Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 11:37 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 11:37 am

Se in Italia vi sono così tanti caso di contagio è primo perché la Cina non ha fin da subito informato il Mondo e ha lasciato circolare il virus per settimane (?), virus che si è diffuso nel Mondo e che è arrivato anche in Europa e in Italia prima che la Cina in gennaio desse l'allarme e si mettesse in parziale quarantena,
poi dopo l'allarme cinese perché in Italia l'epidemia è stata sottovalutata, considerata con demenziali condizionamenti ideologico-politici (pregiudizio antirazzista) e affrontata inadeguatamente con tardive e insufficenti misure di prevenzione e contenimento del contagio come la messa in quarantena delle persone che arrivavano direttamente e indirettamente dalla Cina.



Il coronavirus viene da lontano: non solo il Conte 2, da Pechino all'Oms una lunga catena di omissioni e ritardi
Atlantico Quotidiano
27 febbraio 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... POBmI-uV8k

La pandemia in arrivo ci impone una riflessione anche sulla globalizzazione, sulle organizzazioni internazionali e sulla pericolosa utopia di una governance globale

Errori banali eppure cruciali, come abbiamo già osservato, che ci costeranno molto cari, quelli commessi fino ad oggi dal nostro governo, praticamente nei primi minuti di gioco dell’emergenza coronavirus. L’ostinato rifiuto ad adottare la misura più efficace per contenere la diffusione del virus nel nostro Paese, l’isolamento di chiunque rientrasse da qualunque zona della Cina, nonostante fosse stata proposta già alla fine di gennaio non solo dai partiti di opposizione e da alcune istituzioni, ma anche da scienziati. Misura necessaria proprio perché, com’è noto, nella maggior parte dei casi il coronavirus si manifesta con sintomi lievi, che non impediscono alla persona infetta di continuare la sua vita sociale diffondendo il contagio. Poi una gestione schizofrenica della comunicazione, passata da un giorno all’altro dalla sottovalutazione all’allarmismo, come sulle montagne russe. L’unico elemento costante, purtroppo, e proprio nel periodo più delicato, è stata l’ideologia politically correct: la preoccupazione principale era di non alimentare psicosi e discriminazioni, buttarla sul razzismo nella dialettica con le opposizioni, piuttosto che la pericolosità del virus e l’inaffidabilità dei numeri ufficiali provenienti da Pechino e dall’Oms.

Infine, la sconsiderata accusa (poi ritrattata, perché senza fondamento) lanciata in tv dal premier agli ospedali del lodigiano di non aver seguito i protocolli e aver così “contribuito alla diffusione” del virus. Uno scaricabarile irresponsabile, un vero e proprio sciacallaggio, su cui i magistrati della Procura di Lodi – non bastava Conte come primadonna! – hanno pensato bene di aggiungere il carico da undici aprendo un fascicolo di indagine (senza ipotesi di reato né indagati) e mandando i Nas a sequestrare cartelle. Ora, immaginate quel personale sanitario e non, sotto una pressione enorme da giorni, a star dietro pure ai Nas… Un generale che fa sparare ai suoi uomini in prima linea…

Detto questo, non bisogna però dimenticare che la diffusione del coronavirus si deve ad una catena di omissioni, silenzi e ritardi che viene da lontano, da molto lontano. Soprattutto se venisse dimostrato che, come qualcuno ipotizza (la virologa Ilaria Capua), il virus è arrivato in Italia (e in Europa) molto prima di quanto pensiamo, forse prima che il presidente cinese Xi Jinping e l’Oms dichiarassero l’emergenza. Se infatti il virus si è diffuso in Cina a partire dai primi di dicembre, grazie alla velocità dei mezzi di trasporto e al numero di spostamenti non è così assurdo ipotizzare che sia sbarcato già durante la prima metà di gennaio. Ieri, in sole 24 ore, 9 nuovi casi positivi in Germania (tra questi un medico), dopo due settimane in cui il conteggio era rimasto fermo a 16. E solo uno sembra abbia a che fare con il nostro focolaio nel lodigiano. Il ministro della salute tedesco Spahn ha dichiarato che “siamo all’inizio dell’epidemia” di coronavirus in Germania (“molti contatti” e “catene delle infezioni non più ricostruibili”). Se, come sembra, si tratta dei primi focolai tedeschi, insinuazioni e dietrologie stanno a zero, tra noi e gli altri Paesi europei potrebbe essere solo questione di (poco) tempo.

Qui su Atlantico siamo stati tra i pochi e tra i primi a sottolineare l’inaffidabilità dei dati ufficiali di Pechino sull’epidemia in atto in Cina, riportando articoli della stampa internazionale e autorevoli studi scientifici. Inaffidabilità che con il passare dei giorni emergeva sempre più chiaramente, ma proprio su quei dati le autorità nazionali di quasi tutti i Paesi hanno basato l’elaborazione di scenari, misure di prevenzione e contrasto, mentre in Italia trascorrevamo settimane preziose a farci fotografare con involtini primavera in bocca, o abbracciati a un amico cinese, e a discutere se fosse discriminatorio non far tornare a scuola per 14 giorni i bambini di qualunque nazionalità di ritorno dalla Cina, non di quanto fosse pericoloso il virus. Una decina di giorni fa la Cnn calcolava che circa 780 milioni di cinesi, metà della popolazione, sono sottoposti a una qualche forma di restrizione di movimento, con l’impatto economico che possiamo immaginare. Un regime come quello cinese non adotta misure così devastanti per la propria economia per un virus un po’ più aggressivo di una normale influenza.

Pensate solo che nella totale indifferenza dei media – non mi risulta sia stato riportato da agenzie di stampa o giornali – durante la conferenza stampa di aggiornamento quotidiano sull’emergenza del 25 febbraio, ore 18 (andate a risentirvela), al fianco del capo della Protezione civile Borrelli, il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità Giovanni Rezza ha parlato così, en passant, come se fosse ormai un dato acquisito, di “almeno un milione di persone infette a Wuhan”, quando il dato ufficiale in tutta la Cina non superava gli 80 mila. Per citare solo l’ultimo degli articoli della stampa internazionale, secondo The Epoch Times documenti governativi trapelati rivelerebbero che dal 9 al 23 febbraio le autorità sanitarie della provincia cinese dello Shandong avrebbero riportato nei loro annunci pubblici un numero inferiore di contagi rispetto a quello calcolato dal CDC locale, superiore da 1,36 a 52 volte quello ufficiale. Per esempio, il 25 febbraio sono stati dichiarati 755 contagi, mentre il 23 risultavano già 1.992 positivi.

E resta ancora incerta l’origine del virus. Al mercato del pesce di Wuhan non crede più quasi nessuno, nemmeno Pechino insiste. Un nuovo studio di ricercatori cinesi, citato dal Global Times, un organo del regime, indica che “la trasmissione da uomo a uomo del nuovo coronavirus potrebbe aver avuto inizio alla fine di novembre da un posto diverso dal mercato del pesce di Wuhan”. “Se gli allarmi avessero ricevuto una più ampia attenzione pubblica – osservano i ricercatori – il numero di casi a livello nazionale e globale nella seconda metà di gennaio sarebbe stato più basso”. Un altro studio, citato dal Caixin Global, ha registrato una concentrazione anomala di morti (19) in un ospizio di Wuhan vicino al mercato del pesce prima dello scoppio dell’epidemia. Ancora non si può del tutto escludere, poi, che il nuovo virus sia sfuggito per errore da un laboratorio di massima sicurezza situato proprio a Wuhan, vicino a quel mercato, ma questa è un’altra storia.

