Italia politica e dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

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Messaggioda Berto » sab giu 30, 2018 6:13 am

Matteo Salvini, intervista a Libero: "Come riscatterò l'Italia"
29 Giugno 2018
di Pietro Senaldi

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... talia.html

«Domenica sarà una Pontida spettacolare, con numeri e un entusiasmo mai visti. Abbiamo lanciato l' hashtag #lamiaprimapontida, perché verranno da tutta Italia, da Napoli ne aspetto cinquecento». Tanto per cambiare, Matteo Salvini si sta imbarcando su un aereo, l' unico momento in cui il cellulare gli dà requie e ha un' ora di quiete, almeno telefonica.

Prevede dei Tricolori sul pratone di Alberto da Giussano?
«Ognuno porterà la sua bandiera del cuore, indietro non si torna».
A Pontida mai per caso, diceva Bossi: cos' ha in serbo per i militanti? «Il discorso lo preparo sempre il giorno prima, il sabato di meditazione. Sarà una sorpresa anche per me».

Come si spiega il boom della Lega il 4 marzo e, poi, quello nelle amministrative, e i sondaggi che vi danno primo partito per la prima volta nella storia?
«Ai sondaggi non credo. Tutto il resto è un premio al buonsenso e alla coerenza di questi anni. Ci siamo impegnati a fare cose normali su lavoro, tasse e sicurezza, questo ha premiato e premierà perché le faremo».

C' è voluto più coraggio a togliere il nome Nord dal simbolo o a respingere la nave Aquarius, carica di donne e bambini?
«Il coraggio è altra cosa, ce l' hanno i poliziotti che sfidano tutti i giorni i criminali in strada, non io».

Coraggio politico, si intende...
«Chi vive di paura non combina nulla nella vita e nel lavoro. Memento audere semper è un detto che ho fatto mio. Con le navi delle ong ho fatto solo quel che mi ero impegnato a fare quando ho chiesto i voti agli italiani.
Ho messo in conto opportunità e rischi e oggi dico che se non avessi agito così ora avremmo decine di sbarchi».

C' è chi sperava morisse qualcuno, per vederla all' angolo...
«I morti c' erano prima. In compenso, io da allora ricevo minacce di morte e insulti quotidiani. Mi scivolano via come l' acqua. Mi colpiscono solo quelli di alcuni uomini di chiesa che mi augurano di andare all' inferno; non capisco come chi ha consacrato la propria vita a Dio e predica il perdono cristiano possa poi augurare il male a qualcuno. Le critiche di cantanti, attori e fighetti di sinistra invece mi fanno solo tenerezza».

E l' accusa di essere un fascista?
«Nel 2018 mi sembra anacronistica. Chi la fa non conosce la storia né il fascismo e ragiona con schemi vecchi di almeno trent' anni».

Perché ha scelto di sovraesporsi mediaticamente?
«Non è così: sono andato tre o quattro volte in tv e questa è la prima intervista dopo settimane. Rilanciano i miei video su Facebook perché evidentemente dico cose interessanti ma non mi vado a cercare nulla».

Però ha oscurato Di Maio...
«In questo momento i temi di mia competenza sono di maggiore attualità. Verrà anche il suo turno».

La criticano perché fa poco il ministro e troppo il segretario della Lega: può durare il doppio incarico?
«Chi mi critica non è abituato a lavorare. Impari dalle donne, che fanno quattro cose contemporaneamente.
Io faccio il ministro di tutti: ho incontrato la Appendino, la Raggi, Nardella, i militari a Modena... Dedico al governo 14 ore al giorno. Non mi separo mai da questo quaderno azzurro ad anelli dove mi segno tutti gli incontri, le idee, le cose da fare. Poi certo, ho la Lega nel cuore e nessuno può togliermela. Ora sto andando a un comizio a Caravaggio e potrei invece stare a casa a riposarmi, ma è una questione di cuore, non una necessità: le elezioni sono finite e domenica c' è Pontida...».

Lei lavora ma il governo in un mese ha prodotto un solo decreto: udienze sospese a Bari perché si tenevano sotto una tenda anziché in tribunale. Non è poco?
«Siamo all' inizio, molti parlamentari non hanno ancora l' ufficio e certi ministri sono senza computer».

Va bene: cosa vedremo a breve?
«Daremo le motovedette alla Libia per fermare i gommoni, pagheremo gli straordinari ai vigili del fuoco che aspettano dal sisma del 2016, vareremo il decreto spiagge sicure per liberare dall' assedio dei vu' cumprà i bagnanti e stiamo preparando un pacchetto di iniziative contro le droghe.
Ma soprattutto, taglieremo le spese per l' accoglienza: i 36 euro a migrante saranno drasticamente ridotti. E poi sto cercando 70 milioni per pagare gli arretrati alle nostre forze dell' ordine e triplicherò i dipendenti dell' agenzia che gestisce i beni confiscati alla mafia: questo per rispondere a chi dice che mi vota la 'ndrangheta».

E l' anagrafe dei rom?
«I campi irregolari saranno spianati. Quanto ai regolari, è doveroso che chi riceve soldi pubblici dica allo Stato chi è, se ha figli, se li manda a scuola, se paga l' assicurazione dell' auto».

Cosa si aspetta dal vertice europeo in corso sull' immigrazione?
«Dopo anni di chiacchiere, qualche fatto. Già che si stia discutendo su una proposta italiana, mentre fino a ieri il nostro ruolo era dire sì a quelle degli altri, mi sembra un risultato. Da Merkel e Tusk ascolto parole mai sentite, come che l' Italia è stata abbandonata e che bisogna concentrarsi sul blocco delle frontiere europee».

Ma qual è l' obiettivo di Salvini?
«Sancire il diritto alla protezione delle frontiere esterne della Ue e fermare gli arrivi, usando uomini e mezzi sul continente africano. Non come Macron, che in Nord Africa sta applicando un neocolonialismo che impoverisce quei Paesi e costringe i popoli a emigrare. Parigi vorrebbe trasformare il Sud Italia in un immenso campo profughi, comprandoci con una mancia. A Conte prima che partisse ho detto solo una cosa: "l' Italia non è in vendita, non siamo più disposti a farci carico di un esodo epocale in cambio di sconticini". Dobbiamo spendere soldi in Africa e creare sviluppo laggiù.
La Francia si dà tante arie ma depreda l' Africa, e la guerra in Libia, scatenata da Parigi per i propri interessi, ne è solo l' esempio più eclatante».

Perché Macron ci insulta così?
«È disperato perché non ha più consenso. Non combina nulla e si occupa solo di avvantaggiare le multinazionali francesi. Venga pure qui ad accarezzare il Papa, se si sente Napoleone, ma smetta di creare instabilità».

C' è chi dice che la sua missione in Libia non è andata bene...
«Non si fa un accordo in un giorno.
Ho riscontri positivi, richieste di sostegno e impegni a collaborare. Da qui a un mese avremo meno partenze, meno morti e meno soldi nelle tasche di mafiosi e scafisti».

Un' altra critica è che lei sbaglia a stare con Orban, perché lui non vuole ripartire gli immigrati...
«L' ho sentito giusto ieri, siamo in perfetta sintonia. Il problema non è ripartire gli immigrati ma non farli partire: la nostra intesa è su questo e la minaccia italiana alla Ue di non finanziare più Erdogan, per la nostra parte, e riaprire il fronte migratorio dell' Est, stoppato attualmente dalla Turchia che stipendiamo, è reale e siamo pronti a portarla fino in fondo».

Non teme che litigare con la Ue possa rivelarsi un boomerang?
«Ho lavorato in Europa anni, so che se non alzi la voce, non ti ascoltano.
Ora ci danno retta solo perché si sono accorti che questo governo fa sul serio. E poi io non litigo con l' Europa, la sto ricostruendo; ne ha bisogno, la sua immagine è ai minimi storici».

Obiettivo?
«Cambiare le regole, non solo sugli immigrati, anche sui trattati, le banche, l' agricoltura. Nel 2019 ci saranno le elezioni, mi auguro che salti l' inciucio democristiano-socialista e a Bruxelles il primo partito diventi quello sovranista. Vedo questa possibilità».

Con Salvini leader naturale?
«Ragiono più alla giornata».

Al momento comanda ancora la vecchia Europa: il ministro dell' Economia Tria ha slittato l' approvazione del decreto dignità per mancanza di coperture...
«La prudenza è una virtù e Tria è molto prudente. Il rispetto dei vincoli europei va bene e cercheremo di mantenerlo ma solo finché ci consentirà di crescere come economia. La vita reale è più importante dei numeri: sforare non è il nostro obiettivo ma se i vincoli Ue torneranno a portare povertà, precari, fallimenti e decrescita come ai tempi di Monti, noi sceglieremo di vivere piuttosto che rispettare i parametri Ue, e aumenteremo il rapporto debito/Pil».

Non teme lo spread, i mercati, l' Europa?
«Abbiamo il più grande risparmio privato al mondo e un' inventiva imprenditoriale senza uguali: siamo un Paese solido, la gente l' ha capito anche all' estero».

Quando sento risparmio privato penso alla patrimoniale...
«La escludo».

Applicare la parte economica del contratto di governo costa 110 miliardi: dove trova i soldi?
«Partiamo dalla pace fiscale, che può portarci dieci miliardi».

Il Pd lo chiama condono...
«Lo chiami come vuole, la parola non mi spaventa, per me significa liberare milioni di lavoratori dall' incubo delle cartelle fiscali».

D' accordo ma dieci miliardi non sono 110: da dove partirete?
«Per la Lega le priorità sono abbattimento delle tasse e superamento della Fornero, portando a 100 il numero per andare in pensione sommando anni di contribuzione ed età anagrafica. Ma il mio auspicio è di riuscire entro un anno a dare un segnale concreto anche sul reddito di cittadinanza».

Prima del voto non era contro il reddito di cittadinanza?
«Ma stiamo governando in due».

Davvero?
«Sì, ho trovato persone con cui si lavora bene, coerenti e positive, come i ministri Toninelli e Fraccaro».

