La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » sab feb 13, 2016 9:33 am

Vigili multati dall’autovelox installato da loro. Ricorrono, si danno ragione e annullano la multa
11 febbraio 2016

http://www.newsvideo24.it/senza-categor ... o-la-multa

Sembra una notizia ideata per far sorridere qualcuno, una battuta, una parodia. Invece è tutto, tristemente, vero. Il vicecomandante della polizia locale dell’Unione alta valle del Metauro Carlo Brizio ha deciso di far ricorso contro una multa ricevuta mentre era fuori servizio per eccesso di velocità. La stessa idea avuta e messa in pratica dal suo collega, il capitano Daniele Intihar.

I due hanno deciso di ricorrere alla Prefettura contro la contravvenzione da 150 euro sostenendo che l’autovelox era irregolare perché non presidiato da una pattuglia. Peccato che quella postazione di controllo erano stati proprio loro a installarla e con la loro supervisione ha individuato e multato decine e decine di auto. Ma quando è toccato a loro le cose ovviamente non andavano più bene. La cosa ancora più assurda è che mentre con una mano i due vigili facevano ricorso con l’altra Brizio firmava le controdeduzioni per indurre il giudice di pace di Urbino a confermare la multa di 150 euro sostenendo che l’autovelox era regolarmente posizionato pur senza il presidio di una pattuglia. Un caso di schizofrenia o bipolarità? No, semplice disonestà.

Il comandante Massi quando ha saputo della vicenda è rimasto a dir poco sorpreso ed ha subito firmato la determina di revoca del mandato fiduciario con la quale Carlo Brizio è stato rimosso dal suo incarico. Il comandante ha commentato ancora incredulo con queste poche parole: “Penso con preoccupazione agli agenti che sono in strada e che dovranno rispondere alle giuste domande della gente sul comportamento del comando”. Romina Pierantoni, presidente dell’Unione, ha aggiunto: “E’ avvenuto qualcosa di inimmaginabile che avrà conseguenze gravi”. fonte
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » ven feb 26, 2016 8:53 pm

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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » dom mar 20, 2016 9:04 pm

È incredibile come su 60.795.612 italiani, siano sempre i figli dei politici a finire nelle nomine del Governo.

https://www.facebook.com/sorial.giorgio ... 0116407580


L’ennesima ‪#‎parentopoli‬ è toccata ad Andrea Gentile, figlio del Senatore e sottosegretario Antonio Gentile di NCD, inserito nel CDA dell’Istituto dei Tumori di Milano dal ministro Lorenzin... “curiosamente” di NCD anche lei.

E si offendono pure quando i pochi giornalisti che ne hanno il coraggio fanno notare la cosa.

La Lorenzin insieme alla Boschi, onorarie del comitato di difesa autoreferenziale del governo, difendono la scelta sbandierando la cattedra alla Luiss (università privata) e perchè “risponde pienamente ai criteri normativi”.

Davvero non c’era nessun altro italiano più qualificato?

Forse non c’era nessun altro italiano altrettanto qualificato e al tempo stesso indagato come l’avvocato Andrea Gentile.

L’avvocato è stato prosciolto dalle accuse nel processo Oragate, tuttavia il padre si dovette dimettere dall’incarico dopo il presunto tentativo di censura nei confronti dell'Ora della Calabria, che stava per mandare in stampa in prima pagina la notizia dell'inchiesta sul figlio.
Ma proprio quella notte la macchina per la stampa si guastò.

Ora Gentile Sr. siede in Parlamento e il figlio nel CDA di un ospedale.

E tutti vissero felici e contenti.. tranne tutti quegli italiani che disgraziatamente sono laureati e competenti ma non sono figli di politici.
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » gio dic 22, 2016 10:37 pm

Appalti Consip, indagato anche il generale dei carabinieri Del Sette
L'accusa dei pm di Napoli è quella di favoreggiamento. Il generale Tullio Del Sette avrebbe rivelato informazioni riservate su indagini e microspie
Luca Romano - Gio, 22/12/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 45219.html

Ci sarebbe anche il nome del comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, nell'inchiesta della procura di Napoli sugli appalti Consip (la centrale acquisti della pubblica amministrazione) condotta dalla procura di Napoli.

L'alto ufficiale, secondo quanto riportato da il Fatto quotidiano, sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati per rivelazione di segreto d'ufficio. Nella fattispecie per gli inquirenti avrebbe avvertito i vertici Consip sui rapporti da tenere con alcuni imprenditori, fra i quali il top manager napoletano Alfredo Romeo, indagato per corruzione con il dirigente Consip Marco Gasparri, che avrebbe preso soldi per aiutare Romeo in alcune importanti gare d'appalto, come quella sul Facility management, Fm4, bandita nel 2014 ma poi aggiudicata a un'altra azienda.

