ONU - UNESCO e altri (no grasie!) - e Facebook ?

Re: ONU - UNESCO e altri (no grasie!) - e Facebook ?

Messaggioda Berto » sab feb 24, 2018 10:13 pm

Ciò che penso dell'ONU e delle sue varie branchie lo conoscete bene
Emanuel Segre Amar
https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 5121116918


Possibile che ci sia solo Giulio Meotti che denuncia queste porcherie? Io non sono un fan della lega, e non entro nelle questioni legate alla politica italiana, ma perché deve essere solo Salvini a denunciare queste verità?
Vi assicuro che la lettura di questo articolo ha superato la mia immaginazione. Aggiungo solo che gli uomini di Israele arrivarono ad Haiti nel giro di 24 ore e fecero un lavoro formidabile e ripartirono, ovviamente, senza macchia.

Dopo il sisma, Haiti travolta dal terremoto umanitario
Dal colera e gli stupri dell'Onu alle orge di Oxfam. Il colonialismo dei buoni

Roma. Erano arrivati a Haiti con le migliori intenzioni dopo il devastante sisma del 2010. Venerdì l’annuncio che gli inglesi di Oxfam lasceranno l’isola nel disonore. Haiti ha deciso di fare a meno dei servizi e della benevolenza della ong messa in ginocchio da una serie di scandali, su tutti le ormai celebri “orge in stile Caligola” consumatesi tra i funzionari di Oxfam e le vittime del terremoto.

Venerdì il presidente haitiano Jovenel Moïse ha detto che la vergogna di Oxfam è soltanto “la punta dell’iceberg”. Dopo il sisma, Haiti è stata infatti devastata da un altro terremoto, quello scatenato dagli operatori di pace. Mark Schuller, un professore di Antropologia dell’Università dell’Illinois, ha scritto un libro sullo “shock umanitario a Haiti”. È un sisma che non si misura con la magnitudo, ma col numero di infetti, morti e abusati.

Hanno iniziato i Caschi blu nepalesi che a Haiti hanno portato il colera, causando la morte di 8.774 persone. Schuller l’ha chiamata “killing with kindness”: uccidere con gentilezza. La malattia si è rivelata molto più rapida della burocrazia dell’Onu e ha contagiato Repubblica Dominicana, Cuba e Messico, facendo ammalare decine di migliaia di persone. L’Onu ha passato sei lunghi anni a negare l’evidenza prima che il segretario generale Ban Ki-moon ammettesse la responsabilità morale dell’epidemia. Come ha rivelato un’inchiesta del New York Times, il fondo da 400 milioni di dollari creato per risarcire le vittime del colera è, de facto, rimasto vuoto. Un altro fiasco. Dopo il colera, l’Onu ha introdotto ad Haiti gli stupri e le gravidanze indesiderate.

I Caschi blu, stavolta dello Sri Lanka, hanno abusato di bambini haitiani dai dieci ai sedici anni, nelle docce, nelle torrette di guardia, nei camion dell’Onu. L’allora presidente haitiano Michel Martelly lo descrisse come “stupro collettivo”. Una ragazza nota come “V01”, ovvero “Vittima numero 1”, fece sesso con cinquanta peacekeeper, incluso un comandante che le dava meno di un dollaro. Le zone disastrate sono diventate un magnete per i predatori. Così, Haiti è stata trasformata in un campo da gioco sessuale dall’Onu.

Cinquecento i casi, spesso riguardanti minorenni. Adesso le madri dei “peacekeeper babies” di Haiti hanno presentato la prima azione legale contro il Palazzo di vetro chiedendo all’Onu di far fronte alle spese dei bambini nati dalle violenze sessuali. Poco dopo aver partorito, una madre ha ricevuto 350 dollari dal soldato uruguaiano che l’aveva messa incinta. Da allora non ha ricevuto più nulla.

Otto anni fa il mondo piangeva con Haiti e, insieme alle nostre lacrime, è arrivata anche una delle risposte umanitarie più generose della storia. I privati hanno contribuito con 3,06 miliardi di dollari e i governi ne hanno promessi altri tredici. Ma la domanda da sedici miliardi di dollari è dove siano finiti tutti quei soldi. I piccoli segni di progresso sull’isola sono niente al confronto con i fondi ricevuti. Alcune ong hanno speso milioni per insegnare agli haitiani a lavarsi le mani proprio mentre i Caschi blu trasmettevano il colera a tutta l’isola dalle acque reflue. Alcuni dirigenti di Oxfam usavano invece i fondi del governo inglese stanziati per Haiti per pagare le orge, ricattando la popolazione più povera del mondo. E’ il colonialismo dei buoni. Il fardello dell’uomo bianco di Kipling impallidisce al confronto di questi Caligola umanitari.
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Messaggioda Berto » mar feb 27, 2018 3:08 pm

SIRIA, AIUTI IN CAMBIO DI SESSO.UN NUOVO SCANDALO TRAVOLGE LA COOPERAZIONE

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 3089443414

Alcuni operatori che in Siria consegnano aiuti umanitari per conto delle Nazioni unite e di organizzazioni internazionali hanno sfruttato sessualmente donne siriane, chiedendo loro prestazioni sessuali in cambio del cibo. Lo rivela in un'inchiesta la Bbc: l'indagine prende le mosse da una serie di denunce emerse per la prima volta tre anni fa. Ma secondo la televisione britannica gli abusi non sono cessati: operatori umanitari hanno riferito alla Bbc che lo sfruttamento delle donne era arrivato a un livello tale che molte siriane per lungo tempo hanno evitato di recarsi nei centri di distribuzione degli aiuti, perché era dato per scontato che chi aveva ricevuto aiuti aveva dato in cambio prestazioni sessuali.

Secondo una delle operatrici intervistate dalla Bbc, alcune agenzie umanitarie hanno a lungo chiuso un occhio su questo sfruttamento, perché usare parti terze e operatori locali è l'unica via per far sì che gli aiuti arrivino in zone particolarmente pericolose a cui lo staff internazionale non può accedere. Tre anni fa un'operatrice umanitaria aveva denunciato lo sfruttamento sessuale delle siriane per la prima volta. Dopo le rivelazioni, le agenzie Onu e le ong avevano annunciato di aver reso più rigide le proprie procedure e regole. Poi il Fondo delle Nazioni unite per la popolazione (Unfpa) ha diffuso un rapporto sulla violenza di genere, concludendo che l'assistenza umanitaria veniva scambiata con rapporti sessuali in vari governatorati siriani.

Lo scandalo va a toccare un mondo della cooperazione già in crisi dopo che le rivelazioni di abusi sessuali hanno toccato giganti come Save the Chidren, Oxfam e Unicef.



