Tałiani: ładri, parasidi, priviłexà, evaxori, buxiari

Tałiani: ładri, parasidi, priviłexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » lun dic 30, 2013 9:36 am

Tałiani: ładri, parasidi, priviłexà, evaxori, buxiari
viewtopic.php?f=94&t=274


Cacciari: “L’evasione fiscale è concentrata al Sud. Roba di Mafia”.
http://www.lindipendenza.com/massimo-ca ... a-di-mafia


di MARIETTO CERNEAZ

A sfatare la leggenda dell’evasore padano ci pensa anche Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia, notoriamente un’anima molto critica all’interno del Partito Democratico. In un’intervista rilasciata due giorni fa al Corriere del Mezzogiorno ha dichiarato: “Il peso che il Nord deve sostenere, e in particolare alcune regioni, per i conti generali del Paese, è un dato oggettivo. Non possiamo continuare a ragionare per medie: se attraversando un fiume profondo 5 centrimetri c’è chi annega, quali medie vuole che reggano? La mia non è un’accusa rivolta al Sud: se nel Mezzogiorno si registra una diffusa evasione fiscale non è perché i meridionali sono più cattivi, ma perché lì una grande fetta dell’economia è in mano alla criminalità organizzata. Inoltre, non trascurerei il divario di reddito rispetto al Nord: se ci si trova in una condizione di profonda precarietà è ovvio che si pensa a sfamare prima se stessi che a pagare le tasse. Non lo dico per accusare, ma ci rendiamo conto che siamo seduti su un vulcano? E il Paese non va avanti solo sulle forze di Veneto e Lombardia»”.

Non è dunque una “questione settentrionale”?, chiede al professore il giornalista Angelo Agrippa. Ecco la risposta: “Le due questioni territoriali sono perfettamente intrecciate: fin quando le vacche sono grasse pago anche per gli altri e non c’è problema. Ma se chiudono dalle 40 alle 50 attività al giorno, come sta avvenendo al Nord, è chiaro che la condizione di sperequazione oggettiva, richiamata per anni da studiosi come i sociologi Luca Ricolfi e Ivo Diamanti, diventa insostenibile”.

Qualche lettore potrebbe compiacersi delle risposte di Cacciari, ma su questo quotidiano lo abbiamo ribadito più volte, non solo puntando l’indice contro “il pensiero unico inquisitore” incarnato da Equitalia, ma anche riportando dati relativi a chi fossero realmente gli evasori.
Ecco le cifre, che a suo tempo rese pubblici “contribuenti.it”, un paio di anni fa :

1) L’economia criminale (mafia e malavita): 78,2 miliardi di euro l’anno.
2) Big company (le grandi aziende): 38 miliardi di euro l’anno.
3) L’economia sommersa (extracomunitari e doppio lavoro): 34,3 miliardi di euro l’anno.
4) Le società di capitali (spa e srl): 22,4 miliardi di euro l’anno.
5) Autonomi e piccole imprese (idraulico e parrucchiera): 8,2 miliardi di euro l’anno.

Come ribadito da Cacciari, al primo posto troviamo dunque la criminalità organizzata (in Italia esistono 4 mafie potentissime), che notoriamente ha radici in Meridione, anche quando i suoi tentacoli raggiungono le regioni padane, dal Piemonte al Veneto, dove il denaro viene ripulito attraverso attività lecite e colletti bianche in combutta con la casta politica.


Node:

Xe da dir e xontar ke na gran parte de l'evaxion del dopio laoro de li laoradori dependenti, de li artexani e de le inprexe cee la xe na neçesità par soravivar se no se creparia, se dovaria sarar le boteghe, li laboratori e le enprexe e ndar a far parte de la màsa de li dixocoupà ma sensa el susidio.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » gio gen 09, 2014 11:32 pm

