Io sto con Ermes Mattielli e con quelli che si difendono!

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Messaggioda Berto » lun nov 16, 2015 2:07 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » lun nov 16, 2015 2:07 pm

L’indipendenza e l’autogoverno presuppongono la partecipazione. O no?

16 Nov 2015
http://www.lindipendenzanuova.com/lindi ... zione-o-no

di ENZO TRENTIN – Nei giorni scorsi ad Arsiero (VI), i funerali dell’artigiano vicentino Ermes Mattielli hanno fatto sentire palpitante, forte e chiara la voglia di indipendenza di una parte consistente di Veneti. I media ed i social network hanno dato ampia notizia del fatto che, a seguito delle proteste e della riprovazione del pubblico, cinque Sindaci che indossavano la fascia tricolore, simbolo del loro incarico pubblico, sono stati costretti a toglierla in quanto simbolo dello Stato “occupante”, e poco rispettoso delle regole democratiche. Un solo Sindaco ha reagito con veemente verbosità alle accuse mentre gli altri si sfilavano la fascia. [Qui un video dell’accaduto: http://www.la7.it/la-gabbia/video/la-ra ... 015-167375 ] E così il prefetto di Vicenza sta vagliando la posizione di quei Sindaci. (vedi anche la nota in fondo all’articolo).

È stata una manifestazione di forza morale, nessuna violenza fisica. Lo sdegno è montato spontaneamente, e nell’intento di placarlo i Carabinieri hanno iniziato a chiedere i documenti ad alcune persone presenti. Fabio Padovan, noto industriale, indipendentista, ed animatore della LIFE (Liberi Imprenditori Federalisti Europei) era uno di costoro. Tuttavia altri manifestanti si sono immediatamente e spontaneamente frapposti alle forze dell’ordine facendole desistere, e dimostrando che non servono né armi, né violenza, basta la forza morale delle proprie indiscutibili ragioni. Tuttavia Fabio Padovan è stato ugualmente riconosciuto, e segnalato alla autorità giudiziaria dal Capitano dei Carabinieri Vincenzo Gardin, per il rifiuto di fornire le sue generalità. Non sembra siano stati commessi reati. La democrazia in Italia è una parola dal significato vago ed interpretabile?

L’antefatto

La vicenda è nota, poiché i mezzi d’informazione nazionale, come pure Internet, se ne sono occupati a sufficienza: l’artigiano Ermes Mattielli ha colto sul fatto due Rom intenti a rubare nella sua proprietà. Ha sparato, li ha feriti, ed è stato condannato dal giudice, lo scorso mese di ottobre, per duplice tentato omicidio a cinque anni e quattro mesi di reclusione, nonché a risarcire i due ladri, Blu Helt 28 anni e Cris Caris di 21, con 135mila euro che non ha mai posseduto. Era un rigattiere. È morto in ospedale di crepacuore, come si diceva una volta.Vicenza 09 11 15 Arsiero Funerale di Ermes Mattielli © Vito T. Galofaro

Il giudice

Il giudice che ha condannato Mattielli è stato messo alla berlina nei social network.

Bartolo di Sassoferrato è una celebrità solo per i cultori della storia del diritto, e tuttavia tutti dovrebbero conoscere questa sua coraggiosa confessione (citiamo a memoria): «Ogni volta che mi si propone un problema giuridico, prima sento quale deve essere la soluzione, poi cerco le ragioni tecniche per sostenerla.» E se questo era vero per un simile luminare, figurarsi per un magistrato qualunque. Dunque aspettarsi dal giudice un giudizio asettico, pressoché meccanico, come una macchina in cui si infila il fatto e viene sputata fuori la sentenza, è del tutto fuori luogo. Il diritto cerca di mettere ordine e razionalità nelle vicende, tipizzandole in quadri astratti, ma poi in concreto quel diritto viene maneggiato da un essere umano, con la sua culturala sua affettività, i suoi principi e – perché no? – i suoi pregiudizi. Si spiega così che la parola “sentenza” si ricolleghi a “sentire”, cioè alla stessa radice di “sentimento”, non a “sapere”.

La sparatoria nel capannone di proprietà di Mattielli avviene una sera di Giugno 2006. Quattro mesi prima – Febbraio 2006 – viene varata la legge 59 sulla “legittima difesa” la quale sostiene che non si è imputabile del reato se si reagisce ad un pericolo grave ed imminente, purché ci sia proporzione. Il clima politico crea un’atmosfera tesa e il magistrato di Schio (VI), condanna Mattielli solamente per “eccesso doloso di legittima difesa”. Questa sentenza stupisce i procuratori di Vicenza e di Venezia (la più importante carica giudiziaria del Veneto) che la appellano, e si arriva alla sentenza definitiva sopra riportata.

Un giornalista

Scrive un articolo [vedi qui: http://you-ng.it/2015/11/09/le-bufale-s ... l-giudice/ ] che già nel titolo definisce la sua presa di posizione: “Le bufale su Ermes Mattielli e la giusta sentenza del giudice”.

Egli in sintesi sostiene che il “sentire” del giudice che ha emesso la condanna ha agito bene. Con onestà intellettuale non si esime dal menzionare tutte le criticità dell’evento. Semmai capziosamente sminuisce quelle favorevoli all’imputato, per far risaltare la sua tesi. Ovvero, non si può ferire gravemente due persone che, stavano sì rubando in casa dell’artigiano, ma un po’ di rame trafugato non merita le mutilazioni subite ed il rischio di venire ammazzati mentre si delinque. E sottotitola: “La Parte (forse) “Ingiusta”: Il Risarcimento Del Ladro”. Poi si rifugia nel giustificazionismo buonista aggiungendo: “Non c’è modo migliore per aumentare la sicurezza che combattere la povertà e l’emarginazione, punendo in maniera proporzionata chi commette crimini piccoli e grandi.”


