Gli Spada, zingari che sono diventati mafiosi in una città nella città soffocata dalla paura.
Ostia, prorogato il commissariamento per mafia: il X municipio tornerà al voto in autunno
Giovedì 29 Dicembre 2016
http://www.ilmessaggero.it/roma/campido ... 66773.html
Prolungato il commissarimento del X municipio, quello di Ostia, sciolto dopo l'inchiesta Mafia Capitale. Il Consiglio dei ministri ha deliberato la proroga della gestione straordinaria, per ulteriori sei mesi, del X Municipio (Ostia) di Roma Capitale, anch'esso risultato condizionate da iniziative criminali. Il primo affidamento della gestione del X Municipio a una commissione straordinaria era avvenuto il 27 agosto 2015 per la durata di diciotto mesi, la proroga consentirà quindi il proseguimento delle operazioni di risanamento delle istituzioni locali. La deliberazione è stata adottata su proposta del ministro dell'Interno, Marco Minniti. Ostia tornerà al voto per consiglio municipale non prima del prossimo settembre.
Elezioni Ostia, nel X municipio sciolto per mafia non si parla di mafia: 'Ma il litorale è dei clan, come la Sicilia degli anni '80'
di Vincenzo Bisbiglia
3 novembre 2017
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... 80/3953275
Politica
Racket, usura, traffico di stupefacenti, estorsioni, gambizzazioni, affari sporchi sulle spiagge, intimidazioni e uno scioglimento per infiltrazioni mafiose nella macchina amministrativa. Ma in campagna elettorale i candidati preferiscono parlare di altro. Alfonso Sabella, magistrato antimafia e assessore alla Legalità nella giunta Marino: "La mafia qui si respira nell'aria"
“A Ostia la mafia si respira per le strade come nella Sicilia degli anni ’80, non c’e’ bisogno di sentenze passate in giudicato”. Parola di Alfonso Sabella, magistrato antimafia e (per poco) assessore capitolino alla legalità. I segnali ci sono tutti. Un maxi-sequestro da 450 milioni al porto e l’arresto dei principali esponenti di una nota famiglia di imprenditori locali, legata ai clan malavitosi i cui componenti a loro volta hanno subito condanne per racket, usura e traffico di stupefacenti. E ancora: il presidente di municipio e il direttore del municipio arrestati per corruzione e perfino il primo dirigente del commissariato di polizia in manette, quest’ultimo accusato di favorire la criminalità organizzata. Eppure, come nel classico complesso freudiano della negazione, la mafia è uscita dalla campagna elettorale di Ostia. Anzi, sembra non esservi mai entrata veramente.
Per una buona fetta delle persone che vivono nel X Municipio di Roma, da due anni commissariato per infiltrazioni mafiose nella macchina amministrativa, quella ostiense non è “mafia” ma una “criminalità presente ovunque”, che si combatte semplicemente “con la buona politica” e con “una maggiore presenza delle forze dell’ordine”. Questo approccio ha contribuito a derubricare l’argomento a un dibattito secondario, non rilevante ai fini delle delicate elezioni municipali previste il 5 novembre. Non solo. Molti residenti si sono convinti che proprio il temporaneo governo prefettizio, che dura dal settembre 2015, abbia “paralizzato le attività”, dando spazio al degrado e all’incuria, arrivando ad alimentare sentimenti quasi “secessionisti” rispetto alla Capitale, fra i punti principali del programma di alcuni aspiranti presidenti. I candidati preferiscono parlare di altro: le buche, i servizi sociali, la ferrovia per Roma, i parchi pubblici e l’abusivismo commerciale. Il traffico.
IL GIALLO DEL TEATRO IN FIAMME. POI LA FIACCOLATA: “NON SIAMO MAFIOSI” – “Da 18 mesi il X Municipio è commissariato con l’accusa vile e infamante di mafia”. E ancora: “Questa comunità ha una storia di lotta alla corruzione, di contrasto del malaffare, di denuncia delle illegalità che non vogliamo sia messa in discussione”. Così cominciava il comunicato letto dal comitato spontaneo di cittadini che ha organizzato la fiaccolata del 21 gennaio 2017, per dire “basta al commissariamento, vogliamo votare”. Oltre 1.000 i partecipanti, senza bandiere, dai militanti di Casapound a quelli della sinistra radicale, da Don Franco De Donno, il parroco amico di Tano Grasso oggi candidato con l’area di centrosinistra alternativa al Pd renziano, a esponenti “a titolo personale” del centrodestra, che pochi mesi dopo si sarebbero candidati.
