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dopo i paesi dell'est e della Grecia è il paese con più poveri e disoccupati della UE e di tutto l'occidente;
Censis: "Figli più poveri dei loro nonni"
02/12/2016
http://www.adnkronos.com/soldi/economia ... frEZM.html
In Italia i nostri figli sono più poveri dei loro nonni: nel nostro paese si registra un vero Ko economico dei giovani. Nel Rapporto 2016 sulla Situazione Sociale del Paese diffuso oggi, il Censis disegna a tinte forti questo quadro. "Sono evidenti gli esiti di un inedito e perverso gioco intertemporale di trasferimento di risorse che ha letteralmente messo ko economicamente i millennial" annota l'istituto. Rispetto alla media della popolazione, oggi le famiglie dei giovani con meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% e una ricchezza inferiore del 41,1%, rileva il rapporto.
Nel confronto con venticinque anni fa, sottolinea il Censis, i giovani di oggi hanno un reddito del 26,5% più basso di quello dei loro coetanei di allora, mentre per gli over 65 anni è invece aumentato del 24,3%. La ricchezza degli attuali millennial è inferiore del 4,3% rispetto a quella dei loro coetanei del 1991, mentre per gli italiani nell’insieme il valore attuale è maggiore del 32,3% rispetto ad allora e per gli anziani è maggiore addirittura dell’84,7%. Il divario tra i giovani e il resto degli italiani si è ampliato nel corso del tempo, perché venticinque anni fa, valuta il rapporto, i redditi dei giovani erano superiori alla media della popolazione del 5,9% (mentre oggi sono inferiori del 15,1%) e la ricchezza era inferiore alla media solo del 18,5% (mentre oggi lo è del 41,1%).
Migranti in testa a paure per 44%, terrorismo per 34% - Sono l'immigrazione e il terrorismo le due questioni che più preoccupano l'Europa e l'Italia: la prima è segnalata come principale paura dal 48% degli europei e dal 44% degli italiani, il secondo è indicato dal 39% dei cittadini dell'Unione e dal 34% di quelli italiani. Secondo quanto rileva il Censis, in base a un'indagine realizzata su un campione nazionale di cittadini subito dopo le stragi del 13 novembre 2015 a Parigi, emerge come il 65,4% degli italiani abbia modificato le proprie abitudini a causa delle nuove paure. Nell'immediato, il 73,1% ha evitato di fare viaggi all'estero, il 53,1% ha evitato luoghi percepiti come possibili bersagli di attentati (piazze, monumenti, stazioni), il 52,7% ha disertato luoghi affollati (cinema, teatri, musei, sale per concerti, luoghi della movida), il 27,5% non ha preso la metropolitana, il 18% ha evitato di uscire la sera.
Situazione sociale, Censis: “Cresce il disagio, più difficile curarsi e scegliere di avere figli. L’Italia rischia il declino”
Il cinquantesimo rapporto del centro studi evidenzia che se non ci fossero gli stranieri nella Penisola vivrebbero "oltre 2,5 milioni di minori e under 35 in meno”. Senza "politiche di sviluppo e di disincentivo della fuga altrove" andiamo verso "una situazione di ristagno". Le famiglie in deprivazione abitativa sono 7,1 milioni e quelle che hanno difficoltà ad acquistare beni durevoli 2,5 milioni
di Luisiana Gaita | 2 dicembre 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12 ... no/3231730
Privati della possibilità di vivere in una casa sicura, di potersi curare, di mantenere i figli. La crisi economica, il conseguente restringimento del welfare e l’andamento del mercato del lavoro hanno conseguenze sulle famiglie italiane. Sono sempre più numerose quelle che, con meno opportunità occupazionali, restano senza redditi da lavoro. Eppure quello economico è solo uno degli aspetti del disagio sociale, che riguarda anche i nuclei al di sopra della soglia di povertà. E senza stranieri il rischio è il declino. Basti pensare che nel 2015 gli italiani che si sono trasferiti all’estero sono stati 102.259: una cifra praticamente raddoppiata negli ultimi quattro anni e che ha avuto una crescita del 15,1% solo nell’ultimo anno. “Immaginare un’Italia senza stranieri vorrebbe dire pensare a un Paese con oltre 2,5 milioni di minori e under 35 in meno”. Questi alcuni dei temi su cui si sofferma il cinquantesimo rapporto del Censis sulla situazione sociale.