Torri Gemelle e risarcimenti truffati. Il “Made in Italy” sugli scudi

http://www.lindipendenza.com/torri-geme ... sugli-scud

Un bel pezzo di Little Italy a New York.
Ben 106 fra poliziotti e pompieri che avevano partecipato alle operazioni di soccorso delle Torri Gemelle e che avevano ottenuto risarcimenti di qualche genere sono stati arrestati per truffa ai danni della Social Security, e cioè della comunità.
Tutti si erano inventati danni psicologici, perdita di memoria, insicurezza, incubi, incapacità di rapportarsi con il prossimo; dicevano di non poter più entrare in edifici, di avere attacchi di panico, di aver paura degli aerei e tutta una serie di altre sfighe che rovinavano loro la vita, impedivano di lavorare e tutto il resto.
Si sono fatti risarcire con premi e pensioni per 400 milioni di dollari. Il business era stato messo in piedi da un quartetto di “esperti” che preparavano le domande di risarcimento e istruivano gli aspiranti “fulminati” sul come superare test, esami clinici e controlli.
Da ogni pensionato si sono fatti dare 28.000 dollari: un bell’affare.

La polizia li ha acchiappati perché qualcuno di loro si è fatto fotografare e filmare in barca a vela, mentre faceva il surf o vinceva gare di karate.
Tutte cose che noi conosciamo benissimo e che hanno un’aria maledettamente famigliare.
L’Italia – soprattutto l’Italia vera – è specializzata in questo genere di trovate: le finte pensioni di invalidità sono una consistente voce del Pil delle plaghe più solatie del felice stivale.

É un prodotto di esportazione. Ben due dei quattro creativi di New York sono paisà e la mente operativa è un certo Joseph Esposito, un ex poliziotto che per puro spirito patriottico stava al banchetto dei cannoli alla festa di San Gennaro di Manhattan.
Alla faccia di chi sostiene che il Mezzogiorno contribuisca poco alla bilancia dei pagamenti.
Questo è il Made in Italy vero. anzi verace.
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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » gio gen 09, 2014 11:46 pm

Il processo delle terre liberate
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... 9RYkE/edit
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Li taliani dapò ver desfà la tera veneta e copà xentenara de miliara de veneti li ciamava el Veneto
Veneto bubbone d’Italia
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... pTaUE/edit


Malavita a Trevixo
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... p5Ymc/edit
Immagine

Malavita a Treviso

Alla fine dell’infame guerra (La Grande Guerra ?)

2. Malavita a Treviso

Agli inizi degli anni venti l'ordine pubblico a Treviso è così precario e [a sicurezza dei cittadini così a repentaglio, che l'insostenibile situazione è resa oggetto di una inchiesta giornalistica.
Ne esce un quadro scottante attualità, tanto da lasciar perplessi circa la capacità di uno Stato come il nostro (di chi?), che spaccia la propria debolezza per garantismo e l'infingardia corporativa per conquista sociale, di saper e voler combattere davvero la microcriminalità e la criminalità organizzata.

Chi conduce l'inchiesta denuncia come ormai troppo comodo l'alibi delle conseguenze dovute alla guerra oppure della dispersione della forza pubblica nel territorio, per effetto delle continue agitazioni politico-sindacali.

"Il vieto pregiudizio che la guerra è la cagione della maggiore delinquenza attuale non deve essere assunto a scusante, né meno ancora il fatto che in altre città la delinquenza è del pari attiva e grave.
Treviso non è un grande centro che possa sentire un riflesso notevole anche nel male, né ha tradizioni che di tranquillità patriarcale".

Quali allora le ragioni che, a due anni dalla fine del conflitto, fanno di Treviso "un covo di ladri, di delinquenti di ogni specie, di ricettatori, di favoreggiatori, di imbroglioni, di spacciatori di monete false"?

Seguiamo il comparire del fenomeno nel tempo.
"Una volta a Treviso si dormiva con le porte di casa aperte,
ora bisogna tapparvisi e chi ha negozi o roba altrove dorme con l'animo sospeso pensando che alla mattina farà probabilmente una dolorosa constatazione".


"Caporetto aveva agito da spartiacque.
Fu a cominciare da quel tragico evento che la ‘mala’, in divisa o senza, ma avendo sempre l'esercito quale punto di riferimento, fece di Treviso la mecca dei suoi loschi traffici.
Tutta gente forestiera, segnatamente meridionale, che assorbì rapidamente i balordi della piccola delinquenza locale.


