Muri, termini, confini e barricate

Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » ven feb 12, 2016 4:05 pm

Gheder hafradā

IL RECINTO DI SEPARAZIONE SECONDO GLI ISRAELIANI
20/11/2003

http://www.limesonline.com/cartaceo/il- ... i?prv=true

Il muro in costruzione tra Israele e Territori è al centro di un aspro dibattito nello Stato ebraico. Dalla protezione contro le incursioni degli attentatori suicidi alla barriera di difesa demografica, le diverse interpretazioni di un progetto controverso.

«SOLITARIA GIACE LA CITTÀ E NEL SUO cuore un muro». Così descrivono la città di Gerusalemme i versi di una famosissima canzone di Naomi Shemer, scritta nel 1967, proprio alla vigilia della famosa guerra dei Sei giorni, con riferimento ovviamente alle mura ottomane della Città Vecchia. Ma negli ultimi mesi in molti, in Israele, hanno ripensato a quei versi, citandoli in trasmissioni televisive e in fiumi di parole versate nella stampa israeliana, con un riferimento, non certo altrettanto poetico, a quello che ormai sembra essere diventato, assieme al «problema Arafat», l’unico punto fermo del programma di governo di Ariel Sharon: il cosiddetto «muro di separazione».

Il nome del progetto più comunemente diffuso in ebraico è gheder hafradā, ovvero recinzione di separazione, e, sebbene la sua realizzazione sia ancora poco più che a metà del corso, l’obiettivo pare proprio sia stato raggiunto, già solo considerando i vari nomi con cui gli israeliani lo chiamano, lasciando intendere chiaramente le loro opinioni al proposito. La maggior parte degli israeliani lo conosce come recinto di separazione, ma i suoi più strenui sostenitori amano chiamarlo anche bi ṭ aḥon, cioè recinzione …



In volo sul Muro, identità di Israele
Magdi Allam, sul Corriere della Sera 29 naggio 2006
Il «recinto di separazione» aiuta a definire le due realtà nazionali

http://www.nostreradici.it/recinto-Israele.htm

Dall'alto, colpisce la costruzione a forma di testuggine delle città israeliane. Le case in prima linea dispiegate a semicerchio come scudi levati a protezione della retrovia. Concepite come delle roccaforti che devono essere sempre pronte a difendersi da un nemico onnipresente che le assedia da ogni lato. Un insieme urbanistico compatto e rinchiuso su se stesso. In stridente contrasto con il panorama che offrono le città italiane, distribuite a goccia sull'insieme del territorio, con una distribuzione abitativa in cui prevale la separazione e la distinzione del singolo, anziché l'unione e l'omogeneità della collettività.

La paura dell'aggressione terroristica che permea la vita degli israeliani in ogni sua manifestazione e in ogni suo minimo dettaglio ha impresso il suo indelebile marchio nella progettazione urbanistica. Era inevitabile che questo muro della paura, a fronte della crescita del livello della minaccia, dalla sua dimensione psicologica interiore si trasformasse in una realtà oggettiva esteriore. Che gli israeliani non chiamano «wall», muro, come è in voga tra i suoi critici, e neppure «barrier», barriera, come usano le Nazioni Unite, ma semplicemente «fence», recinto. Per la precisione «recinto di sicurezza anti-terrorismo». Perché correttamente al 94% consta di tralicci e reti metalliche facilmente rimovibili. Soltanto il 6% del tracciato è costituito da un muro in cemento, esclusivamente laddove si è ritenuto indispensabile separare fisicamente dei centri israeliani e palestinesi contigui.

Da bordo di un piccolo elicottero dell’«Israel Project» la vista dell'insieme del «recinto di sicurezza», che una volta completato si svilupperà per 670 km, non offre quell'immagine criminalizzante accreditata da gran parte dei mass media internazionali. Soprattutto quando, cifre alla mano, si prende atto che la sua costruzione ha salvato innumerevoli vite umane, sia israeliani sia palestinesi. E' sufficiente considerare che nel 2005 le vittime israeliane per attentati terroristici sono calate a 45, rispetto alle 117 del 2004, il 60% in meno. Nello stesso periodo, secondo i dati della Mezzaluna rossa palestinese, i palestinesi uccisi in azioni militari israeliane sono calati a 255, rispetto agli 881 del 2004, il 62% in meno.

La separazione fisica tra israeliani e palestinesi si è resa inevitabile nel momento in cui è apparso del tutto evidente il fallimento di un progetto di pacifica convivenza basato sul mantenimento dello status quo. Che si presentava come una inestricabile contiguità e compenetrazione territoriale, urbanistica, demografica ed economica.

Ricordo come la prima volta che mi recai in Israele nel gennaio del 1988, all'indomani dell'esplosione della prima Intifada delle pietre, era praticamente impossibile individuare il confine tra Gerusalemme e, rispettivamente, Betlemme e Ramallah. Perché vi era una continuità abitativa e un'assenza di confini naturali, eccezion fatta per i posti di blocco israeliani che cominciavano a spuntare per controllare il territorio. Una realtà che aveva fatto immaginare a Abba Eban, l'ex ministro degli Esteri israeliano, e anche al suo successore Shimon Peres, che si potesse dar vita a una sorta di Benelux mediorientale, creando un'entità politico-economica integrata tra Israele, la Giordania e il futuro Stato palestinese. Un sogno che si è tragicamente infranto dopo il tradimento di Arafat nel 2000, che ha privato i palestinesi di un'opportunità storica per avere il loro Stato.

Chi di voi sa che il 75% della popolazione israeliana è rinchiusa nella stretta fascia costiera che va da Hadera a Ashdod, ampia non oltre 10 chilometri? Un ghetto nel ghetto che lo stesso Abba Eban definì la «Auschwitz di Israele», dato l'assedio e la minaccia di morte costante che grava sullo Stato ebraico. Come non comprendere la priorità della sicurezza di Israele?

Piaccia o meno,ma il tanto diffamato «muro» non solo ha salvato tante vite umane, ma rappresenta la base certa di un'identità nazionale, per gli israeliani e per i palestinesi, che finora non aveva un riferimento territoriale. Non perché il «muro» costituisce il tracciato dei confini definitivi, ma perché per la prima volta permette di individuare concretamente dei confini. La separazione fisica è un passaggio inevitabile, un trauma che non si è potuto evitare, per consentire ai due popoli di accreditare una identità nazionale chiaramente autonoma e definitiva, ponendo delle nuove basi per accettarsi come Stati indipendenti, ma non più nemici.


Gheto (Ghetto)
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » sab feb 20, 2016 6:35 am

Migranti, il Papa a Trump: “Chi vuole solo muri non è cristiano”
L’intervista a tutto campo sul volo di ritorno dal Messico. Le unioni civili: «Il Papa non si immischia nella politica italiana. Un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata». Il virus Zika: «L’aborto non è un male minore, è un crimine, è da far fuori come fa la mafia». Il prete pedofilo «”mangia” il bambino e con un sacrificio diabolico lo distrugge». Anche il Papa «ha bisogno dell’amicizia e del pensiero delle donne». «Serve una “rifondazione” dell’Europa. Il mio sogno? Andare in Cina»
andrea tornielli
Inviato sul volo Ciudad Juarez-Roma

https://www.lastampa.it/2016/02/18/vati ... agina.html

Nella giornata che si è conclusa con la messa e la preghiera silenziosa davanti al confine con gli Stati Uniti sul quale migliaia di migranti provenienti dal Messico e dal Sudamerica hanno trovato la morte, Papa Francesco dialogando con i giornalisti ha risposto a una domanda sulle ultime dichiarazioni di Donald Trump. E pur concedendo al controverso politico repubblicano il beneficio del dubbio, Francesco ha detto papale papale che non può essere cristiano chi pensa solo a costruire muri invece di gettare ponti. Parole riferite alla situazione americana, ma applicabili anche a chi in Europa evoca o già costruisce muri e barriere per bloccare i migranti. Francesco per 45 minuti ha risposto a tutte le domande dei cronisti che viaggiavano con lui. Ecco la trascrizione dell’intervista.

Santo Padre, in Messico ci sono migliaia di persone scomparse, e il caso dei 43 studenti di Ayotzinapa è emblematico. Vorrei chiedere: perché non ha ricevuto i loro familiari?

«Nei miei messaggi ho fatto continui riferimenti agli assassinati, alle morti e alla vita comprata da tutte queste bande di narcotrafficanti e di trafficanti di persone, dunque di questo problema ho parlato, ho parlato delle piaghe che sta soffrendo il Messico. C’erano molti gruppi, anche contrapposti tra loro, con lotte interne, che volevano essere ricevuti e allora ho preferito dire che alla messa di Ciudad Juarez li avrei visti tutti, o se preferivano in una delle altre messe, che c’era questa disponibilità. Era praticamente impossibile ricevere tutti questi gruppi, che d’altra parte si affrontavano tra di loro, in una situazione difficile da comprendere per me che sono straniero. Ma credo che sia la società messicana a essere vittima di tutto questo, dei crimini, dello scarto delle persone: è un dolore tanto grande, questo popolo non si merita un dolore così».

Il tema della pedofilia, come ben sa il Messico, ha radici molto dolorose. Il caso di padre Maciel ha lasciato eredità pesanti, soprattutto con le vittime. Le vittime si sentono non protette. Che pensa di questo tema? Ha pensato di riunirsi con le vittime? E quando i sacerdoti vengono coinvolti in casi di questo tipo ciò che si fa è di cambiare loro parrocchia, niente di più...

«Innanzitutto, un vescovo che cambia di parrocchia un prete che ha commesso abusi sui minori è un incosciente, è meglio che rinunci. Chiaro! Nel caso Maciel bisogna fare un omaggio a colui che ha si è opposto a tutto questo, Ratzinger, il cardinale Ratzinger, un uomo che ha presentato tutta la documentazione sul caso Maciel e come Prefetto ha fatto l’indagine, ha raccolto tutta la documentazione e poi non ha potuto andare oltre nella sua messa in pratica. Ma se vi ricordate, dieci giorni prima della morte di san Giovanni Paolo II, durante la Via Crucis, Ratzinger disse a tutta la Chiesa che bisognava pulire la sporcizia della Chiesa. E nella messa “Pro eligendo Pontifice” pur sapendo che era candidato - ma non tonto - non gli è importato di fare operazioni di maquillage sulla sua posizione, disse esattamente lo stesso. Oggi stiamo lavorando abbastanza, con il cardinale Segretario di Stato e con il C9. Ho deciso di nominare un altro segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede perché si occupi solo di questi casi. Si è costituito un tribunale d’appello presieduto da monsignor Scicluna. I casi continuano. Poi c’è la commissione per la tutela dei minori, che si occupa di protezione: mi sono riunito una mattina intera con i sei membri, già vittime di abusi. E a Philadelphia mi sono incontrato con le vittime. Rendo grazie a Dio perché questa pentola è stata scoperchiata, bisogna continuare scoperchiandola ancora. Gli abusi sono una mostruosità, perché un sacerdote è consacrato per portare un bimbo a Dio e invece se lo “mangia” e con un sacrificio diabolico lo distrugge».

