Sunar, sexołar, scartosar, meder,mietere,medi'r, moissonner

Sunar, sexołar, scartosar, meder,mietere,medi'r, moissonner

Messaggioda Berto » gio dic 26, 2013 12:33 am

Sunar, sexołar, scartosar, meder, mietere, medi'r, moissonner
viewtopic.php?f=44&t=239


http://digilander.libero.it/icdeamicis/ ... _campi.htm

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 02/223.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... sunare.jpg



http://www.agraria.org/coltivazionierbacee/mais.htm
http://www.agraria.org/coltivazionierbacee/sorgo.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Sorghum
http://it.wikipedia.org/wiki/Sorghum_vulgare

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Sunare.jpg


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 1/1344.jpg

Na ‘olta se dixeva “sunar el sorgo” ke no segnefegava sol ke rancurar el sorgo (mais) ma “rancurarlo sparpando la panocia dal scartoço” e ente sto senso gà valor ste vece voxi jermaneghe, pì ke li encostamenti co voxi latine tipo ex-unare, adunāre, exŭo-is-ui-utum-ere:
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Sunar

Messaggioda Berto » gio dic 26, 2013 12:38 am

Sunar/sonar xe da metar en ligo co ste voxi d’ara françoxa:
(par deso no so dir el come, el coando e el parké de sto ligo)

Moisson (mietitura)
http://fr.wikipedia.org/wiki/Moisson_(agriculture)
En agriculture, la moisson est la récolte de plantes à graines, principalement les céréales. Le terme s'emploie préférentiellement pour les céréales à paille (blé, orge, avoine, seigle) ; pour le maïs on parle plutôt de récolte.
Par extension, le terme s'emploie également pour certaines cultures industrielles, notamment les oléagineux dont la récolte se fait à l'aide des mêmes machines. Il désigne aussi la période pendant laquelle a lieu la moisson, et le produit de cette récolte.
La moisson s'est longtemps faite à la main avec des faux, des faucilles ou des sapes, et c'est encore le cas dans certaines régions moins avancées. La moisson manuelle consistait à confectionner des gerbes qui étaient entassées en meules, le temps que sèchent la récolte avant l'opération suivante : le battage qui consiste à séparer le grain de la paille. Ces opérations étaient pénibles et coûteuses en main d'œuvre, forçant les paysans à se regrouper pour la terminer avant les pluies.

Moissonner (mietere)
http://dictionnaire.sensagent.com/moissonner/fr-fr
moissonner (v.)
1.couper et récolter des céréales; faire la moisson.
2.(figuré)recueillir, amasser en grande quantité quelque chose. Moissonner des médailles.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... oisson.jpg


Immagine

moisson s. f.
1 mietitura: le temps des moissons, la stagione della mietitura; faire la moisson, fare la mietitura
2 messe: une riche moisson, una messe abbondante; engranger la moisson, riporre le messi; (fig.) faire (une) moisson de lauriers, mietere allori; (fig.) une moisson de souvenirs, una folla di ricordi
3 (fig.) vendemmia: une moisson d'honneurs, una vendemmia di onori.


moissine s. f. parte finale di tralcio (con grappolo d'uva).

moissonnage s. m. mietitura (f.).

moissonner
v. tr. ( coniug. 3 aimer)
mietere: moissonner du blé, de l'orge, mietere grano, orzo * (fig., forb.) moissonner des lauriers, mietere allori * (fig., lett.) les épidémies et les guerres moissonnent beaucoup de vies, le epidemie e le guerre mietono molte vite
moissonné agg.
mietuto.
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Re: Sunar

Messaggioda Berto » gio dic 26, 2013 12:40 am

Festa de la sunansa a Maran (2009)
http://www.maismarano.it/newcms

Scataron (voxe de derivasion jermanega ?)
(anca: tòtano, bòtoeo, scanarèo, tutolo, sgasegòtol, ... )
http://dialetticon.blogspot.com/2008/11/botolo.html
Bòtolo (o bòtoeo). Il Tutolo, ovvero il "torsolo" della pannocchia di mais.

http://www.icvalledeilaghi.it/allevamen ... liano.html
... sgasegòtol = tutolo; interno della pannocchia di granoturco; ...

http://web.tiscali.it/agr.mol
http://it.wikipedia.org/wiki/Tutolo

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... egotoi.jpg
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Re: Sunar

Messaggioda Berto » gio dic 26, 2013 12:48 am

Scartosi, (scartosar, scataroni)

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... sunare.jpg

http://www.lombardiabeniculturali.it/ae ... 0000001865

GranoturcoScheuermeier Paul (ricercatore); Picinali Quirino (informatore)