Da un lato, dunque, malfattori che conoscono la città come le proprie tasche, perché in molti vi "furono già da lungo tempo da militarie vi rimasero perché avevano fatto conoscenze adatte e lega tra di loro", individui "notoriamente colpiti da mandati di cattura, (...) suonatori ambulanti e pregiudicati calati da altro paese, e infine parecchi vigilati speciali (... che) se la spassano in qualunque ora del giorno lavorativo o festivo, nelle osterie e nei ritrovi pubblici;
dall' altro lato, manovalanza locale, o comunque veneta, dedita un tempo al furto di galline o al massimo di biciclette, ed ora imbaldanzita, perché entrata in un più lucroso commercio.

La loro audacia s'è venuta man mano formando dall'esperienza fatta di una quasi completa impunità, dal sapere che nessuno li disturba, dalle condanne lievissime in caso di arresto, dalla libertà di riunirsi, viaggiare, organizzare, vendere e nascondere la refurtiva".

La forza della associazione delinquenziale è provata anche da "un altro fatto degno della camorra napoletana d'altri tempi.
A qualche negoziante di qui è stato assicurato da qualche noto pregiudicato che, godendo della loro protezione, non avrebbero patito alcun furto".

La gente non ha dubbi.
"Per la conosciuta indole mite e laboriosa degli abitanti è risaputo da tutti che l'origine del male deve ricercarsi soprattutto nell'esistenza di elementi estranei alla città, che esercitano impunemente i loro loschi affari sotto l'egida della deplorevole inerzia degli agenti della pubblica sicurezza".

Ed è questo appunto che la gente non si spiega, non comprende perché l'autorità non riesca ad arrestare ed espellere delinquenti che sono traditi dalla loro stessa inflessione dialettale. "Sono sempre gli stessi.

Al tempo della ritirata di Caporetto, chi di essi non era soldato restò a Treviso e finì ripetutamente in carcere, chi era soldato prima e dopo disertò, andò in carcere e fu ... amnistiato.
Tutti hanno al loro passivo larghe serie di condanne; e sono sempre qui, fra i piedi, a godersi la libertà che non ha confine, di giorno e di notte, più di notte che di giorno".
La gente va deprecando che troppi esempi di mitezza ha dato l' autorità giudiziaria, causa questa non ultima se qualche agente è diventato svogliato o negligente, e il delinquente si fatto più audace".

La gente sa, però, che fare si doveva e si poteva, e che volutamente non fu fatto.
"Sarebbe bastato, ad evitare che la malavita riallacciasse le sue fila - (a guerra finita) - e ristendesse la sua rete, un'accurata vigilanza da parte dell'autorità locale competente e la deportazione di tanta gente venuta dal di fuori, alla quale mancavano i legittimi motivi della sua presenza.

Si richiedeva all'uopo un servizio di pattuglia, che, tuttora deficiente, allora mancava affatto, un numero conveniente di agenti realmente, e non per celia, investigatori, qualche sorpresa in qualche pubblico esercizio, qualche sopralluogo con relative retate di malviventi in qualche casa eccentrica, l'arresto e la deportazione di presenti organizzatori e la sorveglianza di sospetti favoreggiatori.
Non ultima si richiedeva la collaborazione dell'esercito, specialmente dei capi reparti, ai quali non sarebbe stato difficile prevenire e reprimere i furti commessi su vasta scala da soldati, specie automobilisti, ed il commercio clandestino da loro esercitato attraverso la cooperazione di congedati, divenuti improvvisamente padroni di frequentazione di parecchie automobili e di parecchi autocarri.

Di tutte queste misure di precauzione e di repressione della mafia importata nel Veneto e su più vasta scala nel Trevigiano che cosa fu fatto? Dovremmo rispondere nulla o quasi nulla".

La connivenza tra malavita di importazione e addetti all'ordine pubblico che rispondono alla stessa matrice regionale si legge tra le righe.
I diretti responsabili del mantenimento dell'ordine e della sicurezza si difendevano dall'accusa proveniente dall'opinione pubblica sostenendo che non si può procedere all'espulsione di alcuno quando "non vi sono motivi gravi".

Giustificazione che la gente respinge sdegnata, perché non può essere che ciò che a Treviso non si ritiene `grave' lo si ritenga invece a Udine, ove la questura era invece intervenuta ed aveva rimpatriato in pochissimi giorni centinaia e centinaia di forestieri che, come nel capoluogo della Marca, infestavano la zona.