Siria, donne abusate da operatori che lavorano per conto dell’Onu
giordano stabile
2018/02/27

http://www.lastampa.it/2018/02/27/ester ... agina.html


Cibo e aiuti per i figli e la famiglia in cambio di «favori sessuali». E’ l’ultimo scandalo che il mondo degli aiuti umanitari e questa volta il teatro è la Siria, un Paese devastato da sette anni di guerra civile e con sei milioni di sfollati interni. Proprio le donne rifugiate in campi profughi e altre zone lontane da casa sono state prese di mira e abusate da operatori locali che distribuiscono gli aiuti per conto di organizzazioni umanitarie dell’Onu. A rivelarlo, in una drammatica intervista alla Bbc, è stata la cooperante Danielle Spencer. Un fenomeno così diffuso, racconta, che molte donne siriane ormai si rifiutano di andare presso i centri di distribuzione degli aiuti perché temono di essere ricattate.

«Non consegnavano gli aiuti fino a che le donne non si concedevano», ha rivelato Spencer, che ha parlato direttamente con donne vittime di abusi: «Mi ricordo di una donna che piangeva in una stanza, stava molto male. Una donna che si trova in un centro e aspetta di ricevere cose essenziali per poter vivere come cibo o sapone deve essere protetta. L’ultima cosa di cui ha bisogno è un uomo che la ricatti chiedendole di fare sesso con lei in cambio di quegli aiuti».

Una inchiesta sulle violenza di genere condotta dallo United Nations Population Fund (Unfpa) ha concluso che questo tipo di abusi sono diffusi in vari governatorati della Siria. Il rapporto Voices from Syria 2018 denuncia anche che “ragazze vengono date in spose a funzionari per un breve periodo tempo, per servizi sessuali, in cambio di cibo. Gli operatori locali che distribuiscono gli aiuti chiedono numeri di telefono”, vogliono visitare le case delle donne assistite per “prendere qualcosa in cambio” come “passare una notte assieme”. Il rapporto precisa che sono le donne “senza protezione maschile”, cioè orfane, vedove, divorziate, le più esposte al rischio di abusi sessuali.

Al-Qaeda bombarda i corridoi umanitari

Il rapporto dell’Unfpa e le confessioni della cooperante Spencer gettano una luce ancora più sinistra su un Paese in ginocchio. Anche la speranza dei corridori umanitari per la Ghouta assediata è durata poco. Questa mattina dovevano partire i primi convogli di aiuti della Croce rossa internazionale ma i combattenti di Hayyat al-Tahrir al-Sham, un gruppo legato ad Al-Qaeda, ha bombardato con i mortai la strada aperta dai governativi e dai russi. I combattimenti sono destinati a riprendere e non si vede una via di uscita.
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Messaggioda Berto » dom mar 04, 2018 10:33 am

La spudorata ipocrisia delle Ong
Gian Micalessin - Gio, 01/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 99749.html

Si fanno chiamare Ong, Organizzazioni Non Governative, ma sono le nuove e crudeli divinità di un umanitarismo cinico e spregiudicato.

Divinità pronte a scegliere, nel nome del proprio esclusivo interesse, quale morte imporre a chi non può né decidere, né difendersi. Il medico nazista Josef Mengele torturava le sue vittime nel nome d'una medicina al servizio di una razza superiore. Le nuove divinità dell'emergenza umanitaria non razzolano molto lontano. Nel nome di un impegno promosso a mantra del politicamente corretto accettano lo stupro di donne innocenti e la morte di migliaia di disgraziati. È successo in Siria e in Libia, due Paesi a lungo utilizzati dai professionisti dell'umanitarismo per far leva sui nostri sensi di colpa e incoraggiare un'accoglienza senza regole o limiti. Ma non è stata la loro colpa più grave. Ben più ignobile è stata la decisione di considerare le violenze sessuali imposte a decine, centinaia o forse migliaia (chi lo sa?) di inermi donne siriane un male minore rispetto all'esigenza di Nazioni Unite e Ong di proseguire la distribuzione di cibo nelle zone controllate dai ribelli jihadisti. In Libia è andata anche peggio. Lì per oltre due anni una mezza dozzina di Ong ha ritenuto ammissibile la morte di una quota di migranti (1304 nel 2014, 3771 nel 2015, 5022 nel 2016) pur di garantire quegli accordi con i trafficanti di uomini che permettevano alle loro navi d'esibirsi nel salvataggio di decine di migliaia di disgraziati. A innescare questa spregiudicata sovversione dei concetti di generosità e compassione hanno contribuito i giganteschi interessi che fanno da cornice alle operazioni umanitarie. A gestire quella torta miliardaria ci pensano l'Onu e quelle agenzie - come Unicef, Fao o Alto Commissariato per i Rifugiati - delegate a suddividere fra le varie Ong sia le missioni umanitarie, sia i denari per portarle a termine. Se quelle missioni s'interrompono le agenzie dell'Onu non possono garantire la propria presenza sul terreno e le Ong non possono continuare a incassare. Accanto a questa immensa torta c'è poi quella delle donazioni private. Per attirarle i professionisti dell'umanitarismo devono esibire risultati. E allora ecco gli spot televisivi in cui l'ostentazione di bambini affamati è seguita dalla richiesta di oboli mensili indispensabili per garantirne la sopravvivenza. Ma quegli oboli garantiscono soprattutto la sopravvivenza di centinaia migliaia di «volontari» a stipendio fisso. Proprio per questo lo spettacolo deve andare avanti. Anche quando un pugno di riso equivale allo stupro di una donna. Anche quando le navi delle Ong cariche di migranti navigano indifferenti su silenziosi cimiteri sottomarini.
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Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 9:39 pm

Lotta al pregiudizio anti israele
7 marzo 2018

http://www.italiaisraeletoday.it/lotta- ... ti-israele

Sono onorata di poter dire che quando vengo qui ad AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) sono fra amici. Sapete, talvolta alle Nazioni Unite non abbiamo attorno molti amici. Ricordo l’anno scorso quando abbiamo votato l’opposizione di principio dell’America alla dittatura di Castro a Cuba. Il voto ci è stato contrario: 191 a 2. I due soli voti contro la dittatura – l’avete indovinato – sono stati quelli di Stati Uniti e Israele. Come dico sempre, la qualità è meglio della quantità.

Poco dopo la sua elezione nel 2016, il presidente Donald Trump mi chiese di servire nella sua amministrazione. Ci incontrammo e discutemmo di una serie di questioni. Per farla breve, un paio di giorni dopo la sua squadra mi chiamò e mi disse che Trump avrebbe voluto che fossi l’ambasciatrice alle Nazioni Unite. Risposi che, in quanto governatrice, non sapevo granché di Nazioni Unite. Se ne parlò un po’, ma l’argomento decisivo fu quando dissi al presidente: lei sa che non farò da tappezzeria né da mezzobusto: devo poter dire quello che penso. Senza alcuna esitazione il presidente Trump disse: questo è esattamente quello che voglio che lei faccia. Ed è stato di parola, e penso di esserlo stata anch’io.