Descrizione
Tipo: monografia

Genere: approfondimento etnografico

Abstract: Dice che nel campo di granoturco i solchi, e righje, in cui si semina, vanno sempre da est verso ovest. Vengono tirati con ur rigù, cfr. disegno.
Poi il seme e questo solco vengono ricoperti con un rastrello corto, rastelì, oppure con la żapa. Poi si sarchia, zapà. Poi si rincalza, s’enculma. Il granoturco si semina il 25 di marzo. Passato circa un mese, quando il granoturco ha cinque foglie, si sarchia. In giugno si rincalza. Le file rincalzate = e cùlem plurale, ü cùlem singolare, hanno distanza di 75 centimetri. In genere le foglie si lasciano. Solo se il fieno è poco, come quest’anno, si tolgono le foglie e si tagliano via le cime quale foraggio. Raccolto = la endümia dela mèlga, all’inizio di ottobre. Molti lasciano in piedi i fusti, melgàs, e ne tolgono i canù, altri tagliano la pianta con la roncola e solamente dopo tolgono le pannocchie. Da queste si tolgono i cartocci, tranne cinque o sei, scarfoià: i scarfòi = i cartocci sono usati per i sacconi. Con le pannocchie si fanno dei mazzi, e maze, legando assieme i cartocci, poi vengono appesi a seccare a l’armada, la rastrelliera nel loggiato di casa, che viene chiamata da molti anche la spaléra. Verso Natale il granoturco è completamente maturo, = l’è staṡunada la mèlga. Poi le pannocchie vengono sgranate in una stanza battendole con bastoni corti, bastù. I tutoli senza grani = u zunèt singolare, plurale i zunèc’, vengono bruciati. Nel campo di grano: Se l’anno è precoce, si possono strappare le piante di granoturco prima che venga seminato il grano e spianare per bene tutto il campo con l’erpice. Ma questo si verifica solo raramente. Per lo più verso la fine di settembre si deve seminare tra il granoturco, che si raccoglie solo alla fine di ottobre. Allora, prima della semina, si deve spianare con la zappa tra le file di granoturco e sarchiare senza danneggiare i fusti del granoturco, affinché questo possa ancora maturare. Nel campo di granoturco spianato, si semina con l’usuale gesto semicircolare in diagonale. Quando si raccoglie il granoturco, dice che il grano è già alto un buon 10 cm e non dev’essere calpestato. In primavera, con la marasa, si taglia quello che rimane dei fusti del granoturco, i stungiù. (In autunno i fusti tagliati del granoturco, i melgàs, sono stati legati a mazzi, i fasì, e con essi si fa un alto mucchio di forma conica di fusti messi in piedi, in basso tenuti larghi, in alto legati stretti con corde e verghe, ul poiàch. Rimane fuori all’aperto per tutto l’inverno.) Pertanto si può lavorare con l’erpice relativamente di rado, l’érpech, cfr. disegno, tirato per lo più da un uomo (o da due), perché, dice, l’asino sprofonda.

Pertinenza: Provincia di Bergamo


Lessico

poiàch (s. m.): mucchio di mazzi di fusti di mais disposti a forma conica
stungiù (s. m. pl.): parte dei fusti del mais che si lascia interrata fino a primavera
zunèt (s. m.): tutolo
marasa (s. f.): scure a due tagli
ṡtasunada (agg.): matura (riferito alla mèlga, cioè al mais)
bastù (s. m.): bastone di larice con l’estremità legata per dare la forma ricurva al manico
spaléra (s. f.): rastrelliera del loggiato a cui si appendono le pannocchie del mais
mazze (s. m. pl.): mazzi (di pannocchie)
scarfòi (s. m. pl.): cartocci del mais
mèlga (s. f.): mais
rigù (s. m.): attrezzo a pettine per tracciare i solchi dritti
canù (s. m.): pannocchie del mais
cùlem (s. m.): fila rincalzata di pianticelle di mais
zapà (v. tr.): zappare
érpech (s. m.): erpice
fasì (s. m. pl.): fasci di fieno disposti di traverso sul basto
rastelì (s. m.): rastrello corto
righje (s. f. pl.): solchi
melegàs (s. m.): gambi del granoturco
endümia (s. f.): vendemmia, raccolta
żapa (s. f.): zappa


???

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ar-243.jpg


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 290004.jpg

«Tagliar via, raschiare, scorticare»

La tecnica del raschiamento e del taglio è più complessa di quella della frantumazione. È quindi interessante notare che la radice che designa questa operazione risulta attestata solo in IE, dove tuttavia mostra sviluppi semantici di grande interesse.

La radice PIE *(s)ker- *(s)kera- ecc. (P. 938) forma una vastissima famiglia lessicale: una delle poche attestate in 13 dei 14 gruppi IE [Bird 1987].
Per non menzionare che i rappresentanti principali, vi troviamo antico indiano k(r)ṇāti «ferisce, uccide», utkīrṇa- «tagliato», cárman- avestico čarəman- «pelle», armeno k’erem «gratto, raschio», greco keírō «tagliare, divorare», kérma «pezzo (di carne)», albanese korr, kuarr «taglio via», latino corium, (veneto corame) «cuoio», carō carnis «carne», orig. «pezzo di carne», umbro karu «porzione», kartu «distribuito», antico irlandese scar(a)im «divido», gallese ysgar «separare», antico irlandese curach, gallese corwg «battello di pelle», antico islandese skera «tagliare, sgozzare», antico alto tedesco sceran, anglosassone scieran «raschiare, tagliare», anglosassone scierian «distribuire, assegnare», scearu «rasatura dei capelli, porzione», antico alto tedesco scara, anglosassone scear, norvegese skere «vomere»; inglese scrape e tedesco schrappen «raschiare», collegati a inglese shred «brandello», inglese sharp, tedesco sharf «affilato», inglese scrub, tedesco schrubben «raschiare», tedesco scheren, inglese shear «tosare, tagliare», da cui inglese short «tagliato, corto»; e ancora inglese shirt, tedesco Schiirze, Schurz «grembiule»; tedesco Schere, nederlandese schaar «forbici», tedesco Schar e inglese share «vomero», oltre che «porzione condivisa, parte», inglese shore «costa», shard «coccio», scurf «squame» e tedesco Schorf «scabbia, èscara»; russo korá «corteccia, crosta», čerëvo «ventre», orig. «viscere di animale tagliate via», lituano skerdžiù «sgozzare (il maiale)»; antico indiano k(r)ntáti «taglia», kartanam «il tagliare», k(r)tí- «coltello», avwstico karəti- «coltello», armeno k’ert’em «spello, raschio», albanese kjëth «raschio», latino cortex «corteccia», scortum «pelle, vello», cēna «pasto» (= osco kersnu, da *kertsna «porzione tagliata»), umbro śesna «cena», antico alto tedesco herdo «vello», anglosassone heora «idem», antico alto tedesco herde härde «vello di pecora o capra» ecc.

Ora, una simile configurazione di significati, che va da «sgozzare», «tagliare», «raschiare», a «coltello», «forbici» e «affilato»; da «cuoio» e «vello» a «corteccia»; da «carne» «brandello» «pezzo di carne», a «parte condivisa» e «porzione», e così via, ci confronta con un campo semantico inconfondibile, che è quello della macellazione, della distribuzione socializzata della carne, della lavorazione delle pelli ecc.

