Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Re: Cantar la stela: La Ciàra Stéla n.1

Messaggioda Sixara » lun dic 23, 2013 7:20 pm

Esistono varie versioni di questo canto di questua. Proponiamo quella di G.Lombardo:

O patroni, felise nòte
xe pì ciàro che nel zorno
par vedar la luxe atorno:
la ciàra stéla.

Adio mare, vergine bèla
avesseu visto chela gran stéla
che xe qua el porta novela
ma del Signor.

Che xe nato el Redentore
Redentor de tuto el mondo
che xe nato e vegnuo al mondo
par el pecato.

O novela, o novelato
o novela, o novelare
che xe qua el se fa ciamare
re dei giudei.

Semo qua, fradèli mii
no xe tenpo da spetare
e bisogna seguitare
la nostra via.

La nostra via xe d'andare a Roma:
Roma, Roma le tre caéne
.
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Re: Cantar la stela: La Ciàra Stéla n.2

Messaggioda Sixara » lun dic 23, 2013 7:31 pm

E quella raccolta, testo e musica a Valli di Chioggia da L.Tiozzo :

O gran Dio felice notte
che nel più chiaro sia del giorno
e per vedere la luce attorno
la chiara stella.

E de vu, Vergine bella
che dapartuto el mondo regie
e il pastore del vero grege
Giuseppe santo.

E venì scoltare el canto
e per offrir le mie parole
e che la luna incontra il sole
la tera splende.

Anche l'Angelo ci atende
e con il suon de la canpana
e canterem noi tuti osana
e gloria al cielo.

O gran Dio fe - li - ce not te che nel _ più _ chia- ro _ sia del gior-no... :D

Gontrano Tesserin, PREGHIERE e CANTI del popolo di Chioggia, Piove di Sacco, 2013.
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Re: Cantar la stela

Messaggioda Berto » mar dic 24, 2013 8:39 am

La Grecia in crisi festeggia il Natale con i riti della tradizione

http://www.lindipendenza.com/i-greci-in ... tradizione

di DEMETRIO MANOLITSAKIS

Immagine

Nonostante la grave crisi economica che da sei anni attanaglia il loro Paese, i greci si preparano, ognuno secondo le proprie possibilità, a festeggiare la nascita di Gesù Cristo. Città e villaggi sono stati addobbati e la gente rispolvera usi e costumi profondamente radicati nel tempo e nella tradizione per dimenticare almeno per qualche giorno i problemi quotidiani.

Dalla vigilia di Natale sino all’alba dell’Epifania, un periodo di tempo noto come “Dodecaimero” (12 giorni, un concetto di tempo e di superstizione, come scrive nel suo libro “Usanze di Natale” il docente di Tradizioni Popolari Dimitris Loukatos, che i greci conoscevano dall’epoca bizantina) ogni villaggio della Grecia rispolvera le proprie usanze e tradizioni, ma anche credenze che si riscontrano in tutte le regioni, magari con qualche piccola differenza.

Tra le credenze più popolari c’è quella dei “Kalikanzari” (diavoletti) che, secondo la tradizione popolare, durante il Dodecaimero sono i sovrani della notte e della campagna e sono gelosi della vita famigliare degli uomini. Girano intorno alle loro case e sono felici quando riescono a infettare i loro alimenti o i loro vestiti. Nell’isola di Cefalonia, i Kalikanzari si chiamano “paganà”, vocabolo che secondo Loukatos non è estraneo al paganesimo e all’idolatria. Qui la notte di Natale in tutte le case si accendeva il fuoco del Dodecaimero che doveva durare sino al giorno dell’Epifania, mentre con un pezzo di carbone si tracciava il segno della croce sulle porte e sulle imposte delle finestre per tenere i “paganà” fuori dalla casa.