La legge

Supponiamo che, malgrado quanto confessa Bartolo di Sassoferrato, il magistrato abbia agito coscienziosamente in base alla legge. Di che qualità è composta questa legge che punisce in maniera proporzionata (quindi a discrezione) chi commette crimini?

Qualche secolo fa Democrito (460-370 a.C.) filosofo pluralista, intratteneva i suoi ascoltatori con teorie allora avveniristiche, ma molto interessanti anche adesso. Secondo Democrito le leggi sono introdotte dagli uomini per regolare la vita associata e impedire le reciproche ingiustizie; la loro efficacia è perciò direttamente proporzionale al consenso dei cittadini. Qualche frammento:«La legge si propone di procurare vantaggio all’esistenza degli uomini; ma può procurarlo soltanto quando gli uomini stessi vogliano adattarsi alle condizioni vantaggiose. La legge mostra efficacia a coloro che accettano di obbedirla.» E anche: «È meglio essere poveri in regime democratico che vivere nel cosiddetto benessere sotto un governo tirannico: fino a questo punto la libertà è preferibile alla schiavitù.» Solo qualche parola del passato per ricordare agli oratori di oggi di interpretare bene la democrazia che ci offrono quando ci rappresentano e quando ci chiedono sacrifici, ricordando loro di guardare gli avvenimenti della Storia.

Tutti siamo servi della legge perché possiamo essere liberi, scriveva Cicerone nella Oratio pro Cluentio. Proprio per questo il magistrato romano si rivolgeva all’assemblea con una formula di rito, per la quale se nella legge si fosse successivamente scoperto che qualcosa vi era di illegittimo, l’approvazione sarebbe stata nulla.

Le opinioni degli uomini non sono materia del governo civile, né sono sotto la sua giurisdizione. Permettere che l’uomo politico estenda i suoi poteri fino al campo delle opinioni, e limiti la diffusione di certi principi in base alla loro presunta nocività è un errore pericoloso. Tale errore distrugge ogni libertà, dal momento che l’uomo politico diventa giudice e tramuterà le sue opinioni in legge, approvando o condannando le idee altrui a seconda di quanto queste ultime combacino o differiscano dalle proprie. È sufficiente che, quando le convinzioni di qualcuno provocano disordini o turbano il buon ordine della comunità, i funzionari civili intervengano in nome dei giusti principi di governo. Quando è permesso di confutarli liberamente, gli errori cessano di essere pericolosi.

Anche in base alla legge (art. 1362 Codice civile), bisogna guardare alla “sostanza” (il reato di furto e quello di violazione di domicilio) e non alla “forma” (difesa giudicata eccessiva); è evidente, pertanto, che l’Italia ha cessato di essere da molto tempo una democrazia.

I partiti (che tengono a far credere di essere democratici) adottano le loro decisioni a maggioranza, non in base al “sentire” del popolo che amministrano per delega, e non per sovranità.



I protagonisti

I protagonisti di questa triste vicenda appartengono alle classi sociali più disagiate. Senza apparire offensivi potremmo dire che i poveri si sono fatti la guerra. Supponiamo che i reati fossero gli stessi, ma le circostanze diverse: i Rom (ladri) entrano in una villa palladiana e rubano opere d’arte. Il padrone di casa fa quello che ha fatto Ermes Mattielli. Avremmo probabilmente assistito ai grandi lamenti dell’opinione pubblica che si sarebbe stracciata le vesti per il facoltoso proprietario, il quale avrebbe fatto bene a sparare per difendere il patrimonio artistico in quanto patrimonio dell’umanità. Mentre i barbari ladri avrebbero ricevuto quello che si meritano. E a questo proposito valga la definizione che gli Sciti (o Scythi, che furono una popolazione nomade di origine iranica) davano del diritto: la legge è come una ragnatela, abbastanza forte per catturare i deboli, ma troppo debole per catturare i forti.



Gli pseudo Indipendentisti

Noi, per lo più, nella vita ci sentiamo smarriti. Dubitiamo di noi, di ogni nostro princìpio. Dubitiamo delle nostre istituzioni. E dubitiamo della legge. Ma in democrazia i cittadini sono la legge. Non i libri, non una Costituzione (quella italiana, peraltro, mai votata dal popolo “sovrano”), non i politici che ci rappresentano pro tempore. Non sono nemmeno la bandiera o i monumenti o le singole istituzioni, poiché quelli sono i simboli di ciò che noi vorremmo rappresentasse la giustizia sociale.

I sinceri indipendentisti veneti, e non gli pseudo indipendentisti che cercano di farsi eleggere nelle istituzioni italiane con i loro privilegi, dovrebbero dunque elaborare delle bozze per una nuova Costituzione, delle bozze di Statuti per gli Enti locali, come pure delle bozze di un più adeguato Codice civile e penale.

Alcuni legittimamente sognano di reintrodurre le sagge leggi della Repubblica di Venezia. Ci dicano allora quali, e perché sarebbero ancora attuali.

Sinora l’indipendentismo s’è retto sulle spalle di magnifici sognatori, ma pare giunta l’ora di individuare tra essi coloro che hanno attitudini e capacità di governo.

Solo così il “sovrano” popolo veneto potrà giudicare se l’indipendenza che propongono vale d’essere approvata e perseguita.