L'intera gara Consip vale 2,7 miliardi. I pm negli atti dell'indagine fanno riferimento al "sistema Romeo". Coinvolto anche l'imprenditore di Scandicci (Firenze) Carlo Russo, che in passato avrebbe avuto rapporti con Tiziano Renzi.

Nato a Bevagna (Perugia) nel 1951 da una famiglia di carabinieri, nel 1970 entra all'Accademia militare di Modena e poi alla Scuola di applicazione carabinieri di Roma. Una splendida carriera, la sua, impreziosita da ben tre lauree: Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze della sicurezza. Nel 2004 entra al Ministero della Difesa, alla guida dell'ufficio legislativo. Vi rimane per sette anni. nel 2012 viene promosso generale di corpo d'armata. Torna alla Difesa nel 2014, come capo gabinetto del ministro Pinotti. La prima volta di un carabiniere in quel delicato ruolo, sino ad allora ricoperto da alti gradi dell'Esercito. Da lì a poco, il 24 dicembre 2014, arriva la nomina a comandante generale dell'Arma. Qualcuno sussurra che il suo volo finale sia stato possibile grazie all'ex presidente del Consiglio

"Ho difficoltà - dichiara Ignazio La Russa, deputato di Fratelli d’Italia - ad immaginare una qualsiasi responsabilità penale di una persona che conosco come tra i migliori servitori dello Stato. Sono convinto che il tempo sarà galantuomo e sarà riconosciuta l’assoluta dirittura morale del generale Del Sette".

"Sono gravissime le ombre che si allungano sul comandante generale dei carabinieri - affermano i parlamentari M5S delle Commissioni Difesa, Ambiente e Agricoltura di Camera e Senato - che sarebbe indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Consip. In attesa che la magistratura faccia il suo lavoro, Del Sette deve essere sospeso. Del Sette - ricordano i parlamentari M5S - è stato capo di Gabinetto del ministro della Difesa Pinotti, voluto fortemente ai vertici dell’Arma proprio da Renzi nonostante fosse già prossimo alla pensione e soprattutto artefice dello scellerato accorpamento del Corpo forestale dello Stato dentro l’Arma dei carabinieri. Nel 2017 scadrà il suo mandato, quindi al governo non venga in mente di prorogarlo nuovamente: l’Arma merita un Comandante di assoluta trasparenza e rigore, davvero degno di portare alto il nome e l’onore dei carabinieri".




Bufera sul generale Appalti su misura per l'imprenditore Pd
Caso Consip, indagato il capo dei Carabinieri Del Sette. E spunta un amico di papà Renzi
Simone Di Meo Massimo Malpica - Ven, 23/12/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 45406.html

Un colpo all'Arma e uno al Pd. Da Napoli l'indagine sull'imprenditore Alfredo Romeo condotta da Henry John Woodcock, Celeste Carrano ed Enrica Parascandolo perde pezzi in direzione della capitale.

Ma la trasmissione a Roma degli atti di un'importante tranche dell'inchiesta, quella sugli appalti con la Consip, viene preceduta da uno spiffero velenoso a mezzo stampa: nel registro degli indagati, oltre a Romeo e al dirigente Consip Marco Gasparri, accusati di corruzione per un presunto bando «sartoriale» (per un appalto che Romeo non ha vinto), ci sarebbe anche il numero uno dei carabinieri, Tullio Del Sette, proprio ieri a Napoli in visita ufficiale.

Il comandante generale dell'Arma, ha rivelato ieri il Fatto, sarebbe indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto d'ufficio. A tirarlo in ballo è l'Ad di Consip, Luigi Marroni, riferendo ai magistrati che era stato il presidente della centrale acquisti della Pubblica amministrazione Luigi Ferrara a dirgli che Del Sette l'aveva messo in guardia sull'inchiesta partenopea. Tanto da indurre lo stesso Marroni a commissionare una bonifica dei locali Consip a caccia di microspie. Ferrara, dal canto suo, con i pm avrebbe confermato, minimizzando l'interferenza di Del Sette a un semplice invito alla cautela riferito ai rapporti con Romeo. Oltre a Del Sette, sempre secondo il Fatto, l'inchiesta lambirebbe anche un giovane imprenditore di Scandicci, Carlo Russo, che sarebbe in contatto da un lato con Tiziano Renzi, papà di Matteo, e dall'altro proprio con Romeo.

