Il talmìd chakham
o “discepolo dei saggi” è l'ideale dell'istituzione rabbinica. I primi rabbini definivano la loro come una comunità di maestri e discepoli, chakhamìm o saggi e i loro allievi. Il giovane discepolo era incoraggiato a mettersi in viaggio - “esilia te stesso verso un luogo di Toràh” - al fine di trovare l'insegnante giusto. Il ritratto di questi insegnanti e delle loro comunità di discepoli era disegnato nella prima aggadàh, ed alcuni caratteri distintivi vennero ad essere ad essi collegati. Questi includevano un entusiasmo eccessivo per il sapere e la dedizione fino al punto del sacrificio. I racconti riportano anche imprese incredibili di memorizzazione ed altri tipi di sapere.
Lo studente anziano, dall'altro lato, è descritto come una figura di grande prudenza e assennatezza. Non si affretta nell'esprimere un giudizio. Il talmìd chakhàm sa come prendere in considerazione i fattori soggettivi quando deve emettere pareri sulle faccende umane e come evitare lo stabilirsi di precedenti pericolosi. Egli è sempre consapevole che la vera giustizia appartiene a Dio, per la cui legge egli agisce come un semplice tramite umano. Ciò nonostante, egli ha la responsabilità di agire nello stabilire la legge, anche quando fare ciò richiede grande coraggio.
Nella tradizione religioso-intellettuale dell'ebraismo, non è possibile alcuna distinzione fra “studioso” e “saggio”. L'apprendimento, l'acquisizione e la contemplazione del sapere della Toràh ci rendono saggi. Dal momento che la sapienza primordiale e universale e la Toràh sono, in effetti, la stessa cosa, conoscere la Toràh e conoscere il mondo costituiscono un'unica cosa. Nei secoli, per alcune anime interessanti ed audaci, questo ha significato che il sapere mondano di ogni tipo ha un fine buono, poiché conduce ad una più profonda comprensione del mondo creato dalla Toràh divina. Ma per la maggioranza, all'interno della tradizione, identificare la Toràh con la sapienza ha voluto dire che non c'era alcun motivo di andare al di là della specifica dottrina ebraica, perché “non c'è niente che non trovi un cenno nella Toràh”.
Il talmìd chakhàm quale figura ideale dell'ebraismo è stata messo in discussione, nei secoli passati, sia dallo tzaddìk, ovvero l'uomo santo e giusto, che da quella del chasìd, che rappresenta la compassione estrema o l'amore di Dio. La storia del chassidismo, forse il testimone più importante di questa sfida, ci dice che dopo la lotta di alcune generazioni emerge sulla scena una nuova sintesi o integrazione dei diversi tipi. Qualcosa di simile può verificarsi oggi nella rinascita sefardita in Israele, dove la venerazione una volta tributata agli tzaddikìm popolari si è trasferita alla figura classica del talmìd chakhàm in un ripristino della sua funzione di guida rabbinica.
Elora, pàre de capire ke l talmìd chakhàm nol xe el tzaddik e gnàn el chasìd.. ga da èsarghe na scala de valori so ki ca 'studia' de pì.. a go idea mi ke l chasìd lè cueo ca studia de manco. Senpre lì ke l canta e bàla
Hahàm:
Hahàm ( da pronunciarsi - dice L.Rosten - come se doveste espellere un rospo dall'ugola)
Ebraico 'saggio', 'sapiente'.
1. Persona saggia e colta, uomo o donna che sia.
Un Hahàm è colui che possiede Hohmà, vale a dire 'sapienza'. Se ne deduce che il Hahàm è sapiente, dispone di una mente brillante e di una erudizione sconfinata. Non è necessariamente un intellettuale professionista : non pochi macellai, calzolai, barbieri ... erano rinomati come Hahamìm. Alcuni di loro furono artigiani e intellettuali, i dotti antichi erano quasi sempre dediti anche a umili occupazioni.
In cima alla piramide ebraica del rispetto troverete infatti non il sovrano, né il conquistatore, il principe o il miliardario, e nemmeno il rabbino. No. Qui troverete il dotto, colui che ha studiato e continua a farlo. (...) Potere, ricchezza, onori, decorazioni, livello sociale - nulla di tutto ciò vale secondo l'ebraismo quanto la conoscenza, da intendersi come la conoscenza del Talmud. (...) lo Zohar, testo fondamentale della mistica ebraica, definisce così uno Hahàm : " Che cosa vede lo stolto in un uomo? I suoi vestiti. E il Hahàm? Egli vede il suo spirito".
Il superlativo di Hahàm non è hahamìssimo bensì, si badi bene talmìd hahèm.
2. In senso sarcastico o meglio antifrastico : stolto, ottuso; chi si crede molto intelligente, eppure di sale in zucca ne ha ben poco.
Hahàm è spesso usato in senso ironico per indicare colui che , credendosi furbo, si comporta in modo disastrosamente insensato : Che hahàm! equivale a dire, più o meno, Che genio!...
Un giovane e fiero hahàm comunica alla nonna che sta per diventare nientemeno che 'Dottore in Filosofia'. L'arzilla bùbbe sorride compiaciuta : " Splendido! Ma dimmi, che razza di malattia è la 'filosofia'?"