Riepilogando

Il popolo “sovrano” ha lasciato troppe deleghe ai rappresentanti politici che se ne sono approfittati per le loro ideologie, i loro interessi di partito e personali. Il giudice, non eletto dal popolo “sovrano”, come avviene nei paesi democratici, ha applicato una legge secondo il suo opinabile “sentire”, che non dovrebbe essere superiore al “sentire” del popolo suo mandatario. Il giornalista ha argomentato la vicenda inducendo i lettori a conclusioni ideologiche e di parte. Per esempio, anche per mezzo di un tamponamento automobilistico si possono creare importanti menomazioni fisiche, o addirittura provocare la morte. Ma la legge (il Codice della strada) è preciso in proposito, e non indica la colpevolezza in maniera proporzionata: chi tampona ha torto per non aver mantenuto le distanze di sicurezza. Per ottenere l’indipendenza, l’autogoverno, e leggi più condivise, il popolo “sovrano” dovrà partecipare maggiormente alla vita pubblica, e non limitarsi alla sola elezione dei rappresentanti, quando lo fa. Solo così potrà far sentire la propria voce e vivere in una democrazia decente, poiché – come constatiamo quotidianamente – chi ci governa non ha nessuna intenzione di abbandonare pacificamente i privilegi con i quali vive e prospera.

Nota: A conferma che tutto si è risolto in una bolla di sapone, il “Giornale di Vicenza” di domenica 15 novembre, titola:


CHIARIMENTI.
lncontro l’altra mattina a Vicenza
Fascia tricolore tolta, Sindaci dal prefetto: «Ora il caso è chiuso»

I primi cittadini di Cogollo e Velo sono stati ricevuti da Eugenio Soldà dopo i fatti del funerale di Mattielli. «Capitolo chiuso con tanto di complimenti in barba a chi ha chiesto le mie dimissioni», afferma Piergildo Capovilla giusto per puntualizzare.

Il sindaco di Cogollo del Cengio. assieme al suo collega di Velo d’Astico, Giordano Rossi, è stato ricevuto dal Prefetto di Vicenza Eugenio Soldà. Un incontro cordiale, in cui Soldà ha ribadito quanto aveva riferito a noi l’altro giorno, e cioè che il gesto di togliersi la fascia tricolore, contestualizzato in un momento di tensione, con gli indipendentisti che si scagliavano contro i sindaci e i politici presenti al funerale di Ermes Mattielli, «è stato dettato dal buon senso. Così si è evitato di infiammare ulteriormente gli animi degli esagitati».

Si chiude così una vicenda legata alle esequie del rigattiere di Arsiero stroncato da un infarto ad un mese dalla condanna incassata per avere sparato a due nomadi che si erano introdotti nel suo deposito di Scalini per rubare.
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2015 10:08 pm

Mattarella concede la grazia a Monella, l’uomo che sparò a un ladro
Il Presidente della Repubblica concede la grazia parziale di 2 anni ad Antonio Monella, l'uomo di Arzago d'Adda condannato a 6 anni e 2 mesi per omicidio volontario: aveva ucciso un rapinatore scoperto a rubargli lauto sotto casa.
13 novembre 2015
http://milano.fanpage.it/mattarella-con ... a-un-ladro

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto di grazia parziale (2 anni di carcere) nei confronti di Antonio Monella , l'uomo finito in carcere per aver ucciso un rapinatore che gli stava rubando l'auto sotto casa. Mattarella ha deciso ai sensi di quanto previsto dall'articolo 87 comma 11 della Costituzione. Monella, 55 anni, di Arzago d'Adda (Bergamo), era in carcere da quasi un anno, condannato a 6 anni e 2 mesi per omicidio volontario, senza il dolo intenzionale.
"La decisione tiene conto del parere favorevole formulato dal ministro della Giustizia a conclusione della prevista istruttoria" si legge in una nota del Quirinale, nella quale viene ricordato che "Monella è stato condannato in via definitiva alla pena di sei anni, due mesi e venti giorni di reclusione con sentenza della Corte di Assise di Appello di Brescia del 29 giugno 2012, confermata il 25 febbraio 2014, per il delitto di omicidio volontario".
La storia di Antonio Montella
Monella era in carcere per omicidio volontario dal 2014. Nel 2013 aveva sparato ai ladri in casa sua sparò loro mentre si davano alla fuga trafugando la sua auto. Del suo caso si era occupato dalle colonne de Il Giornale, Vittorio Feltri. Ora, la decisione di Mattarella: "Per effetto del provvedimento del capo dello Stato – sottolinea il comunicato della Presidenza della Repubblica – all'interessato rimarrà da espiare una pena residua inferiore a tre anni. Essa rientra dunque nell'ambito di applicabilità dell'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 dell'Ordinamento penitenziario). Nel valutare la domanda di grazia presentata da Monella il capo dello Stato ha tenuto conto del comportamento positivo tenuto dal condannato durante la detenzione (iniziata l'8 settembre del 2014) e della circostanza che il percorso di educazione sino a ora compiuto potrebbe utilmente proseguire – se la competente Autorità giudiziaria ne ravvisasse i presupposti – con l'applicazione di misure alternative al carcere".
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » gio nov 26, 2015 4:19 pm

Commerciante reagisce alla rapina e uccide il ladro: "Volevo difendere la mia famiglia"
25 Novembre 2015

