Mafie e briganti teroneghi

Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » mar gen 09, 2018 8:24 pm

'Ndrangheta: blitz dei Ros, 169 arresti, anche tre sindaci
2018/01/09

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... f3dae.html

Maxi operazione dei Carabinieri del Ros e di quelli del Comando provinciale di Crotone contro la 'ndrangheta: 169 gli arresti in corso di esecuzione dalle prime ore di questa mattina in diverse regioni italiane e in Germania, al termine di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Catanzaro. Nell'operazione, denominata "Stige", sono stati arrestati anche tre sindaci.

Al centro dell'inchiesta, riferiscono i carabinieri del Ros, le attività criminali della cosca Farao-Marincola, una delle più potenti della Calabria con ramificazioni anche nel Nord e Centro Italia (in particolare Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia) e in Germania. Le indagini hanno documentato l'infiltrazione mafiosa in diversi settori economici e imprenditoriali, sia in Italia che all'estero, circostanza che ha consentito alla cosca di strutturarsi come una vera a propria 'holding criminale' capace di gestire affari per milioni di euro.

Tre i sindaci arrestati - C'è anche il presidente della Provincia di Crotone Nicodemo Parrilla tra le 169 persone arrestate nell'ambito dell'operazione Stige. Parrilla, sindaco di Cirò Marina, è accusato di associazione mafiosa ed è ritenuto dagli inquirenti il rappresentante della cosca nelle istituzioni locali. Complessivamente sono tre i sindaci arrestati. Oltre a Parrilla, infatti, sono coinvolti il sindaco di Strongoli Michele Laurenzano e quello di Mandatoriccio Angelo Donnici. Complessivamente sono una decina gli amministratori locali coinvolti, tra i quali figurano anche il vice sindaco di Casabona Domenico Cerrelli e il presidente del Consiglio comunale di Cirò Marina Giancarlo Fuscaldo.

Le accuse rivolte ai 169 indagati sono associazione mafiosa, estorsione, peculato, turbata libertà degli incanti, corruzione e danneggiamento, reati tutti aggravati dal metodo mafioso. Secondo quanto emerso dall'indagine, curata dal procuratore Nicola Gratteri, dall'aggiunto Vincenzo Luberto e dai pm Domenico Guarascio, Fabiana Rapino e Alessandro Prontera, la cosca Farao si sarebbe infiltrata in tutti i settori della vita economica locale: dal porto di Cirò al commercio del pescato, dalla raccolta dei rifiuti al business dei migranti oltre che il settore turistico e le slot machine.

Imposti prodotti cosca a ristoratori in Germania - Imponevano ai ristoratori di origine italiana della zona di Stoccarda, in Germania, l'acquisto di vino, prodotti di pasticceria e semilavorati per la pizza prodotti da imprese legate alla cosca. Tredici persone sono state arrestate per estorsione in Germania. Secondo l'accusa, gli emissari della cosca Farao-Marincola erano anche divenuti i referenti dei ristoratori per la composizione di eventuali controversie che si venivano a creare.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » lun gen 22, 2018 9:43 pm

Maxi blitz nell'Agrigentino, 56 arresti - Sicilia
2018/01/22

http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2018 ... 2b39a.html

I carabinieri del comando provinciale di Agrigento, su disposizione della dda di Palermo, hanno eseguito l'arresto di 56 tra boss e gregari dei mandamenti di Cosa nostra agrigentina. L'inchiesta, la più imponente mai messa a segno nel territorio, ha disarticolato i "mandamenti" di Santa Elisabetta e Sciacca e ha colpito 16 "famiglie" mafiose.

Coinvolti uomini d'onore anche delle province di Caltanissetta, Palermo, Enna, Ragusa e Catania. In carcere, tra gli altri, è finito Francesco Fragapane, 37 anni, figlio dello storico capomafia di Santa Elisabetta Salvatore, da anni ergastolano al 41 bis.

Scarcerato nel 2012 dopo aver scontato sei anni di prigione, Fragapane ha ricostituito e retto lo storico mandamento che comprende tutta l'area montana dell'agrigentino e i paesi di Raffadali, Aragona, S. Angelo Muxaro e San Biagio Platani, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca, Cammarata e San Giovanni Gemini. Fragapane era poi stato riarrestato e nuovamente liberato la scorsa estate: attualmente era sorvegliato speciale. Nell'inchiesta sono coinvolti diversi familiari del padrino di Agrigento e capimafia a lui alleati.

L'indagine è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Claudio Camilleri. Le accuse contestate vanno dall' associazione mafiosa, al traffico di droga, alla truffa, estorsione e a un'ipotesi di voto di scambio.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio gen 25, 2018 7:49 pm

La mafia cinese fa il salto di qualità e replica il modello ’ndrangheta
Roberto Galullo
2018-01-24

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... d=AELsEPoD

Il salto di qualità c’è e si vede. Da anni. Solo che l’orologio di Stato ha tempi e fusi orari talvolta incompatibili con le lancette della società e dell’economia e da poco comincia ad allinearsi a quelli della mafia cinese, sempre più forte nel riciclaggio in attività apparentemente lecite. Sia in Italia che all’estero. Non sono le triadi dei film di azione. Quella è finzione cinematografica. Questa è realtà. Le associazioni criminali cinesi in Italia replicano il modello primitivo della ’ndrangheta: si costituiscono su base familiare o plurifamiliare, fondandosi sul concetto di guanxi, cioè sul senso di appartenenza a un gruppo che, oltre e indipendentemente dai legami di sangue, esprime l’idea della famiglia economica allargata che ruota intorno a interessi comuni: la gestione di un ristorante, di un magazzino di stoccaggio, di una sala giochi legale o clandestina, di una società di trasporti o di qualsiasi altra attività che crei profitti, leciti o illeciti.

