Cognomi e nomi ente l'ara istriana

Cognomi e nomi ente l'ara istriana

Messaggioda Berto » mer apr 08, 2015 9:24 pm

Cognomi e nomi ente l'ara istriana
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LODE E GLORIA AI COGNOMI CHE FINISCNO IN CH
simbolo di storia antica e di profondissme radice culturale.

https://www.facebook.com/antonio.ballarin.14

Di seguito, per chi ha pazienza, un belissimo resoconto di Guido Posar: molti di voi troveranno la radice del proprio cognome.

Guido Posar: "Pagine Istriane", organo delle Associazioni Istriane di Studi e di Storia Patria, Pola, anno 2°, III serie, n. 5 febbraio 1951, Trieste.

SONO PROPRIO SLAVI I NOMI TERMINANTI IN ICH?

Gli Slavi pretendono che la desinenza ich in cui terminano tanti nomi di località e di famiglie istriane sia una caratteristica slava e perciò slavi tutti i nomi in essa terminanti e di origine slava tutti coloro che portano quei nomi. Tale pretesa è così universalmente accettata che né in Istria e tanto meno in Italia, si è mai pensato di dubitare che i nomi terminanti in ich siano decisamente slavi e solo nei casi più assurdi si ammette che l'ich sia stata appiccicata come ad es. in Fabbrich, Mianich, Marinich ecc.

Ora l'ich è una desinenza slava corrispondente al latino icus ma solo nella forma, diversa invece nella sostanza poiché 1'ich slavo aggiunto a un nome dà ad esso valore diminutivo e anche vezzeggiativo mentre l’icus latino indica la pertinenza.
Bisogna poi sottolineare che l'ich slavo è preceduto quasi sempre dal suffisso patronimico ov, ev cosicchè Zarevich, Alexievich, Petrovich indicano rispettivamente il «piccolo figlio» dello zar o di Alessio o di Pietro ecc. In latino invece l’icus aggiunto per es. a Italia, villa, magus dà italicus, villicus, magicus che significano fornito delle caratteristiche cioè appartenente all’Italia, alla villa, al mago. Va ora sottolineato che, tranne come detto sopra, l’ich slavo non ha altre applicazioni. Inutilmente cercherete nella Slavia nomi di località terminanti in ich, non ne troverete neppure nella vicina Slovenia né nella Val d'Isonzo, qualche rarissimo in Dalmazia mentre si addensano in modo sorprendente proprio nell'Istria occidentale entro una larga fascia da Trieste a Pola, proprio in quella parte dell'Istria cioè dove più profonde e più inconfondibili sono le vestigia di Roma e di Venezia. E’ logico ora che questo fatto dia agli Slavi un argomento, che ha tutta la parvenza della inconfutabilità, a dimostrare che l’Istria, appunto perché così ricca di nomi di famiglie e di località terminanti in ich, è la più slava di tutte le terre slave di questo mondo assai più slava addirittura della Slovenia la quale se ha pochi cognomi in ich, non ha alcun toponimo uscente in quella desinenza !

Anzitutto va notato che le ich dei nomi istriani e dalmati sono o autentiche o posticce. Cominciamo da queste ultime. Ai preti slavi che nel secolo passato l'Austria aveva chiamato in Istria, era facile compilare una fede di nascita in latino (usando magari anche errate forme di ablativo) e portare cognomi come Micheli, Fabbri, Lauri, Marini alle forme Michelis, Fabbris, Lauris, Marinis: ed era il primo passo. In un secondo momento quei cognomi, trattati da impiegati pure slavi, diventavano senz'altro Marinich, Fabbrich, Laurich, Michelich. E quale contadino poteva avere argomenti da opporre a un prete prima e ad uno scrivano poi che in modo così elegante, giovandosi addirittura del latino, andavano alterando cioè slavizzando il suo cognome ? E quale persona onesta potrebbe oggi non togliere questi cognomi dal patrimonio onomastico slavo e restituirli a quello italiano cui indiscutibilmente appartengono ?

Questo per i nomi dalle ich posticce. Seguono quelli dalle ich autentiche, nomi di famiglie e di località e innanzi ai quali non si può non rimanere perplessi quando si considerino le loro radici le quali saranno tutto quel che si vuole tranne che slave.
E raccogliamo gli esempi in tre gruppi: 1) Petrich, Marsich, Letich, Arich, Simich, Ostich, Cepich, Pavich, Mucich, Icich, Persich, Bursich, Sorich e Zorich, Sossich, Barbich, Diminich, Lovrinich, Gullich, Blasich, Zotich, Maurich, ecc. 2) Babich, Schaurich, Primch, Roghich, Gustich, Viscovich, Silich, Rusich, Bicich, Roinich, ecc. 3) Cociancich, Stanich, Motoancich, Resancich, Marsanich, Cancianich, Fabiancich, ecc.

