Diritti umani dei nativi e degli indigeni europei

Diritti umani dei nativi e degli indigeni europei

Messaggioda Berto » gio ott 27, 2016 7:26 am

L'appello della regina danese: "I migranti accettino i valori dell'occidente"
La sovrana Margaretha II risponde a re Harold di Norvegia sull'accoglienza dei richedenti asilo: "Risiedere nel nostro paese non basta a ottenere la cittadinanza"
di Luca Gambardella | 26 Ottobre 2016

http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/10/2 ... e_c128.htm

"Non è detto che se permetti a tutti di entrare in Danimarca, e che se poi costoro fanno dei figli in Danimarca, allora i loro bambini saranno danesi. Questo significa banalizzare il dibattito ed è un insulto a quelle generazioni che hanno edificato questo paese". Le parole, pronunciate il mese scorso da Martin Henriksen del Partito popolare danese durante una trasmissione televisiva, erano rivolte a un altro cittadino danese, Jens Philip Yazsani, un 18enne di madre danese e padre iraniano che partecipava al talk show. "Se vivi qui e ti senti danese, allora sei ovviamente danese", ha replicato Yaszani. "Penso in realtà che questo sia l'unico criterio", ha aggiunto: "Sentirsi danesi nello spirito". Lo scambio di battute andato in onda sul canale TV2 ha inaugurato un grande dibattito nel paese a proposito della rigida politica migratoria adottata dal governo e sul tema dell'integrazione.

Su questo dibattito ora è intervenuta anche la regina, Margarethe II. "Pensavamo che se passeggiavi per le strade di Copenaghen, bevevi acqua pubblica o salivi su un mezzo pubblico, allora saresti presto diventato cittadino danese", ha scritto la sovrana 76enne in un libro appena uscito. "Per noi era ovvio, e quindi pensavamo che lo fosse anche per coloro che si erano trasferiti qui per vivere. Non lo era". Nel volume scritto dalla regina insieme col giornalista Thomas Larsen, si legge che diventare danese "non è una legge naturale" e – in un passaggio che i media hanno interpretato come un chiaro messaggio rivolto ai migranti di fede musulmana – occorre preservare i valori democratici e della parità di genere propri della cultura nazionale danese. Per questo, spiega Margaretha, serve una presa di coscienza collettiva per non abdicare ai propri valori di libertà e democrazia: "Se non riesci a chiarire da che parte stai, è difficile spiegarlo agli altri. C'è bisogno di lavorare su questo e ogni tanto di piantare per bene i piedi per terra e dire: 'Hey, non farlo'".

Le parole della sovrana, una figura molto amata dal popolo danese, hanno alimentato il confronto tra favorevoli e contrari all'accoglienza dei migranti nel paese che, col passare dei mesi, ha adottato una politica migratoria più stringente. Secondo Eurostat i richiedenti asilo accolti da Copenaghen da ottobre 2015 a oggi sono stati 16 mila. Il governo ha via via ridimensionato il numero dei migranti ospitati irrigidendo i controlli alle frontiere, fino alla legge controversa approvata lo scorso luglio che prevede la confisca degli oggetti di valore dei profughi per contribuire alle spese sostenute dallo stato al fine di garantire l'accoglienza.

La cittadinanza non va svenduta, secondo le autorità di Copenaghen, ed è per questo che il test cui i richiedenti asilo devono sottoporsi per ottenerla è uno dei più difficili da superare in Europa. Il ministero dell'Immigrazione lo ha reso da pochi mesi ancora più accurato rispetto al precedente, giudicato troppo semplice. Per diventare danesi occorre rispondere correttamente a 32 domande su 40 ma, da giugno a oggi, le prove di due terzi dei candidati (il 68,8 per cento) sono state bocciate. "Diventare cittadino danese deve essere difficile, perché essere cittadino danese è speciale", ha commentato il ministro per l'Immigrazione Inger Støjberg.
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei

Messaggioda Berto » mar gen 17, 2017 7:41 am

"Le case prima agli italiani" Ma il Pd boccia la legge
Il Partito Democratico ha bocciato la proposta della Lega Nord, per il Comune di Bologna, sulle certificazioni dei migranti. Il comune continuerà ad affidarsi alle autocertificazione, favorendo così i forestieri agli italiani
Gabriele Bertocchi - Lun, 16/01/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 52242.html

Il Partito Democratico ha bocciato la proposta della Lega Nord, per il Comune di Bologna, sulle certificazioni dei migranti. Il comune continuerà ad affidarsi alle autocertificazione, favorendo così i forestieri agli italiani

A Bologna, il Partito Democratico ha ribadito il suo "No" alla proposta del consigliere comunale Umberto Bosco (Lnd) che chiedeva, per non far cadere nella mani dei migranti le case popolari, una certificazione ai forestieri (documenti alla mano) di non avere proprietà mobili o immobili nei loro Paesi d'origine.


La proposta della Lega

Nel settembre 2016 la Lega Nord con il suo consigliere Bosco proponeva la modifica dei regolamenti comunali in modo da introdurre "l’obbligo per i cittadini stranieri di fornire la documentazione attestante la situazione patrimoniale all’estero, mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall'autorità consolare che ne attesti la conformità all'originale". Niente meno che un certificato che provi di non avere beni nel Paese natale. Un dettaglio finora tralasciato dal Comune, che preferisce affidarsi (e continuerà a fare dopo la bocciatura di oggi) alla autocertificazioni. Permettendo così l'inserimento dei migranti nelle case o in altri servizi comunali, quali asilo, contributi di solidarietà e via dicendo.


La bocciatura del Pd

Il consigliere della Lega Bosco, fa sapere, con una nota ufficiale che "si è concluso oggi con una bocciatura in aula, il lungo iter dell'odg con il quale chiedevo al Comune di Bologna di introdurre l'obbligo, per i cittadini stranieri che richiedono misure di sostegno sociale, di fornire la documentazione attestante la situazione patrimoniale all'estero". Facendo notare come "l'obbligo in questione è già disposto dalla normativa nazionale, sia dal Testo Unico sull'Immigrazione che dal Testo Unico sulla Documentazione Amministrativa. Un obbligo regolarmente applicato dall'INPS, da numerosi enti (Università di Bologna, Ente Regionale per il Diritto alla Studio) e dai Comuni a guida leghista".

"La legge è semplice, solo atti, fatti e qualità personali attestabili o certificabili da soggetti pubblici o privati italiani può essere oggetto di autocertificazione, l'estensione di questa possibilità anche ai cittadini stranieri sarebbe riconosciuta ma la sua applicazione è rimandata di anno in anno, presumo per ragioni applicative. Quindi - prosegue Bosco - non solo gli extracomunitari non potrebbero autocertificare ma il Comune di Bologna accetta da loro autocertificazioni di documenti che la legge non consentirebbe di autocertificare ai cittadini italiani. Oggi il Pd, per mezzo del Capogruppo Mazzanti, ha annunciato che il Comune è alla ricerca di una soluzione utile a ovviare al problema delle false dichiarazioni che consentono ai cittadini stranieri di accedere a servizi sociali dei quali non avrebbero bisogno".

Ma la soluzione c'è già, - sottolinea il consigliere della Lega Nord - si chiama "applicazione della legge", l'onere di dimostrare il possesso o la mancanza di redditi e patrimoni all'estero è a carico degli interessati, non degli enti locali. Molti comuni a guida leghista hanno applicato la legge e gli effetti principali sono stati due: i furbetti e i cacciatori di servizi hanno lasciato il territorio e diverse risorse sociali si sono liberate per i veri bisognosi".
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei

Messaggioda Berto » ven mar 03, 2017 9:06 am

La laurea gratis agli immigrati? "Io do i soldi solo agli italiani"
Fabio Bergamini, sindaco di Bondeno (Ferrara), risponde alle città che regalano corsi ai migrnti: "Borse di studio ai bondenesi"
Claudio Cartaldo - Gio, 02/03/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 70672.html


“Il Politecnico di Bari azzera le tasse agli studenti extracomunitari? Il Comune di Bondeno risponde con borse di studio riservate a bondenesi doc.