Da Prato con furore
L’operazione della Squadra mobile della Polizia di Prato, agli ordini di Francesco Nannucci, la scorsa settimana ha testimoniato plasticamente il salto di qualità. L’accusa per l’associazione guidata da Zhang Naizhong – con un azzardo definito il “capo dei capi” ma che da una belva come Totò Riina, se reggerà l’accusa in Tribunale, non avrà più nulla da imparare – è di essere una realtà mafiosa. Né più né meno. Per attuare il proprio progetto criminale si avvaleva della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà nella comunità cinese.
Prato era il punto di partenza e ritorno ma la prateria nella quale effettuare estorsioni, usura, abusivo esercizio del credito, gioco d’azzardo, traffico di droga, trasporti, logistica non aveva confini. Le radici arrivavano a Roma, Padova e Catania ma anche in Campania e Lombardia.
Le ramificazioni a livello continentale toccavano Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Grecia.
Controllavano il proprio territorio – ed ecco un altro tratto distintivo delle mafie – facendo ricorso alla violenza, al pizzo, ai picchetti e fuori casa andava pure peggio. Nel 2007 a Neuss, città tedesca della Renania Settentrionale-Vestfalia, posta sulla riva occidentale del Reno, di fronte a Düsseldorf, secondo la denuncia di un imprenditore cinese, un commando di suoi connazionali ha aperto il fuoco con una mitraglietta contro due dipendenti della sua società di trasporti, concorrente sulle rotte del commercio italo-tedesco. E non è stata quella l’unica sparatoria di avvertimento.

Il braccio violento
In Italia – ma l’analisi è replicabile ovunque nel mondo – il braccio violento delle associazioni criminali cinesi è composto da giovani di uno stesso nucleo familiare, capaci di esercitare un capillare controllo soprattutto nei confronti dei membri della comunità etnica di appartenenza.
Questo schema si replica soprattutto a Torino, Milano, Brescia, Roma, Prato e Napoli e così la mafia cinese controlla e gestisce locali pubblici, utilizzati soprattutto per gioco d’azzardo, spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, usura verso i connazionali, rapine ed estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti connazionali. Nella relazione 2017 della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna) si legge a chiare lettere che «il carattere cruento di alcuni episodi e fatti di sangue che hanno visto il coinvolgimento di cittadini cinesi, unito all’efferatezza delle modalità esecutive, tende a far propendere per la loro potenziale ascrivibilità anche a contesti di criminalità organizzata».
Aumentano i traffici di esseri umani e rendono miliardi alle mafie

Business a tutto tondo
Contraffazione di modelli industriali e marchi e contrabbando rappresentano il cuore degli affari della mafia cinese, dedita sia alla produzione in laboratorio che al commercio di articoli prodotti in Cina ed importati in Italia. Attraverso l’abbattimento dei costi di produzione e l’utilizzo di manodopera di connazionali clandestini, riesce a porsi sul mercato in condizione concorrenza sleale rispetto alle imprese italiane.
Il 5% di tutte le merci importate in Europa è contraffatta. Circa la provenienza della merce, l’Ocse ha individuato (dati riferiti al 2013) nella Cina il Paese di prevalenza assoluta. In Italia le merci contraffatte giungono essenzialmente da Cina e Hong Kong, seguita dalla Grecia, dove il porto del Pireo, controllato da società cinesi e alla luce delle lacune dell’azione di contrasto doganale e di polizia, costituisce una grande porta d’accesso delle merci illegali in Europa. Seguono Singapore, Thailandia, Turchia, Marocco, Germania, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Senegal. La dimensione globale del fenomeno è certificata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio che stima che i beni contraffatti rappresentino ormai tra il 5 e il 7% del commercio mondiale, per un valore di circa 600 miliardi di dollari all’anno.
Il rapporto Censis di giugno 2016 ha valutato che il fatturato della contraffazione in Italia – nel quale prevale appunto il ruolo dei traffici cinesi – nel 2015 ammontasse a 6,9 miliardi, con una perdita di gettito fiscale stimata in 5,7 miliardi (di cui 1,7 miliardi per la produzione diretta e 4 miliardi per la perdita di gettito sulla produzione indotta in altri settori connessi) e oltre 100mila posti di lavoro sottratti all’occupazione legale. L’immissione sul mercato di un volume di merci legali equivalente al valore di quelle contraffatte determinerebbe un incremento della produzione interna di 18,6 miliardi (lo 0,6% del totale), recando un incremento di valore aggiunto per l’Italia di 6,7 miliardi.

Nel nome degli affari
Il 2 agosto 2017 la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo ha presentato la relazione conclusiva sui rapporti tra criminalità organizzata e contraffazione. Nel capitolo dedicato alla criminalità cinese si legge che le zone più interessate sono la Campania (abbigliamento, componentistica, beni di largo consumo), Toscana, Lazio e Marche (pelletteria), Nord-Ovest e Nord-Est (componentistica ed orologeria).
Visto che in Italia c’è spazio per tutti, i cinesi sono pronti a collaborare con le associazioni di stampo mafioso e camorristico, con le quali sviluppano sinergie, a partire dal traffico degli stupefacenti per giungere a vere e proprie “joint venture” criminali per la distribuzione e la vendita dei beni. Con tali accordi eludono i controlli doganali nazionali, alterano l’origine dei prodotti attraverso transiti in Paesi terzi o sdoganano la merce in altri Paesi Eu, con la successiva introduzione in regime di transito comunitario. Oltre ai rapporti di collaborazione con le organizzazioni di stampo mafioso nazionali – è ancora la relazione della Dna del 2017 – le mafie cinesi hanno rapporti anche con alcune organizzazioni africane alle quali affidano, in taluni casi. la distribuzione al dettaglio.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » lun feb 12, 2018 8:48 pm

Mafia, infamia e Br (di Marcello Veneziani)
MV, Il Tempo 7 febbraio 2018

https://www.facebook.com/bruno.venturi. ... 5169794130


Ma non ha niente da dire il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a chi afferma che la sua è “una famiglia mafiosa”? In un articolo di Letizia Battaglia che appare sul numero in edicola di MicroMega, la rivista della sinistra liberal-giustizialista diretta da Paolo Flores d’Arcais, nata come emanazione del gruppo Espresso-la Repubblica, la femminista siciliana, nel numero dedicato al ’68, scrive testualmente: “La mafia ha determinato la storia della Sicilia.

