Il razzismo e la violenza predatoria degli zingari

Il razzismo e la violenza predatoria degli zingari

Messaggioda Berto » sab gen 31, 2015 4:41 pm

Incidente a Milano, ladri in fuga si ribaltano con auto rubata: due morti e tre feriti sulla Paullese

I cinque hanno tentato di far saltare un bancomat, fallito il colpo si sono allontanati, ma sono stati intercettati dai carabinieri. Ne è nato un inseguimento durante il quale, sulla Tangenziale Est all'immissione con la Statale Paullese, i ladri hanno perso il controllo della vettura

http://www.ilgiorno.it/sud-milano/incid ... 1.622464#1


Milano, 31 gennaio 2015 - Due morti e tre feriti: è questo il bilancio di un incidente stradale avvenuto nella notte sul confine tra Milano e San Donato Milanese (Le foto del luogo dell'incidente). Stando a quanto ricostruito, dopo un tentato colpo al bancomat della Banca popolare dell'Emilia Romagna di viale Liberazione a Peschiera Borromeo (Foto del bancomat assaltato), la macchina dei ladri in fuga dai carabinieri è uscita di strada ribaltandosi. Due uomini sono morti sul colpo e tre sono rimasti feriti. Si tratterebbe di giovani, tutti originari dell'Est Europa, di età compresa tra i 20 e i 40 anni. ???

Tutto è successo intorno alle 3 della notte, quando, secondo le prime ricostruzioni investigative, i cinque hanno tentato di far saltare un bancomat utilizzando il sistema dell'esplosione con una bomboletta di gas. Il boato ha fatto scattare l'allarme e sul posto sono accorse le forze dell'ordine. Fallito il colpo si sono allontanati, ma sono stati intercettati dai carabinieri. Ne è nato un inseguimento durante il quale, sulla Tangenziale Est all'immissione con la Statale Paullese, i ladri hanno perso il controllo della vettura finendo contro il guard rail e ribaltandosi più volte. Un impatto violentissimo.

Erano le 2.58 quando il 118 è accorso, constatando la morte di due degli occupanti e il ferimento di altri tre. I due deceduti avevano 42 e 24 anni. I tre feriti, che al momento si trovano piantonati in ospedale (due sono in condizioni gravi) hanno 23, 37 e 40 anni e si trovano ricoverati, rispettivamente, al S.Raffaele e a Niguarda di Milano, e alla clinica Humanitas di Rozzano. Stando a quanto emerso sarebbero tutti nomadi di Milano.

Quel che è certo è che l'auto da loro guidata a folle velocità era rubata: si tratta di una Audi S6, una vettura molto potente, che viaggiava con una targa falsa sovrapposta a quella vera. Nessun altro è rimasto coinvolto nell'incidente. Sul posto si è formata una coda a causa delle operazioni di rimozione dei pezzi dell'auto, e per la pulitura della strada.

I carabinieri sottolineano che l'incidente è stato provocato dall'altissima velocità e non ha coinvolto altri mezzi. I militari, proprio per non causare situazioni di pericolo per altri automobilisti, stavano infatti monitorando il percorso dei malviventi a distanza con cinque auto che però chiudevano le possibili vie di fuga. Nel momento dell'incidente i malviventi indossavano ancora passamontagna e altri indumenti per non farsi riconoscere. Molti elementi inducono i carabinieri a ritenere che si trattasse di una banda di professionisti. Uno di questi è la tecnica adottata nel tentativo di far saltare il bancomat. Un altro è l'uso, per la fuga, di un'auto molto potente. Non infine casuale il fatto che abbiano agito venerdì notte, cioè poche ore dopo che gli sportelli automatici vengono di solito caricati di banconote per tutto il fine settimana.

"A so tristo e contento de sti comenti" parké łi conferma ke ła xente no ła ghin pol pì del rasixmo e de l'opresion dei singani:
http://www.ansa.it/lombardia/notizie/20 ... 6abf8.html
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » mar feb 03, 2015 11:45 am

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... aliani.jpg

"A so tristo e contento de sti comenti" parké łi conferma ke ła xente no ła ghin pol pì del rasixmo e de l'opresion dei singani:
http://www.ansa.it/lombardia/notizie/20 ... 6abf8.html
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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » gio feb 05, 2015 7:39 am

La proposta del Campidoglio: affidare ai nomadi la raccolta differenziata
Redazione | 3-Febbraio-2015 | 11:00

http://www.vignaclarablog.it/2015020331 ... ferenziata

Impiegare i nomadi nella “raccolta differenziata dei rifiuti e dei materiali in disuso abbandonati in città”. E’ la proposta dell’assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, Francesca Danese, idea nata con lo scopo di favorire l’integrazione. Danese ne ha parlato con l’agenzia di stampa Dire al termine di una visita al centro d’accoglienza di via Visso che ospita 288 rom di cui circa 150 minori, in una struttura senza finestre.

All’Agenzia Dire Danese ha dichiarato che “c’è un problema di riconciliazione con la città” perché “li accusano di essere quelli che vanno rubare”: di fronte a questa situazione “dobbiamo fare un lavoro diverso, ridisegnare le politiche dell’accoglienza, parlare con le persone, vedere quali sono i loro bisogni”.