Un grido di dolore seguito ad accadimenti molto particolari. Innanzitutto lo scioglimento per mafia del X Municipio, arrivato il 27 agosto 2015, poche settimane dopo l’arresto di Andrea Tassone, minisindaco Pd coinvolto nell’inchiesta sul Mondo di Mezzo e condannato in primo grado a 5 anni di carcere (fino a quel momento difeso a spada tratta dai vertici del Partito Democratico), un provvedimento che l’allora governo Renzi decise di non estendere a tutta l’amministrazione capitolina nonostante il coinvolgimento di molti esponenti di Assemblea e Giunta capitolina. Quindi il giallo della “fake-news” del 22 novembre 2016, una fuga di notizie che indusse in errore molti cronisti i quali riportarono di un fantomatico incendio al Teatro Fara Nume – presidio culturale “di frontiera” che il giorno seguente avrebbe ospitato una kermesse antimafia – sebbene il rogo “non doloso” avesse devastato un magazzino lontano alcuni chilometri dalla struttura e non collegato a essa: l’errore fu subito utilizzato dai “negazionisti” a supporto della “teoria del fango”, sebbene il teatro finì davvero parzialmente incendiato pochi mesi dopo, il 15 giugno scorso. Tutto per dire che “la mafia a Ostia non c’è”, e se c’e’ “non è differente rispetto al resto di Roma e d’Italia”: un atteggiamento rassicurante utile a non dissipare i voti.
IL FRATELLO DEL BOSS E LE LITI SOCIAL CON IL SENATORE – Un personaggio molto particolare e piuttosto controverso è Roberto Spada, fratello di Carmine Spada meglio noto come “Romoletto”, fino al suo arresto nel 2016 capo dell’omonimo clan sinti, condannato a 10 anni di carcere per usura e estorsione con aggravante mafiosa. Sebbene meno di un mese fa anche altri componenti della sua famiglia abbiano subito condanne nell’ambito di un’inchiesta sul racket delle occupazioni nelle case popolari di Nuova Ostia, va detto che Roberto Spada da questo punto di vista risulta incensurato. Tuttavia, il marito della titolare della Femus Art School – associazione sportiva molto nota sul litorale – non ha esattamente rinnegato la sua famiglia e, anzi, non perde occasione su Facebook (il profilo è aperto a tutti) di mostrare, con la tipica guasconeria di appartenenza, vicinanza ai suoi consanguinei in manette. “Sui social andate a commentare negativamente il mio cognome, poi venite a cercami in cambio di favori”, scriveva qualche giorno fa, guadagnandosi l’apprezzamento di un Casamonica e gli applausi (ricambiati da un cuore) di Carlotta Chiaraluce, capolista di Casapound. Cui Roberto ha tributato il suo endorsement, definendoli “gli unici sempre presenti”. Lo scorso anno, Spada si era reso anche protagonista di un lungo battibecco social con Stefano Esposito, senatore del Pd per un breve periodo commissario territoriale del partito, che lo accusava di essere un seguace del Movimento 5 Stelle, un “siparietto” che ha infastidito non poco gli esponenti pentastellati del territorio.
LE SENTENZE COME BANDIERA DELLA “TEORIA DEL FANGO” – I “negazionisti” o i teorici di quello che – come avviene in tanti altri contesti – viene definito “complotto mediatico contro la nostra comunità” si fanno forza anche delle sentenze del Tribunale. L’ultima, quella più eclatante, riguarda il primo grado del Mondo di Mezzo, quella “Mafia capitale” che tale non e’ più da quando il Tribunale di Roma ha fatto decadere il 416bis per tutti gli imputati, compresi l’ex estremista di destra Massimo Carminati e il ras delle cooperative, Salvatore Buzzi. Prima, però, c’era stata la sentenza d’Appello nell’ambito dell’operazione Nuova Alba, che ha assolto dall’accusa di associazione mafiosa il cartello criminale composto dai clan Fasciani, Triassi e, appunto, Spada: la lunga serie di estorsioni, gambizzazioni, affari sporchi sulle spiagge, intimidazioni, perfino il condizionamento sull’amministrazione pubblica sono episodi da delinquenza di piccolo cabotaggio: una semplice associazione per delinquere. Sennonché la Procura di Roma nei giorni scorsi ha chiesto e ottenuto in Cassazione di rifare il processo d’appello, accogliendo le motivazioni del procuratore generale Pietro Gaeta secondo cui il clan andava condannato per mafia.
