Casta talega

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Messaggioda Berto » dom dic 01, 2013 2:06 am

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » dom dic 08, 2013 9:51 pm

Ke oror sto parasida e "statista" criminal

Amato agli studenti: “Avrete pensioni miserabili e dormirete in auto”

http://www.lindipendenza.com/amato-stud ... s-pensione

di TONTOLO

Quando penso a Giuliano Amato, fatico a mantenere la calma, il fegato mi s’ingrossa, gli occhi mi si arrossano, le mani mi prudono e l’Apecar mi s’impenna da sola. Il “dottor sottile” fa correre la mia mente a personaggi del calibro di Ronnie Biggs, Jessie James, Adam Worth, con la differenza che se il primo è un rapinatore di Stato – ammantato da un’aurea di legalità – gli altri, malfattori con una dignità decisamente superiore, erano quantomeno costretti a rischiare qualcosa per mettere a segno i loro colpi più clamorosi.

Amato è – per dirla con una famosa metafora di Gianfranco Miglio – un parassita, l’esemplare di Stato per antonomasia che non ha mai prodotto un solo centesimo di ricchezza. Per converso, ha passato il suo tempo a distruggere il benessere altrui, optando arbitrariamente per fare gli interessi di alcuni a discapito di quelli di altri. Il tutto sotto l’ala protettiva – in qualità di consigliere economico – di un altro fenomeno della tangentopoli italiana, il noto cinghialone.

Ogni volta che questo emerito imb…onitore di regime apre bocca, pretende di dare lezioni a qualcuno. Stamane, davanti agli studenti della Luiss ha ammonito i giovani presenti con queste parole: “Tanti di voi si troveranno con una pensione miserabile, con cui non potranno vivere e si troveranno a dormire in auto”.

Ora, detto da uno che si intasca 31.000 euro di pensione farebbe venir voglia di mettere mano al forcone ipso facto. Anche se quella dell’ex primo ministro, già suggeritore di Mortimer Monti, è tutt’altro che una previsione strampalata (non può vantare alcun imprimatur in merito), il solo fatto che a pronunciarla sia uno come lui – che è parte in causa del fallimento del paese – indignerebbe anche il più mansueto dei contribuenti. Macché, Amato anziché vergognarsi di quel che rappresenta alza il ditino e ammonisce, finanche schernendoli, le matricole dell’ateneo romano.

Frederick Douglas diceva che “educare una persona significa renderla inadatta ad essere uno schiavo”. Se gli studenti non l’hanno preso a calci e improperi, vuol proprio dire che stanno bene con una palla al piede, un accessorio perfetto per chi aspira a sprofondare nella putrida melma del pantano italico.


Amato: non basta la super pensione. Re Giorgio lo nomina alla Consulta

http://www.lindipendenza.com/amato-non- ... a-consulta

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha nominato Giuliano Amato giudice della Corte Costituzionale in sostituzione di Franco Gallo che cessa dalle funzioni di giudice e di presidente della Corte il prossimo 16 settembre. Lo comunica il Quirinale, aggiungendo che il decreto di nomina è stato controfirmato dal presidente del Consiglio, Enrico Letta.

Salvini: che schifo
“Il signor Napolitano, che non è il mio Presidente, ha appena nominato un VOLTO NUOVO, un giovane in gamba, come Giudice della Corte Costituzionale – ironicca su Facebook Matteo Salvini, della Lega Nord – Giuliano AMATO. Quello del prelievo dai CONTI CORRENTI degli italiani. Quello dei 30.000 EURO di pensioni al mese. Bastaaaaaaaa! Schifooooooo! Si deve LOTTARE, o si vince o si muore”.

La rabbia 5 Stelle
“Napolitano ha nominato Giuliano Amato, ex tesoriere di Craxi e pensionato d`oro, giudice della Corte costituzionale. Ad insaputa della Costituzione”. Lo ha scritto su Twitter il deputato del MoVimento 5 Stelle in commissione Affari Costituzionali Riccardo Fraccaro.

Tabacci: bene così
“La nomina di Giuliano Amato, uomo di straordinaria cultura giuridica e profondo conoscitore della macchina dello Stato, alla Corte Costituzionale da parte del presidente Napolitano rappresenta una scelta di grande qualità che arricchisce la Corte stessa di un contributo di altissimo profilo nella tutela e nella promozione dei valori scolpiti nella Carta del 1948″, dichiara in una nota il leader del Centro Democratico Bruno Tabacci.

Meloni:una pietra tombale sulle pensioni d’oro
“Con la nomina di Giuliano Amato a giudice della Corte Costituzionale, il Palazzo prova a mettere una pietra tombale sulla battaglia per cancellare la vergogna delle pensioni d’oro e di tutti quegli immeritati benefici di cui gode la casta dei grand commis di Stato.
Giuliano Amato, espressione di tutti quegli inaccettabili privilegi che i vertici dello Stato si sono auto attribuiti negli anni della Prima Repubblica facendone pagare il costo alle generazioni a venire, viene messo oggi a difesa del ‘fortino’, per assicurare che nessuna legge voluta dai cittadini e votata dai parlamentari possa scalfire il Palazzo d’oro nel quale questi signori hanno deciso di vivere”. Lo afferma Giorgia Meloni, capogruppo di Fratelli d’Italia.
“Ci sentiamo – prosegue – di fare la facile previsione che sarà dichiarata incostituzionale e con motivazioni risibili qualsiasi riforma voluta dal Parlamento per aggredire tutti quei vecchi e anacronistici privilegi che qualcuno si ostina a chiamare ‘diritti acquisiti’. Dispiace che il Presidente della Repubblica Napolitano abbia perso l’occasione per dare un forte segnale di cambiamento di una situazione ormai intollerabile”.

da: Rai News 24
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » ven dic 13, 2013 9:47 pm

LA CASTA

Consulta: "Niente tagli a stipendi di giudici e manager pubblici"
http://www.ilgiornale.it/news/interni/c ... 45733.html

Guai a toccare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Non possono essere sforbiciati nemmeno di un centesimo. Mentre la crisi economica fa schizzare alle stelle il numero dei disoccupati e l'Unione europea chiede, contestualmente, al nostro governo sempre maggiori sacrifici che vanno a pesare sui portafogli dei contribuenti, la Corte costituzionale ha stabilito che le retribuzioni dei magistrati non possono essere abbassate.
Non solo. La Consulta si è anche opposta anche alla riduzione dei dipendenti pubblici con stipendi superiori ai 90mila euro lordi all'anno. "Il Parlamento decide in modo sacrosanto di
mettere dei limiti a stipendi fuori da ogni logica - tuona la Lega Nord - e la vera casta si difende".