Danese, sempre a Dire, ha poi aggiunto: “Sto facendo un lavoro che riguarda le loro competenze e abilità: loro sono molto bravi nel recuperare nei quartieri i rifiuti e i materiali in disuso ; sarebbe importante, e questa cosa era già passata in commissione politiche sociali, riuscire a dare la possibilità di fare un lavoro per la comunità e per la città di roma, prendendo questi rifiuti e selezionandoli”.

Così facendo, ha concluso l’assessore, “diamo una possibilità di inserimento lavorativo diverso. In alcune zone si parla di roghi tossici, e allora troviamo un modo per far sì che i rifiuti che loro riescono a raccogliere e differenziare possano far nascere soluzioni che diano la possibilità di trovare anche un lavoro”.

Le dichiarazioni di Francesca Danese hanno subito provocato la reazione di esponenti dell’opposizione, da Marchini al centrodestra, ma anche critiche da parte dello stesso Pd.

“Stiamo decisamente su scherzi a parte”, dice in una nota di Alfio Marchini. “Assurda nonché da irresponsabili” è la proposta dell’assessore per Federico Rocca, Fratelli d’Italia, sostenendo che “ciò che fanno i nomadi è un’attività illegale, nonché un furto, poiché oltre a creare degrado, i rifiuti conferiti in un cassonetto sono di proprietà dell’Ama”.

Non è tenero nemmeno Pietro Di Paolo, capogruppo NCD in Regione Lazio: “L’assessore Danese si improvvisa talent scout e vorrebbe legalizzare il rovistaggio. Non sapremmo in quale altro modo intendere la bizzarra idea di utilizzare i rom per la raccolta differenziata”.

E anche in casa PD la proposta ha suscitato stupore. Lo si legge nelle parole di Stefano Pedica: “Dire che bisogna utilizzare i nomadi per la raccolta differenziata vuol dire non sapere come si gestisce una città basata sul rispetto delle regole. Marino prenda le distanze da queste affermazioni. Mi auguro che ci sia una rettifica da parte del Campidoglio o che le parole dell’assessore siano state solo travisate, perché altrimenti sarebbe il caso di dare le dimissioni”.



http://retedisostegnomercatinirom.over- ... 47957.html

DEL 27.04.10

- Come vivono i raccoglitori informali di rifiuti di etnia rom a Roma: attori ed esperienze internazionali a confronto.
(di Matilde Carabellese) (…)

Nella città di Roma, l’attività di recupero informale dei rifiuti è un settore composito che genera reddito a dispetto dell’informalità, e nel quale entrano in gioco molteplici attori a vario titolo. Nei primi anelli della filiera hanno assunto un ruolo di primo piano oltre un migliaio di Rom, per i quali l’attività rappresenta la principale fonte di guadagno e sostentamento familiare.

Vista l’entità del fenomeno, alcune associazioni come Opera Nomadi ed Occhio del Riciclone hanno tentato di valorizzare questa attività. Tuttavia la situazione resta ancora problematica.

L’intento di questa ricerca è di operare una riflessione su come vivono i raccoglitori informali di rifiuti di etnia rom nella città di Roma, attraverso un’indagine di carattere documentale che analizzi gli aspetti, le problematiche e le criticità di questa fascia di persone.

A tal proposito -e al fine di rinvenire spunti utili alla discussione-, si ritiene utile estendere l’ambito d’indagine a livello internazionale, in particolare nei confronti di alcune realtà del Sud del mondo che appaiono più significative. Difatti, in molti Paesi del Sud America, dell’Asia e del continente africano, l’attività di recupero e riutilizzo della spazzatura dei cosiddetti waste pickers è una realtà vibrante che offre un reddito a moltissime persone. La Banca Mondiale ha stimato che circa 15 milioni di persone nel mondo si guadagnano da vivere attraverso il recupero dalla spazzatura dei materiali riutilizzabili e riciclabili[1].

A dispetto dell’informalità, e nel quale entrano in gioco molteplici attori a vario titolo. Nei primi anelli della filiera hanno assunto un ruolo di primo piano oltre un migliaio di Rom, per i quali l’attività rappresenta la principale fonte di guadagno e sostentamento familiare.

Vista l’entità del fenomeno, alcune associazioni come Opera Nomadi ed Occhio del Riciclone hanno tentato di valorizzare questa attività. Tuttavia la situazione resta ancora problematica.

L’intento di questa ricerca è di operare una riflessione su come vivono i raccoglitori informali di rifiuti di etnia rom nella città di Roma, attraverso un’indagine di carattere documentale che analizzi gli aspetti, le problematiche e le criticità di questa fascia di persone.

Occorre rilevare che l’approccio scelto sottende mettere in discussione l’idea che esista un modello universale di sviluppo[2] , applicabile in ogni luogo ed in ogni tempo, indipendentemente dalle condizioni locali.

Tale concezione è consustanziale alle forme della modernità liquida, così come definita da Z. Baumann[3].

Nel caso specifico si mette in dubbio l’esistenza di un modello universale, “moderno” di gestione integrata dei rifiuti, per aprirsi a soluzioni alternative che tengano maggiormente conto del valore e del ruolo del capitale umano.

