bolg «sacco».

4) Il nome celto-germanico della «rupe, montagna» germanico felza (forse da PIE *pel-s-[IEW 807]: antico sassone felis, medio nederlandese vels, antico alto tedesco felis, felisa (> francese falaise), antico islandese fjall fell, islandese e feringio fjall, norvgese fjell, svedese fjäll, danese fjeld (> inglese fell «rupe», medio inglese fell «monte, tumulo», mansio (vogulo) -fel(l) in toponimi); antico irlandese all (*plso- «roccia, masso»), gallico toponimo Alesia. Falesia la parete rocciosa in italiano.

5) Poiché l'area celto-germanica è quella più rappresentativa per la caccia alle mandrie di cavalli nel Paleolitico Superiore, diventa rilevante l’innovazione celto-germanica per il nome del «cavallo» rappresentata da antico islandese mаrr «cavallo», anglosassone mearh, antico frisone mar, antico alto tedesco marah, antico irlandese marc, gallese march; gallico markan (acc. sg); antico islandese merr «giumenta», islandese mer- (in merbikkia «cavallo senza valore»), feringio mer, norvegese merr, svedede märr, danese mær, Shetland mer mare (finlandese mera märä, lappone mærro), anglosassone miere, antico frisone e nederlandese merrie, antico sassone meriha, antico alto tedesco mariha, medio alto tedesco märhe.
II nome potrebbe essere un nome noa, motivato per esempio dal colore «scuro» del cavallo (3. *mer mor- [IEW 734]).
Da questo nome si sviluppa più tardi la nozione dell’«incubo» e di esseri magici nella forma di un cavallo: antico islandese, norvegese, svedese, antico alto tedesco mara, ferengi marra, danese, medio basso tedesco e medio nederlandese (f.), anglosassone (m.) mare (Lappone marra), tutti «incubo»; antico irlandese mōrrīgain «lamia» (lettone «regina degli elfi»). Е penetrata anche in Slavo: antico slavo mora «strega».

6) Probabilmente nel Mesolitico, Germani e Celti innovano il nome del «bosco» motivandolo con la radice IE *weidh - *widh - [IEW 1127] «dividere», ciò che implica una considerazione del bosco come «confine» [cfr. per altri esempi Buck 1.41], e quindi una coscienza oramai netta della diversa funzione economica dei territori: caccia alle grandi mandrie quelli aperti, e raccolta della legna in quelli boscosi: antico islandese viðr «bosco, albero», islandese e feringio viðr, norvegese vid, svedese danese ved, anglosassone widu, wudu, inglese wood, antico alto tedesco witu; antico irlandese fid, gallese gwydd, gallico Vida-.
In area germanica il termine è molto frequente nella toponomastica e nell’ antroponomia.
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 8:42 pm

Da verefegar e profondir el ligo, l’encroxo co le voxi:

Maraveja, maravegia, maraviglia, meraviglia, mirabilia, miracolo:


Dalla versione web del Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani.
http://www.etimo.it/?pag=hom
Immagine


Maraveja/maravegia
http://www.etimo.it/?term=meraviglia
http://www.etimo.it/gifpic/08/1791b9.png

Mirar, amirar
http://www.etimo.it/?term=ammirare
http://www.etimo.it/gifpic/00/3d719f.png

Miracoło
http://www.etimo.it/?term=miracolo
http://www.etimo.it/gifpic/08/06cfa6.png




Immagine

meraviglia,
s. f. ‘sentimento improvviso di viva sorpresa per cosa nuova, straordinaria, o inattesa’ (maraviglia: av. 1348, Francesco da Barberino, e 1300-13, Dante; meraviglia: 1375, F. Petrarca), ‘cosa o persona che desta ammirazione’ (av. 1294, Guittone).
...
Lat. mirabilia ‘cose ammirevoli’, nt. pl. sostantivato dell'agg. mirabile(m) ‘ammirevole’ (cfr. faccénda) attraverso un parl. *merabilia (A. Wallensköld, Lat. mirabilia dans les langues romanes, in Neupl. Mitt. XXIX [1928] 108-111). I der. sono di form. it. Fu spesso alternata con maraviglia (e der.), ritenuta, però, più adatta alla prosa che alla poesia (Migl. St. lin.). Per trovare una spiegazione alla loc. ottava meraviglia occorre ricordare che dall'antichità è stato trasmesso un elenco di sette giganteschi ed ammirevoli monumenti (“Quei che hanno lette le istorie, oratori e poeti antichi, avranno trovato fatta menzione in molti libri delle sette meraviglie del mondo, le quali sono in diversi luoghi”: sec. XVI, M. Roseo).