Altro che la casta dei politici. In parlamento, per lo meno, qualche taglio di facciata lo stanno facendo. Nei tribunali e nella pubblica amministrazione, invece non si può. A difendere i privilegi dei giudici e i maxi stipendi dei manager pubblici ci ha pensato la Consulta con due sentenze che legano le mani al governo in tema di spending review e che sono destinate a far sicuramente discutere. "I tagli sulla retribuzione dei magistrati previsti dal decreto legge sulla manovra economica 2011-2012 sono incostituzionali", ha spiegato la Corte stabilendo, appuntoo l’illegittimità del decreto nella parte in cui dispone che ai magistrati non vengano erogati gli acconti per il triennio tra il 2011 e il 2013 e il conguaglio del triennio tra il 2010 e il 2012 e nella parte in cui dispone tagli all’indennità speciale negli anni 2011 (15%), 2012 (25%) e 2013 (32%).

Non solo. La Consulta ha, poi, azzerato i tagli per i dipendenti pubblici con stipendi superiori ai 90mila euro lordi all'anno (-5% per la parte eccedente questo importo) e 150mila euro (-10%) dal momento che, come già sostenuto dal Tar, la norma introdurebbe "un vero e proprio prelievo tributario a carico dei soli dipendenti pubblici". Per la Consulta un’imposta speciale prevista nei confronti dei soli dipendenti pubblici"viola il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d’imposta" dal momento che "il prelievo è ingiustificatamente limitato ai soli dipendenti pubblici". Morale? La Consulta arriva addirittura a proporre al legislatore rimodulare i tagli con "un universale intervento impositivo", andando quindi a colpire tutti i cittadini.

Contro la Consulta si è subito levata una selva di critiche da parte della politica. Ad attaccare duramente i giudici della Corte costituzionale sono stati soprattutto i parlamentari leghisti secondo i quali "non è possibile che si voglia trasformare la nostra Repubblica in una regime governato" dalle toghe. Il
responsabile del Dipartimento Fisco, Finanze ed Enti Locali, Massimo Garavaglia, ha chiesto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di intervenire per "eliminare questa vergogna". "Non si può chiedere alla gente di andare in pensione a settant'anni e di vedere aumentare disoccupazione e crisi per rispetto dei vincoli europei - ha concluso l'esponente del Carroccio - quando poi i cosiddetti dirigenti dello Stato, veri e propri burocrati nel senso peggiore del termine, continuano ad avere privilegi ingiustificati".

http://noisefromamerika.org/articolo/se ... ti-diritto
http://www.altalex.com/index.php?idnot=19453
http://www.altalex.com/index.php?idnot=11219

Stipendi pubblici intoccabili! La Costituzione è incostituzionale
http://www.lindipendenza.com/stipendio- ... stituzione
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » gio dic 19, 2013 8:36 am

Napolitano, comunista uso a obbedir tacendo. Un ritratto irriverente

http://www.lindipendenza.com/napolitano ... rriverente

di ROMANO BRACALINI

Già prima di diventare capo dello Stato, unico esempio in campo occidentale di un comunista assurto ai più alti fastigi, a Napoli, la sua città, lo chiamavano O’ Re per l’impressionante rassomiglianza con il principe Umberto di Savoia di cui si mormorava fosse il figlio spurio. Una certa alterigia, che gli viene dalla milizia comunista, sia pure raffazzonata dal Bottegone romano, l’ha sempre avuta e si direbbe un portato della scuola autoritaria, ma nei fatti l’uomo si è sempre barcamenato guardandosi bene dal mettersi in urto con chi comandava nel partito.

Fu un devoto seguace di Togliatti, anche nelle scelte più odiose e imbarazzanti, però collocandosi a “destra” nel partito, per poter più agevolmente accomodarsi alla corte del vincitore di turno. E’ sempre stato un gregario, non un protagonista. Ma con la vocazione al compromesso, all’accomodamento, linea che non contrastava con la bonarietà partenopea, alla morbidezza melliflua del carattere, che mal si addicevano alla severità del dogma vigente e praticato. Il grigiore, anche nel parlare monotono, senza slanci, appartiene al suo ostentato abito di modestia, che tuttavia svela una tattica di attendismo e di furbizia.

Napolitano è sempre stato un rivoluzionario con la vocazione dello statale che aspira al posto sicuro, un proletario “alle vongole” più a suo agio da “Zi Teresa” che in cellula. La sua natura di comunista “anema e core”, in fondo innocua e tuttavia collaborazionista, s’era già rivelata in gioventù a Napoli. Le sue prime prove di attivista “comunista”, risalivano ai primi anni Quaranta, quando il fascismo era vicino al crollo e i rischi erano minori, quando insieme ad altri studenti napoletani – Massimo Caprara, Antonio Ghirelli e Luigi Compagnone -, era iscritto al GUF di Napoli, ovvero ai Gruppi universitari fascisti. In realtà definirsi comunisti prima della caduta del regime pareva, in parecchi casi, un arbitrio o una millanteria, oltre che un falso storico, e infatti molti comunisti del giorno dopo lo diventarono a babbo morto, a scampato pericolo, retrodatando la data del loro presunto “antifascismo” per renderlo più “eroico” e meritevole d’elogio, passando dal fascismo al comunismo senza cambiare d’una virgola il loro bagaglio illiberale e autoritario.

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L’attività pubblicistica di Napolitano e dei suoi compagni d’università consisteva nello scrivere sul giornale del GUF, “9 maggio”, poesie e articoli di intonazione politica non del tutto in contrasto con le direttive del regime, di certo nulla di eretico. Lo stesso titolo del giornale universitario “9 maggio” (dell’anno 1936), era la data della fondazione dell’impero. Tutto in perfetta regola. Nulla di serio. Dopo la laurea in legge, che a Napoli città d’avvocati, è sempre stata un attestato di prestigio, Napolitano si diede alla politica che non impone la fatica di un lavoro metodico, e in politica c’è rimasto per tutta la vita.