L'impressione, insomma, è che il cerchio di Woodcock e soci si stringa intorno al Pd, considerati anche gli ottimi rapporti di Renzi con il neoindagato Del Sette e alcune precedenti emergenze dello stesso fascicolo d'indagine. Poche settimane fa, infatti, erano trapelati altri particolari relativi al filone sull'appalto per la pulizia dell'ospedale Cardarelli di Napoli. Un imprenditore partenopeo, Guido Esposito, la cui società gestiva in precedenza l'appalto, prima che una sentenza del consiglio di Stato l'affidasse a Romeo, intercettato a luglio 2015 si sfoga per telefono, parlando di interventi a favore del suo avversario da parte di «un generale» e addirittura del «presidente del consiglio». Chiamato in procura il 24 luglio dello scorso anno Esposito più o meno conferma. Svicola sul «generale», ma poi spiega ai pm di aver saputo - non ricorda da chi - di un pranzo romano, organizzato poco prima delle regionali 2015 in una trattoria di piazza Sant'Ignazio, che vedeva insieme, a tavola, «Romeo, Bocchino (Italo, ex deputato amico e consulente dell'imprenditore, che ha smentito l'attovagliamento, ndr) e Luca Lotti», ex sottosegretario alla presidenza del consiglio, ora ministro dello Sport e fedelissimo renziano. Motivo per il quale l'anonimo informatore di Esposito, quanto al contenzioso con Romeo al consiglio di Stato, gli avrebbe detto di rassegnarsi al peggio.

Ma non è tutto. Perché anche a febbraio del 2015 tra le intercettazioni dell'inchiesta finisce una strana conversazione tra il solito Romeo e Alfredo Mazzei, già tesoriere Pd in Campania, che spiega all'imprenditore di aver parlato «con Matteo e Luca», aggiungendo che che «l'indomani, a Roma, chiederà se i due sono intenzionati a prendere contatti con Romeo». Ora le carte sono a Roma. Al procuratore Pignatone la prossima mossa.
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2016 8:35 am

Formigoni: 6 anni di carcere per corruzione, interdizione dai pubblici uffici
23 Dec 2016

http://www.lindipendenzanuova.com/formi ... ici-uffici

L’ex Governatore della Lombardia e senatore di Ncd Roberto Formigoni è stato condannato oggi a Milano a 6 anni di carcere. Lo ha deciso la decima sezione penale del Tribunale nel processo sul caso Maugeri e San Raffaele per il quale l’ex numero uno del Pirellone è imputato per associazione per delinquere e corruzione con altre 9 persone. La sentenza letta nella maxi aula della Prima Corte d’Assise d’Appello, la stessa dei processi a carico di Silvio Berlusconi.
I giudici della decima sezione del Tribunale penale di Milano hanno anche deciso l’interdizione per 6 anni dai pubblici uffici nell’ambito del processo sul caso Maugeri e San Raffaele per il quale l’ex numero uno del Pirellone è imputato per associazione per delinquere e corruzione con altre 9 persone.

Il tribunale di Milano ha condannato Formigoni in solido con Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone a versare una provvisionale complessiva alla Regione Lombardia di 3 milioni di euro nell’ambito del processo per cui oggi l’ex Governatore è stato condannato a sei anni di carcere per il caso Maugeri-San Raffaele.

Il tribunale di Milano ha disposto anche la confisca di circa 6,6 milioni di euro, tra cui la quota del 50% di proprietà di una villa in Sardegna il cui acquisto era stato uno dei punti al centro dell’inchiesta. I giudici hanno deciso il trasferimento di quelle quote in capo allo storico amico di Formigoni, Alberto Perego, assolto stamani

L’ex governatore lombardo è stato condannato nel processo sul caso Maugeri per due capi di imputazione di corruzione che gli venivano contestati, mentre il tribunale ha deciso di proscioglierlo dal capo di imputazione di associazione per delinquere. I pm avevano chiesto per il senatore 9 anni di reclusione.
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » mer mar 01, 2017 11:53 pm

Consulenze folli in Sicilia: "Dodici volte gli stipendi"
La Corte dei conti denuncia le irregolarità nelle partecipate. Aperte 51 istruttorie sulla sanità
Lodovica Bulian - Mer, 01/03/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 69984.html

I rregolarità gestionali. Violazioni dei divieti di assunzione. Consulenze facili. Obblighi di trasparenza aggirati.

