Casta talega

Re: Casta talega

Messaggioda Berto » ven gen 23, 2015 5:33 pm

COLLEZIONA POLTRONE D’ORO E CONSULENZE, HA GIA’ LE MANI DAPPERTUTTO. D’ALTRONDE LO MANDA PAPA’, CHE SI CHIAMA GIORGIO E ABITA AL QUIRINALE

sabato 27 dicembre 2014

http://adessobasta-blog.blogspot.it/201 ... ze_27.html (on sito de fanfaroni)

L’INFANTO D’ITALIA – IN OGNI MONARCHIA CHE SI RISPETTI, C’È IL PRINCIPE EREDITARIO. A NOI È TOCCATO GIULIO NAPOLITANO, CON IL REAL PIEDINO IN TUTTA LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, DALL’UNIVERSITÀ ALLO SPORT, DAI MINISTERI AL COMUNE DI ROMA
Una pioggia di consulenze pubbliche, incarichi e poltrone per il figlio del Presidente della Repubblica, che scrive leggi, studia riforme, diventa giovane professore nell’università dove rettore è lo zio – I suoi protetti, Zoppini e Martone, non hanno brillato come sottosegretari, ma nulla oscura la stella di Giulio…


Marco Travaglio per “il Fatto Quotidiano” (ma Travaglio no lè on fanfaron)

Come ogni monarchia che si rispetti, anche il nuovo Regno d’Italia ha la sua Real Casa con tutta la dinastia. Solo che la successione non spetta al primogenito di Sua Maestà, bensì a un/a suo/a favorito/a ancora in via di selezione (oltreché dei soliti Amato e Cassese, si parla financo della ministra Pinotti). Esclusi dall’eredità al Trono, i figli di Re Giorgio I-II sono comunque ben piazzati.
Il primo, Giovanni, è in forza alla Direzione conflitto di interessi dell’autorità Antitrust, dando un tocco di surrealismo al tutto. Il secondo, Giulio, classe 1969, è il più attivo nel bel mondo (si fa per dire) romano fra salotti, atenei, palazzi del potere e spiaggia di Capalbio. È l’Infante d’Italia, omologo dell’Infanta di Spagna Elena María Isabel Dominica de Silos de Borbón y Grecia che tanti guai ha procurato al povero Juan Carlos, accelerandone l’abdicazione (istituto previsto dai cerimoniali della Corona spagnola, non di quella italiana).
Nel 2003, a 34 anni, Giulio già beneficiava – per la sua leggendaria bravura, s’intende, mica per i lombi e il lignaggio – di due consulenze legali da 15mila euro dalla giunta romana di Veltroni (la Corte dei conti accertò poi che le sue prestazioni potevano essere tranquillamente svolte dal folto ufficio legale del Comune e condannò la malcapitata funzionaria che l’aveva reclutato a risarcire 10mila euro).
Intanto Giulio era già passato a migliori incarichi, tra consulenze pubbliche (Coni, Federcalcio, presidenza del Consiglio) e fondazioni private o quasi (VeDrò di Letta jr. e Arel del duo Amato&Bassanini). Sempre grazie ai meriti scientifici conquistati sul campo, partecipò alla stesura del decreto sulle Authority, che in ultima analisi fanno capo al Papà Re. Poi fu chiamato dal n.1 dell’Agcom, Corrado Calabrò, a presiedere l’Organo di vigilanza sull’accesso alla rete Telecom.
Senza trascurare la travolgente carriera universitaria, all’ombra del suo maestro Cassese (di cui ha curato il Dizionario di diritto pubblico), amico del Genitore Regnante (che nel 2013 tenterà di issarlo sul suo trono). Un’irresistibile ascesa, quella dell’Infante prodige, fin sulla cattedra di Istituzioni di diritto pubblico all’università Roma Tre. Lì, per puro caso, ha regnato per 4 mandati (15 anni) il magnifico rettore Guido Fabiani, marito della sorella di donna Clio, cognato di Giorgio e zio di Giulio.
E lì, sempre in ossequio alla meritocrazia, insegnano il Divo Giulio e la cugina Anna Fabiani, figlia del rettore, mentre il di lei marito Alberto Tenderini, non potendo proprio insegnare, cura le iniziative sportive dell’ateneo. Quando l’anno scorso l’amico Letta Nipote va al governo, due fedelissimi dell’Infante diventano finalmente sottosegretari.
Alla Giustizia l’inseparabile Andrea Zoppini, avvocato, autore di libri a quattro mani con Giulio e ordinario di Diritto privato a Roma Tre, ça va sans dire (presto costretto a dimettersi da un’indagine per frode fiscale, poi archiviata). Al Lavoro l’indimenticabile Michel Martone, che si segnala per gaffe memorabili prima d’inabissarsi nel nulla.
Ma ci vuol altro per oscurare la stella di Giulio, che seguita a collezionare poltrone: riformato il diritto sportivo per il Coni di Malagò, è commissario ad acta alla Figc di Abete. Sulle prime Renzi pare infastidito dall’ubiquo Infante, ma poi – in piena “emulsione” con S.A.R. – si arrende.
Il Colle storce il naso per il decreto Franceschini sulla Cultura? Ecco sbucare al suo fianco il consigliere Lorenzo Casini, altro gemello siamese di Giulio, con cui firmò l’imprescindibile “Prospettive della globalizzazione. Come uscire dalla crisi”. La Madia tribola a partorire il decreto PA, respinto con perdite dal Quirinale? Chi meglio del rampollo, che le fu pure fidanzato, per lubrificare l’ingranaggio?
Lui nega tutto: quello avvistato qua e là dev’essere un fantasma, o un sosia. La Napoli del dopoguerra ironizzava sulla somiglianza fra Umberto di Savoia e Giorgio Napolitano, il “figlio del Re”. Ora che questi s’è incoronato da solo come Carlo Magno, Giulio è figlio di un re e nipote di quell’altro. Viva l’Italia, viva la Repubblica.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » ven mag 22, 2015 8:38 pm