Anzitutto osserviamo che gli stessi slavi, da sempre, tendono a pronunciare questi nomi in plurale e cioè essi stessi non dicono Cepich, Mucich, Icich ma Cépici, Múcici, Icici, ecc. ; in secondo luogo basta poco ad accorgersi che la radice di questi nomi o è italica o è grecanica o è barbarica ma assolutamente non slava; da ultimo osserveremo che i due ultimi gruppi di nomi qui citati ad esempio, sebbene non sembri, sono in realtà i più latini di tutti. Ma allora come spiegare l'autenticità delle ich finali di tutti questi nomi ?
Già abbiamo detto che in latino colui che apparteneva all'Italia o all'Iberia era detto italicus, ibericus. Per la stessa ragione abbiamo nomi come: Adriaticus, Veneticus, Histricus, Carnicus, Flanaticus (da Fianona), Tarsaticus (da Fiume), ecc. Una antichissima divinità adorata in Istria era Sexomnia Leucítica; in lapidi romane del I secolo d.C. troviamo nomi come Túrica, Zóticus, Patàlicus o Pantàlicus; in altre lapidi romane del III e IV secolo d.C. troviamo nomi come Bóicus, Làmbicus, Bàlbica, Névica, Flaémica; in documenti istriani dell'alto Medio Evo troviamo nomi come Dominicus, Cancianicus, Mauricus, ecc. Ora, come per indicare che uno apparteneva alla città di Pola lo si diceva polaticus e veneticus se apparteneva alle genti venete, così uno che, figlio o servo, apparteneva alla famiglia di Zotus era detto Zóticus, ed una della famiglia di Nevius era detta Névica, ed uno della famiglia di Cancianus era detto Cancianicus. E come oggi ancora in Istria, per indicare i membri della famiglia per es. Maraston o Bibalo, si dice i Marastoni, i Bibali, così per indicare in complesso la famiglia di un tale Caepius o Mucius si diceva i Cépici, i Múcici proprio come ancora oggi gli stessi slavi nativi dell'Istria tendono a pronunciare questi nomi senza troncare cioè in essi la i finale !
Ed ecco gli altri nomi (da noi citati nei due primi gruppi) in quella che doveva essere la loro forma primitiva e, in parentesi, il nome originante : Pétrici (Petrus), Màrsici (Marsus), Létici (Laetus), Arici (Arius), Símici (Simius), Óstici (Ostius), Pàvici (Pavus), Ícici (Icius) Pérsici (Persius), Búrsici (Bursus), Búrici (Burus), Sórici (Sorus), Sóssici (Sossus), Bàrbici (Barbus), Dimínici (Diminus), Lovrínici (Laurinus), Gúllici (Gullus), Blàsici (Blasus), Zótici (Zotus), Màurici (Maurus), Bàbici (Papius), Scàurici (Scaurus), Prìmici (Primus), Róghici (Trogus), Gústici (Augustus) Víscovici (Episcopus), Sílici (Silius), Rúsici (Drusus), Róinici (Rufinus), Bícici (Bicius). Aggiungeremo che alcune di queste forme primitive subirono delle alterazioni, foneticamente assai logiche, nonché delle aggiunte e così per es. Símici si contrae in Simci cui, o per eufonia o per vezzeggiativo o per voluta slavizzazione si appiccica una ich: Simcich. Così Laurinus, Laurínici, Laurinci, Laurenci, Laurencich. Sórici si contrae e poi si tronca in Sorch. Interessante è la derivazione di Primus: Prímici, Primch, Prinz. Scaurici (da Scaurus) si palatizza, arieggiando una forma tedesca, e diventa Schaurich. Bàbici diventa Bàici e Baicich.Per intendere invece il terzo gruppo dei nomi noi citati è necessario ricorrere al seguente classico esempio.
Dopo le invasioni dei barbari, i popoli dell'ex impero romano non sentono più di potersi chiamare romani bensì soltanto un qualche cosa di simile, di approssimativo: non più romani ma romanici, poi romanci e oggi romanzi. Allo stesso modo i nomi del nostro III gruppo: Sextus (poi Sistus) era il padrone di un podere (praedium) e questo podere, per distinguerlo dagli altri, lo si chiamava, dal nome del proprietario, Sextanum (Sistanum) come Ancarianum (Ancarano) da Ancarius, Mummianum (Momiano) da Mummius, Stronianum (Strugnano) da Stronius, Paulinianum o Pavonianum (Paugnano) da Paulinus o Pavonius ecc. Ed ecco che per indicare gli abitanti del Sistanum, padroni e servi, si diceva i Sistànici e poi Stànici. Allo stesso modo dal proprietario Cocceius abbiamo il Cocceianum e la famiglia dei Cocceianici che si contrae (come romanici in romanci) e diventa Coceianci, Cocianci, cui, per le ragioni viste sopra, si aggiunge una ich: Cociancich. Così Timótheus, Timotheànum, Motuanum, Motuanici, Motoanci; Rhesus, Rhesanum, (da cui il nome del fiume Risano), Rhesànici, Resanci; Marsus, Marsanum, Marsànici; Cantius, Cantianum, Cantianici; Fabius, Fabianum, Fabianici, Fabianci, ecc