Alcuni di voi avranno sentito che recentemente il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha voluto darmi un consiglio: mi ha detto di stare zitta. Signor Erekat, io sarò sempre rispettosa, ma non starò mai zitta.

Ora è più di un anno che sono in questa posizione e ho imparato molte cose su come funzionano le Nazioni Unite. Ma una cosa mi è diventata veramente chiara. È importante sapere il più possibile sulle esigenze e gli usi di ogni paese, ma questa non è la parte più importante di questo lavoro. La cosa più importante è non aver paura di attenersi ai propri principi fondamentali, anche quando vanno contro inveterate abitudini. Alcune di queste obsolete abitudini sono andate avanti per anni incontrastate. Uno di questi principi è che prendere posizione per i tuoi amici è cruciale. Solo un mese prima del mio arrivo all’Onu gli Stati Uniti permisero l’approvazione della risoluzione 2334. Fu un giorno ignominioso per l’America. Ci rifiutammo di difendere un nostro amico mentre veniva preso di mira con una tremenda sopraffazione. Nel mio primo giorno alle Nazioni Unite garantii all’ambasciatore d’Israele che durante il mio incarico una cosa del genere non sarebbe mai successa.

Un altro principio che mi ha accompagnato in questo incarico è che non ho nessuna tolleranza per il bullismo. Sono cresciuta nell’unica famiglia di origine indiana che viveva in una piccola città della Carolina del Sud. Complessivamente era una comunità bella e amichevole. Ma questo non significa che ogni giorno sia stato bello. I miei genitori erano immigranti.

Mio padre indossava il turbante, mia madre il sari, e non sono mancate occasioni in cui siamo stati vittime di bullismo. Successivamente, da governatrice, avviai un programma anti-bullismo. Ogni mese andavo nelle scuole di tutto lo stato a parlare contro il bullismo. Per me era assolutamente fondamentale. Non te la puoi prendere con qualcuno solo perché appare diverso da te, o perché la pensa diversamente da te. O semplicemente perché te le puoi permettere. È un’idea che mi accompagna da quando ero bambina, ma non pensavo certo che mi sarebbe servita alle Nazioni Unite. Invece, salta fuori che il bullismo è pratica comune alle Nazioni Unite.

Nel mondo reale Israele è un paese forte, con una vibrante economia e forze armate di prim’ordine. Sul campo di battaglia Israele non è certo una vittima indifesa del bullismo. Chiedetelo a iraniani e siriani.

Ma alle Nazioni Unite le cose stanno in modo diverso. All’Onu e nelle varie agenzie delle Nazioni Unite Israele è vittima di bullismo. E lo è perché i paesi che detestano Israele sono abituati a farla sempre franca. Proprio come quando ero una ragazzina in Carolina del Sud, questo semplicemente non mi sta bene.

Come sapete, una delle agenzie dell’Onu con la peggiore storia di pregiudizio anti-israeliano è l’Unesco. Fra tante altre ridicolaggini, l’Unesco vanta la vergognosa singolarità di voler cambiare la storia antica. Di recente l’Unesco ha proclamato uno dei luoghi più santi dell’ebraismo, la Tomba dei Patriarchi, come un sito del patrimonio palestinese bisognoso d’essere protetto da Israele. Era troppo. E così, a dieci mesi dall’inizio di questa amministrazione, gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Unesco.

Ci sono molte altre cose, piccole e grandi, che facciamo settimana dopo settimana per contrastare il bullismo anti-Israele delle Nazioni Unite. Ogni mese il Consiglio di Sicurezza tiene una sessione dedicata al Medio Oriente. E ogni mese questa sessione diventa una seduta dedicata a dare addosso a Israele. E’ una cosa che va avanti da decenni, mese dopo mese. Per me era una novità, quando arrivai all’Onu. Fu veramente scioccante.

Alla prima di queste sessioni ho affermato pubblicamente: se vogliamo parlare di sicurezza in Medio Oriente dobbiamo parlare di Iran o di Siria, di Hezbollah o di Hamas o di Isis, o della carestia nello Yemen. Ci saranno almeno dieci grandi problemi che affliggono il Medio Oriente con i quali Israele non ha nulla a che fare. Da allora, ogni singolo mese, nella sessione sul Medio Oriente ho parlato di altre questioni che non riguardano Israele.

Non posso dire che abbiamo risolto il problema, ma posso dire che diversi altri paesi hanno seguito il nostro esempio. Quella che era una sessione mensile contro Israele adesso è perlomeno un po’ più equilibrata. Non abbiamo nessuna intenzione di tollerare il bullismo.

C’è un altro principio che mi era chiaro prima di arrivare all’Onu. Come la gran parte degli americani, io sapevo qual è la capitale di Israele. Sapevo che Gerusalemme era, è e sarà sempre la capitale di Israele. Non è una cosa che sia stata prodotta dal posizionamento di un’ambasciata. Non è una cosa che sia stata prodotta da una decisione americana. Non è l’America che ha fatto di Gerusalemme la capitale d’Israele. Quello che ha fatto il presidente Trump, e gliene va dato atto, è riconoscere una realtà che i presidenti americani si erano rifiutati di riconoscere per troppo tempo. Gerusalemme è la capitale d’Israele: è un dato di fatto. Prima o poi verrà il giorno in cui tutto il mondo riconoscerà questo dato di fatto. Si sa che la nostra decisione di aprire l’ambasciata a Gerusalemme ha suscitato un po’ di agitazione alle Nazioni Unite, e sono stata fiera di opporre il veto al Consiglio di Sicurezza quando è stata votata una condanna della nostra decisione.
Fino a quando la Tomba dei Patriarchi è rimasta sotto controllo arabo-islamico, agli ebrei era proibito avvicinarsi e pregare più in là del settimo gradino della scala esterna

Fino a quando la Tomba dei Patriarchi è rimasta sotto controllo arabo-islamico, agli ebrei era proibito avvicinarsi e pregare più in là del settimo gradino della scala esterna

La settimana successiva, la questione di Gerusalemme è stata portata all’Assemblea Generale. In quella votazione siamo stati battuti. Ma per la sorpresa di molti, ben 65 paesi si sono rifiutati di votare contro di noi.

Un record, nella lunga storia di sopraffazione all’Onu contro Israele. E noi non dimenticheremo quel voto. Come dissi al momento, durante quel voto ci siamo appuntati i nomi dei paesi.