Mogli, fratelli e cugini: il vitalizio è di famiglia

La suocera di Veltroni, la figlia di Cossutta, il parente stretto di Crocetta. Va avanti l'inchiesta del "Giornale" sui vitalizi
Gian Maria De Francesco Giuseppe Marino - Gio, 21/05/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... ebook+Page

Roma - «Aggiungi un posto a tavola ché c'è un parente in più, se sposti un po' la seggiola stai comodo anche tu». Garinei e Giovannini forse l'avrebbero scritta in questo modo se avessero saputo che, con il passare degli anni, Palazzo Madama (e anche la Camera) si sarebbe trasformato in un buen retiro per fratelli, cugini, figli e suocere.
Armando Cossutta

Perché il potere ha anche un tratto ereditario e, pur essendo l'Italia una repubblica, c'è sempre qualche cinghia di trasmissione che consente di estendere ai consanguinei (biologici o acquisiti) qualche benefit.

Scorrendo l'elenco dei vitalizi erogati dal Senato, infatti, si scopre che dal 1992 al 2001 ha transitato sui banchi di Palazzo Madama Franca D'Alessandro Prisco. Si tratta della suocera di Walter Veltroni. Ex assessore nelle giunte comuniste del Comune di Roma con i sindaci Argan, Petroselli e Vetere, Franca D'Alessandro, moglie di Massimo Prisco, direttore della federazione statali della Cgil, compì il grande salto sulla scena nazionale. Nei quattordici anni trascorsi dal termine della propria esperienza al Senato, ha accumulato circa 770mila euro di vitalizi a fronte di una contribuzione di 238mila euro per uno sbilancio complessivo di 531mila euro circa. Una cifra leggermente inferiore a quella di Salvatore Crocetta (-586mila di «buco» previdenziale), fratello dell'attuale governatore siculo Rosario. Salvatore è un comunista vero e, dopo la Bolognina, se ne va con Rifondazione. Ma per quanto abbia avuto i suoi cinque minuti di visibilità con tre legislature da senatore, è a Rosario che è riuscito il colpo grosso di fare il sindaco del paese natio, Gela, e poi il potentissimo presidente (tra un rimpasto e l'altro) della Regione Sicilia.

Ecco, la Sicilia appunto. Una terra nella quale i valori familiari sono sempre al primo posto. Basta spostarsi dalla siracusana Gela alla catanese Paternò per incontrare un'altra famiglia importante: quella dei La Russa. Tutti conoscono il simpaticissimo e focoso Ignazio, avvocato fondatore di An, ex ministro della Difesa con il Pdl e oggi difensore dei valori della Destra in Fratelli d'Italia. Un po' meno noto al grande pubblico è il fatto che la famiglia La Russa abbia la politica nel sangue. Il padre di Ignazio era senatore dell'Msi, il fratello è stato invece senatore della Dc prima e del Ccd di Casini poi. Dal '96 non è più parlamentare e così lo sbilancio della posizione è salito a circa 700mila euro.

Non è un caso isolato. Prendiamo, ad esempio, Francesco Covello. Calabrese di Castrovillari, moroteo, ha seguito tutto il cursus honorum : consigliere comunale, assessore provinciale, consigliere regionale, amministratore unico delle Ferrovie della Calabria e, infine, senatore (-659mila euro). Poteva uscire di scena come un uomo qualunque? Certo che no! La figlia Stefania oggi è parlamentare Pd ed è componente della segreteria del partito di Matteo Renzi con delega ai fondi europei. Non è l'unica figlia d'arte: è accaduto a Maura Cossutta, figlia del rigoroso filosovietico Armando (-27.400 euro). È successo anche a Balda Di Vittorio, figlia del leader storico della Cgil e scomparsa all'inizio di quest'anno.

La citazione non è casuale. Laddove il nome non sia garanzia di successo e di continuità della tradizione, spesso è venuto in soccorso proprio il ruolo svolto nella rappresentanza degli interessi delle «masse operaie». Il sindacato ha così traslato a Palazzo Madama figure importanti. L'ultimo in ordine di tempo è stato Franco Marini, ex numero uno della Cisl che, avendo terminato l'esperienza due anni fa, è ancora in attivo per quanto riguarda la posizione contributiva. In passivo (-256mila euro), invece, è già Antonio Pizzinato, il successore di Luciano Lama alla guida del sindacato di Via Po: un comunista duro e puro, educato a Mosca. In passivo anche Giorgio Benvenuto (-192mila euro) che con lo stesso Lama e Pierre Carniti (-378mila euro, la sua scheda è stata pubblicata lunedì) faceva tremare governi e Confindustria tra gli anni '70 e '80.

Talvolta vale pure il processo inverso: un brand è talmente forte che lo si può anche declinare in politica. Ne sa qualcosa Luigi Biscardi (-531mila euro), al Senato dal 1992 al 2001 con il Pds-Ds. È il fratello del famosissimo Aldo, quello del Processo del lunedì . Entrambi avevano il cuore a sinistra da giovani. L'Aldo nazionale passò da Paese Sera al Tg3 in un sol colpo. Anche il partito aveva bisogno di uno sgub .
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » ven mag 22, 2015 8:48 pm

Occhetto: "Il vitalizio mi serve per mantenere i miei figli"

L'ex leader della sinistra passa al contrattacco: "Dovrei morire così siete contenti"
Francesco Curridori - Mar, 19/05/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 30179.html

"Guardate il mio reddito. Non ho altre entrate. Se mi fosse tolto il vitalizio di cosa vivrei? E di cosa vivrebbe la mia famiglia?".