In tutta la sua carriera non gli si conoscono gesti clamorosi, detti memorabili, atteggiamenti intransigenti. Per molti comunisti critici e dubbiosi, il momento della verità venne con l’invasione sovietica dell’Ungheria, il 23 ottobre 1956. Anche allora Napolitano, già trentenne, non si espose, non mosse un dito. Palmiro Togliatti aveva bollato l’insurrezione ungherese come “controrivoluzione fascista” ed aveva accusato gli intellettuali magiari di voler “distruggere il partito”. Sull’Unità (che è passata da Antonio Gramsci alla Maria Novella Oppo, controfigura in brutto del fondatore), scrisse un articolo intitolato arditamente: “Per difendere la civiltà e la pace”, che Napolitano sottoscrisse interamente facendo l’elogio dell’URSS che “aveva salvato la pace” e criticando aspramente Antonio Giolitti che come tanti altri aveva abbandonato il partito. Anche quella volta non s’era discostato dalla linea d’obbedienza moscovita imposta da Togliatti. Sempre con chi comanda, sia pure con l’aria di dissentirne. Sempre sorridente, con la boccuccia a culo di gallina, non gli si conoscono dubbi e incertezze che abbiano incrinato col tempo la fede assoluta nel comunismo sia pure corretto e “riformato” col solito ritardo.

E’ stato di gran lunga il peggior presidente della repubblica, per di più eletto due volte, un presidente petulante e fastidioso che pontifica su tutto e non conosce freni,come i cingolati della sua giovanile passione,e come non bastasse la crisi della politica, la caduta del potere partitocratico, ha rafforzato il suo ruolo istituzionale fino al punto da fargli travalicare i poteri che la Carta non consente al Capo dello Stato. Nel suo comunismo “borbonico” sembra non aver capito che in una repubblica parlamentare, sia pure disdicevole e screditata come quella italiana, non ci si comporta come il capo di una repubblica presidenziale che disfa e fa i governi. Non solo, ma in questi ultimi giorni ha anche imposto la sua agenda elettorale, dicendo che il governo Letta deve andare avanti, che non ci saranno elezioni a breve scadenza e minacciando di “lasciare“ se qualcuno osasse contraddirlo.

Le sue passate esperienze di ministro lasciavano presagire le sue gesta di futuro presidente. Presidente della Camera, ministro di polizia, dove non ha brillato per liberalità e lungimiranza, co-autore della legge Turco-Napolitano, deputato europeo a Bruxelles, infine senatore a vita per i suoi 80 anni trascorsi interamente dalla parte dei carri armati e della verità rivelata dalla Pravda. Un uomo d’ordine dentro il partito più stalinista dell’Occidente. Altrove l’avrebbero processato o messo al bando per complicità con la dittatura sovietica, in Italia è stato premiato col laticlavio e la nomina alla più alta carica dello Stato. Il paese dell’incontrario.

LEGGETE ANCHE: NAPOLITANO, IL PRESIDENTE PERFETTO PER TUTTI I BATMAN D’ITALIA

http://www.lindipendenza.com/napolitano ... n-vergogna

Napolitano, il presidente perfetto per tutti “er Batman” d’Italia

di LEONARDO FACCO

Giorgio Napolitano ha alzato il ditino raggrinzito ed ha ammonito a brutto muso: “Vergogna”! Per non dare adito al “popolino” di fraintendere il contenuto del suo messaggio, ha pensato bene di prendere ispirazione da un certo postribolo laziale zeppo di maiali – usi grufolare con e senza maschera tra i soldi dei tassati – ed ha tuonato con veemenza: “Una vergogna gli scandali in Regione. Uno smacco per la gente onesta. Cose inimmaginabili”. Perdinci, l’uomo del Colle ha detto no! E lo ha fatto dall’alto di quel suo immacolato curriculum vitae – come racconta da sempre la stampa “regimental” – che farebbe di lui un moderno San Francesco, un esemplare modello di politico tricolorito, l’improduttivo più amato dagli italiani.

Ma è davvero così? Ho qualche dubbio, e solo chi è senza peccato potrebbe scagliare la prima pietra. Vorrei suffragare con dei fatti, che vi riporto in rapida sequenza, il passato del presidente.

1- Trattativa Stato-Mafia. E’ uno degli avvenimenti balzati alle cronache recentemente, benché i fatti risalgano agli anni in cui esplodevano bombette tra Milano e Firenze e saltavano per aria i magistrati. Al netto della querelle “giuridico-istituzionale” sull’opportunità o meno di intercettare il Capo dello Stato (degno teatrino degli azzeccagarbugli nostrani) è risaputo che Napolitano ha discusso al telefono – di quei lontani “anni di tritolo” siciliano – con tale Nicola Mancino, ex ministro dell’Interno, del quale è confermata la falsa testimonianza nel processo di Palermo.

2- La figliolanza. Giulio Napolitano è il figlio dell’indignado quirinalizio. Lavora come consigliere per la Presidenza del Consiglio. Il cucciolo della signora Clio è diventato professore ordinario all’Università del Molise. Come ci sia riuscito, lo lascio scoprire a voi: è sufficiente che leggiate l’articoletto che pubblicammo qualche tempo fa, cliccate e leggetevelo.

3- L’onorevole continentale. Re Giorgio ha frequentato tutte le botteghe più oscure della politica e tra i tanti scranni che ha scaldato c’è anche quello di europarlamentare. Viaggiando da Roma a Bruxelles, e ritorno, gli sarebbe balenata per la testa la meravigliosa idea di fare la cresta sui rimborsi dei biglietti aerei, esempio di cristallina moralità peninsulare, di cui si erge a censore. Per chi non ne fosse a conoscenza, consiglio la visione di questo video, che impazza sulla rete da tempo, ma che è inesistente per le mammasantissime tv.

4- Il soviet supremo. Il “migliorista” (già iscritto al fascistissimo G.U.F.) – il nostro, notizia per i più giovani, apparteneva ad una corrente evoluta del partito comunista inventata da Salvatore Veca – non s’è mai contraddistinto per prendere le distanze dalle tonnellate di rubli che arrivavano da Mosca e finivano direttamente nelle casse del Pci. Grazie anche a quei fondi illegali dell’allora “nemico dell’Occidente”, l’URSS, la carriera del “primo cittadino d’Italia” è andata via liscia come l’olio.

