Banche venete e italiane, ruberie e depredazioni

Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » mer mar 06, 2019 8:00 am

Sileoni contro i dem: "Nei cda delle piccole banche malate? Quasi tutta gente del Pd"
Luisa De Montis - Mar, 05/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 57294.html

La polemica è scoppiata negli studi di "Coffee Break", in onda su La7, quando il segretario della Federazione Autonoma dei Bancari italiani ha denunciato la presenza di persone vicine al pd nei cda dei piccoli istituti di credito con problemi. Marattin (Pd): "Affermazione grave, ne risponderà"

"Ha fatto un'affermazione piuttosto grave". La polemica, negli studi di "Coffee Break", in onda su La7 tutte le mattine, si accende così, discutendo di banche.

Da una parte Lando Maria Sileoni, segretario generale della Federazione Autonoma dei Bancari Italiani. Dall'altra il deputato del Partito democratico, Luigi Marattin.

"Le piccole banche, quelle che hanno mantenuto il virus dell'allocazione del credito, negli ultimi 20 anni nei loro consigli d'amminsitrazione avevano quasi tutta gente del Pd". Come riportato dal Corriere della sera, a generare la discussione, in studio, la frase pronunciata da Sileoni. Poi un momento di silenzio e subito la replica del dem: "Stiamo dicendo che il Pd ha nominato dei propri rappresentanti nei cda di quelle banche? Se lo state dicendo, per carità, ne risponderete penalmente. È un'affermazione falsa, questa è diffamazione. Se la vuole ripetere, sono ben contento di fargliela ripetere. Cè un nuovo segretario del Pd che deciderà che cosa fare con questa affermazione".

Immediato l'intervento di Alessio Villarosa, sottosegretario pentastellato all'Economia. Che ha commentato: "I 5 Stelle non c'entrano di sicuro".
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » sab giu 15, 2019 7:51 pm

Processo BpVi Loison: «Zonin sapeva tutto»
13 giugno 2019

https://www.ilgiornaledivicenza.it/terr ... 3kBby7DF2o

MESTRE. «Zonin sapeva tutto». Va dritto al punto Dario Loison, titolare dell'omonima azienda artigianale di Costabissara. In aula bunker a Mestre, nel processo che vede imputati gli ex vertici della Banca Popolare di Vicenza, l'imprenditore vicentino parla senza mezzi termini di «piano diabolico che ha distrutto la banca».

«È possibile che uno menta sapendo di mentire e gli venga anche permesso? Il presidente Zonin sapeva tutto, è fuori discussione», ha dichiarato Loison ai microfoni Rai del Tgr Veneto. «Quando Zonin diceva che aiutava il sistema in realtà lo ricattava. Come? Dicendo dovete comprare le azioni». «Operazioni sporche» le definisce Loison, che già in passato aveva raccontato in pubblico il dramma della sua famiglia che ha visto bruciati 22 milioni di euro nel tracollo della BpVi.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » dom ott 27, 2019 12:39 pm

Zonin chiede scusa ai soci della BpVi: serviva la fusione
26 ottobre 2019

https://www.ilgiornaledivicenza.it/terr ... -1.7735502

VICENZA. «Io ho sofferto e soffrirò ancora, ma il mio dispiacere più grande è, e resterà, per le sofferenze a cui sono andati incontro i piccoli risparmiatori». È uno dei passaggi dell'intervista che l'ex presidente della Banca popolare di Vicenza, Gianni Zonin, ha rilasciato al nostro giornale.

Parole in cui l'ex numero uno della Popolare ripercorre quanto accaduto dopo l'apertura dell'inchiesta che ha poi portato al processo nei suoi confronti e nei confronti di altri cinque ex manager dell'istituto.






Roberto Brazzale
26 ottobre 2019

L'intervista al Cav. Gianni Zonin pubblicata oggi dal Giornale di Vicenza dovrebbe chiarire, a chi ancora avesse dei dubbi al riguardo, lo stato di incoscienza della realtà che caratterizza l'élite dirigente italiana, intellettualmente molto più modesta di quanto la pompa che la circonda induca a credere.