Achille Occhetto, intervistato da Libero, difende i suoi 5860 euro netti che riceve mensilmente da quando, nel 2006, ha lasciato il Parlamento. Cifra pari a un totale di circa 33 mila euro percepiti a fronte dei 371,736 versati con una differenza di 261.201 euro.

"Sono pronto a restituirli, ma - specifica Occhetto - vi assumete voi la responsabilità del fatto che finirei in povertà. Con questo mantengo anche i miei due figli che sono disoccupati, perché non ho mai approfittato del mio ruolo per trovare loro un posto".
L'ex leader della sinistra difende la legge sul vitalizio che, secondo lui, aveva una sua ratio: "Permetteva ai parlamentari di fare politica senza rubare, senza arricchirsi".
Cambiarla ora sarebbe sbagliato perché "la Costituzione vieta di rendere retroattive le norme.
Io adesso come farei? - domanda Occhetto - Quei soldi mi servono per vivere e mantenere i miei familiari. Piuttosto, andate a controllare chi si è arricchito ingiustamente". E infine l'affondo: "Se le regole fossero state diverse, avrei accantonato dei soldi e mi sarei fatto un’altra pensione. E poi che discorso è? Andando avanti, la differenza aumenterà. Dovrei morire così siete contenti".
E quando la giornalista Elisa Calessi gli fa presente che anche sua moglie Aureliana Alberici percepisce un vitalizio di 3791 euro mensili, Occhetto risponde: "In una famiglia ci sono tante spese e tante situazioni che non potete conoscere. Per cosa volete mettermi alla gogna? È tutto secondo la legge" ma poi precisa: "Se si decide di togliere il vitalizio, sia io, sia mia moglie ci confermeremo a questa decisione".
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » sab mag 23, 2015 10:43 pm

Papponi del vitalizio, un milione di euro a due radicali per un'ora alla Camera

21 Maggio 2015

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... lione.html

Nessuno è riuscito ad arrivare al loro record assoluto. Un giorno solo in Parlamento, e ora già un milione tondo in tasca. Ci sono riusciti due ex deputati radicali: lo storico Pietro Craveri e l’avvocato Luca Boneschi, che a Palazzo ci sono passati come i turisti durante le visite, ma per quell’occhiata data appena a quello che avrebbe potuto essere - e non fu - il loro luogo di lavoro, si sono conquistati grazie alle regole generose dell’epoca il vitalizio per il resto dei loro giorni. Per Craveri un assegno da 2.159 euro al mese, per Boneschi un assegno da 2.204 euro mensili. Il professore si è guadagnato fin qui rispetto ai contributi versati 509mila euro. L’avvocato 495mila euro. In due fanno appunto un milione di euro. E non sono manco soli, perché anche un altro radicale doc come Angelo Pezzana è riuscito a portare a casa un guadagno di 588 mila euro rispetto ai contributi versati per essere stato deputato esclusivamente dal 6 al 14 febbraio del 1979. La breve esperienza fu dovuta alle regole dei radicali, che talvolta diventavano quasi imposizione.

Marco Pannella e i vertici del partito avevano scelto di ruotare i loro eletti (lo stesso leader si dimise più volte dopo poco tempo) per dare più spazio possibile in Parlamento ad altri. Ma quella rotazione aveva le sue regole, e talvolta capitava che il primo dei non eletti non fosse il prescelto: gli si chiedeva con insistenza di lasciare subito il posto libero a chi immediatamente seguiva in lista. Fu grazie a uno dei tre ad esempio che divenne per la prima volta parlamentare Peppino Calderisi, che poi avrebbe attraversato la seconda Repubblica con ruoli di primo piano all’interno del centrodestra italiano. Fu Italia Oggi a scoprire nel 2007 il caso dei radicali per un giorno che avevano maturato il diritto al vitalizio per tutta la vita. Negli anni Settanta e Ottanta non c’erano regole infatti per maturare la pensione da parlamentare: bastava essere semplicemente eletti per un giorno. Poi, una volta terminato il mandato, gli uffici amministrativi di Camera e Senato scrivevano all’ex facendogli presente che a quel punto avevano maturato il diritto al vitalizio, però era necessario versare l’equivalente di 60.402 euro odierni di contributi per renderlo effettivo. L’offerta era generosa, perché le Camere concedevano 60 rate per saldare il dovuto. Esattamente come se si fosse restati in Parlamento tutta la legislatura. I tre accettarono, versarono e maturarono il diritto al vitalizio. Quando nel 2007 Italia Oggi scoprì che tutti e tre stavano percependo quel vitalizio, esplose il caso e Marco Pannella fece lo gnorri. Scrisse al quotidiano di non avere mai saputo nulla di quei vitalizi radicali, e che avrebbe preso informazioni dai diretti interessati. Ammise però la stranezza del caso e in tempi in cui gli elettori non erano troppo teneri con la casta, disse che la campagna contro gli sprechi della politica era "sacrosanta". I diretti interessati reagirono in modi diversi.