Lei ha parlato molto dei problemi degli immigrati, dall’altra parte della frontiera, negli Usa c’è una campagna abbastanza dura su questo. Il candidato repubblicano Donald Trump ha detto in un’intervista che lei è un “uomo politico” e una “pedina” del governo messicano per le politiche migratorie. Trump ha detto di voler costruire 2.500 chilometri di muro e di voler deportare 11 milioni di immigrati illegali. Che cosa pensa? Un cattolico americano può votarlo?

«Grazie a Dio ha detto che io sono politico, perché Aristotele definisce la persona umana come “animale politico”, e questo significa che almeno io sono una persona umana. Io una pedina? Mah, lo lascio al vostro giudizio e al giudizio della gente. Una persona che pensa solo a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Votarlo o non votarlo? Non mi immischio, soltanto dico che quest’uomo non è cristiano, se veramente ha parlato così e ha detto quelle cose».

L’incontro con Kirill e la firma della dichiarazione comune ha provocato reazioni dei greco cattolici dell’Ucraina: hanno detto di sentirsi traditi e parlano di un documento politico, di appoggio alla politica russa. Lei pensa di andare a Mosca o a Creta per il sinodo pan-ortodosso?

«Io sarò presente, spiritualmente, a Creta con un messaggio. Mi piacerebbe andarci ma bisogna rispettare il sinodo. Ci saranno degli osservatori cattolici e dietro di loro ci sarò io, pregando con i migliori auguri che gli ortodossi possano andare avanti. I loro vescovi sono vescovi come noi. Con Kirill, mio fratello, ci siamo abbracciati e baciati e poi abbiamo avuto un colloquio di due ore, dove abbiamo parlato come fratelli sinceramente: nessuno sa di che cosa abbiamo parlato. Sulla dichiarazione degli ucraini: quando l’ho letta, mi sono un po’ preoccupato perché l’ha fatta l’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyc degli Ucraini Sviatoslav Schevchuk. È lui che ha detto che il popolo si sente profondamente deluso e tradito. Io conosco bene Sviatoslav, a Buenos Aires per quattro anni abbiamo lavorato insieme. Quando, a 42 anni è stato eletto arcivescovo maggiore, è venuto a salutarmi e mi ha regalato un’icona della Madonna della tenerezza dicendo: mi ha accompagnato tutta la vita, voglio lasciarla a te che mi hai accompagnato in questi quattro anni. Io ce l’ho a Roma, tra le poche cose che ho portato da Buenos Aires. Ho rispetto per lui, ci diamo del tu, mi è sembrata un po’ strana la sua dichiarazione. Ma per capire una notizia o una dichiarazione bisogna cercare l’ermeneutica complessiva. Ora quella dichiarazione di Schevchuk è nell’ultimo paragrafo di una lunga intervista. Lui si dichiara figlio della Chiesa, in comunione col vescovo di Roma, parla del Papa e della sua vicinanza col il Papa. Sulla parte dogmatica, nessuna difficoltà, è ortodossa nel buon senso della parola, cioè è dottrina cattolica. Poi ognuno ha il diritto di esprimere le sue opinioni, sono sue idee personali. Tutto quello che ha detto è sul documento, non sull’incontro con Kirill. Il documento è discutibile, e anche c’è da aggiungere che l’Ucraina è in un momento di guerra, di sofferenza: tante volte ho manifestato la mia vicinanza al popolo ucraino. Si capisce che un popolo in quella situazione senta questo, il documento è opinabile su questa questione dell’Ucraina, ma in quella parte della dichiarazione si chiede di fermare questa guerra, che si facciano degli accordi. Io personalmente ho auspicato che gli accordi di Minsk vadano avanti e che non si cancelli col gomito quello che hanno scritto con le mani. Ho ricevuto ambedue i presidenti e per questo quando Schevchuk dice che ha sentito questo dal suo popolo, io lo capisco. Non bisogna spaventarsi per quella frase. Una notizia la si deve interpretare con l’ermeneutica del tutto, non della parte».

Il patriarca Kirill l’ha invitata a Mosca?

«Il patriarca Kirill mi ha invitato? Io preferisco fermarmi solo a quello che abbiamo detto in pubblico. Il colloquio privato è privato ma posso dirle che io sono uscito felice, e anche lui lo era».

Lei in questi giorni ha parlato di famiglia: in Italia si dibatte sulle unioni civili. Che cosa pensa delle adozioni e in particolare dei diritti dei figli?

«Prima di tutto io non so come stanno le cose nel Parlamento italiano, il Papa non s’immischia nella politica italiana. Nella prima riunione che ho avuto con i vescovi nel maggio 2013 ho detto loro: col Governo italiano arrangiatevi voi. Il Papa non si mette nella politica concreta di un Paese. L’Italia non è il primo paese che fa questa esperienza. Quanto al mio pensiero, io penso quello che la Chiesa sempre ha detto su questo tema».

Da qualche settimana c’è molta preoccupazione per il virus Zika, con il rischio per le donne in gravidanza. Alcune autorità hanno proposto l’aborto e la contraccezione per evitare le gravidanze. La Chiesa può prendere in considerazione in questo caso il male minore?

«L’aborto non è un male minore, è un crimine, è far fuori, è quello che fa la mafia. Per quanto riguarda il male minore, quello di evitare la gravidanza, si tratta di un conflitto fra il quinto e il sesto comandamento. Il grande Paolo VI, in Africa aveva permesso alle suore di usar gli anticoncezionali in una situazione difficile. Ma non bisogna confondere l’evitare la gravidanza con l’aborto, che non è un problema teologico, ma è un problema umano, medico, si uccide una persona, contro il giuramento di Ippocrate. Si assassina una persona per salvarne un’altra, nel migliore dei casi. È un male umano, come ogni uccisione. Invece evitare una gravidanza non è un male assoluto, e in certi casi, come in quello che ho citato del beato Paolo VI, questo è chiaro. Io esorterei i medici perché facciano di tutto per trovare i vaccini contro queste zanzare che portano questo male».

Lei riceverà il premio Carlo Magno, tra i più prestigiosi della Comunità europea. Anche Giovanni Paolo II teneva molto a questo premio e all’unità dell’Europa che sembra stia andando un po’ in pezzi. Lei ha una parola per noi europei che viviamo questa crisi?

«Per quanto riguarda il premio: io avevo l’idea di non accettare onorificenze o dottorati, non per umiltà, ma perché non mi piacciono queste cose. Però in questo caso sono stato convinto dalla santa e teologica testardaggine del cardinale Kasper che è stato scelto per convincermi. Ho detto sì, ma a riceverlo in Vaticano e lo offro per l’Europa: che sia un premio perché l’Europa possa fare quello che io ho indicato a Strasburgo, per far sì che l’Europa non sia nonna ma sia madre. L’altro giorno, mentre sfogliavo un giornale, ho letto una parola che mi è piaciuta, la “rifondazione” dell’Europa e ho pensato ai grandi padri. Oggi dove c’è un Schumann, un Adenauer, questi grandi che nel dopoguerra hanno fondato l’Unione Europea? Mi piace questa idea della rifondazione, magari si potesse fare, perché l’Europa ha una storia, una cultura che non si può sprecare e dobbiamo fare di tutto perché la Ue abbia la forza e anche l’ispirazione di andare avanti».

Lei ha parlato molto delle famiglie nell’anno santo della misericordia, ma come essere misericordiosi con i divorziati risposati? Si ha l’impressione che sia più facile perdonare un assassino che un divorziato che si risposa...

«Sulla famiglia hanno parlato due sinodi e il Papa ha parlato tutto l’anno nelle catechesi del mercoledì. La sua domanda è vera, mi piace. Nel documento post-sinodale che uscirà forse prima di Pasqua si riprende tutto quello che il sinodo ha detto: in uno dei capitoli ha parlato dei conflitti, delle famiglie ferite. La pastorale delle famiglie ferite è una delle preoccupazioni, come pure una preoccupazione è la preparazione al matrimonio. Per diventare prete ci vogliono otto anni, e poi se non ce la fai, chiedi la dispensa. Invece per un sacramento che dura tutta la vita, solo quattro incontri. La preparazione al matrimonio è molto importante. La Chiesa, almeno nella pastorale comune in Sudamerica, non ha valutato tanto questo. Alcuni anni fa nella mia patria c’era l’abitudine a sposarsi di fretta quando c’era un bambino in arrivo e così coprire socialmente l’onore della famiglia. Lì non erano liberi e tante volte questi matrimoni sono nulli. Come vescovo ho proibito ai sacerdoti di fare questo: che venga il bambino, che i due continuino da fidanzati e quando si sentono di impegnarsi per tutta la vita, che si sposino. Poi ricordiamo che le vittime dei problemi della famiglia sono i figli: ma sono anche vittime che i genitori non vogliono, quando papà o mamma non hanno tempo di stare con i loro figli. Quando io confesso uno sposo o una sposa, domando “quanti figli ha”? Si spaventano un po’, forse perché pensano che i figli dovrebbero essere di più, e allora io domando: lei gioca con i suoi figli? Tante volte dicono: non ho mai tempo! Interessante che nell’incontro con le famiglie a Tuxtla Gutierrez, ci fosse una coppia di risposati in seconda unione, bene integrati nella pastorale della Chiesa. La parola chiave che usò il Sinodo, e io riprenderò nell’esortazione, è “integrare” nella vita delle Chiesa le famiglie ferite. E non dimenticare i bambini, sono le prime vittime».

Significa che i divorziati risposati potranno fare la comunione?