Dove potrebbe nascere questa configurazione semantica se non nel Paleolitico Inferiore o Medio, quando convergono la caccia, la spartizione del cibo, la produzione di semplici schegge come raschiatoi? Quale contesto socioculturale o economico che non sia quello del modo di sussistenza della caccia potrebbe mettere insieme nozioni di questo tipo? Si ricordi che l’associazione fra la dieta carnivora e la spartizione sociale del cibo è stata considerata una delle innovazioni fondamentali di Homo («ipotesi di Isaac») [Leakey e Lewin 1992, trad. it. 1993, 177]. (Anca la voxe caretà-carità xe da ligar a sto mondo.)


Ma vi è di più: nozioni come «carne» o «cuoio» o «porzione», tipiche di certe aree, sono notevolmente diverse da quella del «raschiare, tagliare», più comune nell’area germanica: nel primo sviluppo, la specializzazione semantica va in direzione del risultato finale desiderato (carne, porzione), mentre nelle altre la lessicalizzazione resta quella dell'azione (tagliare, raschiare ecc.), indipendentemente dal raggiungimento del risultato.

Si potrebbe ipotizzare che questa differenza rifletta diversi fattori, come per esempio una maggiore sicurezza o abbondanza di risultati venatori: là dove prevale la lessicalizzazione del risultato ci troveremmo in aree dove la preda era abbondante e facile, là dove prevale l’azione ci troveremmo in aree più povere.
Naturalmente, quando in area germanica nascono significati legati al Neolitico come «vomere», «tosatura», «grembiule», o addirittura all’età del Ferro come «forbici», quest’area doveva essere già del tutto separata dalle altre, e svilupparsi in modo del tutto indipendente. L’ulteriore illustrazione di questa tesi è l’oggetto del secondo volume.



So l’orexene de ła voxe scartosar se considere ke el mais ke vien scartosà lè sta enportà entel XV secoło e kel ga vesto na piena defuxion on secoło pì tardo;
envese łi scartosi o cartosi de carta stando a łe testemognanse łeterare el scuminsia xa entel XIII secoło, prasiò pare pì sensà ke l’etimołoja ła sipia coeła da ła voxe carta pì ke dal łesego xerman de tajar e scortegar.



Mais (formenton o granturco)
http://it.wikipedia.org/wiki/Zea_mays

Per riferirsi al mais in lingua italiana si utilizzano diversi sinonimi, come frumentone, formentone, formentazzo, granone, grano siciliano, grano d'India, granoturco, melica, meliga e pollanca, alcuni derivati da dialetti locali o lingue minoritarie.
Il suo nome è di origine spagnola, maíz, a sua volta d'origine caraibica, più precisamente taino, mahis, dato che la pianta proviene dall'America centro-meridionale dove rappresentava l'ingrediente base della cucina azteca. Il termine "granoturco" o "granturco" deriva da grano turco, ossia "esotico, coloniale" (contrapposto al Triticum aestivum); l'ipotesi che si tratti di un classico falso amico, derivante dalla traduzione maccheronica della definizione inglese "wheat of turkey", propriamente traducibile in "grano dei tacchini", non è considerata valida dai linguisti.
La storia del mais è stata a lungo controversa. Darwin ne sostenne la probabile origine sudamericana, ma la beffa degli scavatori ai danni di un archeologo impegnato tra le piramidi egiziane, cui fu "fatto scoprire" un pugno di semi in un sarcofago, accreditò l'origine africana, sostenuta da Matteo Bonafous e duramente ribattuta da De Candolle. Con tutta probabilità la sua origine botanica è riconducibile al Zea Teosinte

Tutte le indagini successive militavano peraltro per l'origine mesoamericana, che venne definitivamente stabilita da MacNeish tra gli anni sessanta e gli anni settanta del Novecento. L'archeologo statunitense individuò la culla della coltura nella grande valle messicana di Tehuacàn, nella regione di Oaxaca, dove esiste una pluralità di grandi insediamenti precolombiani. Restava da risolvere il problema dei mais peruviani, che mostrano una collezione di tipi significativamente diversi da quelli messicani. Il problema è stato risolto supponendo una precocissima migrazione di semi dal Messico al Perù, e con l'interruzione di comunicazioni successive, causa dell'indipendenza dei cataloghi delle varietà messicane e peruviane.

Esistono varietà di mais bianco o mais biancoperla, mais rosso,mais blu e perfino mais nero. In Italia la coltura è già fiorente a metà del Cinquecento, dove soppianta rapidamente miglio e panico divenendo la base dell'alimentazione dei contadini padani. L'esclusiva, soprattutto nel Veneto, dieta a base di mais diverrà la causa del tragico dilagare, fino al termine dell'Ottocento, della più terribile malattia endemica delle campagne italiane, la pellagra. Nel Veneto il mais è chiamato anche formenton.

Carta
http://it.wikipedia.org/wiki/Carta
Il significato della parola carta è piuttosto incerto. Secondo alcuni deriverebbe, attraverso il latino charta, dal greco charassò con il significato di incidere, scolpire. I termini corrispondenti paper anglosassone, papel spagnolo e papier francese e tedesco, derivano invece dalla pianta del papiro, utilizzato per scrivere dagli antichi egizi fin dal 3000 a.C. e, successivamente, da greci e romani. Più a nord la pergamena, ottenuta per la lavorazione di pelli di animali, sostituì per la scrittura il papiro, che cresce esclusivamente in regioni dal clima subtropicale.
In Cina i documenti venivano scritti sul bambù ed erano per questo ingombranti da conservare e trasportare. Occasionalmente veniva usata la seta, ma era troppo costosa per un uso diffuso.
...
L'uso della carta fu introdotto in Europa dagli arabi, e se si parla di una cartiera costruita in Spagna, a Játiva, intorno al 1150, la Sicilia sotto dominio islamico potrebbe essere stata la prima terra europea in cui fu costruito uno stabilimento per trattare i cascami del cotone, secondo le tecniche apprese già nella II metà dell'VIII secolo. Ci conforta in questo una testimonianza particolarmente autorevole, quella del viaggiatore arabo Ibn Ḥawqal, che visitò Palermo (Balarm) nel 972 e che ci dice che tra gli oggetti da lui visti vi fosse proprio la carta. Per quanto manchino testimonianze "interne" sulla produzione in loco, appare assai probabile che proprio a Palermo, la capitale dell'isola (la capitale greca era Siracusa e quella dei Berberi era Girgenti), fosse stato predisposto dalle autorità aghlabidi, Kalbiti di Sicilia o fatimidi un apposito ṭirāz: un laboratorio sotto diretto controllo dei governanti cioè in cui fabbricare carta, così com'era abitudine per ogni capitale di governatorato islamico, anche a fini di prestigio.