Boneschi ammise di avere perso tanti di quei soldi difendendo gratuitamente i radicali e i familiari di Giorgiana Masi in molti processi, e di avere considerato quel vitalizio come una sorta di risarcimento. Bel risarcimento, niente da dire, per un’ora scarsa passata alla Camera dei deputati. Anche Craveri ammise la debolezza allargando le braccia «Era un diritto, e non siamo santi...». Pezzana invece la prese male, disse di avere la coscienza a posto e di avere scoperto subito che la politica non faceva per lui. Un tipo veloce di comprendonio, perchè gli bastò poco più di una settimana per dimettersi e conquistare da allora ad oggi quel guadagno di 588 mila euro grazie al vitalizio parlamentare. Che poi la politica gli fosse indigesta, è vero fino a un certo punto: fu eletto in consiglio Regionale del Piemonte nel 1985, e vi rimase fino al 1990. Conquistando un secondo vitalizio che gli viene puntualmente erogato: 2269,36 euro al mese.
Nell’elenco odierno dei grandi guadagni dei vitalizi si trovano anche altri parlamentari di spicco, come la pasionaria della sinistra Luciana Castellina, nata nel Pdup e poi approdata a Rifondazione comunista, che ha già guadagnato rispetto ai contributi versati 633 mila euro. Meglio di lei ha fatto un ex generale, sempre presente in tutte le vicende politico-militari come Falco Accame, che fu parlamentare del Psi per due legislature: il suo guadagno sui contributi versati si avvicina al milione di euro. Cifra appena inferiore quella ottenuta finora (934 mila euro) da Giovanni Prandini, il dc bresciano poi divenuto suo malgrado fra i principali protagonisti di Tangentopoli. Ora è a rischio revoca del vitalizio secondo le nuove norme sui condannati, e siccome dovrebbero toglierlo a luglio, rischia di non arrivare all’ambita quota del milione di euro di guadagno. Altri due socialisti in lista, come il torinese Giusy La Ganga (433 mila euro di guadagno fino ad oggi) e l’ambasciatore di Bettino Craxi in Vaticano, Gennaro Acquaviva, che ha già messo da parte 652 mila euro più dei contributi versati. Oltre ad Accame anche un altro militare popolare che si è dato alla politica: il generale Franco Angioni, eroe del Libano all’epoca di Sandro Pertini presidente. In politica ci è arrivato tardi, ma con il vitalizio riesce già a guadagnare 154 mila euro più dei contributi versati.

Franco Bechis
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » dom giu 28, 2015 9:53 pm

M5S, la senatrice grillina assume la figlia del fidanzato come portaborse
Solo otto mesi fa l'apertura delle selezioni "basate sul merito" a cui risposero oltre 20mila persone. Lei si difende: "L'han fatto in molti"

http://mobile.tgcom24.it/checkexistpage ... 7654.shtml

"Mandate i curricula, cerchiamo persone pulite trasparenti e oneste. Sceglieremo i migliori tra quelli che riceveremo, perché vogliamo svolgere un lavoro eccellente". Marzo 2013, ad annunciare il tanto atteso bando con cui i neodeputati del Movimento Cinque Stelle avrebbero selezionato i propri assistenti parlamentari era l'allora capogruppo alla Camera, Roberta Lombardi. Parole che, rilette otto mesi dopo, fanno sembrare tutto un grande bluff.

All'invito della Lombardi avevano risposto in 20mila, speranzosi che la selezione sul merito diventasse realtà. A quanto pare le cose, almeno in qualche caso, andarono però diversamente. Lo scrive l'Espresso, riportando la vicenda della senatrice Barbara Lezzi, 40enne leccese che non sembra essersi fatta troppi problemi a gestire la selezione a modo suo, assumendo come portaborse la figlia del suo fidanzato.

E se la notizia basterebbe già a sollevare un polverone, la spiegazione data dalla senatrice rischia di alimentare ancor di più le polemiche. "Nessuno di noi ha assunto familiari, parenti, affini o conviventi - ha detto la Lezzi durante un'assemblea pubblica -. Io ho assunto una ragazza che ho conosciuto al Meetup insieme al padre, con il quale oggi ho una relazione. Non ho assunto il padre, ma la figlia, una giovane laureata in Economia. L'ho presa anche per estrema fiducia, cosa che tra noi è stato un elemento fondante per scegliere il collaboratore personale. Molti di noi hanno scelto degli amici o degli attivisti, quindi con legami pregressi".

Chissà se la Lezzi si ricorda del codice etico sottoscritto dai grillini prima delle elezioni? "Mi impegno a utilizzare sempre un criterio meritocratico nella selezione di qualsiasi posizione o incarico di competenza mia o del futuro gruppo parlamentare - si legge nel documento - utilizzando dove possibile un bando pubblico che preveda la massima trasparenza sui nomi e sui curriculum dei candidati e dei criteri di scelta adottati. Mi impegno inoltre a non selezionare o far selezionare per tali posizioni i miei parenti e affini fino al quarto grado".

http://gek60.altervista.org/2013/11/bar ... -fidanzato
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » dom gen 24, 2016 6:58 pm

Vitalizi, nuova guerra in Parlamento
23 Jan 2016
http://www.lindipendenzanuova.com/vital ... parlamento

curriculum-vitae1I diritti acquisiti non si toccano: è quanto hanno affermato gli ex parlamentari e gli ex Consiglieri regionali in due audizioni alla Commissione Affari costituzionali della Camera, che sta esaminando alcune proposte di legge che tagliano i vitalizi di parlamentari e consiglieri regionali in carica e in pensione. Il presidente della Associazione dei Consiglieri ed ex Consiglieri regionali ha paventato un ricorso alla Corte europea di giustizia.