C’è una foto con Salvo Lima, ammazzato dalla mafia e mafioso lui stesso, con una scritta alle spalle che diceva “La Dc contro la mafia”, una cosa quasi ironica. Piersanti Mattarella, che veniva da una famiglia mafiosa, e forse è stato persino eletto con i voti dei mafiosi, fu ammazzato proprio perché, in veste di presidente della regione, disse “Basta”. La fecero pagare anche a lui”.

Mattarella come Salvo Lima, il mafioso.

Non tiro in ballo le cose che si raccontano da sempre sulla vicenda e sulla famiglia, non do voce a dicerie. Ma questa frase scritta e firmata su una rivista importante, questa affermazione così grave sul Capo dello Stato proveniente da una famiglia mafiosa, credo che meriti tutta l’attenzione del caso.

Ha nulla da dire Sergio Mattarella in proposito? Badi che MicroMega non è una rivista razzista-nazista-xenofoba-fascista, è una rivista antifascista come lui vuole, che condivide il suo giudizio demonizzante sul fascismo che non ha lati buoni, dunque è il Male Assoluto.

E la mafia cos’è, il male relativo, dipende da chi lo dice e da chi lo è? È una questione grave che investe le istituzioni democratiche al livello più alto e merita approfondimenti, risposte e reazioni adeguate.

Ma per restare a MicroMega in tema di antifascismo, dobbiamo all’onestà pur tardiva del giudice Gian Carlo Caselli, che ora in pensione racconta una storia raccapricciante, davvero inquietante.

Dice testualmente Caselli: “In quel periodo, ai tempi delle Brigate rosse, non si poteva pensare diversamente che subito si era accusati di essere fascisti. I primi tempi delle inchieste sulle Br io ero trattato da fascista. Di fatto, sono stato espulso da Magistratura democratica – vogliamo dirle queste cose una buona volta? – perché facendo il mio dovere, ho osato portare a giudizio l’avvocata Lazagna (un partigiano doc che assisteva a tutti i convegni di Md”. Caselli aveva emesso su richiesta del pm Caccia, “un mandato di cattura contro Lazagna per collusione con le Br, in base a fatti riscontrati” e perciò “sono stato di fatto “condannato” ed espulso da Magistratura democratica”.

Era il ’74.

Poi il giudizio su Caselli che indagò tra l’altro su Andreotti, cambiò e Magistratura democratica anni dopo lo riabilitò e fu eletto con Magistratura democratica nel Consiglio superiore della magistratura”.

Chiedo solo se Caselli lo aveva già reso pubblico questo gravissimo fatto, magari prima di essere eletto nel Cms ad opera di Magistratura democratica. Quando dice “vogliamo dirle queste cose?” chiedo.

Perché chi non voleva che si dicessero, chi lo impediva? Ma vi rendete conto in che mani siamo o eravamo? Magistratura democratica caccia un suo iscritto magistrato perché ha osato indagare su un partigiano e magari dimostrare con i fatti il legame tra le Br e i partigiani. Non è un criterio di tipo mafioso? Che differenza c’è tra magistratura e mafia a questo punto?

Ecco, siamo tornati al triangolo virtuoso: Mafia, Antifascismo e Istituzioni, dai vertici dello Stato alla Magistratura. Nulla da dire? Nulla da obbiettare? Quando si farà la storia vera del nostro paese chi racconterà la testimonianza di Caselli e chi darà credito a quella di Letizia Battaglia?



Lima una famiglia mafiosa
https://it.wikipedia.org/wiki/Salvo_Lima
Salvo Lima, all'anagrafe Salvatore Achille Ettore Lima (Palermo, 23 gennaio 1928 – Palermo, 12 marzo 1992), è stato un politico italiano, parlamentare siciliano della DC, ucciso da Cosa Nostra nel 1992. In seguito è stato riconosciuto come uno dei principali referenti politici della mafia ed affiliato alla mafia siciliana fin dai primi anni della sua attività politica.



Mattarella una famiglia mafiosa

https://www.ilfattoquotidiano.it/premiu ... omo-donore

Il pentito di mafia: “Mattarella padre era uomo d’onore”
In una causa per diffamazione la difesa del cronista Caruso deposita un verbale in cui Di Carlo rivela: “Così me lo presentarono nel ‘63”
di Sandra Rizza | 31 marzo 2016

L’aveva detto vent’anni fa e adesso lo ripete: “Il vecchio Bernardo Mattarella, padre del capo dello Stato, mi fu presentato come uomo d’onore di Castellammare del Golfo”. E aggiunge: “Me lo presentò tra il ’63 e il ’64 il dc Calogero Volpe, affiliato alla famiglia di Caltanissetta, che aveva uno studio a Palermo”. Franco Di […]


La disonorevole storia della famiglia Mattarella
Stefano Zecchinelli

http://www.linterferenza.info/attpol/la ... mattarella

La vittoria del ‘’no’’ al referendum dello scorso 4 dicembre non ha certo scosso le fondamenta della borghesia ‘’compradora’’ italiana che – sulla linea dettata da Usa ed UE – nomina capo di governo Paolo Gentiloni, uomo dell’UE ed ammiratore della politica razzista e genocidiaria di Israele. Aveva ragione Pasolini: ‘’la borghesia italiana è la più sozza borghesia europea’’.

Mattarella, già da qualche giorno, si è affannato nel dare garanzie a Washington e Bruxelles ma, referendum a parte, USA e Germania non hanno nulla da temere: senza un reale progetto politico alternativo ed antagonista al neoliberismo ed al militarismo della NATO l’oligarchia al potere avrà sempre un nuovo fantoccio da imporre al “popolo italiano”. Sergio Mattarella è il tipico prodotto della borghesia mafiosa italiana di provenienza democristiana approdata, dopo il 1991, al fanatismo ‘’americanista’’ e sionista.