Un «fenomeno grave» e una «piaga per la finanza regionale» che nemmeno scandali e cicliche ondate di indignazione riescono a curare. Il buco nero delle partecipate siciliane continua a inghiottire risorse. E nel carrozzone che si alimenta con soldi pubblici ma è sempre a secco, spesso il fine del bene comune sbiadisce negli intrecci tra affari e poltrone. Il quadro dipinto dalla procura della Corte dei Conti all'inaugurazione dell'anno giudiziario offre una bocciatura senza appello alla rete di società controllate della Regione Sicilia. Ma anche alla classe politica, ai gruppi del parlamentino a cui «manca il senso del non sono soldi miei, manca il senso dello Stato», e pure alla sanità, tra errori professionali e finanziari. L'appalto dell'ospedale di Agrigento, per esempio, è costato 12 milioni di danni.

Ma è l'economia regionale la bestia nera. Nel solo 2016 la magistratura contabile ha aperto 13 istruttorie e scoperchiato un calderone da cui sono emerse «irregolarità» dovute a «risorse pubbliche impiegate per il reclutamento di personale in violazione dei divieti di assunzione e di ogni obbligo di evidenza pubblica». Dentro la giungla delle controllate non c'è solo l'ultimo caso riportato dal Giornale di Riscossione Sicilia, l'ente nato per incassare tasse ma che negli ultimi dieci anni non ne ha riscosse per 52 miliardi di euro. A proposito, perdeva 14 milioni nel 2014, ultimo bilancio pubblicato, ma con la finanziaria presentata all'Ars il governo Crocetta è pronto a iniettarci altri 42,5 milioni, oltre ai 29 già previsti per il prossimo anno. Settanta in due anni per una società che nel 2015 è stata capace di recuperare 480 milioni su 5 miliardi di tributi da riscuotere. Cifre su cui si litiga in questi giorni in commissione Bilancio. Il presidente Vincenzo Vinciullo avverte: «Manca la relazione tecnica che giustifica l'impiego di questi 42 milioni e degli altri 29. Non approveremo poste che non siano motivate e dettagliate. A che servono tutte queste somme?».

Non c'è solo Riscossione, appunto. L'occhio della procura è caduto su Sicilia Immobiliare Spa, la partecipata creata nel 2006 per «valorizzare» il patrimonio pubblico della Regione. È già avviata alla liquidazione ma continua a macinare denaro dei contribuenti attraverso consulenze «che superano fino a 12 volte l'importo delle retribuzioni dei dipendenti», ha denunciato il procuratore regionale Giuseppe Aloisio. Si tratta soprattutto di legali esterni ingaggiati per l'assistenza in contenziosi accesi in gran parte contro la stessa controllante, la Regione siciliana. Un circolo vizioso di sprechi, quello dei contenziosi «instaurati dai terzi nei confronti delle società» e dei costi «per consulenze e incarichi conferiti dagli amministratori». «Convocheremo i vertici, chiederemo spiegazioni di queste consulenze e in caso invieremo gli atti in Procura», assicura Vinciullo.

Intanto il virus della malagestione infetta anche la sanità. Qui le istruttorie aperte sono 51 e contengono «errori sanitari da non imputare solo al personale medico ma anche all'organizzazione delle aziende sanitarie». I problemi riguardano la fornitura di beni e servizi. Come l'appalto per la costruzione dell'ospedale di Agrigento, «realizzato con cemento depotenziato: il danno è di 12 milioni di euro».
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » gio giu 01, 2017 10:34 pm

Arrestato per peculato sindaco Pd: «570 mila euro in cellulari e iPad»
Marco Gasperetti
1 giugno 2017

http://www.corriere.it/cronache/17_giug ... dd31.shtml


Gli agenti del nucleo tributario della Guardia di Finanza di Firenze hanno bussato alla porta del sindaco poco prima delle 8. E subito dopo aver notificato il provvedimento di custodia cautelare, firmato dal gip Anna Donatella Liguori su richiesta del procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, hanno fatto salire sull'auto Oreste Giurlani, primo cittadino di Pescia, comune in provincia di Pistoia, per portarlo in caserma.

Agli arresti domiciliari

Poi per Giurlani, iscritto al Pd, sono scattati gli arresti domiciliari. L’accusa è pesantissima: peculato per aver intascato 570 mila euro. Soldi che si trovavano sul deposito bancario dell’Unione comuni montani e che il sindaco avrebbe poi trasferito sul suo conto personale. I fatti sarebbero precedenti al 2016 periodo in cui Giurlani era anche presidente dell’Unione comuni montani.