La Commissione sta esaminando alcune proposte di legge che applicano retroattivamente il metodo di calcolo contributivo ai vitalizi, che dal 2012 sono calcolati con tale metodo. Per gli ex parlamentari è intervenuto il presidente dell’Associazione, Gerardo Bianco, e Antonello Falomi che hanno messo in discussione lo strumento della legge per intervenire su indennità e vitalizi dei parlamentari e degli ex. La Costituzione lo riserva ai regolamenti delle Camere.

Quanto al merito Bianco ha sottolineato che è la Costituzione stessa a fissare l’indennità per i parlamentari “per sottolineare la speciale funzione che a questo istituto viene assegnata”. “Se l’indennità parlamentare fosse considerata alla stregua del corrispettivo di una prestazione di lavoro – ha sottolineato sarcasticamente -, non ci sarebbe alcun bisogno di stabilirlo in Costituzione: basterebbero i contratti di lavoro” e allora “bisognerebbe, per assurdo, cominciare a parlare di orari di lavoro, di straordinari, di tredicesime, ecc…”.

Quindi “l’istituto dell’indennità parlamentare stabilito dall’articolo 69 della Costituzione non è finalizzato a retribuire il lavoro fatto in Parlamento, ma a garantire che tutti, senza discriminazioni di censo, possano svolgerlo e che lo possano svolgere senza condizionamenti e in condizioni di libertà. Garanzie che non sarebbero tali se cessassero di esistere con la fine del mandato parlamentare”. Sferzante il giudizio di Aldo Bottin, presidente dell’Associazione Consiglieri ed ex consiglieri regionali: “le proposte di legge incrociano tutte forti motivi di incostituzionalità, in contrasto con la Corte Costituzionale, con la Corte di cassazione, con la Corte dei diritti dell’uomo Europea”; quindi “non possono rappresentare una base legale di riferimento per costruire la soluzione del problema”.

Bottin, oltre alle ragioni indicate dagli ex parlamentari, ha sottolineato che non sarebbe costituzionale la retroattività dell’intervento: “la retroattività delle norme incide sui diritti quesiti e contrasta con le norme costituzionali che si riferiscono all’uguaglianza, alla ragionevolezza, al principio di affidamento”.
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » dom gen 24, 2016 7:04 pm

Casta veneta e omani casta, fanfaroni, poledeganti
viewtopic.php?f=22&t=32

Fanfaroni, ciarlatani, farlopi e furfanti
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... FLYmc/edit

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Vitalisi veneti

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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » mer feb 17, 2016 9:47 am

Il vitalizio dei politici non finisce mai: va in eredità a coniugi, figli e fratelli
Paolo Bracalini - Mar, 16/02/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... ok+Interna


«Se ci saranno interventi sulle pensioni di reversibilità, saranno solo per evitare sprechi e duplicazioni, non per fare cassa in una guerra tra poveri» assicura Palazzo Chigi.

Si potrebbe magari iniziare proprio dalle pensioni di reversibilità di cui godono gli eletti in politica, parlamentari e consiglieri regionali.
Mogli, mariti, figli, fratelli che per anni o decenni campano con il vitalizio dell'ex onorevole trapassato. Un assegno, nella maggioranza dei casi, ottenuto con una contribuzione minima, una sola legislatura, o un solo mese, addirittura un solo giorno in Parlamento (il mitologico deputato Luca Boneschi, dei Radicali, ventiquattrore alla Camera nel febbraio dell'82, pensione a vita).
Con 945 parlamentari (più i senatori a vita, adesso sono cinque) per ogni legislatura e relativo parentado, gli assegni da pagare sono parecchi, e per parecchio tempo.
Nel bilancio 2015 compare una voce, «Assegni vitalizi di reversibilità», e un numero: 25,3 milioni di euro, la cifra complessiva sborsata da Montecitorio per le pensioni de parenti di ex deputati defunti, solo nel 2015. Per il Senato, che ha un numero minore di componenti, la spesa per le pensioni di reversibilità è più bassa ma sempre milionaria: 18 milioni di euro (in un anno). Significa che gli assegni di reversibilità dei due rami del Parlamento costano ogni anno oltre 40 milioni di euro.
Abbiamo chiesto alla Camera quanti siano gli onorevoli parenti che godono del trattamento previdenziale di reversibilità, è la risposta è 652. Le regole sono stabilite dall'ufficio di presidenza della Camera («Regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati»), e prevedono che il vitalizio del parlamentare vada al coniuge superstite (nella misura del 60%, più 20% per ogni figlio), oppure in mancanza di vedovi ai figli superstiti, oppure in mancanza di prole a fratelli e sorelle «che risultino fiscalmente a carico del deputato deceduto».
I consigli regionali non si sono certo lasciati sfuggire la cuccagna.
Solo la Regione Sicilia paga ogni anno 117 assegni di reversibilità che pesano sul bilancio regionale 6 milioni di euro. Il caso più spettacolare è quello di Anna Maria Cacciola, figlia di Natale Cacciola, messinese che si candidò all'assemblea sicula con il partito Monarchico. Nel 1947. Dopo solo tre anni l'onorevole (titolo che spetta ai consiglieri regionali in Sicilia) finì il suo mandato, e in base a quei tre anni passati lì maturò il vitalizio di attuali 2mila euro al mese. Passato a miglior vita, l'assegno è stato trasferito per «reversibilità» alla suddetta figlia Anna Maria, che lo incassa da ben 41 anni, senza aver mai neppure messo piede all'assemblea regionale. Così pure gli eredi del marsalese Ignazio Adamo, eletto nel 1955, defunto nel 1973. Da quell'anno, cioè da 43 anni, l'assegno di 3.900 euro è stato versato prima alla vedova, e ora - dopo la scomparsa della signora Adamo - alla figlia. Anche in Abruzzo i congiunti di 34 ex consiglieri regionali ricevono ogni mese un assegno di reversibilità pari al 50% dell'importo che spettava ai loro cari, mentre la Campania spende un milione e 700 mila euro per mantenere in tutto 184 coniugi, figli e parenti di ex consiglieri defunti. Vitalizi infiniti, anche dopo la morte.
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » mer feb 17, 2016 9:48 pm