‘Prima la nostra gente’ per noi non è uno slogan, ma un dovere civile”. Non si tira indietro Fabio Bergamini, sindaco di Bondeno (Ferrara), già famoso per aver "chiuso" le porte del paese terremotato gli immigrati perché "prima dobbiamo risollevarci noi".

Il sindaco leghista, erede diretto di Alan Fabbri (ora consigliere regionale dell'Emilia Romagna), ha pensato di rispondere all'iniziativa dell'Università di Bari che regalerà i corsi di laurea agli immigrati. A Bondeno borse di studio per gli italiani, dunque: "Il costo per lo studio, partendo da libri, abbonamenti al trasporto pubblico, rette e materiale didattico è infatti sempre più un problema con cui fare i conti - spiega il sindaco a Estense - Tuttavia pare sia in atto una gara di presunta solidarietà, per aiutare sempre i soliti noti, cioè gli extracomunitari”. In molte città, infatti, l'idea di assicurare in dono l'iscrizione ai richiedenti asilo (quindi potenziali clandestini) è stata approvata dagli Atenei. Giusto per fare qualche esempio si ricordi Torino, Napoli e Bologna. "Parliamo al momento di persone che hanno alcuno status - spiega Bergamini - e che potrebbero non avere diritto a questo ennesimo regalo. In tutto questo, gli studenti italiani meritevoli faticano a ricevere i fondi delle borse di studio, sempre più limitati dalla contrazione delle risorse".

“Il Comune (terremotato) di Bondeno - continua Bergamini - al contrario, pensa alla propria gente e mette in campo politiche attive di sostegno al merito e alla formazione. Il bando per le borse di studio è ‘in definizione’: l’essere bondenesi costituirà premessa per aderirvi, con punteggi più alti in base agli anni di residenza. Ovviamente, concorreranno alla definizione della graduatoria finale voti e titoli di merito. Vorremmo che anche dalle università arrivassero gesti di attenzione verso i nostri studenti, ma purtroppo l’adagio è quello di aiutare sempre i soliti migranti. A farne le spese sono i nostri studenti, i più discriminati e caricati di costi”.


Bravo, bravissimo!
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei

Messaggioda Berto » mer mar 08, 2017 8:19 am

Stati europei non obbligati accogliere migranti
'Gli Stati membri restano liberi di farlo sulla base del rispettivo diritto nazionale'
07 marzo 2017

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/e ... d5087.html

"Gli Stati membri non sono tenuti, in forza del diritto dell'Unione, a concedere un visto umanitario" ai profughi che "intendono recarsi nel loro territorio con l'intenzione di chiedere asilo, ma restano liberi di farlo sulla base del rispettivo diritto nazionale". Così una sentenza della Corte Ue, secondo cui "il diritto Ue stabilisce solo le procedure e i requisiti per il rilascio dei visti di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri della durata massima di 90 giorni".

Migranti, la Corte di giustizia: "I Paesi Ue possono rifiutare i visti umanitari"
Non c'è alcun obbligo per i Paesi membri a concedere il visto umanitario agli immigrati. Viene così a cadere il diktat dell'accoglienza
Sergio Rame - Mar, 07/03/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mig ... 72333.html

"Gli Stati membri non sono tenuti, in forza del diritto dell'Unione, a concedere un visto umanitario alle persone che intendono recarsi nel loro territorio con l'intenzione di chiedere asilo, ma restano liberi di farlo sulla base del rispettivo diritto nazionale".

La Corte di giustizia europea di Lussemburgo ha sbarrato la strada a una coppia siriana e ai loro tre figli minorenni che hanno presentato domande di visti umanitari presso l'ambasciata del Belgio a Beirut (Libano), prima di fare ritorno in Siria il giorno seguente. "Il diritto dell'Unione stabilisce unicamente le procedure e i requisiti per il rilascio dei visti di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri della durata massima di 90 giorni".
Le domande dei siriani erano finalizzate a ottenere visti con validità territoriale limitata, sulla base del codice dei visti dell'Unione europea, per consentire loro di lasciare la città assediata di Aleppo al fine di presentare una domanda d'asilo in Belgio. "Sono stato sequestrato da un gruppo armato - ha raccontato uno di questi - sono stato picchiato e torturato finché non è stato pagato il riscatto e mi hanno liberato". In tutta la Siria, e in particolar modo ad Aleppo, la sicurezza è sempre meno. "Noi - hanno raccontato - apparteniamo alla confessione cristiana ortodossa e, per questo, rischiamo di essere perseguitati".

Peccato che fossero cristiani



Ungheria, stretta su migranti: detenzione in campi al confine per tutti i richiedenti asilo
La decisione del Parlamento nazionale magiaro che ha accolto una proposta del premier nazionalconservatore Viktor Orbàn: "Misura è contraria al diritto europeo, ma siamo assediati e dobbiamo difenderci"
di ANDREA TARQUINI
07 marzo 201

http://www.repubblica.it/esteri/2017/03 ... -159959469

DETENZIONE automatica per tutti i migranti attualmente presenti in Ungheria e loro concentramento in centri di raccolta costruiti in corsa. Sono villaggi recintati, costruiti con tanti lunghi, grandi container abitativi a schiera. Lo ha deciso come previsto stamane lo Orszaghàz, il Parlamento nazionale magiaro, seguendo una proposta del popolare premier nazionalconservatore Viktor Orbàn e del suo governo, al potere dalle libere elezioni dell'aprile 2010 e riconfermato quattro anni dopo. "I migranti ci assediano, hanno cinto d'assedio la nostra patria, e l'interruzione o forte calo degli arrivi è temporaneo, temiamo presto nuovi grande ondate", ha detto il capo del governo esponendo ai legislatori e all'opinione pubblica la proposta ora divenuta operativa.

In precedenti dichiarazioni citate dalle agenzie di stampa internazionali, Orbàn aveva affermato: "Prendiamo una misura contro l'Unione europea, lo so bene". La nuova legge, votata da 138 deputati contro 6 no e 22 astensioni, restaura le norme che erano in vigore nel paese magiaro fino al 2013, quando erano state soppresse su richiesta dell'Unione europea, della Corte europea dei diritti umani e dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

I migranti saranno sistematicamente portati tutti in questi centri di raccolta/concentramento denominati ufficialmente 'zone di transito' e là dovranno restare, senza permessi né libere uscite, finché la loro domanda di asilo o immigrazione verrà esaminata e riceverà una risposta negativa o positiva.

"So che la misura è contraria al diritto europeo, ma siamo assediati dai migranti e difenderci è nostro diritto ed esigenza nazionale", ha affermato il presidente del Consiglio. Nel 2016 oltre 29mila migranti arrivati in Ungheria vi avevano presentato richiesta di asilo politico come Paese d'ingresso nell'area europea senza frontiere di Schengen, ma nella maggior parte dei casi con l'intenzione di proseguire verso Germania o Svezia. Di questi oltre 29mila, appena 425 hanno ottenuto asilo.

In questi giorni è iniziata al confine con la Serbia la costruzione di una barriera bis, o 'barriera intelligente', alle spalle di quella edificata nel 2015. La nuova 'barriera difensiva contro la marea di clandestini' è definita intelligente perché dispone di sensori avvistapersone uno ogni 15 centimetri.