Qualche mese fa alla Riunione Planetaria della Commissione Trilaterale, il ‘’nostro’’ presidente si è speso in un tanto imbarazzante quanto vergognoso elogio di David Rockefeller, rampollo della famiglia capitalista statunitense che vendette lo Ziklon B ad Hitler, contribuendo così alla pianificazione della Shoah. Ecco il ‘’capo dello Stato’’ che rende gli onori agli architetti dell’ “economicidio” in corso: ‘’Un caldo saluto, strusciando sui tappeti, a Carlo Secchi, presidente del gruppo italiano, a Jean-Claude Trichet, ex Bce, presidente del gruppo europeo, a Vincenzo Amendola, renziano del Pd, allora sottosegretario di Stato agli Esteri. Era il 15 aprile, con le sale del Quirinale tirate a lustro per omaggiare la Commissione Plenaria della Trilaterale e con Mattarella, presa la parola, a fare da sacerdote, benedicendo la grande intuizione di David Rockefeller, padre della commissione’’ 1. Secchi, Trichet, Rockefeller, Draghi, tutti personaggi che, se il diritto internazionale trovasse senso ed applicazione, meriterebbero una seconda Norimberga ma Mattarella non fa altro che mettersi in ginocchio: ‘’Siete i benvenuti – dice – questa è la (falsa) Repubblica del capitale transazionale’’. Rockefeller comanda, Mattarella si mette sull’attenti e Gentiloni continuerà ad eseguire esattamente come Matteo Renzi.

Qualche mese fa, Mattarella andò a rendere gli onori all’imperialismo israeliano compiacendo la lobby sionista italiana. Una vera rottura con la posizione ‘’neutrale’’ della borghesia europea ma soprattutto uno schiaffo, dato a tradimento, a quei leader che qualche decennio fa denunciarono lo strapotere del lobbismo pro-Israele: Charles De Gaulle, Olof Palme e Sandro Pertini. Israele completa la pulizia etnica della Palestina, si permette di insultare l’ONU e i suoi kapò irridono i cittadini italiani colpiti dal terremoto – ‘’punizione divina’’ – ma Mattarella che fa? Vola a Tel Aviv, si mette in ginocchio e dice: ‘’La nostra è un’ alleanza che nessuno può distruggere’’. Domanda: Mattarella si genuflette alla mafia israeliana? Suo padrè, di certo, si è inginocchiato a quella siciliana ed italo-americana.

La storia della famiglia Mattarella è, dall’inizio alla fine, ambigua, con poche luci e moltissime ombre. Il padre di Sergio, Bernardo Mattarella, fu un uomo di mafia nemico dell’attivista anti-militarista Danilo Dolci. I documenti parlano chiaro e il collaboratore di giustizia Francesco di Carlo ammise “Il vecchio Bernardo Mattarella, padre del capo dello Stato, mi fu presentato come uomo d’onore di Castellammare del Golfo. Me lo presentò tra il ’63 e il ’64 il dc Calogero Volpe, affiliato alla famiglia di Caltanissetta, che aveva uno studio a Palermo’’ 2. Il giornalista Aaron Pettinari, su Antimafia Duemila, scrive : ‘’Anche il sociologo Danilo Dolci nel ’66 aveva scritto riguardo ai rapporti con Cosa Nostra di Mattarella padre e Calogero Volpe, che era l’uomo più potente della Dc di Caltanissetta, e così venne querelato e condannato per diffamazione dal tribunale di Roma’’.

Il dossier Casarrubea, del resto, ci rivela come Bernardo Mattarella fosse un doppio-giochista, un conciliatore degli anglostatunitensi con gli interessi della borghesia mafiosa siciliana:

‘’E’ interessante il passo su Mattarella. L’agente “Z Sicana”, un double agent siciliano, riceve dall’uomo politico democristiano alcune “confidenze” sul viaggio di Aldisio a Roma e sui suoi colloqui con il ministro Casati. Per quale scopo Mattarella informa la misteriosa fonte dell’Oss sulle attività dell’alto commissario per la Sicilia? Ha, cioè, compiti di “controllo” su Aldisio? O è semplicemente una delle innumerevoli fonti inconsapevoli di cui si servono gli americani per i loro progetti sull’Italia? Un esempio, ma non sappiamo quanto ingenuo, è Giulio Andreotti dal quale l’agente JK12 per conto dell’Oss apprendeva notizie su ciò che faceva De Gasperi nei suoi uffici. Documento class.: segreto. Destinatari: Whitney Shepardson, capo del Si, e Earl Brennan, capo del settore italiano del Si (Washington). Mittente: Vincent J. Scamporino, responsabile del Si in Italia, teatro delle operazioni nel Mediterraneo. Titolo: Il generale Castellano presenta ad un funzionario del Dipartimento di Stato un piano per affrontare la questione siciliana . Cfr. Nara, rg. 226, s. 108, b. 150, f. jp-1300. Il documento prova l’esistenza di contatti politici tra le autorità americane (Castellano è, dal punto di vista militare, alle loro dipendenze) e le alte sfere della mafia’’ 3

Tutte cose denunciate da Danilo Dolci il quale si tirò dietro l’ira dei clan e degli USA. Insomma, Mattarella ha una storia di lungo corso, una fedeltà comprovata agli statunitensi ed ora agli israeliani, e per questa ragione il suo prescelto è Paolo Gentiloni, forse il peggior ministro degli esteri della storia d’Italia. Le oligarchie non si rinnegano, vanno avanti per la loro strada, referendum a parte.