miracolo,
s. m. (relig.) ‘fenomeno straordinario che avviene al di fuori delle normali leggi della natura’ (av. 1292, B. Giamboni), fig. ‘caso incredibile, straordinario’ (s. f. pl. miracule: sec. XIII, Storie de Troia et de Roma; miracolo: av. 1342, D. Cavalca; miracolo economico ‘rapido sviluppo dell'economia di un paese in un brevissimo periodo di tempo’: 1966, G. D'Agata, cit. da Vaccaro II), fig. ‘persona di straordinarie virtù e capacità’ (1282-93, Dante), ‘tipo di sacra rappresentazione il cui scioglimento avveniva mediante l'intervento miracoloso della Madonna o di un Santo’ (sec. XV, nei titoli di varie sacre rappresentazioni).
...
Vc. dotta, lat. miraculu(m) ‘fatto meraviglioso, prodigioso’, dal v. mirari ‘essere sorpreso’. “L'etimologia dimostra in che senso si possa parlare di miracoli a proposito della mentalità primitiva e dell'antichità: mirabile, miraculum, come thâuma, thaumásion, thaumastón indica un fatto che suscita lo stupore, pertanto l'ammirazione non disgiunta dalla venerazione tremebonda per il ‘completamente altro’ da noi, della cui potenza quel fatto è manifestazione” (Enc. it. XXIII 423). Per quanto riguarda il nome di miracoli dato alle ‘sacre rappresentazioni’ si tenga in conto la spiegaz. di A. D'Ancona, Origini del teatro italiano, I, Torino, 1891, p. 376: “Che se l'argomento principale del Dramma erano grazie soprannaturali concesse a qualche fervoroso credente da un Santo o da una Santa, che con nascosta virtù o di presenza interveniva nell'azione, acconciamente dicevasi Miracolo”. Miraculosu(m) è agg. di formazione e diffusione mediev. Secondo il Panz. Diz., miracolato è “voce deforme del fr. miraculé, venuta in uso con il culto della Madonna di Lourdes, toccato dal miracolo (della guarigione)”. La loc. dire (o sapere o conoscere) vita, morte e miracoli di qc. è stata suggerita dal frequente titolo di biografie agiografiche.

mirare,
v. tr. lett. ‘osservare attentamente’ (av. 1300, Guido Cavalcanti e Dante; per mirare giusto V. giùsto),
v. intr. ‘puntare un'arma verso un determinato obbiettivo o bersaglio’ (1723, A. M. Salvini), fig. ‘tendere a q.c.’ (av. 1342, D. Cavalca),
v. rifl. ‘guardarsi attentamente’ (1250 ca., Stefano Protonotaro).
...
Lat. mirare, forma arc. e tarda, parallela del class. mirari ‘meravigliarsi’ dall'agg. miru(m) (V. miro). Ne è der. mirabile(m), che, sostantivato al nt. pl., diede mirabilia; la vc. ebbe, attraverso l'uso eccl. (Zürcher 198), qualche diffusione (“quelli molta mirabilia senne diero”: sec. XIII, Miracule de Roma = Mirabilia Rome; in Monaci 419). Dev. di mirare è mira, da cui, poi, il dim. mirino. Per mirino si nota l'estensione della loc. essere nel mirino ‘essere sotto tiro, preso di mira’ nell'it. (come nel fr.) contemp., soprattutto giornalistico, che se ne serve per dar risalto specialmente all'intitolazione (Cast. Pollidori 120-123).
Bibliografia: Saviozzo.