Nei giorni scorsi fonti della Ong Human rights watch, citando testimonianze di migranti, ma senza produrre prove concrete come foto dei presunti fatti, avevano accusato soldati e guardie di frontiera ungheresi di aver pestato brutalmente migranti, scattando poi selfies con i loro smartphones. Nessuna di queste presunte immagini è però mai stata vista, né in Rete né sui social forum né altrove. Le nuove leggi riducono i diritti dei migranti e facilitano il loro respingimento verso la Serbia.
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei

Messaggioda Berto » sab mag 13, 2017 5:30 am

Fermo, migrante ucciso: ultrà patteggia 4 anni, la vedova rinuncia al risarcimento

Mercoledì 18 Gennaio 2017
http://www.ilgazzettino.it/italia/crona ... 03768.html

Amedeo Mancini, l'ultrà accusato di omicidio preterintenzionale per la morte del migrante nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi, ha patteggiato la pena di 4 anni davanti al gip di Fermo Maria Grazia Leopardi. È stato così ratificato l'accordo raggiunto a dicembre tra la difesa, gli avvocati Francesco De Minicis e Savino Piattoni, e la Procura.

Era presente all'udienza, assistita dall'avvocato Letizia Astorri, la vedova del migrante, Chenyere Emmanuel, che ha rinunciato alla costituzione di parte civile avendo concordato con l'imputato la rinuncia a qualsiasi pretesa risarcitoria. Mancini si è impegnato a contribuire, con l'aiuto dei propri amici, alle spese necessarie per la traslazione della salma di Emmanuel in Nigeria, secondo il desiderio di Chenyere.

Delle tre aggravanti contestate all'ultrà fermano è stata ritenuta insussistente quella dei motivi abietti e futili, e mantenuta quella "razziale", ma - osservano i legali - con una rilevanza concreta «poco più che simbolica». Infatti, spiegano, «pur potendo comportare un aumento di pena fino a cinque anni, l'incremento concordato era stato di soli tre mesi». È stata invece riconosciuta a Mancini l'attenuante della provocazione, per la quale «è stata applicata - rendono noto i difensori - la riduzione della pena nella massima estensione possibile, pari a tre anni e cinque mesi». Con la sentenza è stato portato a otto ore giornaliere il permesso di uscita per lavoro dell'ultrà, che resta agli arresti domiciliari.

"Ciò che la sentenza non racconta è che Chinyere, compagna di Emmanuel, oggi ha rinunciato a ogni azione risarcitoria nei confronti di Mancini, a fronte del pagamento dell'unica somma di 5.000 euro richiesta per il rimpatrio in Nigeria della salma di Emmanuel, essendo l'unico desiderio espresso dalla parte offesa". Così l'avvocato Letizia Astorri commenta la sentenza a carico di Amedeo Mancini, che ha patteggiato la pena di 4 anni, per la morte del migrante nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi.

"Dopo un lungo processo mediatico, tante rivendicazioni sull'esistenza di una scriminante per legittima difesa, tante ricostruzioni prive di riscontro, super testimoni che hanno raccontato fatti e circostanze oramai smentite, l'unica e sola verità rimasta - afferma il legale - è quella raccontata dalla sentenza di patteggiamento. Tutto, quindi, superato da questo: anche i 20 testimoni, che si sono dimostrati assolutamente ininfluenti per la tesi della legittima difesa, ma sicuramente importanti per confermare la futilità dei motivi, purtroppo di stampo razziale, così come aveva già rilevato lo stesso Tribunale del Riesame di Ancona nell'ordinanza del 5 agosto 2016, in sede di misura cautelare, circa le contraddizioni delle due super testimoni, dando credibilità solo alla seconda".

"Tanto clamore per nulla, qualcuno direbbe, visto che oggi - seguita l'avvocato Astorri - c'è un colpevole che si professava innocente e una parte offesa, che tale è sempre stata, che in Italia è venuta senza niente e che di certo non si è voluta approfittare della situazione, volendo unicamente dar pace alla salma del compagno morto in quel maledetto 5 luglio 2016. Con questa condanna, quindi, si spera solo che chi ha sbagliato impari a rispettare il prossimo, chiunque esso sia, che Fermo ritorni ad avere l'immagine di città ospitale, solidale e accogliente che ha sempre avuto e che ora Emmanuel possa finalmente riposare in pace".



Fermo, Amedeo Mancini torna libero: accusato della morte di Emmanuel
Amedeo Mancini, che ha patteggiato 4 anni di reclusione per la morte di Emmanuel Chidi Nnamdi, non dovrà più rimanere ai domiciliari. Ma il processo non è concluso
Giuseppe De Lorenzo - Ven, 12/05/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 96512.html

Da oggi Amedeo Mancini è libero. Al giovane ultras accusato di aver ucciso con un pugno Emmanuel Chidi Nnamdi, il nigeriano morto a Fermo lo scorso 5 luglio, è stata riconosciuta la buona condotta.

Pena alleviata dunque, dopo che il caso mediatico - sollevato dalle (rapide) prese di posizione di Laura Boldrini e Maria Elena Boschi - lo avevano portato a patteggiare 4 anni di reclusione ai domiciliari, additato come "assassino razzista" (leggi: Tutta la verità sull'omicidio di Fermo).

Mancini esce per buona condotta

I difensori Francesco De Minicis e Savino Piattoni nei giorni scorsi avevano presentato una richiesta al giudice per allungare l'orario giornaliero concessogli dal patteggiamento per andare a lavorare nei campi. Ma per il magstrato c'erano tutti gli estremi per premiare quel ragazzo che si è sempre detto dispiaciuto della morte di Emmanuel e che ha più volte ribadito di aver solo "reagito" ad una aggressione. "Il giudice - spiegano i legali - anche in considerazone del buon comportamento tenuto da Mancini nel corso degli arresti dimiciliari, ha autonomamente ritenuto maturi i tempi per un suo completo ritorno in libertà". Niente più domiciliari, dunque. Solo una firma giornaliera alla caserma dei Carabinieri di Fermo.

Cosa successe a Fermo

Una buona notizia dunque per l'ultras della fermana che, chiedendo il patteggiamento, aveva tenuto a precisare di farlo per "stemperare la tensione". "Mancini sente la responsabilità morale pur non riconoscendo una colpa vera e propria dell’'accaduto", avevano spiegato i suoi avvocati. Erano quasi le tre del pomeriggio quando il fermano pronuncia per due volte il fatidico insulto ("Scimmia") rivolto contro Emmanuel e sua moglie Chenyere. Un punto di non ritorno: il nigeriano reagisce, insieme alla moglie aggrediscono Mancini e il suo amico. Poi tornano indietro e ricominciano ad azzuffarsi. Nel mezzo della rissa, l'ultras sferra il pugno che fa cadere Emmanuel facendogli battere la testa contro il marciapiede, perdendo la vita.

ll patteggiamento

Il caso provocò un incredibile circolo politico-mediatico. Ministri e presidenti della Camera che sflano al matrimonio, accuse di ogni tipo, condanne preventive. E ancora le dichiarazioni della vedov del nigeriano, poi smentite da diversi testimoni. Infine, il patteggamento: gli avvocati riuscirono a concordare quattro anni di pena ai domiciliari con il permesso di uscire 4 ore al gorno per lavorare nei campi. "Delle tre aggravanti contestate - spiegò l'avvocato De Minicis - si era ritenuta insussistente e quindi eliminata quella dei motivi abietti e futili, e si era concordato di non applicare la recidiva reiterata e specifica. In ordine alla terza aggravante, quella "razziale", che la difesa riteneva parimenti insussistente, si era alla fine trovato l’accordo con la Procura nel senso di mantenerla, ma con una rilevanza concreta poco più che simbolica".