Una delle tradizioni più comuni in tutta la Grecia è quella delle “Ta Kalanta” (le “calende”, ovvero i primi giorni del mese). Sono filastrocche augurali di contenuto religioso cantate a Natale, Capodanno e all’Epifania che annunciano la nascita di Gesù, l’arrivo dell’Anno nuovo e l’Epifania e hanno preso il nome dalle calende di gennaio, durante le quali amici e parenti si scambiavano visite e regali che consistevano in miele, fichi secchi, datteri e piccole monete. “In un periodo in cui né calendari né giornali preannunciavano le Grandi Feste – scrive Loukatos – la gente aspettava le voci dei ragazzini che annunciavano il gioioso giorno intonando “Oggi nasce Gesù Cristo” il giorno del Natale, “Oggi arriva Agios Vassilios” a Capodanno e “Oggi è il giorno della Luce” per l’Epifania. Un’altra tradizione diffusa in diverse regioni del Paese è la preparazione del “Pane di Gesù” (Cristopsomo), un’espressione dell’arte popolare delle più importanti, secondo Loukatos, che concentra in sé tre elementi importanti per la sua valutazione folcloristica: la presenza continua ad ogni Natale, l’offerta e l’opportunità simbolica e l’accurata tecnica di preparazione. In alcune regioni come sull’isola di Creta la preparazione del Pane di Gesù è un’operazione sacra e una tradizione puramente cristiana. Per la tavola natalizia il Pane di Gesù è un pane benedetto che sosterrà la vita di tutta la famiglia nell’anno a venire. Per l’impasto del Pane di Gesù si deve usare solo ottima farina e materie prime costose come acqua di rose, miele, sesamo, cannella e chiodi di garofano. Le donne della casa si siedono intorno al tavolo su cui c’è l’impasto e intonano canti religiosi mentre aspettano che esso lieviti. Quando l’impasto è lievitato vi si fa un taglio a croce nel centro ed in esso viene inserita una noce che simboleggia la fertilità. Infine, la famiglia si siede a tavola e il capo famiglia, dopo aver benedetto il Pane di Gesù, lo taglia in pezzi che distribuisce ai commensali a simboleggiare con questo gesto la Comunione come Gesù fece con gli apostoli.

Immagine

“Lo sposalizio del fuoco” è invece una curiosa tradizione dei villaggi intorno a Edessa, nella Grecia del Nord. Qui, sempre alla vigilia di Natale, “sposano il fuoco”: si prende un pezzo di legno da un albero dal nome femminile e un altro pezzo da una pianta dal nome maschile, preferibilmente con le spine come il rovo, e si mettono insieme a bruciare nel camino. A seconda del tipo di fiamma e del crepitio che la legna farà bruciando, si traggono auspici sul futuro, dalle condizioni del tempo al raccolto dell’anno seguente. La tradizione popolare vuole che le piante con le spine scaccino gli spiriti maligni e i diavoletti. (Ansamed)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Cantar la stela

Messaggioda Sixara » mar dic 24, 2013 9:59 am

Ke bravi i greci, i fa bèn, anca naltri dovarìsimo..
Elora pa' le Feste i prepara i Melomakarona ke i sarìa dei biscotìni co farina, tsùcaro, canèla, scorza de narantsa, noxe, e par desora ghe và on siropo fàto col miele, scorza de limon e canèla denovo, on fià come i Strùfoli n Canpania.
Anca i Spekulatios o Speculoos de area jermanica i è fàti cusì ma i è pì bèi da vedare parké i ciàpa la forma de figure tradizionali ( cofà el Nikolaus o altre) on fià come ca fémo naltri in Adria co la Bisiòla , ke la se fa par la Befana ( e solo par la Vecéta).
Bèlo. :)
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Re: Cantar la stela

Messaggioda Berto » mar dic 24, 2013 8:49 pm

Sixara ha scritto:... i prepara i Melomakarona ke i sarìa dei biscotìni co farina, tsùcaro, canèla, scorza de narantsa, noxe, e par desora ghe và on siropo fàto col miele, scorza de limon e canèla denovo, on fià come i Strùfoli n Canpania.
...


Melomakarona

Magnar a maca (on modo de dir anca veneto) etimołoja
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ktdU0/edit
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Re: Cantar la stela

Messaggioda Sixara » mar dic 24, 2013 9:29 pm

:o Bixogna star tenti a parlare co l admìn: ti te bùti lì na parola a caxo.. e lù zàc.. ke l ga zà pronto el documento. :D
Eh cusì i poaréti i ndava ai funerali e lì i magnava a màca.. si pòe èsare, dèso i va a le inaogurazion dee mostre.. i va là, i fa finta de vardare i cuadri.. :D
I miei migliori Auguri a l' Admin e alla sua famiglia ( e a tuti cuei ca ne leze e speren ke i sia senpre de pì).
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Re: Cantar la stela

Messaggioda Berto » lun gen 13, 2014 7:20 pm

???