Quanto dura questo governo?
«Cinque anni».

Come l' ha preso Berlusconi il sorpasso del 4 marzo? Cos' è cambiato nei vostri rapporti?
«Si sono intensificati, lo vedo appena posso. Lui ha dato il via libera al governo, l' alleanza non si è rotta e sul territorio vinciamo. Forse qualche parlamentare azzurro parla un po' troppo pur sapendo troppo poco».

È vero che ha la fila di parlamentari azzurri alla porta?
«Non siamo un bazar. Molti ci stimano e vorrebbero darci una mano ma non siamo una giostra. Diverso è sul territorio: a livello locale ci sono sindaci e liste civiche che confluiscono nella Lega e questo mi riempie di gioia».
Maroni ha avuto parole di apprezzamento per lei di recente...
«Ci sarà tantissimo da lavorare e si potranno aprire spazi per chi è capace e si mette a disposizione».

Rai, aziende pubbliche, partecipate, Cassa depositi e prestiti: pensa di usare la ruspa?
«Ci sarà un bel cambiamento per superare le solite cordate e le vecchie logiche. Ma non ci saranno spartizioni, sceglieremo persone competenti e chi ha fatto bene sarà confermato. Nel mio ministero, avrei potuto ribaltare tutto, ma ho incontrato persone valide che si sono messe a disposizione».

Anche nei Servizi?
«Faremo tutto con calma, non trascurando le piccole cose. Per esempio, oggi mi sono svegliato con un sms da Pisa, dove sono stati arrestati due spacciatori gambiani che facevano casino: sono già stati espulsi».


Pontida, Bossi e Maroni assenti per la prima volta
Claudio Cartaldo - Dom, 01/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 47326.html

Per la prima volta in assoluto Bossi e Maroni assenti a Pontida. Ma Salvini li ringrazia dal palco: "Non finirò mai di ringraziare chi mi ha dato il coraggiO per cominciare"

È successo per la prima volta. A Pontida, vestita di blu e non puù del verde padano, c'era solo Matteo Salvini.

Il segretario del nuovo corso leghista non era accompagnato dai suoi predecessori. Nè Maroni, né Bossi si sono presentati sul prato della città bergamasca per ascoltare il lungo discorso del ministro dell'Interno che ha parlato di immigrazione, legge Fornero, visione europea della Lega e rigetto dell'utero in affitto.

L'assenza di Bossi e Maroni al tradizionale raduno leghista è un segno di come né l'ex governatore della Lombardia né il Senatur approvino a fondo la linea salviniana. Già anno scorso Bossi era rimasto in disparte, tanto che il giorno dopo era arrivato a dire che da Pontida era arrivato il "segnale che devo andarmene". Per ora il fondatore è ancora al suo posto e Salvini l'ha ricandidato al Parlamento. Ma la frattura è ormai insanabile, tanto che più volte il Senatur non ha lesinato critiche alle decisioni politiche del successore.

Dal canto suo, però, Salvini non ha mancato di ricordare dal palco chi l'ha preceduto alla guida della Lega. "Non finirò mai di ringraziare chi mi ha dato la voglia, il coraggio, le idee per cominciare che non ha altro nome che Umberto Bossi". E ancora, riferendosi a Maroni: "Nessuno può togliere dal cuore l'onore e la passione di essere il segretario della Lega". E in serata è arrivato il tweet di Maroni: "Oggi è stata una Pontida straordinaria, che ho vissuto da orgoglioso militante. Ho ringraziato Matteo Salvini per la citazione che ha fatto di me dal palco. Il suo intervento è stato davvero super".
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Messaggioda Berto » sab giu 30, 2018 6:18 am

La Lega non si ferma più
2018/06/30

https://www.huffingtonpost.it/2018/06/3 ... a_23471610

La Lega non si ferma più, almeno stando ai sondaggi. Il partito di Salvini secondo il rilevamento di Nando Pagnoncelli sul Corriere della sera nelle intenzioni di voto è arrivata al 31,2%, quasi un più 14% rispetto alle politiche. Un crescendo per ora senza soste dal 4 marzo con voti che arrivano dagli alleati (o ex?) di centrodestra, tutti in calo clamoroso: Forza Italia ben al di sotto del 10%, all'8,3% e Fratelli d'Italia che ha quasi dimezzato i voti al 2,3%, tutti voti che se ne stanno andando alla Lega di Salvini, che domani celebrerà se stesso a Pontida. Tiene il Pd al 18,9%, male LeU al 2,3%.

Il radicamento della Lega è sempre più forte tra i ceti popolari, le persone meno istruite, le casalinghe, pensionati e disoccupati. La semplificazione degli obiettivi e un linguaggio diretto ma demagogico quindi sta pagando. I Cinque stelle perdono tre punti rispetto al 4 marzo attestandosi al 29,8%. Il "ciò che vogliono gli italiani" di Salvini sovrasta di gran lunga i messaggi di Di Maio.
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Messaggioda Berto » gio lug 05, 2018 12:36 pm

Bossi: «Il Sud a Pontida? Tanta gente che vuole solo essere mantenuta»
Cesare Zapperi
03 luglio 2018

https://www.corriere.it/politica/18_lug ... a5aa.shtml

GEMONIO (VARESE)- La Pontida dei record non l’ha vista. Se l’anno scorso era presente dietro il palco ma non lo fecero parlare, ed era la prima volta nella storia iniziata nel lontano 1990, domenica Umberto Bossi il «sacro suolo» non l’ha proprio calpestato. «Non stavo tanto bene» cerca di giustificarsi, senza essere troppo convincente. Il motivo ufficiale della clamorosa assenza sarebbe un fastidioso mal di schiena, ma basta insistere un po’, mentre nel tardo pomeriggio scende dall’auto che lo riporta a casa dopo qualche ora trascorsa a trovare vecchi amici, per capire che nella Pontida 2018, al di là delle innovazioni cromatiche, si sarebbe sentito un corpo estraneo.
Leghisti a Pontida, dalla «secessione» al partito nazionale con delegazioni dal Sud
28 anni dopo

Senatore Bossi, non le è dispiaciuto non partecipare ad una delle edizioni più partecipate del raduno leghista?
«Non mi sentivo bene, con questo mal di schiena...».

A Pontida il suo successore Matteo Salvini ha fatto il pienone.
«E come no. Se ci porti lì anche l’Africa... Ma non è una gara a chi porta più gente. Dalla Lega ci si aspettano risposte chiare ai problemi».

La Lega sovranista che a lei non piace molto ha però conquistato la simpatia di elettori in tutta Italia. Domenica c’erano pullman carichi di militanti provenienti dal Sud. Questa novità la turba?
«Guardi, ho visto solo un sacco di gente interessata ad essere mantenuta. Parliamoci chiaro: non c’è una Regione del Sud che riesca a pagarsi la propria sanità. Cosa si vuole, che si continui a caricarla addosso alle regioni settentrionali?».

Perché esclude che le idee di Salvini possano rivelarsi giuste?
«La storia va da un’altra parte. Non basta parlare».

Bossi si ferma improvvisamente. Distoglie lo sguardo dall’interlocutore che cerca di incalzarlo e fissa un punto lontano. Come se parlare della Lega sovranista gli procurasse fastidio, se non dolore. È un pomeriggio afoso, nelle stradine di Gemonio non passa anima viva, il vecchio «capo» leghista sta rinchiuso nella sua auto blu.

Senatore, gli ultimi sondaggi dicono che il Carroccio veleggia attorno al 30 per cento. Lei al massimo era arrivato al 10.
«Non credo molto ai sondaggi, la gente vota nelle urne. E comunque, se tutti i giorni fai una promessa e sollevi polveroni qualcuno finisci per tirarlo dalla tua parte. Ma i cittadini mica sono stupidi. Oggi ti votano, domani ti voltano le spalle se non mantieni tutte le promesse che hai elargito».

Da poco più di un mese la Lega guida il Paese grazie al contratto di governo con il Movimento 5 Stelle. Come giudica l’esecutivo di Giuseppe Conte?
«Mah... Finora non hanno fatto niente».

Sempre al raduno di Pontida Salvini ha anche lanciato una sfida di respiro europeo, parlando dell’obiettivo di dare vita alla Lega delle leghe. Nemmeno questo le piace?
«Ma non si va da nessuna parte, non scherziamo. Come potete pensare che francesi o tedeschi si facciano mettere il cappello in testa da noi italiani? Su dai, guardiamo in casa nostra e rispondiamo alla nostra gente. Quella del Nord, eh...».


Alberto Pento
Senti chi parla, questo parassita ladro e fanfarone.
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Messaggioda Berto » gio lug 05, 2018 12:38 pm

???

Esclusivo: anche Matteo Salvini ha usato i soldi rubati da Bossi
Giovanni Tizian e Stefano Vergine
2017/09/28

http://espresso.repubblica.it/inchieste ... i-1.311009

Cinque anni fa, quando tutto ebbe inizio, Umberto Bossi usò un’immagine biblica per spiegare il suo intento. «Ho fatto come Salomone: non ho voluto tagliare a metà il bambino», disse mentre si apprestava a lasciare le redini del partito a Roberto Maroni.

Erano i giorni in cui i giornali pubblicavano le prime notizie sullo scandalo dei rimborsi elettorali leghisti, quelli incassati gonfiando i bilanci e usati per pagare le spese personali del Capo e della sua famiglia, come la laurea in Albania del figlio Renzo o le multe del primogenito Riccardo.

Il senso della metafora bossiana era chiaro: piuttosto di dividere la Lega tra chi sta con me e chi contro di me, il Senatùr si diceva pronto a lasciare pacificamente il potere al suo storico rivale. Da allora in poi l’intento di chi è succeduto a Bossi, prima Maroni e oggi Salvini, è sempre stato quello di differenziarsi, di creare compartimenti stagni tra il partito dell’Umberto e quello di oggi, tanto che all’ultimo raduno di Pontida al fondatore non è stato nemmeno concesso il tradizionale discorso dal palco.