"Non ci fu razzismo"

In realtà la battaglia legale non è ancora del tutto conclusa. Il pm infatti decise di mantenere viva l'aggravante razziale del gesto, pur riducendo l'incremento di pena da 5 anni tre mesi. Aggravante che però sembra fare a pugni con l'attenuante "della provocazione" concessa dal giudice (fu Emmanuel ad aggredire per primo, usando anche un palo della segnaletica stradale). Per questo il 28 novembre la Cassazione dovrà esprimesi in merito. Cosa potrebbe succedere? "Non ci sarà diminuzione (o quasi) di pena - spiegano i legali - Potrà, però, avere importanza sul pano etico e giuridico". La motivazone con cui il giudice concesse l'attenuante della provocazione, infatti, "attesta inequivocabilmente che sul braccio sinistro di Mancini era restata per giorni l'impronta precisa del colpo che Emmanuel gli aveva nferto col segnale stradale". Dove era rimsto impresso il Dna dell'ultrà. Secondo l'avvocato De Mincis, "questo accertamento spazza via per sempre le contrarie illazioni, inizialmente alimentate dall'inveritiero di Chenyere, secondo le quali il giovane fermano non sarebbe stato l'aggredito, ma addirittura l'aggressore".
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei

Messaggioda Berto » sab mag 20, 2017 1:54 pm

Cassazione: "Migranti devono conformarsi a nostri valori"
Condannato un indiano Sikh che voleva circolare con un coltello 'sacro' secondo i precetti della sua religione: "Non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori porti alla violazione di quelli della società ospitante". Cei: "Decisione equilibrata, ma politica non strumentalizzi"
15 maggio 2017

http://www.repubblica.it/politica/2017/ ... -165521982

ROMA - Gli immigrati che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale hanno 'l'obbligo' di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso 'di stabilirsi' ben sapendo che 'sono diversi' dai loro. "Non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante". A stabilirlo è la Cassazione, che ha condannando un indiano Sikh che voleva circolare con un coltello 'sacro' secondo i precetti della sua religione.

Nessuna deroga a sicurezza. Secondo la Cassazione, "in una società multietnica la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'art. 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante".

Il caso. I supremi giudici hanno respinto il ricorso di un indiano sikh condannato a duemila euro di ammenda dal Tribunale di Mantova, nel 2015, perché il 6 marzo del 2013 era stato sorpreso a Goito (Mn), dove c'è una grande comunità sikh, mentre usciva di casa armato di un coltello lungo quasi venti centimetri. L'indiano aveva sostenuto che il coltello (kirpan), come il turbante "era un simbolo della religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso". Per questo aveva chiesto alla Cassazione di non essere multato e la sua richiesta era stata condivisa dalla Procura della Suprema Corte che, evidentemente ritenendo tale comportamento giustificato dalla diversità culturale, aveva chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna.

Ad avviso della Prima sezione penale della Suprema Corte, invece, "è essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina".

Il verdetto aggiunge che "la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto".

Le reazioni. Una sentenza che "non fa sconti a nessuno". Così la deputata Forza Italia, Daniela Santanché, commenta la decisione della Suprema Corte: "è sacrosanta. Alla faccia dei buonisti e del tutto è permesso, questa sentenza non fa sconti a nessuno...Oggi era un indiano che voleva girare libero con un coltello sacro per le vie della città e magari domani potevamo imbatterci in una bella carovana di elefanti che trasportavano merci di ogni genere. Siamo in Italia - termina Santanchè - e chi viene ospite nel nostro Paese ha il dovere di seguire le regole che ci impone il codice civile, quello penale e la nostra Costituzione".

Il capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, Fabio Rampelli, parla di "de profundis per l'ideologia buonista": Chi viene in Italia deve rispettare le nostre leggi, le nostre regole, i nostri valori. Per noi è assodato, per la sinistra multiculturalista che ha promosso un'accoglienza contraria alla legalità e al diritto no. Rom, estremisti islamici, osservanti della sharia che non intendono adeguarsi devono andare fuori dall'Italia. O si rispettano le leggi o non c'è spazio".

Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Partito democratico, si augura che la sentenza non sia strumentalizzata: "Speriamo che ora non sia usata come una clava dai vari Salvini! Perchè la sentenza della cassazione, che richiama gli immigrati che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale 'all'obbligo' di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso 'di stabilirsi', dichiara un principio semplice e giusto. E si riferisce a un caso singolo. A noi preoccupa la fanfara della xenofobia che userà una sentenza che difende un corretto uso del diritto di tutti come un'arma nei confronti di qualcuno".

Di decisione 'equilibrata', che, però, non va strumentalizzata dalla politica parla anche la Cei, che evidenzia come il giudizio dei giudici sottolinei "anche il valore della diversità e della multiculturalità e la necessità di un cammino di integrazione degli immigrati, oltre a ribadire che ciò non può prescindere dal rispetto giuridico e legale di alcune regole su cui è strutturata la nostra società, con i suoi valori", ha detto monsignor Giancarlo Perego direttore di 'Migrantes', la fondazione della Cei che si interessa di migranti, rifugiati, profughi.

Il senatore Roberto Calderoli, vice Presidente del Senato e Responsabile Organizzazione e Territorio della Lega Nord, ribadisce che la sentenza "rappresenta un precedente che, da adesso, deve riportare al rispetto totale delle nostre leggi, a cominciare da quella che vieta di girare in luoghi pubblici con un copricapo o un velo che travisano o nascondono il volto, per cui basta burqa o niqab in luoghi pubblici". Ma soprattutto, prosegue il rappresentante del Carroccio, "questa sentenza deve rappresentare un chiaro monito a chi vuole vivere qui: se non accetti tutte le nostre regole qui non puoi restare e se queste regole non ti vanno bene puoi andartene altrove o tornare da dove sei venuto".



'Gli immigrati devono conformarsi ai nostri valori'. Ad esempio quali?
Guido Rampoldi

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... li/3594138


Ahi, i nostri valori. Ogni volta che li sento evocare mi chiedo quali mai saranno, questi nostri valori, i valori di noi italiani. Ma niente, non te lo dicono. Dev’essere una specie di segreto nazionale, e così ben protetto che mica lo raccontano alla gente comune. O magari una parola d’ordine tra persone d’un certo rilievo. “I nostri valori”: capisci subito di avere a che fare con uno affidabile, uno che conta. Politici, giornalisti, intellettuali, adesso anche i giudici della Corte di Cassazione, prima sezione.

Hanno confermato la condanna di un cittadino indiano, un Sikh che se ne andava in giro con una daga (un coltello sacro, ndr), in quanto oggetto richiesto da un rito della sua religione. Avrebbero potuto motivare: chiunque arrivi in Italia, migrante o turista, deve rispettare le leggi italiane, così come richiede ogni Stato di questo pianeta. Ma sarebbe suonato banale. Avrebbero potuto aggiungere, per fare sfoggio di erudizione che nell’era di Tony Blair, all’inizio la polizia lasciò che mini-comunità asiatiche ignorassero varie sezioni dei codici britannici e applicassero le loro leggi tradizionali, pestassero le mogli, brutalizzassero le figlie. Ma se ne pentì e ammise che quella politica si era rivelata disastrosa.

Invece, i giudici l’hanno buttata sui valori. I nostri contrapposti ai loro, i valori degli stranieri. E i nostri in Cassazione risultano essere “i valori occidentali”. Qui le cose si complicano, neppure a Pechino, a Tokyo o a Marrakech la gente può andarsene a zonzo con una durlindana, perché ‘valori occidentali’? Ma il culturalismo inebria e ormai i giudici si sono entusiasmati: poche righe dopo ricordano ai migranti “il limite invalicabile (…) della nostra civiltà giuridica”.

Ora, tutto questo è detto con garbo e rispetto, senza l’ombra dell’aggressività che usa la politica per declinare tesi analoghe. Ma mettiamoci nei panni di un poveretto che arriva da un Paese lontano, un migrante, un ignaro. Apprende che deve accostumarsi ai “valori italiani” e prova a ricavarli dagli italiani che conosce o vede in tv: avrà l’impressione che di italiani ve ne siano di molto diversi, e differenti anche i loro valori.

Se poi lo straniero chiede esempi della “nostra civiltà giuridica” a, mettiamo, corrispondenti esteri in Italia, probabilmente si sentirà rispondere: il G8 di Genova e l’esito delle inchieste che ne sono seguite; l’assenza nei nostri codici del reato di tortura; l’inconcludenza di tanti tra i più grandi processi della nostra storia repubblicana.

Morale: oltre a spiegare ai migranti in Italia quali sono le nostre leggi, dovremmo avvertirli di non prenderci troppo sul serio: tipico della “nostra cultura” è parlare a vanvera.