Le spese sospette

Secondo l’accusa, sostenuta dal sostituto procuratore della Repubblica, Tommaso Coletta, il sindaco di Pescia avrebbe certificato spese fasulle per 233 mila euro per l’acquisto di cellulari, iPad, computer e rimborsi carburante super gonfiati. Altri 143 mila euro li avrebbe poi intascati attribuendosi incarichi di consulenze e altri 200 mila euro sarebbero frutto di un’auto-liquidazione senza alcun motivo. Venerdì il sindaco Giurlani dovrebbe essere interrogato.
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » mar giu 27, 2017 6:53 am

"Il pizzo degli ufficiali della Marina Militare"
Guido Ruotolo, inviato a Taranto
25/06/2017

http://notizie.tiscali.it/cronaca/artic ... re-ruotolo

Le carte della Procura di Taranto: «Le attività di indagine - spiega il Pm Maurizio Carbone - hanno accertato l’esistenza all’interno della base militare navale di Taranto di un sistema corruttivo ben collaudato e risalente nel tempo, tanto da coinvolgere in gravissime, plurime e reiterate condotte illecite numerosi comandanti di reparto che nel tempo si alternavano al comando del cosiddetto “sistema del 10%” con riferimento alla percentuale di tangenti che sistematicamente applicavano agli imprenditori sul valore degli appalti per beni e servizi agli stessi affidati»

È la maledizione della città dei Due Mari. Per ogni appalto, commessa, fornitura che la base della Marina militare doveva (ma forse ancora deve) attivare, c’è una tangente del 10%. Stiamo parlando di almeno una decina di milioni di tangenti finora accertate. La maledizione sta nel fatto che anche i nuovi arrivati, gli ufficiali che hanno preso il posto dei vecchi arrestati o indagati, sono stati a loro volta arrestati. Per concussione. Scrive il gip: «Chiedevano il pizzo con brutale e talora sfacciata protervia alla stessa stregua della malavita organizzata».

C’è una intercettazione che rivela lo spessore criminale di Giovanni Di Guardo, spedito da Roma, dallo Stato Maggiore, nel luglio del 2015, a Taranto, quale nuovo direttore di Maricommi Taranto, la base navale, proprio in sostituzione degli ufficiali che erano stati coinvolti nella precedente indagine.

Di Guardo parla con un imprenditore quando non ha ancora preso possesso del suo nuovo incarico: «Quando io vengo fisicamente con i mobili, con le valigie da Roma, ti dovresti far trovare al casello a Massafra, prima ancora che apro la bocca: “scusa questo è…quello che ti devo dare”, a Massafra. Cioè ancora io manco so dov’è, devo ancora arrivare a Taranto, ad aprire la casa. Una persona minimamente intelligente… per cui tu rientri nel giro, allora, c’è Valeriano, c’è Gianni e c’è pure Piero».

Chiaro? Prima ancora di arrivare a Taranto, l’ufficiale della Marina vuole che l’imprenditore gli porti i soldi a Massafra, alle porte della città.

Quello che era il fiore all’occhiello di Taranto, che aveva una spiccata vocazione marinaresca prima che arrivasse, nel 1965, l’Italsider, e cioè il comparto della Marina Militare con la sua base e l’Arsenale, si sta rivelando un corpo malato con un cancro da estirpare il prima possibile.
L'indagine

«Le attività di indagine - spiega il Pm Maurizio Carbone - hanno accertato l’esistenza all’interno della base militare navale di Taranto di un sistema corruttivo ben collaudato e risalente nel tempo, tanto da coinvolgere in gravissime, plurime e reiterate condotte illecite numerosi comandanti di reparto che nel tempo si alternavano al comando del cosiddetto “sistema del 10%” con riferimento alla percentuale di tangenti che sistematicamente applicavano agli imprenditori sul valore degli appalti per beni e servizi agli stessi affidati».


Gli arresti

Dal 2013 ad oggi ci sono state già tre ondate di arresti, con una ventina in gran parte ufficiali della Marina militare, e una quarta, si può presumere, potrebbe arrivare con il nuovo anno.

L’inchiesta del Pm Maurizio Carbone aveva avuto il suo primo arresto il 12 marzo del 2013, quando il comandante del V Reparto, Roberto La Gioia, fu incastrato in flagranza di reato mentre intascava da un imprenditore una tangente. Era stato lo stesso imprenditore che aveva vinto una gara per il ritiro e il trattamento delle acque di sentina della Marina militare di Taranto e a Brindisi, a denunciare ai carabinieri le minacce e le,richieste di tangenti per poter lavorare. Aveva vinto un appalto di 650.000 euro, che avrebbe comportato una tangente di 65.000 euro, divisa in due rate mensili da 2.000/2.500 euro. E proprio ritirando l’ultima di questa rata, l’ufficiale è stato arrestato in flagranza.