Si insiste, insomma, sul sospetto della combutta o, quanto meno, del concorso esterno, e proprio per questo si rimane, scettici sulla possibilità di avere un futuro migliore.
"Non ci rassicura la esperienza del passato, il quale rivive nelle penose impressioni della cittadinanza che per lungo tempo assistette con profondo disgusto e fra gravi preoccupazioni all'indifferenza, eretta a sistema, delle autorità, quasi una parola d'ordine fosse corsa, dagli uffici ai corpi di guardia, di non disturbare la mala vita e di lasciar correre il triste e deplorevole andazzo.

Mai si prevenne, e di rado si represse con la dovuta energia la mala vita, la vera mafia, qui attratta dalla fama, onde la Marca Trevigiana fu ritenuta, dopo Caporetto, terra di facile conquista, come alla losca speculazione, così al più audace brigantaggio".

L'accusa si configura ormai in tutta la sua gravità, e Il Risorgimento' si rifiuta prudentemente di farla propria. Respinge però con fermezza il tentativo di giustificazione avanzato dalla forze dell'ordine – eterno ritornello di tutto lo apparato statale italiano –, cioè a dire la carenza di personale.

In Italia, i dipendenti pubblici eccedono, e troppo spesso sono reclutati con sistemi clientelari, per essere poi distribuiti malissimo sul territorio e impiegati peggio ancora.

"A Treviso, sede di Legione RR.CC. non c'è che una squadra di soli tre uomini dell arma che fanno servizio indagativo. E più incredibile ancora è il fatto che questi non dispongono neppure di una bicicletta, mentre tante biciclette vengono adoperate per piantoni, postini, scrivani, ecc. per null'altro fine che la polizia e non per quello direttamente.
Alla Questura poi, dove figurano in servizio, un Commissario, quattro o cinque vice commissari, un vice ispettore o dieci o dodici guardie investigative, il vero servizio di polizia giudiziaria non lo fanno che un vice commissario, il vice ispettore e due o tre guardie. Tre vice commissari sono da lungo tempo assenti e non vennero sostituiti, un terzo fino l'altro giorno aveva mansioni di ufficio che potrebbero essere sbrigate da chi a differenza sua conosce la città e l'ele mento delinquente, e grande numero di guardie sono negli uffici a scrivere e a rovinare carte. (...) Succede un delitto grave di notte?
Non c'è che un piantone, alla Questura. Tutti gli altri sono a casa a letto e gli uffici sono chiusi.

Ammazzano qualcuno per la strada?
La Questura lo sa il giorno dopo dai giornali o dopo molte ore perché gli agenti investigativi ... investigano sulle carte in ufficio e non sono fuori a raccogliere notizie ed a fare servizio".

L'indignazione, a questo punto, esplode. "Fuori, in città, a conoscere l'ambiente, a constatare che soldati offrono ‘pacchi vestiario’ che forse non son che pezze di stoffa rubate nelle recenti imprese, (...) senza ritegno, sicuri della indifferenza o della paura di chi accetta e delle assenze di chi dovrebbe essere ovunque presente".
Fuori, "prima che la giustizia ufficiale venga sostituita dai cittadini onesti, che hanno il sacrosanto diritto, in assenza dello Stato, di difendersi nella persona e negli averi contro il brigantaggio, qualunque ne sia l'etichetta".


Voleva essere un monito, non una previsione.
Il monito non fu raccolto, e successe quello che per forza succede quando le cose vanno così.

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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 4:13 pm

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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 4:28 pm

Com’è buono lo Stato, che ti fa rinunciare al tuo credito con lui

http://www.lintraprendente.it/2013/12/c ... to-con-lui

Storia folle da Vicenza: l'Agenzia del Demanio offre a un imprenditore la "possibilità di rinunciare a ogni pretesa sul suo credito", visto la "natura esigua dell'importo". Per lui non tanto esigua, anche perché alle tasse non rinunciano mai...
di Francesca Carrarini

