2) Mota come motta, monte, montagnaMota (Motta)(come Monte, Montagna, Moton, Monton, Motaron, Montà, ...)
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Da Paul-Louis Rousset 10. MAL, MAR, MAN, rilevato, roccia.In questo capitolo studiamo una vasta famiglia di toponimi che coprono buona parte delle sponde mediterranee, spingendosi fino all’India.
Voci quali
Mallos, Malia, Malla, Malea, Mela sono citate dal
Trombetti nel suo "Saggio di antica onomastica mediterranea" e da lui reperite tanto sulle rive dell’Asia Minore in Cilicia, Psidia, Caria, Licaonia, quanto a Creta, in Albania, Iugoslavia, Italia, Corsica e Sardegna.
Il più noto è certo il nome dell' Isola di Malta.
In Spagna si indicano con
mallo i monoliti di roccia, alcuni dei quali alti anche 350 m; molto noti i
Mallo Firé, Mallo Pison, Mallo Cuchillo (dove appare la tautologia con KUK) o l'insieme di blocchi giganti denominati
Mallos de Riglos.
Nelle Alpi francoprovenzali la radice
MAL non è frequentissima, forse perché assai arcaica, ma ancora degnamente rappresentata da oronimi famosi della zona di Susa quali il
Monte Malamot ed il
Rocciamelone che domina la città dai suoi 3538 m e che un tempo era considerato la più alta cima delle Alpi per il dislivello di 3000 m tra base e sommità, lungo un versante facilmente accessibile, a pendenza quasi uniforme.
Altre cime ben note sono i
Monti Mallet e Maudit nel Massiccio del Bianco.
Quest'ultima interpretazione di MAL come "male", "maledetto" si ritrova anche nei Pirenei con la Maladetta e nelle Alpi Marittime con la Maledia. Proprio nel settore alpino occitano sono rimasti più numerosi gli oronimi composti con le radici MAL e MAR, sovente associate a voci del linguaggio corrente:
Malinvern, Malacosta, Maladecia, Malaterra, Malanotte, Malaura, Marchisa, Merciera, Merciantaira, Mercantour, Merlo, Marta.
Sintomatico il raddoppio tautologico contenuto nel nome
Marguareis, la montagna carsica per eccellenza delle Marittime, composta da entrambe le radici MAR e GAR.
La Valtellina ci offre altri due interessanti esempi di accostamento della radice MAL con differenti basi preindoeuropee: la
Val Malenco (MAL+ANCA), percorsa dal Torrente
Mallero (MAL+AR).
Quanto ai già citati
Lavini di Marco presso Rovereto, è da notare come, accanto all'idea di frana (LAVini), sia presente il termine indicante la roccia (MARco),
trasformato in agionimo quando ormai era divenuto incomprensibile. Allo sbocco della Val d'Aosta, sul versante della Val Chiusella si erge il
Monte Marzo, fronteggiato dalla parte di
Oropa dal Monte Mars.
Nell'area occitana alpina sono frequenti i microtoponimi quali
Marìn, Maròc, Marslìn, Melette, connessi all'idea di siti sopraelevati o pietrosi; come non mancano località abitate con simili denominazioni,
Manas, Mane, Marmora, Martre, Melle, Valmala, Montemale, Mentone, o idronimi sul tipo di
Maira e Mellea.
Gli stessi termini usati per indicare i ricoveri d'alpeggio, i
meire, o quanti vi salgono con le mandrie che svernano in pianura, i
marghìe, potrebbero derivare dalla radice MAR, oppure da una voce MARG, simile a MALGA, anzichè dal latino "
migrare" come sostengono molti linguisti.
E, visto che siamo passati a voci delle lingue parlate, dobbiamo citare l'italiano "
marmo" (marbre in francese), la pietra lavorabile per eccellenza, l'albanese
mal =montagna, i sostantivi baschi
malkar,
mandi, malda significanti roccia, cima o costa, i vari
mal, mala, malei degli idiomi dravidici (India Meridionale) tutti sinonimi di montagna.
I termini
marran, marin, marro, merrain, merrau nei dialetti delle Alpi Occidentali indicano terreni con pietre o con macerie lasciate da precedenti lavori di costruzione.
Nelle Alpi Centro-Orientali le
maroche sono i mucchi di sassi ricavati per spietratura dei terreni o i grandi sfasciumi di frana.
Talvolta nei toponimi formati con la radice MAL, la L finale ha subito una palatizzazione e si è trasformata in Y, come nel caso dei molti oronimi
Maya sparsi dal Pelvoux al Vallese o in Rocca
La Meya della
Val Maira.