Sergio Mattarella raccoglie l’eredità del padre, rampollo della borghesia affaristica siciliana e finisce a Tel Aviv giurando fedeltà al sionismo. Paolo Gentiloni è di fatto un apologeta del Fronte Jabat Al Nusra e soprattutto dei neonazisti di Pravy Sektor. Sono loro che daranno garanzie alla BCE, al FMI e ai signori di Washington, Bruxelles e Tel Aviv. Renzi e Napolitano hanno già adempiuto al loro compito, tocca ad altri farsi valere dimostrando di essere degli ascari ‘’per bene’’, dei clown per tutte le stagioni.

http://umbvrei.blogspot.it/2016/12/matt ... l?spref=fb

http://www.antimafiaduemila.com/home/ma ... onore.html

https://casarrubea.wordpress.com/2015/0 ... la-sicilia



http://www.antimafiaduemila.com/home/ma ... onore.html


http://www.linkiesta.it/it/article/2015 ... ella/24530

http://formiche.net/2017/05/25/fatto-qu ... -sproloqui
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » ven mar 02, 2018 8:11 am

'Ndrangheta, in Slovacchia sette italiani arrestati: tra loro l'imprenditore Vadalà di cui aveva scritto il reporter ucciso
1 marzo 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... so/4195201

Sono sette gli italiani arrestati in Slovacchia nell’indagine nata dal reportage del giornalista Jan Kuciak, ucciso domenica con la fidanzata. Come riferisce il quotidiano Korzar, l’operazione condotta dall’Agenzia nazionale anticrimine ha portato inizialmente all’arresto dell’imprenditore Antonio Vadalà, del fratello Bruno e del cugino Pietro Catroppa. Successivamente, il capo della polizia Tibor Gaspar ha confermato l’arresto di altre quattro persone identificate come Sebastiano V., Diego R., Antonio R. e Pietro C.

La polizia ha condotto raid in case e aziende legate a Vadalà, di origine calabrese, a Michalovce e Trebisov, nell’est del Paese, tutte “persone nominate a più riprese dalla stampa, tra cui nell’ultimo articolo di Kuciak” ha fatto sapere il capo della polizia slovacca, Tibor Gaspar. La pista principale delle indagini è proprio quella “italiana“, con al centro la ‘ndrangheta: Gaspar ha reso noto che nel corso delle perquisizioni sono state arrestate complessivamente una decina di persone.

Un’ipotesi avvalorata anche dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che ai microfoni di Radio 1 ha detto: “È ovvio che la ‘ndrangheta è capace di fare queste cose. È radicata, non infiltrata, non solo in tutta Italia ma anche nei paesi europei come Germania, Svizzera ma anche nell’est europeo, oltre che in Slovacchia anche in Bulgaria e in Romania. La ‘ndrangheta si sta estendendo verso l’Est. Va dove c’è da gestire potere e denaro e dove ci sono da gestire opportunità. Le mafie stanno acquistando latifondi per piantare vigneti, per piantare colture, il cui fine è quello di arrivare ai contributi europei“. Alle indagini stanno collaborando Fbi e Scotland Yard come ha riferito il ministro degli Interni di Bratislava, Robert Kalinak, che in un messaggio su Facebook ha scritto che le autorità sono in contatto con “le più importanti agenzie investigative del mondo”, dopo aver chiesto la loro collaborazione nelle indagini.

Della famiglia Vadalà e dei presunti legami con la ‘ndrangheta ha scritto Kuciak nel reportage pubblicato mercoledì dal suo giornale. Nel suo articolo descriveva le attività della criminalità organizzata italiana in Slovacchia. In particolare, aveva raccontato degli affari di quattro famiglie calabresi presenti in Slovacchia soprattutto nei settori dell’agricoltura, del fotovoltaico, del biogas e dell’immobiliare e ritenute nell’orbita ‘ndranghetista: sono i Vadalà, i Cinnante, i Rodà e i Catroppa. Secondo Kuciak, si tratta di gruppi che hanno in Slovacchia decine di società e grazie a frodi varie e manipolazioni sfruttano milioni di euro dai fondi europei. Il cronista ha rivelato anche di contatti di persone dell’entourage del premier Robert Fico con queste figure sospettate di legami con la ‘ndrangheta come denunciato dai suoi colleghi.

“Hanno cominciato a svolgere attività imprenditoriali qui e sfruttare i fondi europei, ma soprattutto a costruire rapporti con importanti persone degli ambienti politici, fino all’ufficio del Governo della Repubblica slovacca”, ha scritto Kuciak. Il giornalista raccontava i legami d’affari di Maria Troskova, l’assistente di Fico, e di Villiam Jasan, ex deputato dello Smer, partito del premier e attuale segretario del Consiglio di sicurezza con un imprenditore italiano di una delle quattro famiglie citate. “Vuol dire che due soggetti dell’entourage della persona arrivata in Slovacchia, denunciato in un caso di mafia in Italia, sono ogni giorno in contatto con il premier: le ha scelte Robert Fico in persona”, ha scritto il giornalista. Ieri Marek Madaric, ministro slovacco della Cultura, ha rassegnato le dimissioni pur non essendo citato nell’articolo. Passo indietro anche per Troskova e Jasan.

“Già da tempo la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria aveva ufficialmente posto all’attenzione degli organi di polizia internazionale e della polizia nazionale slovacca la necessità di monitorare le attività del gruppo dei calabresi arrestati perché sospettati di essere coinvolti nell’omicidio del giovane giornalista Jan Kuciack e della sua compagna – ha detto all’Ansa il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Gaetano Paci -. Il sospetto era nato focalizzando i movimenti degli arrestati, tutti appartenenti e collegati a famiglie mafiose di Bova Marina e di Africo Nuovo, per l’improvviso esplodere di posizioni di grande valore economico ed imprenditoriale in Slovacchia cui erano divenuti titolari: dalle iniziative sulle energie alternative, alle attività agricole e zootecniche”. “Anche in quel Paese, stando alle prime fasi dell’inchiesta – ha detto ancora il capo della Dda reggina – emerge, preoccupante, l’affermarsi del ‘modello ‘ndranghetà, capace di instaurare relazioni collusive con segmenti dell’establishment politico e amministrativo locale e condizionare a proprio vantaggio in maniera distorsiva e determinante in senso negativo i poteri locali nei territori in cui uomini della ‘ndrangheta si riposizionano. Lo abbiamo già evidenziato con le inchieste eseguite nei Paesi del nord Europa, ne emerge conferma, adesso, dell’espansione della ‘ndrangheta e dei suoi metodi corruttivi nei Paesi dell’est europeo dove, peraltro, non esistono gli stessi strumenti legislativi e le stesse prassi avanzate che abbiamo in Italia per contrastare efficacemente la ‘ndrangheta”.