Sanità e mazzette nella Lega di Maroni
In manette 21 persone. C’è il consigliere regionale Rizzi vicino al governatore.
INTERCETTAZIONI "Tu fatti un preventivo. Il romano non vincerà"
17/02/2016
CORRUZIONE E POLITICA

http://www.iltempo.it/cronache/2016/02/ ... -1.1509936

Bufera giudiziaria in Lombardia. In manette 21 persone, tra le quali il braccio destro del governatore Roberto Maroni, l’ex senatore e consigliere regionale leghista Fabio Rizzi, "padre" della riforma sanitaria lombarda, e Mario Longo, del suo staff. Nei confronti di tutti sono ipotizzati, a vario titolo e secondo le posizioni, i reati di associazione per delinquere, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e per un atto dell’ufficio, turbata libertà degli incanti e riciclaggio.

L’indagine è del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano che, col coordinamento della Procura della Repubblica, ha smantellato una presunta associazione che avrebbe avuto lo scopo di far incassare appalti nella sanità all'imprenditrice Maria Paola Canegrati, cui è riconducibile la società Odontoquality. Stando all’accusa, gli indagati avrebbero avuto dei ruoli ben definiti. La Canegrati, per esempio, sarebbe stata il «capo e promotore dell’organizzazione, nella sua qualità di amministratrice di diritto e di fatto di un complesso sistema societario attivo nel campo dell’odontoiatria e ortodonzia», avrebbe procurato «attraverso turbative d’asta, la corruzione degli associati Longo e Rizzi e la corruzione dei funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria affidati in service ai privati dalle singole aziende ospedaliere e alla fornitura del materiale odontoiatrico e ortodontico per i medesimi servizi». Rizzi e Longo, anche loro presunti «promotori dell’organizzazione» avrebbero utilizzato la loro posizione istituzionale per favorire l’imprenditrice. In particolare, Rizzi - quale primo consigliere regionale della Lombardia e presidente della commissione Sanità - e Longo «inducevano i funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria e alle forniture odontoiatriche delle aziende ospedaliere della Regione, nonché gli amministratori delle strutture private e convenzionate con la Regione, a favorire nell’indizione delle gare d’appalto o nella scelta del contraente privato le società riconducibili alla Canegrati». Sulla vicenda è intervenuto lo stesso governatore Maroni: «Non vogliamo coprire nessuno, non abbiamo nessuno da difendere. Se qualcuno ha sbagliato, pagherà, chiunque sia. Sono molto incazzato, subito una commissione ispettiva». Contro chi chiede le dimissioni di Maroni, interviene l’ex ministro Maurizio Lupi: «Meno che mai l’indagine su un componente della maggioranza del Consiglio regionale può comportare le dimissioni del presidente. Maroni ha tutto il nostro sostegno nel portare avanti l’esperienza d’eccellenza del Governo che un centrodestra unito ha assicurato da più legislature alla Regione Lombardia».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » lun feb 22, 2016 10:14 am

Bartali direbbe: l’è tutto da rifare. L’indipendenza? Parte dalle pensioni. Ecco come liberarsi dalla Fornero
22 Feb 2016
ENZO TRENTIN

http://www.lindipendenzanuova.com/barta ... la-fornero

Nel silenzio dei media di regime italiani la Grecia è sull’orlo della guerra civile alla vigilia della riforma delle pensioni, e dell’aumento sproporzionato delle tasse agli agricoltori. Da noi non sembra andar meglio: è stato annunciato che le pensioni di «reversibilità» (prevalentemente godute da anziane vedove) subiranno degli “aggiustamenti”. E più i politicanti tendono ad usare termini diminutivi e morbidi, più l’esperienza c’insegna a dubitare della loro buona fede e del loro operato. Dubitiamo, infatti, che la “Casta” rinuncerà ad alcuni privilegi che si auto elargisce senza che il cittadino ‘sovrano’ di cui al Comma 2, dell’art. 1, della Costituzione, abbia voce in capitolo. Persino la Corte costituzionale asserisce che i loro sono diritti acquisiti.

Il caso più spettacolare di diritti acquisiti è quello di Anna Maria Cacciola, figlia di Natale Cacciola, messinese che si candidò, nel 1947, all’assemblea sicula con il partito Monarchico. Dopo solo tre anni l’onorevole (titolo che spetta ai consiglieri regionali in Sicilia) finì il suo mandato, e in base a quei tre anni passati lì maturò il vitalizio di attuali 2.000 euro al mese. Passato a miglior vita, l’assegno è stato trasferito per «reversibilità» alla suddetta figlia Anna Maria, che lo incassa da ben 41 anni, senza aver mai neppure messo piede all’assemblea regionale. Così pure gli eredi del marsalese Ignazio Adamo, eletto nel 1955, defunto nel 1973. Da quell’anno, cioè da 43 anni, l’assegno di 3.900 euro è stato versato prima alla vedova, e ora – dopo la scomparsa della signora Adamo – alla figlia. Anche in Abruzzo i congiunti di 34 ex consiglieri regionali ricevono ogni mese un assegno di reversibilità pari al 50% dell’importo che spettava ai loro cari, mentre la Campania spende un milione e 700 mila euro per mantenere in tutto 184 coniugi, figli e parenti di ex consiglieri defunti. Vitalizi infiniti, anche dopo la morte.