Il testo è diviso pertanto in due parti. Nella prima parte sarà esaminato il processo di modernizzazione del settore della gestione dei rifiuti urbani: l’obiettivo è di comprendere come si sono situati e come si situano i raccoglitori informali di rifiuti nel sistema. In seguito saranno analizzate le principali tematiche inerenti i waste pickers, incluse le strategie adottate dai governi nei loro confronti. Infine si riporteranno quattro studi di caso in India e in Brasile che dimostrano l’esistenza di modo differenti di gestione i rifiuti e di approccio con i raccoglitori informali.

La seconda parte sarà dedicata all’analisi dello studio di caso. Questa parte della ricerca è stata condotta utilizzando diversi strumenti scelti a seconda dei soggetti presi in esame.

Per quanto riguarda i raccoglitori informali di rifiuti, si è scelto di sottoporre ad un campione di 104 rom un questionario a risposta chiusa.

Per capire il contesto socio-politico, oltre ad offrire una analisi della letteratura scientifica sono stati contattati diversi testimoni privilegiati. E’ stata fatta anche una ricostruzione degli eventi più rilevanti attraverso la lettura di quotidiani e siti web.

Alla fine del testo, sono state inserite i risultati di alcune interviste. Due di esse sono state raccolte via e-mail dagli assessori alle Politiche Sociali del Comune di Roma (Sveva Belviso) e della Provincia (Massimiliano Smeriglio).[4]

Un’’altra è stata fatta ad Aleramo Virgili, responsabile di Opera Nomadi riguardo i mercatini (fatta di persona); l’ultima a Pietro Luppi, direttore del centro di Ricerca di Occhio del Riciclone (effettuata via skype, in quanto Luppi si trova a Città del Messico in questo momento).


CAPITOLO SECONDO
L’ITALIA, ROMA E LA MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA APPLICATA AI RIFIUTI.

La ristrutturazione della gestione dei rifiuti solidi urbani in Italia comincia in ritardo rispetto ad altri Paesi.

Il settore è stato a lungo limitato ad un sistema di semplice gestione del ciclo dei rifiuti, vale a dire: pulizia delle strade, raccolta, smaltimento in discarica. Difatti, il primo strumento di legge organico che ha recepito le principali direttive comunitarie, è stato il decreto 22/1997, il c.d. «Decreto Ronchi»che ha stabilito per legge soglie minime di raccolta differenziata e istituito i consorzi di filiera deputati ad avviare la frazione differenziata verso le filiere industriali del riciclo.

Alla base delle direttive europee -e del Decreto Ronchi che le ha recepite- c’è il c.d. «principio delle quattro R»[5]

Andando dal vertice verso la base si passa dalle gestioni ambientalmente più sostenibili a quelle meno sostenibili.

Non è questa la sede per un’analisi approfondita su come avviene in Italia la gestione dei rifiuti solidi urbani; è rilevante invece sottolineare che il modello adottato nel nostro Paese risponde alle caratteristiche esaminate nel capitolo precedente che è stato denominato «modernised mixture».

In linea con questo modello i raccoglitori informali sono stati espulsi dalla gestione dei rifiuti. Ad essi è stato lasciato solo lo svuotamento delle cantine e dei cassonetti stradali, ricchi di merci riusabili ma poveri di frazioni riciclabili da rivendere a peso.

Non sempre è stato così: come ci racconta Guido Viale, nella civilissima Milano fino al 1964 nello scarico di Rottole, ben 500 famiglie di ruée (spazzini) vivevano attraverso il recupero della “prima cernita” di 36 tipologie merceologiche differenti.[6] Nello stesso periodo la discarica di Roma ospitava allevamenti di porci che si nutrivano dello scarto organico; la retribuzione dei guardiani degli animali consisteva nel permesso di rovistare minuziosamente nella montagna indifferenziata di scarti.[7]

A Roma non esistono più questo tipo di esperienze. Tuttavia la città non ha ancora completato la gestione integrata dei rifiuti solidi urbani in tutto il territorio. Secondo l’ultimo rapporto dell’ISPRARoma non esistono più questo tipo di esperienze. Tuttavia la città non ha ancora completato la gestione integrata dei rifiuti solidi urbani in tutto il territorio. Secondo l’ultimo rapporto dell’ISPRA[8] ( Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nel 2007 ben 1,4 milioni di tonnellate di rifiuti cittadini sono finiti in discarica, circa l’ 83% del totale. Un chiaro segnale che le strategie messe in atto per la Riduzione della produzione di rifiuti - in linea con la gerarchia delle 4R – non raggiungono i risultati attesi. La produzione di rifiuti è cresciuta negli ultimi anni vertiginosamente: nella capitale si producono oltre la metà della produzione laziale (52,5%) di rifiuti, circa 649 chilogrammi per abitante all’anno. Anche il Riciclaggio dei rifiuti, pur essendo aumentato, è ancora fermo al 21%. Una percentuale lontana dagli obiettivi fissati dalla normativa in materia, che impegnava i Comuni a raggiungere il 35% di raccolta differenziata entro il 2009 e prevede che entro il 2012 la percentuale raggiunga addirittura il 65%.