In Italia sono in condizioni di ‘deprivazione materiale grave’ 6,9 milioni di persone (dati del 2014): sono 2,6 milioni in più rispetto al 2010. E uno zoccolo duro di 4,4 milioni vive in questa situazione almeno da sei anni. Le famiglie in deprivazione abitativa sono 7,1 milioni (+1,7% rispetto a dieci anni prima). Quelle in severa deprivazione abitativa sono 826mila (+0,4% rispetto al 2004). Circa il 20% ha problemi di umidità in casa, il 16,5% di sovraffollamento e il 13,2% di danni fisici alla casa dove vive. Le famiglie che hanno difficoltà ad acquistare beni durevoli sono 2,5 milioni nel 2014, di queste 775mila sono in gravi condizioni di deprivazione. Le famiglie in povertà alimentare sono oltre 2 milioni nel 2014 (pari all’8% del totale). E i minori in povertà relativa nel 2015 sono oltre 2 milioni, il 20,2% del totale.
L’ITALIA NON È UN PAESE PER GENITORI – Secondo una indagine del Censis, l’87,7% degli italiani pensa che il nostro Paese sia afflitto dalla scarsa natalità. Per l’83,3% la crisi economica ha reso più difficile la scelta di avere figli anche per chi li vorrebbe. Il problema principale, però, riguarda gli interventi di sostegno ai genitori: sussidi, asili nido, sgravi fiscali, orari di lavoro più flessibili, permessi per le esigenze dei figli. “Il 60,7% degli italiani – spiega il rapporto – è convinto che, se migliorassero gli interventi pubblici su vari fronti, la scelta di avere un figlio sarebbe più facile”. Pesa però anche la presa di coscienza tardiva circa la presenza di eventuali problemi di infertilità, che allunga i tempi di accesso alle cure e quindi la loro efficacia. Non solo le coppie che si sottopongono alle tecniche di Pma (procreazione medicalmente assistita) devono affrontare un percorso molto complesso, ma accesso e opportunità non sono uguali per tutti. Secondo il Censis il 76% delle coppie in trattamento pensa che chi ha problemi di questo genere in Italia sia svantaggiato rispetto a chi vive in altri Paesi europei e il 79,5% pensa che non in tutte le regioni sia assicurato lo stesso livello di qualità nei trattamenti, così come la gratuità dell’accesso alle cure (74,3%).
LA SCURE NON GUARIRÀ LA SANITÀ – Il progressivo restringimento del welfare cambia le dinamiche della spesa sanitaria. Intanto, dal 2009 al 2015 si registra solo una lieve riduzione in termini reali della spesa pubblica. “Nello stesso arco di tempo la spesa sanitaria privata – spiega il Censis – dopo una fase di crescita significativa, si riduce a partire dal 2012, per riprendere ad aumentare negli ultimi due anni (+2,4% dal 2014 al 2015), fino a raggiungere nel 2015 i 34,8 miliardi di euro, cioè poco meno del 24% della spesa sanitaria totale”. Significativo l’aumento della compartecipazione dei cittadini alla spesa: +32,4% in termini reali dal 2009 al 2015 (con un incremento più consistente per quanto riguarda nello specifico la spesa farmaceutica: 2,9 miliardi, +74,4%). “Gli effetti socialmente regressivi delle manovre di contenimento – si legge nel rapporto – si traducono in un crescente numero di italiani (11 milioni circa) che nel 2016 hanno dichiarato di aver dovuto rinunciare o rinviare alcune prestazioni sanitarie, specialmente odontoiatriche, specialistiche e diagnostiche”. Anche l’offerta ospedaliera mostra una progressiva riduzione dei posti letto (3,3 per mille abitanti in Italia nel 2013 secondo i dati Eurostat, contro i 5,2 in media dei 28 Paesi Ue, gli 8,2 della Germania e i 6,3 della Francia).