Se dall’estremo Sud ci trasferiamo all’estremo Nord italiota, la musica non sembra cambiare. Il “Corriere della Sera” ci riferisce: «All’anti italiana Eva Klotz, 946.000 euro di pensione. Il calcolo della nuova legge regionale del Trentino che pure aveva tagliato i “vitalizi d’oro” ai suoi consiglieri. Per l’ultras alto atesina una carriera politica iniziata nel 1976. La cifra è frutto del calcolo della pensione da politico alla luce della nuova legge votata dalla regione autonomista e che taglia del 20% circa un precedente vitalizio; che la consigliera autonomista e altri suoi colleghi si erano impegnati a restituire in seguito a una feroce polemica esplosa a proposito dei privilegi per chi sedeva nell’assemblea regionale di Trento. Ciò che era uscito dalla porta, insomma, è rientrato dalla proverbiale finestra. Eva Klotz non è l’unica ad aver intascato il vitalizio d’oro dovuto dalla nuova legge: con lei anche il trentino Marco Benedetti porta a casa 483.500 euro».

Tuttavia Eva Klotz, ritirandosi dalla vita pubblica dopo sei mandati da consigliere provinciale a Bolzano, ha incassato il sostanzioso assegno per aver scelto la formula della soluzione unica anziché quella del vitalizio. Con ciò la Klotz non ha fatto altro che esercitare un diritto acquisito. La cosa da sottolineare, semmai, è che Sud Tirolesi e Trentini vivono in una condizione di vantaggio perché hanno la possibilità di trattenere sul proprio territorio il 90% delle tasse da loro stessi pagate. Dunque, non fanno altro che utilizzare i loro soldi, mandando (da sprecare) a Roma una parte minima del gettito erariale.

Ma se volgiamo lo sguardo altrove non va meglio con i sindacalisti considerato che è stata proposta, dalla deputata Vincenza Labriola (gruppo Misto), una Commissione d’inchiesta alla Camera per fare chiarezza sui bilanci delle organizzazioni dei lavoratori e sui trattamenti pensionistici gonfiati di coloro che hanno ricoperto cariche sindacali, anche per brevi periodi. Si tratta di verificare la possibile violazione di una norma del 1996, che come spiega Labriola: «Secondo i dati forniti dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, i sindacalisti che hanno usufruito della legge 564 del 1996 sono stati 17.319, ma l’INPS non è in grado di rilevarne il costo.» In sostanza quello che sembra essersi verificato è i sindacalisti si facevano distaccare presso il sindacato poco prima di andare in pensione, effettuando dei versamenti volontari alle Casse del sindacato da parte degli stessi lavoratori che li hanno portati a maturare il diritto a percepire una quota integrativa di pensione nettamente superiore a quella a cui avrebbero avuto diritto altrimenti. In questo caso le organizzazioni dei lavoratori sarebbero colpevoli di aver commesso il grave reato di truffa ai danni dello Stato e di appropriazione indebita aggravata.

Tenuto conto che l’Italia è irriformabile; per uscire da questo sistema destinato al fallimento sarebbe necessario separare la spesa assistenziale da quella previdenziale. Una richiesta che proviene da più parti e da molti anni. Qualcuno dice che è un esercizio inutile ma se si conosce bene il nostro sistema previdenziale si capisce che questa operazione non è solo utile in termini contabili, perché fa chiarezza su spese che sono molto diverse tra loro ma è anche un esercizio di equità tra chi ha versato e chi no. È poi necessaria, poiché il modello di welfare italico per finanziare le pensioni prevede una tassa di scopo (i contributi sociali) mentre l’assistenza è finanziata dalla fiscalità generale.

Dal 3° Rapporto sul «bilancio del Sistema previdenziale italiano» elaborato, come ogni anno, dal Centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali, emerge che la spesa per pensioni di natura previdenziale, cioè quelle pagate con i contributi dei lavoratori nel 2014, ha raggiunto i 216.107 milioni mentre le entrate contributive sono state pari a 189.595 milioni per un saldo negativo di 26,512 miliardi. Tuttavia se alle entrate contributive totali sottraiamo la quota Gias a carico dello Stato, le entrate da contributi effettivi (da lavoratori e datori di lavoro) si attestano su 172.647 milioni. Parallelamente se alla spesa pensionistica totale sottraiamo le imposte che lo Stato incassa direttamente (salvo ulteriore conguaglio a fine anno) e che quindi sono semplicemente una «partita contabile di giro» e quindi una «non spesa», il totale si riduce a 173.207 milioni. Se poi separassimo davvero l’assistenza dalla previdenza, queste cifre risulterebbero più confortanti, ma comunque la necessità di una riforma non sarebbe esclusa.