I conti sequestrati sono solo l'ultimo problema in ordine temporale del Carroccio. Che dalla tangente Montedison al crack della CrediEuroNord ha mostrato di essere ladrona non meno di altri partiti.
Gli immigrati al posto dei meridionali, il nazionalismo in sostituzione del secessionismo. Pure un nuovo marchio, Noi con Salvini, dotato di satelliti sparsi dal Centro al Sud e rappresentato da personaggi della destra, come in Calabria, o vecchi democristiani votati all’autonomia, come in Sicilia. Nuovi volti (per modo di dire) e nuovi ideali sostenuti con forza proporzionale all’incedere delle inchieste giudiziarie sui fondi elettorali.

Se è vero che negli ultimi anni molto è in effetti cambiato all’interno del Carroccio, c’è qualcosa che è rimasto segretamente invariato. Roberto Maroni preferisce non dirlo, Matteo Salvini lo nega categoricamente. Insomma, gli eredi del Senatùr sostengono di non aver visto un euro di quegli oltre 48 milioni rubati da Bossi e Belsito. «Sono soldi che non ho mai visto», ha scandito di recente l’attuale segretario federale commentando la decisione del Tribunale di Genova di sequestrare i conti correnti del partito dopo la condanna per truffa di Bossi.

I documenti ottenuti da L’Espresso dimostrano però che esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore e i suoi successori. Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati.

Per scoprire i retroscena di questo intrigo padano bisogna tornare al 5 aprile del 2012. E tenere a mente le date. Quel giorno, a poche ore dalla perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di via Bellerio, a Milano, Bossi si dimette da segretario del partito. È la prima scossa del terremoto che sconvolgerà gli equilibri interni alla Lega.

A metà maggio diversi giornali scrivono che a essere indagato non è solo il tesoriere Francesco Belsito, ma anche il Senatùr. Il reato ipotizzato è quello di truffa ai danni dello Stato in relazione ai rimborsi elettorali. Il primo di luglio Maroni viene eletto nuovo segretario del partito. E quattro mesi dopo, il 31 ottobre, passa per la prima volta alla cassa. Come certifica un documento inviato dalla ragioneria del Senato alla Procura di Genova, quel giorno l’attuale governatore della Lombardia riceve 1,8 milioni di euro. È il rimborso che spetta alla Lega per le elezioni politiche del 2008, quelle vinte da Berlusconi contro Veltroni. Il primo di una lunga serie. Da qui in poi a Maroni verranno intestati parecchi bonifici provenienti dal Parlamento.

A fine 2013, cioè al termine del mandato di segretario, Bobo avrà così ricevuto 12,9 milioni di euro. Tutti rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quando a capo del partito c’era Bossi e a gestire la cassa era Belsito. Insomma, proprio i denari frutto della truffa ai danni dello Stato.

Che cosa cambia quando Salvini subentra a Maroni? Niente, se non le cifre. A metà dicembre del 2013 Matteo viene eletto segretario del partito. L’inchiesta sui rimborsi elettorali intanto va avanti, e a giugno del 2014 arrivano le richieste di rinvio a giudizio: i magistrati chiedono il processo per Bossi. Un mese e mezzo dopo, il 31 luglio, Salvini incassa 820mila euro di rimborsi per le elezioni regionali del 2010. Perché allora il segretario della Lega e aspirante candidato premier per il centro-destra continua a sostenere che lui quei soldi non li ha mai visti? E se li ha visti, come poteva non sapere che erano frutto di truffa?

Due mesi dopo aver incassato gli oltre 800 mila euro, Salvini e la Lega si costituiscono infatti parte civile contro i compagni di partito. Si sentono vittime di un imbroglio, di una truffa che ha sfregiato il vessillo padano. E vogliono essere risarciti. La nuova dirigenza è dunque consapevole della provenienza illecita del denaro accumulato sotto la gestione di Bossi. Ma il 27 ottobre, solo venti giorni dopo l’annuncio di costituirsi parte civile, Salvini fa qualcosa che appare in netta contraddizione con quella scelta: ritira altri soldi. Questa volta la somma è piccola, poco meno di 500 euro: l’ultima tranche di rimborso per le elezioni regionali del 2010.

La sostanza però non cambia. Sono denari ottenuti con la rendicontazione gonfiata firmata da Belsito. Fatto di cui a quel punto è dichiaratamente convinto anche Salvini. Il quale, due giorni dopo l’ultimo prelievo, riceve persino una lettera dallo storico avvocato di Bossi, Matteo Brigandì. «Ti diffido dallo spendere quanto da te dichiarato corpo del reato», si legge nella missiva con la quale la vecchia guardia lancia un messaggio chiaro al nuovo gruppo dirigente: voi ci accusate di aver rubato quattrini, allora sappiate che i soldi che avete in cassa sono il profitto della truffa, e usarli vuol dire diventare complici del reato.

Il denaro, più che l’ideologia, è dunque il collante tra l’epoca di Bossi, l’interregno di Maroni e il presente firmato Salvini. Le tre età del partito della Padania intrecciate attorno a una vicenda che tutti vogliono dimenticare in fretta. Talmente in fretta da ritirare persino la costituzione di parte civile davanti al giudice.

Già, perché solo un mese dopo essersi dichiarato vittima della truffa targata Bossi-Belsito, Salvini fa marcia indietro. Come a dire: chiudiamola qua, scordiamoci il passato e andiamo avanti. Una scelta travagliata, non da tutti condivisa. All’interno della Lega, infatti, nei primi mesi del 2014, c’era chi voleva mostrare pubblicamente la rottura col passato. Altri, invece, parteggiavano per la politica della rimozione. In questo contesto matura l’accordo di conciliazione”con l’avvocato di Bossi, nel quale la Lega rinuncia a costituirsi parte civile. A un patto però: il legale di fiducia del Senatùr avrebbe dovuto accantonare ogni pretesa di denaro che il partito gli doveva, circa 6 milioni di euro. Infine, a Bossi sarebbe andato un lauto vitalizio.

Tutto risolto, dunque? Macché. Salvini e Maroni vengono meno al patto. E danno mandato all’avvocato Domenico Aiello, legale del governatore lombardo, di procedere con la costituzione di parte civile. Uno smacco al vecchio amico Bossi, a cui poco dopo segue un altro colpo di scena. A novembre durante l’udienza preliminare contro B&B, Aiello ritira l’atto di costituzione. In pratica la Lega non chiede più i danni per la truffa. Un’idea di Salvini, motivazione ufficiale: «Non abbiamo né tempo né soldi per cercare di recuperare soldi che certa gente non ha», spiegò l’europarlamentare appena eletto segretario del Carroccio. Una mossa che sorprese persino il governatore della Lombardia, Maroni, che con Aiello aveva fatto il possibile per chiedere i danni agli imputati leghisti.

La sensazione di chi il partito lo frequenta da venti e passa anni è che sia stata una ritirata strategica, per rappacificare le opposte fazioni ed evitare rivelazioni scomode. Soprattutto in merito ai soldi lasciati in cassa da Bossi, quelli finiti al centro delle inchieste di tre procure.

I bilanci della Lega raccontano, infatti, meglio di qualsiasi dichiarazione politica che cosa è successo in questi anni ai soldi dei Lumbard, o meglio di tutti i contribuenti italiani. Il primo dato evidente è che le cose andavano molto meglio, almeno dal punto di vista finanziario, quando sulla plancia di comando c’era Bossi. Con lui al vertice i bilanci degli ultimi anni si sono infatti chiusi sempre in positivo. Le cose cambiano nel 2012, quando arriva Maroni: per la prima volta la Lega chiude i conti in rosso, con una perdita di 10,7 milioni di euro. L’anno seguente, il primo interamente firmato da Bobo, le cose vanno persino peggio: il bilancio evidenzia una perdita di 14,4 milioni. Colpa della diminuzione dei rimborsi elettorali e del calo delle donazioni private, si legge nei resoconti padani. Ma non è solo questo.

Nonostante i dipendenti diminuiscano, i costi sostenuti dalla Lega aumentano. In particolare alcune voci, come quella denominata “spese legali”, per cui il partito arriva a sborsare oltre 4,3 milioni di euro tra il 2012 e il 2014. Un bella somma, oltretutto senza neppure essersi costituita parte civile nel processo contro Bossi e Belsito.

Com’è possibile allora aver speso tutti quei soldi in avvocati? I bilanci non lo spiegano, ma un documento ottenuto da L’Espresso aiuta a capire meglio come sono andate le cose. È un contratto datato 18 aprile 2012. Bossi si è dimesso da due settimane e il Carroccio è retto dal triumvirato Maroni-Dal Lago-Calderoli. Sono loro ad affidare la consulenza legale allo studio Ab di Domenico Aiello, già avvocato personale di Maroni e in ottimi rapporti con il magistrato milanese che sta seguendo l’inchiesta, Alfredo Robledo. Nel contratto si specifica che la consulenza riguarderà proprio i procedimenti penali che coinvolgono Bossi e i rimborsi truccati. Si tratta delle indagini in corso a Milano, Napoli, Genova e Reggio Calabria, ciascuna segnalata con il relativo numero di fascicolo.

Un lavoro ben pagato: per Aiello la tariffa sarà di 450 euro all’ora, costo che sale a oltre 650 euro se si aggiungono - come da prassi - spese generali, contributi previdenziali e imposte. Insomma non male per l’avvocato calabrese che, qualche anno dopo, Maroni piazzerà nel consiglio d’amministrazione di Expo, mentre la moglie, Anna Tavano, finirà per un periodo in Infrastrutture Lombarde, società controllata direttamente dalla Regione.

Va detto che Aiello, così come la moglie, ha un curriculum di tutto rispetto. Tra i suoi clienti più celebri, oltre a Bobo Maroni spicca l’ex presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua. Poi ci sono gli incarichi negli organismi di vigilanza: Consip, Siemens, Conbipel, Veolia e la Sparkasse di Bolzano. In quest’ultima banca il presidente del Consiglio di amministrazione si chiama Gerhard Brandstätter. Brillante avvocato del Sudtirolo, che con Aiello, nel 2011, ha fondato lo studio associato AB, lo stesso scelto dalla Lega.