L'ex Presidente della Banca Popolare di Vicenza non fa alcun riferimento al fenomeno di sistema legato all'introduzione della moneta unica che ha determinato a partire dalla fine degli anni '90 e fino al 2008 una bolla esagerata di credito a buon mercato, poi trasformatisi in gran parte in NPL, ossia dimostra di non avere la più pallida coscienza del "disastro Euro".

In secondo luogo, Gianni Zonin sorprendentemente insiste ancora nel rimpianto per la mancata fusione tra Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca che si era provata a realizzare quando oggi sappiamo, e allora già molti lo avevano capito, che entrambi gli istituti avevano già bruciato in perdite ben più del proprio capitale. (un penoso tentativo di scaricare su Consoli tutte le responsabilità?).

Dispiace constatare come l'ex Presidente Zonin non faccia alcun cenno nè autocritica in ordine alla prassi consociativa che coinvolgeva le associazioni di categoria del territorio e che aveva portato la Popolare di Vicenza ad una situazione di grave conflitto di interessi tra i vertici di Confindustria e la Banca stessa.

Personalmente, mi sono dimesso, solitario, dagli incarichi in Confindustria Vicenza nel 2014 per protesta contro la commistione di interessi ed il gravissimo fenomeno di collocamento di "baciate" presso gli associati allora in corso. Ricordo ancora come molti colleghi, anche se in buona fede, mi considerassero un "leguleio" ed un "rompiscatole".

I veneti, condizionati dalla propaganda romana, non hanno ancora capito che la fondamentale ragione del dissesto delle popolari venete non è da imputare ad un loro stato di minorità, ma all'effetto di sistema dell'ingresso dell'Italia nella moneta unica senza la successiva attuazione delle promesse e necessarie riforme strutturali, peraltro impossibili, ma il dissesto avrebbe potuto essere fortemente limitato nella gravità se a Vicenza la banca Popolare, le Associazioni e la stampa stessa fossero state inserite in un sistema sano e dialettico.

Comunque, l'esperienza non è servita a nulla, visto che, salvo il fallimento della banca, tutto il resto, a Vicenza, è lì, esattamente com'era prima.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » ven mag 08, 2020 9:29 pm

Pop Vicenza, la bancarotta da 4 miliardi e gli effetti di due sentenze civili sul patrimonio di Zonin
Il tribunale ha revocato una donazione immobiliare e una cessione di quote d’azienda che l’ex dominus dell’Istituto aveva fatto nei confronti della moglie e del figlio
Ivan Cimmarusti
8 maggio 2020

https://www.ilsole24ore.com/art/pop-vic ... 1588925727


La macchina comunicativa
A questo si aggiunga il «sistema» di «false notizie» diffuse attraverso comunicati stampa e comunicazioni al pubblico. Un meccanismo per celare la reale entità del patrimonio (nei bilanci di esercizio 2012, 2013 e 2014), enfatizzando aspetti come la concessione dei finanziamenti che in realtà stavano incrinando l’assetto dell’Istituto. Non solo: in modo «consapevole» era stata ostacolata la vigilanza della Banca d’Italia.

Il plafond da mezzo miliardo
Adesso, però, gli inquirenti intendono stringere il cerchio attorno alla bancarotta dell’Istituto vicentino. Un buco da 4 miliardi di euro su cui stanno indagando i sostituti procuratori Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori assieme. L’innesto è un’operazione di investimenti con un plafond da mezzo miliardo di euro che l’allora governance intendeva utilizzare. Si tratta di investimenti nei fondi esteri Athena e Optimum, del valore di circa 350 milioni.

I dispositivi civili
Ma torniamo alle sentenze civili, in quanto le decisioni potrebbero avere un peso proprio nel procedimento per bancarotta. Con la prima il tribunale ha «dichiarato l’inefficacia relativa» nei confronti della Banca Popolare di Vicenza delle donazioni del 15 gennaio 2016 e del 13 maggio 2016 - nel cuore dell’indagine sul dissesto dell’Istituto - con cui Zonin ha trasferito, rispettivamente, al figlio Michele la proprietà di alcuni beni immobili (prezzo dichiarato di 320mila euro) e alla propria moglie Silvana Zuffellato altri immobili (prezzo dichiarato di 680mila euro).