Si pensi ora agli Slavi che giungono in Istria e vengono a trovarsi innanzi a tutti quei nomi termi­nanti in ici: essi che posseggono la ich sono istintivamente, innocentemente portati a troncare l'ultima i di quei nomi. Essi cioè alla desinenza latina ici sostituiscono la loro desinenza slava ich il che è tanto più comprensibile se si considera che la ich slava ha un valore diminutivo, vezzeggiativo che si applicava molto bene a degli ormai poveri contadini di famiglie isolate nella campagna. Oltre a ciò gli slavi presero di peso nomi originali e li trattarono secondo la loro morfologia e così da Marcus, Gellius, Paulus, Faber, Blasus, ecc. vennero i rispettivi discendenti: Marcovich, Gelovich, Pavlevich o Pavlovich, Fabbrovich, Blasevich, ecc. Lo stesso fenomeno che in Istria ha provocato tanti nomi in ici troncati poi in ich, lo si può osservare anche in Dalmazia e basteranno i seguenti pochi esempi: Lucich (Lucius), Livich (Livius), Hlodich (Claudius), Ciuvich (Cluvius), Gelich (Gellius), Galich (Gallus), Ciulich (Julius), Martich (Martius), Delich (Dellius), Pavlich (Paulus), Ursich (Ursus), Matich (Amatus); Radus, abbreviativo di Corradus, ha dato Radich mentre in Istria il diminutivo Corradino, Corradín si abbrevia in Radìn. E’ nostra convinzione che quella della razza o nazionalità non sia una questione di nomi o di sangue ma unicamente di sentimento. Noi non siamo così ingenui da rinfacciare ad un Bernardi o a un Poletti o a un Lenaz il fatto che si sentano slavi per quanto il nome Lenaz, ad esempio, ricordi così stranamente quello del pretore romano M. Popilio Lenas citato da Livio nel XLI 14. Ed è per questa nostra convinzione che quasi ci fanno pietà coloro i quali si trovano a non possedere alcun altro migliore argomento da porre sulla bilancia delle “loro” rivendicazioni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » mer apr 08, 2015 9:25 pm

Mi dispiace tanto ma le argomentazione svolte e presentate da Guido Posar non sono proprio esatte, alcune fanno acqua da tutte le parti:

1) l'area istriana era abitata dagli istro-illiri (che per la Teoria della Continuità etnolinguistica dal Paleolitico erano già slavi da sempre e non altro di indefinito e indefinibile come certa tradizione indoeuropeista li vorrebbe: "preindoeuropei o indoeuropei indefinibili"?);

2) l'area istriana è stata invasa dall'esercito dello stato romano che ha compiuto massacri come a Nesazio, ma non ha sterminato del tutto gli indigeni istro-illiri per poi sostituirli con genti romane che caso mai, come migranti invasori, si sono inserite, integrate, mescolate assieme ad altri nel corso dei secoli e dei millenni con gli indigeni;

3) gran parte della toponomastica e dell'idronomastica dell'area istro-dalmata ha radici nelle lingue indigene locali già in epoca preromana e non nel latino dello stato romano o nei nomi di migranti italici o latini;

4) in epoca romana la gente indigena dell'Italia e dell'Europa, dominate dallo stato romano, non è diventata romana in senso etnico, perdendo le sue radici indigene ma lo è divenuta in senso politico (cittadinanza o suddidanza), al termine dello stato romano le genti indigene hanno perso soltanto la qualifica politica "romana" ma hanno conservato la loro "stratificazione-mescola" storica. La qualifica "romani, romanici, romanzi/romanci" è un'aggettivazione politica (indicante il dominio politico, a Roma i romani continuano a chiamarsi romani, altrove dove le radici etniche non sono romane allora i dotti si sono inventati la trafila dotta di "romani, romanici, romanzi/romanci" che riflette le varienze linguistiche storico-geografiche. In Veneto o Venetia o in terra veneta, i veneti hanno continuato a chiamarsi veneti da prima della dominazione romana fino ai giorni nostri;

5) molti cognomi derivanti da nomi caratterizzanti l'epoca cristiana, appartengono a genti indigene che le hanno assunte con la flessione propria della lingua del dominio politico e di per se non esprimono radici etniche romane o italiche, esempi Bernardo, Bernardi e Paoletti, Poletti;

6) Boicus ha la radice dei celti Boi, per esempio nelle iscrizioni venetiche abbiamo un Boios e a Trieste un Boius (CIL 579-Trieste); una suffissazione latina o italica non trasforma un celta in un romano o un indigeno istro-celta in un romano di Roma migrato in Istria;