A quegli stessi anni (terzo quarto del XII secolo) risale la prima cartiera in territorio italiano cristiano, attribuita alla figura di Polese da Fabriano che la impiantò sul Reno presso Bologna. Nei secoli successivi l'arte si diffuse nella maggior parte dei paesi europei.
...
Le cose cambiarono dal 1264 quando a Fabriano, nelle Marche, nella prima cartiera europea si cominciò a preparare la pasta utilizzando la pila idraulica a magli multipli azionati da un albero a camme collegato ad una ruota idraulica. Più efficienti del mortaio dei cinesi o della mola degli arabi, mossi da uomini o animali, i magli, lavorando in verticale, sfibrano canapa e lino più velocemente e meglio, riducendo così i costi e migliorando la qualità. Anche il telaio da immergere nel tino cambiò: l'intreccio di cotone, bambù o canne fu sostituito da un intreccio in ottone e rimarrà pressoché invariato fino al XVIII secolo. La collatura con amido di riso o grano fu cambiata con una a base di gelatina animale - il carniccio - che migliora caratteristiche come l'impermeabilità o la resistenza a insetti e microrganismi. La nuova tecnologia ebbe un notevole successo e presto sorsero nuovi mulini in tutta l'Italia settentrionale, ed in particolare sulla sponda occidentale del Lago di Garda nella valle del fiume Toscolano, nel territorio dell'allora Repubblica di Venezia denominata da allora "valle delle cartiere". La carta italiana, di qualità migliore, più economica e soprattutto cristiana si impose velocemente in tutta Europa.

Il monopolio della carta italiana durò fino a metà del XIV secolo quando nuovi centri cartari sorsero prima in Francia e poi in Germania. La prima metà del XV secolo vide la Francia primeggiare nella produzione della carta, ma nella seconda metà, per le alte tasse sui mulini e sul trasporto degli stracci, la produzione si spostò verso l'Olanda.


http://tlio.ovi.cnr.it/TLIO

CARTOCCIO s.m.

0.2 Da carta.
0.3 Stat. sen., Addizioni 1295-1361, [1300?]: 1.
0.4 Att. unica nel corpus.
0.7 1 Involto di carta.
0.8 Pär Larson 18.01.2002.
1 Involto di carta.
[1] Stat. sen., Addizioni 1295-1361, cap. 48 [1300?], pag. 36.18: sieno in concordia el Priore co' li suoi conseglieri de li sei e' cinque; e' quali tre che rimarrano, si mettano a scotrino ne lo Capitolo a lupini bianchi e neri, e méttare ciascuno in uno cartoccio di per sè, e poi colti per l'uno en su l'altare, si contino e' detti lupini, e chi avarà più lupini bianchi sia nuovo Priore.
[u.r. 14.01.2009]


CARTUCCIA s.f.
cartuccia, carthucha.

0.2 Etimo non accertato. || Da carta?
0.3 Stat. pis., a. 1327: 1.1.
0.4 In testi tosc.: Stat. pis., a. 1327.
In testi sic.: Senisio, Caternu, 1371-81 (sic.).
0.5 Locuz. e fras. mettere a cartuccia 1.1.
0.6 N Doc. esaustiva.
0.7 1 Piccola carta, foglietto. 1.1 Fras. Mettere a cartuccia: signif. incerto: mettere per iscritto?
0.8 Pär Larson 14.01.2009.
1 Piccola carta, foglietto.

[1] Senisio, Caternu, 1371-81 (sic.), vol. 2, pag. 429.7: In primis, sincomu esti scriptu in una carthucha inserta in lu presenti caternu in li fogli xxxxj, li vaki ndi prisiru, cum thumini vij di annu passatu fini per li iorni x di octubru di la xiiij.a ind., salma j thumini xiij.

1.1 Fras. Mettere a cartuccia: signif. incerto: mettere per iscritto?

[1] Stat. pis., a. 1327, L. 4, cap. 100, pag. 237.3: se la vena è corbelli X o piò (intendase che sia ogni vena quelli perchè questi saggi si fanno corbelli X o piò), et se lo venditore vuoli che lo saggiatore metesse la vena di che lo deffecto è a cartuccia in el tegoloccio, che lo decto officiale sia tenuto di far fare ciò, alla suprascripta pena...

[2] Stat. pis., a. 1327, L. 4, cap. 100, pag. 237.9: decto officiale sia tenuto di far fare ciò, alla suprascripta pena; salvo che se tra lo comperatore et lo venditore per altro modo fusseno accordati, quello accordio et li pacti tra loro ordinati si debbiano observare, cioè del mettere a cartuccia li saggi in del tegoloccio o no.