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mirabilis, e, agg. con comp. e sup.,
1 mirabile, ammirevole, meraviglioso, stupendo, sorprendente, straordinario: mirabilem in modum, straordinariamente, CIC.; mirabile dictu, visu, mirabile a dirsi, a vedersi, CIC. e a.; esset mirabile quomodo Iuppiter iaceret..., sarebbe sorprendente come Giove possa scagliare..., CIC. Div. 2, 44; mirabile est quam non multum differat, è sorprendente quanto poco differisca, CIC. de orat. 3, 197; mirabile videtur quod non rideat haruspex, sembra strano che un aruspice non rida, CIC. Nat. deor. 1, 71; vos esse istius modi non mirabile est, non è strano che voi siate così, TER. Haut. 387; mirabile quantum gaudebat, era straordinariamente lieto, SIL. 6, 620;
2 miracoloso, Vulg.; sost. n. pl. mirabilia, ium, miracoli, AUG.
[miror + -bilis].

mirabiliarius, ii, m., taumaturgo, AUG. [mirabilis + -arius].

miracula, ae, f., donna mostruosa, PL. [miror + -cula].

miraculum, i, n.,
1 cosa meravigliosa, strana, prodigio, portento: miracula somniantium philosophorum, strani sogni di filosofi, CIC. Nat. deor. 1, 18; miraculum magnitudinis, portentosa grandezza, LIV.; miraculum audaciae, straordinaria audacia, LIV.; id eos audere miraculo fuit, destò meraviglia il fatto che essi osassero ciò, LIV. 25, 8, 7; rem miraculo eximere, togliere a una cosa il suo carattere miracoloso, LIV. 5, 15, 2; miraculum litterarum, cultura che desta meraviglia, LIV.; puerum tamquam miraculum (come essere meraviglioso) aspicere, PLIN. Ep.; transformat sese in miracula rerum, si tramuta in forme prodigiose, VERG.;
2 gioco d'abilità, QUINT. 10, 7, 11;
3 miracolo, AUG.
[miror + -culum].

miratio, onis, f.,
meraviglia, stupore: mirationem facere, far stupire, CIC. Div. 2, 49
[miror + -tio].

mirator, oris, m.,
ammiratore, HOR. e a.; m. rerum, ammiratore d'imprese, OV. Met. 4, 641; mirator inanium, amante di cose vuote, PLIN.; mirator Narcissus, Narciso ammiratore della propria bellezza, AUS.
[miror + -tor].
miratrix, icis, f.,
ammiratrice, SEN. tr. e a.; famosa vetustas miratrixque sui (ammiratrice di sé), LUC. 4, 655
[miror + -trix].

mire, avv.,
meravigliosamente, straordinariamente: mire miserabilis, straordinariamente compassionevole, CIC.; mire quam delectat, mi dà un meraviglioso piacere, CIC. Att. 1, 11, 3; mire laetus, straordinariamente lieto, CURT.
[mirus + -e].

mirifico, as, are, 1 tr., glorificare, Vulg. [mirificus + -o3].

mirio, onis, m.,
1 mostro di bruttezza, ACC.;
2 ingenuo stupefatto, TERT.
[mirus + -io1].