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... i-Eroi.jpg

Łe radixe pagane del Nadal de Elena Savino

http://www.riflessioni.it/testi/radici_natale.htm

Del sole

Per inspiegabile che sembri, la data di nascita di Cristo non è nota. I vangeli non ne indicano né il giorno né l’anno […] fu assegnata la data del solstizio d’inverno perché in quel giorno in cui il sole comincia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il Dies Natalis Solis Invicti (giorno della nascita del Sole invincibile).
- Nuova enciclopedia cattolica dell’Ordine Francescano (1941) -

Nel corso della ricerca di informazioni e documenti riguardanti le origini pagane del Natale, quello che stupisce è che la data del 25 dicembre, prima di diventare celebre come “compleanno di Gesù”, sia stata giorno di festa per i popoli di culture e religioni molto distanti tra loro, nel tempo e nello spazio.
Le origini di questi antichi culti vanno ricercate in ciò che è “principio” della vita sulla terra e che “dal principio” è stato oggetto di culto e di venerazione: il sole.

Agli albori dell’umanità, esisteva un ricco calendario di feste annuali e stagionali e di riti di propiziazione e rinnovamento.
I popoli nel periodo primitivo della loro esistenza erano intimamente legati al “ciclo della natura” poiché da questo dipendeva la loro stessa sopravvivenza. Al tempo, la vita naturale appariva indecifrabile, incombente, potente espressione di forze da accattivarsi; era un mondo magico. L’uomo antico si sentiva parte di quella natura, ma in posizione di debolezza.
Per questo, attraverso il rito, cercava di “fare amicizia” con questa o quella forza insita in essa.

Al centro di questo ciclo c’era l’astro che scandiva il ritmo della giornata, la “stella del mattino” che determinava i ritmi della fruttificazione e che condizionava tutta la vita dell’uomo.
Per quest’ultimo, temere che il sole non sorgesse più, vederlo perdere forza d’inverno riducendo sempre più il suo corso nel cielo, era un’esperienza tragica che minacciava la sua stessa vita.
Perciò, doveva essere esorcizzata con riti che avessero lo scopo di evitare che il sole non si innalzasse più o di aiutarlo nel momento di minor forza.
È proprio partendo da questa considerazione che possiamo individuare le origini dei rituali e delle feste collegate al solstizio d’inverno.
Durante queste feste venivano accesi dei fuochi (usanza che si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia) che, con il loro calore e la loro luce, avevano la funzione di ridare forza al sole indebolito.
Spesso questi rituali avevano a che fare con la fertilità ed erano quindi legati alla riproduzione.
Da qui l’usanza, nelle antiche celebrazioni, di danze e cerimoniali propiziatori dell’abbondanza e in alcuni casi, come negli antichi riti celtici e germanici, ma anche romani e greci, di accoppiamento durante le feste.

Del solstizio d’inverno

Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente “sole fermo” (da sol, “sole”, e sistere, “stare fermo”).
Se ci troviamo nell’emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre possiamo infatti osservare come il sole sembra fermarsi in cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore. In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della “declinazione”, cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale.
Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima.
Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno.
Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta.
Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo.
Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre.

E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale”.

Questa interpretazione “astronomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, pare strano, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.

Per fare un esempio, a Maeshowe (Orkneys, Scozia) si erge un tumulo datato (con il metodo del carbone radioattivo) 2750 a.C. All’interno del tumulo c’è una struttura di pietra con un lungo ingresso a forma di tunnel. Questa costruzione è allineata in modo che la luce del sole possa scorrere attraverso il passaggio e splendere all’interno del megalite, illuminando in questo modo il retro della struttura. Questo accade al sorgere del sole e al solstizio d’inverno.


Delle origini comparate del Dio Sole

Pur non avventurandoci in comparazioni religiose che richiederebbero accurati studi, pena l’apparire ridicoli, diremo comunque che il 25 dicembre è associato al giorno di nascita o di festeggiamento di personaggi divini risalenti anche a secoli prima di Cristo.
Per citarne alcuni:

Il dio Horus egiziano
I mosaici e gli affreschi raffiguranti immagini di Horus in braccio a Iside ricordano l’iconografia cristiana della Madonna col bambino, tanto da indurci a credere che in epoca cristiana, per ovvi motivi, alcune rappresentazioni di Iside e Horus, spesso raffigurato come un bambino con la corona solare sul capo, furono probabilmente “riciclate”.

Il dio Mitra indo-persiano
Con buona pace della Gatto Trocchi, quello di Mitra fu il culto più concorrenziale al cristianesimo e col quale il cristianesimo si fuse sincreticamente.
A proposito, anche Mitra era stato partorito da una vergine, aveva dodici discepoli e veniva soprannominato “il Salvatore”.