I POPOLI DELLE PENSIONI – I nuovi pensionati sono più anziani rispetto al passato e hanno anche redditi pensionistici mediamente migliori “come effetto di carriere contributive più lunghe e continuative nel tempo – spiega il rapporto – e occupazioni in settori e con inquadramenti professionali migliori”. Tra il 2004 e il 2013 l’incidenza dei nuovi pensionati di vecchiaia che hanno versato contributi per non più di 35 anni scende dal 54,9% al 37,5%, quella di chi ha versato contributi per un periodo compreso tra i 36 e i 40 anni dal 37,6% al 33,7%, mentre per chi ha percorsi contributivi superiori ai 40 anni l’incidenza si quadruplica, passando dal 7,6% al 28,8%. Migliorano le condizioni socio-economiche dei pensionati: negli anni 2008-2014 il reddito medio del totale delle pensioni è passato da 14.721 a 17.040 euro (+5,3%). Per 3,3 milioni di famiglie con pensionati le prestazioni pensionistiche sono l’unico reddito familiare e per 7,8 milioni i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile. Così, si stimano in 1,7 milioni i pensionati che hanno ricevuto un aiuto economico da parenti e amici. Ma i pensionati non possono essere considerati solo come recettori passivi di risorse e servizi di welfare, perché sono anche protagonisti di una redistribuzione orizzontale di risorse economiche: sono 4,1 milioni quelli che hanno prestato ad altri un aiuto economico.
SICUREZZA E CITTADINANZA – Nell’ultimo anno l’allarme demografico ha raggiunto il suo apice: diminuisce la popolazione (nel 2015 le nascite sono state 485.780, il minimo storico dall’Unità d’Italia a oggi), la fecondità si è ridotta a 1,35 figli per donna, gli anziani rappresentano il 22% della popolazione e i minori il 16,5%. “Senza giovani né bambini – sottolinea il Censis – il nostro viene percepito come un Paese senza futuro”. Ne è prova il boom delle cancellazioni dall’anagrafe di italiani trasferitisi all’estero. In un Paese in cui la piramide generazionale si è rovesciata gli stranieri rappresentano un importante serbatoio di energie. Proprio grazie a loro dal 2001 a oggi la popolazione è aumentata del 6,5%, raggiungendo gli attuali 60 milioni e 666mila abitanti: la presenza di stranieri si è quasi triplicata negli ultimi quindici anni (+274,7%). Ma l’effetto combinato del prolungamento della vita media e dell’omologazione dei comportamenti demografici degli stranieri a quelli degli italiani “se non affrontato da politiche di sviluppo e di disincentivo della ‘fuga altrove’ – spiega il Censis – potrebbe determinare, anche nel futuro, una situazione di ristagno per il nostro Paese”.
Crisi, raddoppiate le famiglie povere tra il 2007 e il 2014
Le persone in povertà assoluta hanno superato nel 2014 i 4 milioni, con un incremento di quasi il 130% rispetto al 200
12 giugno 2016
http://www.ansa.it/sito/notizie/economi ... 72e4e.html
Le famiglie italiane in condizione di povertà assoluta sono quasi raddoppiate negli anni della crisi: +78,5%, con una incidenza sul totale passata dal 3,5% pre-recessione al 5,7% del 2014. Lo segnala un'indagine dell' Ufficio studi della Confcommercio.
Le persone in povertà assoluta hanno superato nel 2014 i 4 milioni, con un incremento di quasi il 130% rispetto al 2007, arrivando a sfiorare il 7% della popolazione. Le famiglie assolutamente indigenti erano oltre 823mila nel 2007, sono salite a quasi 1,5 mln nel 2014.