L’unico settore in fortissima crescita è quello dell’usato, legato alla R del Riuso. Difatti dalla ricerca elaborata dal Centro di Ricerca dell’Occhio del Riciclone si evince che il settore dell’usato è un segmento di mercato in crescita, che potrebbe rappresentare una nuova frontiera per affrontare in modo più sostenibile la gestione dei rifiuti.[9]. A dispetto degli impatti positivi, potenziali ed effettivi, sul piano ambientale, occupazionale e sociale, questo settore è prevalentemente informale.[10] Per di più, il suo ruolo è sottovalutato, s’ignorano le sue dimensioni e soprattutto le sue potenzialità. Nonostante sia un settore vitale per la società, è «negletto e delegittimato, perché funziona come marchio di emarginazione per la maggior parte degli operatori che lo tengono in vita, relegandoli nel campo dell’abusivismo se non dell’illegalità».[11]

In questa nicchia, un gran numero di rom (nella grande maggioranza dei casi si tratta di Rom Khorakhanè o di Rom originari della Romania) hanno conquistato una posizione importante, al punto che i raccoglitori di rifiuti rom sono arrivati a controllare il primo anello di una filiera che vede ormai molti attori: dai rigattieri dei mercati delle pulci fino ai rivenditori di oggetti d’epoca e ai negozianti in conto terzi.



I ROM DI ROMA: A CAVALLO TRA LE CREPE DEL SISTEMA E IL LAVORO.

A fronte dell’incompiuta riforma della gestione dei rifiuti capitolina, i rom sono stati in grado di intercettare e sfruttare le crepe del sistema. I motivi di questo fenomeno sono di duplice natura.

Il primo attiene agli aspetti che definiscono i rom come «i signori delle sfasature».[12] Una denominazione che descrive la capacità dei rom di sfruttare i vuoti normativi delle società ospitanti, delle crepe del sistema, cioè delle loro disfunzioni per adattarsi e meglio difendere la propria civiltà. Approfittando, appunto, delle sfasature della società gagè. L’esempio più evidente di questa attitudine è la tendenza ad insediarsi nelle zone di confine, tra Stato e Stato, tra città e campagne, cioè in quegli spazi momentaneamente sfuggiti all’opera dei gagé. Come dimostrato da Piasere, in Europa occidentale i rom tendono ad inserirsi nella sfera della circolazione dei beni: essi «fanno di tutto per occupare quella nicchia che l’imperfezione della legge della domanda e dell’offerta lascia sempre vuota».[13]

Il tema del lavoro è l’altro aspetto che aiuta a comprendere nel dettaglio l’universo dei raccoglitori di rifiuti rom.

La concorrenza con i gagé impone di saper praticare attività molteplici in tempi e luoghi diversi: spettacolo viaggiante e circo; luna park; compravendita di automobili; allevatori e venditori di cavalli; musicanti.

La modernizzazione ha reso inutili molti di questi mestieri, espellendo i rom dalle nicchie in cui si erano insediati. Fino agli anni ’90 esistevano ancora alcune delle attività tradizionali praticate da rom e sinti italiani, come la lavorazione dei metalli, il commercio e la vendita ambulante. Attualmente i rom hanno perso le loro occupazioni “tradizionali”, senza che queste siano state sostituite da altri tipi di lavoro.[14]

È bene comunque ricordare che nell’universo rom il lavoro è una necessità e non un fine: l’uomo deve avere del tempo libero per occuparsi delle questioni sociali (riunioni, visite di famiglia, incontri, ecc) e per mantenere e sviluppare relazioni.[15]

In sintesi le difficoltà strutturali di accesso al mercato del lavoro, combinate con un sistema di gestione dei rifiuti incompiuto, spiegano come e perché molti rom a Roma siano diventati raccoglitori e rivenditori informali di rifiuti.



La filiera del Riuso, cenerentola delle 4R.

Per comprendere in che modo i rom sono riusciti ad entrare in un interstizio della gestione dei rifiuti, è necessario esaminare come questo settore è strutturato. La filiera del riuso, difatti, risponde a logiche ed attori peculiari a cui vale la pena accennare. Riutilizzare un bene, si è detto, è cosa diversa dal riciclarlo.

Secondo il dizionario Treccani “riusare” significa: «Usare, adoperare di nuovo, una seconda o un’ulteriore volta». In altri termini potremmo dire che il riuso è un modo per allungare il ciclo di vita dei beni, riducendo sia l’eventuale consumo di materie per produrne altri sia il flusso che finisce in discarica. I benefici ambientali ed economici del riuso appaiono in modo lampante a chiunque; infatti nella gerarchia delle 4R il riuso segue la riduzione e precede il riciclo. Al di là dei proclami normativi, il riuso è tuttavia spesso assente nei Piani di Gestione dei Rifiuti. Tra le motivazioni di quest’assenza vi è sicuramente la difficoltà di elaborare soluzioni su scala. Il settore economico di riferimento del riuso è quello della vendita di merci usate: un universo variegato nel quale rientrano rigattieri, negozianti in conto terzi, ma anche semplici frugatori di cassonetto.