«Integrare non significa dare la comunione. Io conosco cattolici risposati che vanno in chiesa due volte l’anno e vogliono fare la comunione, come se fosse un’onorificenza. Lavoro di integrazione, tutte le porte sono aperte, ma non si può dire che possono fare la comunione, perché questo sarebbe una ferita per i matrimoni e non farà fare loro quel cammino di integrazione. Questa coppia di divorziati risposati era felice. Hanno usato un’espressione molto bella: noi non ci comunichiamo con l’eucaristia, ma sì, siamo in comunione quando visitiamo gli ospedali e condividiamo cose. La loro integrazione è questa. Se poi ci sarà qualcosa di più lo dirà il Signore. È una strada, un cammino».

Numerosi media hanno evocato e fatto clamore sull’intensa corrispondenza fra Giovanni Paolo II e la filosofa Anna Teresa Tymieniecka. Un Papa può avere un’intensa corrispondenza con una donna? E lei ne ha?

«Questo rapporto di amicizia tra san Giovanni Paolo II e Teresa Tymieniecka lo conoscevo. Un uomo che non sa avere un buon rapporto di amicizia con una donna - non parlo dei misogini che sono malati - è un uomo a cui manca qualcosa, e io per mia esperienza, quando chiedo consiglio a un collaboratore amico, anche mi interessa sentire il parere di una donna: loro ti danno tanta ricchezza, guardano le cose in un altro modo. A me piace dire che la donna è quella che costruisce la vita nel grembi e ha questo carisma di darti cose per costruire. Un’amicizia con una donna non è peccato. Un rapporto amoroso con una donna che non sia tua moglie è peccato! Il Papa è un uomo, e ha bisogno anche del pensiero delle donne. Anche il Papa ha un cuore che può avere un’amicizia santa e sana con una donna. Ci sono stati santi come Francesco e Chiara... Non spaventarsi! Però le donne ancora non sono ben considerate nella Chiesa, non abbiamo ancora capito il bene che possono fare alla vita di un prete, alla vita della Chiesa, con un consiglio, un aiuto, una sana amicizia».

Torno sull’argomento della legge sulle unioni civili che sta per essere votata al Parlamento italiano. C’è un documento della Congregazione per la dottrina della fede del 2003 dove si afferma che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi. Qual è il comportamento per un parlamentare cattolico in questi casi?

«Non ricordo bene quel documento, ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata, questo direi, soltanto questo, è sufficiente, e parlo di coscienza ben formata, cioè non quello che mi sembra o che mi pare. Ricordo quando fu votato il matrimonio fra persone dello stesso sesso a Buenos Aires, io stavo lì, i voti erano pari allora un parlamentare ha consigliato all’altro: “Tu ci vedi chiaro?”. “No”. “Neanch’io, pero così perdiamo. Se non andiamo a votare non si raggiunge il quorum, ma se raggiungiamo il quorum diamo il voto a Kirchner. Preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio, e andiamo!”. Questa non è una coscienza ben formata».

Dopo l’incontro con il Patriarca di Mosca il Cairo, c’è un altro disgelo all’orizzonte, ci sarà l’udienza con l’imam di Al Azhar?

«La scorsa settimana monsignor Ayuso, segretario del cardinale Tauran, è andato a incontrare il vice dell’imam. Io voglio incontralo, so che a lui piacerebbe, stiamo cercando il punto, sempre tramite il cardinale Tauran».

Dopo questo viaggio messicano, che viaggi farà, quali viaggi sogna?

«Rispondo: la Cina, andare là, mi piacerebbe tanto! Vorrei anche dire una cosa giusta sul popolo messicano: è un popolo che rappresenta una ricchezza tanto grande, un popolo che sorprende, ha una cultura millenaria. Voi sapete che oggi in Messico si parlano 65 lingue, è un popolo di una grande fede ma che anche ha sofferto persecuzioni religiose, ci sono martiri, adesso ne canonizzerò due. Un popolo non lo si può spiegare, non è una categoria logica, è una categoria mitica, non si può spiegare questa ricchezza, questa gioia, questa capacità di far festa nonostante le tragedie che vive. Questa unità, un popolo che è riuscito a non fallire, a non finire, con tante cose che accadono: a Ciudad Juarez c’era un patto per il cessate il fuoco, dodici ore per la mia visita, poi riprenderanno. Questo popolo solo si spiega con Guadalupe e io vi invito a studiare seriamente il fatto Guadalupe, la Madonna è lì, io non trovo altra spiegazione».

Che cosa ha chiesto alla Madonna di Guadalupe? Lei sogna in lingua italiana o in spagnolo?

«Sogno in esperanto! Alcune volte sì, ricordo un sogno in altra lingua, ma sognare in lingue no, sogno piuttosto immagini. Ho chiesto alla Guadalupana per prima cosa la pace, quella poverina deve aver finito con la testa così... Ho chiesto perdono, ho chiesto che la Chiesa cresca sana, ho pregato per il popolo messicano. Ho chiesto tanto che i preti siano veri preti, e le suore vere suore, i vescovi veri vescovi. Ma le cose che un figlio dice alla mamma sono un segreto».

Qui la conferenza stampa integrale del Papa sul volo di ritorno dal Messico
http://press.vatican.va/content/salasta ... 00288.html
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » mer mar 02, 2016 7:17 am

Un mondo di muri, basta che non siano israeliani
1 marzo 2016
Roberta Vital

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -mondo.jpg

http://www.progettodreyfus.com/un-mondo ... israeliani

Attualmente al mondo 65 Paesi stanno costruendo o hanno costruito muri e barriere di difesa. La globalizzazione ed il crollo del Muro di Berlino sembravano segnali di un futuro senza barriere ma non è così. Per motivi di sicurezza generale e terrorismo, più di un terzo dei Paesi nel mondo stanno costruendo barriere lungo i propri confini.

Recinzioni di sicurezza come in India/Pakistan. L'India sta costruendo una recinzione lungo la maggior parte del suo confine con il Pakistan, 1800 miglia nel territorio conteso del Kashmir, progettata per impedire ai terroristi di attraversare il confine pakistano e lanciare attacchi in India.

Al confine fra Kirghizistan ed Uzbekistan nell'autunno del 1999 fu costruita una recinzione di sicurezza dopo che terroristi islamici provenienti dal Kirghizistan furono accusati di attentati dinamitardi nella capitale Tashkent. Interessante è anche la barriera attualmente in costruzione tra Arabia Saudita e Yemen. Come anche in Iraq dove, nel tentativo di porre fine alla violenza settaria in quella zona devastata, fu creato un muro di 7,1 tonnellate di cemento in sezioni alte 12 piedi. Nel settembre del 2005 il Pakistan creò un muro per arginare il flusso dei talebani e di uomini di al-Qaeda nel loro paese. La Grecia sta costruendo un muro al confine con la Turchia.

Come mai però si parla così poco della costruzione di questi muri? E che cosa hanno in comune tutti queste barriere ed argini? La sicurezza. Come mai ci si indigna solo per la barriera di sicurezza Israeliana? Il 1 giugno del 2001, un palestinese di nome Saeed Hotari, era in fila fuori da una discoteca a Tel Aviv, il Delfinario. Mescolato tra centinaia di giovani, sembrava solo un ragazzo in procinto di divertirsi il venerdì sera. Non era così. 21 ragazzi uccisi, 132 feriti, secondo alcuni sopravvissuti Hotari fu visto battere un tamburo caricato con esplosivo e cuscinetti a sfera appena prima della detonazione. Come risultato di questo attentato kamikaze e di moltissimi altri ripetuti attacchi contro civili, un'organizzazione di denominata "Fence for Life" ( recinto per la vita) presentò una petizione al governo israeliano, per chiedere la creazione di una barriera di difesa.

Perché allora si grida Apertheid solo quando si tratta di Israele?? Nel solo periodo tra Settembre 2000-2007, furono uccisi 1218 Israeliani, 8341 feriti civili e meno della metà militari. La nascita di questo muro composto in maggior parte da filo spinato, segna sicuramente una diminuzione notevole degli attentati kamikaze ma purtroppo non ha portato ancora la fine del terrorismo palestinese. La certezza è che sono state salvate finora centinaia, se non migliaia, vite umane. Ebrei e non.

E l'Onu di tutto ciò cosa pensa? A seguito di un attacco mortale contro i loro uffici a Baghdad le Nazioni Unite hanno iniziato a costruire una barriera di sicurezza da 21 milioni di dollari nel loro quartiere generale di New York. Insomma, un mondo di muri, a meno che non siano Israeliani.
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » mer mar 09, 2016 11:27 am

Li antisemiti contro i muri de defexa de Ixrael

http://www.invisible-dog.com/dividing_walls_ita.html

I MURI CHE DIVIDONO IL MONDO

berlin wall
Il muro di Berlino
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Berlio.jpg

Il muro di Berlino era stato costruito dalla Germania dell’Est come misura di “protezione antifascista” il 13 agosto del 1961. Ventotto anni dopo, nel novembre 1989, era stato poi demolito. I muri – la storia lo ha insegnato più volte – non risolvono mai i problemi, ma al contrario li enfatizzano, rimarcano le differenze, diventano simbolo di incomunicabilità e fatalmente, prima o poi, sono abbattuti. Tuttavia, siccome a stento impariamo le lezioni della storia, ancora oggi, laddove esistono problemi di convivenza o di sopravvivenza, nuovi muri sono innalzati. Gli esempi, come detto, non mancano.

Fort Israele
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -Ejito.jpg

L’utilizzo di muri è anche una costante dei rapporti fra Israele e palestinesi, contenzioso irrisolto oramai dal lontano 1948. Le barriere erette sono a tutti gli effetti dei simboli di questo conflitto, ne qualificano e quantificano i contrasti, le divergenze , danno il senso dell’oppressione (ai palestinesi) e della paura (per gli israeliani). Sono diventate l'emblema plastico di una storia costellata di morti ed incomprensioni che l’ultima guerra di Gaza ha riconfermato in tutta la sua drammaticità.

Esiste un muro che divide Israele dalla Cisgiordania e che è stato eretto lungo un confine mai concordato, ma unilateralmente deciso da Tel Aviv. Gli israeliani lo giustificano come misura di protezione dai terroristi palestinesi ed hanno avuto bisogno di una sentenza della Corte Suprema israeliana nel 2004 per confermarne la legalità in aderenza alle norme internazionali. Un'iniziativa questa di auto-assoluzione che tuttavia conferma i dubbi sulla liceità di queste costruzioni.

Anche perché al riguardo c’è stata, nell’ottobre del 2003, una risoluzione votata dall’Assemblea generale dell’Onu che ha dichiarato illegittima la costruzione del muro con la West Bank laddove questo si discosta dalla cosiddetta “Linea Verde” o linea armistiziale. Nel 2004 anche la Corte Internazionale di Giustizia ha dichiarato il muro contrario alle norme internazionali. Ma, come spesso accade quando si ha a che fare con Israele, sulle questioni che riguardano la propria sicurezza, non esistono leggi internazionali che tengano.