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... odano.html

Un ladro è stato ucciso durante una rapina in una casa a Rodano, nel milanese. Il proprietario di casa è un commerciante. I due complici del ladro ucciso sono riusciti a scappare. Tre malviventi sarebbero entrati nell’appartamento e avrebbero rubato delle armi possedute dal proprietario dell’alloggio. L’uomo li avrebbe scoperti e i ladri avrebbero aperto il fuoco. Il proprietario di casa, quindi, avrebbe risposto al fuoco e colpito con un’altra arma uno dei ladri, uccidendolo.
L'identità - Il ladro ucciso dal commerciante durante una rapina nel milanese era albanese, è stato identificato: si chiamava Valentin Frokkai, classe 1978, pluripregiudicato e ricercato per omicidio commesso il 23 luglio 2007 a Brescia ai danni di un connazionale e per cui è stato condannato all'ergastolo. Frokkai era stato arrestato nell'agosto del 2013 dai carabinieri di Cassano d'Adda perché era evaso dal carcere di Parma insieme a un suo connazionale. In quella circostanza fu trovato con una pistola 7,65 Beretta con matricola abrasa e materiale che serviva a immobilizzare eventuali vittime di rapine in villa. Il 7 maggio del 2014 dalla carcere di Palermo.
I complici - I due complici di Frokkai sono riusciti a scappare dopo aver rubato dalla casa dalla casa del gioielliere una pistola "Snmith & Wesson". I due sono a piedi.
La difesa - "I rapinatori avevano un'arma e poi ne hanno rubata un'altra. Il proprietario di casa ha esploso un colpo intimidatorio dopo aver subito anche delle percosse. Il ladro ha reagito e il mio assisto a sua volta ha sparato, colpendolo", afferma Porciani. Oltre al commerciante, all'interno della casa c'era la moglie e la figlia. "Hanno minacciato di fare del male alla bambina - ha aggiunto il difensore -. E' una persona che tornava a casa dopo una dura giornata di lavoro e si è trovato in casa personaggi di questo tipo". Il commerciante ha subìto aggressioni già in passato.


Gioielliere uccide rapinatore nel Milanese: "Non volevo". La procura: "Legittima difesa"
Il colpo nella casa dell'uomo: "Minacciata anche mia figlia di 11 anni, le hanno detto: 'Tagliamo le dita a tuo padre'". Il bandito ucciso era un pericoloso ricercato, condannato all'ergastolo per omicidio ed evaso due volte. Salvini e Maroni: "Se l'è cercata"
25 novembre 2015

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -128110027

"Non volevo uccidere, ma mandarli via. Ho fatto di tutto per proteggere la mia famiglia, mia figlia e mia moglie". E' il racconto di Rodolfo Corazzo, il commerciante di gioielli che ha ucciso uno dei tre rapinatori entrati nella sua casa di Lucino di Rodano (Milano). La ricostruzione della dinamica e il curriculum del rapinatore morto sembrano dar ragione a Corazzo, tanto che il procuratore aggiunto Alberto Nobili, già poche ore dopo i fatti, afferma: "Siamo nell'ambito della legittima difesa".
La caccia ai complici. La dinamica di tutto quanto è accaduto nella villetta dell'hinterland, i dieci colpi sparati, la razzia e la fuga sono esaminati dai carabinieri che stanno cercando i compagni del rapinatore ucciso, Valentin Frokkaj, albanese 37enne, già ricercato da polizia e carabinieri. In attesa della relazione dei militari, in procura il fascicolo d'indagine è a carico di ignoti. "Stiamo indagando - ha detto il comandante provinciale dei carabinieri Canio La Gala - E' in corso una battuta per cercare i complici". Non lontano dalla villetta è stata anche trovata una Golf che risulterebbe rubata. Dalla casa, invece, manca una Smith&Wesson calibro 357 Magnum. E' molto probabile che i banditi l'abbiano portata via. E che, oltre alle proprie armi, possano contare anche su quell'ulteriore pistola.

La vittima. E' stata identificata nel corso della notte. Frokkaj, spigano gli investigatori, era un ricercato "di un certo spessore". Era evaso il 7 maggio 2014 dal carcere Pagliarelli di Palermo dove stava scontando una condanna all'ergastolo per l'omicidio di un connazionale commesso il 23 luglio 2007 a Brescia e la sua fuga causò una gigantesca caccia all'uomo. Il 37enne era già evaso il 2 febbraio 2013 dal carcere di Parma (insieme con un altro detenuto albanese) ma era stato catturato il 14 agosto dell'anno successivo dai carabinieri di Cassano d'Adda (Milano).
Corazzo: "Hanno sparato 6 colpi, io tre". Nello studio del suo avvocato, Corazzo ha incontrato i giornalisti per dare la sua versione dei fatti. "Gli avevo dato tutto - ha detto, commuovendosi più volte - ma loro insistevano minacciandomi. Hanno cercato anche di intimidire mia figlia che ha 11 anni, l'hanno portata al piano di sopra e le hanno detto: 'Se tuo papà non ci dice dove sono i soldi gli taglieremo le dita'". In tutto la famiglia è stata tenuta ostaggio un'ora e mezza: "Hanno sparato sei colpi con una pistola che io avevo nel caveau - racconta ancora l'uomo - Io ho sparato solo tre colpi, i primi due sono andati a vuoto, con il terzo ho colpito uno di loro, ma senza prendere la mira". La conclusione dell'uomo è: "Grazie a Dio avevo un'arma addosso, se non fossi stato armato ci avrebbero uccisi, ne sono certo".
Milano, il racconto del gioielliere: "Mi hanno sparato contro, ho risposto al fuoco"
Salvini: "Se l'è cercata". "Un commerciante, aggredito da tre rapinatori al suo rientro a casa, ha sparato e ucciso uno dei ladri, e messo in fuga gli altri due. Si è difeso, ha fatto bene! Spiace per il ladro morto, ma se l'è andata a cercare": Matteo Salvini, segretario federale della Lega affida a Facebook, il commento al fatto di cronaca. Identico il commento del presidente della Regione, Roberto Maroni, che aggiunge: "Se la procura dovesse cambiare l'accusa da legittima difesa a eccesso colposo in legittima difesa, ricordo che abbiamo una norma per il patrocinio legale gratuito".
Milano, dal gioielliere il tabaccaio che sparò a un ladro: "Sono qui per solidarietà"
Petrali e Sicignano. "Non ho dormito tutta la notte, ho rivissuto quello che è accaduto a me e pensato a chi si è dovuto trovare nella mia stessa situazione": sono le parole di Francesco Sicignano, il pensionato che poco più di un mese fa sparò e uccise un ladro in casa sua a Vaprio d'Adda. Giovanni Petrali, il tabaccaio che nel 2003 sparò contro due rapinatori uccidendone uno e ferendone un altro, è andato a Rodano per testimoniare la sua "solidarietà" a Corazzo: "Ho subito 9 anni e mezzo di processi - racconta a fotografi e giornalisti radunati davanti alla villa - ma lo rifarei". Petrali in appello è stato assolto.