7) la teoria dei prediali che vorrebbe molti toponimi, oronimi e idronimi derivanti da nomi romani o latini di prioprietari del fondo è priva di ogni fondamento, è un'invenzione dei dotti per nascondere la loro grande ignoranza e dare una risposta in linea con l'ideologie del dominio politico imperante; un esempio è Ancarano (che non deriva affatto dal cognome Ancarius) ma Anca è radice germanica e indica sponda, declivio (vedasi Angarano nel bassanese vicentino);

8) in generale sono rarissimi gli idronimi che derivano da nomi/cognomi di persone, personalmente non me ne ricordo nemmeno uno;

9) Corrado e Bernardo sono nomi/cognomi di origine germanica;

10) ...
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » mer apr 08, 2015 10:02 pm

Istria (Kinome o toponomemo de ara xlava)
viewtopic.php?f=152&t=737
viewforum.php?f=152

Istro, Istria, Dniester, Irtys, ...
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /istro.jpg

Donau, Danubio
viewtopic.php?f=45&t=967
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » mer apr 08, 2015 10:39 pm

Istri, Iliri, Xlavi
viewtopic.php?f=152&t=510

Trieste (kinome o toponemo de ara xlava)
viewtopic.php?f=45&t=330

Castełàri (II miłegno v.C.)
viewtopic.php?f=152&t=739

Castełàri furlan istriani (çentenari de ensedianse co dexine de miłara de omani o parsone)
viewtopic.php?f=43&t=829

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... istria.jpg


I castellieri erano situati in cima a colli conici
http://www.crsrv.org/it/istria_tempo/PDF/45-70.pdf

I castellieri erano situati in cima a colli conici, sugli speroni sovrastanti le valli di alcuni paleocorsi d’acqua, su pianori circondati da profonde doline carsiche, lungo la costa marina e sulle isole. I loro numerosi ruderi sono oggi facilmente individuabili nel paesaggio grazie alle cime tronche delle alture e alle pendici terrazzate, senza dire che diverse città odierne, specie quelle in quota, si sono sviluppate dagli antichi castellieri. Lo confermano pure le numerose indicazioni topografiche tuttora in uso, come Gradina, Gradac, Gradišće o Gračišće, Stari grad, Castellier, Castelvenere ecc.
Nell’ elenco del 1903, C. Marchesetti ne conta, nell’area che comprende le isole del Quarnero, l’Istria fino alla Fiumara, la Carniola, il Litorale sloveno e la valle dell’Isonzo, ben 455 unità, di cui circa 350 nella penisola istriana.
Non sappiamo quando tutti questi abitati nacquero, quanto a lungo vissero o quando la vita vi si spense. Solo in pochi di essi sono stati effettuati scavi archeologici, e nella maggioranza dei casi la datazione viene stabilita in base alle caratteristiche dei tanti reperti di superficie di frammenti fittili.
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » gio apr 09, 2015 6:57 am

Poła no lè sta fondà dai romani e gnanca el so nome el vien da luri o dal latin:

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Pola-s.jpg

http://it.wikipedia.org/wiki/Pola
Pola (in croato Pula, in istroveneto Poła, in istrioto Puola, in sloveno Pulj, in tedesco Pola) è una città della Croazia di 57 765 abitanti (al censimento del 2011), la maggiore dell'Istria nonché suo capoluogo storico.
Sorta forse (de seguro !) su un antico castelliere, si sviluppò in età romana (I secolo a.C. - a xe natural ke ła se gapie sviłoupà longo i secołi e prasiò anca ente łi ani del domegno roman) succedendo all'antica Nesactium, massimo centro degli Istri, situata a una decina di km dall'attuale abitato.


Połexene, Połexia, Połexela, Połeo, Połeje (Polegge) - Poła, Po, Połexeła e Pol
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ZiS1U/edit
viewtopic.php?f=45&t=980

Immagine


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 1/Pola.jpg

???
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... merano.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... olazza.jpg

Cfr. co:

La Pola (in russo: Пола́?)
http://it.wikipedia.org/wiki/Pola_%28fiume%29
La Pola (in russo: Пола́?; anche conosciuto come Vergot' o Baklan') è un fiume della Russia europea occidentale (oblast' di Novgorod), tributario del lago Il'men'.
Ha origine dai rilievi collinari del versante nordoccidentale del rialto del Valdaj; scorre poi con direzione mediamente nordorientale, successivamente settentrionale in un'area di basse colline moreniche alternate a zone pianeggianti paludose. Giunta nel suo basso corso, prende direzione nordoccidentale scorrendo con corso grossolanamente parallelo a quello del fiume Lovat', con il quale condivide la zona deltizia nel lago Il'men'.
I maggiori affluenti della Pola sono Polomet' (150 km), Javon' (87 km) e Ščebereka (56 km), tutti provenienti dalla destra idrografica.
Il maggiore centro urbano toccato nel suo corso è il villaggio omonimo, nel basso corso del fiume. La Pola è ghiacciata, in media, da dicembre ai primi di aprile.