La presenza di interessi della ‘ndrangheta anche in Slovacchia era segnalata nell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia.
“I nuovi sbocchi commerciali determinatisi a seguito della globalizzazione dei mercati – rilevava il documento – potrebbero attirare verso alcuni Paesi dell’Est europeo, tra cui la Repubblica Slovacca, le mire espansionistiche delle organizzazioni criminali di matrice italiana, sempre alla ricerca di ‘mercati nuovì per poter riciclare proventi illeciti”. In particolare, si sottolinea, lo scambio info-investigativo con gli investigatori slovacchi ha riguardato “società e soggetti collegati ad un’organizzazione legata alla ‘ndrangheta, dedita al riciclaggio attraverso transazioni finanziarie all’estero”.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » sab mar 10, 2018 9:40 pm

Rapinavano banche vestiti da operatori della Croce Rossa: arrestati tre napoletani, hanno colpito anche a Parma e Colorno
di Patrizia Ginepri
09 Marzo 2018

http://www.gazzettadiparma.it/news/cron ... lorno.html

Tre rapinatori di origine campana sono stati arrestati dagli uomini del Nucleo Investigativo dei carabinieri con l’accusa di avere compiuto quattro rapine tra Parma, Mantova e la Puglia. Gli uomini, pregiudicati, erano soliti a salire il venerdì gli uffici delle banche portando via grosse somme di denaro e sequestrando dipendenti e clienti. Uno dei malviventi si vestiva da operatore della Croce Rossa. Grazie alle immagini delle telecamere e a un lavoro investigativo capillare i carabinieri sono riusciti a ricostruire almeno quattro colpi messi a segno della banda che avevano fruttato oltre 250mila euro.

I militari hanno eseguito a Napoli un provvedimento di custodia cautelare in carcere per due 50enni e un 40enne con le accuse di concorso in rapina aggravata, in sequestro di persona e in porto di armi. Due sono stati arrestati nel quartiere Sanità a Napoli, il terzo a Melito. I tre uomini sono detenuti a Poggioreale.

Le indagini sono iniziate il 22 settembre dell'anno scorso, quando è stata svaligiata la filiale di Colorno della Banca di Credito Cooperativo – Cassa Rurale ed Artigiana Rivarolo Mantovano. Era un venerdì pomeriggio quando due banditi, uno dei quali vestito una divisa della Croce Rossa, poco prima dell’orario di chiusura sono entrati in rapida successione nella filiale. Hanno minacciato gli impiegati con un taglierino, intimavando loro di rimanere immobili mentre il direttore ha dovuto aprire la cassaforte e inserire i codici per lo sblocco dello sportello Atm. L’ingresso di tre clienti non ha fatto desistere i due rapinatori. I malviventi hanno chiuso impiegati e clienti in bagno, fuggendo con circa 17mila euro. Una fuga su un'auto guidata da un terzo complice.

I malviventi avevano colpito in almeno altre tre occasioni: il 13 marzo 2017 a Parma (rapinato il Banco Cooperativo Emiliano), poi a Foggia e a Marmirolo di Mantova. I carabinieri hanno raccolto indizi su due 50enni e un 40enne di Napoli, con precedenti specifici. Per le rapine a Parma e Colorno, è emerso dalle immagini di videosorveglianza, i malviventi avevano usato la stessa auto, con una targa finta a copertura di quella originale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » mar mar 13, 2018 8:36 pm

Arrestato il «re dell’eolico» Vito Nicastri: colpo alla rete di protezione di Messina Denaro
Roberto Galullo
2018-03-13

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEvsyvFE

Il vento, grande passione imprenditoriale del boss latitante di Cosa nostra Matteo Messina Denaro, ancora una volta gli spira contro. Anche se lui resta una primula rossa da quasi un quarto di secolo.
Oltre cento uomini fra carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, del Raggruppamento operativo speciale e della Dia (agli ordini di Rocco Lopane) stanno infatti colpendo il muro economico e di protezione della primula rossa di Castelvetrano. L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Carlo Marzella. I reati contestati a vario titolo a 12 soggetti sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, favoreggiamento e intestazione fittizia di beni, reati questi ultimi aggravati dalle modalità mafiose.

Sequestrato l'autodromo di Cosa nostra nella Valle dei Templi

L’operazione costituisce l’esito di un’attività investigativa avviata nell’aprile del 2014 sotto il coordinamento della Dda di Palermo, che ha consentito di cristallizzare una serie di condotte criminose di esponenti delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, ritenuti possibili favoreggiatori del latitante Messina Denaro. Le indagini hanno consentito di individuare i capi delle famiglie di Cosa nostra di Vita e Salemi. Gli arrestati, servendosi anche di professionisti per consulenze agricole e immobiliari, sono riusciti attraverso società di fatto riconducibili all’organizzazione mafiosa ma fittiziamente intestate a terzi, a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname nonché in attività di ristorazione.

Maxi sequestro di imprese sull’asse Reggio Calabria-Firenze

L’attività d’indagine svolta dagli inquirenti ha consentito di accertare che parte del denaro derivante dagli investimenti sarebbe stata destinata dai vertici di Cosa nostra trapanese al mantenimento del latitante.

Contestualmente sono stati sequestrati tre complessi aziendali.