Nella seconda sentenza, invece, è stata dichiara «l’inefficacia relativa» per la cessione di partecipazione del capitale sociale della società Tenuta Rocca di Montemassi srl (per il 2%, prezzo dichiarato 334mila euro) del 22 dicembre 2015 a beneficio della moglie Silvana.

Distrazione di beni
Le motivazioni chiariscono che, in entrambi i casi, le operazioni potrebbero aver avuto lo scopo di distrarre beni che potevano essere garanzia per i terzi. D’altronde la stessa Banca, attrice nei due processi civili, ha dichiarato che nel momento della cessione dei beni, le presunte condotte illecite di Zonin nella gestione della Pop, risultavano già «accertate dai procedimenti sanzionatori» avviati nei suoi confronti «dalla Consob e dalla Banca d'Italia, che avevano irrogato sanzioni, rispettivamente, per 370mila euro e 234mila euro». Non solo, perché lo stesso Istituto ha ricordato che a seguito degli esiti dell'inchiesta penale ha avviato una azione di responsabilità verso Zonin, proprio per chiedere il risarcimento del danno.
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Re: Banche venete e italiane, ruberie e depredazioni

Messaggioda Berto » gio dic 10, 2020 8:29 am

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Re: Banche venete e italiane, ruberie e depredazioni

Messaggioda Berto » gio dic 10, 2020 8:29 am

Repubblica di Venezia e quella d’Italia, che differenza!
accademiadegliuniti Enzo Trentin
8 dicembre 2020

https://blogdiet.wordpress.com/2020/12/ ... ifferenza/


Per i cultori meno appassionati della storia veneta, di seguito offriamo alcune noterelle sull’origine della banca di tipo veneziano. La banca di trasferimento o di giro, offre la convenienza per i mercanti di effettuare pagamenti mediante trasferimenti di credito sui libri dei banchieri invece di usare denaro contante. Questa opportunità era tanto più apprezzata quanto più il sistema monetario era complicato o in via di deterioramento. Con migliaia di depositanti che trasferivano crediti gli uni agli altri, un banchiere pagava gli acquisti con accrediti sui suoi registri, è cosi allargava le proprie operazioni commerciali, confidando che i depositanti non avrebbero chiesto denaro contante ma si sarebbero limitati a trasferire crediti ad altri depositanti.


Un cambiavalute

I vantaggi e i pericoli di questa situazione apparvero con particolare evidenza nella carriera di Alvise Pisani. Già prima dei trent’anni questi aveva cominciato a gestire nel 1499 la banca fondata dal padre un ventennio prima. Improvvisamente il fallimento della più antica delle quattro banche esistenti (il banco Garzoni seguito dal fallimento della banca Lippomano che conta 1248 clienti, 700 dei quali patrizi) provocò l’assalto dei clienti a tutte le alte. Una volta scossa la fiducia, i mercanti non si accontentavano di accettare pagamenti mediante scritture sui registri bancari, ma volevano denaro contante. Se il banchiere, come nel caso del Pisani, aveva spedito il denaro in Inghilterra per importare lana o panno, o se correva voce che egli avesse perduto molta mercanzia per il naufragio di qualche nave, egli rischiava di essere sorpreso con le casse vuote.

Ben presto quella del Pisani fu la sola grande banca rimasta aperta. Nella piazzetta di Rialto, intorno al tavolo dove Alvise sedeva col libro aperto davanti, pronto a registrare trasferimenti e ritiri, vi fu un affollarsi frenetico di depositanti. Descrivendo la scena, un contemporaneo racconta che il Pisani si accingeva a fare le registrazioni sul suo libro secondo il solito; ma erano tanti coloro che desideravano ritirare il denaro che la penna gli fu strappata di mano da chi voleva che gli fosse saldato il conto.