IL PRESIDIO DI LIBERA E LE POLEMICHE – Sul lido capitolino, come avviene in altri territori “difficili”, da diversi anni c’e’ il presidio di Libera, la onlus di Don Luigi Ciotti che prima cosa cerca di combattere proprio il “negazionismo” con importanti iniziative di prossimità. Il 21 marzo, anche in risposta alla fiaccolata anti-commissariamento, Libera ha organizzato proprio a Ostia la sua Giornata nazionale contro le mafie, con incontri, manifestazioni e reading ad hoc. Ma perfino l’attività’ di Don Ciotti è stata oggetto di polemiche strumentali nel territorio. Nel 2015, mentre alla guida del Campidoglio c’era Ignazio Marino, è iniziata un’importante operazione di ripristino della legalità rispetto alle autorizzazioni degli stabilimenti balneari. La scia velenosa seguita a quest’azione, tuttavia, ha creato un vulnus che ha finito per coinvolgere perfino la stessa Libera, a cui venne assegnato un chiosco sequestrato alla criminalità organizzata ma con dei vizi procedurali che pochi mesi dopo portarono al dietrofront operato dalla stessa onlus, attaccata perfino dal M5S locale con una relazione – poi corretta – consegnata in Commissione Antimafia.
SABELLA A ILFATTO.IT: “NON HO BISOGNO DI SENTENZE, A OSTIA SI RESPIRA MAFIA” – Se la politica e gli “interessi” locali alimentano la teoria negazionista o sperano di minimizzare, resta la testimonianza di chi ci ha provato davvero a fare qualcosa. Alfonso Sabella, magistrato anti-mafia e assessore per pochi mesi della giunta Marino, ha lavorato alacremente sul territorio. “La mafia a Ostia c’è, si respira – spiega a IlFattoQuotidiano.it – gli omicidi, gli attentati, il racket verso i commercianti, i parenti dei criminali dotati di privilegi, il caporalato degli stabilimenti balneari. Non ho bisogno di sentenze passate in giudicato per dire che il territorio somigli moltissimo alla Sicilia degli anni ’80, che proprio come Ostia puntava fortemente all’autonomia per sottrarsi al controllo centrale”. Secondo Sabella, “è vero che l’argomento mafia è uscito dalla campagna elettorale, non se ne parla, e questo è un male. E’ la consapevolezza la prima cosa su cui lavorare per guarire questo territorio”. Il magistrato poi attacca: “Il commissariamento di Ostia, prorogato, non è stato un caso: Roma è una città più corrotta che mafiosa, il suo litorale invece è preda dei clan”.
7 condannati clan Spada Ostia, "è mafia" - Lazio
Più di 50 anni di carcere, dovranno risarcire Comune e Regione
2017/10/04/7
http://www.ansa.it/lazio/notizie/2017/1 ... 41ed5.html
(ANSA) - ROMA, 4 OTT - Condanne per più di 50 anni di carcere e conferma dell'aggravante del metodo mafioso. La quarta sezione del tribunale di Roma, presieduta da Laura Di Girolamo, ha condannato sette persone ritenute facenti parte del clan Spada, una delle famiglie di spicco della criminalità di Ostia, il quartiere litoraneo della capitale.- Ad essere condannati Massimiliano Spada (13 anni e 8 mesi di carcere), Ottavio Spada (5 anni), Davide Cirillo (6 anni e 4 mesi), Mirko Miserino (6 anni e 4 mesi), Maria Dora Spada (7 anni e 4 mesi), Massimo Massimiani (11 anni) e Manuel Granato (6 anni e mezzo). Sono accusati di minacce, violenze, sfratti forzosi da alloggi popolari e una gambizzazione per affermare la 'supremazia' del proprio clan sul territorio di Ostia; e tutto con l'aggravante del metodo mafioso. I pm di Roma Ilaria Calò ed Eugenio Albamonte a giugno scorso avevano chiesto condanne per quasi cento anni di reclusione.- I sette condannati dovranno risarcire i danni alle parti civili, tra cui comune e regione.
"Botte, ricatti, torture: quelli ti levano la vita". I due pentiti di Ostia fanno tremare il clan
I testimoni Michael e Tamara, marito e moglie, hanno raccontato la città ostaggio dei nuovi mafiosi, la famiglia Spada. Un "inferno in terra" a un passo dalla Capitale
di ATTILIO BOLZONI
26 aprile 2016
http://www.repubblica.it/cronaca/2016/0 ... -138468037
ROMA. Su una piccola strada di Ostia che chiamano "la vietta" si spalancano le porte dell'inferno in terra. Sono due ragazzi che ce l'hanno fatto conoscere, Michael e Tamara. Marito e moglie, tutti e due pentiti. A meno di trenta chilometri dal Campidoglio, in via Antonio Forni - "la vietta" - c'è un mondo ai confini del mondo dove tiranneggiano gli Spada, miserabile tribù criminale imparentata con i Casamonica e acquartierata fra la famigerata piazza Gasparri e quell'Idroscalo dove nel marzo del '75 uccisero Pasolini. Gli Spada, zingari che sono diventati mafiosi in una città nella città soffocata dalla paura.