Con Maroni traghettatore, le camice verdi apriranno anche un conto “easy business” e un conto deposito presso la banca altoatesina, depositando in totale qualche milioncino. È il periodo in cui si tentava di mettere al sicuro il patrimonio del partito, dalle cordate bossiane e forse anche dai giudici. Matura così l’idea, poi tramontata, di creare un trust in Sparkasse per blindare quasi 20 milioni.

I bilanci non confermano solo questo. Spiegano anche perché oggi i conti del partito sono a secco. E quale la strategia scelta per evitare il sequestro effettivo dei soldi. Nel 2015, quando è Salvini a comandare, la ricchezza della Lega cala, infatti, vistosamente. Il patrimonio netto passa da 13,1 milioni dell’anno precedente a 6,7 milioni. Il motivo è spiegato chiaramente nella relazione sulla gestione finanziaria: i soldi del partito sono stati trasferiti alle sezioni locali, 13 in tutto, dotate nel frattempo di codici fiscali autonomi.

È così ad esempio che due giorni prima di Natale la sezione Lombardia, fino ad allora sprovvista di risorse finanziarie, diventa titolare di un patrimonio da 2,9 milioni di euro. Custoditi per lo più su conti correnti bancari e postali. Una partita di giro, insomma. Il risultato? Al termine del 2016 la Lega aveva una disponibilità liquida di soli 165mila euro, mentre le sue 13 sezioni locali messe insieme registravano somme per 4,3 milioni. La nuova architettura finanziaria non ha però impedito ai magistrati di sequestrare le ricchezze del Carroccio. Come ha dichiarato lo stesso Salvini, al momento non è stato bloccato il conto corrente della Lega nazionale, ma quelli delle sezioni locali. «Un punto su cui daremo battaglia in sede legale», assicura una fonte del Carroccio che non vuole essere nominata.

C’è però ancora una questione da risolvere. Il tribunale di Genova, nei giorni scorsi, ha deciso di bloccare il sequestro. I giudici hanno annunciato di aver congelato poco meno di 2 milioni. Eppure, come detto, alla fine dell’anno scorso sui conti della Lega c’erano 4,3 milioni. Mancano dunque all’appello oltre 2 milioni. Possibile che la Lega li abbia spesi in questo 2017. O anche che siano stati trasferiti su altri conti. Un’ipotesi, questa, impossibile da verificare. Perché “Noi con Salvini”, il movimento creato tre anni fa dal nuovo leader del Carroccio per conquistare il Centro-Sud, non ha mai pubblicato un bilancio.

Dubbi e interrogativi sollevati dai nemici interni del leader in felpa. Salvini potrà dire che a lui certe questioni “politichesi” non interessano e che preferisce parlare di immigrazione, euro, lavoro. Ma all’interno del suo partito i bossiani non dimenticano. E i mal di pancia iniziano a diventare veri e propri tumulti silenziosi. Pare che siano persino pronti a muoversi autonomamente per le prossime elezioni politiche. Una forza che ruberebbe al Capitano il 2-3 per cento.

Del resto non è facile disfarsi del Senatur, fu il primo a dare avvio a una tipica usanza leghista: scaricare i compagni di partito che osavano mettere in dubbio la sua autorità. Bossi fece così con l’ideologo della secessione Gianfranco Miglio. Con la stessa moneta lo hanno ripagato Maroni e Salvini. E ora sotto a chi tocca.



Salvini con Telese e Parenzo su La 7
https://www.facebook.com/salviniofficia ... 9894008155

Il sequestro di 49 Milioni alla Lega è un'assurdità giuridica.
1) Il denaro è stato regolarmente versato dal Parlamento alla Lega, come a tutti gli altri partiti eletti: in base ai voti ottenuti.
2) La procura sostiene che alcuni individui all'interno della
Lega abbiano usato questi fondi per scopi personali.
3) Se fosse così il denaro andrebbe sequestrato a questi individui per essere restituito alla Lega.

Come funzionavano i rimborsi elettorali:
http://www.lavoce.info/archives/27655/c ... elettorale

Ricostruzione un po' decente della vicenda:
https://www.ilpost.it/2018/07/04/storia ... 49-milioni


COME FUNZIONA IL "RIMBORSO" ELETTORALE
Guido Zichichi
http://www.lavoce.info/archives/27655/c ... elettorale

Nell’arco di una legislatura lo Stato elargisce ai partiti più di un miliardo a titolo di rimborso di spese elettorali . Come si arriva a questa cifra? Dopo l’abolizione per via referendaria del finanziamento ai partiti, varie leggi hanno continuato a gonfiare questo importo, fino a perdere ogni legame con la logica del rimborso. Per tornare allo spirito originario, non bastano le recenti riduzioni, ma occorre un nuovo meccanismo.

Nell'arco di una legislatura lo Stato elargisce ai partiti più di un miliardo a titolo di rimborso di spese elettorali . In che modo si arriva a questa cifra? Ogni volta che si tiene un'elezione viene istituito un fondo annuo, calcolato moltiplicando il numero degli elettori potenziali alla Camera (circa 50 milioni di persone) per un euro, arrivando a un totale di 50 milioni di euro. Questo meccanismo funziona per ciascuna delle elezioni alla Camera, al Senato, europee e regionali. Quindi la cifra di 50 milioni di euro va moltiplicata per quattro, portando l'esborso oltre i 200 milioni di euro l'anno. Questo avviene per cinque anni, portando la spesa dello Stato sull'arco di una legislatura canonica a 1 miliardo di euro. Ciascun fondo viene ripartito in modo proporzionale tra i partiti che hanno partecipato alle elezioni ottenendo almeno l'un per cento dei voti.

COME CI SIAMO ARRIVATI?

Dopo il referendum del 1993 che aboliva il finanziamento pubblico ai partiti, ci sono stati vari tentativi per non interrompere il flusso di soldi che a questi arrivano dallo Stato. Nel 1999 è stato istituito il meccanismo valido ancora oggi, a cui sono state apportate alcune modifiche successivamente.
Mentre la legge del 1999 istituiva un fondo attivo per un solo anno, il cui ammontare era stabilito moltiplicando gli elettori per 4.000 lire (cioè 2,07 euro) già nel 2002 veniva modificata 'riducendo' il costo di un elettore a 1 euro, ma attivando la ripetizione annua per tutta la durata della legislatura, perciò aumentando potenzialmente il costo a 5 euro ad elettore.
E' significativo che il numero di elettori non sia stato stabilito in base a quanti votino di fatto alle elezioni, ma guardando al numero di potenziali elettori, cioè anche a chi sceglie di non votare. La scelta di fare sempre riferimento all'elettorato della Camera è dovuta al fatto che si tratta dell'elettorato più numeroso.
Nel 2006, prima dell'inizio della successiva legislatura, c'è stata una piccola ma significativa modifica: il fondo sarebbe stato versato ai partiti per cinque anni, indipendentemente dalla durata della legislatura. Questo ha fatto sì che i rimborsi dovuti per elezioni politiche del 2006 si sommassero a quelli per le elezioni del 2008, aumentando il totale dei contributi annui di circa 100 milioni di euro all'anno per tre anni, dal 2008 al 2010.

I TAGLI

Nel 2007 le autorizzazioni di spesa vengono ridotte di 20 milioni (circa il 10 per cento), ma all'arrivo della crisi si capisce che altri interventii sono necessari. Così nel 2010 il fondo viene ridotto del 10 per cento. Di nuovo nel 2011 viene introdotta una nuova riduzione dei fondi del 10 per cento. Nonostante queste riduzioni, peraltro attive dalle elezioni successive, il conto rimane salatissimo: circa 140 milioni all'anno (salvo interruzioni di legislatura, nel qual caso i fondi si sommano tra loro, raddoppiando se non triplicando una cifra già altissima: così configurato il meccanismo sembra un incentivo alla caduta dei governi).
Non si dovrebbero chiamare questi costi 'rimborsi per le spese elettorali' ai partiti, perché non si spiegherebbe come mai le spese dei partiti in occasione delle elezioni non superino il 20 per cento dei soldi ricevuti dallo Stato. Una proposta concreta sull'ammontare di giusti rimborsi per le spese elettorali, fatta su queste pagine, potrebbe consistere nella costituzione di un fondo ottenuto moltiplicando un costo realistico di spesa (ad esempio i 52 centesimi spesi in media dalla Lega) per il numero di voti effettivamente ricevuti.

Fonte: Rapporto della Corte dei Conti (2010)

Leggi di riferimento:
Legge 3 giugno 1999, n. 157, articolo 1, comma 5
Legge 26 luglio 2002, n. 156, articolo 2, comma 1 e 3
Legge 23 febbraio 2006, n. 51
Legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 275
Legge 30 luglio 2010, n. 122, capo II, articolo 5
Decreto Legislativo 6 luglio 2011, n. 98, articolo 6, comma 1



La storia dei soldi della Lega, dall'inizio
mercoledì 4 luglio 2018

https://www.ilpost.it/2018/07/04/storia ... 49-milioni

Cosa ha deciso la Cassazione, come ci si è arrivati e cosa dicono invece Matteo Salvini e gli avvocati del suo partito
Un momento del raduno della Lega a Pontida, Bergamo, 1 luglio 2018 (ANSA/ PAOLO MAGNI)
La principale notizia sulle prime pagine dei giornali di oggi è la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla procura di Genova che chiede di estendere il blocco dei fondi della Lega anche al denaro che arriverà in futuro al partito. Nelle sue motivazioni, la Cassazione ha stabilito quindi che ogni somma di denaro riferibile alla Lega, il partito guidato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, può essere sequestrata “ovunque venga rinvenuta” d’ora in poi: su conti bancari, libretti o depositi.