Come i paesi votano all’Onu non può essere l’unico fattore nel decidere la nostra politica di aiuti: abbiamo molti interessi che vanno al di là dell’Onu. Ma certamente deve essere uno dei fattori, e il presidente e io stiamo spingendo in questo senso.
Le condanne del Consiglio Onu per i diritti umani dalla sua istituzione nel 2006 fino all’agosto 2015, suddivise per paese

Le condanne del Consiglio Onu per i diritti umani dalla sua istituzione nel 2006 fino all’agosto 2015, suddivise per paese

Alcuni ci accusano di favoritismo verso Israele. Innanzitutto, non c’è nulla di sbagliato nel favorire un alleato. E’ proprio questo che significa essere alleati. Ma in realtà il favoritismo, qui, non c’entra niente. In tutto ciò che facciamo, che sia la decisione sull’ambasciata o sull’Unesco, o quello che facciamo circa l’Unrwa – non fatemi nemmeno iniziare a parlare di quest’ultima – il nostro approccio circa Israele è legato a una idea principale: il semplice concetto che Israele deve essere trattato come ogni altro paese normale. Continueremo a esigere che Israele non venga trattato come una sorta di entità provvisoria e temporanea. Non può essere che un solo paese al mondo non può scegliere la sua città capitale. Non può essere che il Consiglio Onu per i diritti umani ha un ordine del giorno fisso su un solo paese. Non può essere che una sola comunità di profughi fra quelle di tutto il mondo sia conteggiata in modo tale che il suo numero continui a crescere all’infinito. Non può essere che un’organizzazione di 193 paesi come le Nazioni Unite impieghi metà del suo tempo ad attaccare un solo paese.

Non intendiamo accettare più tutto questo. E questa posizione è una posizione a favore della pace. Il pregiudizio delle Nazioni Unite contro Israele ha minato per lungo tempo la pace alimentando l’illusione che Israele sia destinato semplicemente a scomparire. Ma Israele non è destinato a scomparire. Quando tutto il mondo riconoscerà questo fatto, allora la pace diventerà possibile. Diventerà possibile perché tutte le parti si occuperanno della realtà, e non di fantasie. E quando ci si occupa della realtà, allora i compromessi ragionevoli, frutto del negoziato, possono avere la meglio sulle pretese assolute.


https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 6765206713
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Re: ONU - UNESCO e altri (no grasie!) - e Facebook ?

Messaggioda Berto » mer mar 21, 2018 2:55 pm

Queste ONG in molti casi sono produttori di male mascherato da bene


Ong, i produttori di bene al di sopra della legge
Anna Bono

http://www.lanuovabq.it/it/ong-i-produt ... 4.facebook

Le Organizzazioni non governative sono centinaia di migliaia. Fanno del bene e lo fanno bene, guai a metterlo in dubbio; e, poiché fanno del bene e "lo fanno bene", per loro è lecito sfidare i governi. Ultimo esempio in ordine di tempo è quello della Ong spagnola Open Arms la cui nave ProActiva è sotto sequestro a Catania, per aver trasportato 218 persone raccolte in acque libiche. Il sospetto è che sia collusa con i trafficanti di esseri umani. E peggiora l'immagine della solidarietà internazionale.

AUMENTA LA PRESSIONE SULL'UE MEDITERRANEA di Gianandrea Gaiani
Open Arms, conferenza stampa

Le Organizzazioni non governative sono centinaia di migliaia. Ce n’è di piccole, fondate e amministrate da alcune persone che hanno deciso di aiutare il prossimo in difficoltà: ad esempio, medici che dedicano le ferie a prestare servizio volontario negli ambulatori africani e, per dotarli di apparecchiature e presidi sanitari, si tassano e invitano amici e conoscenti a contribuire finanziariamente. Altra cosa sono le Ong internazionali come Medici senza frontiere, Save the Children, Amnesty International, con migliaia di soci e dipendenti retribuiti e bilanci milionari grazie a cospicue donazioni, private e pubbliche. Sono in grado di realizzare progetti di sviluppo e assistenza di vaste proporzioni e di attivarsi con prontezza all’insorgere di emergenze umanitarie in qualsiasi parte del mondo.

Piccole o grandi, le accomuna la missione di essere utili e spesso, come stiamo scoprendo, la pretesa di esserlo, indiscutibilmente. Fanno del bene e lo fanno bene, guai a metterlo in dubbio; e, poiché fanno del bene e lo fanno bene, per loro è lecito sfidare i governi, scegliere come, dove e quando agire, porsi al di sopra delle leggi, nazionali e internazionali, venire a patti con il diavolo stipulando accordi con gruppi armati e terroristi. Possono contare sul formidabile sostegno delle Nazioni Unite e di alcune tra le più potenti fondazioni private.

Un esempio clamoroso è quello delle Ong associate alle organizzazioni criminali che trasportano gli emigranti illegali diretti in Europa. Intervengono su richiesta degli scafisti, trasferiscono sulle rispettive navi e poi sbarcano gli emigranti illegali, la maggior parte dei quali si fingono profughi per chiedere asilo, e poi ripartono per una nuova “missione” imponendo all’Italia di farsi carico delle persone da loro “salvate”, pena, in caso contrario, l’accusa di non essere solidali, di “alzare muri” dove bisognerebbe “costruire ponti”.

Emblematico è il caso più recente, di cui è protagonista l’Ong spagnola Open Arms. Il 15 marzo la ProActiva, la nave noleggiata dalla Ong per operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, ha risposto a una richiesta di aiuto proveniente da un gommone. Nonostante che la Guardia costiera libica avesse assunto il comando delle operazioni di soccorso, è entrata in acque libiche e ha preso a bordo 218 persone. Ne ha lasciate a Malta due, una donna e il figlio di tre mesi, e ha poi proseguito verso l’Italia chiedendo l’autorizzazione a sbarcare. L’Italia ha replicato che la richiesta andava rivolta allo stato di appartenenza, la Spagna in questo caso, o al paese più vicino, Malta, ma la nave ha continuato la rotta verso il porto siciliano di Pozzallo dove alla fine il 17 marzo ha ottenuto l’autorizzazione a sbarcare gli emigranti. Il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha disposto il sequestro della ProActiva e ha iscritto al registro degli indagati il comandante della nave, il coordinatore a bordo e il responsabile della Ong con l’accusa di associazione a delinquere per favorire l’immigrazione clandestina.

“Non è pensabile che sia stato istituito il reato di solidarietà” è stato il sarcastico commento di un legale della Open Arms. Inutile provare a spiegare che gli immigrati che si affidano ai trafficanti, oltre a essere clandestini, non provengono quasi mai da paesi in guerra e nessuno fugge da situazioni di povertà estrema, ma che in compenso l’afflusso in Europa di centinaia di migliaia di persone che bisogna ospitare per lunghi periodi va a danno dei 60 milioni di profughi effettivi, di decine di milioni di persone in condizione di povertà estrema, delle campagne sanitarie che salvano milioni di vite, dei programmi di sostegno, sviluppo ed emergenza perché riduce i fondi che l’Unione Europea e gli stati europei, i maggiori finanziatori della cooperazione internazionale insieme agli Stati Uniti, sono in grado di offrire.