5- Forza cingolati: Correva l’anno 1956, i carri armati sovietici invadevano Budapest e dintorni. Insieme a molti compagnucci, anche l’attuale presidente della Repubblica manifestò il suo orgoglio per quel “gesto pacifista”. Riprendo da Storialibera.it: “Nel 1956, all’indomani dell’invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano lasciarono il Partito Comunista Italiano, mentre “l’Unità” definiva «teppisti» gli operai e gli studenti insorti, Giorgio Napolitano si profondeva in elogi ai sovietici. L’Unione Sovietica, infatti, secondo lui, sparando con i carri armati sulle folle inermi e facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo»…”.

Lasciamo perdere il suo ruolo di manovratore all’atto dell’insediamento di Mario Monti, ce n’è abbastanza per pensare che il Napolitano di oggi è solo uno di quei fenomeni mediatici del momento che, per chi ha a cuore la libertà, fa venir voglia di gridare vendetta. Se poi penso che le sue invettive contro i “Polverini boy’s” le ha lanciate davanti ad una folla di bambinelli plaudenti e con bandierina d’ordinanza dell’italia rifilata loro tra le mani, un po’dei suoi strali moralisti mi verrebbe voglia di rispedirli al mittente. Quelli come lui andrebbero ricordati per quello che sono, e sono stati. Per farlo ruberò le parole a due filosofi.

Uno è Marcel de Corte, che sosteneva che“Il comunismo non è altro che l’intellettuale moderno al potere, convinto di saper convertire in realtà il mito che il suo cervello, sradicato dalla realtà, ha concepito in un mondo di cui egli è il solo autore”. L’altra è Ayn Rand, dalla quale ho imparato a non amare i politici: “Il bisogno fondamentale del parassita è quello di assicurarsi i legami con gli uomini per venir nutrito. In primo luogo egli considera le relazioni. Dichiara che l’uomo esiste per servire gli altri. Però predica l’altruismo”.

Come sintetizzare? Le rampogne di Napolitano son fuori tempo e fuori luogo, perché – senza sapere di esserlo – quest’uomo è il presidente esemplare per tutti “Er Batman” d’Italia, che nonostante abbiano le mani sporche di marmellata trovano sempre un nutrito manipolo di giornalisti accondiscendenti che garantisce loro – con tanto di tappeto rosso – di urlarci in faccia che “tutto quel che han fatto è perfettamente legale”. Domanda: non è forse Napolitano, come da Costituzione, il garante della legalità di questo paese? Aveva ragione H. L. Mencken, reporter d’altri tempi: “La democrazia è l’adorazione degli sciacalli da parte dei somari”!
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » mer dic 25, 2013 8:37 am

Matteo Renzi: assunto, candidato e pensionato in undici giorni

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http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03 ... rni/544314

Il sindaco è stato assunto dall'azienda di famiglia, la Chil srl, il 27 ottobre 2003, otto mesi prima dell'elezione in Provincia e undici giorni prima che l'Ulivo lo candidasse. E così, da nove anni, i contributi per la sua pensione da dirigente li paga la collettività. Lo staff lo difende: "L'accostamento è sbagliato perché lavorava lì da molti anni"

di Marco Lillo | 27 marzo 2013

Matteo Renzi è stato assunto come dirigente dalla società di famiglia, la Chil Srl, undici giorni prima che l’Ulivo lo candidasse a presidente della Provincia di Firenze nel 2004. Ieri abbiamo raccontato che grazie all’assunzione da dirigente (messo in aspettativa dopo l’elezione) da quasi 9 anni i contributi della pensione del dirigente-sindaco sono versati dalla collettività. Oggi si scoprono nuovi particolari sulle manovre che hanno preceduto e seguito l’assunzione. I consiglieri comunali che hanno fatto scoppiare il caso con la loro interrogazione, Francesco Torselli (Fratelli d’Italia) e Marco Semplici (Lista Galli), non sono soddisfatti della risposta del vice-sindaco di Firenze Stefania Saccardi pubblicata ieri dal Fatto. “Oggi presenteremo una nuova interrogazione – annuncia il consigliere Torselli – per sapere a quanto ammonta esattamente la cifra pagata dalla collettività, prima dalla Provincia e ora dal Comune, per la pensione del sindaco”. La risposta alla prima interrogazione spiegava solo che “alla società presso cui risulta dipendente in aspettativa il dottor Renzi sono erogati i contributi previsti all’art. 86 comma 3 del Testo unico sugli enti locali”, senza cifre.

IL COMUNE di Firenze e prima la Provincia, hanno versato alla società di famiglia i contributi previdenziali per Matteo Renzi, nel rispetto del Testo Unico Enti locali che prevede il rimborso dei contributi alla società presso la quale lavora l’amministratore pubblico collocato in aspettativa non retribuita. Quando l’assunzione è molto vicina alla candidatura però sorge il dubbio che sia motivata più dall’ottenimento del rimborso dei contributi che dalla reale necessità dell’azienda di disporre di un dirigente distratto dalla politica. Nicola Zingaretti a Roma è finito nell’occhio del ciclone perché è stato assunto da un Comitato legato al Pd il giorno prima dell’annuncio della sua candidatura a presidente della Provincia. Ora si scopre che Renzi è stato assunto – non uno ma undici giorni prima dell’annuncio della sua candidatura – dalla società della sua famiglia. Il sindaco è inquadrato dal 27 ottobre 2003 nella Eventi 6 che oggi è intestata alle sorelle Matilde e Benedetta Renzi (36 per cento a testa), alla mamma Laura Bovoli (8 per cento) e al fratello del cognato, Alessandro Conticini, 20 per cento. Come spiega il vice-sindaco Saccardi nella sua risposta all’interrogazione: “Renzi ha avuto un contratto di collaborazione coordinata e continuativa fino al 24 ottobre 2003 presso la Chil srl. Dal 27 ottobre 2003 è stato inquadrato come dirigente”. Ecco la cronologia degli eventi di nove anni fa, ricostruita sulla base dei documenti camerali: il 17 ottobre 2003 il “libero professionista” Matteo Renzi e la sorella Benedetta cedono le quote della Chil Srl ai genitori; il 27 ottobre 2003, dieci giorni dopo avere ceduto il suo 40 per cento, Renzi diventa dirigente della stessa Chil Srl, amministrata dalla mamma; il 7 novembre 2003, solo 11 giorni dopo l’assunzione, l’Ulivo comunica ufficialmente la candidatura del dirigente alla Provincia; il 13 giugno 2004 Renzi viene eletto presidente e di lì a poco la Chil gli concede l’aspettativa. Da allora Provincia e Comune versano alla società di famiglia una somma pari al rimborso dei suoi contributi. Se Renzi non avesse ceduto le sue quote nel 2004, sarebbe stata una società a lui intestata per il 40 per cento a incassare il rimborso: una situazione ancora più imbarazzante di quella attuale, con le quote intestate a sorelle e mamma.