Per intanto vi è da dire che questo cittadino ha sbagliato a perdere tempo e ad avvertire i malviventi sparando in aria i quali sparando per risposta potevano ferirlo e ucciderlo, doveva sparare direttamente contro i rapinatori senza prima avvertire sparando i aria.
Poi vi è da dire che un malvivente ladro o rapinatore è sempre armato anche quando non ha con sè pistole, fucili e coltelli, poiché la prima arma, anche se apparentemente impropria, di ogni malvivente è il suo corpo, le sue mani, i suoi piedi, la sua massa, la sua testa e altre armi improprie come bastoni, coltelli, sedie oggetti contundenti che può reperire nella casa violata. La sua sola presenza fisica nella violata casa altrui costituisce un'arma, un'agressione, una violenza potenzialemente mortale.
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » gio nov 26, 2015 4:20 pm

«Non conviene sparare ai ladri Chiamate noi»

http://www.ilgiornaledivicenza.it/terri ... -1.4468441

Le settimane che precedono il Natale sono storicamente, per il Vicentino, quelle caratterizzate dall’emergenza furti, soprattutto in abitazione. I vicentini hanno paura e, come dimostra la cronaca, più di qualcuno è arrivato a sparare. «È un errore - sintetizza il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Giuseppe Zirone -. La legge prevede sì la legittima difesa, ma solo se il bandito aggredisce la persona, non il suo patrimonio». Che fare, allora? «Chiamate il 112 o il 113». Anche perché in questi giorni i servizi di controllo sono numerosissimi e i risultati, in termini di prevenzione e repressione, si vedono.
Perché è un errore sparare, colonnello Zirone?
Non bisogna sparare in nessun caso. Prendere il fucile o la pistola e fare fuoco è l’ultima risorsa. La legge contempla la legittima difesa, ma di fatto non contro i ladri. Pensate al caso Stacchio, per il quale peraltro la magistratura non ha ancora concluso gli accertamenti.
Quando si può, per la legge, fare fuoco?
Quando i malviventi minacciano l’incolumità delle persone. Non ad esempio quando i ladri stanno scappando. (...)


Questo colonnello CC sbaglia perché quando si ha un ladro in casa e davanti non si ha modo e tempo di chiamare i CC anche perché il ladro si incazzerebbe ancor di più e si rischierebbe ulteriormente la vita; inoltre non si dimentichi che il ladro anche se senza pistola, fucili o coltello è sempre armato poiché la prima arma umana e di ogni malvivente è il suo corpo con il quale ti può ferire e uccidere specialmente se lo hai visto in faccia.
Il ladro è sempre potenzialmente un'assassino e quindi si ha sempre il diritto di ferire e di uccidere per leggittima difesa quando si è aggrediti in casa e il rubare di un ladro nella tua casa è sempre un'agressione fisica patrimoniale e personale. Vero che se il ladro è distante e sta scappando non vi è rischio ma se è vicino il rischio che vi possa comunque ferire o uccidere c'è sempre per cui spara e difenditi che è preferibile essere vivi e onorati che morti e beffati.
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » sab nov 28, 2015 8:05 am

Eco kì el caxo del ladro sensa pistole, fuxili e cortełi ma armà del so corpo e de łe so man sasine:

Macellaio ucciso dai ladri a bottigliate. I giudici: non volevano ammazzarlo
Ridicole le condanne, arrivate ieri a Brescia: tra i 13 e i 10 anni e 10 mesi per omicidio preterintenzionale
Stefano Zurlo - Ven, 27/11/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 98931.html