miror, aris, atus sum, ari, 1 tr. e intr. dep.,
1 meravigliarsi, stupirsi: con l'acc., mirari insolentiam philosophorum, stupirsi delle esagerazioni dei filosofi, CIC.; con de e l'abl., mirari de singulari impudentia alicuius, CIC.; con prop. infin., miramur hunc hominem excellere ceteris, ci meravigliamo che quest'uomo superi tutti, CIC.; utrumque sacro digna silentio mirantur Umbrae dicere, le Ombre stupiscono al canto di entrambi, degno di quel sacro silenzio, HOR. Carm. 2, 13, 30; con quod e il cong., mirari se aiebat quod non rideret haruspex, diceva di meravigliarsi che un aruspice non ridesse, CIC. Div. 2, 51; con quod e l'ind., CIC. Att. 14, 18, 3; con interr. indir., mirari quae sint animadversa, meravigliarsi delle scoperte, CIC.; con si e l'ind., miror si quemquam amicum habere potuit, mi meraviglio che abbia potuto avere qualche amico, CIC. Lael. 54; con si e il cong., miretur si quem bonum civem viderit, si meravigli se vedrà qualche cittadino dabbene, CIC.; miraris si nemo praestet amorem?, ti stupisci se nessuno ha per te dell'amore?, HOR. Sat. 1, 1, 86; mirari se quapropter (meravigliarsi di come) sui tam similis esset, VAL. MAX.;
2 chiedersi con meraviglia, esser curioso di sapere: mirabatur quid esset quod, si chiedeva stupito quale fosse il motivo per cui, CIC.; miror quid in mentem venerit Theophrasto, mi stupisco di ciò che venne in mente a Teofrasto, CIC. Off. 2, 56; mirantes quid rei esset, stupiti di che cosa si trattasse, LIV.; mirabar quid maesta deos vocares, mi chiedevo con meraviglia perché tu invocassi mesta gli dèi, VERG.; nequis miretur qui sim, perché nessuno si chieda meravigliato chi io sia, PL. Aul. 1;
3 guardare con ammirazione, ammirare: Theodorum nonne miramur?, non ammiriamo forse Teodoro?, CIC.; se ipse miratur, si ammira da sé, si pavoneggia, CATULL. 22, 17; tabulas pictas mirari, ammirare i quadri, SALL.; Olympiacae miratus praemia palmae, guardando con ammirazione (= desiderando) il premio delle palme d'Olimpia, VERG. Georg. 3, 49; poet. col gen. di causa, iustitiaene prius mirer belline laborum?, devo ammirarti per la tua giustizia o piuttosto per le tue imprese di guerra?, VERG. Aen. 11, 126.
• Anche passivo, Ser.; inf. pres. mirarier, LUCR. 2, 1029; vd. anche mirandus
[mirus + -o3].


mirus, a, um, agg. con comp. non class.,
meraviglioso, stupendo, singolare, straordinario, strano: mira paucitas, straordinaria scarsità, CIC.; homo mirus, uomo meraviglioso, CIC.; mira communitas, straordinaria affabilità, NEP.; mirum in modum, meravigliosamente, CAES. (anche miris modis, TER.); nimia memoras mira, racconti meraviglie straordinarie, PL. Amph. 616; mirum videtur quomodo, mi meraviglio come, CIC.; sibi mirum videri quid Caesari negotii esset, si chiedeva stupito che cosa Cesare avesse a che fare, CAES. B. G. 1, 34, 4; mirum dictu ut, è strano a dirsi come, TAC.; mirum est quam efficiat in quod incubuit, è meraviglioso come riesca in ciò a cui si applica, PLIN. Ep.; ut in cunis fuerit anguis non est mirum, non c'è da meravigliarsi che nella culla ci fosse un serpente, CIC.; quid mirum in senibus si infirmi sint?, che c'è di strano se i vecchi sono malati?, CIC. Cato 35; non mirum si consulatum consecuti sunt, non c'è da meravigliarsi che abbiano ottenuto il consolato, CIC.; mira sunt nisi, è un miracolo se non, PL.; mirumque nisi hoc esset, e strano sarebbe se non fosse questo, OV. Met. 7, 12; mirum quin tu illo tecum divitias feras, strano che tu non porti là con te la tua ricchezza, PL.; mirum quam, mirum quantum, straordinariamente, CIC.; id mirum quantum profuit, ciò fu meravigliosamente utile, LIV. 2, 1, 11 [cf. gr. meidáo].



Etimoloja de mirus del filologo Xane Semeran

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... us-472.jpg
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 8:52 pm

Morrigan
http://it.wikipedia.org/wiki/Morrigan

Morrigan (antico irlandese Mórrígan o Mórrígu, medio irlandese anche Mórríghan irlandese classico Móirríoghan), è una divinità della mitologia celtica.
Il nome di questa dea, che nei testi appare nelle forme an Mórrígan o an Mórrígu (il nome proprio sempre preceduto dall'articolo), viene generalmente interpretato come "grande regina" (il prefisso mór- sta per "grande, eminente, importante"). Secondo un'altra ipotesi, meno solida della precedente, il nome significherebbe "regina dei fantasmi" (da un germanico mahr "incubo", il cui significato originale è però "giumenta"; cfr. inglese nightmare).
Si ritiene che "La Morrigan" sia riconoscibile grazie a tre particolarità: La prima è che pare che il suo cocchio sia trainato un cavallo dall'apparenza normale, ma che in realtà è agganciato al carro con un palo che passa attraverso il corpo del animale e che è fissato alla sua testa con un piolo. La seconda è che la colorazione dei suoi abiti, dei capelli, del carro e cavallo stessi sia rossa perché il rosso, secondo la credenza celtica, è il colore dell'aldilà. La terza è che abbia la bocca da solo un lato della faccia.
Dea della guerra, della sessualità e della violenza, ama seminare l'odio e combattere in mezzo agli uomini assumendo a volte aspetti terrificanti. Molto più spesso compare in forma di corvo, essendo questo l'animale che si nutre dei cadaveri di coloro che sono morti in guerra.