Tornando alle responsabilità dei ritardi nel lanciare l’allarme, nel tentativo di scagionare se stesso e il partito centrale, scaricando ogni colpa sui funzionari locali di Wuhan, “poche mele marce”, il presidente Xi Jinping ha fatto filtrare sugli organi ufficiali un suo discorso del 3 febbraio ai dirigenti del partito, ai quali ha riferito di aver dato il 7 gennaio “ordini verbali e istruzioni sulla prevenzione e il contenimento del nuovo coronavirus“. Questo forse aggrava la posizione dei funzionari di Wuhan, ma dimostra anche che Pechino sapeva del coronavirus e della sua gravità già il 7 gennaio, ma solo dopo 13 giorni, il 20 gennaio, il presidente Xi si sarebbe deciso a parlare alla nazione e al mondo dichiarando l’emergenza. Oltre un mese e mezzo dopo la comparsa della prima “polmonite misteriosa”; 20 giorni dopo l’allarme lanciato via chat dal giovane medico di Wuhan, Li Wenliang, arrestato, poi morto e riabilitato; 10 giorni dopo la condivisione del profilo genetico del nuovo virus con l’Oms. Per almeno 13 giorni, quindi, fino al 20 gennaio appunto, viene negato il contagio da uomo a uomo, non scatta alcuna misura di prevenzione straordinaria, i medici visitano ancora senza protezione, i casi dichiarati sono fermi ad alcune decine, i cittadini di Wuhan e del resto della Cina vengono tenuti all’oscuro, non compare una sola parola sull’epidemia in corso sugli organi di stampa ufficiali del Partito comunista.

Ancora questa settimana, martedì scorso, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha accusato i governi di Cina e Iran di censurare l’informazione riguardante l’epidemia nei loro Paesi, facendo correre al resto del mondo un rischio ancora più grande: “La censura può avere conseguenze mortali”. Sempre martedì, il segretario alla salute Alex Azar riferendo al Congresso ha detto esplicitamente che “il mondo non sta ottenendo dati affidabili dalla Cina su questioni come il tasso di mortalità”.

L’inaffidabilità dei dati di Pechino, e i suoi gravi ritardi nel dichiarare e affrontare l’emergenza nelle cruciali settimane iniziali, portano inevitabilmente a mettere in discussione l’operato dell’Oms, oggetto di numerose e puntuali critiche che abbiamo già riportato su Atlantico. L’Oms è stata “troppo deferente nei riguardi della Cina nella sua gestione del nuovo virus”, ha titolato giorni fa il Wall Street Journal. Le sue decisioni si sono rivelate tardive e politicamente condizionate. Nel non dichiarare prima del 30 gennaio l’emergenza sanitaria globale, scrive il WSJ, “l’Oms ha dato troppo peso alle preoccupazioni di Pechino che la decisione avrebbe danneggiato la sua economia e l’immagine della sua leadership”. Una decisione in questo senso poteva essere assunta già nella riunione del 22 e 23 gennaio, subito dopo l’intervento pubblico di Xi Jinping del 20 gennaio. Si sarebbe anticipata di una settimana la risposta di quasi tutte le autorità nazionali. Se a questa settimana sommiamo i 13 giorni, nella migliore delle ipotesi, persi da Pechino, arriviamo ad un ritardo della risposta globale a prevenire e contrastare il nuovo coronavirus di almeno 20 giorni.

Come si fa, alla luce di tutto questo – il virus che circola, il nostro governo nel caos, gli scienziati che bisticciano, i dati cinesi inattendibili, le organizzazioni internazionali colluse con Pechino o assenti – a colpevolizzare la “common people”, che – ci pare non così irrazionalmente – mostra un po’ di sana paura?

A questo punto, una riflessione dovrà essere aperta anche sulla globalizzazione, sulle organizzazioni internazionali e sulla pericolosa utopia di una governance globale. Non si tratta di mettere in discussione lo scambio delle merci, la circolazione di beni, capitali e persone, di alzare muri e steccati ai confini. Piuttosto, di correggere un processo che da una parte, in Occidente, è stato dirottato da un’ideologia multiculturalista e universalista completamente distaccata dalla realtà, del tutto ignara del ruolo insostituibile degli stati nazionali (“Imagine there’s no countries”), dall’altra, da potenze come la Cina, sfruttato per perseguire una vera e propria politica di potenza il cui fine, oltre che sfidare la leadership Usa e occidentale, è quello di rimodellare l’ordine liberale sul proprio modello illiberale. Abbiamo concesso troppo spazio e troppa interdipendenza a Pechino: la sua inclusione nel Wto non l’ha portata a mantenere l’impegno di completare la liberalizzazione economica, né ha innescato un processo di apertura democratica come molti speravano. Altro che Trump… oggi è la Cina il problema della globalizzazione: la concorrenza sleale in campo commerciale, la sfida tecnologica e cibernetica, il sistema totalitario, l’aggressività militare, i virus pandemici, sono tutti volti dello stesso problema.

E le organizzazioni internazionali, quando assenti e silenti, o quando colluse, mentre dovrebbero essere “tecniche” (o così pretenderebbero di essere), hanno finito per fare il gioco di Pechino e di altre potenze autoritarie e revisioniste, rivelando quanto sia fallace, una pericolosa illusione, l’idea di una governance globale.

Nel suo intervento del dicembre 2018 al German Marshall Fund, il segretario di Stato americano Pompeo ha ricordato che l’ordine internazionale edificato dopo la Seconda Guerra Mondiale si fonda sul ruolo degli stati nazionali e che è necessario ristabilire tale ruolo, oggi messo in discussione, se vogliamo che l’edificio resti in piedi e continui a svolgere i compiti per i quali era stato concepito. Il ruolo degli stati nazionali non è affatto in contraddizione con l’ordine liberale, cosa che invece oggi si tende a dare quasi per scontata. Al contrario, le “nazioni sovrane” sono gli insostituibili mattoni di questo edificio, perché è in esse che i popoli, riconosciuto il diritto all’autodeterminazione, si riconoscono, mentre l’umanità è un concetto troppo ampio e diverso per dar vita a una identità universale condivisa.

Il problema è che le organizzazioni internazionali hanno cominciato a prendere vita propria, allontanandosi dagli interessi delle nazioni da cui traggono la loro legittimazione e finendo per rendersi strumenti, consapevoli o meno, di regimi autoritari avversari dell’Occidente, che hanno finalità e principi opposti a quelli per i quali erano state concepite. Al contrario dei popoli di questi regimi, che non hanno mai sperimentato cosa sia il controllo democratico, o non ne hanno il ricordo, i cittadini delle democrazie liberali, sia in Europa che negli Stati Uniti, avvertono questo allontanamento, la mancanza di accountability di queste istituzioni, mentre nei confronti dei loro governi nazionali, per quanto impopolari, gli elettori conservano l’arma del voto.

Lo sviluppo economico, ha osservato Pompeo nel suo discorso, non ha portato Pechino ad “abbracciare la democrazia”, né alla “stabilità regionale”, ma “ha portato più repressione politica e provocazioni regionali”. “Abbiamo accolto la Cina nell’ordine liberale, ma mai vigilato sul suo comportamento”. E così “ha puntualmente sfruttato le scappatoie nelle regole del Wto, imposto restrizioni al mercato, forzato trasferimenti di tecnologia, rubato proprietà intellettuale. E sa che l’opinione pubblica mondiale non ha il potere di fermare le sue orwelliane violazioni dei diritti umani”. E oggi, possiamo aggiungere, ha messo la salute e l’economia mondiale a rischio con la diffusione del coronavirus.

Dunque, occorre chiedersi se l’attuale ordine internazionale e le sue organizzazioni siano al servizio dei cittadini, siano in grado di tutelare la nostra sicurezza, la nostra salute e prosperità e, in caso contrario (sembra essere purtroppo il caso di questa pandemia), come possiamo aggiustarlo. C’è il rischio concreto infatti che l’inerzia di oggi sia più funzionale alle potenze autoritarie – Cina e Russia in testa – che ne hanno approfittato per avanzare i loro interessi, elevare il loro status e promuovere il loro modello illiberale.