Milano - Il mondo capovolto.
Le vittime sul banco degli imputati a giustificare i proiettili esplosi per difendere la casa e la famiglia, i ladri e i rapinatori che scivolano fra le maglie della giustizia. Un copione che si ripete puntuale per gli assassini di Pontoglio, quattro feroci albanesi che uccisero con una bottigliata il macellaio Pietro Raccagni. Le condanne arrivate ieri a Brescia sono davvero poca cosa: fra i 13 anni e i 10 anni e 10 mesi, non di più e per omicidio preterintenzionale. Non volevano uccidere i criminali e in un certo senso la morte dell'uomo fu un incidente, comunque andò oltre le intenzioni dei banditi.
Federica Raccagni, la vedova, è furiosa: «Forse sarebbe stato meglio avere un'arma in casa perché ci saremmo difesi. Meglio un cattivo processo che un bel funerale». Il processo in discesa l' hanno invece avuto i malviventi che la notte dell'8 luglio 2014 penetrarono nella villetta di Pontoglio, in provincia di Brescia. Pietro, titolare di un' avviata macelleria in Franciacorta, fu svegliato dal cane che abbaiava disperatamente. Il tempo di vestirsi e di correre a vedere cosa stesse succedendo. «Mio marito - ha raccontato la vedova al Giornale in un'intervista mi precedeva di qualche metro. Arrivato in tavernetta e superato un angolo si trovò davanti a quei balordi. Forse gridò e forse tentò una reazione, ma uno di loro prese una bottiglia e gliela spaccò con tutta la sua forza in testa.
Pietro cadde morto, picchiando violentemente la testa per terra». Anche se la fine giunse dopo un'interminabile e penosa agonia di undici giorni.Il Tribunale di Brescia però ha valutato i fatti in altro modo, concedendo un trattamento soft agli albanesi, arrestati dopo un'indagine da manuale. Già, il pm aveva contestato l'omicidio preterintenzionale e non quello volontario, ritenendo insomma che la situazione fosse sfuggita di mano al quartetto che non voleva ammazzare nessuno. Questo spiega le pene relativamente miti, ancora più basse di quelle richieste dall'accusa. Certo, è inquietante che si contesti con una certa facilità l'omicidio volontario al gioielliere o al benzinaio di turno che hanno solo difeso la proprietà o la cassa dalla prepotenza di gente senza scrupoli e poi si ipotizzino reati meno gravi per rapinatori e assassini».
La vita di un uomo protesta la signora Raccagni vale più di queste pene che sono basse». In particolare Vitor Lieshi, che colpì Raccagni, se l'è cavata con 12 anni. Ed è facile prevedere che presto sarà fuori.A fianco della vedova si schiera la Lega Nord. E Nicola Molteni, capogruppo del Carroccio alla Commissione giustizia della Camera, attacca frontalmente la magistratura bresciana: «L' omicidio efferato di un uomo onesto meritava pene durissime, anzi esemplari. Invece fra pochi anni questi signori saranno liberi, vanificando il principio della certezza della pena».


"Se avesse avuto un'arma mio marito sarebbe vivo"
Parla la vedova di Pietro Raccagni, il macellaio di Pontoglio ucciso l'anno scorso da una banda di albanesi. "Vaprio D'Adda? Troppo buonismo"
Stefano Zurlo - Gio, 22/10/2015
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 85522.html

Era l'8 luglio dell'anno scorso. Federica e il marito erano a letto nell'abitazione di Pontoglio, in provincia di Brescia.
All'improvviso i rumori, il cane che abbaia: i coniugi si alzano e scendono di corsa in taverna. Qui c'è l'incontro fatale con quattro rapinatori incappucciati che, si scoprirà poi, sono clandestini albanesi con una lunga scia di precedenti penali.
«Ho visto Pietro girare l'angolo, era davanti a me, l'ho perso di vista per un istante, poi ho sentito il colpo, è caduto all'indietro, ha battuto la testa, di fatto è morto in quel momento. A 53 anni. Ma vorrei chiarire che sono stati loro a colpirlo in modo selvaggio, sono stati loro ad assalirlo. Una persona deve potersi difendere se viene aggredita in casa sua».
La signora Raccagni interrompe per un attimo l'intervista, c'è da servire un cliente. Un minuto e la conversazione riprende: «Vede, in quei minuti terribili, anzi in quei secondi, non puoi calibrare più di tanto le tue reazioni: ti trovi faccia a faccia con uno che ti minaccia e, se hai la pistola, può essere che tu prema il grilletto. Non è per il gusto di uccidere, ci mancherebbe, anche a me spiace che il pensionato di Vaprio abbia ammazzato un ragazzo giovane, però quello non doveva entrare in casa sua. Le vittime devono essere tutelate e invece...».
La signora si concentra e riprende: «Siamo al paradosso che i quattro albanesi penetrati nella mia abitazione sono in carcere per omicidio preterintenzionale e vengono processati con il rito abbreviato che garantisce lo sconto di un terzo su un capo d'imputazione già morbido. Invece il pensionato di Vaprio d'Adda è indagato per omicidio volontario. Io capisco che si indaghi e si facciano tutti gli accertamenti, ma non è che uno, quando si trova davanti un tizio al buio, sta lì a fare ragionamenti come fosse a un convegno. No, agisce d'istinto, può sparare, se ha la pistola, può scappare, può reagire in altro modo, fare di tutto. Io mi sono messa a urlare davanti a loro, avrebbero potuto uccidere pure me».
È inarrestabile, Federica Raccagni: «Avesse avuto una pistola, chissà, forse mio marito si sarebbe difeso e sarebbe ancora qui. Meglio un cattivo processo che un buon funerale. E invece l'hanno ammazzato e adesso il loro avvocato sostiene che è stato un incidente e io non mi fido di questo Stato e temo di vederli presto liberi. No, io non voglio la vendetta, ma la certezza della pena. E sto con quei poveracci che hanno reagito, hanno risposto e magari hanno ferito o ucciso i ladri. Lo Stato capovolge i ruoli; sembra difendere più i ladri che le vittime, questo è inconcepibile, siamo arrivati all'incredibile: Ermes Mattielli è stato condannato a risarcire due nomadi che avevano tentato di derubarlo».
La macelleria di Erbusco era stata rinnovata da poco quando Pietro è andato incontro al destino. «È stata una mazzata - conclude la signora Raccagni - la nostra vita è stata sconvolta. Pietro era da trent'anni la colonna portante di questo negozio, adesso andiamo avanti noi: io, i miei due figli, due persone che ci aiutano. Ma è dura».
La vedova si commuove, la voce s'incrina, questa volta parla a fatica, in bilico fra sentimenti diversi e contrastanti: «Dopo quello che è successo, avevo pensato di prendere il porto d'armi. Poi ho cambiato idea: che altro può capitarmi ancora? E comunque, se dovessi sparare, poi mi troverei in mezzo ai guai».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » dom nov 29, 2015 9:41 am