È una storia che comincia da lontano, e che riguarda il più grave scandalo che abbia coinvolto la Lega. Nel luglio del 2017 infatti il tribunale di Genova aveva condannato per truffa ai danni dello Stato il fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, e l’ex tesoriere del partito, Francesco Belsito, oltre a tre dipendenti del partito e due imprenditori. Il procedimento riguardava i rimborsi elettorali ricevuti dalla Lega – che allora si chiamava Lega Nord – tra il 2008 e il 2010, che erano stati utilizzati invece per spese personali. Lo scandalo era nato nei primi mesi del 2012, quando Belsito venne indagato per la sua gestione dei rimborsi elettorali ricevuti dal partito, trasferiti in alcuni casi all’estero dove erano stati investiti in varie attività, tra cui l’acquisto di diamanti. La vicenda aveva portato alle dimissioni di Bossi dalla carica di segretario e alla sua condanna a 2 anni e 6 mesi. L’allora tesoriere del partito, Francesco Belsito, era stato condannato a 4 anni e 10 mesi.

Sempre nel 2017 e nell’ambito del processo per truffa, il tribunale di Genova aveva deciso di procedere alla confisca al partito di circa 49 milioni di euro (48 milioni e 969 mila e 617 euro, per la precisione), a titolo di risarcimento per i rimborsi ingiustamente utilizzati: quale «somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna». Il 4 settembre del 2017 la procura di Genova aveva chiesto e ottenuto con un decreto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca della somma, ma nei conti correnti della Lega erano stati trovati solo circa 2 milioni di euro. Non era chiaro se il decreto dovesse riguardare solo i fondi che già si trovavano sui conti al momento del provvedimento di sequestro (come sostengono gli avvocati della Lega) o anche le somme depositate successivamente. La procura aveva richiesto di estendere l’esecuzione del sequestro anche alle somme che sarebbero arrivate da lì in poi alla Lega fino al raggiungimento della somma stabilita, cioè circa 49 milioni, ma il tribunale del Riesame aveva respinto la richiesta.

I pubblici ministeri di Genova avevano allora presentato un ricorso in Cassazione che, lo scorso 12 aprile, si era pronunciata: solo ieri, però, sono state depositate le motivazioni. La Cassazione ha accolto il ricorso e ha annullato con rinvio al Riesame l’ordinanza con la quale, in base al decreto già emesso in settembre, era stato fermato il sequestro delle somme future. Il Riesame dovrà ora emettere un nuovo provvedimento tenendo però in considerazione le indicazioni e le motivazioni della Cassazione, che sono vincolanti.

Nelle motivazioni della sentenza di Cassazione si legge che «la fungibilità del denaro e la sua stessa funzione di mezzo di pagamento non impongono che il sequestro debba necessariamente colpire le medesime specie monetarie illegalmente percepite», ma «la somma corrispondente al loro valore nominale, ovunque venga rinvenuta, una volta accertato, come nel caso in esame, il rapporto pertinenziale quale relazione diretta, attuale e strumentale, fra il danaro oggetto del provvedimento di sequestro ed il reato del quale costituisce il profitto illecito». Il senso della sentenza della Cassazione è dunque che quella somma deve essere recuperata dallo Stato, poiché ingiustamente utilizzata dalla Lega: se al momento del decreto del 4 settembre i soldi sui conti della Lega non c’erano, quella cifra sarà messa insieme con i nuovi soldi che entreranno.

Nel frattempo, sempre a Genova è stata aperta un’indagine per riciclaggio a carico d’ignoti sui soldi spariti, o almeno su una parte: l’ipotesi della procura è che la Lega – non è chiaro quando ma durante le gestioni successive a Bossi, quindi quelle di Roberto Maroni e Matteo Salvini – abbia cercato di nascondere parte dei propri soldi per evitare che venissero sequestrati, trasferendoli in Lussemburgo per poi farli rientrare in Italia. A segnalare alle autorità antiriciclaggio italiane queste manovre finanziarie è stato lo stesso Lussemburgo, che ha considerato sospetto il rientro in Italia della somma. Secondo la procura, la banca dalla quale i soldi sono stati trasferiti e poi rimpatriati sarebbe la Sparkasse, la Cassa di Risparmio di Bolzano.

Poche ore dopo il deposito delle motivazioni della Cassazione, ospite a In Onda, programma su La7, Matteo Salvini ha detto che quei 49 milioni di euro «non ci sono: posso fare una colletta, ma è un processo politico che riguarda fatti di 10 anni fa su soldi che io non ho mai visto». E ancora: «Se ci sono fatti di dieci anni fa, si pensi a quelli che c’erano dieci anni fa; i milioni di italiani che col 2 per mille danno un contributo al nostro partito non c’entrano. Siamo sereni». Alcune inchieste giornalistiche avrebbero però scoperto che sia Salvini che Maroni avrebbero utilizzato una parte dei 49 milioni di euro frutto della truffa tra il 2011 e il 2014.

Le parole di Salvini sulla «colletta», sostiene oggi Repubblica, «non sono distanti dai ragionamenti in corso in via Bellerio. Siccome tutti gli eletti, dai parlamentari ai consiglieri regionali, da sempre versano una quota della propria indennità al partito, un’idea è far finanziare le iniziative della Lega direttamente dagli eletti. (…) Senza dimenticare il nuovo soggetto politico, la “ Lega per Salvini premier”, il cui statuto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Formalmente un partito diverso dalla Lega. Sul quale, sperano i vertici del Carroccio, la procura genovese potrebbe non avventarsi».


Rimborsi alla Lega: lingotti, diamanti, soldi in Tanzania E c’è anche il filone sul dopo Bossi
Giuseppe Guastella
5 luglio 2018

https://milano.corriere.it/notizie/cron ... c055.shtml

Sei anni di indagini e processi sembrano aver ancora fatto luce definitiva su come siano stati utilizzati tutti i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali ottenuti gonfiando i bilanci dalla Lega Nord tra il 2008 e il 2010 quando saldo alla guida del Carroccio c’era il fondatore Umberto Bossi. Gran parte di quel fiume di denaro è evaporata in mille rivoli per mandare avanti il partito, ma ce n’è un’altra che, secondo la magistratura, non si sa ancora dove sia finita.

L’indagine si concretizza a fine del 2011 a Milano nell’ufficio dell’allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo che apre un fascicolo «Lega Nord» (la sede del partito è a Milano) con i sostituti Paolo Filippini e Roberto Pellicano. Dentro ci finiscono gli atti arrivati dalle procure di Napoli e Reggio Calabria che in due diverse indagini avevano intercettato l’allora tesoriere Francesco Belsito che parlava di soldi e di affari. All’inzio di aprile del 2012, la Guardia di Finanza accede all’ufficio di Belsito in Senato a Roma, apre una cassaforte e trova un cartellina rossa con scritto “The family” in cui c’è una lunga serie di spese (mezzo milione di euro) pagate dal partito per le esigenze personali del Senatùr e della sua famiglia, a partire dai figli Renzo e Riccardo, per il quale resta memorabile la laurea farlocca comprata in Albania. Dall’analisi dei conti della Lega emergono milioni spesi in diamanti e lingotti d’oro o investiti tra Cipro e la Tanzania. Una perizia sulla documentazione relativa ai rimborsi ottenuti dal partito apre la strada all’accusa di aver usato «artifici e raggiri» per riuscire ad ottenere circa 40 milioni dal Parlamento. Bossi è costretto a dimettersi dalla carica di segretario della sua creatura politica che viene affidata a Roberto Maroni. A fine 2013 i pm chiudono l’inchiesta accusando il Senatùr di truffa aggravata ai danni dello stato con Francesco Belsito e tre componenti del comitato di controllo contabile del partito. Per Bossi, i suoi due figli e Belsito c’è anche l’accusa di appropriazione indebita.

Il processo, però, si divide in due all’udienza preliminare quando il gup decide di trasmettere il filone sui rimborsi elettorali per competenza a Genova, dove ha sede la banca in cui fu accredita a Belsito l’ultima trance dei rimborsi elettorali, proprio quei 5,7 milioni finiti misteriosamente in Tanzania passando per le banche dell’isola di Cipro. Nel processo di primo grado che resta a Milano, il 10 luglio del 2017 Umberto Bossi sarà condannato a due anni e tre mesi di reclusione, Renzo a un anno e sei mesi, Belsito a due anni e sei mesi, mentre con il trito abbreviato Riccardo Bossi aveva già preso un anno e 8 mesi di carcere nel marzo del 2016.

A Genova il processo si chiude 14 giorni dopo, ed è una nuova mazzata per l’anziano ex leader del Carroccio: condanna a 2 anni e mezzo per lui, a 4 anni e 10 mesi per Francesco Belsito e confisca di 49 milioni ai danni della Lega Nord. La procura di Genova, infatti, aveva fatto altre indagini arrivando ad ipotizzare che la truffa dei rimborsi raggiungesse i 56 milioni, tetto che però il giudice aveva ritenuto di dover fare scendere fino a 49. I pm, che riescono a sequestrare a malapena tre milioni e mezzo di euro nelle casse esangui della Lega e degli imputati, vogliono cercare ancora, e a tappeto, i soldi che mancano per colmare il danno subito dalle casse dello Stato per i pregressi versamenti concessi al Carroccio. Vogliono poter bloccare ogni fondo riferibile al partito oggi guidato dal ministro dell’interno Matteo Salvini. Dopo che il Tribunale del riesame dà loro torto, sostenendo che non può essere fatto, la Cassazione ribalta questa decisione dando ragione ai pm che intanto hanno aperto un’ altra inchiesta, questa per riciclaggio, sull’ipotesi di un reimpiego occulto dei rimborsi illeciti anche dopo l’era Bossi.




Sequestro Lega, Nordio: "Ha ragione Salvini, è atto politico"
Sabato 16 Settembre 2017

http://www.lapresse.it/sequestro-lega-n ... lvini.html

"Ha ragione Salvini che parla di atto politico", lo ha dichiarato Carlo Nordio, in un'intervista a QN in cui definisce "pericoloso" il protagonismo di chi indaga. Così l'ex procuratore aggiunto di Venezia ha commentato il sequestro conservativo da 49 milioni di euro disposto dal Tribunale di Genova sui beni della Lega Nord dopo la condanna di Umberto Bossi e l'ex tesoriere Francesco Belsito per i rimborsi elettorali.