“Si è vero, le dobbiamo dei soldi per i lavori che le abbiamo commissionato. Ma, considerando la natura esigua dell’importo le offriamo la possibilità di rinunciare a ogni pretesta sul suo credito”. Un semplice foglio prestampato, chiuso all’interno di una lettera spedita dagli uffici dell’Agenzia del demanio di Venezia a Giovanni Sambo, titolare di un autocentro in provincia di Vicenza. In basso un riga vuota dove il titolare poteva scrivere a penna l’importo a cui rinunciava, prima di rinviare il tutto a proprie spese. Magari l’intero ammontare del credito, di circa 2mila euro. Pochi spiccioli, soprattutto se paragonati agli oltre 250mila euro che lo Stato ancora gli deve. E sono ancora meno se sommiamo tutti i crediti che vantano i dieci colleghi che, come lui, lavorano praticamente per la gloria. Più di 2 milioni di euro, alcuni di fatture datate 1994.

Giovanni Sambo la lettera la conserva gelosamente come prova perché “a raccontarlo in giro, non ci si crede”. S
oprattutto se si conosce la loro storia (che è poi quella di qualunque imprenditore): dieci titolari di dieci diverse attività nel settore del recupero e soccorso stradale. Intervengono per conto della prefettura di Vicenza, rimuovendo i veicoli sottoposti a sequestro e mantenendoli nei loro depositi.
Teoricamente per 90 giorni, oltre i quali la legge prevede o la vendita all’asta o la demolizione. In realtà restano nei loro parcheggi anche per diversi anni, incrementando i conti e i debiti contratti dall’ente pubblico. Loro inviano le fatture (che dovrebbero essere pagata entro 30 giorni) e lo Stato risponde inviando tasse. Tasse che loro non riescono più a pagare a causa dei mancati incassi, e che non possono nemmeno essere compensate. Da una parte perché allo Stato mancano le coperture, dall’altro perché per la compensazione è necessaria “l’iscrizione a ruolo” degli importi.
Tradotto: bisogna aspettare che arrivi la cartella esattoriale di Equitalia, la quale è maggiorata del 30 percento per interessi di mora, spese legali e notifica. In poche parole se un imprenditore ha 100mila euro di crediti e 100mila di tasse, potrà compensare al massimo 100mila, aggiungendo 30mila come multa per un ritardo di cui non è responsabile. Ma non è finita qui.
Perché se un imprenditore non paga le tasse perché lo Stato non gli paga il lavoro, la Cassa edile della propria provincia lo sentenzia come un cattivo pagatore. Un segno negativo sul Durc, documento unico di regolarità contributiva, che è indispensabile per accedere agli appalti pubblici.
E quando uno pensa di aver toccato il fondo, ti arriva in azienda una lettera come quella che è arrivata a Sambo, che ti offre la possibilità di rinunciare ad essere pagato perché si tratta di una piccola somma.

Lo ripetiamo: questa è lo storia di dieci imprenditori di Vicenza, ma è la storia di ogni imprenditore la cui azienda è registrata su suolo italiano.
Imprenditori che licenziano i propri dipendenti perché non riescono più a pagare gli stipendi, quelli cacciati come “evasori”, quelli che “permettono” al governo di far subentrare una sorta di prescrizione sulle fatture emesse utile a cancellare ogni credito dopo 10 anni (e dopo aver costretto l’imprenditore, già stremato, a fare i conti con le parcelle degli avvocati).
Sono gli imprenditori che guardano alla televisione Enrico Letta, o chi per esso, mentre racconta che “la crisi è dietro le spalle”.
Quelli che si rivolgono alla banca per chiedere finanziamenti per pagare le tasse sperando in un futuro migliore.
La banca, che prima gli chiede la casa come garanzia, e poi gli ride dietro quando loro offrono i propri crediti (della serie “lo sappiamo tutti e due che non li rivedete mai”).
Insomma, la storia di dieci imprenditori in una Paese che fonda i propri principi costituzionali sul rispetto del lavoro.
E sulla beneficenza: perché lo Stato, a Giovanni Sambo, non ha chiesto una proroga per il pagamento, ma gli ha offerto una possibilità: quella di fare bella figura nei confronti di chi lo sta avviando la fallimento. E senza nemmeno dire grazie.
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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » mar gen 14, 2014 8:35 pm