Fatta eccezione per i negozi in conto terzi, lo zoccolo duro dei re-users è composto da microimprese in gran parte informali e come tali incapaci di organizzarsi e far sentire la loro voce. Nel 1989, l’economista Hernando De Soto dichiarava: «il settore informale è come un elefante: non siamo in grado di definirlo, ma sappiamo riconoscerlo quando lo vediamo».[16] Verosimilmente tale difficoltà di “definizione” giustifica in gran parte la mancata considerazione del Riuso tra le strategie di gestione dei rifiuti.

Nel 2006 uno studio elaborato dal Centro di Ricerca del network Occhio del Riciclone[17] (ODR) ha cercato di colmare questo vuoto di conoscenza. Quell’anno, infatti, grazie a un contributo della Provincia di Roma, ODR presenta il primo studio italiano sulle potenzialità economiche e quantitative di un riuso sistemico nella gestione dei rifiuti, «Il settore dell'usato nella gestione dei rifiuti». Nel 2008 realizza un nuovo report specificamente focalizzato sulle potenzialità del Riuso nella città di Roma, « Impatti occupazionali di un Riuso sistemico nella città di Roma».

Secondo queste ricerche, Roma ospita almeno 2300 microimprese dell’usato fondate sull’approvvigionamento di “rifiuti” o “rifiuti in potenza. Le persone coinvolte in totale sono circa 4000.

Queste sono divisibili in tre macrocategorie distinte in funzione dei beni trattati:

1) Operatori che trattano beni indifferenziati a basso costo (I)
2) Operatori che trattano beni specifici a basso costo (SB)
3) Operatori che trattano beni specifici ad alto costo (SA)

Gli SB e i SA sono monomerce e si distinguono tra loro fondamentalmente per i prezzi offerti al pubblico.

Gli operatori I sono quelli che maggiormente hanno contatto con il flusso dei rifiuti, e sempre più spesso sono la fonte di approvvigionamento per le altre due categorie di operatori, gli SB e gli SA.[18]

Le merci vendute dal Gruppo I sono recuperate attraverso due modalità: sgombero dei locali e cassonetti.

I raccoglitori rom si inseriscono proprio in questo segmento del mercato dell’usato, diventandone nel corso di pochi anni gestori monopolistici. A differenza delle altre microimprese, quelle rom hanno un alto indice occupazionale e impiegano mediamente di 3/4 lavoratori per ciascuna microimpresa (appartenenti solitamente al medesimo nucleo familiare). I rom impiegati nelle 572 imprese si possono quindi valutare in un numero massimo di 2.288.

Il valore economico delle merci presenti nei cassonetti è stato stimato in maniera prudenziale nella ricerche di ODR attraverso le dichiarazioni degli operatori rom[19] Tale offerta ammonta a circa 32.958.770 di euro.

Da questa quota i rom raccolgono l’equivalente di 10 milioni di euro. Considerando che il fatturato annuo degli Operatori del Gruppo I è di 31.686.732, si può affermare che il controllo dei cassonetti equivale al controllo di quasi l’intero settore.


Buone prassi: l’esperienza dei mercatini Rom.

L’Opera Nomadi attraverso le Cooperative Phralipè e Romano Pijats è attiva da molti anni nel cercare di individuare un percorso di regolarizzazione per i raccoglitori informali rom.

In parte quest’obiettivo è stato raggiunto attraverso l’istituzione dei Pijats Romanò[20] (mercatini Rom), nei quali i rom possono commerciare oggetti usati e manufatti artigianali tipici. Nell’intenzione dei promotori i Pijats Romanò non sono solamente un’occasione economica per i rom, ma anche momento di incontro con la cultura romanì. A tal fine sono state promosse all’interno dei mercati attività culturali, come la danza, la musica, la lavorazione dei metalli, ecc.

I mercatini rom hanno attraversato fasi alterne. Sia durante le giunte Veltroni che in quella attuale, il leitmotiv ha riguardato da una parte la carenza di spazi a fronte di una domanda crescente dei rom; dall’altra la normativa di riferimento, che regola le “Manifestazioni di collezionismo amatoriale dell’antiquariato, artigianato e cose usate” è molto restrittiva e farraginosa per quanto riguarda la possibilità di replicare l’iniziativa e partecipare alla stessa.

ha riguardato da una parte la carenza di spazi a fronte di una domanda crescente dei rom; dall’altra la normativa di riferimento, che regola le “Manifestazioni di collezionismo amatoriale dell’antiquariato, artigianato e cose usate” è molto restrittiva e farraginosa per quanto riguarda la possibilità di replicare l’iniziativa e partecipare alla stessa.[21]

I primi mercati Rom autorizzati si ritrovano negli anni ‘90 a Spinaceto (XII Municipio), a Casilino 700 (VII Municipio) e in seguito nel VII Municipio a Piazza San Felice da Cantalice.

La data di nascita ufficiale dei Pijats Romanò è il 2000, anno nel quale è inaugurato il mercatino domenicale di Via di Casal Tidei (V Municipio). Il primo mercato non era specificamente dedicato ai rom: insieme a questi vi erano anche rigattieri italiani e di altre nazionalità.

Gli espositori rom erano circa 300 e provenivano da tutte le comunità della capitale.