"Bisogna andarci cauti con provvedimenti di questo tipo - ha spiegato - che incidono sullo svolgimento della dialettica politica. Vanno adottati solo se strettamente necessari: non mi pare che lo fossero. Così si rischia di alterare il gioco democratico. In questo senso, ha ragione Salvini che parla di atto politico". Più in generale ha poi affermato che "la politica deve recuperare fiducia in se stessa se vuole ristabilire il primato sull'azione giudiziaria, altrimenti restera' subordinata alla magistratura, come succede dal 1993, ovvero da quando è scoppiata Mani Pulite".

Le dichiarazioni di Salvini - Il sequestro di 49 milioni di euro alla Lega è "una follia. L'eventuale erroneo uso da parte del tesoriere della vecchia dirigenza ammonta a poco più di 300mila euro. Giurisprudenza alla mano, una volta condannato in via definitiva doveva restituire quelli. Da 300mila a 48 milioni balla molto...". Così aveva dichiarato in giornata segretario della Lega. "Non abbiamo una lira, da due anni non riceviamo alcun finanziamento pubblico. Se qualcuno ha sbagliato, vadano a chiedere a questo qualcuno e non a noi". La Lega non si è costituita parte civile nel processo del Tribunale di Genova contro Umberto Bossi e Francesco Belsito da cui è derivato il sequestro di 49 milioni di euro "perché contavamo che in Italia ci fosse giustizia, ci ritenevamo parte lesa".

"Sono sicuro che alla fine ci daranno ragione - ha spiegato Salvini - ma non vorrei che fosse troppo tardi". "Non vorrei - ha aggiunto - che i giudici ci dessero ragione tra un anno o due anni" a elezioni avvenute, quando la Lega ormai non sarà più in grado di operare. "È in evidente attacco politico - ha spiegato -. Non è che qualcuno vuole bloccare la Lega perché sta crescendo troppo?". "Sui conti della Lega oggi ci sono 30 mila euro - ha sottolineato Salvini - stanno sequestrando soldi che sono stati recuperati da militanti" nelle feste del Carroccio "vendendo salamelle e friggendo patatine". Per Salvini l'iniziativa del Tribunale di Genova è "in perfetto stile fascio comunista e mette fuori legge un partito che rappresenta alcune decine di migliaia di cittadini italiani". "Questo - ha concluso - è un esproprio proletario".

"Per la scelta politica di un giudice ci sono milioni di persone che rischiano di rimanere senza voce. Sembra di essere su scherzi a parte ma è la realtà. Qui non si parla di toghe rosse ma ultrarosse". Lo dice il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, a Radio Padania in merito al blocco dei fondi del partito. "E' chiaro - aggiunge - che a Pontida dovremo fare delle scelte importanti ed impegnative". Quello che è successo "neanche in Turchia o in Venezuela. Pensate - continua Salvini - se l'attività del terzo partito nazionale fosse bloccata in Francia o in Germania. È una cosa che quando la racconto ai miei colleghi del parlamento Ue non ci credono. Vediamo se qualcuno avrà la dignità di correggere questo errore", aggiunge.

"Piaccia o non piaccia a questo giudice noi arriveremo a governare. Noi vinceremo e cambieremo l'Italia a partire dal sistema della giustizia che è folle. Siamo trattati peggio dei mafiosi perché facciamo paura".


Fondi della Lega, Salvini: "Vedrò Mattarella".
Ma il Colle: "All'oscuro di tutto"
Sergio Rame - Gio, 05/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 49461.html

Salvini al lavoro per incontrare Mattarelle e parlare dell'inchiesta sui fondi della Lega. Ma il Colle: "Siamo all'oscuro di tutto". E Bonafede attacca: "Rispettare le sentenze"

Sono fonti vicine alla Lega a far trapelare che sono già in corso contatti tra il partito e il Quirinale e che al rientro dalla missione dalla Lituania di Sergio Mattarella ci sarà la possibilità di individuare una data per un incontro con Matteo Salvini.

Quest'ultimo vorrebbe affrontare col capo dello Stato la decisione della Cassazione di dare il permesso ai pm di Genova di sequestrare i fondi della Lega, andando a cercarli "ovunque siano", fino a raggiungere 49 milioi di euro. Dal Quirinale, però, fanno sapere che, oltre a essere "impegnato in una visita all'estero", il presidente della Repibblica "è all'oscuro di ogni contatto".

È a Villa Taverna, poco prima del ricevimento del 4 luglio, che Salvini ribadisce il desiderio di incontrare Mattarella per parlare, faccia a faccia, della decisione della Cassazione sul sequestro dei fondi della Lega. Una sentenza che non fatica a bollare come un mezzo per "mettere fuori legge quello che viene indicato come il primo partito d'Italia". Una sentenza "politica", insomma. Ed è per questo che la vuole portare all'attenzione del capo dello Stato. "Ora è all'estero - spiega Salvini ai giornalisti - è impegnato in altro". Ma, aggiunge, "so che già in passato è stato sensibile al fatto che ci sia diritto di parola, libertà di espressione e di azione politica per tutti". Dal Palazzo del Quirinale, però, arriva nel giro di poco tempo una sonora smentita. "Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella - si limitano a comunicare dal Colle - è impegnato in una visita all'estero ed è all'oscuro di ogni contatto". Niente di più. Abbastanza, però, per aumentare le tensioni che si erano già venute a creare all'interno della maggioranza per lo strappo del Guardasigilli (grillino) Alfonso Bonafede che, due giorni dopo il deposito delle motivazioni da parte della Suprema Corte sulla causa che ha coinvolto Umberto Bossi e il tesoriere del Carroccio Belsito, ha scandito che, per quanto ognuno possa difendere fino all'ultimo grado di giudizio, "le sentenze vanno rispettate" enon vanno "evocati scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica".

Quello cheSalvini non riesce proprio a mandare giù è che alla Lega vengano contestati addebiti risalenti a due lustri fa. "Se qualcuno in passato ha speso in maniera errata 300mila euro, perché di questo si sta parlando, e verrà condannato in via definitiva - dice il responsabile del Viminale - di quella cifra, anche se non c'entro nulla, sono personalmente disposto a farmi carico". Ma, ci tiene a metterlo in chiaro da subito, "se questo significa attaccare politicamente un partito che sta conquistando la fiducia della gente, ne parlerò con Mattarella" e "sarà lui a decidere se c'è in ballo la democrazia o è tutto normale". Adesso non resta che vedere se il capo dello Stato vorrà prendere in analisi il caso. Intercettato dall'agenzia Agi, mentre lasciava Villa Taverna, Salvini ha confermato: "Con il Quirinale ha parlato Giorgetti. Sono sicuro che l'incontro con Mattarella ci sarà".





Se Lega non querela, stop processo Bossi
Il 10/10 fissato appello Milano, ma con nuova norma è a rischio
25 giugno 2018

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... 3ba00.html

(ANSA) - MILANO, 25 GIU - È stato fissato per il prossimo 10 ottobre ma, per effetto di una modifica al codice penale entrata in vigore con il governo Gentiloni, rischia di chiudersi con un non luogo a procedere il processo d'appello milanese 'The Family' nel quale Umberto Bossi, il figlio Renzo e l'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito sono stati condannati nel luglio dell'anno scorso rispettivamente a 2 anni e 3 mesi, 1 anno e 6 mesi e 2 anni e 6 mesi per aver usato i soldi del partito per fini privati. Infatti in base alla nuove norma entrata in vigore lo scorso maggio, per fare in modo che il processo vada avanti, la Lega dovrebbe sporgere querela per il reato di appropriazione indebita con l'aggravante contestata a Bossi, attualmente senatore e presidente del partito, al figlio e a Belsito, e che in passato ha permesso ai pm di procedere d'ufficio. Querela che al momento, da quanto è stato riferito, non è stata presa in considerazione. Dunque, se così fosse, il processo si chiuderebbe per un difetto di procedibilità.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Italia politica e dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » dom lug 08, 2018 5:13 am

Lega, il delirio di Di Pietro: "Salvini umilia istituzioni. Mi fa vergognare"
Claudio Cartaldo - Ven, 06/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 49828.html

Di Pietro spara alzo zero sul caso Lega, fondi e scontro con la Magistratura: "Mi fa vergognare di questi rappresentanti del popolo"

Antonio Di Pietro spara alzo zero. E se la prende con Salvini. L'ex ministro e pm è intervenuto oggi ai microfoni di Radio Cusano Campus, invitato per commentare la sentenza della Cassazione sui fondi della Lega Nord, la richiesta del segretario di incontrare Mattarella e - ovviamente - lo scontro tra Magistratura e Carroccio (partita che oggi si è colorata anche con le dichiarazioni del sottosegretario Morrone).

"È un film già visto - attacca Di Pietro - È un'umiliazione delle istituzioni che mi fa vergognare di questi rappresentanti del popolo e dovrebbe far indignare qualunque cittadino. Stiamo parlando di un segretario di partito che può anche dissentire da una sentenza, ma un ministro dell'interno che chiama in causa il Presidente della Repubblica affinchè riprende i magistrati, vuol dire stravolgere l'impianto costituzionale e democratico del nostro Paese".

L'ex pm di mani Pulite è un fiume in piena. "È inaccettabile che si chieda al Capo dello Stato di intervenire nei confronti del magistrato e a chiederlo è il ministro dell'interno". Poi si rivolge ai Cinque Stelle. "Mi rivolgo al M5S - ha detto - vi rendete conto con chi vi siete associati? Vi siete associati con Berlusconi 2 la vendetta. Mi sorprende che il M5S faccia il pesce in barile. Se quello che sta facendo Salvini l'avesse fatto Berlusconi, il M5S sarebbe sceso in piazza. Quando uno si siede alla poltrona, Madonna come si appiccica! In questo Paese cambia tutto per non cambiare niente. È grave che Di Maio dica che sono fatti che riguardano il passato. Qui stiamo parlando di una vicenda di ieri, perché è ieri che il ministro dell'interno ha attaccato la Magistratura".