Morgana (la fata)

http://de.wikipedia.org/wiki/Morgan_le_Fay
Morgan le Fay, auch bekannt als Morgaine, Morgain oder Morgana und unter weiteren Namen, wie zum Beispiel im Mittelhochdeutschen: Feimorgan oder Famurgan, ist eine wichtige weibliche Figur in der Mythologie um König Artus (Artussage) – zeitweise sogar Antagonistin von Artus und Gegnerin von Guinevere. Sie ist die Halbschwester von Artus.

http://it.wikipedia.org/wiki/Fata_Morgana_(mitologia)
La fata Morgana, conosciuta anche come Morgane, Morgaine, Morgan e altre varianti, è una popolare strega della mitologia celtica e delle leggende.
L'epiteto femminino "la fata" (tradotto dall'originale inglese "le fay", a sua volta adattato dal francese "la fée") indica la figura di Morgana come una creatura sovrannaturale.

http://en.wikipedia.org/wiki/Morgan_le_Fay
http://en.wikipedia.org/wiki/Morgens


Moura
http://en.wikipedia.org/wiki/Enchanted_Moura
The fairy tales featuring Mouras Encantadas are thought to be of pre-Roman, Indo-European Celtic origin. They are related to other Indo-European, and especially Celtic, female divinities of the water. Almost every Portuguese or Galician town has a tale of a Moura Encantada. The lore of the mouros encantados is used to find prehistoric monuments and was for some time used in the XIX century as the main method to locate lusitanian archaeological «monuments», as Martins Sarmento viewed these as a kind of folk memory that was erased with the Christianization.
Like the Mairu of Basque mythology built dolmens or harrespil, the mouras are builders of ancient monuments.
Etymology
Moura is a homonym word with two distinct roots and meanings; one from celtic *MRVOS the other from latin maurus. The word "moura",(moira, maura) (medieval: mora) feminin of "mouro", is thought to originate from the celtic *MRVOS and the indo-european mr-tuos that originated in latin the word mortuus and in portuguese/galician the word morto, (dead). Some authors think that the mouras are the deceased. There is also a possible relation to the celtic word mahra or mahr, meaning spirit.

http://www.csarmento.uminho.pt/docs/nda ... 100_11.pdf

http://en.wikipedia.org/wiki/Murigen
http://en.wikipedia.org/wiki/Water_deity
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 8:52 pm

Mari (Dea basca)

http://pochaontas.jimdo.com/galleria-de ... ord-europa

Di Marja Gimbutas (da "Le dee viventi)


La principale Dea basca venerata oggi è nota come Mari, spesso combinata con Andre, "Signora".

Conserva altresì dei nomi locali derivanti dai punti in cui è solita apparire, spesso nei pressi di grotte: Signora di Anboto, Andre mari Munoko, cioé Signora Mari di Muno, Txindokiko Mari, cioè La Mari di Chindoqui, e altre.
Si conoscono la sua immagine e le sue funzioni attraverso credenze ancor oggi tramandate nelle raccolte folcloristiche riccamente documentate.

Andre Mari assume molte delle caratteristiche della dea-maga preistorica della morte e rigenerazione.
E' anche la dea-avvoltoio, la dea delle tombe e la rigeneratrice che compare in una moltitudine di zoomorfismi, simili a quelli con cui si manifestava nel neolitico.
Il folclore basco ribadisce che era anche una profetessa che dominava i fenomeni naturali e vigilava sulla condotta morale. Benché l'inquisizione perseguitasse spietatamente le fedeli della Dea come streghe, la Dea scampò in qualche modo alla distruzione, qui come in altre zone del nord-europa, dove la basca Mari trova uno stretto parallelismo con la germanica Holla e la baltica Ragana.