Legittima difesa, la lezione anglosassone
La legittima difesa è un diritto correlato all'idea di proprietà, compresa quella del proprio corpo come premessa del diritto di proprietà sui propri averi secondo l'inglese Locke fin dal Settecento
Piero Ostellino - Ven, 27/11/2015
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 98953.html

Si moltiplicano gli episodi di irruzione di male intenzionati in appartamenti e case unifamiliari col proposito di rubare, di ricavarne un bottino.
Nell'eventualità di esserne vittime, aumenta proporzionalmente anche il numero degli italiani che si stanno dotando di armi da fuoco - rivoltelle e fucili leggeri - e che non esitano a usarle, pur sapendo di rischiare di finire condannati.
I male intenzionati, a loro volta, di fronte all'eventuale reazione delle loro vittime, finiscono col picchiarle, spesso selvaggiamente, riducendole in fin di vita. Del resto, quando, poi, il cittadino che difende legittimamente se stesso, la propria famiglia e i propri averi, ammazza un male intenzionato che è proditoriamente penetrato in casa sua per derubarlo, provvede una magistratura animata da spirito «sociale» - incline, cioè, a imputare il furto ai bisogni creati dal capitalismo e dalla società dei consumi, responsabili, a suo avviso, di troppe ingiustizie sociali, invece che al singolo individuo - con una denuncia per omicidio volontario di chi si è semplicemente difeso da un'aggressione.

È il frutto distorto, di una cultura cattolica e/o di sinistra - indulgente, nei confronti di chi commette un reato, nel nome di una malintesa tutela di chi ruberebbe spinto dal bisogno creato dalle ingiustizie della società capitalista... Non è raro, da noi, il caso di ascoltare alla tv le rampogne di qualche buonista - che non ha palesemente senso dell'idea di responsabilità individuale - il quale attribuisca il reato al bisogno di chi sarebbe vittima della società in cui vive. Invece, nei Paesi di cultura anglosassone - dove chi invade la proprietà altrui sa di incorrere nella reazione del legittimo proprietario che, come succede negli Stati Uniti, non esita a far fuoco per difendere se stesso, la propria famiglia e la propria proprietà - questo comportamento è approvato, oltre che dai concittadini, anche dal sistema giudiziario. La legittima difesa è un diritto correlato all'idea di proprietà, compresa quella del proprio corpo come premessa del diritto di proprietà sui propri averi secondo l'inglese Locke fin dal Settecento.

È, dunque, inutile, se non controproducente che, per una malintesa solidarietà sociale che alimenta questo buonismo assolutorio del reato, si faccia carico alla magistratura di sanzionare chi ricorre alla legittima difesa per salvaguardare se stesso. Chi entra nella proprietà altrui, sa, negli Stati Uniti, di correre il rischio della reazione del legittimo proprietario che, anche quando uccide, è approvato come cittadino esemplare dalla comunità. Non si tratta di auspicare una società dove ciascuno si faccia giustizia da sé, ma, poiché si tratta palesemente di una diversità di ordine culturale, sarebbe, perciò, ora che anche da noi, maturasse la convinzione che chi ruba non è vittima di qualche ingiustizia sociale, ma è responsabile di quello che fa e delle conseguenze che gliene possono derivare.
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » gio dic 17, 2015 6:09 pm

Zaia: «Prendere quelle belve e punirle in modo esemplare»
Giovedì 17 Dicembre 2015

http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/PADO ... 0619.shtml


PADOVA - Due anziane di Montagnana sono state vittime di una violenta rapina ad opera di tre banditi, contro i quali, il presidente del Veneto, Luca Zaia, chiede «una risposta commisurata alla gravità e un intervento con forza». Le due donne, una di 95 anni e l'altra di 93, sono state trovate ieri sera dalla badante legate al letto alle caviglie e ai polsi.
«Queste belve - ha sottolineato Zaia - vanno prese ad ogni costo e punite severamente cercando, almeno per una volta, di evitare loro i benefici di leggi colabrodo di uno Stato incapace di difendere i suoi cittadini. La brutalità dei malviventi, in questo come in altri casi recenti, è salita a livelli di vero orrore e la risposta delle istituzioni deputate a garantire la sicurezza dei cittadini non deve essere da meno».
Zaia punta quindi il dito contro una «criminalità becera che colpisce sempre di più i deboli, a cominciare dagli anziani». «È ora di finirla - ammonisce -, perché il Veneto e i Veneti non sono disponibili a vivere aspettando il prossimo lutto. È troppo chiedere allo Stato al quale versiamo tutti imponenti tasse di difenderci con tutti gli uomini e i mezzi necessari, Esercito in strada compreso? - chiede Zaia -. No, non è troppo, è il minimo per chi come noi si ostina a voler vivere in uno Stato di diritto, dove la brava gente venga difesa e i delinquenti incalzati senza tregua, arrestati, condannati, sbattuti in galera per tutto il tempo che hanno meritato. Temo - conclude - che questo Sato garante dei cittadini sia sempre più lontano, offuscato, impotente, indolente».
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » ven dic 25, 2015 11:03 am

???