Alberto Pento
Un valore tra i tanti è che non si va in giro armati di coltellacci. E non è un valore da niente. Mi meraviglio che a un testone come lei non sia venuto in mente un valore semplice ed elementare come questo. Forse importando ossessi religiosi dovremmo in cominciare anche noi a girare armati e non solo di coltellacci da 20 cm di lama ma di pistole e fucili automatici.




La rabbia dei sikh contro l'Italia per il coltello proibito
La comunità sikh indiana critica la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che i migranti devono conformarsi ai nostri valori, condannando un indiano che era stato fermato a Mantova dalla polizia perché trovato in possesso di un coltello kirpan, che per quella religione è un simbolo religioso e non un’arma impropria
Raffaello Binelli - Mer, 17/05/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 98273.html

Niente da fare, quella sentenza della Cassazione proprio non è piaciuta alla comunità sikh indiana.

Stiamo parlando, ovviamente, della sentenza che stabilisce che i migranti devono conformarsi ai nostri valori. Nello specifico la Cassazione aveva condannato un indiano trovato in possesso di un coltello kirpan, che per quella religione è un simbolo religioso e non un’arma impropria. ma per le leggi italiane resta pur sempre un'arma proibita.

Il partito Shiromani Akali Dal e il comitato dello Shiromani Gurdwara Parbandhak (Sgpc), il più importante organo della fede sikh, esprimono "angoscia" e promettono battaglia, dicendo che solleveranno la questione nelle sedi appropriate per assicurare "giustizia" ai loro fedeli presenti nel nostro Paese. La Cassazione ha "ignorato" il fatto che portare un kirpan è un fattore essenziale e obbligatorio per il nostro codice religioso, afferma in un comunicato un portavoce di Akali Dal. "È una questione di fede e di diritti fondamentali dei sikh" e questo divieto "significa che nessun sikh potrà vivere in Italia dopo questa sentenza".

Il presidente dell’Sgpc, Avtar Singh Makkar, ricorda che ogni religione ha la propria dignità e il proprio codice di comportamento e vietare queste tradizioni è inaccettabile: "C’è una volontà del nostro Dio, imposta da un Paese che è stato salvato dalla comunità sikh durante la Prima e la seconda guerra mondiale. Essere ingiusti verso questa comunità e attaccare la sua dignità è deplorevole". Il massimo organo della comunità ha chiesto al governo indiano di trovare con il governo italiano una soluzione al problema. La decisione della Corte di Cassazione ha scosso la comunità sikh di tutto il mondo".

Trenta milioni di fedeli, i sikh sono una comunità religiosa e politico-militare dell’India, fondata nel Punjab da Nanak (1469-1538) nell’intento di unire indù e musulmani nella fede in un Dio unico, che non doveva essere rappresentato con figurazioni materiali, e nel rifiuto di ogni distinzione castale. I sikh sono monoteisti e credono nella legge del karma e nella reincarnazione.



Ira sikh: “Non rinuncio al coltello, ricorrerò alla Corte europea”
Singh Jatinder, il sikh condannato a pagare una multa di due mila euro per via di quel pugnale infilato nella cintola ricorrerà alla Corte europea di Giustizia e annuncia: “Io il Kipran non me lo tolgo”
Elena Barlozzari - Gio, 18/05/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 98813.html

Rispetta la giustizia italiana, dice, ma solo sulla carta perché non rinuncerà al suo coltello.

Questa, in estrema sintesi, la posizione di Singh Jatinder, 33 anni ed una multa di duemila euro da pagare per quel pugnale infilato nella cintola. Così il giovane sikh promette: “Ricorrerò alla Corte europea di giustizia”.

Qualche giorno fa, infatti, la Cassazione ha stabilito che “è essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale”. Nel caso specifico, quindi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato da Jatinder, già condannato dal Tribunale di Mantova per via del coltello tradizionale, il Kirpan, che porta sempre addosso come simbolo di devozione religiosa.

Ma, nonostante il provvedimento avverso, il giovane indiano non intende rinunciare al suo pugnale, né pagare la multa: “Io il Kirpan non me lo tolgo”, ha detto ad un cronista della Gazzetta di Mantova. Nel frattempo Singh Dilbagh, rappresentante della comunità sikh, ha annunciato: “Rispettiamo la sentenza, abbiamo fiducia nella giustizia italiana, così come rispettiamo le leggi italiane. Si vede che non siamo riusciti a spiegarci bene davanti ai giudici; per questo ricorreremo alla Corte europea di giustizia”.

A scatenare la reazione della comunità sikh, che si è stretta attorno al giovane, è la dimensione collettiva che assume il provvedimento: “Noi non la viviamo come una cosa personale, ma collettiva”. Anche se, in Italia, non vige il sistema di common law e la giurisprudenza non fa diritto, un precedente così autorevole rischia di influenzare le future decisioni dei giudici. E sarebbero due, a Quistello e ad Acquanegra, i membri della comunità denunciati per la stessa ragione. “La normativa sulle armi bianche – spiegano i sikh – dice che se non hanno la punta e non tagliano, come il nostro pugnale, e non possono far male, non vengono considerate tali. Speravamo che i giudici ci dicessero di portarlo in un determinato modo. Un no secco è incomprensibile. Però, siamo pronti al dialogo su questo argomento”.




Mantova, il sikh condannato per il coltello sacro: 'Ora ci controllano tutti, ma il tasso di criminalità per noi è zero'
La Cassazione sul suo caso ha sancito che i migranti devono conformarsi a nostri valori. "Sono deluso e arrabbiato, i miei connazionali vengono fermati ogni giorno perché adesso i vigili sanno che portiamo il kirpan, che però è un simbolo di opposizione al male. Vogliamo rivolgerci alla Corte europea per far valere questo nostro diritto"
di ZITA DAZZI
17 maggio 2017

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -165610991

"Sono amareggiato, deluso, arrabbiato. Io mi sento ormai integrato nella vostra società, non ho mai commesso reati, sono sempre stato una persona onesta che ha lavorato e pagato le tasse. Proprio non ci sto a essere trattato come se fossi uno che potrebbe commettere un crimine, solo perché porto il kirpan, il pugnale che per noi sikh, è un simbolo religioso da indossare obbligatoriamente". Per colpa di quel pugnale, sequestrato dai vigili urbani, è stato condannato in via definitiva a pagare una ammenda di 2mila euro, il signor Singh Yantinder, 32 anni, che è in Italia da anni e vive a Goito, in provincia di Mantova, con la moglie. L'uomo, turbante d'ordinanza e carta di soggiorno, è un piccolo imprenditore del settore terziario legato all'industria alimentare, come molti altri suoi connazionali, che nella bassa mantovana, come nel bresciano e in molte parti della pianura Padana mandano avanti il settore caseario locale.

Signor Singh, per lei il Kirpan è un simbolo religioso, ma per la legge italiana è un'arma contundente che non si può portare in giro. La sentenza della Corte di Cassazione è chiara.
"Né io né la mia comunità capiamo questa sentenza, che va a incidere sulla nostra libertà religiosa e di culto prevista dalla Costituzione. Nessuno di noi ha mai fatto il male con il kirpan, anzi è un simbolo di resistenza al male, proprio il contrario di quello che sostiene la sentenza".

Ma come è iniziata questa storia?
"Era il marzo del 2015, stavo camminando per strada, con il kirpan alla vita, ignaro che questo potesse essere un problema. MI hanno fermato i vigili di Goito, chiedendomi di giustificare questo pugnale, che è racchiuso in un fodero molto elaborato. Ho provato a spiegare che è un simbolo obbligatorio per la mia religione, come i capelli lunghi che tutti noi portiamo, senza tagliarli mai, legati con un pettinino di legno, sotto al turbante. Dobbiamo anche avere braccialetto. Insomma, come gli ebrei indossano la kippah, come le donne islamiche indossano il velo sul capo, anche noi abbiamo le nostre usanze".