Gli dei babilonesi Tammuz e Shamas
Nel giorno corrispondente al 25 dicembre odierno, nel 3000 a.C. circa, veniva festeggiato il dio Sole babilonese Shamash. Il dio solare veniva chiamato Utu in sumerico e Shamash in accadico.
Era il dio del Sole, della giustizia e della predizione, in quanto il sole vede tutto: passato, presente e futuro.
In Babilonia successivamente comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz, che veniva considerato l’incarnazione del Sole.
Allo stesso modo di Iside, anche Ishtar veniva rappresentata con il suo bambino tra le braccia.
Attorno alla testa di Tammuz si rappresentava un’aureola di 12 stelle che simboleggiavano i dodici segni zodiacali.
È interessante aggiungere che anche in questo culto il dio Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni.

Dioniso
Nei giorni del solstizio d’inverno, si svolgeva in onore di Dioniso una festa rituale chiamata Lenaea, “la festa delle donne selvagge”. Veniva celebrato il dio che “rinasceva” bambino dopo essere stato fatto a pezzi.

Bacab
Era il dio Sole nello Yucatan; si credeva che fosse stato messo al mondo dalla vergine Chiribirias.

Il dio Sole inca Wiracocha
Il dio sole inca veniva celebrato nella festa del solstizio d’inverno Inti Raymi (festeggiata il 24 giugno perché nell’emisfero sud, essendo le stagioni rovesciate, il solstizio d’inverno cade appunto in giugno).

Ovviamente i primi citati in questa rapida carrellata devono aver influito alquanto nella creazione del cristianesimo che, ricordiamolo una buona volta, non fu creato da Cristo.
Riguardo invece ai culti solari precolombiani è interessante notare come i tempi e i simboli del sacro siano comuni a civiltà così distanti fra loro. Questo dovrebbe far sorgere più spesso il sospetto di un’origine comune delle religioni tramite uno studio comparato delle stesse alla ricerca del significato della vita.
Invece, ottusamente ci si continua ad adagiare su fedi antropomorfiche dogmatiche e più o meno esplicitamente intolleranti nei confronti delle altre.

Da: Le radici pagane del Natale di Elena Savino - Jubal editore

- Suggeriamo l'articolo Joyful Jol presente nella rubrica Riflessioni sul Paganesimo di Monica Casalini

El nadal e łe feste sagre de ła łuna piena de łi pastori
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... 55cVk/edit
Immagine
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Re: Cantar la stela e le orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » mer gen 22, 2014 9:50 pm

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Re: Cantar la stela : Xe nato on Bel Banbìn

Messaggioda Sixara » mer dic 24, 2014 6:22 pm

XE NATO ON BEL BANBIN
(racc. Lombardo)
A Sottomarina durante la novena di Natale l'immagine di Gesù Bambino, tolto dal simulacro di Maria, passava di casa in casa, dove si svolgevano delle veglie sacre. La sera della Vigilia di Natale si riportava in processione l'immagine in chiesa cantando XE NATO ON BEL BANBIN

Stanòte a mexanote
xe nato on bel banbìn,
bianco roso e risiolìn:
la Madona lo infasàva,
San Juxepe lo curava,
Maria lavava
Juxepe stendeva,
el banbìn pianxèva
dal sòno che l'avèva:
taxi, taxi bel banbìn
te cantarò nanà-bobò.

Nascita di Gesù
(racc. Tesserin)

Jexù banbino nàse
in tanta povertà,
ne panexei ne fàse
ne fuogo da scaldar.

Maria lo mira,
Satana sospira
parché xe nato al mondo
tuti s'à da salvar.

Su pastori a la capàna,
su venite non tardate
se l'agnelo xe sbandonào
Dio da l'alto venirà.


NINA-NANA
(racc. Olivieri)

In nana, in nana, fà nana, ben mio
e ti fà nana, raìxe del cuor mio
raìxe del cuor mio, dolse speransa
to mare la xe quà che la te canta.

E xe xà ora che ti à da dormire
vòltite in parte e no te far sentire.
E no farte sentìr che xe vergogna:
tiò on baxo, bondì, dormi, sì bona.

E dormi, e dormi, e dormi, che te canto
sèra i to océti e tra' da banda el pianto
e trai da banda el pianto e tendi al riso:
fusistu nato par el Paradixo?

Fusistu nato par andar in sièlo
i ànxoli godarìa el to vixo bèlo.


Immagine

Bòne-Feste a tuti!! :D
A Berto e la so fameja e a tuti cuei ca no conoso ma ke i ne lèze volentieri. Ke i staga bèn e ke i viva n pace.
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Re: Cantar la stela e le orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » mer dic 24, 2014 7:46 pm

Cara Sixara, bon nadal e come la metemo co li adatamenti de l prexepo a le copie coki (gay) co do S.Bepi o do Madone?
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