Al riguardo non sono bastate neanche le proteste di varie organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International o Human Rights Watch, né la condanna della Croce Rossa Internazionale. Così il muro che i palestinesi identificano come una manifesta volontà di apartheid resiste per tutti i suoi 700 km di estensione, con un'altezza di 8 metri e tempestato di sistemi di allarme anti-intrusione, camminamenti per il pattugliamento e filo spinato su ambo i suoi lati. Questa barriera è costata oltre 2 miliardi di dollari, senza contare il costo per modificare strade e canalizzazioni. Ovviamente questo muro è stato costruito su terreni di proprietà privata palestinese, alcune comunità sono state divise in due, diverse risorse idriche sono state dirottate a favore di Israele e la barriere è diventata oggi il simbolo lampante di una incomunicabilità tra due mondi e nazioni.

Alla domanda se questo muro abbia migliorato le condizioni di sicurezza di Israele, la risposta può essere positiva. Tuttavia, l'interesse particolare degli israeliani non tiene conto del fatto che i rapporti con l’Autorità Nazionale Palestinese siano sostanzialmente cambiati. Il decrescente numero di attentati provenienti dalla Cisgiordania non ha risolto la questione della mancata condivisione intorno ad un accordo che possa permettere la convivenza tra le due comunità e, di conseguenza, elimini, ovvero renda meno probabile, il ricorso al terrorismo.

Israele ha poi estero lo stesso approccio al confine con la Striscia di Gaza: circa 55 km di muro che costeggia una zona cuscinetto sui entrambi i suoi lati delimitata da filo spinato e alla quale non ci si può avvicinare se non a rischio della vita. Tuttavia, l’ultima guerra tra Hamas e Israele conferma che anche ai fini della sicurezza i muri non servono più di tanto: si scavano dei tunnel che li ci passano sotto, non impediscono ai razzi di volare e colpire. E se il sistema antimissile Iron Dome è riuscito a proteggere Israele dai razzi di Hamas e della Jihad Islamica, rimane irrisolta la questione dei tunnel. L'ultima trovata israeliana adesso è quella di costruire lungo il perimetro di Gaza una barriera sotterranea a prova di bomba e rinforzata di acciaio, un fossato profondo almeno 20 metri che impedisca ai palestinesi di superarlo.

Un'idea simile a quella concepita (ma mai realizzata) lungo il cosiddetto “Corridoio Philadelphia” fra Gaza ed Egitto. Un tratto di confine lungo 15 km che Israele ha pattugliato fino al 2005 in base agli accordi di pace con l’Egitto proprio per evitare che Hamas scavasse dei tunnel per bypassarlo. In alternativa si era anche vagliata l'ipotesi di scavare lungo il confine un canale per poi riempirlo d'acqua. Lo stesso progetto viene adesso ripreso in considerazione per dividere il confine fra Gaza e Israele.

Con l'Egitto gli israeliani hanno eretto ormai da tempo un altro muro lungo 265 km lungo il confine con il Sinai. Inizialmente concepito per bloccare l’immigrazione clandestina (soprattutto rifugiati eritrei ed etiopi provenienti dal Corno d'Africa), è diventato oggi uno strumento per difendersi dal terrorismo islamico che ha trovato rifugio nella penisola egiziana. La barriera è alta circa 5 metri ed è attrezzata con telecamere, filo spinato e camminamenti. Il suo costo è stato di 416 milioni di dollari e si sta attualmente valutando la possibilità di innalzarla fino a 8 metri.

Da questo punto di vista Israele è un Paese quasi completamente circondato da muri o barriere. Lungo il Golan al confine con la Siria ci sono tutta una serie di fortificazioni, camminamenti, tunnel e bunker anche sotterranei eretti alla fine della guerra del 1973. Nella zona cuscinetto fra Siria e Israele operano le forze Onu di UNDOF (United Nations Disengagement Observer Forces). Altrettanto avviene lungo il confine con il Libano: reti di protezione, torrette di avvistamento, pattugliamento continuo lungo il reticolato, la garanzia (almeno teorica, ma difficilmente pratica come poi i fatti hanno ripetutamente dimostrato) che la presenza del contingente UNIFIL possa garantire la sicurezza.

La domanda lecita è se tutto questo sistema di protezione possa garantire la sicurezza ad Israele . Può essere vero nel breve termine, ma non nella prospettiva futura. Israele avrà la sicurezza che merita quando non ci sarà più bisogno di muri, barriere o reticolati.


israel wall
Il muro in Israele
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Muri mediorientali

Ma a parte Israele ci sono altri Paesi in Medio Oriente che risolvono o meglio ovvero intendono risolvere i loro problemi con la costruzione di muri.

Esistono rischi per la sicurezza delle navi che transitano nel canale di Suez che potrebbero essere attaccate dagli estremisti islamici che operano nel Sinai? Ecco un progetto approvato del Generale Abdul Fattah Al Sisi: una barriera sui due lati del canale, altezza 4-6 metri, per tutta la lunghezza del canale (164 km). Costo stimato: 200 milioni di dollari. Basterà per risolvere il problema della sicurezza? Non è un esito scontato quando la vera questione è piuttosto la presenza dei terroristi islamici nel Paese e, di riflesso, i suoi effetti nocivi sulla sicurezza dell'Egitto. E non sarà certo un muro che potrà porre fine all’attività eversiva del Beit al Maqdiss. Se poi, come pubblicizzato, Al Sisi intende costruire un altro canale parallelo a quello esistente, occorreranno altri soldi e altri muri.

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L’Arabia Saudita ha invece progettato un megamuro con lo Yemen per bloccare sia l’immigrazione clandestina ed il contrabbando, che il terrorismo che dilaga nel Paese vicino per mano di Al Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP). Una struttura che nei piani dovrebbe essere lunga 1800 km ed estendersi dalla costa del Mar Rosso sino al confine con l’Oman.

E se non bastasse, Ryad ha dato anche inizio alla costruzione di una barriera lungo i 900 km di confine con l’Iraq: 5 linee di reticolati e barriere, 78 torri di controllo, visori notturni, 50 radar, 8 centri di comando e controllo, 32 postazioni di pronto intervento, con costi che per le ridenti finanze saudite non rappresentano certo un problema. Questa è la prima risposta saudita al pericolo posto dall’ISIS in Iraq. Nella Penisola Arabica vi sono anche muri al confine tra Emirati Arabi Uniti e Oman e anche lungo i 193 km che separano Kuwait e Iraq.


wall melilla
Il muro tra Melilla ed il Marocco
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Un mondo di barriere

Ma il mondo è pieno di muri che, come sovente avviene, rappresentano risposte inadeguate a problematiche più complesse.

C’è il muro costruito tra le enclave spagnole di Ceuta e Melilla ed il Marocco nel 2005 per bloccare l’immigrazione clandestina ed il contrabbando. Circa 20 km di barriere illuminate giorno e notte ed alte 6 metri. Basterebbe vedere quello che capita con i barconi nel Mediterraneo per capire quanto sia difficile porre fine alla transumanza di clandestini che scappano da guerre e povertà e che cercano di arrivare in Europa. Per le stesse finalità di lotta all’immigrazione clandestina e per bloccare il contrabbando di droga gli Stati Uniti hanno speso diversi miliardi di dollari per costruire un muro alto oltre 4 metri lungo i 3200 km di confine con il Messico.

La lista potrebbe continuare: la Grecia ha eretto un muro di 10 km e alto 4 metri al confine con la Turchia, la Turchia ne ha innalzato uno invece nell’area di Nusaybin lungo il confine della Siria, la Bulgaria ha “murato” i 33 km di confine con la Turchia ed l’Ucraina vorrebbe sigillare il confine con la Russia con un muro lungo 1920 km. C’è poi l’India che ha in costruzione un muro sul confine con la Birmania (1624 km), un altro, sempre in corso d'opera, lungo 3000 km a ridosso del Bangladesh ed un altro ancora, già eretto nel 2004, in Kashmir al confine con il Pakistan per una lunghezza di 550 km. In questa lista potremmo poi annoverare il muro in costruzione tra Pakistan e Iran (circa 700 km), quello di 45 km tra Kazakistan e Uzbekistan; la barriera di 1700 km tra Uzbekistan e Turkmenistan e quella di 209 km tra Uzbekistan e Afghanistan e di 870 km tra Uzbekistan e Kirghizistan. C'è poi il muro di sabbia, chiamato eufemisticamente “corsia di emergenza”, che il Marocco, dopo l’annessione di buona parte del Sahara Occidentale, ha eretto (e minato) a protezione di 2720 km di confine. Così come fanno parte della lista i muri e le barriere che il Sudafrica ha eretto con lo Zimbabwe e il Mozambico, il Botswana con lo Zimbabwe, la Cipro greca per demarcare la divisione con la parte turca, la Corea del Nord dalla Corea del Sud e così via.

