Biajo Marin de Gravo

Biajo Marin de Gravo

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2014 8:26 pm

Biajo Marin de Gravo
viewtopic.php?f=28&t=311


Gravo, Grado, Grau/Grao (etimoloja e storia)
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ZPak0/edit
Immagine



El sito de Biajo Marin
http://www.biagiomarin.it/Framemain.htm
http://www.biagiomarin.it



Lásseme cantâ

Oh! lásseme cantâ
son solo una sigala
e per duta l’istà
canto solo co’ l’ala.

Un monotono crío
che ingrixa ‘l sielo blu,
ma xe ‘l recordo mio
che se leva per tu.

No stâ tôme ‘sto sigo
d’amor che te ferisse
comò le stele fisse
che a notte fa un rivo.

Fin a l’ultimo fiào
‘sto crío d’inamorào
lásselo verze el sielo
co’ ‘l tagio d’un cortelo.

Xe solo ‘l baso mio
su la to boca d’oro;
fin che me moro
‘sto baso asseta, Dio!



El se confronte co sto grando poeta spagnolo:

Juan Ramón Jimenez, poeta spagnolo
(poesia in lingua spagnola):

Cancion

Cuando tus manos eran luna
cojieron del jardín del cielo
tus ojos, violetas divinas.

¡Qué nostaljia, cuando tus ojos
recuerdan, de noche, su mata
a la luz muerta de tus manos!

¡Toda mi alma, con su mundo,
pongo en mis ojos de la tierra,
para mirarte, mujer clara!

¿No encontrarán tus dos violetas
bello el paraje a que las llevo,
cojiendo en mi alma lo increado?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Biajo Marin de Gravo

Messaggioda Sixara » dom gen 05, 2014 8:46 pm

Meto cuà on fià de roba ca ghevo zà scrito su B.Marìn:
na poexia me ricordo, in morte de Tonino Guerra

Ste siti
moveve pian
vien da lontan
in svolo i piti.
Solo parola
che passa:
su tera bassa
solo nebiola,
che 'l vento sperde
ne l'ora
e duto 'l verde
scolora.
Drio de le quinte
la morte
co' le so porte
verte sul ninte.
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Re: Biajo Marin de Gravo

Messaggioda Sixara » dom gen 05, 2014 8:51 pm

La laguna B.Marin

Chi venga dalla terraferma e scenda con i fiumi e le grandi strade dalle prealpi o dalle aeree cortine dei colli, e s'accompagni con le limpide rogge giù per le pianure della Furlania verso le solitudini
di Aquileia, e infine anche queste sorpassi, arriverà con esse al mare, là dove la terra s'affonda con infinita dolcezza. Prima di giungere, ancora tra i campi di grano e i profumati vigneti senti le prime folate salmastre del mare. (...) ma la terra ancora ti urge d'intorno e ti limita il cielo.
Poi ecco, si spalanca un grande occhio celeste, e tu rimani con l'anima aperta, e sorridi come in sogno all'incantesimo.
(...) l'anima si salva sull'isola breve di quel canto che ti dà la misura sgomenta della tua perdizione. Lontana è ogni realtà: non monti, non città, non case. Ogni materialità vi è attenuata, domina solo la luce. L'anima ingombra di passioni, a poco a poco si libera, poi si apre: vi entra flottando la luce; si stende sotto il cielo come fanno le acque, che sono tutt'occhi e sorrisi.

( corsivo mio)
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Re: Biajo Marin de Gravo

Messaggioda Sixara » dom gen 05, 2014 8:57 pm

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 7EFB9F.jpg

Le vele B.Marin
I
Quando nei lunedi mattina dell'aprile, la flottiglia peschereccia usciva dal porto a vele spiegate, io dalla diga la stavo a guardare. Filavano le barche leggere e silenziose, come le nubi che la primavera sventaglia in ponente. E mi portavano via il cuore, che sentiva il gorgoglio della scia timoniera e l'odore del catrame.
Facevano un tenue baffo, che montava per l'asta di prora e si arricciava in volute bianche di spuma, scendendo dai fianchi come un riso di felicità. Io lo sentivo nella mia carne, fresco e verdino.
le vele avevano l'ansa piena di vento e volavano liete, e il mio cuore nostalgico navigava dietro di loro.

II
Ché al mio paese non c'erano alberi che a primavera rallegrassero i cieli e gli occhi con la fioritura (...) Gli alberi nostri erano senza corteccia, piallati sui nodi e spalmati d'olio di lino. Erano alberi senza radici piantati nello scasso squadrato di rovere dura.
Ma sotto Pasqua, o subito dopo quando tornava dalla terra il maestrale e il mare ripigliava il suo moto e quella particolare luminosità che preludia l'estate, anche i nostri alberi mettevano al sole il loro fiore purpureo, la vela grande, che ardeva nelle solitudini dei gorghi marini. Quando in porto si alzavano le vele (...) fioriva ogni anno nei cuori, timida, ma pure certa , la speranza. Fin che le vele erano in mare c'era nei cuori l'aspettazione di un qualche bene, e come una luce di primavera.
Le donne e i vecchi le guardavano partire commossi e per i bimbi erano una festa, e si ubriacavano dei loro colori e del volo.