Iconografia, miti e funzioni

La religione baltica o basca (?) considera gli inferi come il regno della Dea Mari. Fiumi di latte e miele scorrono nella sua terra meravigliosa, dove ogni cosa cresce in abbondanza.
Gli inferi comunicano con il mondo superiore attraverso aperture: pozzi, grotte, crepacci.
Si riteneva che le anime dei morti talvolta uscissero dalle sinuose gallerie delle caverne e dai crepacci.
I fedeli lasciavano davanti alle grotte delle offerte in qualche occasione, per i morti e per la Dea, .
Mari in genere assume la forma di un uccello nella sua dimora infera: vola fuori dalle grotte come avvoltoio o corvo.
Nella grande caverna di Supelegor, sul monte Itizine, compare sotto forma di avvoltoio insieme al suo seguito.

Le leggende dipingono Mari come una profetessa o un oracolo:

I fedeli la invocavano nei pressi delle entrate delle grotte, dove sarebbe apparsa se la si fosse chiamata tre volte. Le sue grotte contengono un focolare o un forno per il pane, dal momento che si ciba di pane il venerdì. Compare all'ingresso di grotte tessendo il filo con una spoletta d'oro o pettinandosi i capelli con un pettine d'oro. Nella sua grotta di Annoto crea matasse di filo d'oro usando corna di montone come spoletta. Le dimore di Mari sono riccamente decorate con oro e pietre preziose, ma si dice che se i ladri ne rubano il tesoro e lo portano via, questo si trasforma in carbone o in legno fradicio.
Queste legggende attribuisono alla Dea il potere di vanificare l'avidità umana e di trasformare magicamente le sostanze, un potere che possiedono anche i goblin, suoi avatar, che possono incrementare o diminuire le ricchezze.
Mari regge anche il codice giuridico: Lei stessa è la promulgatrice delle leggi, domina sulla vita comunitaria e vigila severamente affinché i suoi comandamenti vengano rispettati. Condanna la bugia, il furto, la tracotanza e la vanagloria, lo spergiuro e la mancanza di rispetto per le persone, le case e le proprietà.
In questa dimensione, garantisce un alto livello di condotta morale.

Mari domina sui fenomeni naturali: la grandine, i venti, la siccità, i fulmini e le tempeste.

Crea tempeste a e causa la siccità per castigare i disobbedienti e i malvagi. Appare mentre attraversa il cielo su un carro sotto forma di una donna che emette fiamme o che è avvolta nel fuoco. Talvolta cavalca una scopa o viaggia sulla groppa di un montone. In quanto incarnazione del fulmine, è spesso vista come una sfera (o un fascio) di fuoco, o come una falce o un bastone di fuoco. Il folclore narra che scaglia le sue saette dal fondo delle caverne. Scongiuri e offerte possono placare la Dea, e i baschi nel loro sincretismo religioso hanno anche celebrato messe cattoliche e compiuto esorcismi nei pressi delle bocche di alcune caverne.
Se compiaciuta, protegge i suoi fedeli rinchiudendo i venti e le tempeste nel mondo infero.
Mari è associata con la luna. A tutt'oggi, le genti della provincia di Azcoitia la rappresentano come una donna con la testa avvolta nella luna piena.
Questa credenza offre un collegamento fra la dea Mari e la dea greca Ecate-Artemide, che è anch'essa un'incarnazione della luna.
Il folclore basco, che ci racconta della potenza di Mari sui fenomeni celesti, può suggerire informazioni riguardo a Ecate-Artemide, importante Dea dell'Europa antica, che le fonti archeologiche non potrebbero offrire.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ntrada.jpg