L’esperimento, durato circa tre anni, è stato sospeso a causa dell’enorme numero di espositori rom che affluivano anche nei giorni non stabiliti. Da un’altra ottica, quest’affluenza è – all’opposto- indirettamente indicativa dell’importanza dell’attività attuale dei rom nella linea dei rifiuti e di quella, ben più rilevante, che potrebbero avere in prospettiva se valorizzata adeguatamente .

Per risolvere il problema nato a Casal Tidei, si preferì il passaggio da un’esperienza unitaria (con tutti i rom di Roma) a una riproposizione dei mercatini a livello dei singoli municipi: ossia i rom potevano esporre solo nel municipio di appartenenza.

Adottando questa modalità la cooperativa Pijats Romanò arrivò a gestire cinque mercatini tutti nella periferia romana: Prima Valle, Collatino, Tor Bella Monaca, Laurentina, ponte Marconi.

“I problemi sono arrivati con la ristrutturazione di Porta Portese (ndr 2007) in cui molti rigattieri rom ed italiani e molte altre nazionalità sono stati espulsi. Ciò ha creato molti problemi nella gestione degli altri mercatini autorizzati. Infatti, si sono riversati in questi gli espositori cacciati da Porta Portese”, dichiara Aleramo Virgili, responsabile del settore di Opera Nomadi.

L’episodio a cui fa riferimento Virgili è il blitz operato dalle Forze di Polizia Municipale nella notte tra il 23 e il 24 settembre 2007. Concepito per bloccare i ricettatori di oggetti rubati e i commercianti abusivi che assediavano la zona, portò l'allontanamento dal mercato domenicale di Porta Portese di quasi 700 rigattieri che frequentavano il mercato da oltre trent’anni, i quali furono sanzionati con multe fino a 5mila euro perché privi delle necessarie autorizzazioni comunali. La conseguenza indiretta dell’espulsione di un centinaio di rom fu il riversamento di questi ultimi negli altri mercatini rom nelle settimane successive. Tale avvenimento, contestualmente ad un clima di “allarme sicurezza” e al rinnovo della giunta municipale, provocò la sospensione delle autorizzazione nei restanti Municipi.

“La conseguenza è stata una riedizione di vecchi fenomeni di abusivismo, di occupazione arbitraria di spazi e di compravendita di postazioni. Oltre allo sfruttamento degli espositori più indifesi che erano taglieggiati e sottoposti a qualsiasi tipo di sfruttamento”.

Dopo le elezioni comunali, l’esperienza dei mercatini rom è stata replicata in Via Longoni (VII Municipio), in via della Vasca Navale (XI municipio) e in via Ennio Flaiano (IV Municipio) .

Anche in questi casi l’istituzione dei mercati non è stata pacifica. Nel luglio 2009, infatti, il Presidente dell’VII Municipio, Mastrantonio, minacciò di chiudere il mercato a seguito dell’aggressione a danno di cinque vigili urbani da parte di alcuni espositori abusivi. Intervistato dal quotidiano la Repubblica, il mini sindaco dichiarò: “Alemanno deve rendere operativo il patto firmato con la comunità rom di Roma che prevede mercati rionali autorizzati. Se le mie richieste continuano a non essere ascoltate, non mi resta che chiudere il mercato (…)

Malgrado le numerose lettere di richiesta di aiuto inviate al sindaco Alemanno e al comandante della polizia municipale, Angelo Giuliani e quelle inviate ai presidenti dei municipi coinvolti in cui chiedevo l' apertura di un tavolo interistituzionale per attivare anche in quei territori dei mercatini regolari sul modello di quelli organizzati in via Longoni, non ho ricevuto alcuna risposta”.

Alemanno deve rendere operativo il patto firmato con la comunità rom di Roma che prevede mercati rionali autorizzati. Se le mie richieste continuano a non essere ascoltate, non mi resta che chiudere il mercato (...)

Il risultato di queste vicende è che la maggior parte dei rigattieri rom di Roma è in questo momento priva di un mercato ufficiale di riferimento a causa della mancata concessine del suolo pubblico.

Tuttavia, l’attività di vendita di merci usate è, a dispetto di tutto, una fonte di reddito importante per moltissime famiglie. Ragion per cui moltissimi rom la praticano tuttora in modo abusivo.


I Rom :“cittadinanze imperfette”. ???

Nei confronti dei rom, alle problematiche tipicamente connesse ai waste pickers in gran parte del mondo si associano ulteriori difficoltà, in quanto «in ragione delle loro vicissitudini e del loro perpetuo sradicamento, i rom costituiscono una minoranza sfavorita e vulnerabile che ha un carattere particolare».[22]

Per una corretta comprensione della tematica è necessario inquadrare primariamente le condizioni peculiari dei rom nella capitale. Peraltro non è questa la sede per approfondire, in generale, le politiche approntate dal Comune di Roma nei confronti dei cittadini rom.

Pertanto verranno analizzati solo gli aspetti ritenuti rilevanti ai fini della trattazione.