I vigili quindi non ascoltarono le sue ragioni?
"Ho spiegato che per noi sikh è obbligatorio tenere addosso i simboli della religione, ma gli agenti mi hanno sequestrato il pugnale, anche se ho spiegato che questo era molto grave. Ma non c'è stato verso, anzi, da quel giorno è stato avviato un procedimento di contravvenzione nei miei confronti, secondo la legge 110 del 1975. Ma per me è assurdo, non ho commesso reati, come è stato scritto, ma solo rispettato le regole della mia religione, come fanno altri 30 milioni di sikh nel mondo, 160mila dei quali in Italia. E noi siamo una comunità molto pacifica, come tutti sanno, abbiamo un tasso di criminalità pari a zero".

Quindi adesso che farà?
"Adesso a Goito, il mio paese, e a Mantova, abbiamo tutti paura e timore. Diversi altri miei connazionali e correligionari vengono fermati ogni giorno, anche a Cremona e a Crema perché i vigili adesso sanno che tutti portiamo il kirpan e vogliono farlo togliere a tutti noi. Questo è molto doloroso e ci dobbiamo riunire con i vertici della nostra comunità per capire come muoverci, con chi possiamo andare a parlare per ottenere ascolto".

Pensate ancora di riuscire a far cambiare idea alla magistratura su questo tema?
"Noi siamo disponibili a ridurre la dimensione del pugnale, anche a portarlo sotto i vestiti, invece che alla cintola e in modo visibile, se la questione è di ordine pubblico, ci adatteremo. Faremo di tutto pur di arrivare a una mediazione su un simbolo religioso, che non sarà mai e non è mai stato uno strumento di offesa, caso mai il suo contrario. Un simbolo di opposizione al male".

Ma la legge italiana non consente di portare oggetti contundenti e armi se non c'è un giustificato motivo, lo sa?
"E allora perché il macellaio, il falegname, il chirurgo, possono portare i loro strumenti di lavoro in giro? Perché la religione non è anche essa un giustificato motivo? Faremo qualsiasi cosa che ci consenta di rispettare il nostro credo. Nessuno di noi è stato mai stato fermato per aver commesso reati o fatto male a qualcuno con il kirpan. Per noi non è nemmeno come il crocefisso, cioè un simbolo religioso che si può inossare o meno, a seconda dei gusti. Per noi è obbligatorio indossarlo, non farlo è una grave mancanza religiosa, che non ha equivalenti nella religione cristiana".

Se non otterrete giustizia, che farete?
"Non so se decideremo di andare via dall'Italia per questo motivo, ma siamo molto perplessi, perché
in altri paesi sia europei sia extra europei persone di religione sikh sono accettate anche col kirpan. C'è addirittura un ministro in Canada che ci va in palamento. Noi siamo una comunità pacifica, siamo in Italia per integrarci e per rispettare i valori che sono alla base della società e della legislazione italiana. Ma per noi la fede è una cosa importantissima. Vorremmo anche andare alla Corte europea per far valere questo nostro diritto".



Anche la legge può essere un valore o un disvalore

La spada sikh è questione di legge, non di valori
Davide 19 maggio 2017
DI MASSIMO FINI

https://comedonchisciotte.org/la-spada- ... -di-valori

La sentenza della Corte di Cassazione che obbliga lo straniero che vive in Italia a conformarsi ai nostri valori (e implicitamente a quelli occidentali) è aberrante, inquietante, pericolosa e oserei dire paranoica.

Lo straniero che vive in Italia ha il solo obbligo, come tutti, di rispettare le leggi dello Stato italiano. Punto. Il sikh che girava con un coltello kirpan, sacro nella sua cultura, doveva essere condannato perché in Italia è vietato andare in giro armati. Se si accettasse il principio enunciato dalla Corte di Cassazione un italiano che vive in un paese islamico dovrebbe, in conformità alla cultura di quel paese, farsi musulmano (??? infatti nei paesi islamici le religioni non islamiche sono limitate, soggette a molte restrizioni e diviete e perseguitate).

La sentenza della Cassazione è incostituzionale perché viola l’articolo 3 della nostra Carta che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

La questione non riguarda semplicemente le differenze religiose, punto su cui si sono soffermati quasi tutti, ma è molto più ampia: riguarda l’identità culturale, religiosa e non religiosa. La Cassazione afferma: “La società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali confliggenti a seconda delle etnie che la compongono”. Non so dove la Cassazione sia andata a scovare un principio di questo genere, inaudito nel senso letterale di mai udito fino a oggi. Lo straniero che vive in Italia non ha l’obbligo di conformarsi alle nostre tradizioni, ha il sacrosanto diritto di conservare le sue, sempre che, naturalmente, come si è già detto, non siano in contrasto con le nostre leggi (!!! le leggi sono anche valori o disvalori). Al limite lo straniero non ha nemmeno l’obbligo di imparare la nostra lingua, sarebbe più intelligente se lo facesse ma non ne è obbligato (!!! allora niente cittadinanza). Per decenni ci sono stati italiani emigrati in America che non spiccicavano nemmeno una parola di inglese, ma non per questo sono stati sanzionati.

La questione della sicurezza, importante ma che non ha nessuna rilevanza se lo straniero rispetta le leggi del nostro Stato (il burka va vietato non perché è un simbolo religioso ma perché copre l’intero viso e le nostre leggi prevedono che si debba andare in giro a volto scoperto !!!), sta facendo dell’ ‘arcipelago culturale’ occidentale un sistema totalitario che non tollera le diversità culturali sia all’esterno (vedi le aggressioni armate ad altri Paesi, dalla Serbia alla Libia) sia al proprio interno. Stiamo di fatto calpestando proprio quei valori, democrazia in testa, cui diciamo di appartenere e ai quali vorremmo costringere qualsiasi ‘altro da noi’. Alla povera gente che migra nel nostro Paese e negli altri stati europei, a causa molto spesso delle nostre prevaricazioni economiche e armate che abbiamo fatto nei loro, vorremmo togliere, alla fine, anche l’anima (??? non è vero).

Spostando il discorso mi piacerebbe sapere quali sono i nostri valori. A parte quello di una democrazia che in realtà non è tale, perché non appartiene ai cittadini ma è nel pieno possesso di oligarchie, nazionali e internazionali, non vedo in Occidente un altro valore che non sia l’adorazione del Dio Quattrino e la supina subordinazione alle leggi del mercato (???).

Siamo molto gelosi della nostra identità, più che altro a parole perché un’identità non l’abbiamo più (???), ma non tolleriamo quella altrui (???). Io sono libero di essere sikh, sono libero di essere indù, sono libero di essere musulmano (???), sono libero, se abito in un Paese di cultura diversa, di essere laico e non credente (???).

Dell’Illuminismo abbiamo conservato e sviluppato il peggio, ma abbiamo dimenticato il meglio che sta nella famosa frase di Voltaire: non sono d’accordo con le tue idee ma difenderò il tuo diritto a esprimerle fino alla morte. E per ‘idee’ bisogna intendere anche le tradizioni, la cultura, la religione, direi meglio: la spiritualità di chi è diverso da noi (!!! non si tratta di spiritualità ma di religiosità, la spiritualità e una e universale, quell che cambia caso mai è la religiosità).

La sentenza della Cassazione ci dice che anche i magistrati –che per fortuna non fanno le leggi (??? perché i politici che fanno le leggi sono forse migliori? e non sbagliano mai?) ma devono solo applicarle e giudicare caso per caso- hanno perso di vista i princìpi fondamentali del nostro diritto e della nostra cultura (???). Ma più in generale direi che noi occidentali abbiamo perso la testa (???).



Alberto Pento
No Fini, tu sei libero di essere quello che sei e che vuoi, soltanto se rispetti i Valori i Doveri e i Diritti Umani Universali nel loro Ordine Naturale, cosa che per esempio non fa l'immigrazione clandestina e selvaggia e nemmeno l'Islam che non è tanto una religione ma una "cultura" politico-religiosa legata a un certo territorio con tendenze egemoniche, imperialiste e violente.