Chi ha famigliarità con il mondo delle Ong, dell’Onu e della cooperazione internazionale non si stupisce. Qualunque sia l’ambito di intervento, le Ong si regolano allo stesso modo. Quasi tutte, ad esempio, ritengono che l’Africa sia povera perché è sovrappopolata: non è vero, ma loro credono che sia così. Quindi puntano sul controllo delle nascite più che sulla crescita economica, anche perché diffidano dello sviluppo “occidentale” e propendono per una “decrescita felice” per tutti. I loro interventi però danno risultati deludenti. Il motivo è che gli africani desiderano avere dei figli e inoltre, finchè non ci saranno sistemi di previdenza sociale che assicurino pensioni di invalidità e vecchiaia, ne hanno bisogno. Le Ong non lo capiscono e allora dal controllo delle nascite tramite i profilattici passano alla sterilizzazione e all’aborto.

Stiamo parlando di organizzazioni non governative con fini umanitari. Quelle ambientaliste non sono da meno. Molte se non tutte hanno sposato la teoria del riscaldamento globale di origine antropica, credono ciecamente nelle teoria della impronta ecologica. Quindi vanno a dipingere di bianco le montagne spalmandole di calce e albume, si fanno finanziare progetti per convincere la gente a mangiare gli insetti (una carne più buona e nutriente di quella dei mammiferi oltre che “responsabile”, dicono), ogni anno partono in spedizioni per misurare di quanto si sono ridotti i ghiacci artici (e ogni volta bisogna provvedere a disincagliare le loro navi imprigionate nei ghiacci “residui”).

Nelle scorse settimane si è anche scoperto che non tutti i dipendenti delle Ong sono affidabili. Le denunce di abusi sessuali su donne e bambine hanno coinvolto alcune Ong tra le più accreditate e, come è stato osservato, si tratta della punta dell’iceberg. La reazione infastidita allo scandalo dell’amministratore delegato della Oxfam Mark Goldring la dice lunga: “Che cosa abbiamo mai fatto? Mica abbiamo ucciso dei neonati in culla!”.


I falsi buoni che fanno del male - I falsi salvatori del mondo
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Essere umani e buoni uomini e per chi ci crede anche sensati cristiani
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Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 11:52 am

IL CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI DELL'ONU: ISRAELE È PEGGIORE DI COREA DEL NORD, SIRIA E IRAN.
https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 6929041662

Le statuizioni deliranti del Consiglio dei Diritti Umani ONU si susseguono a un ritmo inquietante. Negli ultimi giorni, l'organo in questione ha approvato ben 5 risoluzioni contro Israele. Le stesse prese contro Siria (2), Iran (1), Corea del Sud (1) e Myanmar (1) messi insieme.

Insomma, l'applicazione della legge senza distinzione di etnia o religione che c'è in Israele merita più critiche delle centinaia di migliaia di persone torturate e uccise negli altri paesi.

Un'ossessione verso Israele che l'UNHRC ha manifestato in modo continuativo fin dalla sua istituzione. Questo, ovviamente, a causa della ridicola composizione dell'organo: 13 membri all'Africa, 13 all'Asia, 8 al Sud America, 6 all'Est Europa e solo 7 tra Europa occidentale e USA. In pratica, i membri del Consiglio che provengono da paesi non democratici o in cui si applica la sharia hanno, da sempre, una maggioranza schiacciante.


Alberto Pento
UNHRC una mostruosità razzista al massimo grado, da chiudere.
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Messaggioda Berto » mar apr 03, 2018 8:43 am

Ma una menzogna non sarai mai la verità
18 marzo 2017
Lacrime e dolrore di una donna palestinese per telecamere e fotografi
di Niram Ferretti

“Come scoprire se si è affermata una egemonia culturale? C’è un modo: se una qualsiasi falsificazione della storia viene messa in circolazione con intenti partigiani e se, dopo un po’ di tempo, si scopre che quella falsificazione è penetrata nelle menti di molti, diventando una verità di senso comune, una verità che le persone accettano come ovvia, auto-evidente, allora è possibile riconoscere che una egemonia culturale si è consolidata”. Così, Angelo Panebianco in un suo recente articolo sul Corriere della Sera.

http://www.italiaisraeletoday.it/ma-una ... -la-verita

Angelo Panebianco

La penetrazione della falsificazione è lo scopo principale della propaganda. Joseph Goebbels, insuperato maestro e promulgatore di undici dettami, così ne riassumeva icasticamente il presupposto egemone: “La propaganda deve limitarsi a un piccolo numero di idee e ripeterle instancabilmente, presentarle sempre sotto diverse prospettive, ma convergendo sempre sullo stesso concetto. Senza dubbi o incertezze”. Da qui proviene anche la frase: ‘Una menzogna ripetuta all’infinito diventa la verità’.

Il caso del conflitto arabo-israeliano rappresenta l’esempio più flagrante e clamoroso di come le immarcescibili idee di Goebbels siano vincenti. Dalla fine della Guerra dei Sei Giorni, cinquanta anni fa, si cominciò subito a fabbricare i capisaldi di quella che sarebbe diventata la più longeva macchina del fango costruita contro un popolo e uno Stato dalla caduta del nazismo e del comunismo.

Va detto subito che, sia il nazismo che il comunismo hanno contribuito ottimamente al suo venire in essere, soprattutto il secondo. Senza l’aiuto essenziale dell’Unione Sovietica, la quale, da una iniziale adesione al sionismo in chiave antibritannica, passò poi rapidamente dalla parte degli arabi con la crisi del Canale di Suez del 1956, la “causa palestinese” non avrebbe potuto godere della risonanza mondiale di un formidabile know how diffamatorio.

Il capolavoro della alleanza russo-araba fu raggiunto il 10 novembre del 1975, quando l’Assemblea Generale dell’Onu (dai primi anni Sessanta trasformati in una solerete macchina da guerra anti-israeliana), passò con 72 votanti (tutti i paesi arabi e islamici, il blocco sovietico, diversi stati afroasiatici e la Cina, il Brasile, Cuba, l’India e la Jugoslavia) contro 35 (tutte le nazioni occidentali con l’eccezione della Grecia e del Portogallo in compagnia di numerosi stati latino americani e cinque stati africani) la Risoluzione 3379 che equiparava il sionismo al razzismo.
Fu il primo passo di quella stigmatizzazione progressiva e istituzionalizzata che ebbe il suo proseguimento nel luglio dello stesso anno a Città del Messico durante la conferenza internazionale dell’Anno delle Donne indetta dalle Nazioni Unite. Il testo redatto proclamava stentoreamente che la pace richiedeva “L’eliminazione del colonialismo, del neocolonialismo, l’occupazione straniera, il sionismo, l’apartheid e la discriminazione razziale in tutte le sue forme”. Nell’agosto dello stesso anno, a Kampala, l’organizzazione dell’Unità Africana rincarò la dose associando il regime razzista in Zimbabwe al “regime” israeliano, entrambi originati dall’imperialismo.