«Polmoniti “anomale” da gennaio,il virus era già in circolazione»
La diffusione del contagio è stata anticipata al mese di gennaio I virologi confermano i sospetti dei medici lodigiani
Cristina Vercellone
29 febbraio 2020

https://www.ilcittadino.it/cronaca/2020 ... ESMTwTFR4A

Il coronavirus era in circolazione da tempo, almeno da gennaio. A dirlo, in questi giorni, sono i virologi che hanno confrontato i dati clinici e la genetica. Il concetto è stato ribadito ieri, nella conferenza stampa in Regione e lo confermano i medici della Bassa che hanno sotto controllo la situazione. I tempi di incubazione e il numero massiccio di contagi che si è registrato in questi giorni, 182 nel Lodigiano, portano in quella direzione. Prima del 38enne c’erano già altre persone positive in circolazione.

«Avevo diagnosticato già a gennaio delle polmoniti anomale - commenta il presidente dell’ordine dei medici Massimo Vajani -, l’avevo detto durante un’intervista sul “Cittadino”. Ricordo, per esempio, una ragazza di 29 anni che ha avuto una polmonite che si è trascinata appresso per un mese e mezzo, tra lastre, tac e domande come “Sei stata a Wuhan”, “Vieni dalla Cina?”. Lei non si era mossa da Cavenago. Poi avevo visitato anche una signora, sempre di Cavenago, di 50 anni. Entrambe le forme poi si sono risolte, ma la seconda, dopo una parziale risoluzione iniziale, aveva avuto una ricaduta a distanza di 10 giorni. L’ho visitata proprio la settimana scorsa, quando è esplosa l’epidemia. E poi c’erano state anche altre polmoniti simili che si erano risolte. Il virus era in giro. Non mi sento certo di puntare il dito contro l’ospedale di Codogno per quanto riguarda i contagi. Anzi, come ordine, abbiamo mandato i ringraziamenti a tutti gli operatori della sanità, hanno un’abnegazione enorme, odontoiatri compresi». Della stessa idea il medico di Castiglione, Bertonico e Casale Paolo Leotta, in isolamento fino all’inizio della prossima settimana, nella Bassa.

«Il sospetto clinico che potesse essere in giro da prima ce l’ho anch’io - commenta -, senza guardare gli accertamenti diagnostici è difficile dire che le polmoniti precedenti fossero forme interstiziali. Dal punto di vista obiettivo, però, mi sono accorto che in alcuni casi c’erano dei referti che accomunavano le polmoniti; non abbiamo avuto il tempo di disporre di radiografie del torace o di altri controlli ematici, ma ho in mente due o tre casi che vanno in quella direzione. In genere, le polmoniti interstiziali non sono tantissime, vederne così tante, tutte raggruppate nello stesso periodo, fa pensare che l’agente eziologico potesse essere il Covid. Ricordo un paziente abbastanza giovane che poi è guarito, ai primi di febbraio, forse anche prima, e altri pazienti più recenti, invece, chiaramente contagiati e ancora ricoverati, con comorbilità importanti, intorno agli 80 anni. Alcune malattie dermatologiche, per esempio quando vengono curate, fanno abbassare le difese immunitarie, predisponendo l’organismo ad altre malattie».




Coronavirus, American Airlines ferma i voli per Milano. Nella notte primo blocco: «L'equipaggio ha paura»
1 marzo 2020

https://www.ilmessaggero.it/mondo/coron ... wK8ot7j4ZQ

L'innalzamento al livello massimo dell'allarme per i viaggi nelle zone più colpite dal coronavirus compiuto dal governo americano sortisce il primo risultato: American Airlines ha sospeso fino al 24 aprile tutti i voli da e per Milano. Nelle maglie di questa decisione è rimasto impigliato un gruppo di italiani, fatti scendere dall'aereo quando già alcuni di loro si erano accomodati in poltrona. L'equipaggio si è rifiutato di salire a bordo del volo in partenza dall'aeroporto JFK di New York per paura del contagio, e a nulla sono valse le rimostranze dei passeggeri che sono stati letteralmente bloccati in fase di imbarco. A raccontarlo all'Ansa Alessandro Mezzanotte, avvocato, che stava rientrando in Italia assieme a un gruppo di colleghi da una missione oltreoceano. Il loro volo AA198 era in programma alle 18.05, destinazione Milano Malpensa.

Ad imbarco aperto, il personale di bordo ha fatto sapere che considerava rischioso compiere quel viaggio, trovando immediato appiglio nelle decisioni prese una manciata di minuti prima dalle autorità americane. «Viaggi nelle aree colpite dal virus solo se necessari». E quel volo, evidentemente, non era considerato tale. «Quando già si era proceduto all'imbarco di 5 dei 9 gruppi di viaggiatori - racconta Mezzanotte - gli ingressi sono stati bloccati e coloro che erano saliti sono stati fatti scendere. Sbarrato il finger. A chi chiedeva informazioni, il personale ha spiegato a voce dei timori dell'equipaggio, senza però fornire soluzioni». Tra le testimonianze anche quella di chi parla di "brutto trattamento riservato ai passeggeri fino all'intervento del Consolato italiano".

American Airlines, inizialmente, ha opposto qualche resistenza ad ammettere che l'aereo non avrebbe mai toccato il suolo di Malpensa, ma dopo un'ora ha ufficialmente cancellato il volo. E non molto più tardi ha pubblicato una nota che avvisava della sospensione di tutti i voli da e per Milano fino al 24 aprile. Per alcune ore, lunghe e concitate, ai passeggeri attoniti del Jfk non è stata fornita alcuna informazione precisa: se sarebbero partiti, quando, da dove. Dirimente è stato l'intervento del Consolato Generale di New York e dell'Ambasciata d'Italia a Washington, che hanno fin da subito prestato assistenza agli italiani e contribuito a dirottarli su altri voli per l'Italia. Dopo una notte in albergo, alle 20.45 di oggi (ora locale), il gruppo passerà di nuovo i controlli di sicurezza dello scalo americano. Stavolta con la certezza di riuscire ad arrivare a destinazione: ad attendere in pista ci sarà un aereo di Alitalia.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 11:39 am

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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 12:01 pm

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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 12:22 pm

Discussioni e dibattiti di approfondimento sulla vicenda dell'epidemia da coronavirus



Contro gli apocalittismi, i catastrofismi, le iettature, le psicosi, numeri dati a caso dai virologi di Facebook, una categoria che si è moltiplicata esponenzialmente negli ultimi giorni, un articolo sobrio e chiaro che fornisce i dati più aggiornati. La situazione è sicuramente seria, ma non è drammatica.
Niram Ferretti
29 febbraio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063


"La diffusione globale di infezione da coronavirus ha raggiunto una fase critica questa settimana con il numero di nuovi casi segnalati nel resto del mondo che hanno superato il numero di nuovi casi in Cina, dove è iniziata l'emergenza.

Con il mondo a un punto di non ritorno, cI sono nuove speranze dalla Cina che dimostrano che il contenimento è possibile. E poiché vengono conteggiati casi più lievi, gli esperti hanno affermato che il tasso di mortalità potrebbe essere più simile all'influenza stagionale che non ai precedenti nuovi focolai di coronavirus.

Il tasso di mortalità per COVID-19 era dell'1,4% nell'ultimo rapporto di funzionari sanitari cinesi su 1.099 pazienti con malattia confermata in oltre 500 ospedali in Cina.

Il rapporto, pubblicato venerdì dal New England Journal of Medicine, offre una visione molto più ampia dell'epidemia oltre Wuhan, dove è iniziata ed è stata la più grave.

Supponendo che ci siano molti più casi con sintomi assenti o molto lievi, "il tasso di mortalità può essere notevolmente inferiore all'1%", hanno scritto funzionari della sanità statunitensi in un editoriale apparso sulla rivista.

Ciò renderebbe il nuovo virus più simile a una grave influenza stagionale che a una malattia simile ai suoi cugini genetici SARS o MERS.

Data la facilità di diffusione, tuttavia, il virus potrebbe guadagnare punti d'appoggio in tutto il mondo e molti potrebbero morire.