Migranti devono conformarsi ai nostri valori, parola di Cassazione

Cassazione penale, sez. I, sentenza 15/05/2017 n° 24084
Pubblicato il 16/05/2017

http://www.altalex.com/documents/news/2 ... /immigrati

Una pronuncia che farà discutere e che dividerà le opinioni, non solo tra i differenti schieramenti politici, quella emanata ieri dalla I Sezione penale della Cassazione.

Immediate le reazioni da parte di alcuni esponenti dei partiti. Nell’Italia che si tinge di differenti culture, ma che stenta ad accettare la metamorfosi, il massimo consesso ha rilevato “l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi”, nonché di verificare preventivamente la conciliabilità della propria condotta con i principi che regolano la società in cui pretende di convivere.

In una società multietnica, la convivenza tra soggetti di gruppi differenti richiede l’identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. A mente dell’art. 2 della Carta Costituzionale, l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine, bensì il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante. L’immigrato che decide di stabilirsi in una società in cui è consapevole che i valori di riferimento sono differenti da quella da cui proviene, ne impone il rispetto. Non è infine tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, anche se leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante.
Questo quanto riportato nella sentenza n. 24084 della I sezione Penale, con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indiano Sikh, condannato a duemila euro di ammenda per aver portato, fuori dalla propria abitazione, e senza alcun giustificato motivo, un coltello di quasi 20 centimetri, quindi considerato idoneo all’offesa.

Per essere scriminato, l’indiano aveva invocato il giustificato motivo e, nello specifico, aveva sostenuto che il coltello in questione doveva considerarsi un simbolo religioso e la condotta del portarlo appresso l’adempimento del relativo dovere. Ma i giudici ermellini, nel confermare la condanna, evidenziano che la decisione, presa dall’immigrato, di stabilirsi in una società dove i valori di riferimento sono diversi rispetto a quella di provenienza, ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppur leciti nel paese di origine, conduca alla violazione consapevole di quelli della società ospitante.

Nel motivare il dictum, gli ermellini hanno richiamato, oltre alla legislazione italiana, anche l’articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale stabilisce che la libertà di manifestare la propria religione può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, ovvero per la protezione dei diritti e della libertà altrui.
Immediate le reazioni da parte di alcuni esponenti politici. La deputata Daniela Santanché (Forza Italia), esprimendosi con favore alla decisione, ha ricalcato che chi è ospite in Italia ha il dovere di seguire le regole che ci impongono i codici e la Costituzione. Identico giudizio per Fabio Rampelli (capogruppo di Fratelli d’Italia - Alleanza nazionale), ma aggiungendo, categorico, che “O si rispettano le leggi o non c’è spazio”. Dal versante opposto, Emanuele Fiano (responsabile Sicurezza del Partito democratico), formula l’auspicio che il verdetto non venga strumentalizzato a fini differenti da quelli propri e, parlando al plurale, ha concluso “A noi preoccupa la fanfara della xenofobia che userà una sentenza che difende un corretto uso del diritto di tutti come un’arma nei confronti di qualcuno”.

(Altalex, 16 maggio 2017)





CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Prima Penale

Sentenza 15 maggio 2017, n. 24084
Presidente Mazzei
Relatore Novik

Rilevato in fatto

1. Con sentenza emessa il 5 febbraio 2015, il Tribunale di Mantova ha condannato Si. Ja. alla pena di Euro 2000 di ammenda per il reato di cui all'art. 4 legge n. 110 del 1975, perché "portava fuori dalla propria abitazione senza un giustificato motivo, un coltello della lunghezza complessiva di cm 18,5 idoneo all'offesa per le sue caratteristiche". Commesso in Goito il 6 marzo 2013.

2. Risulta in fatto che l'imputato era stato trovato dalla polizia locale in possesso di un coltello, portato alla cintura. Richiesto di consegnarlo, aveva opposto rifiuto adducendo che il comportamento si conformava ai precetti della sua religione, essendo egli un indiano "SIKH".
Secondo il giudice di merito, le usanze religiose integravano mera consuetudine della cultura di appartenenza e non potevano avere l'effetto abrogativo di norma penale dettata a fini di sicurezza pubblica.

3. Avverso questa sentenza ha presentato ricorso l'imputato personalmente chiedendone l'annullamento per violazione dell'art. 4 della Legge n. 110/1975 e vizio di motivazione. Ritiene che il porto di coltello era giustificato dalla sua religione e trovava tutela dell'articolo 19 della Costituzione. Il coltello (KIRPAN), come il turbante, era un simbolo della religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso. Chiede quindi l'annullamento della sentenza.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.

2. Va premesso, in termini generali, che il reato contestato ha natura contravvenzionale, è punito anche a titolo di colpa, ed è escluso se ricorre un "giustificato motivo". L'assenza di giustificato motivo è prevista come elemento di tipicità del fatto di reato (trattasi di elemento costitutivo della fattispecie, come precisato da Sez. Un. n. 7739 del 9.7.1997). La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che il giustificato motivo di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2, ricorre quando le esigenze dell'agente siano corrispondenti a regole relazionali lecite rapportate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale funzione dell'oggetto (ex multis, Sez. 1 n.4498 del 14.1.2008, rv. 238946). Per fare alcuni esempi, è giustificato il porto di un coltello da chi si stia recando in un giardino per potare alberi o dal medico chirurgo che nel corso delle visite porti nella borsa un bisturi; per converso, lo stesso comportamento posto in essere dai medesimi soggetti in contesti non lavorativi non è giustificato e integra il reato.

2.1. Nel caso specifico, la sentenza impugnata da' atto che, al momento del controllo di polizia, l'imputato si trovava per strada e teneva il coltello nella cintola. A fronte della allegazione di circostanze di obiettivo rilievo dimostrativo, scatta l'onere dell'imputato di fornire la prova del giustificato motivo del trasporto.

2.2. L'imputato ha affermato che il porto del coltello era giustificato dal credo religioso per essere il Kirpan "uno dei simboli della religione monoteista Sikh" e ha invocato la garanzia posta dall'articolo 19 della Costituzione. Il Collegio, pur a fronte dell'assertività dell'assunto, non ritiene che il simbolismo legato al porto del coltello possa comunque costituire la scriminante posta dalla legge.

2.3. In una società multietnica, la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'art. 2 Cost. che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante. È quindi essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina. La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante. La società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali configgenti, a seconda delle etnie che la compongono, ostandovi l'unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro paese che individua la sicurezza pubblica come un bene da tutelare e, a tal fine, pone il divieto del porto di armi e di oggetti atti ad offendere.

2.4. Nessun ostacolo viene in tal modo posto alla libertà di religione, al libero esercizio del culto e all'osservanza dei riti che non si rivelino contrari al buon costume. Proprio la libertà religiosa, garantita dall'articolo 19 invocato, incontra dei limiti, stabiliti dalla legislazione in vista della tutela di altre esigenze, tra cui quelle della pacifica convivenza e della sicurezza, compendiate nella formula dell' ordine pubblico; e la stessa Corte costituzionale ha affermato la necessità di contemperare i diritti di libertà con le citate esigenze. Come osserva il Giudice delle leggi nella sentenza numero 63 del 2016 Tra gli interessi costituzionali da tenere in adeguata considerazione nel modulare la tutela della libertà di culto - nel rigoroso rispetto dei canoni di stretta proporzionalità, per le ragioni spiegate sopra - sono senz'altro da annoverare quelli relativi alla sicurezza, all'ordine pubblico e alla pacifica convivenza.