Poi Di Pietro ha sputato le sue sentenze: "Fra poco - ha detto - assisteremo a quello che ha fatto Berlusconi che è andato al governo per farsi le leggi per non farsi processare. Faranno anche loro leggi per impedire ai magistrati di fare il loro dovere? Il problema grave è che adesso abbiamo un Berlusconi più giovane al governo, ne prendiamo atto. Quel che è più grave è che gli alleati di questo governo hanno ottenuto il consenso popolare perché si opponevano a questo. Oggi tacciono, ma il loro silenzio è un silenzio complice, è un silenzio criminale. Chi sta nelle istituzioni e viene condannato se la prende col magistrato, anziché correre dal magistrato a dimostrare la propria innocenza. Il problema è che innocente non è. È come quello che se la prende col medico perché gli dice che ha un tumore. Un ministro dell'interno non può dire che quella è una sentenza politica e che il Capo dello Stato deve intervenire contro i magistrati. Se non esiste più l'indipendenza del magistrato, è finita la democrazia. Anche io sono stato attaccato per aver fatto sentenze politiche, ma mica era colpa mia se quelli rubavano".



Alberto Pento
Un ebete parassita! Non riconosce nemmeno l'uso politico, propagandistico, strumentale e falso di una sentenza che non demonizza/colpevolizza affatto né la Lega né Salvini ma caso mai solo alcuni personaggi della Lega. Salvini giustamente come Ministro dell'Interno e Vicepresidente del Consiglio si rivolge al Presidente della Repubblica (e capo del CSM) per tutelarsi da questi vergognosi e indegni attacchi per delegittimarlo. Salvini dovrebbe trovare il coraggio e l'orgoglio di dire chiaramente che anche nella Lega qualcuno si è comportato male e non solo per l'appropriazione indebita di 300mila euro a anche per le faslsificazioni relative ai rimborsi elettorali. Il CSM e il Presidente della Repubblica debbono fare chiarezza pubblicamente su questa questione e spiegare il senso della sentenza giudiziaria.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Italia politica e dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » dom lug 08, 2018 6:53 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer ago 22, 2018 6:19 am

Fondi Lega, Belsito: "Quando me ne sono andato sui conti oltre 40 mln"
11 luglio 2018

https://tg24.sky.it/politica/2018/07/11 ... g24_recirc

L’ex tesoriere del Carroccio, condannato in primo grado per i fondi dei rimborsi elettorali, a La Stampa: "Nel 2012 partito ricchissimo". E rivela anche la presenza di "immobili di proprietà prestigiosi come la sede di via Bellerio e le frequenze di Radio Padania"

"Quando ho lasciato il Carroccio, nel 2012, la Lega Nord era un partito ricchissimo. Ricordo che sui conti c'erano più di 40 milioni di euro, di cui dieci solo di riserva legale". E poi "immobili di proprietà prestigiosi come la sede di via Bellerio e le frequenze di Radio Padania che acquistai personalmente. Insomma, altri 30 milioni almeno". A rivelarlo, intervistato da La Stampa, è l’ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, condannato in primo grado per i fondi dei rimborsi elettorali. "Secondo me", ha spiegato Belsito parlando del 'tesoretto' accumulato sotto la sua gestione e cercato dalla magistratura, "li hanno spesi" (LE TAPPE
DELL'INCHIESTA).
Belsito: "Consultare bilanci per capire come hanno speso"

L’ex tesoriere, sempre in merito all’inchiesta sui fondi della Lega che si è sviluppata a partire dai primi mesi del 2012, ha poi osservato: "È un dato che ha sorpreso anche me. Al tempo stesso, però, basta consultare i bilanci per capire come hanno speso i loro soldi", "ma non dimentichiamo che ci sono state molte campagne elettorali". Mentre sui legami con i vertici del Carroccio, Belsito ha ricordato che "con Maroni i rapporti erano limitati perché all'epoca era ministro dell'Interno. Con Salvini invece erano più frequenti. Lui come europarlamentare si occupava di Radio Padania ed era molto attento a ricevere i fondi per pagare i giornalisti o i collaboratori".

"In via Bellerio tutti sapevano che collaboratori erano pagati in nero"

Parlando della sua gestione dei fondi, per la quale è finito sotto accusa, Belsito ha detto anche che "in via Bellerio tutti sapevano che i collaboratori venivano pagati in nero". Per l’ex tesoriere l’avrebbero saputo Salvini e Maroni ma "anche Giorgetti, Calderoli, Bossi". E insiste: dopo "lo scandalo in tanti mi hanno rinnegato prendendo le distanze. E però quasi tutti i parlamentari hanno fatto investimenti personali identici a quelli della Lega. C'era la fila per chiedermi consigli".



Fondi Lega, Salvini dica chi ha ritirato la costituzione di parte civile
17 luglio 2018

http://www.affaritaliani.it/blog/comuni ... 51317.html

La comunicazione del cambiamento

Il giornalismo ha un difetto (uno dei tanti), come il pesce dopo qualche giorno le notizie invecchiano e non interessano più né il pubblico né chi le deve scrivere. Un grandissimo sociologo dei media, Mauro Wolf, dimostrò scientificamente che la vita media di una notizia e' una settimana. E lo teorizzava quando il web non esisteva come strumento di massa e tantomeno quando i social networks neanche esistevano. E come hanno provato molti studi recenti e un recente contributo del brillante Luca D'Auria i social hanno accelerato la tempistica che brucia notizie e politica (e non solo).

Proprio perche' le notizie durano ormai il tempo dei likes di Facebook e dei followers di Twitter quelle efficacissime sugli immigrati e le navi che non devono farli sbarcare sono state artificialmente tenute in vita per un tempo miracoloso. Dal 10 giugno con la notizia del blocco della Acquarius in offerta speciale per il primo turno delle amministrative alla evoluzione della notizia del blocco della nave della guardia costiera poi liberata dal premier conte tenere in piedi sempre la stessa narrazione sullo stesso tema è una impresa che di solito riesce solo con le guerre.

Inevitabilmente doveva arrivare una nuova notizia in grado di dettare l'agenda dei media e della rete. E cosa c'è di più efficace per l'interesse del pubblico? Oltre alla cronaca nera e alle corna e a cristiano Ronaldo ci sono i soldi. Quelli che il presidente della camera ha tagliato agli ex parlamentari con la scure sui vitalizi. I soldi delle pensioni d'oro che il vicepresidente di Maio ha promesso di tagliare per oscurare il boomerang che si è tirato da solo con i calcoli occupazionali trascurati sugli effetti del decreto dignità.

E non ultimi i soldi che la giustizia ha condannato in sede definitiva la Lega a restituire allo Stato. Parliamo di 49 milioni di euro che per cristiano Ronaldo sono un anno di stipendio lordo e anche qualcosa di meno, ma che per un partito che pure oggi guida il governo non sono noccioline. Trovare quella cifra da restituire allo stato per le malversazioni per le quali è stato condannato l'ex tesoriere della lega Belsito non rappresenta di certo una passeggiata di salute.

E può, come giustamente grida con allarme il leader della Lega Matteo Salvini, essere questa sentenza una condanna a morte per la forza politica votata dal 17% dei votanti il 4 marzo e uscita ancora più vincitrice (anche per la gestione geniale delle notizie sull'immigrazione di cui sopra) dalle elezioni amministrative e dai sondaggi nazionali. Ha ragione totalmente il ministro dell'Interno Salvini quando dice che l'applicazione di questa sentenza rappresenterebbe un colpo alla legittima rappresentanza politica di una parte di italiani che scelgono un partito e non possono vedere esposto il cartello "chiuso per fallimento" dopo che gli avevano delegato sogni e rabbia per cambiare il futuro secondo le loro idee. Ha ragione quando dice Salvini che quella rappresentanza va tutelata.

A questo punto proprio perche ha ragione il vicepresidente Salvini bisognerebbe che a pagare non fosse la Lega che dovrebbe considerarsi danneggiata da Belsito e dalle sue scelte avventuristiche su rimborsi spese, lauree creative e pietre preziose.

Ma infatti il predecessore alla guida della Lega, Bobo Maroni, la mossa per tutelare la Lega l'aveva fatta eccome. Presentando la costituzione di parte civile della Lega nel processo. Ovvero dichiarando la lega vittima e non autrice dei reati compiuti nella gestione finanziaria dei finanziamenti pubblici al partito. E se così fosse rimasta la situazione oggi vedremmo un film diverso. Invece a un certo punto quando Bobo Maroni è stato eletto presidente della regione Lombardia e la lega ha cambiato segretario qualcuno ha deciso di ritirare la costituzione di parte civile della lega e quindi accettando che la responsabilità civile nel processo (non quella penale che rimaneva personalmente ai soggetti processati) e quindi anche l'eventuale condanna alla restituzione allo stato potesse toccare al partito. E così è successo.

A questo punto proprio perche' la comunicazione per Matteo Salvini non è un segreto ma un'arte la strada più efficace per far uscire dai guai il partito che guida con risultati straordinari e liberarlo dalla spada di Damocle dei 49 milioni di euro basta che rilanci la vera responsabilità su chi ha deciso di ritirare la costituzione di parte civile.