Comincia così, l'11 gennaio del 2016, la confessione di Michael Cardoni, ventisei anni, vedetta e spacciatore per conto di uno dei clan di Ostia: "Per me è giusto quello che sto facendo, perché quelli ti levano la vita, ti levano tutta la vita". Sua moglie Tamara Ianni, ventisette anni, aveva iniziato a parlare tre settimane prima: "Picchiavano sempre mio marito, lui lo volevano morto e io che mi prostituissi per loro, minacciavano di contagiarmi l'Aids, ci stavano portando via la casa". E non solo quella.
Michael e Tamara hanno due bimbi, il primogenito porta lo stesso nome di battesimo dello zio di Michael che era Galleoni detto "Baficchio", uno dei discendenti della Banda della Magliana ucciso a Ostia il 22 novembre del 2011. Nelle loro superstizioni zingaresche, gli Spada lo hanno sempre ritenuto la reincarnazione del boss. Per loro era un'ossessione. Prima o poi sarebbe toccata anche al piccolo. L'incubo di Michael e di Tamara inizia proprio con la morte di Galleoni, steso sempre in quella via Forni insieme al suo amico Francesco Antonini "Sorcanera". È l'agguato che in un'Ostia già chiusa dal suo lungomuro che nasconde il mare e prigioniera di un Municipio che poi sarà sciolto per mafia, segna la scalata degli Spada. I capi dei Fasciani sono in carcere, i Triassi messi fuori gioco dalla concorrenza, gli zingari si sentono padroni. E da quel momento per i "Baficchi" e le "Baficchie" - così, maschi e femmine, vengono identificati gli aderenti a quella famiglia - è la fine.
Le minacce si trasformano in pestaggi, gli avvertimenti in raid notturni punitivi, gli Spada non si sarebbero più fermati se Michael e Tamara non avessero deciso di collaborare con i carabinieri e con il sostituto procuratore della repubblica Ilaria Calò. I seviziatori sono tutti finiti in carcere una decina di giorni fa per una quarantina di attentati, incendi ai chioschi, danneggiamenti agli stabilimenti balneari con lancio di granate da guerra. Governavano anche il commercio delle case popolari occupate abusivamente nella "vietta": decidevano loro chi ci doveva abitare e chi doveva andarsene. Ottavio Spada detto "Marco", Maria Dora Spada detta "Bella", Enrico Spada detto "Pelè", Silvano Spada detto "Silvio", Nando De Silvio detto "Focanera", Massimo Massimiani detto "Lelli". Ecco cosa hanno raccontato Tamara e Michael.
Tamara: "Una notte si sono presentati sotto casa mia venti zingari, alla loro testa c'era Massimiliano Spada e suo suocero Enrico Spada conosciuto come Pelè, il primo aveva una pistola e il secondo un coltello... Ricordo che Pelè, notoriamente sieropositivo, faceva il gesto di sputarmi minacciandomi di infettarmi". Tamara è riuscita a riprendere la scena con un cellulare che ha consegnato ai carabinieri. Gli zingari erano andati là per annunciare che quella casa se la volevano prendere.
Michael: "Ottavio Spada e Massimo Massimiani, che ho incontrato al bar Music di Ostia, volevano costringerci ad andare via e mi hanno detto: "Se rifiuti esci fuori da casa tua con le gambe verso la porta", esci da morto capito?". Tamara: "Massimiani mi ha costretto a seguirlo nella spiaggia e mi ha detto che se mi fossi messa al suo servizio mi avrebbe garantito la sua protezione, che avrei dovuto avere rapporti sessuali con lui, che avrei dovuto fare la prostituta e consegnargli i soldi".
Dopo mesi di crudeltà Michael non ce la fa più e avverte suo padre Massimo. Tamara: "Mio suocero cercò "Lelli" Massimiani e gli disse che non avrebbe più dovuto prendersela con il figlio...La sera stessa "Lelli" mi diceva che si sarebbe vendicato per l'affronto subito". Il giorno dopo, il 22 ottobre del 2015, Massimo Cardoni viene gambizzato. Micheal e Tamara ormai sono soli. L'ultima "proposta" arriva da Nando De Silvio, il "Focanera". Ricorda Tamara: "Voleva il nostro appartamento in cambio di mezzo etto di coca".
Dalle confessioni dei due ragazzi riaffiora un passato da brividi. È sempre la "vietta" il centro delle loro testimonianze. Lì, in un garage insonorizzato con la gomma piuma, c'era una "stanza delle torture". E lì che lo zio di Michael, Galleoni, "interrogava" i suoi nemici. Tamara: "So che una volta portò in quella stanza "Lelli", che fino ad allora era stato un suo alleato ma che era passato con gli Spada. "Lelli" fu ferito da un proiettile
però riuscì a fuggire".
I tempi erano già cambiati. E non bastava più un solo cenno di Galleoni, evocato ancora oggi dai suoi familiari come "la leggenda", per fermare chi voleva conquistare Ostia. Gli Spada erano già arrivati.