Polesie
http://pl.wikipedia.org/wiki/Polesie

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... olesin.jpg


Polesien
http://de.wikipedia.org/wiki/Polesien
http://sv.wikipedia.org/wiki/Polesien

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... olesie.jpg

Polesia
http://it.wikipedia.org/wiki/Polesia
La Polesia, una delle aree paludose più estese d'Europa, è situata nella parte sud-occidentale del Bassopiano sarmatico, prevalentemente entro i confini di Bielorussia e Ucraina, ma anche parzialmente in Polonia e in Russia. Le aree paludose della Polesia sono conosciute come paludi del Pripyat (dal fiume Pripjat') o di Pinsk. Il nome Polesia deriva da una radice slava che si può tradurre a senso con "bosco".
Polacco Polesie; bielorusso Палесьсе (Paleśsie); ucraino Полісся (Polissja); russo Полесье (Poles’e); latino: Polesia.
Un abitante della Polesia si chiama Palašuk in bielorusso, Polishchuk nel dialetto ucraino della regione, Poleszuk in polacco, Poleshchuk in russo.

http://cs.wikipedia.org/wiki/Poles%C3%AD_(region)
http://en.wikipedia.org/wiki/Polesia
http://fr.wikipedia.org/wiki/Pol%C3%A9sie
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » gio apr 09, 2015 6:57 am

Łi barbari romani: çeveltà e ençeveltà, masacri e rexistense
viewtopic.php?f=111&t=574
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... l0bVE/edit
Immagine

El masacro e ła rexistensa de łi Istri a Nexasio

Stermegno de łi istro-iliri de Nexasio
viewtopic.php?f=110&t=375

Nexasio

http://it.wikipedia.org/wiki/Nesazio

Nesazio, oltre ad essere molto probabilmente il maggiore centro degli Istri (Histri), loro capitale regale e religiosa da cui dopo la penisola stessa prese il nome, salì all'onore delle cronache al momento della conquista romana nel 177 a.C.: il castelliere fu una delle ultime sacche di resistenza nella penisola (assieme ai due centri fortificati di Mutila e Faveria, pure essi nella bassa Istria) e sopportò un lungo assedio e la deviazione delle acque che lo rifornivano prima d'essere espugnato e saccheggiato.
Prima dell'entrata delle truppe romane buona parte della residua popolazione, tra cui il re histro Epulo (o Epulone) e l'intera sua corte, preferì il suicidio piuttosto che arrendersi e cadere in schiavitù a un nuovo sistema romanizzato da loro visto come barbaro ;
i rimanenti sopravvissuti furono quasi tutti ridotti in schiavitù
.
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » gio apr 09, 2015 7:00 am

I CACCIATORI DELLE GROTTE - DI SAN DANIELE E SAN ROMUALDO - LA CERAMICA AD IMPRESSO DELLA BASSA ISTRIA
I CASTELLIERI e I MONUMENTI FUNEBRI DELL’ETÀ DEL BRONZO - MONCODOGNO e GLI ISTRI: I CASTELLIERI
GLI ISTRI: I TESORI DELLE TOMBE e GLI ISTRI IN AMBITO ADRIATICO E CENTRO-EUROPEO
NESAZIO CAPITALE DEGLI ISTRI e L’ARTE DELLE SITULE A NESAZIO
http://www.crsrv.org/it/istria_tempo/PDF/45-70.pdf