Bruno Bozzetto Italia e Ouropa

http://www.youtube.com/watch?v=XkInkNMpI1Q
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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 10:08 am

Vespa contro le Autonomie speciali: un attacco alla libertà!

http://www.lindipendenza.com/vespa-cont ... la-liberta

di NICOLA FIORETTI*

L’attacco di Bruno Vespa alle Autonomie speciali non è solo esempio di informazione distorta, ma preludio a un sistema che vuole accentrare sempre di più i poteri. Il noto e superpagato conduttore televisivo sostiene che l’Autonomia è un privilegio ormai superato, verrebbe da chiedere (provocatoriamente), se a breve anche la democrazia diventerà un concetto superato in nome dell’«efficienza» raggiungibile dal completo accentramento dei poteri.

Ricordiamoci che Autonomia è libertà. Libertà di poter decidere con conseguente ed ovvia assunzione di responsabilità delle proprie azioni. Di questo stiamo parlando. Il resto è contorno.

L’attacco mediatico consumato nella trasmissione di Bruno Vespa è sferrato nei confronti di una libertà e non tanto al sistema economico-finanziario. In gioco c’è molto di più.

Certo potremo dimostrare che nella realtà l’Autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol è un Autonomia virtuosa in grado non solo di autoalimentarsi (senza chiedere nulla allo Stato in termini economico-finanziari) partecipando responsabilmente al risanamento del Paese (ricordiamo che il Trentino lascia allo Stato 1,3 miliardi di euro all’anno, a fronte di un suo bilancio di 4,5 mld di euro annui).

COL VENETO AUTONOMO, ITALIA FALLITA IN 7 GIORNI


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Potremo porre l’attenzione sul fatto che le risorse di cui dispongono le Province di Trento e di Bolzano non vengono “ricevute” come regalo da qualcuno, ma sono il frutto delle tasse che i cittadini e le imprese trentine e sudtirolesi pagano sul proprio territorio e che queste servono a gestire moltissime deleghe che altrove fanno capo allo Stato (facendo quindi risparmiare il Paese). Ma non si tratta di questo.

Potremo continuare a parlare dell’aspetto economico per mesi dimostrando che la nostra Autonomia non è di tipo assistenzialistico e che le nostre risorse non vengono sottratte ad altri territori, ma tutto questo non basterebbe a confutare le tesi precostituite di chi ci sta attaccando.

La verità è che si sta consumando una battaglia di tipo economico su qualcosa che non è monetizzabile: la libertà! E questa, per un Paese che si ritiene civile non è accettabile.

Come trentini e come comunità che ha a cuore l’Autonomia riteniamo che non si debbano abbattere le autonomie, ma che al contrario, si debba fare in modo che anche altri territori che lo chiedono a gran voce conquistino questa libertà, mettendosi progressivamente alla prova dell’autogoverno responsabile.

Conquistare l’autonomia è un diritto a cui tutti i territori devono poter ambire. Tutti i territori devono poter aspirare a questa libertà! Con la consapevolezza – ben inteso – delle responsabilità che questo percorso porta con sé.

Ma forse il progetto che sta dietro a tutti questi attacchi in realtà è volto proprio a impedire questo: tagliare la testa a chi è già autonomo -utilizzando dati falsati e notizie distorte, facendo cioè mala informazione – per impedire che altri chiedano la propria sacrosanta libertà di decidere autonomamente sul proprio territorio e del proprio futuro.

Come trentini e sudtirolesi non possiamo lasciare che tutto questo passi tranquillamente, senza alcuna reazione significativa e indignata da parte nostra.

Ricordiamoci che una bugia – e quella raccontata da Bruno Vespa a “Porta a Porta” è più di una bugia- diventa sempre un po’ più vera ogni qualvolta che tutti coloro che l’ascoltano lasciano che il dubbio si adagi nel loro animo.

http://www.youtube.com/watch?v=OzLIJV-OnWA

Lo dobbiamo in primis al nostro Trentino-Alto Adige/Südtirol, ai nostri “nonni” dell’ASAR, ma lo dobbiamo anche agli amici e vicini di Belluno e della Valtellina-Valchiavenna che stanno iniziando a muovere i loro primi passi in questo percorso che porterà alla conquista della loro Autonomia e quindi della loro libertà!