[u.r. 09.09.2011]
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Re: Sunar e scartosar

Messaggioda Berto » mer giu 11, 2014 8:45 am

Alkomno metlon sikos enogenes vilkenis horvionte donasan
http://picasaweb.google.it/pilpotis/Alk ... ePreromana

Immagine


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lo-225.jpg


metlon = metidor/mietitore o metidura/mietitura ???

http://www.etimo.it/?term=mietere
Immagine

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... messis.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... messer.jpg

Mesòra, xgheto o falçoła (canton de Rovigo) e sexoła/sixoła/sixora

tradusion del moto veneto:

Italia
"falce messoria"
Corsica
falce messoria: missoghja, missoghia
Emilia Romagna
falce messoria: msura, sàgghel
Friuli Venezia Giulia
sèsule
Liguria
falce messoria: messuira, messura, msujia
Lombardia
falce messoria: fer da medar (Mantova), folcia, folscèla (Valtellina), masura, messora (Milano), mesura, mesùura, msùria
Piemonte
falce messoria: messoira, faussetta
Sardegna
falce messoria: messadòlza, messadorza, missadogia
Valle d'Aosta
falce messoria: fouceille

Falxa mesora
http://www.lombardiabeniculturali.it/be ... r030-00042

Falce messoria (dizionario storico della Svizzera)
http://hls-dhs-dss.ch/textes/i/I28684.php

http://it.wikipedia.org/wiki/Falcetto_(attrezzo)

Sichel (sixola/sexola en veneto)
http://en.wikipedia.org/wiki/Sickle

Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... Sichel.jpg

http://de.wikipedia.org/wiki/Sichel_(Werkzeug)
http://da.wikipedia.org/wiki/Segl_(redskab)
http://cs.wikipedia.org/wiki/Srp
http://fr.wikipedia.org/wiki/Faucille
http://fr.wikipedia.org/wiki/Serpe
http://et.wikipedia.org/wiki/Sirp
http://hu.wikipedia.org/wiki/Sarl%C3%B3
http://ro.wikipedia.org/wiki/Secer%C4%83
http://la.wikipedia.org/wiki/Falx

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Luglio.jpg
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Re: Sunar e scartosar

Messaggioda Berto » gio giu 12, 2014 6:46 am

Alkomno metlon sikos enogenes vilkenis horvionte donasan

???

sikos

cfr. co:

sichel

Sichel/sickel (sixola/sexola en veneto)
http://en.wikipedia.org/wiki/Sickle

Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... Sichel.jpg

Sixołe o sichel/sickel de bronxo

http://it.wikipedia.org/wiki/Cultura_dei_campi_di_urne
http://en.wikipedia.org/wiki/Urnfield_culture

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ronxee.jpg

Noumerasion
viewtopic.php?f=102&t=462


Sixoła/sexoła, sexora/sixora, çexoja, cesoia, sicola, sichel, sickel, sica e seca/sega, ... (etimoloja)

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... sixola.jpg

sìxoƚa (sexora, çexoja, cesoia) (etimoloja)

http://www.elgalepin.com

sìxoƚa (sexora, çexoja, cesoia)
Traduzione italiana per "sìxoƚa": falcetto
English translation for "sìxoƚa": sickle, scythe

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Etimoloja del filologo Xane Semeran:

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Sica, secar/segar e sicario; vara ke te seco/sego (te copo, te tajo).


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secula, ae, f., falce, VARR. [seco + -ula].

securicula (-cla), ae, f.,
1 piccola scure, PL., MART.;
2 t. t. in archit., coda di rondine, VITR.
[securis + -cula].

securiclatus, a, um, agg.,
1 a coda di rondine, VITR.;
2 a forma di scure, PLIN.
[securicula + -atus2].

securifer, fera, ferum, agg.,
che porta una scure, OV.
[securis + -fer].

securiger, gera, gerum, agg.,
che porta una scure, armato di scure: securigerae puellae (le Amazzoni), OV.; securigera dextra, con la destra armata di scure, SIL.
[securis + -ger].

securis, is, f.,
1 scure, ascia, mannaia: securi ferire o percutere, giustiziare con la mannaia, decapitare, CIC.; eum securi percussisti, gli facesti tagliare la testa, CIC.; securis anceps, la scure a due tagli, bipenne, OV.; prov.: securi Tenedia, con la scure di Tenes = col massimo rigore, CIC. ad Q. fr. 2, 11, 2;
2 fig. colpo, ferita, danno: graviorem rei publicae securim infligere, assestare un più violento colpo allo Stato, CIC. Planc. 70; securim petitioni inicere, infliggere un colpo mortale alla candidatura, CIC. Mur. 48;
3 le scuri dei fasci simbolo di autorità, donde autorità, comando; dominio romano: Gallia securibus subiecta, la Gallia soggetta all'autorità romana, CAES. B. G. 7, 77, 16; sumere aut ponere secures, prendere o deporre il comando = le magistrature, HOR. Carm. 3, 2, 19.
• Accus. normalm. securim, ma anche securem, VARR., CIC., LIV.; abl. securi, raram. secure, APUL.
[cf. seco].

secena, ae, f.,
strumento tagliente, ANDR. (congett.)
[cf. 2 scena].

secamenta, orum, n. pl.,
piccoli lavori in legno, PLIN.
[seco + -mentum].

secespita, ae, f.,
secéspita, coltello per i sacrifici, SUET. e a.

secedo, is, cessi, cessum, ere, 3 intr.,
1 allontanarsi, ritirarsi, appartarsi, tirarsi in disparte: secedant improbi, si allontanino i malvagi, CIC. Cat. 1, 32; de via secedite, sgombrate la strada, PL.; secedere ad deliberandum, ritirarsi a deliberare, LIV.; secedere in hortos, ritirarsi nei giardini, OV.; secessisse, vivere appartato, PLIN. Ep. 1, 9, 3; di cose: distare, essere distante o lontano: villa ab urbe secessit, la villa dista dalla città, PLIN. Ep. 2, 17, 2; tantum secessit, altrettanto è distante, OV.;
2 in senso politico o a indicare il disaccordo in genere, ritirarsi, allontanarsi, fare una secessione, dividersi: in Sacrum Montem secedere, ritirarsi sul Monte Sacro, LIV.; plebs a patribus secessit, la plebe si separò dai senatori, SALL. Cat. 33, 3; incipio secedere, comincio a cambiar parere, SEN. Ep. 117, 4;
3 fig. secedere ad stilum, raccogliersi per scrivere, QUINT.; in te ipse secede, ritirati in te stesso, SEN. Ep. 25, 7
[se-1 + 1. cedo].