Altre volte la stessa radice è stata allargata in MAN e nelle varianti MEN e MON. La prima costituisce la base di nomi quali
Mane, Manosque, Mandrone, Maniglia, Mangioire, Leman, le altre han dato
Mena, Menas, Menone, Menouve, Menta, Menthon in Alta Savoia,
Menton sulla Costa Azzurra,
Chamonix.
Questa cittadina, assurta negli ultimi due secoli a capitale dell'alpinismo, dopo essere stata sede di un antico priorato, si presta a qualche divagazione etimologica.
Essa compare per la prima volta l'anno 1091 nella donazione fatta dai Conti del Genevois all'abbazia benedettina di San Michele della Chiusa (Valle della Dora Riparia).
Il testo dice: "
donamus omnem campum munitum cum appendiciis suis, ex aqua que vocatur Desa... usque ad Balmas".
In un altro documento del 1224 Campi muniti e Chamonis sono applicati indifferentemente alla “domus”, il priorato, ed alla “ecclesia”.
I due termini sono quindi considerati equivalenti, come se sopravvivesse in loco l'antico toponimo di cui Campus munitus altro non era che una grossolana latinizzazione.
Quindi io sostengo essere il termine latino una interpretazione della voce originaria; anzichè il contrario, cioé Chamonix una storpiatura di Campus munitus, come è opinione corrente. Il mio asserto si fonda sul valore semantico del nome Cha-MON-is, dove la prima sillaba deriva da un prelatino "
calmis" significante
pascolo, divenuto
La Cha, Lachat, Bellachat in Savoia,
tsa in Val d'Aosta (cfr. Tsa de Tsan a proposito della radica CAM), tradotto in
Campus dai notai medioevali.
La seconda sillaba è formata invece dalla base preindoeuropea MON e significa monte, come d'altronde prova il suo derivato latino "mons". Quanto alla
is finale, va detto che è una desinenza caratteristica dei nomi di luogo, intervenuta durante il Basso Impero, quasi a sottolineare il reciproco legame tra nome e località.
Quindi "pascolo di monte" o "pascolo tra i monti" è per me la corretta interpretazione etimologica di Chamonix e mi conforta trovare un altro
Chamonix in Alta Savoia, a Magland, ed un
Chamony a Saint-Romain-en-Gier (Rhòne). Se poi questi pascoli erano cintati e protetti, ciò può aver provocato una erronea associazione di significati, senza peraltro infirmare l'etimo originario.
La stessa radice MON ha prodotto il
Mon dei Grigioni, il
Monaco della Costa Azzurra, caratterizzato dalla sua Rocca a picco sul mare, e
Monesi nelle Alpi Marittime.
Due villaggi sulle montagne della Corsica si chiamano
Monacia e, nella stessa isola, esiste una
Punta Monaco.
In Val d'Aosta e nel Vallese troviamo parecchi
Money o
Monney, probabilmente contaminati dal suono affine del francese "
moneta". Altra contaminazione può essere intervenuta a dare il
Mònch (4099 m) dell’Oberland, che in tedesco significa "
monaco".
12. MOT, MUT, collinetta, rialzo.II sostantivo "
motta", assente nel latino classico, compare invece nel basso latino.
Gli etimologisti risultano divisi nel giustificarne la nascita: chi non si pronuncia, chi lo vuole derivato da una voce germanica, chi non ne esclude l'origine preindoeuropea mediterranea.
A questo proposito il Trombetti cita degli antichi
Moutas, Mota, Motas, Mutas in Asia Minore, mentre dal canto suo il Lahovary trova nell'India Meridionale i corrispondenti
mutu, matu, matta che in dravidico significano proprio elevazione e collina.
Il basco mot(h)o serve ad indicare cose diverse sulla testa di una persona o di un animale, quali un ricciolo, un berretto, un foulard, una ciocca di capelli, la cresta d'un uccello e, in senso figurato anche l'orgoglio.
Nell'occitano, nel provenzale, nel piemontese e nel lombardo,
mota, muta significavano un tempo collina ed oggi indicano le zolle di terra che si staccano con le radici dell'erba, come d'altronde l'odierno francese "motte".
Con lo stesso termine, invece, il francese antico designava dapprima un rialzo naturale, poi un terrapieno costruito a scopo difensivo.
Collinette o fortificazioni del genere han dato origine ai vari toponimi
La Mothe, La Motte, La Motta, Motta, sparsi in tutta l'Europa Occidentale Neolatina, dalla Spagna coi suoi
Pico Motilla e
Mota del Cuervo, fino alla Sicilia, dove troviamo una
Motta Sant'Anastasia ad O di Catania.