La prole di Mari

La mitologia basca ha conservato alcune figure mitologiche che possiedono nomi collegati a Mari e sono associate a pietre, tombe e antenati.
Si tratta dei Mairi, dei Maide e dei Maindi, i Mairi sono i costruttori di Dolmen, strutture megalitiche che consistono di due pietre e un'architrave.
I Maide sono spiriti maschi della montagna e costruttori di cromlech, antiche strutture che consistono in pietre che circondano un tumulo.
I Maindi sono anime degli antenati che visitano di note le loro antiche dimore.
Tra gli altri consimili sono da annoverare le Laminak, che compaioni in foma umana, ma con i piedi di gallina, anatra o oca.
Le Laminak elfiche si possono comparare con le Laumas baltiche: si tratta in entrambi i casi di estensioni dei poteri della Dea.
Le Laminak sono le controparti femminili dei Miade.
Aumentano e diminuiscono la ricchezza, assistono le donne laboriose e vigilano sul comportamento e sulla sessualità maschile. Le loro attività di costruttrici di tombe locali testimonia più di ogni altra cosa della loro profonda antichità e del loro legame con l'europa neolitica.

http://it.wikipedia.org/wiki/Mari_(dea)
http://eu.wikipedia.org/wiki/Mari

Mari etimoloja (da Maria, mare de Cristo ???)
http://en.wikipedia.org/wiki/Mari_(goddess)
There is much confusion over the origin of the name Mari. For some it is just the transposition of the Christian name of the mother of Jesus, Mary, but others prefer to believe that it is a modification of Emari (gift) or Amari (mother + the suffix of profession) by losing the first vowel. The closeness in names may have helped turn the Pagan worship of the goddess Mari into a Christian veneration of the Virgin Mary.[1] The first known written citation of the Dame of Amboto was made by Charles V's chronicler Esteban de Garibay Zamalloa in his Memorial histórico español.

http://fr.wikipedia.org/wiki/Mythologie_basque

Ente sta tradision se mete anca le grote co le madome de Fatima e de Lourdes:

http://it.wikipedia.org/wiki/Lourdes
http://it.wikipedia.org/wiki/Santuario_di_Fatima
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » dom giu 15, 2014 8:32 am

Fate, Moire, Parke, Norne, Matronae, Angoane
Pora Reitia Sainatei Vebelei
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... dtd1U/edit
Immagine

Moire
http://it.wikipedia.org/wiki/Moire_(mitologia)
Le tre Moire, note anche con il nome di Parche o Norne, sono figure appartenenti alla mitologia greca. Figlie di Zeus e Temi, erano la personificazione del destino ineluttabile. Il loro compito era tessere il filo del fato di ogni uomo, svolgerlo ed infine reciderlo segnandone la morte.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ananke_(mitologia)
Le Moire è il nome dato alle figlie di Zeus e di Temi o secondo altri di Ananke. Ad esse era connessa l'esecuzione del destino assegnato a ciascuna persona e quindi erano la personificazione del destino ineluttabile.

Parche
http://it.wikipedia.org/wiki/Parche

Norne
http://it.wikipedia.org/wiki/Norne
Le norne (norreno: norn, plurale: nornir) nella mitologia norrena sono tre dísir chiamate Urðr, Verðandi e Skuld.
Le norne vivono tra le radici di Yggdrasill, l'albero della Vita al centro del cosmo (benché alcune fonti asseriscano che esse dimorino sotto l'arco formato da Bifröst, il ponte arcobaleno), dove tessono l'arazzo del destino. La vita di ogni persona è una corda nel loro telaio e la lunghezza della corda è la lunghezza della vita dell'individuo.
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » lun giu 16, 2014 5:36 am

Noreja/Noreia, *Noretia, Nortia, Nurtia, Norzia, Ortia, Nerta, Nertho/Nerthus, *Nertia, Reitia/Rhetia, Norne, Roxmerta, ...
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... Nobm8/edit
Immagine

Fate, Moire, Parke, Norne, Matronae, Anguane
Pora Reitia Sainatei Vebelei
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... dtd1U/edit
Immagine

La Baketa majega de Reitia, dita anca Ciave de Reitia
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... =drive_web
Immagine
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Re: Marantega

Messaggioda Berto » lun giu 16, 2014 5:38 am

Immagine

Märchen <-s, ->
n
1 lit fiaba f, favola f
2 fam (erfundene Geschichte) storia f fam, frottola f fam, f(av)ola f fam
* jdm ein Märchen auftischen fam, raccontare fandonie a qu fam.

Märchentante
f fam
1 (Märchenerzählerin) donna f che racconta (le) fiabe (ai bambini)
2 scherz (jd, der unwahre Geschichten er
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