secessio, onis, f.,
1 l'azione di separarsi, l'appartarsi, il ritirarsi: secessione facta, tiratisi in disparte, LIV.; secessionem facere, appartarsi per discutere, CAES. B. C. 1, 20, 1; secessiones subscriptorum, i segreti maneggi con i firmatari dell'accusa, CIC. Mur. 49;
2 secessione, rottura politica, scissione; rivolta: secessiones plebei, le secessioni della plebe, CIC. Rep. 1, 62; separazione: animae corporisque secessio, AMBR.
[secedo + -tio].

secessus, us, m.,
1 l'azione di ritirarsi, partenza: in secessu avium, alla partenza degli uccelli, PLIN. 10, 76; separazione, GELL.; isolamento, segregazione, solitudine, ritiro: specie secessus, sotto apparenza di vita ritirata, TAC. Ann. 1, 4; carmina secessum quaerunt, la poesia richiede la solitudine, OV. Trist. 1, 1, 41; studiorum secessus, solitari recessi di studio, QUINT. 10, 5, 16; omnes vitae secessus, tutte le intimità della vita, SEN.;
2 luogo appartato, ritiro, recesso; casa di campagna: in secessu longo, in un luogo molto appartato, VERG.; saevi secessus, crudeli recessi, PLIN. Pan. 49; amoeni secessus, ameni luoghi di ritiro, TAC., SUET.;
3 secessione della plebe, PLIN.;
4 ritirata, cesso, Vulg.
[secedo + -tus3].

seco, as, secui, sectum (part. fut. secaturus), are, 1 tr.,
1 tagliare, troncare, fare a pezzi, segare: quam mox seco?, tra quanto lo devo fare a pezzi?, PL.; pabulum secare, tagliare il fieno, CAES. B. G. 7, 14, 4; secare in frusta, tagliare in pezzi, VERG.; secare aristas, mietere, SEN.; arva secare, arare, VAL. FL.; postes tarmes secat (rode), PL. Most. 825; trinciare vivande, SEN., IUV., MART.; intagliare, scolpire: dona secto elephanto gravia, doni fregiati d'avorio lavorato, VERG. Aen. 3, 464; secta marmora, tavole di marmo, LUC., PLIN.; t. t. in medicina: amputare, operare: Marius cum secaretur, Mario mentre subiva un'operazione, CIC. Tusc. 2, 53; uri secarique, esser sottoposto a operazione chirurgica, CIC., SEN.; sost. n. pl. secta, orum, membra operate, PLIN.; mutilare, evirare, MART.;

2 tagliare, graffiare, scalfire, lacerare: hirsuti secuerunt corpora vepres, le acute spine hanno scorticato la loro pelle, VERG. Georg. 3, 444; genae ungue sectae, guance graffiate dalle unghie, OV.; sectus flagellis, percosso a sangue dalle sferze, HOR.; si quem podagra secat, se uno è tormentato dalla podagra, CATULL. 71, 2; fig. secuit Lucilius urbem, Lucilio flagellò a sangue la città, PERS. 1, 114;
3 tagliare passando, attraversare, fendere, solcare, tracciare: fugiens secat aethera, fuggendo fende l'aria, VERG. Georg. 1, 406; amnis urbem secans, fiume che attraversa la città, PLIN.; secare maria, VERG., aequor, OV., pontum, VERG., solcare il mare; ingentem secuit sub nubibus arcum, descrisse un grande arco sotto le nubi, VERG. Aen. 5, 658; via secta, via tracciata, VERG., LUC.; ignota secat (passa per mezzo a) sidera, SEN. tr.; sectus orbis, una parte del mondo, HOR.; fig. secare spem, vagheggiare una speranza, VERG. Aen. 10, 107;
4 fig. spartire, dividere: causas in plura genera secare, suddividere le cause in troppi generi, CIC. de orat. 2, 117; sectae vires, forze divise e suddivise, QUINT.; dirimere, appianare, decidere: magnas secat res, tronca le gravi questioni, HOR. Epist. 1, 16, 42.

sectarius, a, um, agg.,
castrato, PL. Capt. 820 (secondo P. FEST. = che guida il gregge)
[1. sector + -arius].

sectator, oris, m.,
1 accompagnatore; seguace, partigiano; al pl., seguito, scorta, CIC.; sectator domi, frequentatore assiduo (di essi) in casa, TAC. Ann. 4, 68; sectator iudiciorum, frequentatore assiduo dei tribunali, TAC. Dial. 34;
2 discepolo, seguace di una dottrina o di un maestro, SUET. e a.
[1. sector + -tor].

secto, as, avi, atum, are, 1 tr.,
seguire, accompagnare: a cane sectari, essere accompagnato dal cane, VARR.; cercare di conseguire, ISID.
[cf. 1. sector].