Ogni muro deve la propria esistenza ad una minaccia, vera o presunta, e ad una incomprensione. Contandoli possiamo verificare quante ancora siano le crisi che dividono il mondo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » dom mar 20, 2016 2:06 pm

Caro Papa Françesco

te ło dixi senpre anca ti ca te si lomè n'omo de gran pecadura, anca mi a so pecador forse pexo de ti, però parmetame de dirte ke so tante robe me par ke te fasi na sciantina de confouxion, fate vedar da coalke dotor, no vuria mai ca te fusi devegnesto màsa vecio e ke ła to mente ła fàxese çiłeca.
Co te parli de muri a te gh'in parli mal e no xe justo parké i muri, caro Françesco, łi xe na roba nadural bona e santa, sensa muri no ghe saria łe caxe, łi ospedałi e gnanca łe cexe ke a mi no łe me entaresa pì de tanto; ma łe caxe sì ke łe me entaresa e anca łi ospedałi e i muri de arxene dei fiumi e i muri ke łi diga el mar e i muri ke łi tien su i ponti ... caro Papa no sta parlar mal dei muri parké łi tien anseme na fameja e łi parmete a l'omo de dormir seren ła note. Parlaghine ben parké se nò warda ca te vè a l'enferno anca ti ca te si Papa. E no sta mai dexmentegarte ke anca naltri ouropei e naltri veneti semo òmani, come tuti st'altri e ca ghemo i nostri sagri e santi diriti come st'altri.
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » gio apr 14, 2016 5:13 am

Migranti: Austria inizia i lavori della barriera sul Brennero.
Il Papa: "Rimuovere i muri" ???
Dopo la chiusura della frontiera a Idomeni, l'Austria costruisce una barriera al Brennero (agf)
Manzione, sottosegretario all'Interno: "Con chiusura del confine danni consistenti". Ravetto, presidente del Comitato Schengen: "Impatto devastante sull'economia italiana". Cei: "Una ferita per l'Ue". Ma la politica è divisa: critici Pd e Fi, favorevole la Lega. La preoccupazione dei Funzionari di polizia

11 aprile 2016

http://www.repubblica.it/esteri/2016/04 ... -137393476

BOLZANO - Al Brennero l'Austria ha iniziato oggi i lavori per la costruzione di una barriera per limitare, in caso di necessità, l'accesso di migranti provenienti dall'Italia. La struttura - ha detto il capo della polizia tirolese Helmut Tomac - avrà una lunghezza di 250 metri e comprenderà l'autostrada, come anche la strada statale.
L'iniziativa austriaca unisce parte di maggioranza e opposizione: Pd e Fi, infatti, sono critici e preoccupati. Ma la Lega condivide la linea dell'Austria, mentre i funzionari di Polizia temono ripercussioni sull'ordine pubblico.
"Così si rischia di determinare un'intensificazione dei flussi via mare - ammonisce Lorena La Spina, segretario dell'associazione Funzionari, Anfp - più pericolosi e difficili da controllare. Si scaricano sull'Italia i problemi del Mediterraneo e la si condanna a gestire da sola e con stretti vincoli di bilancio una vera e propria emergenza umanitaria e di sicurezza i cui effetti ricadranno inevitabilmente anche sull'anello più debole della catena: le donne e gli uomini della Polizia di Stato".

Il Papa: "Rimuovere i muri". A poche ore dall'annuncio austriaco dei lavori della barriera sul Brennero, Papa Francesco chiede di "rimuovere i muri", non solo quelli in senso "figurato" ma anche quelli della "triste realtà". Esplicito il riferimento alla chiusura del confine tra Grecia e Macedonia, e il dramma che stanno vivendo undicimila migranti a Indomeni. E alla barriera nel cuore dell'Europa, sul valico del Brennero. "Il grande ostacolo da rimuovere" per "considerare i nostri simili come fratelli e sorelle" e così "poter superare guerre e conflittualità", spiega il Pontefice, è quello "eretto dal muro dell'indifferenza: la cronaca dei tempi recenti ci dimostra che se parlo di muro non è solo per usare un linguaggio figurato, ma perché si tratta della triste realtà", sottolinea.

L'inizio dei lavori al valico. Al valico italo-austriaco del Brennero sono già stati smontati i guardrail e in una prima fase di lavori sarà anche modificata la segnaletica stradale. I controlli del traffico leggero e pesante saranno effettuati in un parcheggio a nord del confine. Nei prossimi giorni sarà anche allestito un centro di registrazione. I controlli - ha detto Tomac - potrebbero partire a fine maggio, ma sarà il ministero degli interni a Vienna a stabilire l'effettivo avvio.

Premier austriaco: "Controlli, non muro". "I provvedimenti al Brennero non prevedono un muro oppure filo spinato". Lo precisa il presidente austriaco Heinz Fischer ribadendo il concetto del "management di confine" per avere il minor impatto possibile sul transito di persone e merci. "Servono - aggiunge Fischer - più controlli per chi vuole entrare in Europa". Il tetto dei 35mila profughi, che l'Austria intende accogliere quest'anno, "non sarà un taglio netto di spada, ma un valore indicativo" per evitare altre 80mila richieste d'asilo come nel 2015, spiega Fischer.

Cei: "Una ferita per l'Europa". L'annuncio austriaco dell'avvio della costruzione di una barriera ai confini del Brennero "è un'altra grave ferita a Schengen, alla Ue, alla solidarietà europea. È un'altra risposta sbagliata al drammatico problema dei richiedenti asilo e dei rifugiati, una decisione che contraddice il messaggio forte che tra pochi giorni il Papa darà dall'isola di Lesbo". Lo sottolinea monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei.

Dura la posizione del governo italiano. Domenico Manzione, sottosegretario all'Interno: "Con la chiusura del Brennero, danni consistenti". La decisione di ripristinare i controlli al Brennero, ha sottolineato Manzione, "avrebbe implicazioni economiche tutt'altro che trascurabili. Sarebbe una perdita secca consistente, per questo abbiamo insistito che l'area restasse aperta". "Ma l'Austria - ha aggiunto - ha elezioni politiche importanti alle porte". Un eventuale decisone di chiusura, ha proseguito il sottosegretario, "avrebbe anche ricadute dal punto di vista umano, potrebbe implicare situazioni come quelle che vediamo purtroppo in Grecia".

Ravetto, (Fi): "L'Europa si è fermata al Brennero". Ferma la posizione di Laura Ravetto, Fi, presidente del Comitato Schengen della Camera: "Se l'Austria inizierà martedì i lavori per la costruzione di un muro lungo il nostro confine, dovremo dire che l'Europa si è fermata al Brennero". "L'Italia e l'Europa - aggiunge Ravetto - hanno ancora un giorno di tempo per chiedere all'Austria di fare un passo indietro verso una scelta che segnerebbe la sospensione, se non il funerale, del Trattato di Schengen". "Mi aspetto", conclude Ravetto, "una presa di posizione netta su un'iniziativa che rischia di avere un impatto devastante sull'economia italiana e sull'idea stessa di Europa".

Fiano, Pd: "Pessimo segno". "L'inizio dei lavori per la barriera antiprofughi al confine austriaco - dice il deputato dem Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del partito - è un pessimo segno per l'Europa, l'ennesimo. La costruzione dell'Europa non può essere una sommatoria di egoismi, la difesa dei propri interessi nazionale a prescindere dall'interesse generale dell'Europa e dei valori umani che l'hanno costruità. L'Italia lasciata sola non porta verso la soluzione di nessun problema dell'immigrazione, ma solo ad un aumento di questo".

Dellai: "Austria contraria allo spirito europeo". "La decisione austriaca è contraria allo spirito europeo - commenta il deputato Lorenzo Dellai, presidente del gruppo Democrazia solidale-Centro Democratico - e contrasta con i principi base del lungo e difficile percorso che ha portato al superamento dell'idea del confine del Brennero come barriera e divisione". "La regione europea del Tirolo Storico - aggiunge - che mette in connessione i territori di Trento, Bolzano e Innsbruck in una logica veramente europea, ne esce indebolita se non smentita".

Fedriga, Lega: "Non ci fidiamo di Renzi e Alfano". "Anch'io - commenta Massimiliano Fedriga, capogruppo del Carroccio a Montecitorio - non mi fiderei del governo italiano visto come Renzi e Alfano stanno gestendo l'immigrazione. Fanno entrare chiunque sul territorio nazionale senza controlli seri. Basti pensare che chi arriva sia via terra che via mare nel 2016 sono persone provenienti quasi totalmente da Paesi dove non c'è guerra (dati commissione inchiesta Camera), quindi immigrati clandestini che il governo fa arrivare e circolare liberamente su territorio nazionale".

Salvini: "Austria fa bene". "Altro che il buonista Mattarella - dice il leader del Carroccio, Matteo Salvini - fa bene l'Austria che evidentemente ha politici che difendono gli interessi dei loro cittadini".

Puppato, Pd: "Così l'Europa muore". "Se si permetterà che al confine tra due Paesi storici dell’Ue come Austria e Italia si costruisca una barriera anti-migranti - sottolinea Laura Puppato, senatrice dem - l’Europa cambierà volto non solo per oggi, ma per sempre. Il precedente e' infatti troppo gravido di incognite
per non mettere in discussione l'essenza stessa di una comunità così come pensata e voluta nel dopoguerra dai Padri fondatori. Nel momento in cui tutti dovremmo stare uniti, dividerci denota una fatale debolezza politica.


Brài, a ghì fato benon. El Papa kel se trasferisa en Afrega.


Vanti cusì Aostria ca te fe pì ke ben!

Brennero, scontro Italia-Austria. Roma protesta con Bruxelles
Al via la costruzione del muro anti-migranti, Alfano e Gentiloni scrivono all’Ue: «Verificare la compatibilità con Schengen». Avramopoulos: «Non è la soluzione»
2016/04/13

http://www.lastampa.it/2016/04/13/ester ... agina.html

Vienna non arretra, Roma contrattacca, protesta per iscritto con l’Unione europea e accusa che la mossa austriaca «non appare suffragata da elementi fattuali». I controlli aggiuntivi al valico del Brennero sono «necessari e giusti», ribadisce però il cancelliere Werner Faymann. È certo che sia «assolutamente fuori discussione» continuare ad accogliere persone senza limiti, salvo che il flusso dei migranti nelle valli tirolesi è azzerato. Da Teheran, Matteo Renzi risponde annunciando di aver chiesto al rappresentante permanente presso l’Ue, Carlo Calenda, di «verificare i passaggi normativi europei per chiedere conto della correttezza di quanto stanno facendo». Quindi parte una lettera da Roma, firmata da Gentiloni (Esteri) e Alfano (Interni). Si auspica una «verifica». Ma è una dichiarazione di guerra.

Al terzo giorno, l’atmosfera si è fatta rovente. Lo sa bene il commissario Ue agli affari Interni, Dimitris Avramopoulos, per il quale «quello che sta accadendo al confine tra Italia e Austria non è la soluzione giusta». L’esecutivo è cauto. Aspettano chiarimenti mentre sulle strade che legano Vipiteno a Innsbruck cresce una barriera da 240 metri che assomiglia a un «muro». Il greco ha parlato alla plenaria dell’Europarlamento. Poi è salito in ufficio e ha chiamato il ministro dell’Interno austriaco, Johanna Mikl-Leitner, chiedendo delucidazioni sulle misure decise. Completato il dossier, Bruxelles si pronuncerà «sulla base della loro necessità e proporzionalità». In fretta.