III
Tristi sono le solitudini del mare senza le vele. Ma ne basta una per darti gioia e conforto. Cupa è la barca come una bara, e dolorosamente costrittiva, ma leggera e incelata è la vela.
Quando la miseria ci opprime, quando il male ci nega la possibilità di vivere e diventa un gorgo di perdizione, quando la disperazione s'aggruma nel cuore, basta talora la vampa della vela contro il sereno, per farci guardare in alto, sciogliere il grumo e rasserenarci.
Sopra le nostre teste, grande, spaziata, quella beata solarità.
...
Verrà un giorno che saranno ammainate per sempre. Per millenni sono state le nostre ali, l'anima sprigionantesi in fiamma dalla nostra necessità. Hanno imbandierato i porti, hanno fiorito i mari, queste meravigliose creature della nostra vita.

( la felicità pal poeta l è fresca e verdolina..)
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Re: Biajo Marin de Gravo

Messaggioda Sixara » dom gen 05, 2014 9:07 pm

Anca mi a vojo farlo on confronto, ma nò co Jimenez, più modestamente ( ma gnanca tanto) co Carlo Boscolo de Sotomarina :

Poesia del mare C.Boscolo

Mentre dall'alto mare
le barche pescareccia
ritornano a riva
sembrano spose
adornate
d'aloni di gabbiani

La terra dei gabbiani C.Boscolo

Come una nuvola sopra il mare
i Gabbiani dai geometrici voli
armoniosamente vanno tra le cupole dei
campanili e i tetti delle case
della città sulla laguna.
Mentre volano ...
Li puoi vedere come se fossero dei grandi aloni
di spose
che inseguono le barche pescarecce
che dall'alto del mare cariche di pesce
ritornano al Molo
(...)
I Gabbiani...
Si possono vedere uno accanto all'altro a migliaia
tra gli scani della laguna e il mare
(...)
Oppure mentre stai da solo passeggiando per lungo
una spiaggia solitaria
con dei pensieri meditativi sulla vita
l'accorgi di essere osservato da un gabbiano solitario
(...)
E nel modo in cui ti guarda..
t'accorgi che è lo specchio della tua anima
che difronte al cielo
sta parlando di te
con il grande spirito 'il Mare'.

A ghevo comentà a l epoca :
"Me piaxe tanto queo ca scrive Carlo Boscolo, se solo el decidesse na bona volta in ke lengoa scrivare- el podaria essare el biagiomarin de Ciòxa."

come ca se pòe vedare, anca mi nò ca scrivése màsa bèn : queo, decidesse, essare, Ciòxa :mrgreen:
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Re: Biajo Marin de Gravo

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2014 9:15 pm

Dighe al Boscolo de Cioxa kel vaghe a pescar caporosoli (caparosoli), ste so poexie en talian le me fa vegner el cagoto.
No se pol confrontarlo co Jimenez e lè fora posto so sto filon de Marin en lengoa veneta.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Biajo Marin de Gravo

Messaggioda Sixara » dom gen 05, 2014 9:29 pm

Caparòsoli prego. Ma ke po' gnanca ke l Boscolo l è ortolàn. Eh a lo sò ke l fa on xmisiòto de italian e marinante.. ma no' ghè gnente da fare, a gà provà dirghelo zente pì autorevole de mi.. ma lù gnente. Drito pa la so strada.
Ma mi noè ca confrontavo Boscolo co Jimenez; a faxevo de pezo : Boscolo co Marìn. :D
Ma parké Grado l è cofà Marina. Solo par cueo.
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Re: Biajo Marin de Gravo : picolo nìo

Messaggioda Sixara » lun gen 06, 2014 12:38 pm

Grau l è cofà Marina. Certo vardandole dèso i è difarenti ke subito co te vè a Grado te dixi ma varda ke bèn ke i gà fato lori, tuto n ordine, tuto néto, tuto a posto.. e te se strenxe el core pensando al mexo-dixastro urbanistico ( anbientalistico anca) de Sotomarina.. però le se someja, almanco pal pasà:

Calli e campielli

Noi siamo stati per secoli e secoli, tanti che non si possono nemmeno contare, un piccolo nido di pescatori sperduti su un lido di sabbia, in mezzo ad un vasto estuario.
Per arrivarci bisognava avere una lunga esperienza dei corsi dell'acqua, del ritmo delle maree, conoscere l'insidia delle velme e dei fondali. E quando uno fosse anche arrivato, vi trovava un mucchio di case corrose dagli anni e dalle intemperie.
Tra la povertà della nostra vita, che non era sempre miseria, e la povertà delle nostre case, la rima era perfetta.
Attorno alla basilica di S.Eufemia (...) s'erano stipati le case e i palazzi. Le guerre e i saccheggi avevano distrutto i palazzi, rovinato le case e spogliato le chiese. I ricchi allora se ne erano andati ed erano rimasti solo i poveri. Con le pietre rovinate ricostruirono penosamente le case serrandosi più che mai addosso alle chiese, che erano su di loro come ali di Dio.
Attorno a quel nucleo ora hanno costruito (...) un nuovo paese pretenzioso di malte e di colori. E anche la gente è mutata : tra le calli e i campielli gli uomini nuovi ingombrano assai. Così vado a rivedere il mio paese di notte, quando per le calli sonore va un alito di borino o una lama di luna s'insinua fra le grondaie sporgenti.
(...) Le vecchie case cadenti stanno a guardare silenziose; qualche volta, con i battenti chiusi e un'ombra su in alto, che viene dalla gronda e pare segni una ruga di malinconia, sembrano afflitte.
La luce elettrica le meraviglia e le rassicura (...) una volta non c'era che la luna a portare quest'aria di convegno, con tanti tenui bisbigli di vento tra i fori. Ma la luna faceva camminare le ombre; il buio era vivo e aveva profondità paurose. E il lampo verde degli occhi dei gatti, nello sfondo delle cànove aperte, dava un brivido ... Poi c'era il buio compatto delle notti illuni e infine l'orrore delle notti in tempesta, con fischi e urli di vento, e le case tremavano. La fiammella dei rari lumi a petrolio, sulle cantonate, si spegneva. Allora nel buio tutte le cose impazzivano; gli uomini tremavano nei loro letti e sentivano schricchiolare le scale e i pavimenti sotto i passi dei morti; sentivano suonare le campane, e per le stradette buie passava il 'transito', la processione dei morti, tra un lappolare di fiammelle che metteva spavento.
Ora non più: ora c'è tanta luce uguale e sicura in ogni androne, e i campi sono illuminati a giorno.
Si può gioire di quel meraviglioso senso della spazialità che avevano i nostri antichi, capaci di trovare posto per il respiro misurato di ogni cosa. Campo del Duomo : enorme, solenne, la basilica in fondo, nella penombra il nostro S.Giovanni. Cadono giù dal campanile le ore e sembrano cristalli o metalli che si infrangono sulle pietre del selciato. Il vento le attenua o le rinforza, le dilata tra le calli, le porta, per invisibili fori, nelle case, e pare distenda lo spazio.
Su questa breve scena i miei antichi vissero il primo atto del grande dramma dei Veneti. Qui patriarchi, dogi, capitani, bandiere consacrate e genti d'armi. Qui benedizioni e trionfi, incendi e massacri.
Molte delle pietre commesse nei muri sono state presenti a tutti i secoli e a tutte le vicende. E sono tanti.
Le calli strette ti fanno ressa attorno, con tutti i fori bui. Nel silenzio pare di sentire, al di là dei muri. respirare gli uomini nel sonno. Pare, anzi, che le stesse case le muova un ansito di respiro.
Qua e là una finestra ha le imposte a libro, ed è illuminata. Il borino ti porta una voce lontana o sbatte uno scuro. La luna dilata un campiello e dà senso alle ombre. Masse di tristezza che frangiano il suo riso calmo.
Sento il sangue scorrere nelle mie vene : è quello che romba al di là dei muri, dentro a quei vani. Vecchio sangue che ancora si rinnova; le vecchie case tarlate sono incapaci di contenerne il flusso. La vita di ieri è passata e s'attende il piccone demolitore per il nuovo spazio.
Ma noi siamo nati e cresciuti tra le vecchie calli : per ciò le ricordiamo.
B. Marin, L'isola d'oro, Udine, 1934
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Re: Biajo Marin de Gravo : Paese mio

Messaggioda Sixara » lun gen 06, 2014 12:47 pm

Paese mio

Paese mio,
picolo nìo e covo de corcali,
pusào lisiero sora un dosso biondo
per tu de canti ne faravo un mondo
e mai no finiravo de cantàli.

Per tu 'sti canti a siò che i te 'ncorona
comò un svolo de nuòli matutini
e un solo su la fossa de gno nona
duta coverta d'alti rosmarini.

( da Cansone picole,1927)

Mi a ghe cato de le somejanze anca co la lengoa : kel nìo de corcali, kel cantàli senza la -R - , kel comò , kel nuòli.. inveze kel a siò ( ca vòe dire 'perché-affinché') el me pare stranbo ( ma gnanca tanto ke calked un el dixe pra-siò..) e soradetuto kel gno par 'mio/mia' : de gno nona a vole dire : de ménona :?

Me ricordo on àno ke jèro a RivadelGarda pa le feste,e ghe jèra sta fameja numerosa, rumorosa, allegra.. e a mi me parea ke i fùse cioxoti sentendoli parlar.. ma nò ke i jèra de Grado! Pescaori de Grau-Gravo. :D
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