Siamo certi tutti che un ministro dell'Interno responsabile della sicurezza degli italiani dica il vero quando afferma che non avrebbe mai avuto a che fare con quei soldi e tantomeno avrebbe responsabilità in quella vicenda. Quindi, non mancandogli da ministro dell'Interno gli strumenti per scoprire chi hafatto quella scelta di ritirare la costituzione di parte civile della lega nel processo qualche anno fa, gli dobbiamo suggerire come ammiratori professionali della sua comunicazione (la salvinicazione) di usare la stessa nettezza e decisione che ha saputo usare per le navi dei migranti anche verso chi ha contribuito con quella scelta a condannare il partito che guida. Vada giù durissimo e la racconti nel suo stile efficacissimo. Lo sa fare e lo può fare. E vedrà che anche questa volta la notizia a quel punto con un colpevole certo chiude come nei migliori gialli la sua pagina e potrà partire una nuova agenda pronta per il mese di agosto.
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Messaggioda Berto » mer ago 22, 2018 6:21 am

Trani,archiviata inchiesta Mps-Unicredit
2018/08/03

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... 1f59e.html

(ANSA) - TRANI, 3 AGO - La notizia di reato è infondata: per questa ragione il gip del Tribunale di Trani, Raffaele Morelli, ha archiviato l'inchiesta per usura bancaria a carico di 62 ex o attuali figure apicali di Monte dei Paschi, Bnl, Unicredit e Popolare di Bari, ma anche di Banca d'Italia e Ministero del Tesoro. Tra loro anche l'attuale ministro delle Politiche Europee, Paolo Savona. Erano stati indagati per aver praticato, secondo l'accusa, tassi e interessi usurari sui finanziamenti concessi, dal 2005 al 2012, ad alcuni imprenditori del Nord Barese.
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Messaggioda Berto » mer ago 22, 2018 6:21 am

"Salvini arriverà presto al 40%", la paura di Padellaro del Fatto Quotidiano
11 agosto 2018

http://www.affaritaliani.it/politica/sa ... 55311.html

Matteo Salvini continua a crescere nei consensi. Complici l'estate e il rinvio dei temi più spinosi all'autunno, diverse mozze mediatiche azzeccatissime e una oliatissima ed efficacissima macchina per la propaganda, il leader del Carroccio sta viaggiando con il vento in poppa.

Chi si aspettava fosse fagocitato dai suoi alleati grillini, da socio di minoranza nel Governo Conte quale sembrava essere all'inizio per via di quei quindici punti di svantaggio rispetto al m5s, si è dovuto man mano ricredere, assistendo a una folgorante rimonta che lo ha portato a raggiungere e superare in breve tempo i suoi colleghi pentastellati.

Salvini si assesta attualmente sul 30 % dei consensi e non accenna a perdere terreno. Gli ultimi suoi exploit mediatici sulla capotreno di Trenord e sul ripristino di "mamma e papà" in luogo di "genitore 1 e genitore 2", gli autogol dell'opposizione sul caso Osauke, e l'amministrazione brillante del proprio profilo sui social network senz'altro aggiungeranno altri punti alla sua popolarità, e tale ascesa inarrestabile inizia a preoccupare più di un osservatore politico.

L'ultimo in ordine di tempo è Antonio Padellaro, ex direttore del Fatto Quotidiano, personaggio (assieme alla sua testata) che non ha mai nascosto simpatie per il m5s, riguardo al quale ha sempre auspicato che non accettasse di firmare il "patto scellerato" con la Lega. Invano.

Alla crescente popolarità di Salvini corrisponde oggi la crescente paura di Padellaro, dopo aver riscontrato la capacità del Ministro dell'Interno di saper arrivare non soltanto agli italiani più "filopopulisti" ma anche all'elettorato moderato, che si sta allontanando sempre più da Forza Italia.

Il partito del Cavaliere e il Pd sembrano avviati verso il viale del tramonto, il m5s di governo pare gravato da una crisi d'identità e quello di lotta è tutto rivolto agli elettori di Sinistra... che cosa resta dunque da votare al cittadino moderato se non una Lega che estenda i propri viticci anche verso quelle potenziali praterie di consenso?

Salvini, secondo le ambasce di Padellaro, può tranquillamente arrivare al 40 % da solo (come per esempio in Abruzzo, dove il Carroccio correrà autonomamente rispetto al centrodestra), vampirizzando i grillini e condannando le opposizioni a raccattare le briciole. Un'ipotesi questa, che inquieta non poco il buon ex direttore del Fatto Quotidiano, il quale - forse - si sta pentendo di aver favorito più o meno indirettamente in tutti questi anni l'avanzata del m5s verso il governo del Paese. Governo del Paese che i grillini hanno poi consegnato del tutto inaspettatemente, e chiavi in mano, a Matteo Salvini scombinando tutte le previsioni dei vari Travaglio, Scanzi, Gomez e per l'appunto Padellaro, ora timorosi di avergli - loro malgrado - preparato il terreno.
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Messaggioda Berto » mer ago 22, 2018 6:21 am

Ma che goduria vedere quelli lì sconfitti e rabbiosi. Socci demolisce il Pd. E avverte: occhio ai giudici…
3 luglio 2018

http://www.tuttonotiziedalweb.com/2018/ ... ai-giudici

Fra le allegre e colorate vie di Siena, in festa per il Palio della Madonna di Provenzano, a una settimana dallo tsunami elettorale, si aggirano come naufraghi certi notabili e intellettuali della Sinistra cittadina che, interpellati dai giornali nazionali, si dicono “sotto choc” e sbigottiti per il crollo di un dominio rosso durato 70 anni. Anche negli altri capoluoghi toscani il Pd è diventato l’acronimo di Perde Dappertutto. E non può nemmeno dar la colpa ai fantomatici hacker russi per la sua sconfitta a Massa, Pisa e Siena (MPS), dopo aver perso le altre città toscane. Gli esponenti della Sinistra si aggirano come fantasmi sulle pagine dei giornali senza capacitarsi. Trovano inspiegabile che gli elettori licenzino loro che sono “il meglio”, i civili, gli illuminati e scelgano invece i cattivi, i barbari.

ERRORE GRAVE

Perciò, pur dilaniandosi nelle liti intestine, non fanno mai nessuna autocritica (anche il caso Monte dei Paschi – a sentir loro – è stato colpa “degli altri”). Era – quello toscano – l’ultimo impero rosso in Europa. È crollato per la ventata fresca di un popolo che si è stufato e ha mandato a quel paese una Sinistra che ha dimenticato i bisogni e le sofferenze della gente comune e ha fatto disastri.

Il nostro era un Pci ormai trasformatosi in establishment “politically correct”, che in Toscana continuava a dominare il territorio con il suo soffocante blocco di potere, ma – nella sua patinata immagine pubblica – da anni aveva sostituito l’amore per l’Urss e per i “socialismi reali” con la sudditanza psicologica e politica verso l’America irreale: la Casa Bianca dei Clinton e di Obama, i mercati e la tecnocrazia europea.

Oggi da Siena e Pisa a New York, passando per Roma, Londra, Parigi, Berlino e Bruxelles, nelle nomenklature “progressiste” domina lo stesso choc e lo stesso sbigottimento.

Si chiedono tutti: com’è possibile che abbiano vinto i barbari? Perché il popolo ha scelto gli “incivili”, preferendoli a noi che siamo – per definizione – “la civiltà” e la luce del mondo?

Nei ricchi attici di Manhattan – quelli immortalati da Tom Wolfe come “radical chic” – ancora si domandano perché gli americani abbiano votato il mostro Trump e – addirittura – come egli sia ancora in sella (rafforzato da un consenso crescente). Nelle sale da thè londinesi tutt’oggi si domandano come sia stato possibile permettere alla plebe britannica di far vincere la Brexit. Mentre sulle terrazze romane, sotto choc per la disfatta del 4 marzo, inorridiscono vedendo il barbaro Salvini che ha conquistato il governo e – sempre più – il consenso degli italiani.

Lo sconcerto di queste élite riesce a malapena a nascondere il loro sprezzante malumore verso il popolo. Non a caso – dopo la Brexit e dopo Trump – qualcuno di questi illuminati arrivò a mettere in discussione il suffragio universale.

EROI SBAGLIATI

Non potendo – almeno per ora – imporre un governo delle aristocrazie che abolisca la democrazia (anche se hanno imposto governi tecnici in Italia o governi telecomandati dalla troika altrove) provano almeno a imbavagliare la rete che non riescono a controllare e che ha permesso alla gente di scavalcare il muro di piombo dei media, schierati con le élite.Ormai l’establishment si sente assediato dai populisti: alla Casa Bianca c’è il capo mondiale del populismo barbarico, al Cremlino ha stravinto ancora l’altra faccia (quella orientale) del populismo. Poi vedono immerso nel populismo tutto l’est europeo, Austria compresa (citano “i paesi di Visegrad” con il disgusto che dovrebbero avere – e non hanno – verso certe dittature). In Gran Bretagna hanno vinto i populisti della Brexit.

È comico vedere la Sinistra italiana aggrapparsi disperatamente a Macron e Merkel che certo non sono di sinistra. Oltretutto perché in Francia Macron, che vinse con percentuali minoritarie, ha i suoi grossi problemi. E in Germania la Merkel – che già fu azzoppata dalle elezioni – è ora destabilizzata dai bavaresi del suo partito, anch’essi populisti. Nella Ue – ultima ridotta delle élites – i cosiddetti “populisti” hanno il vento in poppa e alle elezioni europee della prossima primavera puntano alla vittoria.

Per la narrazione oggi dominante dei media si diventa populisti quando si ascolta il popolo (con i suoi bisogni) anziché obbedire alle élite. In Italia alla sinistra è rimasta, perché ce l’ha nel Dna, l’abitudine di degradare e “marchiare” l’avversario: fascista, razzista, populista. Come osservava Luca Ricolfi quelli di sinistra sono convinti “di rappresentare la parte migliore del paese, di essere titolari di una superiorità etica, culturale e politica” e “guardando alla parte avversa come a dei barbari da educare o da tenere alle porte ne sottovalutano anche le buone ragioni”.

Non riconosceranno mai i loro errori. In America come in Italia, non avendo più il popolo e avendo verificato l’inutilità del monopolio dei media, sperano in qualche rovesciamento di potere provocato dal Deep State Usa, dalla magistratura, dalla Bce, dai mercati o dall’Unione Europea. Per farsi assegnare la vittoria a tavolino dopo aver perso sul campo.
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