Tra gli arrestati c’è Vito Nicastri, «il signore del vento» per i suoi investimenti nell’eolico e a cui sono stati già confiscati beni per oltre un miliardo (? un miliardo). Nicastri è indagato per concorso esterno.

Totò Riina nelle conversazioni nel carcere milanese di Opera con il compagno di socialità Alberto Lorusso, si lamentava per il fatto che il boss di Castelvetrano si facesse gli affari propri. «Questo signor Messina - disse Riina - questo che fa il latitante che fa questi pali eolici ... ci farebbe più figura se la mettesse nel c... la luce e se lo illuminasse... fa pali per prendere soldi ma non si interessa...».

Le indagini hanno individuato Salvatore Crimi e Michele Gucciardi i capi famiglia di Cosa nostra di Vita e Salemi. I due sono riusciti, attraverso Agri Innovazioni srl, secondo investigatori e inquirenti società di fatto riconducibile al pregiudicato mafioso Girolamo Scandariato, a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname.

I due “uomini d'onore” hanno avuto un ruolo centrale nella gestione di una grossa operazione di speculazione immobiliare realizzata attraverso l'acquisto in un'asta giudiziaria di una vasta tenuta agricola di oltre sessanta ettari (località Pionica del comune di Santa Ninfa) e la successiva rivendita alla Vieffe, società agricola riconducibile ad imprenditori di San Giuseppe Jato, ritenuti vicini ad ambienti mafiosi locali.
L'azienda agricola, di proprietà della moglie di Antonio Salvo, nipote degli ex esattori salemitani, i cugini Nino e Ignazio Salvo, sotto la regia di Cosa nostra trapanese, venne formalmente acquistata all'asta da Roberto Nicastri, ritenuto prestanome del fratello Vito, mprenditore del settore eolico, già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, per poi essere ceduta a Vieffe per l'importo di 530.000 euro.
Il prezzo di vendita reale dei terreni è stato notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre duecentomila euro, sarebbe stata incassata dagli uomini di Cosa nostra per la loro attività di “intermediazione immobiliare”.

Secondo le dichiarazioni del defunto collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, corroborate dall'attività d'intercettazione svolta dagli inquirenti, parte di tale somma sarebbe stata destinata da Michele Gucciardi e Vito Gondola, già reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, al mantenimento del latitante Messina Denaro, che l'avrebbe ricevuta proprio attraverso Lorenzo Cimarosa e Francesco Guttadauro, nipote prediletto del latitante, attualmente detenuto.
Michele Gucciardi avrebbe inoltre costretto l'originaria proprietaria dei terreni a rinunciare ai propri diritti di reimpianto dei vigneti sulla tenuta agricola, per consentire agli imprenditori di San Giuseppe Jato di ottenere finanziamenti comunitari per seicentomila euro circa, in parte distratti per pagare il prezzo d'acquisto della tenuta stessa.
Sempre Michele Gucciardi - e sempre secondo le ricostruzioni di investigatori e inquirenti - era riuscito a reinvestire il denaro della famiglia mafiosa di Salemi in terreni già riconducibili al mafioso Salvatore Miceli, acquistati formalmente dalla moglie di Sergio Giglio, recentemente condannato per associazione mafiosa, perché coinvolto nella veicolazione dei “pizzini” per Matteo Messina Denaro.

Salvatore Crimi, attraverso la società Aerre sas di proprietà della moglie, è riuscito ad investire nel campo della ristorazione, aprendo un ristorante. Girolamo Scandariato deve rispondere anche del reato di estorsione aggravata da metodo mafioso per aver svolto il ruolo di mediatore mafioso in un'estorsione perpetrata ai danni di alcuni imprenditori che avevano acquistato un terreno agricolo in Castelvetrano, sul quale avrebbe vantato diritti di proprietà (occulta) il defunto boss mafioso Totò Riina.
Le società Aerre sas, nonché il 25% del capitale sociale della Agri Innovazioni (quota fittiziamente intestata al figlio di Girolamo Scandariato) sono state poste a sequestro preventivo finalizzato alla confisca poiché ritenute fittiziamente intestate a soggetti in realtà facenti parte dell'organizzazione mafiosa.
Il sequestro della Vieffe si è invece reso necessario poiché è stato accertato essere un'impresa, a tutti gli effetti, a partecipazione mafiosa, fungendo per investigatori e inquirenti da strumento per il perseguimento dei fini economici dell'organizzazione criminale.



Mafia, colpo al clan di Messina Denaro: 12 arresti - Sicilia
In cella anche Vito Nicastri, il 're dell'eolico'
2018/03/13

http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2018 ... c7a7a.html

Oltre 100 uomini tra Carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, del Raggruppamento operativo speciale e della Dia, stanno eseguendo 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Palermo su richiesta della Dda. Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, favoreggiamento e fittizia intestazione di beni, tutti aggravati da modalità mafiose. L'operazione nasce da un'inchiesta avviata nel 2014 su esponenti delle famiglie di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro.

Le indagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Paolo Guido, hanno consentito di individuare i capi dei due clan e di scoprire gregari ed estorsori delle cosche. Gli arrestati, servendosi anche di professionisti nel settore di consulenze agricole e immobiliari, sarebbero riusciti attraverso società di fatto riconducibili all'organizzazione mafiosa ma fittiziamente intestate a terzi a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione.

Parte del denaro derivante dagli investimenti delle cosche trapanesi di Vita e Salemi (Trapani), azzerate dai carabinieri e dalla Dia che oggi hanno arrestato 12 tra capimafia e gregari, sarebbe stata destinata al mantenimento del boss latitante Matteo Messina Denaro ricercato dal 1993. In particolare, i due clan avrebbero realizzato ingenti guadagni investendo nel settore delle agricolture innovative e della ristorazione. I Carabinieri, nel corso dell'operazione, hanno sequestrato tre complessi aziendali, comprensivi degli immobili e dei macchinari, fittiziamente intestati a terzi ma ritenuti strumento per il business dell'organizzazione criminale.