Ritratto del Provveditore
Alvise Pisani

Vedendo tanta furia, il Pisani mise da parte la penna, e dichiarò che tutti i depositanti, dal primo all’ultimo, avrebbero avuto ciò che a loro spettava. Mandò quindi avviso a suo zio (membro del Consiglio dei Dieci), e i capi dei Dieci giunsero a Rialto con un banditore pubblico per ristabilire l’ordine e annunciare la costituzione di un fondo di garanzia di 100.000 ducati. Primi nella lista dei sottoscrittori furono i parenti del banchiere; poi si radunarono i loro amici per impegnarsi anch’essi come garanti, e dopo vennero gli amici degli amici, quasi tutto Rialto.

Quando gli stranieri videro questo (racconta Antonio Priuli) tutti, per guadagnare simpatie – catalani, spagnoli, marrani, fiorentini, pisani, milanesi, lucchesi, senesi, bolognesi, genovesi e romani, e di quanti altri popoli erano rappresentati a Rialto – assunsero impegni di garanzia. É il Priuli commenta: la riunione di tanti gentiluomini venuti a far da garanti per il bene e la salvezza di una banca sulla quale riposava in così larga misura l’onore e la reputazione di Venezia, fu lo spettacolo più bello che si vedesse da parecchi anni.

Nonostante il successo di quel giorno nel capovolgere la psicologia del mercato, la banca di Alvise Pisani affrontò un altro assalto l’anno seguente. Il Pisani allora accrebbe ulteriormente la sua buona reputazione arrivando vestito di scarlatto, accompagnato da un pubblico banditore il quale proclamò dai gradini del ponte di Rialto che tutti dovevano venire a ritirare il loro denaro perché Alvise liquidava; e in effetti il banchiere rimborsò tutti per intero. Di conseguenza, quando quattro anni più tardi, in un periodo di denaro facile, egli aprì una nuova banca, gli fu possibile concentrare nelle sue mani quasi tutta l’attività bancaria.

La ricchezza e le alte relazioni politiche della sua famiglia lo avevano salvato durante la stretta del 1499, e lo aiutarono ad ampliare le sue operazioni fra il 1504 e il 1526. Vincoli matrimoniali rafforzarono i suoi legami con i membri più ricchi e più potenti della nobiltà veneziana, e uno dei suoi figli diventò cardinale. Particolarmente festosa fu la celebrazione del matrimonio di sua figlia con il figlio dell’uomo più ricco di Venezia, Giorgio Corner, fratello della regina di Cipro. Alvise diventò, come dice Marin Sanudo, «una potenza della terra». Nelle elezioni dogali del 1521 si parlò di lui come di un possibile candidato; e in quelle del 1523 egli fu un sostenitore eminente del candidato riuscito vincitore, Andrea Gritti, una nipote del quale si era sposata poco prima con un suo figlio.

Alvise Pisani non andò immune dai vituperi di cui spesso erano fatti oggetto i politici-banchieri. Dopo una festa particolarmente allegra certi giovani nobili scribacchiarono sotto il portico di Rialto insulti a tutti i banchieri che avevano colà le loro tavole. Le scritte furono rapidamente cancellate, ma il Sanudo riuscì a sapere quello che dicevano. Un banchiere era preso di mira per la cortigiana da lui mantenuta. Un altro per essere nelle mani di Anselmo, un ricco ebreo. Di Alvise Pisani era scritto: «Alvise Pisani rebelazzo [ribelle, traditore], sotto sto doge tu venderà il Palazzo». Ma le sue buone fortune durarono fino alla morte, che lo colse nella carica onorifica e ricca di responsabilità di Provveditore, mentre prestava servizio presso l’esercito franco-veneziano che fu decimato dal tifo nel 1528 durante l’assedio di Napoli. Alvise Pisani visse prima che la valuta cartacea rendesse cosa abituale finanziare le guerre con l’inflazione monetaria. La sua importanza nella storia della banca consiste nella misura in cui egli permise a Venezia di finanziarle con l’inflazione del credito bancario.