LA CHIL è una società fondata da papà Tiziano che si occupa di distribuzione di giornali e di campagne pubblicitarie. Dal 1999 al 2004 è intestata a Matteo e alla sorella. Poi, come visto, subentrano i genitori. Nel 2006 Tizia-no Renzi vende il suo 50 per cento alle figlie Matilde e Benedetta. Chil arriva a fatturare 7 milioni di euro nel 2007. Poi cambia nome in Chil Post Srl e nell’ottobre del 2010 cede il suo ramo d’azienda a un’altra società creata dalla famiglia: la Eventi 6 Srl. La vecchia Chil, ormai svuotata, finisce a un imprenditore genovese e fallisce. Mentre la Eventi 6 decolla dai 2,7 milioni di fatturato del 2009 ai 4 milioni di euro del 2011. Dopo il suo collocamento in aspettativa, il dirigente Matteo Renzi segue il destino del ramo d’azienda e oggi è collocato nella Eventi 6, di Rignano sull’Arno, sede storica della famiglia.

Le fonti vicine a Renzi precisano: “L’indicazione della candidatura alla Provincia venne anticipata a novembre per sbloccare la candidatura del sindaco Domenici ma era condizionata all’accordo sui sindaci che si chiuse solo ad aprile. L’accostamento ad altre situazioni ben diverse è sbagliato perché Matteo Renzi lavorava davvero in Chil da molti anni”.

da Il Fatto Quotidiano del 28 marzo 2013
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » gio gen 02, 2014 6:51 am

Stipendi dei parlamentari, l'Italia in testa alle classifiche. "60% più alti rispetto a media Ue"
Il Fatto Quotidiano
di F. Q. | 3 agosto 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... ue/2953865

Parlamentari ricchi. Ricchissimi. Chi sono? I nostri eletti a Camera e Senato che ogni mese incassano uno stipendio di molto superiore rispetto ai loro colleghi negli altri Paesi del mondo. Fino al 60% in più rispetto alle media dell’Unione europea, come emergeva dalla relazione depositata in Parlamento il 31 dicembre 2010 dalla commissione presieduta dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini. Nel dettaglio: a ogni deputato va un’indennità parlamentare di 11.283,3 euro lordi a cui si aggiunge una diaria di 3.503,1 euro, 1.331,7 euro per i trasporti (a fronte peraltro di una spesa nulla, dal momento che viaggiano gratis su treni, autostrade, navi e aerei), 258,2 euro per le spese telefoniche e 41,7 euro per la dotazione informatica. Dal conteggio sono esclusi gli importi per i collaboratori diretti, che rientrano nelle spese di rappresentanza, pari ad ulteriori 3.690 euro mensili. Importi quasi simili per un senatore che ogni mese riceve 11.555 euro di indennità, 3.500 di diaria, 1.650 euro per i trasporti e 4.180 euro per le spese di rappresentanza.

Tanti gli studi e le classifiche pubblicate – soprattutto all’estero – per fare confronti transnazionali tra colleghi parlamentari. Il dossier Ocse/Eurostat del 2013 vedeva indiscussi al primo posto i parlamentari italiani, con 144mila euro. Al secondo posto c’è l’Austria (106.583), seguita da Olanda (86.125), Germania (84.108) e Irlanda (82.065). Guadagnano ancor meno i colleghi belgi (72.017), greci (68.575) e lussemburghesi (66.432). Ancor più sotto la Francia (62.779) seguita da Finlandia (59.640), Slovenia (50.400), Cipro (48.960), Portogallo (41.387), Spagna (35.051) e Slovacchia (25.920). Ultima in classifica Malta, dove i parlamentari percepiscono solamente 15.768 euro.

Altri dati in sterline arrivano dalla Independent Parliamentary Standards Authority (Ipsa), sempre nel nel 2013: come riporta il Telegraph, in un confronto che prende in considerazione diversi Paesi anche extrauropei, gli italiani guidano la classifica con un salario di 120.546 sterline, seguiti da Australia (117.805), Stati Uniti (114.660), Canada (100.166) e Norvegia (87.964). Nella seconda parte della classifica ci sono invece Irlanda (79.556), Germania (78.979), Nuova Zelanda (74.154), Svezia (69.017). Infine gli ultimi tre sono Regno Unito (66.396), Francia (56.815) e Spagna (28.969). Su questi dodici paesi la media è di 82.918 euro. L’Italia la supera del 45%.
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » gio gen 16, 2014 6:47 am

Chi fa politica per i propri interessi non lascerà mai il posto ad altri

http://www.lindipendenza.com/chi-fa-pol ... o-ad-altri

di CLAUDIO MARTINOTTI DORIA

L’Italia è un paese ormai fallito da tutti i punti di vista. Molti si chiedono con un certo smarrimento come sia stato possibile arrivare a questo punto. La risposta è molto più semplice di quanto si creda, solo che concettualmente non ci soffermiamo abbastanza per metterla a fuoco, perché siamo distratti mediaticamente dal cazzeggio e dalla mistificazione e nella vita privata si tribola talmente tanto che non c’è il tempo per interagire in profondità coi nostri interlocutori.

Supponiamo che la maggioranza di coloro che si siano accostati alla politica lo abbiano fatto in buona fede, per passione, con l’intento di occuparsi veramente dell’interesse pubblico. Lo hanno dovuto fare tramite i partiti, o meglio la partitocrazia, una struttura di potere impostata per gestire il denaro pubblico occupando tutti i gangli istituzionali e socio economici dove circola il denaro. In queste organizzazioni politiche dominano coloro che sono presenti da più tempo e che si dedicano prevalentemente ai propri interessi e a quelli dei loro sostenitori.