In senso traslato va aggiunto che il provenzale
mout ed il francoprovenzale
mouta stanno ad indicare una bestia senza corna, sottintendendo un idea di sommità tondeggiante, non appuntita, quale doveva essere il valore semantico dell'originaria radice MOT.
Nella pianura piemontese le
mutére erano i mucchi conici di terra che si usava preparare in estate per la pratica del debbio (un trattamento inteso a migliorare il terreno dei prati stabili, oggi caduto in disuso).
Nelle Alpi Occidentali i toponimi composti con la radice MOT sono più numerosi nel Nord. Tra essi cito la Testa del
Mouttas in Val di Susa, la
Grande Motte (3653 m) nel Massiccio della Vanoise (Savoia) ed il
Mottarone, la vasta montagna tondeggiante frammezzo ai Laghi d'Orta e Maggiore, la Cima ed il Passo del Mottone nell'Ossola.
L’unità d’origine del linguaggio de Alfredo Trombettihttp://www.nostratic.ru/books/(354)trombetti1.pdf
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 10x300.jpg http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 08x300.jpg monte,
s. m. ‘massa grandissima di roccia e terra che si eleva parecchio sul livello del mare’ (1219, Breve di Montieri: Cast. Tosc. 49; per catena di monti V. caténa), fig. ‘grande ammasso, ingente quantità’ (fine sec. XIII, Novellino), ‘mucchio di carte scartate al gioco’ (av. 1686, G. B. Ricciardi), ‘somma di denaro, complesso di valori, spec. risultante da puntate, scommesse e sim.’ (1839, C. Cattaneo: “Ogni squadra, o come suol dirsi, ogni Monte”; monte premi ‘somma globale ripartita tra i vincitori di una lotteria, del totocalcio e sim.’: 1950, Migl. App.), ‘banca’ (1470, Provvisioni de' Consigli Maggiori della Repubblica Fiorentina; monte di pietà ‘istituto che accorda prestiti su pegno di oggetti’: 1534, P. Aretino (monte della pietà); av. 1609, L. Agostini (monte di pietà); 1608, F. Morosini, ambasciatore di Venezia a Firenze (Relazioni degli Ambasciatori veneti al Senato, III, Firenze, Parte seconda, Bari, 1916, p. 130). “Di più [Sua Altezza] ha il monte chiamato ‘di pietà’, ma che è tutto il suo denaro”).
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Lat. monte(m), di form. indeur. Per intendere il sign. orig. di monte di pietà bisogna rifarsi all'accez. di ‘assommare, ammontare’, che montare ebbe un tempo (es. e rinvii in Giordano Quar. e in Edler, anche per monte ‘capitale’), Non è escluso che la loc. andare a monte, oggi propria dei giochi, abbia pure un orig. economica, quando (1495 a Firenze) valeva ‘porre una somma nei Libri del Monte dei creditori dello Stato (oggi Libro del Debito Pubblico)’ (Rez. 662). Invece, l'ant. loc. a monte ‘verso la sommità’ ha conosciuto un fortunato uso metaforico a partire dagli anni Sessanta (SLI XVI [1990] 19). Il modo promettere mari e monti è già lat. (maria montesque polliceri: Sallustio), anche con var., che trovano riscontro in varie lingue europee. Dall'agg. montanu(m) ‘del monte, proprio della montagna’ il lat. mediev. (av. sec. XIII, Vita di S. Mochuae) trasse montaneu(m), il cui f. montanea(m) (872 e 971, Codice Cavense) si sostantivò in montagna. Da quella, in più rec. form. (gromatici), montaniosu(m). Montanariu(m), montaninu(m), montuosu(m) ed il v. monticare sono documentati solo in età mediev. Montebianco è facile ed effimera creazione mod., allusiva alla forma del monte nevoso fra Italia e Francia, introdotta dai Francesi (mont-blanc). Le montagne russe, più che imitare i dislivelli propri della Russia (?), devono il loro nome o all'invenzione da parte dei Russi di queste altrimenti dette montagne artificali, come spiegano il Lessona (cit. dal VEI) e il Cherubini, o semplicemente ad un richiamo esotico. Sono state, comunque, introdotte in Italia sull'es. fr., anche se la cronologia non consentirebbe, per ora, tale importazione (montagnes russes, 1842; T. Gautier del Voyage en Russie – 1866 – afferma, che furoreggiavano a Parigi durante la Restaurazione). Monticare apparterrebbe all'it. region. trentino: “in trentino montegàr, da cui le forme it. monticare e monticazione di scritti e giornali del Trentino” (A. Prati in ID XIII [1937] 163 in nota).