Leggendaria Nesazio: la Micene istriana dai mille segreti

http://www.istriadalmazia.it/archivio-i ... iew&id=197

La leggendaria Nesazio, in latino Nesactium, che ancora oggi conserva gelosamente i suoi mille segreti nei quali gli archeologi sono riusciti a sbirciare appena, era l’antica capitale degli Histri, popolo di origini indoeuropee formatosi all’inizio dell’era del ferro. L’odierno sito archeologico è situato a neanche un chilometro di distanza dal centro di Altura, ad est di Pola, sul colle detto Glavizza o Casal Tagucio, proprio sopra il canalone che sovrasta Porto Badò, località che gli storici ritengono fosse il punto nel quale salpavano e approdavano le navi guerriere dei coraggiosissimi sudditi del mitico re Epulo.
Nesazio fu, probabilmente, l’unico abitato istriano ad aver avuto carattere di città già ai tempi della preistoria. Quel che è certo è che in un lontanissimo passato fu importante centro religioso e il più forte castelliere istriano delle popolazioni autoctone dell’epoca che oppose resistenza all’avanzata romana. In origine quest’abitato era protetto da una doppia cinta muraria. Si formò nell’età del bronzo, circa nel XV secolo a.C. ed è annoverato fra le più antiche sedi in cui veniva praticata la cremazione dei defunti. Le ceneri dei morti, come confermano i tanti reperti archologici che sono stati rinvenuti nel corso degli anni in questo sito, venivano poste in urne protette da lastre di pietra, che venivano sotterrate o poi collocate in buche scavate a volte nella viva roccia.
La vita qui continuò ininterrotta dall’età del bronzo attraverso tutta l’età del ferro, fino alla fase più recente del II secolo a.C.
Diventata centro politico della federazione delle tribù illiriche degli Histri che, a quei tempi popolavano l’intera parte meridionale della penisola istriana. I ripidi pendii del colle di Casal Tagucio offrivano alle genti che scelsero di insediarsi qui in antichità, un ottimo riparo sia dalla parte del mare che da quella di terra. Ai piedi del colle un tempo doveva esistere anche un castello cinto da bastioni, dei quali una parte venne usata fino al periodo tardo antico. Fra queste mura possenti ed il villaggio c’erano delle terrazzate. Lungo il lato occidentale della fortezza gli archeologi hanno rinvenuto una necropoli preistorica con 114 tombe, mentre altre, contenenti urne e risalenti all’era del ferro sono state scoperte anche al di fuori da questo perimetro, sotto a resti di un tempio e di una villa romani.
Oggi nel visitare questo sito archeologico, soprattutto se lo si fa in questo periodo, fuori stagione turistica, si ha l’impressione di essere soli al mondo. A momenti il luogo fa ritornare in mente l’antica città dell’Argolide: la straordinaria ed epica Micene. E riesce difficile immaginare l’aspetto che poteva avere l’insediamento ai tempi della preistoria, quando il luogo doveva essere pieno di vita.
Certo è che a Nesazio la vita scorreva senza interruzioni dalla fine del VI o dall’inizio del VII secolo a.C., fino all’arrivo dei Romani. Dopodiché Nesazio divenne roccaforte delle truppe romane sulla strada che da Pola porta ad Albona. Durante le devastanti invasioni longobarde (???), tra il VI ed il VII secolo, Nesazio fu probabilmente raso al suolo una seconda volta. Tale supposizione troverebbe conferma nel fatto che a questa località non si fa ceno nel placito del Risano che è dell’804.
Durante gli scavi archeologici effettuati nell’area sono stati scoperti reperti di inestimabile valore: tantissimi frammenti di oggetti d’uso comune e quotidiano, anfore e giare, due preziosissime sculture, una raffigurante una nutrice, l’altra un guerriero nudo, che oggi vengono custoditi nel Museo archeologico istriano che ha sede a Pola.
I resti visibili oggi sul sito sono i margini di un villaggio di forma ogivale, quelli di due basiliche che risalgono al periodo del primo Cristianesimo ed i resti delle mura sulle quali in un lontanissimo passato, poggiavano dei tempi. Del periodo romano e di quello primo medioevo, si riconoscono la struttura urbanistica con il grande Foro e le basi che dovevano appartenere a tre tempi, fra i quali il Capitolium ed il Tempio dedicato ad Eia, dea istriana della fertilità, dell’amore e della saggezza, divinità che insieme a Trita, Melesoco, Sentona e Histria Terra veniva venerata dalle genti che in antichità popolavano l’insediamento. A confermare l’ipotesi che uno di questi luoghi di culto fosse dedicato ad Eia sono la testa di una scultura arcaica di forte influenza greca e quella di un corpo femminile che raffigura una partoriente. Sul luogo sono stati rinvenuti inoltre i resti di ampie Terme romane e di altre importanti istituzioni di carattere pubblico e privato.
Tra i resti della più grande delle due basiliche rettangolari e parallele, che risalgono al V secolo, si possono riconoscere l’abside inclusa in un rettangolo e le navate laterali, che dovevano essere separate da quella centrale da delle possenti mura.
Tra i tanti reperti di eccezionale valore venuti alla luce a Nesazio c’è una situla con naumachia dell’età del bronzo, unica del suo genere, che raffigura una battaglia navale. A trovarla nel 1981, sotto a due metri di detriti, tra i resti di una tomba dell’età del ferro incredibilmente ricca di cocci, durante una delle tante campagne di scavi, che qui continuano fin dal lontano 1900, fu Kristina Mihovilić. Aiutata nelle ricerche da quattro pensionati, l’archeologa polese scoprì un ammasso di frammenti di recipienti di ceramica e di metallo. Tra questi ultimi tutti di bronzo, che grazie all’intercessione del dottor Mitja Guštin di Lubiana, vennero poi sottoposti a un particolare trattamento di pulitura e di restauro nelle officine del Romisch-Germanisches Zentral-museum di Magonza, c’era anche la situla.
Nel lessico archeologico questo termine indica un recipiente di forma conica che faceva parte del corredo per le bevande. Veniva fabbricato con sottile latta di bronzo e solitamente vi venivano incise sopra, con tecnica a sbalzo, raffigurazioni decorative di scene ludiche, di guerra, di caccia o effigi di soldati e di animali. Allo stesso modo venivano decorate le guaine delle armi, a volte i coperchi delle pentole, le fibbie ed altri oggetti decorativo ornamentali. La grande sorpresa di tutti fu che sulla situla di Nesazio compariva la raffigurazione di una battaglia navale, motivo assai raramente rinvenuto su dei reperti archeologici. Quella raffigurata sulla situla di Nesazio è una nave a remi in combattimento, piena di guerrieri armati con lance e frecce, alcuni dei quali, colpiti dal nemico, sono in procinto di cadere dall’imbarcazione.
Esaminato a lungo ed accuratamente l’interessante reperto di raffinata fattura, gli esperti conclusero che la scena raffigurata sulla situla di Nesazio doveva essere stata lavorata a sbalzo verso il 500 a.C., in un luogo, comunque, lontano dall’Istria. Essendo stata rinvenuta in una tomba di Nesazio, doveva essere tuttavia appartenuta a qualcuno degli abitanti di quest’insediamento. Magari a qualche antico antenato di re Epulo, che in quell’incisione volle esaltare le proprie eroiche gesta o quelle dei suoi avi.
Le raffigurazioni della situla di Nesazio confermano comunque l’importanza che dovevano avere la navigazione ed il mare per gli antichi Histri. E chissà, forse quell’incisione è una flebile connessione con il famoso mito degli Argonauti e del Vello d’oro di Medea. Forse la nave sbalzata in rilievo su quella sottile lamina di bronzo è proprio quella che con a bordo il gruppo di cinquanta eroi guidati da Giasone, diede vita ad una delle più famose ed affascinanti narrazioni della mitologia greca. Forse gli Argonauti approdarono proprio a Porto Badò. Forse furono loro gli antenati degli Histri. Forse.
da La Voce del Popolo – Dicembre 2008