In carcere è finito anche Vito Nicastri, il "re dell'eolico", il "signore del vento", tra i primi in Sicilia a puntare sulle energie pulite. Quello di Nicastri non è un nome nuovo per i carabinieri e il personale della Dia che hanno condotto l'ultima inchiesta sui presunti favoreggiatori del padrino di Castelvetrano: i suoi legami col boss gli sono costati sequestri per centinaia di milioni di euro. Di lui, tra gli altri, ha parlato il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, indicandolo come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d'onore, Michele Gucciardi.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » mar mar 13, 2018 8:40 pm

Narcos napoletani, 29 arresti per traffico internazionale di droga
12 marzo 2018

http://www.napolitoday.it/cronaca/narco ... resti.html

I Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli stanno eseguendo un’ordinanza di Custodia Cautelare emessa dal GIP di Napoli a carico di 29 indagati ritenuti responsabili a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata da finalità mafiose. Durante indagini coordinate dalla DDA di Napoli i militari del Nucleo Investigativo di Napoli hanno scoperto l’esistenza e l’operatività di un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga con base a Marano, nell’hinterland a Nord di Napoli. I promotori del gruppo di trafficanti, agevolando l’organizzazione camorristica degli “Orlando” comprendente anche elementi dei clan “Nuvoletta” e “Polverino”, rappresentavano il punto di congiunzione tra fornitori di droga inseriti in contesti criminali più vasti - contesti ai quali ambivano in prima persona con la partecipazione diretta alle “puntate” - e gli spacciatori al dettaglio di Campania e Lazio, loro stabili acquirenti.

Acquisiti elementi a carico di pedine fondamentali nel traffico internazionale di hashish dal Marocco a Napoli attraverso la Spagna. Emerso il ruolo poliedrico di alcuni personaggi che facevano da corriere o della cessione diretta per conto del sodalizio o di intermediari nella vendita di stupefacente tra i vertici del gruppo e gli acquirenti della provincia. Scoperti i custodi, tra i quali una donna che forniva appoggio logistico ed era stata arrestata nel corso delle investigazioni perché trovata in possesso di circa 50 Kg. di hashish nascosti nella sua vettura.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » sab mar 17, 2018 5:16 pm

Vigilante ucciso a Napoli, arrestati tre minorenni: volevano rubargli la pistola. Le immagini della videosorveglianza
17 marzo 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... za/4232562

Sono tre minorenni i responsabili della morte della guardia giurata Francesco Della Corte, aggredito a colpi di bastone lo scorso 3 marzo mentre stava chiudendo la stazione della metropolitana di Piscinola, a Napoli, e deceduto due giorni fa in ospedale. I tre, due 16enni ed un 17enne, sono stati fermati dalla Polizia con l’accusa di tentata rapina e omicidio doloso. I ragazzini hanno confessato l’aggressione e sono stati portati nel carcere di Nisida. Nei confronti dei tre è stato emesso un decreto di fermo al termine dell’inchiesta della Polizia, coordinata dalla procura dei minori di Napoli. I giovani erano tutti e tre incensurati e non frequentano alcun istituto scolastico. Il vigilante Della Corte, 51 anni di Marano, fu ripetutamente picchiato e ferito alla testa mentre stava effettuando gli ultimi controlli prima di chiudere il cancello d’ingresso alla stazione della metro. Quando i poliziotti del commissariato di Scampia arrivarono alla stazione di Piscinola, lo trovarono inginocchiato vicino all’auto della società per cui lavorava – la Security Service – con il viso completamente insanguinato e una vistosa ferita in testa. In un cassonetto nei pressi dell’auto gli agenti trovarono un bastone di legno e la borsa di Della Corte. Portato all’ospedale Cardarelli e operato d’urgenza al cervello, il vigilante era stato tenuto in coma farmacologico, ma nella notte tra giovedì e venerdì è morto.

Gli uomini del commissariato di Scampia sono risaliti ai due sedicenni e al diciassettenne sia attraverso le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza sia grazie ad una serie di intercettazioni e di interrogatori di persone sospettate di aver avuto un ruolo nella vicenda. I tre, secondo quanto ricostruito, avrebbero atteso l’arrivo del vigilante alla stazione della metro per impossessarsi della pistola e poi, armati di due piedi di un tavolo in legno trovati in strada, lo hanno aggredito alle spalle, colpendolo ripetutamente alla testa. I ragazzini non sono però riusciti a prendere l’arma poiché Della Corte la teneva ben nascosta in una tasca della giacca
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » ven mar 23, 2018 5:17 am

Il parroco di Scampia attacca Saviano: "Ci hai stancato, l'antimafia a tavolino non serve"
Don Aniello Manganiello, già parroco di Scampia, contro Roberto Saviano.
9 gennaio 2017

http://www.articolotre.com/2017/01/il-p ... tcher=true

“Riconosco a Saviano –dice il sacerdote- il merito di aver raccontato in modo sistematico e chiaro le attività criminali che infestano la Campania, ma ha sempre ignorato il bene che comunque esiste nelle nostre terre. L’opinione pubblica preferisce le storie che aumentano l’adrenalina, le trame violente e criminali. E lo scrittore preferisce ignorare gli uomini le donne che rischiano ogni giorno per contrastare la cultura mafiosa e il degrado del territorio napoletano”.

“Caro Saviano – continua il sacerdote- a Scampia ci sono stato come parroco e so di cosa parlo. Ti dico che non basta scrivere libri, fare antimafia a tavolino, ma occorre lottare per creare nuove condizioni di vita. Caro Saviano, siamo stanchi dei tuoi romanzi, delle produzioni cinematografiche e televisive. Siamo stanchi di Gomorra, vogliamo un’anticamorra delle opere. Anch’io sono stato minacciato di morte dai Lo Russo e ho rifiutato la scorta per stare in mezzo alla mia gente. Non chiedo altrettanto a Saviano, ma abbiamo bisogno di testimoni e non di maestri”.
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