2.5. Nello stesso senso, si muove anche l'articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che, al secondo comma, stabilisce che La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

2.6. La giurisprudenza Europea, a proposito del velo islamico, in Leyla Sahin c. Turchia [GC], n. 44774/98, § 111, CEDU 2005 XI ; Refah Partisi e altri c. Turchia [GC], n. 41340/98, 41342/98, 41343/98 e 41344/98, § 92, CEDU 2003 II, ha riconosciuto che lo Stato può limitare la libertà di manifestare una religione se l'uso di quella libertà ostacola l'obiettivo perseguito di tutela dei diritti e delle libertà altrui, l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica. Nella causa Eweida e altri contro Regno Unito del 15 gennaio 2013, la Corte ha riconosciuto la legittimità delle limitazioni alle abitudini di indossare visibilmente collane con croci cristiane durante il lavoro e ha suffragato l'opinione ricordando che, nello stesso ambiente lavorativo, dipendenti di religione Sikh avevano accettato la disposizione di non indossare turbanti o Kirpan (in questo modo dimostrando che l'obbligo religioso non è assoluto e può subire legittime restrizioni).

3. Pertanto, tenuto conto che l'articolo 4 della legge n. 110 del 1975 ha base nel diritto nazionale, è accessibile alle persone interessate e presenta una formulazione abbastanza precisa per permettere loro - circondandosi, all'occorrenza, di consulenti illuminati - di prevedere, con un grado ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze che possono derivare da un atto determinato e di regolare la loro condotta (Go. ed altri c. Polonia (Grande Camera), n 44158/98, § 64, CEDU 2004), va affermato il principio per cui nessun credo religioso può legittimare il porto in luogo pubblico di armi o di oggetti atti ad offendere.

4. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei

Messaggioda Berto » dom lug 16, 2017 7:16 pm

Defend Europe, il comandate della nave anti-invasione: "Non siamo razzisti, ci preoccupiamo della vostra sicurezza"
16 Luglio 2017 3
di Azzurra Noemi Barbuto

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... ofobi.html

Vi hanno navigato Ulisse, Cristoforo Colombo, i greci e i romani. Da culla della civiltà il Mediterraneo è diventato la sua tomba, tingendosi di rosso per le centinaia di migliaia di uomini, di donne e di bambini che in quelle acque continuano a perire. Sono oltre 2000 solo dall’inizio di quest’anno i morti in mare, un bollettino di guerra che continua ad allungarsi. Senza sosta. Di chi è la responsabilità? Forse è di coloro che hanno alimentato in queste 2000 anime l’aspettativa che sarebbe bastato pagare i trafficanti di uomini, salire in massa su un misero gommone cinese «usa e getta», allontanarsi dalla costa libica, per essere, da lì a breve, salvati e portati in Italia godendo per anni di ogni genere di privilegio.

Le partenze sono aumentate da quando le ong, la scorsa estate, sono arrivate nel mediterraneo, questa zona franca in cui l’unica legge ammessa è quella di chi non rispetta la legge, collaborando sfacciatamente con gli scafisti, ossia quei delinquenti, legati alle organizzazioni terroristiche di matrice islamica, che vendono illusioni a caro prezzo e che, grazie al supporto offerto dalle ong, che permangono sul filo delle acque territoriali pronte a fungere da traghetto per l’Europa, abbandonano alla deriva i gommoni carichi di esseri umani quando ancora sono in acque libiche, per evitare il rischio di essere arrestati e portati in Italia dalla nostra marina militare. Il termine «connivenza» non è sufficiente per descrivere il ruolo delle ong, che, da un lato, trattano i nostri militari alla stregua di banditi e, dall’altro, comunicano con i criminali che in Libia gestiscono il business di questa nuova tratta dei neri, migranti economici, verso l’Europa. Il castello di buone intenzioni si sgretola davanti a questo sodalizio di successo, sebbene puzzolente di marcio: possiamo davvero fidarci di chi favorisce i traffici illeciti di personaggi di così elevata caratura criminale, insomma, possiamo mai credere a chi si rende complice delle mafie, dell’Isis, dei trafficanti? No. Noi non ci fidiamo. E non si fidano neanche i giovani europei di Generazione Identitaria, che la prossima settimana, nell’ambito della missione indipendente Defend Europe, prenderanno il largo da Catania, a bordo della nave di 40 metri C-Star da loro noleggiata attraverso una raccolta di fondi per difendere un bene che ancora ci appartiene: la nostra Europa. La nostra civiltà.

«Il nostro movimento nasce con l’intento di tutelare il nostro patrimonio culturale. Ci preoccupano il futuro e i nuovi problemi di sicurezza che stanno emergendo nelle nostre metropoli europee. La maniera migliore per tutelarci è la consapevolezza, ma sembra mancare persino da parte dei nostri governi. Noi non ci definiamo di estrema destra, ma ci opponiamo a quel tipo di sinistra che si sta rendendo complice del disastro europeo. Ne consegue che automaticamente veniamo etichettati come populisti, xenofobi, razzisti», ci ha spiegato Gianmarco Concas, ex ufficiale di marina, responsabile tecnico della missione, che ha specificato che l’obiettivo di Generazione Identitaria è ostacolare le ong nell’assoluto rispetto delle convenzioni marittime. «Soccorrere chi è in difficoltà in mare è un dovere. Ma chi viene soccorso deve essere portato nel porto più vicino, quindi in Libia o in Tunisia», ha aggiunto Concas. Scopo della missione è quello di raccogliere informazioni, trasmettendole a chi di dovere. Dunque, i volontari di GI si propongono di collaborare con la guardia costiera italiana, al contrario delle ong, che hanno assunto da subito un ruolo antagonista e avverso nei confronti dell’autorità. «Non saremo noi sulla nave a infrangere la legge», ha dichiarato il responsabile.

La stampa tutta li ha dipinti come fascisti, razzisti, gioventù bruciata, personaggi di estrema destra, che hanno l’obiettivo di portare violenza e morte in un mare mediterraneo anche troppo flagellato. Essi invece sono tutt’altro: ragazzi come noi, volontari, mossi dall’amore e non dall’odio, dal desiderio di verità e di giustizia, che non riescono a stare immobili davanti ad uno Stato che fa spallucce e che non sa che pesci prendere, mentre i suoi confini piano piano svaniscono ed il suo territorio viene invaso senza nessun tipo di controllo da masse di persone di cui non sappiamo nulla, provenienti da un territorio, quello libico, in cui l’Isis ha di recente potenziato le sue basi e creato i suoi campi di addestramento. Sono ragazzi che proprio non ci stanno ad assistere indifferenti al declino di una civiltà che sventola bandiera bianca già da un pezzo. Essi non credono alle belle favole che sono state loro raccontate e si assumono persino il rischio di perdere la vita per i valori in cui credono. Sì, perché navigare nel mediterraneo, arrivare e sostare lì, in quel maledetto punto, tra le acque libiche ed il mare aperto, comporta numerosi rischi, soprattutto per coloro che si oppongono ad un sistema criminale privo di scrupoli, diventato potentissimo, il quale si estende dalla Libia, ormai roccaforte dell’Isis, al mare aperto. Lì è in atto una guerra, una vera e propria guerriglia tra trafficanti e guardia costiera libica, con proiettili vaganti che ti possono stroncare in un attimo. Muori e non te ne sei neanche accorto. Ecco perché questi giovani sono i nostri eroi, una speranza che si è di nuovo accesa per il futuro: il domani del vecchio continente, forse un po’ stanco, fiacco, inerme e paralizzato, ma ancora vivo. Si può risorgere dalle proprie ceneri.

Mentre i governi degli Sati membri dell’Unione Europea si sono rivelati incapaci di realizzare un’efficace azione congiunta e di collaborare per il bene comune, questi giovani francesi, tedeschi e italiani hanno dato vita ad un’intesa vera, basata su valori condivisi, su un sentire diffuso e sulla consapevolezza di un’identità comune. Elemento quest’ultimo che invece è mancato nel processo di integrazione e la cui lacuna ha segnato l’attuale dis-integrazione nonché il declino di quella che non è mai diventata un’Unione di popoli, ma che si è trasformata in una congregazione di interessi particolari nella quale i cittadini europei non si riconoscono.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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