Pochi tocchi, aggiunte sapienti, parole magiche, affatturanti, come “colonialismo”, “razzismo”, “imperialismo”, “apartheid”, ed ecco preparata l’ipnosi collettiva, lo stordimento delle menti. Di nuovo, bisogna ascoltare il Dr. Goebbels, “La capacità ricettiva delle masse è limitata e la loro comprensione media scarsa, così come la loro memoria”. Battere il ferro continuamente, senza sosta. Creare una mitologia in cui Israele diventa un condensato di nequizie e i palestinesi le “vittime” di soprusi, pulizie etniche, genocidi.
Allora ecco salire dal pozzo la feccia depositata sul suo fondo.

Dorme la ragione, come nella celebre incisione di Goya. Allora spiccano il loro volo nero, allucinate immagini scaturite da Der Stürmer, la rivista antisemita nazista fondata da Julius Streicher. L’ebreo demonizzato, vampiro, impuro contaminante alieno della propaganda hitleriana si trasforma in israeliano, in soldato sanguinario, in colonialista prevaricatore e razzista. L’antisemitismo si maschera da antisionismo e il sionismo diventa una ideologia aberrante.

E’ solo del 1980 la fondazione, in Unione Sovietica del Comitato Antisionista per il Pubblico Sovietico. Splendido esempio orweliano di diffamazione burocraticamente strutturata. Il sionista è “sciovinista”, “militarista”, “perfido”, “ultranazionalista”, “antiumano”.

Si sentono gli echi della voce di Adolf Hitler, “L’ebreo è colui che avvelena il mondo”. Sostituisci “sionista” ad “ebreo” ed ecco che il gioco è fatto, impudicamente trasparente ma non per questo meno efficace. La mente dei più è grossolana, ragiona per opposizioni binarie schematiche, bianco e nero, luce e tenebra, gioisce di archetipi primordiali, bene e male, amico e nemico.

Ancora nel 1989, racconta Robin Shepard nel suo A State Beyond the Pale, Europe’s Problem with Israel, circolava in Unione Sovietica un libro dal titolo emblematico, The Criminal Alliance of Zionism and Nazism pubblicato a Mosca quattro anni prima. E’ questa, naturalmente, l’associazione più immonda che può essere fatta nei confronti di Israele, il paragone dissacrante con il movimento di emancipazione che ne ha reso possibile il venire in essere e il regime che aveva fatto della distruzione totale del popolo ebraico uno dei suoi capisaldi. D’altronde, non è stato forse Abu Mazen a presentare presso il Collegio Orientale di Mosca nel 1982 la sua tesi negazionista dal titolo emblematico, La connessione tra nazismo e sionismo 1933-1945, nella quale il futuro presidente dell’Autorità Palestinese sottostimava le vittime della Shoah a poche centinaia di migliaia, ribadendo uno dei cavalli di battaglia della propaganda araba, che lo sterminio (per altro a suo dire ampiamente manipolato) degli ebrei sarebbe stata la causa (o meglio il pretesto) per il sorgere dello Stato ebraico?

La nazificazione di Israele è in perfetta continuità con l’assunto propagandistico e mitologico secondo il quale esso sarebbe uno stato imperialista e colonialista che non avrebbe alcuna ragione di esistere in una regione nella quale, quella araba, era la popolazione indigena ancestrale mentre gli ebrei sarebbero solo degli intrusi.

Questo apparato accusatorio e diffamatorio contro Israele è il più potente in atto contro uno Stato, da cinquanta anni a oggi. La sua potenza è dovuta al fatto che esso si compone di una stratificazione venefica senza precedenti, alla cui base c’è l’antica e originaria falda dell’antisemitismo classico che vede nell’ebreo un simbolo del male.

(Progetto Dreyfus)
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Re: ONU - UNESCO e altri (no grasie!) - e Facebook ?

Messaggioda Berto » lun mag 21, 2018 8:27 pm

UNA VOCE FUORI DAL CORO

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 5190484203

Il Consiglio Onu per i diritti umani, riunito in sessione speciale venerdì a Ginevra, ha approvato con 29 voti a favore, 2 contrari (Usa e Australia) e 14 astenuti, una risoluzione che condanna “l’uso sproporzionato e indiscriminato della forza da parte delle forze di occupazione israeliane contro i civili palestinesi” e prevede la creazione di una commissione d’inchiesta sulle azioni di Israele ai confini con Gaza. La risoluzione, proposta da un gruppo di paesi tra cui il Pakistan, non fa alcuna menzione del ruolo di Hamas, che dal 2007 controlla la striscia di Gaza. Durante il dibattito, il rappresentante del regime siriano ha condannato i “massacri” israeliani e ha incolpato gli Stati Uniti per l’”inerzia ” del Consiglio di Sicurezza.

Il Col. Richard Kemp ha preso la parola per sfatare le bugie:

"Ho comandato le truppe britanniche in Afghanistan, in Iraq, nei Balcani e nell'Irlanda del Nord, e servito con la Nato e le Nazioni Unite. Sono venuto direttamente dal fronte di Gaza per condividere la mia valutazione.

In base a ciò che ho osservato, posso dire che tutto ciò che abbiamo appena sentito è una completa distorsione della verità.

La verità è che Hamas, un'organizzazione terroristica che cerca la distruzione di Israele e l'omicidio di ebrei ovunque, ha deliberatamente causato la morte di oltre 60 persone.Hanno mandato migliaia di civili in prima linea come scudi umani per i terroristi che cercavano di raggiungere il confine. L'obiettivo di Hamas, secondo le loro stesse parole, era "il sangue ... sulla via della Jihad". Chiedo a tutti i paesi in questo Consiglio: ci state tutti dicendo che Israele avrebbe dovuto reagire in modo diverso, ma come reagireste se un gruppo terroristico jidahista inviasse migliaia di persone a sfondare i vostri confini e uomini armati per massacrare le vostre comunità? La vostra incapacità di ammettere che Hamas è responsabile di ogni goccia di sangue versata sul confine di Gaza, incoraggia la loro violenza e l'uso di scudi umani, e vi rende complici in ulteriori spargimenti di sangue. Se Israele avesse permesso a questa folla di sfondare la barriera, l'IDF sarebbe stato costretto a difendere i loro stessi civili dal massacro, e molti altri palestinesi sarebbero stati uccisi. L'azione di Israele ha quindi salvato la vita degli abitanti di Gaza e se questo Consiglio ha veramente a cuore i diritti umani, si congratuli con l'IDF e non lo condanni sulla base delle menzogne".

Chapeau!