Basterebbe poco se ci fosse la volontà di riformare. Per esempio ci si potrebbe orientare sul sistema pensionistico vigente in Svizzera o quello ideato dal cileno José Piñera [http://www.josepinera.org/WorldPension/penref_europe_Un_Modo_per_Uscire_dalla_Crisi_Europea%20.htm” target=”_blank” rel=”nofollow” shape=”rect”>http://www.josepinera.org/WorldPension/penref_europe_Un_Modo_per_Uscire_dalla_Crisi_Europea%20.htm ], che è stato il ministro del Lavoro che ha inventato la riforma “a capitalizzazione, privata e concorrenziale” cilena, e che piano piano sta prendendo piede in numerosi Paesi: circa una trentina ad oggi. Questo sistema si chiama “a capitalizzazione”. Se vogliamo dare anche a lui un soprannome potremmo chiamarlo “il sistema del vai in pensione quando decidi tu” oppure del “nessuno può toccare i soldi che risparmi per la tua pensione”. Vediamo come funziona. Questa è una breve sintesi in soli 10 punti, fatta a suo tempo da Giancarlo Pagliarini:

1 -Tutti quelli che lavorano saranno obbligati a pensare alla loro vecchiaia, e di conseguenza saranno obbligati a versare una parte del loro stipendio, minimo il 10%, su un loro conto, per la loro pensione. Questo conto chiamiamolo “fondo per la pensione”.
Si tenga presente che con questo sistema non ci saranno più i contributi sociali. Questo significa che a parità di costo per il datore di lavoro, i soldi che i lavoratori si metteranno in tasca aumenteranno del 32%, salvo le tasse. I lavoratori dovrebbero incassare tutto il loro stipendio, e poi, responsabilmente, dovranno pensare alla loro pensione e alla loro dichiarazione dei redditi.

2 -I “fondi” sui quali i lavoratori faranno i versamenti mensili per la loro pensione saranno fondi individuali e privati. Saranno intestati ai singoli lavoratori. Saranno e rimarranno di loro esclusiva proprietà. Nessuno potrà toccarli, nemmeno i sindacati o lo Stato. Quello che verseranno ogni mese non verrà “requisito” dallo Stato e speso subito per pagare le pensioni di quelli che sono fuori dal ciclo produttivo, come succede oggi col sistema cosiddetto “del cero da accendere a qualche Santo”, ma resterà accantonato per le loro pensioni.

3 – Il denaro versato sui “fondi per la pensione” verrà investito. L’investimento frutterà un reddito che aumenterà la cifra accantonata per la pensione del titolare del fondo.

4 -Se una persona cambierà lavoro, o addirittura Stato, il suo fondo pensione lo seguirà nella nuova professione e nel nuovo Paese.

5 – Ogni lavoratore riceverà un “libretto della pensione” che gli permetterà mensilmente di tener conto di quanto avrà accumulato e di quanto gli avranno fruttato gli investimenti. A sua disposizione ci saranno anche terminali informatici di facile uso tramite i quali si potrà calcolare in ogni momento il valore della singola pensione o l’entità della somma da depositare allo scopo di andare in pensione con una certa cifra ad una età prefissata, e scelta dal lavoratore.

6 – Per la gestione dei suoi soldi accantonati per la sua pensione, ogni lavoratore sarà libero di scegliere tra un certo numero di aziende private che investiranno in pacchetti diversificati di azioni e di obbligazioni a basso rischio. Ci dovrà essere una legge finalizzata a garantire che le società di gestione dei soldi depositati nei “fondi per la pensione” investiranno in azioni e obbligazioni senza rischio.

7 -I lavoratori potranno passare liberamente da un gestore all’altro. Dunque ci sarà concorrenza tra i gestori. Questo è importantissimo. In questo modo i gestori faranno a gara per offrire ai lavoratori (che saranno a tutti gli effetti loro clienti) un servizio migliore e commissioni più ridotte.

8 – Naturalmente sarà prevista una “rete di sicurezza”. Se i risparmi del lavoratore non saranno abbastanza elevati, dopo una certa età lo Stato dovrà garantire una pensione minima. Questa però, sia ben chiaro, sarà “assistenza”, e dovrà essere finanziata con le tasse. Non dovrà essere finanziata con i soldi accantonati per le pensioni. Non dovrà essere possibile finanziare lo stato sociale con gli accantonamenti per le pensioni di domani, come succede oggi in Italia. Altrimenti si continuerà a far pagare ai figli il nostro benessere. Questo si chiama egoismo bello e buono!

Non ci sarà più un’età pensionabile fissata per legge. Ognuno potrà smettere di lavorare all’età che lui sceglierà, purché disponga nel proprio conto di una somma sufficiente ad avere una pensione ragionevole, che, solo per fare un esempio, potrebbe essere fissata al 50% del salario medio dei dieci anni precedenti.

10 – I lavoratori, se lo desidereranno, dopo che avranno iniziato a percepire la pensione, potranno andare avanti a lavorare senza obbligo di continuare a versare alcuna somma nel loro conto previdenziale. In questo modo nessuno sarà costretto ad abbandonare la popolazione attiva, o a lavorare nell’economia sommersa, solo perché percepisce una pensione.
Potremmo continuare, ma speriamo di aver reso l’idea. Nel “Belpaese” si continua con le bugie e le pratiche più inverosimili. Per esempio, si inventano il «redditometro» o gli «studi di settore», ovvero: è il cittadino a dover dimostrare allo Stato come spende i suoi soldi, e la congruità della sua denuncia dei redditi. Mentre dovrebbe essere lo Stato a dimostrare come spende, e se li spende bene, i soldi dei contribuenti. Insomma, gli autentici indipendentisti (non i quisling dell’indipendentismo che non possono oggettivamente far nulla dall’interno delle istituzioni italiane) avrebbero di che lavorare per presentare un nuovo progetto previdenziale; per battere il territorio nell’intento di farlo conoscere, per trovare quel consenso popolare che è indispensabile alla realizzazione del loro progetto di autodeterminazione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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