1. sector, aris, atus sum, ari, 1 dep. tr.,
1 seguire, accompagnare dappertutto, scortare, far la corte: te iam sector quintum hunc annum, sono già cinque anni che sto al tuo seguito, PL. Persa 172; qui Caesarem sectantur, coloro che costituiscono il seguito dell'imperatore, TAC.; oratores sectari (fare scorta di onore a), TAC.; sectarier matronas, molestare le matrone, HOR. Sat. 1, 2, 78; frequentare un luogo, PLIN. Ep.;
2 con idea di ostilità, far codazzo, seguire, inseguire: eum pueri sectantur, i ragazzi gli fan sempre codazzo (per deriderlo), CIC.; inseguire, cacciare, dar la caccia, VERG.; sectari leporem, OV.;
3 cercare, ricercare, bramare: quid hanc miseram sectamini praedam?, perché vi accanite dietro a questa misera preda?, CAES. B. G. 6, 35, 8; eminentes virtutes sectari, ricercare (negli uomini) elevate virtù, TAC.; mitte sectari, smetti di cercare, HOR. Carm. 1, 38, 3
[sequor + -to].

sectilis, e, agg.,
1 segato, tagliato, diviso in più parti: pavimenta sectilia, pavimenti a lastre di marmo di varie forme e colori, SUET. e a.;
2 che si può facilmente tagliare o spaccare: sectile ebur, OV. Med. 10; IUV. e a.
[seco + -ilis].

sectio, onis, f.,
1 sezione, taglio, VITR., PLIN. e a.; amputazione di parti malate: ante sectiones, prima delle operazioni chirurgiche, PLIN.; mutilazione, castrazione, APUL.; divisione: sectio in infinitum, divisibilità all'infinito, QUINT. 1, 10, 49;
2 trasl., vendita all'incanto per lotti del bottino o di beni confiscati: ad illud scelus sectionis accedere, prender parte a quella vendita scellerata, CIC. Phil. 2, 64; exercendis apud aerarium sectionibus famosus, famigerato profittatore di vendite all'asta, TAC. Ann. 13, 23; bottino, beni venduti all'asta: sectionem eius oppidi universam vendidit, vendette all'asta tutto quanto il bottino di quella città, CAES. B. G. 2, 33, 6
[seco + -tio].

sectivus, a, um, agg.,
che si può facilmente tagliare, COL., PLIN.
[seco + -ivus].

2. sector, oris, m.,
1 tagliatore: sector zonarius, tagliaborse, PL. Trin. 862; sector feni, falciatore di fieno, COL.; tortor et sector, il torturatore e il carnefice, PRUD.;
2 compratore all'asta pubblica di beni confiscati, incettatore di beni confiscati, CIC. (sectores collorum et bonorum, assassini e incettatori di averi, CIC. S. Rosc. 80) e a.: ubique sector et hasta, dovunque incettatore ed asta, TAC.; trasl.: chi mette in vendita i suoi favori, i suoi suffragi, LUC. 1, 178;
3 t. t. geom., settore, BOETH.
[seco + -tor].

sectura, ae, f.,
1 il tagliare, taglio, VARR., PLIN.;
2 cava di pietre, CAES. B. G. 3, 21, 3
[seco + -ura].

sectus, a, um, part. di seco,
tagliato, separato, troncato; ferito, flagellato.

sica, ae, f.,
1 pugnale, CIC. e a.: sicas vibrare, menar colpi di pugnale, CIC.; latus sica transfodere, trafiggere il fianco con un pugnale, VAL. MAX.; trasl., sicae dentium, le zanne (del cinghiale), PLIN. 18, 2;
2 pugnalata, assassinio: hinc sicae, hinc venena... nascuntur, CIC. Off. 3, 36.


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http://it.wikipedia.org/wiki/Falce_(attrezzo)
http://de.wikipedia.org/wiki/Sense_(Werkzeug)

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http://es.wikipedia.org/wiki/Guada%C3%B1a
La guadaña, dalle o dalla es una herramienta agrícola compuesta de una cuchilla curva insertada en un palo, usada para segar hierba, forraje para el ganado o cereales. La llegada de los medios mecánicos la ha llevado al desuso en los países desarrollados, aunque sobrevive por tradición en muchas zonas rurales y se realizan campeonatos recreativos de siega, en el norte de España.

http://fr.wikipedia.org/wiki/Faux_(outil)

http://tl.wikipedia.org/wiki/Karit_(dalawang_kamay)



dixonaro "falçe" # tradur "falce"

http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=44863

afrikaans sens
angrexe scythe
rumen Scythe
todesco Sense mähen mit der Sense mähen
olandexe zeis

biełoruso касой
bulgaro коса
maçedone коса
ruso косой
serbo коса
ucraino косою
xlovaco Kosa
xloven koso
albanexe kosit
croà kositi
ceco Kosa sekat
polaco kosa siec posiec

catalan dalla
lituan dalgis

galexe bladur

danexe leen
norvegexe ljå
xvedexe lie

grego δρεπάνι

spagnoło guadaña

letone izkapts
estone vikat
finlandese viikatettaan

francioxo faux machette
portoghexe foice
talian falce
gałisian fouce

ongarexe kaszájának
endonexian sabit
malexe sabit

filipin karit
turco tırpan

yidish קאָסע
ebraego חרמש

vietnamita lưỡi hái
cinexe (cina) 镰刀
cinexe (taiwan) 鐮刀
japonexe 鎌
corean 낫
arabo منجل
persian درو کردن
thai ของ้าว




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«Tagliar via, raschiare, scorticare»

La tecnica del raschiamento e del taglio è più complessa di quella della frantumazione. È quindi interessante notare che la radice che designa questa operazione risulta attestata solo in IE, dove tuttavia mostra sviluppi semantici di grande interesse.