In tema di pressione fiscale, Italia batte Germania 43,6% (del Pil) a 39,5%. Ma è un primato che non piace affatto a imprese e famiglie. Se l'Italia infatti avesse avuto la stessa pressione fiscale della Germania nel 2014, ci sarebbero stati 66 miliardi di euro in meno di prelievo fiscale, ''vale a dire 23 miliardi in meno di Irpef e altrettanti di imposte indirette, nonchè 20 miliardi in meno di carico contributivo su imprese e lavoratori''. Secono lo studio, tra 2010-2014 ci sono segnali di miglioramento, nel confronto Italia-Germania su qualità del capitale umano e carico eccessivo di tasse ''i divari restano molto ampi''.
''L'eccesso di pressione fiscale in Italia presenta una connotazione strutturale per l'incapacità di procedere a una serie revisione della spesa pubblica che riduca eccessi e sprechi'' afferma l'Ufficio studi. Fino ad oggi, ''gli unici tagli hanno riguardato la spesa in conto capitale, cioè di fatto gli investimenti pubblici''. Infatti, ''tutte le componenti di spesa corrente derivanti da scelte discrezionali di policy sono in crescita tra il 2015 e il 2017, anche se con incrementi leggermente inferiori a quelli del Pil nominale''.
Sanità, Censis-Rbm: “L’anno scorso 12,2 milioni di italiani non si sono curati per motivi economici”
Il risultato, secondo il Rapporto Censis-Rbm, è che la spesa sanitaria privata è lievitata a 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2 per cento in tre anni (2013-2016)
di Chiara Daina | 7 giugno 2017
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/0 ... ci/3642687
Nel 2016 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato le cure sanitarie per motivi economici. Una fetta di emarginati che è notevolmente cresciuta rispetto al 2015 (più 1,2 milioni). E’ quanto emerge dal Rapporto Censis-Rbm. Considerando anche i cittadini che hanno avuto difficoltà economiche e si sono impoveriti per sostenere di tasca propria le spese mediche (intramoenia o in strutture private), la cifra sale a 13 milioni. Di questi, 7,8 milioni sono stati costretti ad attingere ai risparmi di una vita o addirittura a indebitarsi con parenti e amici, fino ad aprire un mutuo in banca. E 1,8 milioni sono precipitati nella fascia di povertà.
Il risultato, si legge nel Rapporto, è che la spesa sanitaria privata è lievitata a 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2 per cento in tre anni (2013-2016). In assoluto, secondo il sondaggio Rbm, l’impegno più oneroso è per le visite specialistiche (74,7 per cento), seguito dall’acquisto dei farmaci o dal pagamento del ticket (53,2), dagli accertamenti diagnostici (41,1), prestazioni odontoiatriche (40,2), analisi del sangue (31), lenti e occhiali da vista (26,6), riabilitazione (14,2), protesi, tutori e ausili vari (8,9) e spese di assistenza sociosanitaria.
Il motivo principale per cui si ricorre sempre più spesso al privato sono le liste di attesa troppo lunghe nel pubblico. Queste in parte dipendono dal sott’organico cronico di personale e dall’impatto dell’invecchiamento della popolazione sull’organizzazione socio-sanitaria. Con evidenti disomogeneità locali. Qualche esempio: “Per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva a 142 giorni. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni (più 6 giorni rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (6 giorni in più), ma al Sud ne sono necessari 111. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (più 8 giorni), ma l’attesa sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (nel 2014 erano otto in meno), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (18 giorni in più), con un picco di 77 giorni al Sud”.
La spending review in sanità, si ricorda nel Rapporto che cita la Corte dei Conti, ha fatto ridurre la spesa sanitaria pubblica pro-capite dell’1,1 per cento l’anno in termini reali dal 2009 al 2015. Diversamente da quanto è accaduto nello stesso periodo in Francia, dove è cresciuta dello 0,8 per cento l’anno, e in Germania (più 2 per cento annuo). La differenza è lampante anche se si osserva l’incidenza della spesa sanitaria rispetto al Pil: il 6,8 per cento da noi, l’8,6 in Francia e il 9,4 in Germania.