CENTIMETRI

È una vicenda difficile da comprendere e, per questo, esplosiva. La signora Johanna Mikl-Leitner è la prima a giudicare «incomprensibile» l’agitazione italiana per i lavori al Brennero. A suo avviso, «si è messo in pratica puntualmente quanto già annunciato da settimane e messo sul tavolo in maniera chiara anche la scorsa settimana a Roma». Sulle rive del Tevere la percezione è stata differente. Gentiloni e Alfano comunicano ad Avramopoulos che le misure austriache «inducono a chiedere con estrema urgenza la verifica da parte della compatibilità con le regole di Schengen». A Roma si dubita della necessità, visto che da gennaio sono state 674 le riammissioni dall’Italia all’Austria e 179 quelle nel senso contrario. E anche della proporzionalità: non si vede la ragione della stretta.

La mossa austriaca è preventiva, Vienna si porta avanti col lavoro nel caso in cui gli arrivi lungo la Penisola, dalla Libia o dall’Albania, dovessero farsi copiosi. «È concettualmente sbagliata - spiega una fonte Ue -, perché non serve certo sbarrare una strada per frenare i flussi».

Si rischia una «nuova Idomeni», dice il direttore di Amnesty Italia, Gianni Rufini. Il cancelliere Faymann s’è deciso per ragioni di politica interna. Ha sospeso Schengen (sino al 12 maggio poi ha chiesto la proroga) e messo un tetto agli ingressi, 80 persone al dì. A Bruxelles pensano che, chiusa la rotta balcanica, Vienna dovrebbe aprire e non sigillare i confini. Ha senso. Ma in Europa, di questi tempi, gli egoismi nazionali fanno più strada della ragione.



Migranti, barriera in costruzione al Brennero. In Austria la parola d'ordine è minimizzare
di Lorenzo Galeazzi | 13 aprile 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... re/2633080


Parola d’ordine: minimizzare. Mentre ieri al Brennero sono cominciati i lavori di costruzione della barriera anti-immigrati con il conseguente profluvio di dichiarazioni allarmate sull’asse Roma-Vienna-Bruxelles, a Bolzano il presidente della provincia autonoma Arno Kompatscher dispensava cautela in un’atmosfera quasi irreale: “Recinzioni? No, management della zona di confine”. Quando gli si fa notare che il progetto prevede di “impacchettare” lo scalo ferroviario di frontiera con due recinti, lui replica calmo: “Le reti corrono parallele ai binari, mica fra i due Paesi”.

Non condividendo tanto ottimismo, Paolo Gentiloni e Angelino Alfano hanno inviato una lettera al commissario Ue Avramopoulos per chiedere se le misure austriache siano “compatibili con il trattato di Schengen”. Secondo i ministri, quella decisione non è “suffragata da elementi fattuali”. Ma Vienna si è limitata a bollare la reazione come “incomprensibile agitazione”. Ma la settimana scorsa quando il capo del Viminale a Roma incassava dalla sua omologa austriaca Johanna Mikl-Leitner la promessa di non chiudere il valico.

Mentre la diplomazia litiga, al Brennero, in un’area di sosta a pochi metri dal redivivo confine, procedono i lavori: una decina di operai austriaci circondati da una selva di telecamere smonta i cartelli stradali prima di iniziare lo smantellamento dell’immensa piazzola di fianco a un autogrill. Lì, secondo quanto annunciato dalla polizia tirolese, il traffico autostradale sarà incanalato per ripristinare i controlli e di fianco sorgerà la struttura destinata all’identificazione degli immigrati provenienti da Sud. La barriera sarà lunga 250 metri e sbarrerà anche la statale che corre parallela ad A22 e ferrovia.

In stazione il treno Verona-Monaco delle 18 sta cambiando motrice e nella sala d’aspetto sostano 3 ragazzi somali. “Andiamo in Germania dai nostri parenti”, dice l’unico maggiorenne. Non sa niente della stretta di Vienna sui migranti. “Oggi mi lasciano partire?”, chiede. Ma basta voltarsi a guardare le facce e le divise sul binario per capire che sì, oggi lui potrà partire. E tanto gli basta.

I flussi dall’Italia continuano inesorabili, anche se a ritmo meno sostenuto dello scorso anno. Associazioni di volontariato e autorità parlano di circa 20 immigrati al giorno. Vengono pizzicati dalle pattuglie italo-austro-tedesche che operano su convogli e fatti scendere a Bolzano o Brennero da cui, ben presto, riprenderanno il viaggio verso Nord.

Mentre il treno parte alla volta della Germania con a bordo i suoi profughi, le serrande della cittadina si abbassano. Rimane aperto solo il benzinaio con la fila di automobilisti italiani attirati dal prezzo. Si affaccia sulla statale, altra infrastruttura nel mirino di Vienna. In un prato antistante dovrebbe sorgere l’altra casamatta destinata al riconoscimento migranti. Il benzinaio taglia corto: “Sono già abituato alle code”.

C’è chi posteggia e va a fare la spesa al centro commerciale di fronte che ha l’entrata in Italia e l’uscita in Austria. Clienti e negozianti sono convinti che il Brennero non chiuderà perché Vienna non può abbandonare il “suo land oltreconfine”. Altri sono d’accordo con la decisione della “madrepatria”, ma si rammaricano di trovarsi “dalla parte sbagliata”. “Il rischio vero – sottolinea il consigliere provinciale dei Verdi Riccardo Dello Sbarba – è che la barriera possa far risorgere nella popolazione sudtirolese di lingua tedesca una spinta secessionista mai sopita”.

Intanto però bisogna attrezzarsi in modo che l’Alto Adige, con il previsto aumento degli sbarchi in Sicilia, non cominci a somigliare a Calais o Idomeni. Lo sa bene il governatore della Südtiroler Volkspartei che invita tutti a “preparare la logistica: luoghi di sosta e ristoro per i migranti”. Kompatscher sa che il problema non è il se, ma il quando.

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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » gio apr 14, 2016 4:26 pm

Brava Aostria!

Migranti, Austria: "Pronti a chiudere Brennero". Gentiloni: "Sarebbe grave"
Il ministro della Difesa austriaco: "Chiederemo di fare noi i controlli anche in Italia". La preoccupazione del nostro ministro degli Esteri: "Un brutto segnale per l'Europa". Napolitano: "False soluzioni per problemi più complessi"
di ANNA LOMBARDI
14 aprile 2016

http://www.repubblica.it/esteri/2016/04 ... -137589922

BOLZANO - "In caso estremo l'Austria potrebbe chiudere completamente il Brennero". Lo ha detto il ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil durante una riunione del suo partito, lo Spö, il partito del cancelliere, a Innsbruck. Se l'Italia continuerà a far passare i migranti, ha detto infatti il ministro "potremmo essere costretti a chiedere alle autorità italiane di fare noi controlli anche sul suo territorio". Affermando che se la situazione dovesse sfuggire al controllo, l'Austria sarebbe pronta a chiudere i suoi confini. "Se l'Italia farà come ci aspettiamo e la Germania farà come ci aspettiamo, avremmo un grande problema. Perché se l'Italia lascerà passare i migranti e la Germania comincerà a respingerne sempre di più ai suoi confini, l'Austria rischierebbe di trasformarsi in una sorta di sala d'attesa. Per questo dobbiamo andare in offensiva". La soluzione, per Doskozil è una sola: "Prosegire con gli annunciati controlli di confine e la creazione di nuove misure legislative" ha proseguito riferendosi all'inasprimento del diritto d'asilo in Austria che scatterà il prossimo primo giugno.

Proseguono i lavori per la barriera... L'Austria, infatti, ha fissato nei giorni scorsi un tetto di 37.500 richieste d'asilo: ma già solo nei primi tre mesi dell'anno le domande sono state 17.000 e dunque il tetto sarà raggiunto a breve. Per questo, già nei giorni scorsi, l'Austria ha avviato i lavori per la costruzione di una barriera lunga 250 metri che permetterà di fare maggiori e più specifici controlli al confine con lo scopo appunto di limitare, in caso di necessità, l'accesso dei migranti provenienti dall'Italia.

...e parte la mobilitazione. L'iniziativa ha sollevato polemiche e proteste ed è partita una mobilitazione, con hashtag su Twitter openbrenner, che vedrà, a cavallo della Festa della Liberazione, una manifestazione al confine. A promuoverla Progressi, ARCI, Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani (UFTDU) e Associazione Diritti e Frontiere (Adif), che hanno lanciato un appello al cancelliere austriaco Werner Faymann affinché interrompa i lavori e si cerchi in sede europea la soluzione politica alla questione dei rifugiati. L'appello http://www.progressi.org/brennero sta raccogliendo molte adesioni. “La nuova barriera austriaca rievoca i momenti più bui della storia europea e richiama tutti quei tentativi fallimentari di blindare i confini, come tra Grecia e Macedonia, Spagna e Marocco, Stati Uniti e Messico”, commenta Vittorio Longhi, direttore di Progressi. “Anziché abbandonarsi all'isteria populista dettata dalle urgenze elettorali, i governi europei dovrebbero lavorare seriamente alla gestione comune dei flussi migratori e alla protezione dei rifugiati, concentrandosi sulle cause”.

Italia pronta a dare battaglia. Le affermazioni del ministro austriaco non sono piaciute al nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che stamattina, durante una visita al Salone del Mobile di Milano, ha detto alla stampa che se l'ipotesi dell'Austria di creare blocchi alla frontiera del Brennero per fermare i migranti in arrivo dall'Italia fosse vera, si tratterebbe di un atto "molto grave. Negativo per l'economia e brutto segnale per l'Europa". L'Italia, insomma, si preaprara a dar battaglia: "Vedremo di che cosa si tratta - ha proseguito il ministro - se si tratta di parole, non ci saranno conseguenze sul terreno. Se, invece, ci saranno muri significherà aver dimenticato che i problemi vanno affrontati insieme".

Mattarella e Napolitano: "No a barriere". "Le barriere sono una zavorra" aveva già reagito ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenendo all'Italian-German High Level Dialogue. "Abbiamo lavorato 70 anni per abbattere i muri che dividevano l'Europa: non possiamo lasciare che si rialzino, creando diffidenze e tensioni laddove, al contrario, servono coesione e fiducia". Dalle pagine di Repubblica oggi gli fa eco l'ex presidente Giorgio Napolitano: "Abbandonarsi a previsioni catastrofiche non porta da nessuna parte. Guai se ci si lascia andare sempre più alla demagogia populista e alla ricerca di false soluzioni per problemi complessi come quello dei migranti. Passi indietro come la barriera al Brennero non sono degni della nostra storia comune".