Infine, all’interno della nostra Autonomia, bisogna essere sempre più consapevoli del nostro compito, più sobri nelle scelte ed oculati nell’utilizzo del denaro pubblico dimostrando anche ai più scettici che il buon governo si misura con i fatti e con l’assunzione della responsabilità conseguente.

*Presidente OSAR (Osservatorio di Studi Autonomistici Regionali ed Europei)


Ke skifo de omo talian ke lè sto Vespa!
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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » lun gen 27, 2014 11:23 am

Un liberale non può accettare la subordinazione allo Stato

http://www.lindipendenza.com/un-liberal ... allo-stato

di ALESSANDRO MARCHI

L’idea principale che sta alla base dello sdegno contro chi, in un modo o nell’altro, non dimostra rispetto per lo stato è il principio che esso sia un ente superiore e che sia giusto che l’individuo ne sia un’appendice. Che il bene comune e la collettività vengano prima degli appetiti individuali, che lo stato debba imporre all’individuo un modo di essere virtuoso fa parte del sentire comune, è innegabile. Come è innegabile che ci sentiamo liberi, in un contesto democratico che, nonostante tutto, ci lascia i nostri spazi.

Un liberale, invece, non può esser d’accordo con il principio della subordinazione dell’individuo allo stato.
Un liberale non si sente libero se lo stato gli dice cosa deve fare, cercando di regolare ogni aspetto della sua vita, e se gli chiede più di metà del guadagno ottenuto con il suo lavoro. Gli altri sono liberi di assoggettare le proprie volontà, i propri figli, i propri averi ai governanti, ma un liberale non può farlo, altrimenti deve smettere di spacciarsi per tale.

È vero, avrebbero dovuto svegliarsi prima, questi liberali, ormai i giochi sono fatti.
Vi immaginate se i coloni avessero accettato la tassazione inglese e avessero gettato il the in mare solo dopo che le imposte avessero raggiunto il 70%? Però non ci sono alternative, per un liberale: deve ribellarsi a questa infamia.

Alcuni credono che sia necessario unire le forze, ‘Fare’qualcosa, riunire le forze in un ‘Partito Liberale’, farsi eleggere e, successivamente, riformare lo stato in modo da abbassare la tassazione e rimpicciolire le sue competenze. Le difficoltà sono trovare i voti, visto che gli italiani sono ‘sovietici’ e, successivamente, trovare, tra le coalizioni parlamentari stataliste e interventiste, i numeri che permettano di snellire il ‘mostro’.

Altri, come il movimento Libertario di Leonardo Facco, trovano la soluzione in una rottura. La provocazione di formare un partito che vede nell’evasione fiscale una forma di resistenza allo stato va proprio in quella direzione.Credono che il the, anche se in clamoroso ritardo, debba finire in mare e che lo il dialogo con le istituzioni sia inutile.

Certamente questa ennesima divisione tra le forze liberali non è certo positiva per chi vedrebbe bene una Margareth Thatcher italiana, ma è anche vero che, di fronte a un sopruso spesso non si può restare calmi e tranquilli ma c’è forse bisogno di determinazione e coraggio.

Un liberale non può che provare rabbia per coloro che pensano che evadere sia sempre sbagliato e che la causa principale del così alto peso della tassazione vada attribuita agli evasori.
Questo perché è evidente come lo stato abbia sprecato, e continui a sprecare, le risorse prelevate dai contribuenti; è chiaro come lo stato tenti sempre di allargare le proprie competenze aumentando le spese e le tasse, di conseguenza.
Un liberale, fedele alla tradizione classica del liberalismo, conosce il potere governativo e sa che può esser capace di tutto se lasciato senza controllo e sa che tenderà sempre a richiedere più spazio e più risorse. Forse potrebbe bastare un po’ di buon senso per capire che non è giusto finanziare chi spreca e male utilizza il frutto del nostro lavoro; forse anche chi vede nello stato democratico la perfezione potrebbe riconoscere che esso è totalmente fuori controllo e non solo perché abbiamo avuto la sfortuna di avere cattivi governanti negli ultimi settant’anni.
Va riconosciuto che il sistema è marcio e va abbattuto.