E il rapporto degli scienziati della National Health Commission of China mostra quanto sia facile non rendersi conto di molti casi all'inizio: il 44% di questi pazienti aveva la febbre quando furono ricoverati in ospedale, ma l'89% alla fine la sviluppò. La malattia grave si è sviluppata nel 16% dopo il ricovero in ospedale.

Circa il 5% è stato trattato in un'unità di terapia intensiva e il 2,3% ha avuto bisogno di macchinari per aiutarli a respirare.

Il capo dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, suggerisce che i paesi con pochi casi possono agire in modo risoluto per prevenirne la diffusione.

Nella provincia cinese del Guangdong, dove gli scienziati hanno testato più di 320.000 persone e solo lo 0,14% era positivo per COVID-19.

Lo studio cinese pubblicato venerdì ha mostrato che meno dell'1% dei pazienti ricoverati aveva meno di 15 anni, mentre il 42% aveva 65 anni e più.

Le morti sono anche più rare tra i giovani. Ma alcune giovani morti hanno fatto notizia, come quella del imedico 34enne in Cina che è stato rimproverato dalle autorità comuniste per aver lanciato un allarme precoce sul virus solo per poi soccombe ad esso.

In Cina, l'80% dei pazienti è lievemente ammalato quando viene rilevato il virus, rispetto al 13% che è già gravemente ammalato. Mentre i più malati sono i più esposti al rischio di morte, una parte dei malati lievi continua a morire - per ragioni sconosciute.

In media, tuttavia, l'OMS afferma che le persone con casi lievi guariscono in circa due settimane, mentre quelle che hanno una condizione più accentuata possono richiedere da tre a sei settimane".

The Times of Israel, "What is COVID-19 and what should a person with symptoms do?"


Commenti

Simone Tramatzu
Sì ma intanto, al di là delle ipotesi e delle proiezioni, la conferenza stampa della rappresentanza della sanità lombarda parla di numeri emergenziali. Cremona, Lodi, Bergamo con interi reparti saturati dai ricoveri a causa del virus. Questi sono dati amministrativi, che anche una segretaria con la terza media può benissimo annotare e classificare come anomali, senza scomodare virologia, epidemiologia e altre scienze connesse.

Niram Ferretti
Hai detto bene Simone Tramatzu, questi sono numeri emergenziali, molto seri. L'articolo si occupa di fornire un quadro generale circostanziato-



Marco Antonio Baldassari
Niram la mortalità in Cina e in Italia è del 2,6% con 10% in rianimazione, 50% richiede ricovero. Ogni due giorni i contagiati raddoppiano.

Niram Ferretti
Marco Antonio Baldassari nell'articolo che ho pubblicato ci sono questi dati. Non sono attendibili? "Il tasso di mortalità per COVID-19 era dell'1,4% nell'ultimo rapporto di funzionari sanitari cinesi su 1.099 pazienti con malattia confermata in oltre 500 ospedali in Cina". "E il rapporto degli scienziati della National Health Commission of China mostra quanto sia facile non rendersi conto di molti casi all'inizio: il 44% di questi pazienti aveva la febbre quando furono ricoverati in ospedale, ma l'89% alla fine la sviluppò. La malattia grave si è sviluppata nel 16% dopo il ricovero in ospedale". "Nella provincia cinese del Guangdong, dove gli scienziati hanno testato più di 320.000 persone e solo lo 0,14% era positivo per COVID-19". "Il rapporto, pubblicato venerdì dal New England Journal of Medicine, offre una visione molto più ampia dell'epidemia oltre Wuhan, dove è iniziata ed è stata la più grave. Supponendo che ci siano molti più casi con sintomi assenti o molto lievi, "il tasso di mortalità può essere notevolmente inferiore all'1%", hanno scritto funzionari della sanità statunitensi in un editoriale apparso sulla rivista". Per quanto riguarda la situazione italiana Borrelli ha fornito questi dati, "Le persone ricoverate sono il 38%" di quelle colpite e tra queste "il 10% è in terapia intensiva". Il 52% degli ammalati è invece in isolamento domiciliare. Quindi ricapitoliamo. Su 1099 pazienti in Cina il tasso di mortalità del COVID-19 è dell'1,4%, su 320,000 persone testate a Guangdong, i positivi al virus erano lo 0,14%. Per i medici americani il tasso di mortalità è notevolmente inferiore all'1%. Il tasso di letalità della SARS era quasi del 10%. Nel nostro paese, ogni anno contraggono l'influenza stagionale circa 6 milioni di persone e ne muoiono per causa diretta o indiretta circa 8 mila. I morti attuali sono, mi risulta una 30. Il 52% dei malati in Italia è a casa, non in ospedale. Preoccupa quel 10% in terapia intensiva che non è una percentuale generale fortunatamente, ma relativa al 38% dei casi italiani.



Tiziana Marengo
Tutti a parlare solo della mortalità, ma fermatevi a considerare il numero dei contagiati che hanno necessità di cure ospedaliere... I contagi devono essere limitati il più possibile o gli ospedali saranno impallati. I posti di rianimazione sono molto pochi nei vari ospedali per cui serve evitare il contagio.
Il problema non è la mortalità, non solo, ma il numero di ospedalizzazioni.

Niram Ferretti
Tiziana Marengo, la mortalità è fortunatamente bassa. Ovviamente i contagi vanno limitati il più possibile. Faccio notare che "solo" un 5% dei contagiati necessità di terapia intensiva.

Tiziana Marengo
Niram Ferretti un 10% mi risulta, ad oggi sono 105 su poco più di 1000 contagiati. Ma ieri erano 65, oggi 40in più. Il ritmo è veloce e desta preoccupazione.

Tiziana Marengo
Va comunque detto che è sbagliato eccedere nell'allarmismo ma pure eccedere nella banalizzazione. Che non sia un 'infuenza è ovvio. Speriamo di bloccare i contagi il più possibile.

Niram Ferretti
Tiziana Marengo «La proporzione è questa: l’ 80 per cento dei contagiati guarisce, il 15 per cento ha delle problematiche più o meno gravi, il 5 gravissime. Il 2-3 per cento purtroppo morirà. In terapia intensiva arriverà una parte di quel 15 per cento, in rianimazione una parte del 5. Dobbiamo ridimensionare questo grande allarme, la malattia va posta nei giusti termini».

L'articolo che ho tradotto è postato non banalizza nulla, fornisce al posto di una informazione isterica dati precisi e circostanziati.

Tiziana Marengo
Niram Ferretti non ho detto che tu stai banalizzando, assolutamente. Comunque ad oggi abbiamo 105 persone in terapia intensiva

Niram Ferretti
Tiziana Marengo lo so che non lo hai detto. Io ho riportato un articolo con dei dati. La situazione è seria, ma va affrontata con consapevolezza e soprattutto con una buona informazione.



Antonio Melai
Niram Ferretti infatti, purtroppo non ovunque sono state applicate misure draconiane come in Cina o in maniera meno rigida come in Italia. Pare che in Iran non stiano prendendo sul serio la minaccia e non sarebbe un problema da poco

Gino Quarelo
Antonio Melai Se in Italia vi sono così tanti caso di contagio è primo perché la Cina non ha fin da subito informato il Mondo e ha lasciato circolare il virus per settimane (?), virus che si è diffuso nel Mondo e che è arrivato anche in Europa e in Italia prima che la Cina in gennaio desse l'allarme e si mettesse in parziale quarantena,
poi dopo l'allarme cinese perché in Italia l'epidemia è stata sottovalutata, considerata con demenziali condizionamenti ideologico-politici (pregiudizio antirazzista) e affrontata inadeguatamente con tardive e insufficenti misure di prevenzione e contenimento del contagio mettendo in quarantena tutti coloro che arrivavo direttamente e indirettamente dalla Cina.