Striscia di Gaza
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Lunedì 14 maggio prossimo io veneto indipendentista festeggio con Israele e i suoi ebrei
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Re: ONU - UNESCO e altri (no grasie!) - e Facebook ?

Messaggioda Berto » mer mag 23, 2018 10:10 pm

La corruzione ONU nella gestione dell'immigrazione assume contorni inquietanti
Anna Bono
22/05/2018

https://www.pepeonline.it/la-corruzione ... nquietanti

In Sudan (ma non solo) è stata scoperta una vera e propria “mafia” che gestisce i transiti dei rifugiati verso l’Occidente e tutto è gestito dall’ONU: mazzette, omertà e rarissime punizioni per chi viene scoperto. A dimostrazione che nessuna burocrazia mondiale potrà mai sostituire la vera carità di cui l’Africa ha bisogno.

Uno scandalo coinvolge il personale delle Nazioni Unite in Sudan, denunciato a metà maggio dall’agenzia di stampa Onu Irin. Il Sudan ospita 1,2 milioni di rifugiati e richiedenti asilo provenienti quasi tutti da altri stati africani, dalla Siria e dallo Yemen. Come nel resto del mondo, sono sotto mandato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), e per lo più vivono in centri e campi profughi dove ricevono assistenza. Alcuni aspirano a trasferirsi altrove, per la maggior parte in un paese occidentale. Ma la procedura di riallocazione è molto complessa. L’intera pratica richiede come minimo settimane (nei casi di emergenza), ma di solito mesi e anche anni. Per accelerarla e per concluderla con successo c’è chi è disposto a pagare e nello staff dell’Acnur c’è chi ne approfitta.

La Irin ha raccolto testimonianze e dati dai quali emerge uno scenario di corruzione cronica, endemica. I dipendenti incaricati dell’assistenza legale ai profughi, che dovrebbero fornirla gratuitamente e in modo imparziale, favoriscono invece chi è in grado di pagare a scapito di chi non ne ha i mezzi. I profughi ospitati in Sudan dicono che completare una pratica di riallocazione, ottenendo i documenti necessari, costa in media 15.000 dollari a persona. Riallocare un’intera famiglia costa da 35.000 a 40.000 dollari, il prezzo per le donne è tre volte superiore, se sono originarie dell’Eritrea. Il denaro spesso viene fornito da parenti residenti in Europa o altrove. Le mazzette vanno a organizzazioni composte da mediatori e personale Acnur.

Gli espedienti per munire dei documenti necessari i profughi variano. Un giovane eritreo ha raccontato che gli è stata attribuita una finta moglie, una donna anche lei in attesa di riallocazione e disposta a pagare 12.000 dollari, per aumentare le probabilità di successo di entrambi. Un vedovo, padre di tre figli, che si è visto rifiutato il permesso di trasferirsi in Canada, ha però scoperto che una delle sue figlie risultava riallocata, il che può solo voler dire che qualche dipendente Acnur ha rubato i dati della sua famiglia e li ha usati per altri rifugiati. “La chiamiamo mafia – dicono i profughi – quei dipendenti dell’Acnur dovrebbero prendersi cura di noi e invece pensano solo a se stessi”.

Non succede solo in Sudan. Il fenomeno della corruzione tra i dipendenti Onu, in particolare quelli incaricati di proteggere e soccorrere i profughi, è diffuso. L’Ispettorato generale dell’Acnur, che ne controlla le attività e le operazioni svolgendo ispezioni e indagini su casi di cattiva condotta, nel 2017 ha ricevuto complessivamente quasi 400 denunce di frodi, oltre che di abusi e sfruttamento sessuale, che nella metà dei casi sono risultate fondate. Tuttavia Irin ha scoperto che molte delle persone accusate di corruzione in Sudan risultavano ancora dipendenti dell’Acnur nel febbraio del 2018.

Né si tratta di un problema recente. Accuse di corruzione ricorrono nel tempo. In Kenya, ad esempio, nel 2001 era stato scoperto un racket che estorceva denaro ai profughi, talmente esteso da rendere milioni di dollari. Si andava dai 25 dollari per mettere piede in un campo Acnur locale fino a una cifra tra i 1.000 e i 4.000 dollari per una pratica di riallocazione.

Secondo un dipendente dell’Ispettorato generale, Frank Montil, tutti sanno, ma nessuno parla. Chi lo fa chiede l’anonimato. È il caso di un ex membro dello staff Onu operativo nella sede di Khartoum secondo cui “la diffusione della corruzione negli uffici Acnur in Sudan è di portata mai vista ed è una situazione che dura da tanto tempo, ma che è nettamente peggiorata negli ultimi quattro anni senza che siano stati presi provvedimenti per contrastarla.

“Chi ne parla – ha spiegato – perde il lavoro, subisce attacchi e molestie. Sono sicuro che molti dipendenti Acnur sanno che cosa succede, ma non ne vogliono parlare perché sanno che tanto non cambierebbe niente. Anche il Commissariato generale a indagare ci mette un sacco di tempo e alla fine non succede niente. Così tutti preferiscono starsene zitti”. “Frodi e corruzione – si difende l’agenzia Onu tramite il suo portavoce, Melissa Fleming – non sono tollerate perché comprometterebbero seriamente la fiducia delle persone vulnerabili di cui prendiamo cura e di chi ci sostiene. Se si verificano devono essere sradicati. L’Acnur incoraggia vivamente personale, partner e profughi a denunciare ogni caso di sfruttamento o di abuso. Ci impegniamo a fare del nostro meglio per sostenere e proteggere sia le vittime che i testimoni di corruzione. Ogni accusa, se provata, porta a sanzioni contro i colpevoli, incluso il licenziamento”.

L’Onu emette proclami grondanti rassicurazioni a ogni scandalo che coinvolge le sue agenzie e, come spesso succede, i caschi blu delle missioni di peacekeeping i quali, notoriamente, scelgono come vittime, a cui chiedere ad esempio prestazioni sessuali in cambio di cibo e favori, i profughi più indifesi e vulnerabili: le donne e i bambini. Per molti la soluzione è semplice: portare i profughi in Italia, in Europa, aprendo dei “corridoi umanitari”. Si accontentano ovviamente di portarne qualcuno, annunciandone l’arrivo con fiera soddisfazione per la missione compiuta. D’altra parte sono pochi i profughi che accettano la prospettiva di un esilio definitivo.

Tutti, o quasi, non chiedono che di tornare a casa. Volenti o nolenti restano nei campi Acnur. Meglio sarebbe concentrare sforzi, attenzione e risorse per proteggerli tutti dagli abusi e dalla corruzione, piuttosto che scegliere di salvarne qualcuno.
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Re: ONU - UNESCO e altri (no grasie!) - e Facebook ?