Un liberale allora deve fare il liberale e resistere al potere statale, anzitutto cercando di togliergli la vitalità: lo stato si nutre del nostro lavoro, del nostro tempo e della nostra vita, cercando di sfuggire a questa appropriazione indebita non si fa altro che il nostro dovere di liberale.
Chi crede che lo stato abbia diritto di essere così invadente, autoritario e spietato deve augurarsi che lo stato diventi ancor più potente, che gli stipendi siano tutti uguali, che lo stato acquisti tutte le aziende e che, quindi, soddisfi i bisogni di tutti in modo equo.
Per l’amor di Dio, non fatevi chiamare liberali, però.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Taliani: ladri, parasidi, privilexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » mar gen 28, 2014 9:33 am

Penso a Mastrapasqua e… odio il tricolore

http://www.lindipendenza.com/penso-a-ma ... -tricolore

di DANIELE QUAGLIA

Passa quasi in sordina la notizia che Antonio Mastrapasqua è indagato dalla procura di Roma. Il presidente dell’Inps e vice presidente di Equitalia, uno degli uomini più potenti d’Italia con i suoi oltre 20 incarichi, è sotto inchiesta per migliaia di cartelle cliniche taroccate e fatture gonfiate all’Ospedale Israelitico, di cui è direttore generale. In tutto 85 milioni di euro: 14 milioni sarebbero rimborsi “non dovuti” ma richiesti lo stesso alla Regione Lazio. Gli altri 71 sono un presunto “ingiusto vantaggio” conseguito dalla clinica romana dal 2011 al 2013.

In questo Paese è una notizia normale come rientrano nella normalità le notizie che vedono membri del Governo coinvolti in vicende poco chiare e a volte costretti alle dimissioni come Josepha Idem, ministro delle pari opportunità dimessosi dopo d’aver evaso IMU e ICI e il ministro dell’Agricoltura Nunzia de Girolamo dimessosi per lo strascico di polemiche seguenti le note interferenze con l’USL di Benevento o altri che, nonostante tutto, ancora resistono aggrappati al loro posto come il ministro della giustizia Cancellieri intercettata sulle telefonate “umanitarie” per ottenere la scarcerazione dei Ligresti o il vice premier Alfano di cui emerge una telefonata al potente Ligresti in cui si parla di una cena e di un appartamento. Perfino Renzi, neo fiamma tricolorita, porta in dote una condanna in primo grado da parte della Corte dei Conti per danno erariale come Presidente della Provincia di Firenze.

Come sembra essere altrettanto normale la presenza in parlamento di circa 110 parlamentari indagati se non addirittura già condannati in via definitiva e non fa nemmeno storcere il naso la notizia che 5 saggi nominati da Letta per elaborare la riforma della Costituzione siano indagati per vicende di concorsi truccati. E non ci si meraviglia neppure quando si viene a sapere che il costo della Presidenza della Repubblica italiana non ha eguali nei Paesi più potenti, come non ha eguali il costo della politica o quello della pubblica amministrazione e del para stato. Per non parlare di pensioni d’oro o delle pensioni degli ex statali, pensioni erogate senza che lo Stato italiano, loro datore di lavoro, abbia mai versato un cent di contributi risultando il più grande evasore contributivo mondiale.

Chi vive in questo mondo surreale gode di un tenore di vita agiata, i cui costi sono a carico dei veri ma ignavi lavoratori; rivendica fiero la sua italianità e strumentalizza ideologicamente il tricolore facendone una linea di difesa invalicabile, una linea Maginot a difesa dei suoi privilegi. Mentre solo chi lavora alla fine paga e, plagiato, spesso subisce la rapina con spirito masochista per poi finire a condividere la stessa italianità del suo carnefice.
Ma chi gira il mondo sa che nella immaginazione collettiva internazionale, non a caso, italiano è sinonimo di mafia, malcostume, malaffare e malapolitica (Made in Italy).

Lo è anche nella mia immaginazione e aggiungo all’elenco, sinonimo di schiavitù per chi lavora e intraprende: per queste ragioni, e non solo, odio il tricolore.
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Re: Tałiani: ładri, parasidi, priviłexà, evaxori, buxiari

Messaggioda Berto » dom feb 09, 2014 1:47 pm

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