Gino Quarelo
Dire e scrivere le cose come stanno, cioè la elementare verità e comportarsi di conseguenza è da persona sensata e non da catastrofista.
Come dice Niram la situazione è seria ma non drammatica e per non farla diventare drammatica va considerata e trattata come si deve.

Il coronavirus non è una normale e semplice influenza, non va sottovalutata, sottostimata e presa sottogamba e non è assolutamente come una influenza stagionale poiché al momento non esistono i vaccini e le complicazioni con necessità di ricovero e di assistenza sanitaria in terapia intensiva sono tali da rendere elevatissimo il suo tasso di mortalità nel caso di pandemia o di alta diffusione.

Per rassicurare i cittadini bisogna dire la verità che non va manipolata e falsificata per timore di creare panico, perché così facendo aumenterebbe il pericolo e sì metterebbe ancora più a rischio la vita delle persone.
Basta dire la verità e fare quello che va fatto senza tante storie e fisime, con tanta pasienza, tenacia, intelligenza, fiducia nel buon fare e certezza assoluta sul buon esito.
Far finta e comportarsi come se si trattasse di una normale influenza sarebbe demenziale, irresponsabile e politicamente criminale.

Questa crisi avrà i suoi costi economici non indifferenti che si devono cercare di contenere e ridurre ma che non si possono sensatamente evitare.
Tutti dobbiamo fare la nostra parte a cominciare dallo Stato che deve ridurre i suoi sprechi, i suoi privilegi, i suoi parassiti, le sue spese inutili, le prodigalità demenziali dell'accoglienza scriteriata e discriminata e che deve mettere a disposizione le risorse necessarie a sostenere tutti i cittadini e il tessuto economico messo in ginocchio da questo evento straordinario ma non del tutto imprevedibile date le numerose esperienze del passato.


Questa menzogna demenziale e irresponsabile va assolutamente evitata, vietata e perseguita penalmente perché diffonde notizie false che potrebbero pregiudicare la vita delle persone, dei cittadini ignari, inducendoli a comportamenti e scelte imprudenti e a loro nocive e mortali, si chiede alla competetente Procura di indagare.
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 68x712.jpg
Immagine



Niram Ferretti
Gino Quarelo io mi baso su i dati ufficiali e su quello che dicono le organizzazioni sanitarie cinesi, italiane, americane. L'articolo che ho postato è di facile comprensione. In Italia ogni anno sei milioni di persone contraggono l'influenza e ne muoiono per causa diretta e indiretta circa 8 milia. Qui si sono avuti 30 decessi, tutti di persone già aggravate. "Il tasso di mortalità può essere notevolmente inferiore all'1%", hanno scritto funzionari della sanità statunitensi in un editoriale apparso sul New England Journal of Medicine, che non è Facebook. Siamo, credo tutti d'accordo che il contagio vada contenuto, ma non siamo in presenza della peste nè del colera. La settimana prossima qui in Lombardia riapriranno le scuole. Si va avanti, spero anche io con buon senso e pragmatismo adottando misure efficaci.


Gino Quarelo
Infatti stiamo dicendo tutti la stessa cosa, verità e buon senso. Niram non serve accanirsi contro nessuno.



In Iran dove non vi sono le strutture sanitarie e di terapia intensiva con le apparecchiature per la respirazione assistita e artificiale che si trovano a Milano, i morti oggi sono oltre il 10% dei contagiati accertati, stando alle informazioni di stampa.

IRAN: IL VIRUS SEMBRA DILAGARE, MA IL REGIME NEGA
Thanks to Il Foglio
1 marzo 2020

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 7995448211

Un team di ricercatori dell'Università di Toronto formato da esperti di epidemie e da matematici ha calcolato le dimensioni del contagio da coronavirus in Iran a partire dal dato dei viaggiatori trovati positivi subito dopo essere arrivati da quel paese. E' stato pubblicato pochi giorni fa e non è ancora passato per il giudizio degli altri esperti (la cosiddetta peer review) ma sostiene che gli infetti sono diciottomila. C'è molta differenza con i dati ufficiali forniti dal regime iraniano, che ieri ha annunciato 245 casi, di cui 27 morti.

Del resto il numero di persone contagiate dopo essere state in Iran lasciava capire che qualcosa non torna: il primo caso in Estonia, dichiarato ieri, era appena arrivato dall'Iran. Per non parlare dei 33 in Bahrein o dei 43 in Kuwait. Se i dati del team fossero confermati, sarebbero da rivedere tutti i dati forniti dall'Organizzazione mondiale della sanità. Il numero globale di contagiati oggi non sarebbe di 82 mila ma sarebbe di oltre centomila e anche tutti i discorsi sul presunto "rallentamento" dell'epidemia sarebbero da ripensare. Il regime continua a mentire, anche se il coronavirus sta colpendo pure all'interno della cerchia di chi comanda.

L'altro giorno la vicepresidente dell'Iran, Massoumeh Ebtekar, è stata trovata positiva: il giorno prima sedeva a tre posti di distanza dal presidente Hassan Rohani durante un Consiglio dei ministri. II problema più grave è la città santa di Qom, che con il suo andirivieni di pellegrini è da settimane un superfocolaio di diffusione. Ma è anche una fonte di guadagno per il clero e il governo rifiuta di mettere la città in quarantena oppure di chiudere i santuari (in compenso ha chiuso subito le università).

I responsabili del santuario di Masoumeh sostengono che la presenza di decorazioni in argento avrebbe un naturale effetto antibatterico (ma il Covid19 è un virus). Ieri l'ayatollah Mohammad Saeedi ha detto agli iraniani di recarsi in massa al santuario di Masoumeh a Qom perché così saranno guariti. E' un paese nelle mani di preti pazzi.



Inferno Coronavirus in Iran: numeri falsi, altissima mortalità, poca assistenza
Darya Nasifi
1 marzo 2020

https://www.rightsreporter.org/inferno- ... hlJW9cB9ds

Poco si sa dell’epidemia di Coronavirus in Iran se non che il numero di morti è il più alto al di fuori della Cina.

Non si conosce il numero dei contagiati visto che i dati forniti dalle autorità sanitarie iraniane sono, secondo diverse fonti interne all’Iran, decisamente sgonfiati e comunque molto superiori ai 600 infetti dichiarati.

La città santa di Qom, che sembra essere il punto di partenza del contagio iraniano, viene descritta come “spettrale”, completamente bloccata e in preda all’epidemia.

Difficile anche ricevere informazioni dall’interno della Repubblica Islamica. Il regime ha bloccato tutto come in occasione delle rivolte, ma qualcosa filtra.

Alcuni medici iraniani sono riusciti a far trapelare qualcosa come per esempio il fatto che il tasso di mortalità è molto più alto che in qualsiasi altro paese colpito dal Coronavirus, indiscrezione confermata anche dal dott. Mike Ryan, direttore esecutivo del programma per le emergenze dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

Stando ai pochi dati in possesso della OMS, forniti però dal regime, il tasso di mortalità in Iran sarebbe del 9% contro il 3,5% della Cina e l’1% della Corea del Sud. Tuttavia secondo alcuni medici iraniani che sono riusciti a far passare messaggi all’esterno il vero tasso di mortalità in Iran si aggirerebbe attorno al 16%. Una enormità.

L’alto numero di vittime sarebbe riconducibile alla impossibilità del sistema sanitario iraniano di farsi carico dell’assistenza ai malati, specie quelli fuori dai grandi centri abitati e nei villaggi.

Ma anche in città l’assistenza è pressoché nulla. I Guardiani della Rivoluzione (IRGC) hanno preteso e ottenuto che ad avere la precedenza per l’accesso all’assistenza sanitaria devono essere coloro che hanno responsabilità inerenti alla difesa, quindi loro stessi.

Il regime ha posto restrizioni per l’accesso ai luoghi santi, annullato alcuni servizi per la preghiera del venerdì e ha “consigliato” agli cittadini di non uscire di casa. Ma chi denuncia i sintomi della malattia non ha pressoché alcuna possibilità di rivolgersi al sistema sanitario e quindi di ricevere assistenza. Deve stare in casa e sperare.