Istat: 18 milioni persone a rischio povertà o esclusione sociale
6 dicembre 2017
http://www.affaritaliani.it/economia/is ... guaglianze
Il 30,0% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, registrando nel 2016 un peggioramento rispetto all'anno precedente quando tale quota era pari al 28,7%. Lo rileva l'Istat in un report sul reddito delle famiglie. Aumentano sia l'incidenza di individui a rischio di poverta' (20,6%, dal 19,9%) sia la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensita' lavorativa (12,8%, da 11,7%).
Istat: 18 milioni persone a rischio povertà o esclusione sociale - Mezzogiorno area più a rischio
Il Mezzogiorno resta l'area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale (46,9%, in lieve crescita dal 46,4% del 2015). Il rischio è minore, sebbene in aumento, nel Nord-ovest (21,0% da 18,5%) e nel Nord-est (17,1% da 15,9%). Nel Centro un quarto della popolazione (25,1%) permane in tale condizione.
Istat: 18 milioni persone a rischio povertà o esclusione sociale - le famiglie con 5 componenti
Le famiglie con cinque o più componenti si confermano le più esposte al rischio di povertà o esclusione sociale (43,7% come nel 2015), ma è per quelle con uno o due componenti che questo indicatore peggiora (per le prime sale al 34,9% dal 31,6%, per le seconde al 25,2% dal 22,4%).
Istat: a 20% popolazione piu' povera va 6,3% reddito totale
Al 20% più povero della popolazione italiana va poco più del 6% del reddito totale. È quanto rivela l'Istat nel report 'Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie' riferito al 2016. Se si fa riferimento alla distribuzione dei redditi individuali equivalenti, senza la componente degli affitti figurativi, si nota che il 20% più povero della popolazione dispone soltanto del 6,3% delle risorse totali (nella situazione ipotetica di perfetta eguaglianza ogni quinto della popolazione disporrebbe di una quota di reddito pari al 20% del totale), mentre all'opposto il quinto piu' ricco possiede quasi il 40% del reddito totale (equivalente).
In altri termini, spiega l'Istat, il reddito totale dei piu' benestanti e' pari a 6,3 volte quello degli individui appartenenti al primo quinto. L'inclusione degli affitti figurativi riduce la distanza fra ricchi e poveri, portando i cittadini più ricchi a percepire nel complesso un reddito pari a 5,3 volte quello degli appartenenti al primo quinto.
Istat: in Italia metà famiglie vive con 2.016 euro al mese
Metà delle famiglie residenti in Italia vive con un reddito di 2.000 euro al mese. E' quanto si evince da un report dell'Istat. Quello medio, e' invece di 2.500 euro ossia 29.988 euro all'anno (+1,8% in termini nominali e +1,7% in termini di potere d'acquisto rispetto al 2014).
I redditi, spiega l'Istat, risentono del "sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata". Quindi, "esclusi gli affitti figurativi, si stima che il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero sia aumentato da 5,8 a 6,3". Meta' delle famiglie residenti in Italia invece percepisce un reddito netto non superiore a 24.522 euro l'anno (circa 2.016 euro al mese: +1,4% rispetto al 2014). Il reddito mediano cresce nel Mezzogiorno in misura quasi doppia rispetto a quella registrata a livello nazionale (+2,8% rispetto al 2014), rimanendo pero' su un volume molto inferiore (20.557 euro, circa 1.713 mensili).
L'aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare è 19,4%, in lieve calo rispetto al 2014 (-0,25 punti percentuali). Si riduce il carico fiscale sulle prime due classi di reddito (0-15.000, 15.000-25.000 euro) delle famiglie con principale percettore un lavoratore dipendente, per gli effetti della detrazione Irpef di 80 euro.
Povertà e miseria
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