Le popolazioni rom sono una «galassia di minoranze»: non possiedono una stessa storia, né tanto meno condividono una cultura omogenea o un'unica religione.[23] Non sono neanche definibili come una minoranza “territoriale”, sono piuttosto una “minoranza diffusa”, dispersa e transnazionale.[24]62

Questo particolare status ha effetti diretti sulla scala pertinente dell’azione pubblica. Poiché i rom non sono stati inclusi nella legge di protezione delle minoranze linguistiche e culturali, (nonostante la loro presenza storica su tutto il territorio nazionale) gli interventi a loro diretti vengono ancora delegati alle amministrazioni locali: regioni, province e comuni. Alcuni tentativi di procedere nella direzione di una politica nazionale di riconoscimento dei rom e dei sinti come minoranze nazionali sono stati intrapresi nel 2007 dal Ministro Amato e hanno portato all'inizio del 2008 ad una Conferenza nazionale promossa dal Ministero della Solidarietà e dal Ministero dell'Interno.

La caduta del secondo governo Prodi ha interrotto il processo. Contemporaneamente si è assistito al montare di un clima politico e mediatico sempre più ostile ai rom, dimostrato, ad esempio, dall’uso persistente della categoria “nomadi” e dal binomio rom / (in) sicurezza .

In linea con questo trend nella primavera del 2008 il successivo governo Berlusconi, nominò i prefetti delle tre maggiori città italiane (Milano, Napoli e Roma) quali "Commissari regionali per l'emergenza nomadi", motivando l'istituzione dei "commissari governativi straordinari" con una situazione di allarme sociale derivante "dalla presenza di campi nomadi irregolari" e dal conseguente "rischio per l'ordine pubblico interno".

Quindi fino al 2008 non esisteva a livello nazionale alcuna politica esplicita riguardo i rom.

Roma caput mondi? Non per i rom…

Dall’inizio degli anni ’90 vi sono stati due ondate migratorie di cittadini rom verso l’Italia ed in particolare nella città di Roma. La prima è avvenuta in concomitanza al crollo dei regimi comunisti nei paesi dell'Est Europa e agli eventi bellici nella ex–Jugoslavia. La seconda in seguito all’ingresso della Romania nell’Unione Europea.

In conseguenza di ciò vi è stata una proliferazione spontanea di accampamenti non autorizzati.[25]

Dal 1996 sono stati spesi annualmente circa 13 milioni di euro dal Comune di Roma per migliorare le condizioni lavorative ed abitative dei rom.[26].Ciononostante, come dimostrato dalla studiosa Isabella Clough Marinaro, il governo della città non è riuscito ad affrontare il problema del crescente numero di baraccopoli e delle seguenti manifestazioni di ostilità nei loro confronti.

Gli strumenti e le pratiche messe in atto nei confronti dei rom negli ultimi tredici anni mostrano una escalation di misure in senso repressivo. [27]

Nell’ordinanza n.80 del 23 gennaio 1996 del sindaco Francesco Rutelli, l’amministrazione aveva stabilito un numero chiuso per le presenze nei campi. I requisiti fissati erano il possesso dei documenti, oltre che il possesso di un regolare permesso di soggiorno, e l’obbligo di inviare i figli a scuola.

Rutelli, secondo la ricostruzione della Clough Marinaro, è stato il primo ad aver introdotto strumenti e pratiche verso i rom di un certo tipo: la raccolta dei dati personali su base etnica, la definizione della collettività Rom come 'emergenza nomadi', l'alternativa tra vivere in campi autorizzati o essere esposti a deportazioni di massa.

Il suo successore, Walter Veltroni, anche in seguito alla seconda ondata di rom dalla Romania, intensificò la declinazione in chiave di “sicurezza” delle politiche verso i rom. Nel 2007 d’intesa con il Ministro degli Interni, i Presidenti di Provincia e Regione, il Prefetto e il Comune decisero di costruire quattro grandi insediamenti per 4000 rom nella periferia di Roma, al di fuori del grande raccordo anulare.

Il nome, eufemistico, scelto per questi insediamenti fu “villaggi della solidarietà”.

Il primo di questi villaggi fu realizzato a Castel Romano, a 30 Km dal centro della città, lungo una strada a scorrimento veloce, la Pontina, in una zona isolata dal centro abitato e priva di servizi di base. Il villaggio di Castel Romano incarna diverse caratteristiche del campo inteso come spazio di controllo biopolitico: la sorveglianza della polizia, l'isolamento dal resto della società come una forma di gestione del rischio, la limitazione della libertà di residenti di organizzare il proprio spazio e movimento.[28]

A distanza di tredici anni, e con una giunta di orientamento politico differente dalle precedenti, le politiche per i rom non si discostano nella sostanza dai provvedimenti anteriori.

Il nuovo “Piano nomadi” è stato lanciato il 31 luglio 2009 dal Comune di Roma e dal Prefetto. Esso prevede il trasferimento di 6000 rom67 in 13 campi definiti (guarda caso) “villaggi”. [29]

I sette campi “autorizzati” esistenti saranno mantenuti o ampliati, mentre tre campi “tollerati” verranno ristrutturati. Saranno costruiti due nuovi campi e una “struttura di transito.” L’ubicazione prevista per le nuove strutture è quella della figura 4.

All'interno dei campi, inoltre, saranno aperti "presìdi di vigilanza e socio-educativi".