Costoro per la loro fortissima motivazione venale e materiale non lasceranno mai le loro posizioni dominanti, e neppure gli incarichi più marginali, mai e poi mai, se non per cause di forza maggiore (pertanto piuttosto remote), come una grave malattia o infortunio, incarceramento, o perché caduti in disgrazia e costretti alle dimissioni dal loro partito, nel caso non disponessero di sufficienti armi di ricatto. Il ricatto è infatti l’arma di difesa ed offesa più potente in questi ambienti di parassitismo politico.

Pertanto tutti coloro che si siano accostati alla politica per motivazioni nobili, dopo un poco di fronte allo schifo che riscontrano ed all’impotenza cui sono costretti, o si adeguano e diventano parassiti anche loro facendo la gavetta per far carriera, o si ritagliano una nicchia di sopravvivenza senza dare fastidio e con variazioni sul tema per salvare le apparenze (policromatismo mimetico), o se ne tornano a casa. Alla lunga rimangono pertanto solo i parassiti purosangue, i maestri del parassitismo ed i loro famili, cioè coloro che curano esclusivamente i propri interessi e quelli del proprio entourage.

La conclusione inevitabile di una simile struttura di potere è di far accrescere in maniera abnorme il numero dei partecipanti alla greppia di stato e portare quest’ultimo al fallimento, perché le risorse pubbliche non basteranno mai per placare i loro appetiti smisurati e la loro incompetenza che produrrà solo danni. Quindi non ci si deve stupire se siamo al fallimento, perché è l’inevitabile conseguenza del sistema adottato. La cosiddetta democrazia rappresentativa autoreferenziale ed autoconservativa. Pensare che possa esserci purezza e competenza in questi ambienti è paradossale e contronatura, sarebbe come pretendere di fare il bagno in una cloaca e non beccarsi un’infezione.

Questi personaggi più o meno osceni che calcano la scena politica da molto tempo ed anche quelli subentrati da non molto e che hanno accettato le condizioni del ricatto adattandosi, non rinunceranno mai alla loro attività di saccheggio moderno (i lanzichenecchi in confronto erano più dignitosi), e quando avranno esaurito le risorse pubbliche si dedicheranno alla confisca di quelle private con l’alibi dell’interesse dello stato, che deve avere la priorità su tutto, insistendo sulla favoletta che lo stato siamo noi (mentre è una estesa oligarchia).

Dalla loro dispongono di due notevoli vantaggi ormai consolidati nel tempo, i mass media complici che da decenni stanno decerebrando le masse dei videodipendenti ed il fatto che la popolazione è disarmata, nel senso letterale del termine, perché questo è uno dei mezzi per garantirsi il monopolio della violenza e della repressione. Sanno che le rivolte potranno essere solo pacifiche, quindi innocue, vane, patetiche.

In Italia la situazione potrà precipitare solo quando la popolazione nella sua stragrande maggioranza sarà ridotta alla fame, nel senso letterale del termine. Allora non basterà più soggiogarli con trasmissioni demenziali e fuorvianti e non basteranno le scorte per garantirsi l’incolumità … Ma questa è un’altra storia.

In collaborazione con http://www.cavalieredimonferrato.it
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » ven gen 17, 2014 8:34 am

Diritti acquisiti a senso unico. Al potere non piace chi reagisce

http://www.lindipendenza.com/diritti-ac ... i-reagisce

di ENZO TRENTIN

I deputati eletti prima del 2012, hanno il vitalizio calcolato (dal 2006 al 2011) con il sistema retributivo (al quale nessuno rinuncia e per il quale nessuno chiede il ricalcolo secondo il metodo contributivo). Due pesi e due misure rispetto ai cittadini comuni. Fantastico esempio di uguaglianza di trattamento! D’Alema, Fini, Veltroni con centinaia di ex deputati e senatori tremano all’idea di essere ridotti in povertà nella vecchiaia (5mila euro lordi=3.100 euro netti). Bisogna eliminare dallo Statuto dei Lavoratori i contributi figurativi per i parlamentari e i consiglieri regionali a carico di Inps e Casse professionali. Ma dovrebbero essere loro a provvedere? (Tsz!) Non basta il vitalizio? O non dovrebbe, invece, vincere il principio di una testa una pensione o un vitalizio?

Dal sito della Camera di legge: il trattamento economico-Diaria-Rimborso delle spese per l’esercizio del mandato-Spese di trasporto e spese di viaggio-Spese telefoniche-Assistenza sanitaria-Pensione: il nuovo sistema di calcolo contributivo si applica integralmente ai deputati eletti dopo il 1° gennaio 2012, mentre per i deputati in carica, nonché per i parlamentari già cessati dal mandato e successivamente rieletti, si applica un sistema pro rata, determinato dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato alla data del 31 dicembre 2011 (con il sistema retributivo, ndr), e di una quota corrispondente all’incremento contributivo riferito agli ulteriori anni di mandato parlamentare esercitato.

Marco Volpati sostiene: «Sulla previdenza si fa moltissima propaganda, ma alla fine non si conclude nulla. A Montecitorio si è parlato delle “pensioni d’oro” senza concludere nulla. [...] Nessuno che esca dalla demagogia e voglia distinguere tra le vere pensioni d’oro – non coperte da versamenti e nate da privilegi politici e regali sontuosi a burocrati e amici – e le pensioni normali, frutto dell’accumulo mese per mese di contributi sulle retribuzioni. Non oro, ma nickel. [...] il ricalcolo non porterebbe nessun recupero. Chi dice che i giovani avranno pensioni da fame, o nessuna pensione, non dice il vero. Ma soprattutto dimentica che la chiave di tutto è il lavoro di oggi – poco, intermittente, mal retribuito – non le pensioni di ieri. Per svoltare servirebbero sviluppo, crescita, occupazione. Giusto quello che la politica non è capace di promuovere.»