A casa sua sono state trovate cinque buste bianche sigillate con 36.000 euro e in ufficio altri 8.000 euro. E poi due pen-drive con la contabilità delle tangenti, degli imprenditori vessati e, con i nomi siglati, gli altri complici interni alla Marina con cui dividere i soldi.


E da allora lo schema non è cambiato.

Colpisce il loro senso di impunità, come se fossero convinti che non sarebbero mai stati beccati, anche i nuovi sostituti degli incarcerati.

Ufficiali corrotti, capitani di vascello finiti in carcere o ai domiciliari. Comandanti della base trascinati nel fango. Due reparti, in particolare, focolai di questi tumori da estirpare, il IV e il V Che si occupavano di forniture e di carburanti e lubrificanti.

Minacciavano, gli estorsori ufficiali. Chi non pagava, rischiava di ritrovare perennemente sotto la pila il suo mandato di pagamento. Il 21 luglio il giudice dovrà decidere sulle 9 richieste di rito abbreviato mentre altri 7 indagati hanno chiesto di patteggiare. Ma quello che inquieta è che questa inchiesta è un po’una Catena di Sant’Antonio. Non finisce mai.
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » gio ago 10, 2017 3:14 am

Camere, salta il tetto agli stipendi d'oro: il barbiere torna ai suoi 136mila euro. I dirigenti guadagneranno più della Merkel
di Thomas Mackinson | 9 agosto 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08 ... el/3785737

I dipendenti di Camera e Senato torneranno presto a incassare i loro stipendi d’oro, anche superiori al famoso tetto dei 240mila euro riservato ai dipendenti pubblici d’Italia messi a dieta dal governo Renzi: dal primo gennaio 2018 avremo ancora barbieri e uscieri da 136mila euro l’anno, elettricisti da 156mila euro e consiglieri parlamentari da ben 358mila euro l’anno, vale a dire stipendiati più di Mattarella o della Merkel.

Il perché è presto detto: i tagli deliberati dalla Camera a settembre 2014 sono andati a sbattere contro la Commissione giurisdizionale per il personale della stessa Camera che – accogliendo i ricorsi di un sindacato e di diversi dipendenti – ha stabilito che il taglio fosse solo temporaneo, appunto valido per tre anni. Ecco perché il 31 dicembre 2017, senza una proroga, le riduzioni salteranno e si tornerà ai magnifici stipendi di cui sopra. La notizia è stata anticipata dal Messaggero e rimbomba nei palazzi ormai deserti causa vacanze. Si trova giusto un questore della Camera che allarga le braccia: “Spiace ammetterlo, ma è così”.

La restaurazione, ed è un punto centrale della storia, non avviene per mano di un giudice del lavoro ordinario ma di alcuni deputati. L’autodichia della Camera rimette la competenza sulle cause a organi interni come appunto la Commissione giurisdizionale per il personale, organo che in questa legislazione è formato soltanto da deputati Pd. Nello specifico Francesco Bonifazi, Fulvio Bonaviticola ed Ernesto Carbone, sono rispettivamente presidente, relatore e componente effettivo di quel “tribunalino” interno che nel 2015 ha sposato la causa dei dipendenti della Camera mostrandosi sensibili alle loro doglianze finendo per andare contro le decisioni della stessa Camera. Il caso vuole siano tutti del Pd ma che lo sia anche la norma contestata, voluta dalla vice presidente della Camera Marina Sereni (Pd).

Dem contro dem, e non una ma due volte. Quando il tribunalino speciale ha dato ragione ai dipendenti il collegio dei questori della Camera ha fatto ricorso e ancora una volta i deputati l’hanno rigettato, lasciando i tagli temporanei. “Fu l’unica soluzione”, spiega un membro della commissione “perché la delibera di presidenza stabiliva un adeguamento ai tagli del pubblico impiego dove però gli incarichi dirigenziali sono temporanei, mentre i dipendenti della Camera hanno meccanismi di progressione stipendiale non legati all’incarico e disciplinati dal concorso che hanno fatto per l’immissione in ruolo”. Idem per i sottotetti che – a differenza che nella pa – furono imposti al resto del personale non dirigente (falegnami, commessi, assistenti, segretari…) per evitare che arrivassero al livello dei dirigenti decurtati.