Un omicida è un omicida. Anche da morto
È legittima difesa questa? No. È il fallito omicidio di un uomo senza misura che non vorrei mai incrociare ad un semaforo o a una precedenza non data. È un vecchio che bucherebbe il bambino piuttosto che il pallone: Ermes Mattielli è un condannato (giustamente) che ha subito un tentativo di furto, ha sparato come se fosse in guerra contro nemici disarmati e poi ha avuto un infarto.
Le Uova nel Paniere
23 dicembre 2015 16:26
di Giulio Cavalli

http://www.fanpage.it/un-omicida-e-un-o ... e-da-morto

Condannato Ermes Mattielli
Il pericolo vero dello sciacallaggio politico è l'erosione lenta ma costante dei fondamenti della democrazia. Non è una frase fatta: se gioco con i morti ammazzati per un pugno di voti innesco una latente "normalizzazione" delle gravi responsabilità (etiche, prima che giuridiche) che inevitabilmente stanno dietro a qualcuno sdraiato e sparato. Succede quindi che il "se l'è andata a cercare" cominci con un ginocchio sbucciato per una discesa forsennata di un bimbo in bicicletta e poi inondi il vivere quotidiano tra bestialità e gesti infimi.
E così è bastato davvero poco alle bocche bavose dei necrofili di turno per elevare Ermes Mattielli, l'anziano rigattiere dal grilletto facile, a "morto di stato". Lo stesso Zaia, governatore veneto, aveva parlato di "pesanti responsabilità" del governo dopo che il vecchietto western era purtroppo deceduto di infarto. Dicevano gli sciacalli che fosse morto dopo essere stato condannato, soffiavano sul risarcimento che avrebbe dovuto dare ai ladri e urlano lo schifo nelle piazze televisive. E noi, ancora una volta, inermi di fronte ad una bruttura che diventa subito ‘pop' senza informarsi, senza reagire, ammutoliti davanti alle iene.
In un Paese allo sbando morale finisce che anche le icone scelte per il dibattito politico siano disgraziate, coinvolte in un circo che superficialmente urla slogan senza pensieri, tutti ritti senza indecisioni, aggrappati alla proiezione personale di una vicenda senza nessun senso della verità e del ritegno. Pochi hanno raccontato davvero cosa avesse fatto quel pensionato veneto: tutti a separare i buoni dai cattivi, a soffiare sul fuoco, a godere dei contrapposti in una zuffa tra galli. Terrorismo per creare dibattito e fare politica: quanti decenni sono passati dalle lezioni che non abbiamo imparato ancora.
Eppure Ermes Mattielli ha impugnato l'arma, sparato a persone in fuga, gli si è avvicinato mentre erano sdraiati e feriti sparando qualcosa come quindici colpi a due corpi per terra, non ammazzandoli per la mira tremolante e la fine delle cartucce. È legittima difesa questa? No. È il fallito omicidio di un uomo senza misura che non vorrei mai incrociare ad un semaforo o a una precedenza non data. È un vecchio che bucherebbe il bambino piuttosto che il pallone: Ermes Mattielli è un condannato (giustamente) che ha subito un tentativo di furto, ha sparato come se fosse in guerra contro nemici disarmati e poi ha avuto un infarto.
I mafiosi da morti sono mafiosi morti, un omicida morto è un omicida morto, Ermes Mattielli è un concittadino smisuratamente feroce, anche da morto.


Alberto Pento comento
Chiunque entri in casa tua, senza chiederti il permesso, con la frode o la violenza è potenzialmente un pericolo mortale e tu ti puoi difendere con ogni mezzo anche uccidendo, è un tuo diritto naturale che rientra a pieno titolo nei Diritti Umani Universali. Non si dimentichi che il corpo umano è la prima arma letale dell'uomo. Gli zingari che vivono di assistenza pubblica immeritata e ingiustificata, accattonaggio, sfruttamento dei minori, furto, truffa, rapina, sequestro, omicidio, sono tra i peggiori razzisti che esistano al mondo, da secoli e non hanno alcun rispetto e amore per te, per la tua vita, per tuoi beni, per il tuo lavoro, per i tuoi sacrosanti diritti.
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Re: Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!

Messaggioda Berto » sab gen 09, 2016 10:09 pm

Arsiero, la sentenza: "Mattielli non doveva sparare"
A due mesi di distanza dalla morte di Ermes Mattielli arrivano le motivazioni della sentenza che lo ha riconosciuto colpevole di tentato omicidio. Secondo i giudici il rigattiere di Arsiero: "Non doveva sparare ma far fuggire i lari"
Redazione 8 gennaio 2016

http://www.vicenzatoday.it/cronaca/arsi ... arare.html

Ermes Mattielli avrebbe dovuto lasciar scappare i ladri o al limite sparare un colpo in aria, non prendere la mira e colpire. Il tribunale collegiale, presieduto da Maurizio Gianesini, ha reso note le motivazioni della condanna all'artigiano di Arsiero deceduto due mesi fa.
Coe riportato sulle pagine de Il Giornale di Vicenza, Matielli avrebbe dovuto scontare una pena di cinque anni e quattro mesi di reclusione e pagare un risarcimento di 135mila euro a favore delle sue vittime, due nomadi entrati all'interno della sua proprietà per rubare e colpiti più volte con un'arma da fuoco. Secondo i giudici, quando sono stati esplosi i colpi non c'era pericolo, dunque, quella di Mattielli non può essere giudicata legittima difesa. Il rigattiere, una volta scoperta l'intrusione dei due, avrebbe dovuto avvertire le forze dell'ordine, non prendere la mira e sparare 12 colpi di pistola. I due ladri, puntavano al rame lasciato all'interno del deposito di ferrivecchi, e in nessun caso avrebbero tentato di colpire il proprietario.
A Mattielli sono state riconosciute alcune attenuanti dovuti all'esasperazione generata dai continui furti subiti.
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