La secia bronxea de Nexasio co anca fugourà na naveta a remi de coele cuxie

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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » gio apr 09, 2015 7:08 am

Boios e Tivalei Bellenei
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Cognomi dei veneti
viewforum.php?f=41


Quaderni del Dipartimento di Linguistica - Università di Firenze 15 (2005): 55-122
PRECOCI COMPETENZE LINGUISTICHE NELL’ERUDIZIONE STORICOANTIQUARIA:
LE PRESENZE LONGOBARDE NEL GLOSSARIUM
ARCHAIOLOGICUM DI HENRY SPELMAN
Giovanna PRINCI BRACCINI

http://www.linguistica.unifi.it/upload/ ... princi.pdf


9. angargathungi .ricchezza fondiaria di un uomo libero.. [p. 256b] « GARATHINGI, al. GARGATHINGI, et GARATHINX. Longob. lib. 1. Tit. 7. l. 15 [= Rot. 74]. --- ille qui plagaverit eum componat qualiter in garathingi, id est, secundum qualitatem personae. Et l. prox. seq. [= Rot. 48] nec non Tit. 9. § 3 {= Rot. 14]. Si ingenuus fuerit, qualiter in garathing homicidium componat. Garathinx. Longob. lib. 2. Tit. 17. l. 1 [= Rot. 375]. Si gastaldius aut quislibet actor Regis --- aliquid per garathinx, id est, donationem ab alio quocunque factam, conquisierit, sit sibi stabile, etc. Lib. eodem Tit. 15. l. 1 [= Rot. 172]. Si quis res suas alii thingare voluerit, non absconse, sed ante liberos homines ipsum garathinx faciat. Et ibi l. 3 [= Rot. 174]. Nulli donatori liceat ipsum thinx quod antea fecerit, iterum in alium hominem transmittere: tantum est ut ille qui garathinx susceperit, tales culpas non faciat donatori suo
quales solent ingrati filii parentibus suis facere
. Garathinx (inquiunt Glossae) donatio universitatis. Aliae Glossae: Garathinx fecerit, id est, donatum quid fecerit extra hostem. Et Papias: Garathinx, donum. Sic Lindenb. Sed cum Thinx simpliciter (Saxonice ĐING) donum et munus significet: garathinx amplius
quiddam significaturum videtur: forte munus liberum, atque illud quod omnino, et integro datur: donationem (ut inquiunt Glossae) universitatis; Gear enim et gar Sax. GEARE: omnino, prorsus, potius, etiam quod paratum est. Vide Thinx et Perthinx ». Non può non meravigliare che Spelman faccia un unico lemma di due termini, angargathungi e gairethinx, ben distinti sia nella forma e nella etimologia, sia nel significato (ma non diversamente si comporta Lindenbrog nel suo Glossario s.v. garathingi). Spelman dedica il capoverso iniziale al primo termine (che ha lemmatizzato. Garathingi, al. Gargathingi., usando cioè due forme assolutamente minoritarie nella varia lectio offerta dalla tradizione manoscritta), cita due dei tre contesti in cui appare (il terzo, Rot. 48, in verità non aggiungerebbe nulla offrendo una glossa identica a Rot. 74), e non tenta la minima spiegazione. Si tratta di un termine dalla tradizione ms. abbastanza disastrata nel secondo membro (-gathungi, -gathin, -gathun, -gatheit, -ghathunt, -gathungin, - gagthungi, -thungi, -a thungi) e costante in angar- (salvo il garga- del ms. di Madrid 413 dell.Edictus) nel componente iniziale, un termine che ancora non gode di soddisfacente spiegazione specie per quello che riguarda il secondo elemento.
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » gio apr 09, 2015 7:12 am