Tutt’altra storia ci propone l’attuale sgangherata Repubblica Italiana.
Luigi Luzzatti

L’ennesima inefficienza statale (eufemismo) ha impoverito, oltre al territorio e al suo tessuto produttivo, circa 207mila azionisti veneti di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Le banche popolari, erano nate in Germania a opera dell’economista e uomo politico Franz Hermann Schulze-Delitzsch (1808-1883), compaiono in Italia per opera dell’economista e politico Luigi Luzzatti [ebreo veneziano https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Luzzatti ] che con la pubblicazione nel 1863 dell’opera “La diffusione del credito e le banche popolari“, è stato il fondatore prima della Banca Popolare di Lodi e successivamente anche della Banca Popolare di Milano, dando impulso all’inaugurazione e diffusione di molte altre omologhe nei decenni successivi.

La Banca Popolare di Vicenza, venne fondata nell’omonimo capoluogo nel 1866. È la prima banca popolare in Veneto. Negli anni 2000 BPVi, attraverso un’azione di sviluppo proseguita fino al 2007, acquisì altri istituti bancari, tra cui Banca Nuova, operativa in Sicilia, e la Cassa di Risparmio di Prato in Toscana. Il nucleo storico di Veneto Banca (diventata una società per azioni nel 2015) è rappresentato dalla Banca Popolare di Montebelluna, fondata nel 1877. L’istituto nacque a supporto di un territorio privo di strutture industriali rilevanti e fortemente impoverito dalla massiccia emigrazione verso il continente americano. Sorse in base ai principi, che allora andavano diffondendosi in fatto di cooperativismo creditizio e di “amicizia di capitale e lavoro”.

Le due popolari in questione soccombono per una serie di questioni che la recente cronaca ha sviluppato ampiamente e che qui riteniamo superfluo ripercorrere. Principalmente la causa risiede nelle operazioni baciate. Queste sono finanziamenti, offerti a tassi di interesse più vantaggiosi, erogati da una banca a un cliente a patto che questi acquisti azioni della banca stessa. La concessione di un finanziamento da parte di una banca in correlazione con l’acquisto di sue azioni sovrastimerebbe il capitale, dando ai terzi una visione di solidità che non corrisponde a quella reale. Qui è opportuno rilevare l’articolo 2358 c.c., ai sensi del quale “la società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni”, salvo che tali operazioni non siano “preventivamente autorizzate dall’assemblea straordinaria” e nel rispetto delle condizioni previste dalla stessa norma.

Nella vicenda di queste “popolari” lo Stato al solito non ha brillato, attivando deroghe al codice civile. Le procedure di risoluzione delle banche penalizzano “per principio” i subordinati e gli azionisti. Così l’acquisizione delle banche venete da parte di Intesa Sanpaolo si è conclusa con un bel regalo agli azionisti di quest’ultima, che ha acquisto a 1 euro di BPVi e Veneto Banca. Parallelamente ai privati è stata preclusa qualsiasi operazione di acquisto.

Come spesso accade non ha brillato nemmeno la magistratura con il suo ritmo routinario. In ogni caso per chi volesse seguire la vicenda Bankileaks.com [ https://bankileaks.com/documenti-files/ ] è il nuovo sito specifico dedicato dal network «VicenzaPiù» alla pubblicazione di fatti e documenti altrove non reperibili o difficilmente rintracciabili.

Gli amministratori di queste “popolari” di fronte ai magistrati dichiarano di non saperne niente, o di non ricordare. Le testimonianze, comunque, svelano decenni di guida autoritaria. Un regime di controllo ”militare” in banca emerge per la prima volta durante il processo BPVi.