Esperti dell’OMS ritengono che l’Iran possa diventare il fulcro dell’epidemia in Medio Oriente anche visti i confini “porosi” e spesso interessati da conflitti.

Il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha affermato che non ci sono piani per mettere in quarantena intere città colpite dal virus. In realtà non c’è proprio alcun tipo di piano di contenimento mentre rimane l’obbligo di dare assistenza prima di tutto ai membri delle IRGC.

Per anni gli Ayatollah hanno pensato solo alla guerra e alle loro mire espansionistiche. Hanno dilapidato miliardi di dollari in programmi militari trascurando il sistema sanitario che ora mostra tutti i suoi limiti. E a farne le spese sarà ancora una volta il popolo iraniano.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 3:09 pm

Discussioni e dibattiti di approfondimento sulla vicenda dell'epidemia da coronavirus


IL MINIMO NECESSARIO PER NON SOCCOMBERE
Niram Ferretti
1 marzo 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il vero concreto pericolo del Coronavirus è l'intasamento degli ospedali e l'ingestibilità della situazione. Questo è il motivo per il quale si sta cercando di fare del proprio meglio per circoscrivere il virus, e diciamolo, l'Italia, da quando è cominciata l'emergenza, ha saputo gestire la situazione in modo efficiente. Spararsi sempre addosso perché italiani è deleterio.

In Iran, dove c'è una dittatura, la stanno gestendo meno bene di noi, per esempio.

Detto questo, visto che il tasso di mortalità del virus è fortunatamente basso, l'1,4% nell'ultimo rapporto di funzionari sanitari cinesi su 1.099 pazienti con malattia confermata in oltre 500 ospedali in Cina e come hanno scritto funzionari della sanità americana in un articolo apparso sul prestigioso New England Journal of Medicine "Può essere notevolmente inferiore all'1%", non siamo di fronte nè alla peste nè al colera, nè al vaiolo, ma a una grave influenza stagionale simile ai suoi cugini genetici SARS o MERS.

Purtroppo abbiamo assistito ed assistiamo in questi giorni alla messa in scena di un vero e proprio psicodramma con saccheggi di supermercati, la borsa che crolla, l'oro che viene venduto per compensare le perdite, strade praticamente deserte, teatri e cinema chiusi, gente rintanata in casa.

A questo si è aggiunta una comunicazione giornalistica (si fa per dire) isterica, propagatrice di ansia e di allarmismo come se fossimo alla soglia della fine dei tempi.

La buona notizia per tutti è che non siamo alla fine dei tempi, non moriremo a centinaia di migliaia. E qui non si tratta nè di minimizzare nè di banalizzare, si tratta di conservare un briciolo di razionalità, quella necessaria a non soccombere alla psicopatia.

Scriveva Elias Canetti in "Massa e potere", "La massa è nata per l'apparizione inattesa di una fiamma o per il grido 'Al fuoco!'"



Syra Rocchi
"Scriveva Elias Canetti in "Massa e potere", "La massa è nata per l'apparizione inattesa di una fiamma o per il grido 'Al fuoco!'""
Gran libro, letto decenni fa


Esther Ma Ma
Io non sottovaluto questo virus. Ma il panico è la paranoia in cui sono entrati in tanti é ancora peggio. Io sono stata aggredita verbalmente per prendermi la situazione con calma

Niram Ferretti
Non mi meraviglio cara Esther Ma Ma. E' molto più facile lasciarsi andare all'emotività incontrollata che esercitare un minimo sano autocontrollo. Governare le masse per chi ne conosce la psicologia elementare è un gioco da ragazzi. L'isteria accomuna collettivamente. Se non sei uno di noi sei contro di noi.

Paolo Tagliapietra
Bravo Niram, è esattamente quello che sostenevo io. Né panico, né faciloneria, ma una preoccupazione consapevole e razionale.

Giancarlo Gimini
Concordo al 101%!!
Il male che ci stiamo facendo a livello economico e nelle relazioni internazionali e' davvero enorme.
Siamo destinati a 2-3 anni di stagflazione


Roberta Cuciti
La realtà è che la matematica è il linguaggio dell'epidemiologia, Niram.
Non la letteratura ne la filosofia.

https://www.corriere.it/cronache/20_feb ... view.shtml


Ari Gardener
Infatti, non è tanto il virus quanto l'uso che se ne fa. Per di più, con l'aria condizionata ancora accesa - dagli aerei agli ospedali...
Il mio docente di Sociologia un giorno disse: "La massa è la categoria sociale più stupida e pericolosa che ci sia". Tra gli scaffali vuoti e lo sgoverno in maglione, simbolo un po' melò del "fare serio" emergenziale, intelligenza ed equilibrio sono risorse preziose. Anche per leggere ciò che viene "infilato" col pretesto della crisi sanitaria...


Gino quarelo
Anche le parole contano
Il corona virus è più pericoloso della peste e del colera, solo il vaiolo è più pericoloso perché non esistono cure ed ha una elevatissima mortalità nel caso in cui mancassero le strutture di assistenza sanitaria in terapia intensiva con l'assistenza tecnologica alla respirazione.
Ma è falso dire che il coronavirus non è come la peste perché la peste oggi da noi in Occidente si cura beneissimo come si cura il colera, mentre il coronavirus non ha ancora vaccini e farmaci in grado di neutralizzarlo al 100%. la peste quella tradizionale e detta "peste nera" sì, si può curare al 100%.


Esiste una cura per la peste nera?
Focus.it
28 giugno 2002

https://www.focus.it/scienza/salute/esi ... peste-nera

Sì, oggi la peste non sarebbe più un problema. Può essere curata con la somministrazione di antibiotici: streptomicina e tetraciclina. Attualmente la peste è scomparsa nei Paesi evoluti e si dovrebbero ipotizzare gravissime condizioni igienico-sanitarie per il ripetersi di un’epidemia come quella del Trecento (detta peste nera perché accompagnata da macchie dovute a emorragie sottocutanee) descritta dal Boccaccio.
La peste colpisce in particolare i ratti: la trasmissione dell’infezione da animale ad animale e da questo all’uomo si verifica di solito attraverso le pulci dei ratti, che pungono l’uomo solo in mancanza del loro ospite preferito, di solito quando si verifica una moria di questi roditori.






“Se mia madre non avesse violato i protocolli mio padre sarebbe morto a causa del Coronavirus”. Giovanna racconta il caos di Cremona al collasso
Selvaggia Lucarelli 1 mrzo 2020

https://www.tpi.it/cronaca/coronavirus- ... 2D0BXxMtC4

“Se mia madre avesse dato retta ai protocolli, mio padre sarebbe morto nel letto. Cremona è al collasso”. Giovanna, 40 anni, racconta la storia della sua famiglia alle prese con una sanità nel caos, mentre attraversa giornate difficili in auto-isolamento a Milano con la sua bambina. “L’odissea della mia famiglia inizia la scorsa settimana con una febbre improvvisa a mio padre, che vive in un piccolo comune in provincia di Piacenza con mia madre. Nei giorni precedenti mia madre aveva avuto qualche lieve problema respiratorio, ma nulla di grave”.

Avete pensato subito al Coronavirus?

No, siamo persone che non si allarmano facilmente, ma eravamo informati come tutti e quindi siccome i sintomi coincidevano, mia madre da persona responsabile lunedì ha chiamato i numeri predisposti e chiesto che attivassero le procedure per il tampone.

I tuoi sono molto anziani?

No, mio padre ha 65 anni, ma ha il Parkinson e il diabete, una situazione non facile.

E quindi cosa è successo?

Che nessuno si è fatto vivo e nel frattempo mio padre ha iniziato a peggiorare, a respirare sempre più male. Mia madre anche, cominciava ad avere la febbre a 39.

Tu sei andata ad accudirli?