El rio Rixan (Risano) nol riva dal nome de on roman dito o ciamà Rhesanum:

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Risano (in sloveno Rižana)
http://it.wikipedia.org/wiki/Risano_%28fiume%29
Il Risano (in sloveno Rižana) è un fiume sloveno lungo 19 km del comune di Capodistria. La sorgente del Risano (Izvir Rižane) si trova sul margine carsico presso la chiesa di Santa Maria (Sv. Marija) nei pressi dell’insediamento di Besovizza (Bezovica). Il fiume, scorrendo verso il Vallone di Capodistria (Koprski zaliv), passa a ovest del colle Sermino (Srmin) scaricandosi quindi in mare. Parte delle sue acque defluiscono ancora nella Val Stagnon (Škocjanski zatok) attraverso un canale di scolo (razbremenilnik), retaggio del "Risano vecio".
Presso la sorgente vi sono le opere di presa dell’acquedotto del Risano (Rižanski vodovod).
Il suo flusso medio annuo del fiume è di 4,6 m³, oscillando, a seconda delle precipitazioni e stagioni, dai 0,2 m³ ai 30 m³, con un picco massimo di 112 m³. Il bacino del fiume misura 202 km² (dei quali 120 km² sulla superficie carsica).
Il fiume ha 12 affluenti di destra e 6 di sinistra, tra cui il torrente Cristoglie (Hrastovski potok), il torrente Racorazzo (Rakovec potok) e il torrente Martesìn (Martežin potok).[2]

Cfr. co :

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... risine.jpg


Raetia/Retia/Rezia
viewtopic.php?f=45&t=171
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... VzdDg/edit
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Rexia e Adexe
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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /Rexia.jpg

Val Rexia, Rexiuta e rio Rexia
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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... utta-1.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... utta-3.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... s-2561.jpg

Reka
http://sl.wikipedia.org/wiki/Reka
Reka (Timavo)
http://www.slovenia.info/it/reke-ribolo ... 4195&lng=4
Reka (river)
http://en.wikipedia.org/wiki/Reka_%28river%29
http://sl.wikipedia.org/wiki/Reka_%28reka%29


Rio, rivo, rivus, rivier, revier, riviera, rivaro,
liviera (?), lixiera (?), vivaro (?), varo (Varus/Var), ...

viewtopic.php?f=45&t=929

Retron, Retrona, Retenone, Rodano, Rerrone, Rodrone, Rodolon, Aedrone
viewtopic.php?f=45&t=1506

Rana, Reno, Rindola, Rieƚo, Rill, Inn
viewtopic.php?f=45&t=1194
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Re: Cognomi e nomi ente l'ara istro-dalmata

Messaggioda Berto » gio apr 09, 2015 7:13 am

Italianizzazione (fascismo)

http://it.wikipedia.org/wiki/Italianizz ... ascismo%29

« Basta con gli usi e costumi dell'Italia umbertina, con le ridicole scimmiottature delle usanze straniere. Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi, o di Londra, o d'America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare a noi, come guardarono a Roma o all'Italia del Rinascimento… Basta con gli abiti da società, coi tubi di stufa, le code, i pantaloni cascanti, i colletti duri, le parole ostrogote. »
(Il costume da Il Popolo d'Italia del 10 luglio 1938)

Tra i molteplici aspetti di questa politica, si ricordano:
...
l'italianizzazione di moltissimi cognomi non italiani (per esempio gli sloveni Vodopivec in Bevilacqua, Russovich in Russo, Krizman in Crismani, ecc.), portata avanti dallo Stato italiano. Solo nella provincia di Trieste, ad esempio, furono italianizzati i cognomi di più di centomila persone di origine slovena e croata. Con il Fascismo l'opera divenne sistematica: se si riteneva che il cognome avesse radice latina o italiana, l'italianizzazione (definita in questo caso "restituzione") avveniva d'ufficio, senza richiesta di consenso all'interessato, mentre, se il cognome era chiaramente straniero, l'italianizzazione (qui, "riduzione") era "facoltativa", anche se "raccomandata" spesso sotto minaccia, specie per i funzionari pubblici, ai quali un cognome straniero poteva arrivare a bloccare la carriera.
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