Le reazioni. Ma sulla questione, in queste ore, si stanno pronunciando in tanti. Deborah Bergamini, responsabile della comunicazione di Forza Italia, chiede che il ministro dell'Interno Angelino Alfano ne riferisca in Parlamento: "L'Italia è chiusa in una morsa: dalla Libia è pronto a partire un milione di migranti verso le nostre coste mentre le nostre frontiere settentrionali sono sempre più presidiate dalla polizia degli Stati a noi confinanti che non vogliono far transitare i profughi che vogliono raggiungere il Nord Europa. Stiamo diventando prigionieri in casa nostra. L'Italia non può diventare l'area di sosta a tempo indeterminato per chi fugge dalla disperazione della fame e della guerra". E il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, alla Conferenza delle Regioni: "Se l'Austria può costruire una barriera al Brennero vuol dire che Schengen muore lì, punto. Si può essere d'accordo o meno con quello che fa l'Austria, ma è evidente che quel che manca è la politica. L'Europa non riesce a risolvere il problema".

Una delegazione parlamentare di Sel - Sinistra italiana ha invece deposto al valico del Brennero un'ortensia blu, simbolo dei colori dell'Europa, in segno di protesta contro le decisioni di Vienna sui migranti. Con il deputato Florian Kronbichler: "A rischio il primato dell'aspetto umanitario su quello economico, la credibilità dell'Europa quale spazio di libero scambio di persone e merci, il rapporto di buon vicinato fra l'Italia e l'Austria e non ultima l'idea, giovane quanto suggestiva, della Regione transfrontaliera europea Euregio".

Sostegno all'iniziativa della barriera austriaca arriva dalla Lega: "Solidarietà nei confronti del governo austriaco, sotto attacco per la questione dei migranti", ha detto il consigliere regionale della Lega Nord Maurizio Fugatti, che ha affermato di condividere "appieno la decisione dell'Austria di ripristinare i controlli ai confini". Si tratta - ha aggiunto - di "una scelta dettata dall'incapacità del governo Renzi di controllare i confini del nostro Paese".

Nuovi controlli. Intanto, i controlli austriaci potrebbero estendersi anche nei pressi del valico del Tarvisio: una delegazione del ministero dell'Interno austriaco ha infatti appena fatto un sopralluogo nel confinante comune di Arnoldstein per verificare dove realizzare un centro di identificazione ed un presidio di polizia lungo la statale e nei pressi dell'autostrada. Ipotesi che fa reagire il sindaco di Tarvisio Renato Carlantoni: "La blindatura del confine da parte dell'Austria, da noi a Tarvisio è orami più di una preoccupazione".

Germania, sanzioni a migranti che rifiutano integrazione. Dopo un mese di discussioni, i partiti di coalizione del governo tedesco hanno trovato un accordo sulla politica per i rifugiati per una legge per facilitare le misure di integrazione dei migranti nel Paese, con sanzioni però per chi rifiuta di inserirsi. L'obiettivo della 'legge sull'integrazione' è "favorire con misure pubbliche l'inserimento nella società e nel mercato del lavoro le persone che arrivano in Germania, ma allo stesso tempo esigere sforzi da parte dei migranti", come si legge nel testo diffuso questa mattina.

I leader dell'Unione Cristianodemocratica (Cdu) della cancelliera Angela Merkel e del partito cristiano democratico bavarese e dei socialdemocratici (Spd) si sono accordati infatti per imporre sanzioni ai migranti con diritto di asilo e a prestazioni che rifiutano di partecipare alle misure di integrazione
offerte. Inoltre, il rifiuto o l'interruzione di queste misure senza una buona ragione si tradurrà in una riduzione dei benefici. A maggior ragione, in caso di un reato, il diritto all'asilo può essere annullato.


Migranti, la doppia minaccia dell'Austria: "Barriere pure al confine ungherese"
Sale la tensione per l'emergenza immigrazione. L'Austria alza la voce: "Alfano e Renzi sanno benissimo qual è la situazione". E si prepara a chiudere il valico del Brennero. Ma Gentiloni avverte: "Un blocco al Brennero sarebbe grave"
Sergio Rame - Gio, 14/04/2016
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 46274.html

Non c'è nessun progetto di "muri" al valico del Brennero, almeno per ora. In una intervista al Corriere della Sera il ministra austriaco dell'Interno Johanna Mikl-Leitner sottolinea che "la politica di gestione del valico tra Austria e Italia non ha nulla a che fare con il voto" e che quindi non alcuna "propaganda".

Tuttavia, come precisa il ministro della Difesa Hanspeter Doskozil, in situazione di emergenza l'Austria potrebbe chiudere la frontiera. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, aspetta di capire le reali intenzioni dell'Austria prima di muoversi. "Se si tratta solo di parole e gesti simbolici penso che non ci saranno conseguenze sul terreno alla frontiera - ha avvertito - se invece ci saranno davvero muri sarebbe davvero molto grave".

Al confine tra l'Italia e l'Austria l'emergenza si sta alzando di ora in ora. Con l'arrivo della primavera hanno ripreso anche gli sbarchi dal Mediterraneo. Una nuova ondata di immigrati ha iniziato a riversarsi in Italia dalle coste libiche. "L'Ue ha un'unica strada - sottolinea Mikl-Leitner - ripartire le quote di profughi in ogni nazione". Quanto all'Italia, l'Austria ha già mostrato i propri programmi al ministro dell'Interno Angelino Alfano la scorsa settimana. "Lui e Renzi - pungola il ministro austriaco - sanno benissimo qual è la situazione". "Il mio governo farà di tutto per evitare misure drastiche al Brennero". A un patto. Che dei "nuovi" profughi dovrà occuparsi l'Italia. Sarà l'Italia a identificarli e a gestirli. "La nostra volontà di non 'intervenire' al Brennero ha assoluta necessità del supporto italiano - conclude Mikl-Leitner - noi austriaci abbiamo fatto il possibile per sostenere i richiedenti asilo: adesso l'impegno dovrà concentrarsi sull'integrazione di chi ha ottenuto il diritto a restare".

L'Austria è disposta a non costruire il muro al Brennero solo se il governo italiano sarà in grado di adottare politiche che fermino l'invasione. Parlando durante una riunione di partito, lo Sphe, a Innsbruk, Doskozil ha ribadito che se l'Italia continuasse a far passare i profughi e non riprendesse indietro i respinti, con il Tirolo trasformato in una grande sala d'attesa, verrà chiesto al premier Matteo Renzi di "poter controllare noi anche sul suo territorio". E, in caso di emergenza, saranno chiusi i confini. Il ministro ha inoltre avvertito: "Se L'Italia continuasse a far passare i migranti e la Germania dovessero continuare a monitorare il suo confine come fatto finora avremmo un serio problema in Tirolo, trasformato in una sala d'attesa". Per l'Austria è arrivato il momento di "andare in offensiva", ovvero "annunciare controlli di confini e creare le misure legislative". Dal primo giugno in Austria scatterà, infatti, l'inasprimento del diritto d'asilo. "Al momento ci sono tra le 100 e le 150 nuove procedura di asilo giornaliere. All'inizio di quest'anno sono già state presentate tra le 16-17 mila richieste. Il tetto massimo annuale fissato dall'Austria è di 37.500 domande di asilo.

Ma l'Austria non si ferma al Brennero. Infatti, prosegue la sua azione di chiusura anche a est, nel Burgenland, al confine con l'Ungheria. Qui, come riferisce l'Apa citando fonti di polizia locale, è in preparazione la costruzione di una barriera ai passaggi di Moschendorf e Heiligenbrunn. Piani analoghi per una veloce reazione agli eventi sono previsti in altri due punti di passaggio del confine autro-ungherese. Preparativi intrapresi in vista dell'entrata in funzione di un campo profughi a Koermend, sul versante ungherese. Il campo di Koermend è una tendopoli con capacità di 350 posti letto. "Non sappiamo quando sarà operativa, pensiamo fra poco", ha detto il responsabile di polizia Werner Fasching all'Apa. Ma l'esperienza dello scorso anno insegna che da quel campo i profughi proveranno a raggiungere il confine austriaco a piedi, ha aggiunto. Per questo, il ministero dell'Interno ha predisposto la realizzazione dei due posti di controllo di frontiera e il loro monitoraggio. Le richieste di asilo che verranno presentate saranno valutate, chi invece non ha diritto alla procedura verrà respinto, ha fatto sapere Fasching.
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » dom apr 17, 2016 11:13 am

???

Quel paragone improprio tra il "muro" di Vienna e la barriera difensiva israeliana
Massimo Montebove
16/04/2016

http://www.huffingtonpost.it/massimo-mo ... 08948.html

Il tentativo di paragonare il nascente "muro" di Vienna con la barriera difensiva costruita tra Israele e Cisgiordania, argomentato su Huffington Post da Eric Salerno, non regge e non mi piace.

Non regge perchè da una parte abbiamo uno stato, l'Austria, che, complice anche l'assenza di una vera politica europea in materia, vuole egoisticamente venir meno ai propri doveri di accoglienza nei confronti di persone che scappano da guerre e povertà. Dall'altra, invece, abbiamo un sistema di protezione contro gli attentati che ha prodotto risultati concreti: dopo la sua realizzazione è stato registrato, infatti, un calo di circa il 90% per cento degli atti terroristici che partivano dalla Cisgiordania settentrionale. Siamo passati da una media di 26 attentati all'anno a circa 3.

Non si tratta quindi di una "scusa" per bloccare il terrorismo, ma di un sistema efficace, magari poco ortodosso, ma evidentemente necessario in una realtà complessa come Israele, che ha avuto come primo risultato quello di salvare vite umane. Non solo. Va pure detto questa "linea" non divide israeliani e palestinesi, ma ebrei e palestinesi di Israele da un lato e palestinesi dei territori dall'altro. E' sufficiente farsi un giro a Umm el-Fahm, una delle più importanti municipalità arabo-musulmane dello Stato ebraico, per rendersi conto come anche molti palestinesi d'Israele apprezzino la barriera difensiva.

Infine, ma non meno importante, una piccola nota politica. La separazione era una storica idea della sinistra israeliana, poichè la destra non ha mai voluto definire i confini. I conservatori sono stati, nei fatti, obbligati a creare la barriera a seguito della recrudescenza degli attentati. Vorrei vivere davvero in una società senza muri, fatta soltanto di ponti; in una collettività accogliente che non escluda, ma includa; in un mondo dove cristiani, ebrei, arabi, fedeli di altre religioni e laici possano vivere e convivere tranquillamente. Le cose, purtroppo, sono un pò più complicate. Prima ce ne rendiamo conto, meglio sarà per tutti.