Io vivo a Milano con mia figlia piccola, era imprudente entrare in contatto con loro e uscire in generale senza conoscere prima i risultati del test. Quindi mia madre con la febbre alta mercoledì ha preso mio padre, si è imbottita di tachipirina e guidando piano piano ha deciso di trasgredire ai protocolli che dicono di non andare al pronto soccorso ed è andata all’ospedale di Cremona.

Com’era la situazione lì?

C’era una tensostruttura in cui misuravano la febbre, poi mandavano tutti nella sala d’aspetto del pronto soccorso, sia quelli con la febbre che quelli magari con una frattura. Mio padre è rimasto lì, ad aspettare di fianco alla vecchietta con la gamba che le faceva male.

Dunque non c’è isolamento per i casi sospetti.

No, quindi è possibile che il primo luogo di contagio sia, tra gli altri, quel pronto soccorso.

Hanno fatto il test per il coronovirus a tuo padre e tua madre?

Incredibilmente no, solo a mio padre che era il più grave dei due, perché ha già malattie pregresse e dalle lastre era risultata una polmonite in corso. E il risultato è stato positivo, ha contratto il coronavirus, lo hanno ricoverato subito. È in terapia intensiva.

Scusa e tua madre che aveva la febbre non ha fatto il test?

No, l’hanno rimandata a casa dicendole di non uscire e di chiamare se la sua situazione fosse peggiorata. Non fanno più i tamponi neanche ai sintomatici, questo va raccontato. E mia madre ha il coronavirus al cento per cento.

Come se lo sono presi secondo te?

Io credo che sia stata mia madre a passarlo a mio padre. Vivo a Milano e lei ha preso spesso, nell’ultimo mese, il famoso treno Milano-Cremona che fa le fermate nella zona rossa, per venire a badare a mia figlia quando lavoravo. L’ultima volta il 18 febbraio, ha dormito nel lettone con la mia bambina. È un treno spesso affollatissimo, chissà quanta gente si è contagiata prendendolo.

Quindi anche tu e tua figlia potreste essere malate.

Mia figlia ha il raffreddore da giorni, io non mi sento benissimo, ma per ora va tutto bene. Però mi sono messa in auto-isolamento, ho chiamato il medico, ho avvisato le persone con cui ho avuto contatti, ho attivato tutte le procedure del caso.

Ora tua madre è sola, a casa, con la febbre?

Mia sorella è arrivata da Berlino per accudirla.

Si prenderà il virus anche lei.

Non escludo che lo abbia già preso perché a febbraio era stata in casa con mio padre qui in Italia e poi era ripartita.

Quindi potrebbe aver contagiato qualcuno in Germania.

Molto probabile. Ora comunque è in auto-isolamento anche lei, con mia madre. Siamo tutti lontani in questo momento, mio padre in terapia intensiva, io sola con mia figlia, mamma e sorella in casa. E questo nonostante la Asl non ci abbia mai detto cosa fare. È il momento di avere un senso di responsabilità individuale, per il bene della comunità.

Voi lo avete avuto.

Sì, ma a a che prezzo? Mia madre quando le hanno detto della positività di mio padre ha informato la sua sarta, la ristoratrice, le persone che nei giorni precedenti avevano frequentato in paese. Ho una società anche io, ho paura anche io perché ho investito tutto quello che avevo in nuove attività, ma non è il momento di essere egoisti.

Hai altri parenti stretti?

Mio fratello vive in Indonesia, in un’isoletta che si chiama Flores. Non si può muovere da lì, dice che in Indonesia ufficialmente il virus non è arrivato ma mi spiega che nessuno fa i tamponi e che secondo lui il virus c’è, semplicemente, almeno dalle sue parti, a malapena c’è un ospedale, si muore per molto meno.

Tuo padre come sta?

È grave, vogliono trasferirlo a Milano, al San Raffaele. Poi sai, non può ricevere visite, è in mezzo a persone che sono i condizioni critiche come lui, è spaventato. Lo è anche mia madre, siamo persone razionali ma è un momento psicologicamente difficile.

Vi siete sentiti trattati con superficialità?

Io la gestione del pronto soccorso a Cremona la trovo sconcertante, così come il fatto che dai numeri dell’emergenza nessuno richiami, detto ciò capisco che è una situazione difficile, che l’ospedale è al collasso, ma bisognava prepararsi prima alla gestione di questa crisi. Io so solo che se mia madre quella sera non avesse preso la sua macchina con la febbre alta e non avesse portato mio padre al pronto soccorso, senza rispettare il protocollo, lo avremmo trovato morto nel letto.


Alberto Pento
Se si considera la sanità ordinaria del sud, c'è poco da stare allegri nel caso vi fosse una diffusione elevata del virus, nel territorio italiano meridionale se già al nord dove vi è la sanità migliore vi sono seri problemi.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 3:10 pm

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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 3:28 pm

Anche i vecchi e gli ammalati hanno il diritto di guarire e di vivere e non di morire per le complicazioni di un virus; in ogni caso anche lo 0,9% dei casi di morte dei contagiati da coronavirus riguarda persone non vecchie e non ammalate e in perfette condizioni di salute e 0,9% dei casi non è un valore da poco, il valore dell'influenza stagionale nelle statistiche più basse e favorevoli è dato intorno allo 0,2% compreso gli ammalati e i vecchi, e per le persone sane e giovani si abbassa allo 0,01.


Dal fronte dell'epidemia nelle zone rosse

Codogno: "I morti? Non vecchi ma persone. E basta insulti: restiamo umani"
SARA STROPPA*
29 febbraio 2020

https://www.ilgiorno.it/lodi/cronaca/co ... HEBj3GWFdM

Codogno (Lodi), 29 febbraio 2020 - Io sono di Codogno. Sì, esatto, proprio quel posto di cui ora si parla senza sosta, un paese di 16mila anime di cui nessuno sapeva nulla e che è stato catapultato in un folle circo mediatico da venerdì 21 febbraio. Una mattina come le altre, una notizia che urlava tra social e televisione, le nostre vie, quelle in cui siamo cresciuti, quelle che ti fai con gli amici avanti r indietro mille volte il sabato sera, in diretta ovunque. Casa mia, l’ingresso del vicolo dove stanno mamma e papà è in TV. L’insensato quanto incontrollato pensiero "oh, oh, magari si affacciano...".

E subito un secco "ma che succede?" Un’escalation di confusione e ansia. Non c’e tempo di pensare, è una cascata di parole, di numeri di indizi. Contagio, paziente zero - dicono - focolaio. Ma quella e solo casa. E io non capisco, penso alle cose che ho pronte qui in cucina da portare a mamma. Io sono qui nelle Marche, nella zona rossa ho la fetta piu grande dei miei affetti, la percentuale più elevata dell’amore che posseggo. Ho mamma e papà che sono arrivati con i loro capelli bianchi, le loro fragilità e i loro anni per trovarsi in una realtà che non ha nulla di chiaro e sensato per loro, che si affidano a me che sono a trecento chilometri e a mio fratello per ave re aggiornamenti veritieri su quello che succede là dentro, il tutto tra continui tentativi di truffa da parte di sciacalli che si fingono personale sanitario o altro. Ho amici lì, tra i più cari che sono “famiglia”, angeli su cui contare. Al di la di tutte le polemiche e le emergenze reali ci sono le persone, gli affetti che devono restare lontani quando invece il bene di prima necessità il primo, sarebbe proprio restare vicini. Un esempio, la chiamerò Anna. Lei oggi ha perso suo padre e la madre è nello stesso ospedale a lottare per la sua vita. Lei è murata a casa, non può “salutare” l’ultima volta suo padre e non riesce a smettere di pensare che nel suo ultimo respiro era solo, non può assistere sua madre ben sapendo che probabilmente è spaventata a morte e preoccupata per quel compagno di vita che lei pensa sia ancora vivo al piano sotto. Ecco... coronavirus è anche questo, essere strappati, senza che nessuno ti avverta, dai tuoi cari, dai tuoi affetti, sperare da lontano che tutto vada bene, sentirsi impotenti e avere voglia di correre da loro, ma non poterlo fare.