La radice PIE *(s)ker- *(s)kera- ecc. (P. 938) forma una vastissima famiglia lessicale: una delle poche attestate in 13 dei 14 gruppi IE [Bird 1987].
Per non menzionare che i rappresentanti principali, vi troviamo antico indiano k(r)ṇāti «ferisce, uccide», utkīrṇa- «tagliato», cárman- avestico čarəman- «pelle», armeno k’erem «gratto, raschio», greco keírō «tagliare, divorare», kérma «pezzo (di carne)», albanese korr, kuarr «taglio via», latino corium, (veneto corame) «cuoio», carō carnis «carne», orig. «pezzo di carne», umbro karu «porzione», kartu «distribuito», antico irlandese scar(a)im «divido», gallese ysgar «separare», antico irlandese curach, gallese corwg «battello di pelle», antico islandese skera «tagliare, sgozzare», antico alto tedesco sceran, anglosassone scieran «raschiare, tagliare», anglosassone scierian «distribuire, assegnare», scearu «rasatura dei capelli, porzione», antico alto tedesco scara, anglosassone scear, norvegese skere «vomere»; inglese scrape e tedesco schrappen «raschiare», collegati a inglese shred «brandello», inglese sharp, tedesco sharf «affilato», inglese scrub, tedesco schrubben «raschiare», tedesco scheren, inglese shear «tosare, tagliare», da cui inglese short «tagliato, corto»; e ancora inglese shirt, tedesco Schiirze, Schurz «grembiule»; tedesco Schere, nederlandese schaar «forbici», tedesco Schar e inglese share «vomero», oltre che «porzione condivisa, parte», inglese shore «costa», shard «coccio», scurf «squame» e tedesco Schorf «scabbia, èscara»; russo korá «corteccia, crosta», čerëvo «ventre», orig. «viscere di animale tagliate via», lituano skerdžiù «sgozzare (il maiale)»; antico indiano k(r)ntáti «taglia», kartanam «il tagliare», k(r)tí- «coltello», avwstico karəti- «coltello», armeno k’ert’em «spello, raschio», albanese kjëth «raschio», latino cortex «corteccia», scortum «pelle, vello», cēna «pasto» (= osco kersnu, da *kertsna «porzione tagliata»), umbro śesna «cena», antico alto tedesco herdo «vello», anglosassone heora «idem», antico alto tedesco herde härde «vello di pecora o capra» ecc.

Ora, una simile configurazione di significati, che va da «sgozzare», «tagliare», «raschiare», a «coltello», «forbici» e «affilato»; da «cuoio» e «vello» a «corteccia»; da «carne» «brandello» «pezzo di carne», a «parte condivisa» e «porzione», e così via, ci confronta con un campo semantico inconfondibile, che è quello della macellazione, della distribuzione socializzata della carne, della lavorazione delle pelli ecc.

Dove potrebbe nascere questa configurazione semantica se non nel Paleolitico Inferiore o Medio, quando convergono la caccia, la spartizione del cibo, la produzione di semplici schegge come raschiatoi? Quale contesto socioculturale o economico che non sia quello del modo di sussistenza della caccia potrebbe mettere insieme nozioni di questo tipo? Si ricordi che l’associazione fra la dieta carnivora e la spartizione sociale del cibo è stata considerata una delle innovazioni fondamentali di Homo («ipotesi di Isaac») [Leakey e Lewin 1992, trad. it. 1993, 177]. (Anca la voxe caretà-carità xe da ligar a sto mondo.)


Ma vi è di più: nozioni come «carne» o «cuoio» o «porzione», tipiche di certe aree, sono notevolmente diverse da quella del «raschiare, tagliare», più comune nell’area germanica: nel primo sviluppo, la specializzazione semantica va in direzione del risultato finale desiderato (carne, porzione), mentre nelle altre la lessicalizzazione resta quella dell'azione (tagliare, raschiare ecc.), indipendentemente dal raggiungimento del risultato.

Si potrebbe ipotizzare che questa differenza rifletta diversi fattori, come per esempio una maggiore sicurezza o abbondanza di risultati venatori: là dove prevale la lessicalizzazione del risultato ci troveremmo in aree dove la preda era abbondante e facile, là dove prevale l’azione ci troveremmo in aree più povere.
Naturalmente, quando in area germanica nascono significati legati al Neolitico come «vomere», «tosatura», «grembiule», o addirittura all’età del Ferro come «forbici», quest’area doveva essere già del tutto separata dalle altre, e svilupparsi in modo del tutto indipendente. L’ulteriore illustrazione di questa tesi è l’oggetto del secondo volume.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Sunar, sexołar e scartosar

Messaggioda Berto » gio giu 12, 2014 11:01 am

Alkomno metlon sikos enogenes vilkenis horvionte donasan

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metlon

Da: Le origini delle lingue europee del glottologo Mario Alinei ,
volume II (esempi di stratigrafia lessicale celtica)


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6.2. Mercantilismo
...
2) Una nozione che - incredibilmente - viene di solito posta nell’orizzonte PIE, mentre non può essere che recentissima, è quella del «compenso fisso» (che è tutt’altra cosa che «ricompensa»).
Essa deve invece risalire al Bronzo, al più presto, e più probabilmente al Ferro e ai nuovi rapporti sociali che si instaurano in questo periodo.
La concordanza si instaura infatti fra la base antico irlandese lōg «compenso, prezzo» e la famiglia germanica per «compenso, stipendio», rappresentata da gotico e antico islandese laun, anglosassone laun, antico frisone len [ibidem], antico alto tedesco, medio alto tedesco e antico sassone lōn, tedeso Lohn, nederlandese loon, svedese lön, islandese laun [Kluge-Seebold s.v.; Buck 11.87].

Il lat. lucrum è vicino, ma non identico, come semantica.

3) Anche la nozione del «prestito», che implica l’esistenza della proprietà privata e probabilmente anche quella del denaro, dev’essere datata alla fine delle età dei Metalli (e certo non al PIE!). Non a caso, come aveva già intuito Hubert [ibidem, 66], abbiamo un’esatta corrispondenza solo fra Celtico e Germanico: antico irlandese air-leicim «io presto», irlandese air-leagaim, e gotico leibwan, antico alto tedesco lī(h)an, medio alto tedesco lihen (id.), antico sassone lihan (id.), tedesco leihen, nederlandese lenen, inglese lend, islandese làna, tutti «prestare» (dal sostantivo antico islandese lin, antico alto tedesco lēhan «prestito»).

...
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Re: Sunar, sexołar e scartosar

Messaggioda Berto » sab giu 14, 2014 6:50 am

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Re: Sunar, sexołar e scartosar

Messaggioda Berto » sab apr 04, 2015 7:13 am

Stramàso, stramajo, stramazzo, stramaccio, pajon, pagliericcio
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Re: Sunar, sexołar, scartosar, meder,mietere,medi'r, moisson

Messaggioda Berto » mar giu 16, 2015 6:47 pm

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