“E’ un bel pasticcio”, commenta ora uno dei questori. “Non so come e se si riuscirà a correre ai ripari”. Anche se la Camera prorogasse i tagli, infatti, “i dipendenti faranno ancora ricorso e gli daranno ancora ragione e toccherà dargli indietro tutte le somme con anche gli interessi”. Ora si tratta di capire se esista una via d’uscita. Di sicuro non c’è molto tempo per trovarla. I tempi li detta la formazione del bilancio. Entro il 30 settembre l’amministrazione della Camera deve fornire al Collegio dei questori le previsioni tendenziali di entrata e uscita per ciascuno capitolo ai fini della predisposizioni di quello di previsione per l’anno prossimo. Ma il Parlamento riaprirà il 12 settembre dopo 40 giorni di ferie. Dunque il tempo utile per trovare la via d’uscita si riduce a una ventina di giorni. Sempre che qualcuno davvero la cerchi.

Fonti vicine alla Presidenza fanno notare infatti che la Commissione giurisdizionale per il personale ha decretato che la temporaneità delle riduzioni coincidesse con la scadenza della legislatura. Il che significa che “il nuovo eventuale tetto dovrà essere stabilito dall’Ufficio di Presidenza della prossima: l’attuale è impedito a farlo da questa pronuncia”. Circostanza che rende inesatto dire che “la Camera ripristina gli stipendi”, come si è letto. Perché deciderlo spetterà ai prossimi organismi politici che la guideranno. Con immensa gioia dei 2mila dipendenti.
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Re: La casta dei servidori del stado talian e pioveghi

Messaggioda Berto » sab dic 16, 2017 9:48 pm

Sulla Corte confermo tutto
Roberto Perotti
14.12.17

http://www.lavoce.info/archives/50184/s ... e-confermo

L’articolo sui costi della Corte costituzionale ha indotto la Corte stessa a scrivere una lettera (prima colonna a destra) e ha stimolato un intervento dall’interno de lavoce.info (qui a fianco). Ecco la replica dell’autore a entrambi i contributi.

Effettivamente la dott.ssa Stasio ha ragione, devo delle scuse per una mia affermazione errata e fuorviante. Quando ho scritto “ottenere i dati necessari è stato un processo molto lungo e faticoso, che ha richiesto parecchi mesi”, avrei dovuto scrivere “anni”, non “mesi”. La mia prima richiesta per ottenere i dati consuntivi della Corte è del novembre 2013. Non ricevetti mai risposta (per correttezza: ai tempi la dott.ssa Stasio non lavorava alla Corte, di cui è capo dell’ufficio stampa da poche settimane).

Confermo invece che i bilanci consuntivi sono disponibili online solo da poche settimane, e sotto la pressione dell’inchiesta. Sarà pur vero, come lei scrive, che “la pubblicazione è prevista da una delibera del 15 aprile 2014”. Ma mentre la mentalità formalistico – giuridica della Corte ragiona sulle delibere, al comune mortale interessano i fatti che seguono (o non seguono) le delibere. E i fatti sono che fino a poche settimane fa la Corte non ha messo online i consuntivi. Il che la dice lunga sul senso di accountability di questa istituzione.

Per tutto il resto, mi assumo totalmente la responsabilità di quello che ho scritto. E sottoscrivo anche in pieno le sue parole: “l’informazione non si fa con manipolazioni, sospetti, insinuazioni, ma con i fatti.” Ora, io non so definire altro che come “manipolazione” la frase seguente, che riprendo integralmente dalla prima comunicazione della Corte e che ho già riportato nel mio articolo:

Tra il 2013 ed il 2014, il bilancio corrente della Corte si è ridotto da 62.816.448 euro a 57.417.331 euro, con una diminuzione di 5.399.116 euro. Il miglioramento è di natura strutturale, come dimostra il trend dei bilanci successivi:

Eppure, a fronte di 9 milioni che asserivate di avere ridotto in modo “strutturale”, riuscivate a documentare solo circa 2.300.000 euro di risparmi. La differenza sono appunto le pensioni “scomparse” nella contabilità speciale, di cui la Corte si è ben guardata dal chiarire l’esistenza e le implicazioni contabili. In altre parole: “se si accontentano di questa spiegazione la facciamo franca”. Comunque, le assicuro che non avrei alcuna difficoltà a rendere pubbliche tutte le nostre email (incluse quelle di quattro anni fa, a cui non ricevetti mai risposta).

Noto comunque, a beneficio del lettore, che nella risposta della Corte al mio articolo non c’è nessun rilievo alla sostanza del mio ragionamento. E qui vengo alle osservazioni di Luigi Guiso (che ringrazio per le parole di apprezzamento in apertura del suo articolo), che invece eccepisce sulla sostanza. In sintesi, Luigi Guiso dice: le remunerazioni nette dei giudici e del personale e le spese per acquisti di beni e servizi sono scese di circa 2 milioni e mezzo, una cifra rispettabile. Ho una considerazione generale e alcune risposte specifiche.