Il coronavirus non è solo fobia, amuchina, supermercati vuoti: qualcuno sta perdendo qualcuno che ama e questo non andrebbe mai dimenticato. Non andrebbe nemmeno dimenticato che a quel qualcuno il fatto che "tanto è letale solo per chi è già debole di salute" non e di alcun conforto. Di questo nessuno parla ...io ritengo sia il punto chiave di tutto. L’ironia aiuta ad alleggerire ed è necessaria per tenere i mostri un po’ più a distanza , ma ricordiamoci sempre delle persone , sempre. Ci stanno attribuendo ogni colpa, quando in realtà dovrebbe esserci attribuita soltanto la sfortuna di essere stati i primi a lanciare un allarme su qualcosa che era già ampiamente presente sul territorio in molti ospedali al di fuori della zona poi finita quarantena, ma che il protocollo degli esperti forse aveva sbagliato a valutare. Ci stanno augurando di tutto, da vulcani attivi che ci colino sulla testa a bombardamenti “sanificatori”, un video ieri diceva che il fatto che sia capitato a noi lassù sia la "cosa più bella del modo". A Codogno ci sono solo persone, anziani, bambini, famiglie, c’è gente onesta, gente altruista, perché è di quelli che sono responsabilmente rimasti che parliamo, di quelli che sopportano a fatica e senza alcuna serenità ogni minuto di quarantena (in troppi pensano sia una vacanza), tutto questo con un senso di responsabilità e civiltà degno di rispetto. Le mamme tengono i bambini sereni, gli amici cenano insieme, via computer. Sforzi dignitosi e silenziosi. Invece di seminare odio spendete una parola d’incoraggiamento: troverete un’accoglienza inimmaginabile. Rimaniamo umani.
*Cittadina di Codogno





“Se mia madre non avesse violato i protocolli mio padre sarebbe morto a causa del Coronavirus”. Giovanna racconta il caos di Cremona al collasso
Selvaggia Lucarelli 1 mrzo 2020

https://www.tpi.it/cronaca/coronavirus- ... 2D0BXxMtC4

“Se mia madre avesse dato retta ai protocolli, mio padre sarebbe morto nel letto. Cremona è al collasso”. Giovanna, 40 anni, racconta la storia della sua famiglia alle prese con una sanità nel caos, mentre attraversa giornate difficili in auto-isolamento a Milano con la sua bambina. “L’odissea della mia famiglia inizia la scorsa settimana con una febbre improvvisa a mio padre, che vive in un piccolo comune in provincia di Piacenza con mia madre. Nei giorni precedenti mia madre aveva avuto qualche lieve problema respiratorio, ma nulla di grave”.

Avete pensato subito al Coronavirus?

No, siamo persone che non si allarmano facilmente, ma eravamo informati come tutti e quindi siccome i sintomi coincidevano, mia madre da persona responsabile lunedì ha chiamato i numeri predisposti e chiesto che attivassero le procedure per il tampone.

I tuoi sono molto anziani?

No, mio padre ha 65 anni, ma ha il Parkinson e il diabete, una situazione non facile.

E quindi cosa è successo?

Che nessuno si è fatto vivo e nel frattempo mio padre ha iniziato a peggiorare, a respirare sempre più male. Mia madre anche, cominciava ad avere la febbre a 39.

Tu sei andata ad accudirli?

Io vivo a Milano con mia figlia piccola, era imprudente entrare in contatto con loro e uscire in generale senza conoscere prima i risultati del test. Quindi mia madre con la febbre alta mercoledì ha preso mio padre, si è imbottita di tachipirina e guidando piano piano ha deciso di trasgredire ai protocolli che dicono di non andare al pronto soccorso ed è andata all’ospedale di Cremona.

Com’era la situazione lì?

C’era una tensostruttura in cui misuravano la febbre, poi mandavano tutti nella sala d’aspetto del pronto soccorso, sia quelli con la febbre che quelli magari con una frattura. Mio padre è rimasto lì, ad aspettare di fianco alla vecchietta con la gamba che le faceva male.

Dunque non c’è isolamento per i casi sospetti.

No, quindi è possibile che il primo luogo di contagio sia, tra gli altri, quel pronto soccorso.

Hanno fatto il test per il coronovirus a tuo padre e tua madre?

Incredibilmente no, solo a mio padre che era il più grave dei due, perché ha già malattie pregresse e dalle lastre era risultata una polmonite in corso. E il risultato è stato positivo, ha contratto il coronavirus, lo hanno ricoverato subito. È in terapia intensiva.

Scusa e tua madre che aveva la febbre non ha fatto il test?

No, l’hanno rimandata a casa dicendole di non uscire e di chiamare se la sua situazione fosse peggiorata. Non fanno più i tamponi neanche ai sintomatici, questo va raccontato. E mia madre ha il coronavirus al cento per cento.

Come se lo sono presi secondo te?

Io credo che sia stata mia madre a passarlo a mio padre. Vivo a Milano e lei ha preso spesso, nell’ultimo mese, il famoso treno Milano-Cremona che fa le fermate nella zona rossa, per venire a badare a mia figlia quando lavoravo. L’ultima volta il 18 febbraio, ha dormito nel lettone con la mia bambina. È un treno spesso affollatissimo, chissà quanta gente si è contagiata prendendolo.

Quindi anche tu e tua figlia potreste essere malate.

Mia figlia ha il raffreddore da giorni, io non mi sento benissimo, ma per ora va tutto bene. Però mi sono messa in auto-isolamento, ho chiamato il medico, ho avvisato le persone con cui ho avuto contatti, ho attivato tutte le procedure del caso.

Ora tua madre è sola, a casa, con la febbre?

Mia sorella è arrivata da Berlino per accudirla.

Si prenderà il virus anche lei.

Non escludo che lo abbia già preso perché a febbraio era stata in casa con mio padre qui in Italia e poi era ripartita.

Quindi potrebbe aver contagiato qualcuno in Germania.

Molto probabile. Ora comunque è in auto-isolamento anche lei, con mia madre. Siamo tutti lontani in questo momento, mio padre in terapia intensiva, io sola con mia figlia, mamma e sorella in casa. E questo nonostante la Asl non ci abbia mai detto cosa fare. È il momento di avere un senso di responsabilità individuale, per il bene della comunità.

Voi lo avete avuto.

Sì, ma a a che prezzo? Mia madre quando le hanno detto della positività di mio padre ha informato la sua sarta, la ristoratrice, le persone che nei giorni precedenti avevano frequentato in paese. Ho una società anche io, ho paura anche io perché ho investito tutto quello che avevo in nuove attività, ma non è il momento di essere egoisti.

Hai altri parenti stretti?

Mio fratello vive in Indonesia, in un’isoletta che si chiama Flores. Non si può muovere da lì, dice che in Indonesia ufficialmente il virus non è arrivato ma mi spiega che nessuno fa i tamponi e che secondo lui il virus c’è, semplicemente, almeno dalle sue parti, a malapena c’è un ospedale, si muore per molto meno.

Tuo padre come sta?

È grave, vogliono trasferirlo a Milano, al San Raffaele. Poi sai, non può ricevere visite, è in mezzo a persone che sono i condizioni critiche come lui, è spaventato. Lo è anche mia madre, siamo persone razionali ma è un momento psicologicamente difficile.

Vi siete sentiti trattati con superficialità?

Io la gestione del pronto soccorso a Cremona la trovo sconcertante, così come il fatto che dai numeri dell’emergenza nessuno richiami, detto ciò capisco che è una situazione difficile, che l’ospedale è al collasso, ma bisognava prepararsi prima alla gestione di questa crisi. Io so solo che se mia madre quella sera non avesse preso la sua macchina con la febbre alta e non avesse portato mio padre al pronto soccorso, senza rispettare il protocollo, lo avremmo trovato morto nel letto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 4:01 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 4:01 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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