Alberto Pento

Mi dispiace ma non sono d'accordo che la barriera del Brennero sia frutto di egoismo, per me è identica a quelle israeliane; i diritti dei popoli europei sono identici a quelli ebraici e universali:

Muri, termini e confini, segni sacri di D-o
viewtopic.php?f=141&t=1919

Diritti Umani Universali dei Nativi e Indegeni Europei
viewtopic.php?f=25&t=2186

Non esiste un diritto assoluto all'accoglienza indriscriminata e non esiste un dovere assoluto di accoglienza indiscriminato; a deciderlo spetta soltanto ai leggittimi abitanti di ogni paese, comunita, stato, nazione, terra e a nessun'altro, tanto meno a un Papa. D-o non obbliga nessuno ad accogliere contro la sua volontà e possibilità. La discriminante è tra la libertà e la schiavitù. L'obbligo all'accoglienza indiscriminata equivale alla schiavitù ed è una gravissima violazione dei Diritti Umani Universali. I paesi europei in gravi difficoltà economiche non possono accogliere nessuno; i paesi che non lo gradiscono hanno tutto il diritto e il dovere a non accogliere clandestini e rifugiati pericolosi anche di dottrina politico religiosa islamica. L'Europa non ha il diritto di imporre alcunché specialmente contro gli interessi e il bene dei suoi cittadini.
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » sab apr 23, 2016 10:10 am

ISABELLA MECARELLI - Come in passato sono i Paesi dell’Europa orientale che bloccano l’ondata di invasione islamica
19/04/2016

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 6509680937


I Paesi dell’Europa orientale, corteggiati anni fa, non lo sono più oggi. La loro accoglienza è stata vivamente caldeggiata dalla UE, che ha cominciato ad allargare i suoi confini sempre più a est non appena è caduto il muro di Berlino. Il tentativo di colmare un vuoto creato dall’abbattimento del regime sovietico, la crisi degli altri governi comunisti che uno dopo l’altro, per effetto domino, sono stati spazzati via dal vento della storia, hanno alimentato le speranze di una grande Europa che vedesse finalmente abbattute le vecchie barriere della guerra fredda.

Subito dopo la delusione, visto che i nuovi regimi si sono presto rivelati per quelli che erano: di “democratico” avevano solo l’aggettivo, che mascherava una sostanza ben diversa. Il cambiamento si è risolto in pratica nella permanenza al governo degli elementi precedenti, che ora tuttavia, mentre dichiaravano concluso il vecchio sistema, affermavano con più grinta il loro potere, accaparrandosi con gran disinvoltura e per scopi personali le ricchezze appartenenti in precedenza allo Stato e perciò ai cittadini stessi, esprimendo con ciò un’idea alquanto originale di privatizzazione dell’economia, più esattamente definibile come furto.

La faccenda si è svolta in pratica così: i cittadini di uno stato ex comunista si sono visti sparire i loro depositi in banca, succhiati dagli esponenti del nuovo regime “liberale”. Gran parte delle industrie, di cui si erano appropriati i membri delle vecchie nomenklature, sono fallite una dopo l’altra. La disoccupazione è dilagata e con essa la miseria. Sono succedute le guerre nella ex Jugoslavia; l’esodo di centinaia di migliaia di persone in cerca di lavoro in Occidente. Il peso è risultato in particolar modo schiacciante per le spalle delle donne, che in molti casi hanno potuto scegliere solo tra il mestiere di badante o quello più vecchio del mondo. Il bilancio è stato amaro.

L’allargamento tanto ventilato ha costituito tuttavia un vantaggio per il mercato occidentale, una splendida opportunità per delocalizzare le industrie, per procurarsi manovalanza a basso costo e per favorire l’ampliamento della domanda.
Ma ora tutti i paesi europei, da ovest a est, devono fare i conti con il fenomeno più eclatante dei nostri tempi: l’esodo (anche indotto) di masse disperate provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente che, iniziato ormai da alcuni anni, si è fatto sempre più preoccupante, causa l’estensione delle guerre e l’aggravamento della crisi nell’area mediorientale.

È un’onda umana di profughi disperati, di gente in cerca di salvezza dalle guerre e dalle torture, a cui si mescolano masse di migranti economici; senza contare le infiltrazioni di individui e gruppi legati alle organizzazioni terroristiche. La risposta a tutto questo non è univoca, anzi. Si notano prese di posizioni differenti oltre che ondivaghe, che tornano a marcare come uno spartiacque le due grandi aree storiche dell’Europa.

È evidente da un lato la confusione in cui sguazzano i paesi occidentali che dopo tentativi di marciare uniti per affrontare con operazioni comuni il fenomeno (vedi Frontex, poi Triton), si stanno ritirando alla spicciolata, in modo del tutto disordinato, rimpallandosi le responsabilità o piuttosto affibbiandole agli Stati posti ai confini dell’Unione, quelli che si affacciano sul Mediterraneo, quindi in prima linea.

Si riscontra invece un atteggiamento più compatto, si potrebbe dire, dei paesi dell’Est che dopo un primo tentativo di cooperazione con gli stati centrali per organizzare l’accoglienza dei profughi, indirizzandoli verso i paesi ad essi più congeniali, hanno soppesato con più realismo la questione.

E questo li ha convinti che non fosse poi così sensato continuare a far entrare ondate di migranti che, dapprima richiamati dall’offerta “generosa” della Merkel, (che era disposta ad accoglierne solo una parte, cioè quella più economicamente conveniente per la Germania), e successivamente respinti dalla stessa per calcoli di politica interna, avrebbero gonfiato a dismisura la quantità degli sfollati nei loro territori.

I paesi dell’Est hanno da secoli fatto da baluardo alla nostra civiltà, senza ricevere neanche troppa riconoscenza da parte nostra, l’Occidente, ed ora si ritrovano a svolgere un’analoga funzione di contenimento degli “assalti” al nostro continente. Perché mai dovrebbero riempirsi sempre più di disperati, quando i loro Stati sono ancora così fiacchi in economia, mentre stanno tentando di uscire con sforzi immani da un’economia disastrata? Quale ruolo potrebbero giocare, e a chi giovare i nuovi arrivati in Paesi dove è altissima la disoccupazione e inconsistente il welfare? E così hanno attaccato a costruire confini ben tangibili verso Oriente, per poter frenare quella che ormai si prospetta chiaramente come un’invasione.

Troppo facile accusarli di egoismo e spietatezza; definirli “costruttori di muri”, elevatori di barriere. Così l’Occidente si scarica la coscienza, blatera di fallimento di Schengen, ma come ai vecchi tempi delle campagne turche in Europa, i popoli dell’Est sono tornati alla loro antica funzione di protettori dei nostri confini, quelli di cui i nostri governanti non si curano più, per avidità nel migliore dei casi, per interessi criminali nel peggiore.
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Re: Muri, termini e confini

Messaggioda Berto » dom apr 24, 2016 6:55 pm

La sciocca utopia di un mondo senza muri
Una società priva di confini e controlli non può esistere
Francesco Alberoni - Dom, 24/04/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 50419.html

Per poter continuare a esistere qualsiasi formazione sociale, sia essa un partito, una chiesa, una nazione deve avere un confine che separa coloro che ne fanno parte da chi ne è fuori.

E gli esterni per entrarvi hanno bisogno di un particolare permesso, di un lasciapassare. Se tentano di entrare ugualmente in modo clandestino sono considerati degli intrusi e, nel caso degli stati e se usano la violenza, sono considerati degli invasori e vengono respinti. Sulle coste della Francia sono ammassate migliaia di profughi che vogliono andare in Inghilterra, ma nessuna barca cerca di attraversare il canale della Manica vigilato dalla Royal navy. Alcuni paesi, come gli Stati Uniti, hanno fatto entrare moltissimi migranti ma solo dopo avere stabilito delle quote e una rigorosa selezione alla frontiera in cui respingono quelli che non condividono i loro principi e le loro leggi.

L'Unione europea invece è una formazione sociale che non ha propri confini, non ha proprie forze armate, non ha una propria polizia di frontiera e non ha nemmeno stabilito quanti profughi di paesi in guerra può ospitare. Ora poiché molti paesi asiatici e africani sono in uno stato di guerra continuo si può prevedere che saranno molti milioni quelli che ci proveranno. E questi si aggiungono i milioni di persone che sfuggono la povertà e la miseria ed entrano insieme ai primi. Di fronte a questo afflusso incontrollato alcuni paesi hanno riattivato in parte le frontiere interne. Sono questi i «muri» contro cui si sono scagliati quasi tutti i politici, gli intellettuali, il Papa e il presidente Mattarella.

Ma fra non molto saremo costretti a domandarci se sia possibile una società senza muri, cioè senza confini, in cui può entrare chiunque. In Europa è successo solo alla fine dell'impero romano quando i popoli germanici e i nomadi della steppa sono dilagati in tutto l'occidente.
???
Ma finita l'epoca barbarica, non appena sono sorte le città stato, sono rinati anche i confini e i controlli. L'Europa in questo ultimo decennio è vissuta all'interno di un'utopia pacifista e internazionalista, ma dovrà decidersi a guardare il mondo reale.


Alberto Pento

Il riferimento all'impero romano e ai barbari è del tutto errato e fuorviante: primo perché già l'impero romano era una costruzione violenta fondata sull'invasione militare; secondo perché i "barbari" arrivarono quando l'impero romano si stava disfacendo per le sue stesse contraddizioni accumulatesi nei secoli e sfociate in crisi economiche irreversibili con rivolte e guerre civili, dovute all'enormità della tassazione statale e parastatale del leviatano imperiale ed è stato grazie ai "barbari germani mai colonizzati dai romani" che l'Europa ha potuto trovare una nuova strada e risorgere dalle sue ceneri rimaste dal rogo della romanità.

Anche gli argini dei fiumi e le dighe dei mari sono muri. Come le fondamenta del pilastri dei ponti sono muri senza dei quali non vi sarebbero nemmeno i ponti. Anche le case, le chiese, gli ospedali, i terrazzamenti dei monti, sono costruzioni fatte di muri senza dei quali non esisterebbe nemmeno l'umanità. Sono i muri e le barriere che hanno permesso all'umanità di progredire e di evolvere. La pelle stessa dei nostri corpi e la membrana delle cellule sono muri, mura, confini, delimitazioni senza le quali non vi sarebbe la varietà infinità degli organismi, delle creature e delle forme, senza i muri non vi sarebbe l'universo e nemmeno la Creazione che inizia al Muro di Planck.
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