Altro problemino mica da poco: la sentenza numero 1/2014 della Corte costituzionale fa venire in mente la figura di Bartolo da Sassoferrato una celebrità solo per i cultori della storia del diritto e tuttavia tutti dovrebbero conoscere questa sua coraggiosa confessione (citiamo a memoria): «Ogni volta che mi si propone un problema giuridico, prima sento quale deve essere la soluzione, poi cerco le ragioni tecniche per sostenerla». E se questo era vero per un simile luminare, figurarsi per un magistrato qualunque della Corte costituzionale che è composta da quindici giudici (art. 135, comma 1, Cost.), per un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, per un altro terzo eletti dal Parlamento in seduta comune e per il rimanente terzo eletti dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative.

Dunque aspettarsi dal giudice un giudizio asettico, pressoché meccanico, come una macchina in cui si infila il fatto e viene sputata fuori la sentenza, è del tutto fuori luogo. Il diritto cerca di mettere ordine e razionalità nelle vicende, tipizzandole in quadri astratti, ma poi in concreto quel diritto viene maneggiato da un essere umano, con la sua cultura (o incultura), la sua affettività, i suoi principi e, perché no? i suoi pregiudizi. Si spiega così che la parola “sentenza” si ricolleghi a “sentire”, cioè alla stessa radice di “sentimento”, non a “sapere”. I romani, a questo proposito, erano dei saggi.

Un Parlamento costituito da “nominati” checché ne dica la Corte costituzionale non è fatto per personaggi alteri, inflessibili, che non sanno prestarsi ai capricci o cedere alle fantasie, né tanto meno, quando occorre, avallare o favorire i reati che il potere reputa necessari al bene dello Stato. Figuriamoci quanto sono in ballo i loro interessi personali.

Un buon parlamentare “nominato” non deve mai avere un’opinione propria, ma sempre quella del suo mentore o capo partito, e deve avere la sagacia per intuirlo; il che presuppone un’esperienza consumata e una conoscenza approfondita dell’animo umano. Un buon parlamentare “nominato” non deve mai avere ragione, non gli è concesso essere più brillante del suo signore o benefattore: deve sapere che il sovrano (del partito che lo ha nominato) o chi ne fa le veci non sbagliano mai.

Un parlamentare “nominato” ben educato deve avere lo stomaco abbastanza forte da digerire tutti gli affronti del suo mentore o capo partito. Fin dall’inizio della sua carriera politica dovrà imparare a controllare le espressioni del suo volto perché non tradiscano i moti segreti del suo animo né il minimo eccesso di collera provocato per esempio da un’angheria. Per vivere in un parlamento di “nominati” bisogna avere il totale controllo sui muscoli facciali al fine di subire senza batter ciglio le più impietose mortificazioni. Nulla che possa riuscire a un permaloso, a un intemperante o a un suscettibile.

Immagine

Infatti gli uomini di potere di solito non accettano di buon grado che si reagisca alle vessazioni che essi hanno la bontà di elargire né tanto meno che si osi lamentarsene. Comprensibile dunque, che quando si tratta dei loro diritti acquisiti, essi non deflettano. Alcuni mortali hanno l’animo tutto d’un pezzo, la schiena poco flessibile, la nuca rigida; questa sfortunata costituzione impedisce loro di perfezionarsi nell’arte di strisciare e di avanzare verso il Parlamento. I serpenti e tutti i rettili scalano i massi e le montagne, mentre i cavalli più focosi non sono in grado di inerpicarsi.

Da tutte queste semplici constatazioni dovrebbe emergere chiaro che qualsiasi indipendenza dallo Stato italiano non può che basarsi su un chiaro disegno istituzionale individuato a priori e proposto all’approvazione del cosiddetto popolo sovrano. E dove i cosiddetti check and balances (Controlli ed equilibri progettati per limitare il potere di ogni organismo di governo locale, intermedio, e nazionale o federale) che prevedano l’interrelazione armoniosa del popolo con tutti gli organi istituzionali e sociali. Poiché i controlli e gli equilibri sono destinati a consentire al potere legittimo di governare, e alle buone idee di trovare attuazione, mentre l’abuso di potere, la corruzione e l’oppressione sono ridotti al minimo.

Pesi e contrappesi sono importanti e presenti in tutte le istituzioni sociali, comprese le istituzioni religiose, le aziende, le ONG e le associazioni. In ognuna di queste istituzioni vi è la possibilità per una persona di usare il suo potere per ottenere qualcosa a spese degli altri. Controlli finanziari, doppi firmatari in materia di controlli, e la nomina di amministratori delegati da organi sociali sono esempi di controlli ed equilibri nella sfera non politica, perché mai la politica non dovrebbe essere controllata attraverso gli istituti della democrazia diretta da parte dei cittadini-elettori e contribuenti?
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » sab feb 22, 2014 2:25 pm

Basta privilegi? Che sforzo, caffè politico da 75 a 80 centesimi

http://www.lindipendenza.com/basta-priv ... -centesimi

di GIULIO ARRIGHINI*

C’hanno messo davvero poco a raggiungere il bicameralismo perfetto. Della pausa tra un voto e l’altro, s’intende.
Mentre i partiti hanno stabilito che il finanziamento passerà attraverso il 2 per mille garantito dello Stato, mentre la casta non si taglia nulla, l’unica riforma, la prima che sono riusciti a fare, è aumentare un poco la tazzina di caffè.
Prezzo politico, ovviamente. Il Senato ha fatto lo sforzo di passare da 75 a 80 centesimi per tazzina, raggiungendo il caffè scontato aziendale della Camera dei Deputati, dove alla buvette si sborsano già i faticosi 80 centesimi per la pausa agognata dei politici affaticati.

Ma in tempi di crisi, si sa, bisogna dare il buon esempio e fare il sacrificio di pagare la bellezza di 80 centesimi il caffè nei bar prestigiosi dentro Palazzo Madama come in Transatlantico.

Che sacrificio. Non si tagliano le pensioni d’oro, la Corte costituzionale dice che non si toccano i diritti milionari acquisiti. Non si tagliano gli stipendi ai supermanager, non si propone di far accontentare i grandi burocrati di stato alla miseria di 5mila euro al mese di pensione. Cinque centesimi di più per il caffè si possono anche sopportare. In tempi di spending review i partiti sanno fare questo: 5 centesimi, meno che l’elemosina agli zingari al semaforo. O no?