La considerazione generale è che il mio articolo verteva sulla differenza tra i due milioni e mezzo effettivamente realizzati e i nove milioni “strutturali” che la Corte pubblicizzava. La differenza, su una spesa netta di 35 milioni, non è irrilevante. Luigi Guiso conclude dicendo che “guardando a questi numeri non trovo ragioni per rivedere al ribasso la mia fiducia nei confronti della Corte.”. Da un lato mi rincuora di non avere causato a Luigi una delusione. Dall’altro lo invito a riflettere su questa differenza e su come essa sia stata presentata; e se pensa onestamente che questa vicenda sarebbe potuta avvenire in un altro paese civile.

I commenti più specifici sono i seguenti:

La riduzione della remunerazione dei giudici non è un’opera di spending review volontaria. È dovuta alla riduzione dei loro stipendi da 465.000 euro a 360.000 euro, a sua volta effetto di una misura presa dal governo Renzi che ha imposto il limite di 240.000 euro anche al primo presidente della Corte di cassazione, su cui lo stipendio dei giudici costituzionali è parametrato. E, non per rigirare il coltello nella piaga, ma anche in questo caso la comunicazione fatta dalla Corte in occasione dell’inchiesta diceva: “A decorrere dal 1° maggio 2014, la Corte ha già deliberato la riduzione della retribuzione di ciascun giudice di 100.000,00 euro lordi all’anno” (grassetto mio). Un’altra interpretazione birichina dei fatti: la Corte non ha mai fatto niente, ha subito a malincuore decisioni (sacrosante) altrui.
Dobbiamo liberarci dal mito del “gli stipendi e le pensioni sono incomprimibili perché non dipendono da chi le paga” su cui si basa il ragionamento di Luigi. Nessun dottore ha mai ordinato alla Corte di assumere tanti dipendenti in passato, di pagarli tanto, e di pagare pensioni generose. Se in conseguenza di queste decisioni oggi la Corte si trova a poter risparmiare solo sulla luce e il gas, sono problemi suoi.
E questo mi ricollega a un problema più generale: il punto di partenza. C’è un solo aggettivo per caratterizzare i bilanci di qualche anno fa della Corte, e soprattutto le remunerazioni dei giudici e i loro benefit: “scandalosi”. Lo stipendio attuale di 360.000 euro è quasi il doppio dello stipendio degli omologhi statunitensi; fino a tre anni fa era 454.000 euro, oltre a benefit che, per dare una idea, includevano la macchina a vita con due autisti per gli ex presidenti. Ci sono in giro ex presidenti della consulta che pontificano regolarmente sulla ineguaglianza della nostra società e che hanno ricevuto una liquidazione di 900 mila euro, e ricevono ogni mese una pensione di 21 mila euro. Oggi si è fatto qualcosa? Complimenti. Ma se vado a 200 all’ora dove c’è il limite di 50 all’ora, non posso pensare di evitare l’arresto dicendo “è vero, ma prima andavo a 300 all’ora.”

Infine, una considerazione più soggettiva. Luigi Guiso scrive che “dovremmo prestare notevole cautela a non incrinare inopinatamente la credibilità [della Corte]. È una delle poche istituzioni di cui i nostri connazionali ancora si fidano.” Personalmente ho una visione meno paternalistica della questione. Per anni i giudici della Corte hanno percepito retribuzioni e benefit che gridavano vendetta. Per anni hanno seguito l’usanza medievale di nominare presidente (con relativo scatto di stipendio) il membro più anziano, con il risultato che questa carica così delicata e difficile ruotava in media ogni anno e mezzo. Non hanno mosso un dito, in parte perché protetti dalla scarsità di informazione al riguardo, in parte, e più semplicemente, perché se ne infischiavano. È interessante a questo proposito rileggere questo scambio tra un ex presidente della consulta e un giornalista (per coincidenza, ancora di Report) nel novembre 2015:

Giuliano Marrucci (giornalista): “Cosa fanno di così speciale i giudici italiani per guadagnare il doppio dei tedeschi e quasi il triplo degli spagnoli?”.

Annibale Marini (presidente emerito Corte costituzionale): “Sono delle categorie che vanno tutelate, perché esercitano una funzione delicatissima”.

GM: “Sì, ma anche in Germania vanno tutelate”.

AM: “Però il costo della vita in Germania è A, in Italia è B, in Spagna è C”.

GM: “Eh, appunto, in Germania è A”.

AM: “Ma non lo so questo, non lo so. Io capisco quello che lei dice. Dice: ‘No, ma in Germania lo fanno, perché non bisogna farlo in Italia?’. Eh, lo so”.
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