Sul Crac della Banca Popolare di Vicenza: a dover affrontare un processo, a partire dal prossimo 14 gennaio, sarà anche l’ex direttore generale e Ad Samuele Sorato, la cui posizione era stata separata a fine 2017 dal filone principale per ragioni di salute. Il dibattimento sarà l’occasione, per Sorato, di chiarire la sua posizione in merito alle vicende che hanno portato lo storico istituto di credito al dissesto. E sarà a tutti gli effetti un nuovo processo, sempre per i reati di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo agli organismi di vigilanza. Impossibile, infatti, «inserire» Sorato nel processo principale – iniziato a dicembre 2018 e già in uno stato avanzato -, quello che vede sul banco degli imputati i vertici dell’istituto (a partire dall’ex presidente Gianni Zonin) e Bpvi Spa in liquidazione coatta amministrativa.

Insomma, una della tante pagine dell’Italia unita. E che si vuole una e indivisibile. Attraverso una banale comparazione di questo spicchio di storie patrie si possono rilevare le due “ere morali”. Da una parte si erge un’etica professionale, dall’altra la metamorfosi della costumanza.

Ai giorni nostri assistiamo anche alla coartazione di militari, scolaresche e sportivi impegnati in gare internazionali nel canto dell’inno nazionale. Un’idea fortemente voluta dal massone Carlo Azeglio Ciampi quand’era Presidente della repubblica. E c’è chi si chiede se si possono rimproverare quei veneti che sempre più numerosi, a fronte dell’inno nazionale che recita “…fratelli d’Italia”, prorompono nell’esclamazione: «Gnanca parenti!»
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Re: Banche venete e italiane, ruberie e depredazioni

Messaggioda Berto » lun giu 21, 2021 7:21 am

«Zonin, monarca assoluto di BpVi. Gestiva tutto lui»
19 giugno 2021

https://www.ilgiornaledivicenza.it/terr ... refresh_ce

Gianni Zonin non era un “primus inter pares (primo tra uguali, ndr), un presidente prevalentemente dedito a incrementare il patrimonio artistico della banca, ad assolvere funzioni di rappresentanza e a dirigere in modo imparziale la dialettica consiliare”. L’ex presidente della Banca popolare di Vicenza era invece “un monarca assoluto” che decideva ogni cosa: dalle operazioni “baciate” al capitale finanziato, agli investimenti nei fondi esteri. A sostenerlo è il collegio del tribunale, presieduto dal giudice Deborah De Stefano, nelle 1.111 pagine di motivazioni della sentenza del processo per il crac dell’istituto che si era concluso a fine marzo con quattro condanne in primo grado. La pena più alta, 6 anni e mezzo, era stata inflitta proprio a Zonin. Emanuele Giustini, ex vice direttore generale responsabile dell’area mercati, era stato condannato a 6 anni e tre mesi. Sei anni ciascuno erano stati inflitti agli altri due ex vice direttori generali, Paolo Marin, responsabile dell’area crediti, e Andrea Piazzetta, a capo del settore finanza. Erano invece stati assolti l’ex consigliere di amministrazione Giuseppe Zigliotto e l’ex dipendente Massimiliano Pellegrini. Il tribunale aveva inoltre ordinato la confisca di 963 milioni di euro.

Le motivazioni sono state depositate ieri. Secondo il collegio, il processo ha fatto emergere una figura di Zonin radicalmente diversa da quella che l’imputato si sarebbe cucito addosso: «L’immagine di un presidente che ha esercitato per circa un ventennio una posizione di dominio incontrastato all’interno della banca» che «ha instaurato un marcato accentramento di potere nell’assoluta acquiescenza dei manager e degli organi sociali», scrivono i giudici. Da qui la definizione di “monarca assoluto” utilizzata dal collegio, che ha fatto propria un’espressione intercettata durante le indagini.


Alberto Pento
Una vergogna indelebile per i veneti e il Veneto. La sua stessa famiglia dovrebbe vergognarsene e metterlo al bando.
Come Andrea Boldù ricordato nella lapide posta sulla torre della Basilica palladiana in piazza dei Signori a Vicenza.
Il comune di Vicenza dovrebbe farsi carico di mettere una lapide che ricordi il suo crimine fino a che non sarà restituito il maltolto e non saranno risarcite tutte le sue vittime con tutto il suo patrimonio compreso quello della famiglia e dei figli.
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