In fin dei conti sono rappresentanti del popolo sovrano, e al popolo in tempi di magra non si possono chiedere più sacrifici di quanti già non ne stiano sopportando, vero? 80 centesimi è un prezzo equo. E per la brioche? Passino dalla regina. Quando manca il pane, si passa al dolce, spiega la storia dei politici morti di fame.

*Segretario Indipendenza Lombarda
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Re: Casta talega

Messaggioda Berto » ven ott 03, 2014 9:06 pm

Indipendenza libera dalla Casta. Attenti all’anello di Frodo

http://www.lindipendenzanuova.com/indip ... ntro-casta

di GIUSEPPE REGUZZONI

Che cosa possiamo fare noi, cittadini comuni? È sconvolgente la notizia dell’artigiano che si dà fuoco davanti a una sede di Equitalia. O dell’imprenditore che si impicca perché non riesce a pagare le tasse. È sconvolgente e tragica, con, a peggiorarla, la beffa di un sistema che si dice equo, Equitalia per l’appunto, ma chiede il pagamento dell’anticipo di imposta su spettanze di cui rinvia di decenni il pagamento. Si stanno moltiplicando i suicidi di artigiani, commercianti, piccoli imprenditori strangolati dalle tasse e dai mancati pagamenti da parte dello Stato. La stampa di regime, di destra e di sinistra, ovviamente, ne parla pochissimo. In Italia di tasse si muore, ma non basta constatare che ormai persino la storica imprecazione “governo ladro” è del tutto insufficiente. Ladro e assassino, verrebbe da dire. Ma alla fine resterebbe solo una profonda e lacerante amarezza, che si frantuma sul muro dell’indifferenza eretto dal Potere. Moschini, che la mano feroce di chi ha costruito questo sistema allontana, infastidita, o schiaccia senza pietà. In Tibet i monaci buddisti si danno fuoco per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale su un Paese occupato e privato della propria libertà. È un gesto di protesta forte, ma anche di orgoglio. Da noi c’è solo la disperazione.

Che potere ha questa gente comune, che ancora non accetta di lasciarsi inebetire da farfalline tatuate e indigestioni di veline e calciatori? Che potere ha chi, schiacciato tra tasse e tentativi di togliergli non solo la libertà, ma la stessa percezione della sua assenza, vorrebbe ancora alzare la testa? Sono gli uomini, le donne, singoli o gruppi, che ancora hanno la forza di “dissentire”. Che cosa possono fare, dunque questi “dissidenti”, come uomini e donne, che sono al di fuori di tutte le strutture del potere e nella posizione di “subcittadini”? hanno essi ancora le forze e le possibilità per agire in qualche modo sulla società e sul sistema sociale? Possono, in definitiva, cambiare qualcosa?

Possono, in qualche modo, ancora resistere al Male o, almeno, rallentarne l’avanzata? Sono le stesse domande che, alla fine degli anni Settanta e in un’Europa dell’Est ancora sotto il giogo comunista, si poneva un uomo libero come il drammaturgo Vaclav Havel, che qualche anno dopo e con alle spalle la galera comunista, sarebbe divenuto il primo presidente della Cecoslovacchia libera, così libero e rispettoso della libertà, da consentire, da Presidente, la secessione della Slovacchia. In Italia il Potere ha il volto dei vomitevoli privilegi della casta romana, del Quirinale che costa più dell’Eliseo e di Buckingam Palace messi insieme, di un Direttore generale di Equitalia che guadagna più di Obama, di un viceministro super raccomandato e figlio di papà che insulta decine di migliaia di precari, di una ministra, che simula lacrime annunciando tagli a pensioni e lavoro, e va a comprarsi un paio di scarpe in centro Torino con quattro auto blu e dieci uomini di scorta, e via cantando … il canto triste e disperato di noi, cittadini ingannati e truffati e, ancor di più, di generazioni di giovani defraudati della possibilità di costruirsi un futuro lavorativo dignitoso.

La Casta esiste ed è una cosa sola col Potere romano. Difficile avvicinarsi a questo Potere e rimanerne immuni. Come l’anello di Frodo esso possiede chi lo possiede, e lo abbruttisce interiormente, allontanandolo dalla vita reale. Eppure bisogna reagire, perché ne va della nostra più profonda verità. Proprio per questo la politica resta necessaria e proprio per questo occorre che i “dissidenti” non si perdano d’animo, ma tornino a essere presenti e vigilanti.
Ignazio di Loyola, il santo fondatore dei Gesuiti, che di potere se ne intendeva, diceva che il potere va dato a chi non lo desidera e non lo chiede. Un movimento politico può farsi interprete del malessere profondo che lacera questa nostra società solo se su di esso non grava il sospetto di essere solo e semplicemente funzionale alle poltrone da occupare. Roma – che in Italia da un secolo e mezzo significa il Potere – ha tutto l’interesse a normalizzare un fenomeno come la spinta indipendentista, a ridurla a una correntina politica, con qualche sfumatura locale.

I modi sono tanti, ma sono quelli di sempre: dividere e/o infiltrare. Divide et impera, era il metodo preferito dall’antica Roma per spezzare la resistenza dei popoli su cui si stendeva la propria brama di potere e di dominio. Infiltrare, significa non necessariamente collocare propri uomini all’interno di una struttura politica di resistenza, ma, magari e più semplicemente, comprarseli, con la promessa di posti e di partecipazione al Potere.

In quest’ultimo caso avremmo l’eutanasia, lenta e inesorabile, della capacità di una forza politica di farsi latrice del cambiamento. Sono pochi gli uomini che sanno resistere a questa tentazione. Proprio per questo un movimento che voglia rimanere tale – e non ridursi a macchina di consenso elettorale per la rielezione di questo o quell’esponente della Casta -, deve avere il coraggio di introdurre dei correttivi, vale a dire degli strumenti forti di controllo e di vigilanza contro il deterioramento dei rapporti tra chi ci rappresenta e la causa per cui sono stati scelti: vietare il cumulo degli incarichi, ridurre il numero dei mandati, assicurare il controllo costante ed effettivo dal basso … La base non è fatta di bifolchi cui spetta solo votare e raccogliere voti per il poltroniere di turno! Essa ha il diritto e il dovere di controllare e verificare. Ne va della carica rivoluzionaria e innovativa di una speranza e, non da ultimo, della sua capacità di farsi interprete del malessere oggi dominante.
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