Messaggioda Berto » sab giu 02, 2018 8:47 pm

Umanitarismo criminale. Ricatti e abusi di Ong e Onu
30-05-2018

http://www.lanuovabq.it/it/umanitarismo ... A.facebook


Oltre quaranta organizzazioni umanitarie sono accusate di aver abusato delle loro posizioni mentre erano nei campi profughi dell’Africa occidentale. Abusi nel vero senso della parola: rapporti sessuali con bambini, minorenni e madri di famiglia in cambio di cibo, acqua e ogni sorta di aiuto.

Scandalo Oxfam ad Haiti

Oltre quaranta organizzazioni umanitarie sono accusate di aver abusato delle loro posizioni mentre erano nei campi profughi dell’Africa occidentale. Abusi nel vero senso della parola: rapporti sessuali con bambini, minorenni e madri di famiglia in cambio di cibo, acqua e ogni sorta di aiuto.

Un'inchiesta della BBC, qualche mese fa, aveva fatto già emergere lo scandalo delle agenzie Onu in Siria: Unfpa e Unchr avevano coperto per sette anni gli abusi dei loro operatori ai danni di migliaia di donne siriane. Adesso la vergogna investe e colora una nuova area del mondo ed è il Times inglese ad ottenere una copia del rapporto di 84 pagine prodotto da gruppi di ricerca che lavorano nei campi profughi dell’Africa occidentale per l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e Save the Children nel 2001. Le pagine che scottano saltano fuori solo ora, dopo decenni di abusi che hanno mortificato donne e bambini nei campi, in particolare, della Guinea, Sierra Leone e Liberia.

Tra le organizzazioni umanitarie nominate c’erano sia enti locali, che ben quindici gruppi internazionali e di fama mondiale. Tra questi proprio l’UNHCR - agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati -, Save The Children e Merlin - Medical Emergency Relief International -, le più famose Ong del pianeta, da sempre paladine di giustizia, verità e generosità. Ma c’erano anche Medici senza Frontiere, Care International, il Comitato internazionale di soccorso, la Federazione internazionale delle società della Croce Rossa e il Consiglio norvegese per i rifugiati.

L'indagine aveva avuto il suo ‘la’ quando a febbraio, sempre il Times, aveva scoperchiato il vaso di Pandora e smascherato il giro di prostituzione messo su da quelli dell’Oxfam ad Haiti dopo il terremoto del 2010. L’Oxfam, la famosissima (e ricchissima) ong britannica aveva insabbiato le responsabilità dei suoi operatori, anche a livello dirigenziale, i quali si erano presi cura dei terremotati sfruttandoli e abusandone e coinvolgendo anche ragazzine.

Christine Lipohar, co-autrice del rapporto, oggi ammette, «ricordo di aver provato un forte senso di vergogna per il fatto che lo staff umanitario fosse implicato in questo modo, e visto che ero un "membro" di quello stesso gruppo di persone». I ricercatori hanno così scoperto che gli operatori umanitari sono tra i principali sfruttatori, anche sessuali, di chi si trova in una condizione di debolezza.

Cibo, petrolio, accesso all'istruzione e teli per i rifugi venivano scambiati con prestazioni sessuali. Intere famiglie erano ormai convinte che l’unica via di uscita da quella miseria, o anche solo dalla sopravvivenza, fosse rinunciare alle loro bambine e lasciarle nelle mani di quei “benefattori”. «Se la tua famiglia non ha una ragazza, la tua famiglia è in crisi», confesserà tra le lacrime una donna in Sierra Leone.

Per sei settimane, tra ottobre e novembre 2001, una squadra di ricercatori visitò i campi profughi dell’Africa occidentale per esaminare le prime segnalazioni che arrivavano circa lo sfruttamento sessuale. Le indagini, direttamente nei campi, coinvolsero da vicino tutte le vittime, i bambini, le ragazzine, le donne ed anche gli attivisti delle varie Ong. «Per lo più ascoltavamo, in silenzio, e rimanevamo inorriditi ad ogni parola che sentivamo», dirà ancora la Lipohar. «Siamo rimasti veramente scioccati già dopo la prima valutazione in Liberia», ricorda. «Poi, quando arrivammo in Guinea e iniziammo ad ascoltare più o meno le stesse cose, fu ancora più devastante, oltre la vergogna non ricordo altro».

Infatti, le donne in un campo in Guinea avevano riferito, per esempio, molto schiettamente alla squadra inviata per indagare, «qua nessuno può ottenere la miscela di soia di mais [l’alimento considerato di base] senza fare sesso prima. Ci dicono “un chilo per il sesso”». E le prestazioni sessuali erano “richieste” non solo per qualcosa da mettere sotto i denti, ma anche per l'accesso a corsi di educazione, libri di testo, matite, sapone, scarpe. A volte alle ragazze veniva dato anche del denaro: l'equivalente di 11 centesimi.

Era il 2002 quando il rapporto veniva ultimato e redatto, eppure mai pubblicato. Troppo pericoloso, troppi danni per un settore che vive di donazioni pubbliche. Ed è,per giunta, considerato l’archetipo del bene. Nel frattempo, per anni, se quel che era stato messo nero su bianco marciva su qualche scrivania, gli abusi continuavano e continuavano, ancora. Ma il consueto codice di silenzio tra gli operatori umanitari che non denunciavano aggressioni o sfruttamento sessuale da parte dei colleghi - denunciato anche nel rapporto-, è imploso rivelandosi un boomerang.

A febbraio 2002 iniziò a trapelare qualcosa sulla stampa, una spolverata di indignazione invase l’aria per qualche giorno. Vennero istituite task force, la questione fu discussa anche all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e le ong elaborarono anche nuovi codici di condotta, eppure, allo stesso tempo, Ruud Lubbers, a capo dell'UNHCR, mise in discussione l’intero rapporto, dalla prima all’ultima riga. Addirittura Asmita Naik, un altro degli autori del rapporto, ha dichiarato che Lubbers «condusse una campagna molto aggressiva contro il rapporto». Proprio quel Lubbers, che si è dimesso nel 2005 tra accuse di molestie sessuali, e che chiese poi all'OIOS (Office of Internal Oversight Services) dell'ONU di condurre un'indagine separata, dopo aver denunciato che lo scandalo fosse, in sintesi, una fake news, perché niente era mai stato confermato.

Intanto le indagini vanno avanti. Il che vuol dire che nuovi scandali starebbero per saltar fuori, anche se le ong avanzano ancora scuse. E dei primi sessantasette indagati, meno di dieci sono stati licenziati e nessuno processato. Nove agenzie non governative hanno reso noto di aver preso sul serio le segnalazioni, ma di non essere in grado di rintracciare i sospettati. Addirittura un’agenzia ha improvvisamente chiuso i battenti risultando non più rintracciabile in nessun modo. Una situazione a dir poco paradossale.
Lorenza Formicola
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