Si legge nel “regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati: “Tra i criteri per l’ammissione nei campi è prevista, oltre alla regolarità dei documenti di soggiorno, la sottoscrizione di un atto d’impegno al rispetto elle norme di comportamento interno da parte del componente maggiorenne della famiglia. La regolare frequenza della scuola dell’obbligo da parte dei minori e l’occupazione lavorativa dei uno o più membri del nucleo familiare sono criteri di preferenza per il rilascio dell’autorizzazione”.

Secondo l’agenzia di Stampa Adnkronos, 3 milioni di euro per le vigilanza privata sono stati spesi in poco più di un anno, mentre le risorse per progetti di mediazione culturali sono state tagliate del 20 per cento

L’elemento di “innovazione” del nuovo corso è un’ulteriore caratterizzazione dei campi come luoghi di “eccezione”: spazi in cui lo stato di diritto è sospeso e gli abitanti sono spogliati dei diritti di cui godono coloro che sono all'esterno. Tale peggioramento è testimoniato dall’introduzione di nuove regole, quali il controllo 24 h su 24 delle guardie di polizia sul perimetro e all'interno dei campi, il permesso di entrare solo per i residenti autorizzati che mostrano una speciale carta di identità, l’ obbligo di registrare in un apposito registro tutti i movimenti dentro e fuori dai campi, il divieto di ospitare persone dopo le dieci di sera.

La prima fase attuativa del Piano è iniziata agli inizi del 2010 con lo smantellamento del più grande campo rom d’Europa, Casilino 900. “Una giornata storica” dichiarò il Sindaco, una “risposta sbagliata” secondo altri.

Clamorosa in tal senso fu la reazione della Comunità di S.Egidio, che uscì dal Tavolo Rom costituito dal Comune (nota: al Tavolo partecipano solo associazioni cattoliche) : "Temiamo che quello che sta accadendo in queste ore – è il commento dell’associazione -diventi un triste gioco dell'oca ai danni dei Rom: per dare condizioni di vita degne ad alcuni, si rende la vita impossibile ad altri. L'assoluta non considerazione per lungo tempo di una serie di proposte sul Piano nomadi fatte dalla Comunità è frutto di un'esperienza di più di trenta anni a fianco dei rom della capitale, fa mancare i presupposti di un dialogo con il commissario straordinario per l'emergenza nomadi, prefetto Giuseppe Pecoraro, e il Comune di Roma che ne è il soggetto attuatore".[30]

Anche l’associazione Amnesty International nel report pubblicato sul Piano Nomadi punta il dito specialmente sul mancato coinvolgimento dei rom negli sgomberi e nella nuova sistemazione: “Le autorità hanno interpellato soltanto alcuni rappresentanti, quando il diritto internazionale impone che tutte le persone coinvolte siano informate di quello che sta per succedere"[31].

Al di là delle singole opinioni, un dato è certo: l’Italia e la sua capitale si confermano il “Paese dei Campi”.

Quale che sia l’etichetta col quale nominare questi spazi, è certo che assistiamo ad un trattamento differenziale dei rom e dei sinti rispetto agli altri cittadini.

La forma campo, finisce per essere una misura tipologia di contenimento dell’eccedenza umana.

Come affermò Immanuel Kant “L’ uomo del non luogo è un criminale in potenza”.

Localizzazione degli insediamenti secondo il Nuovo Piano Nomadi. i secondo il Nuovo Piano Nomadi.

Figura 4.
Fonte : http://parking900.blogspot.com/2010/02/ ... omadi.html

seita
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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » gio feb 05, 2015 7:41 am

seita

http://retedisostegnomercatinirom.over- ... 47957.html

Chi ruba…chi mente…chi ha scarsa memoria…chi ha fatto l’indiano…: l’amministrazione comunale e i raccoglitori rom.

Una volta delineato il contesto delle politiche locali a Rom nei confronti dei Rom, è possibile entrare nel vivo degli interventi amministrativi riguardo i raccoglitori di rifiuti. Si è visto nel paragrafo sui mercatini che queste attività sono iniziate negli anni ’90. Nel corso del tempo i mercati hanno attraversato fasi alterne.

C’è stato un periodo in cui prosperavano cinque mercatini nel territorio comunale.

Sostanzialmente le giunte precedenti, pur nei limiti del quadro delineato nel paragrafo precedente, non hanno manifestato ostilità nei confronti dei mercatini rom. Né, d’altra parte, hanno mai approntato strumenti idonei per valorizzarli. Anzi: in alcune occasioni (come il blitz a Porta Portese) il tema della sicurezza ha prevalso su tutto il resto. Ad esempio, secondo una logica demagogica di ottenimento del consenso, alla vigilia delle elezioni comunali del 2007 tutti i Municipi di destra come di sinistra non rinnovarono la licenza dei mercatini. La campagna elettorale fu in pratica dominata dal tema della sicurezza, anche in seguito ad alcuni fatti di cronaca, molto enfatizzati dai mass media. In tale situazione i mercatini potevano rappresentare una minaccia in termini elettorali, perciò furono chiusi.

Oltre ai Pijats Romanò è utile accennare ad un progetto che prevedeva il coinvolgimento dei rom nella raccolta dei rifiuti ingombranti. Nel 2005-2006 Comune e Provincia di Roma, Ama e Caritas Diocesana, (in continuità con un’esperienza analoga avvenuta nel 2003) lanciarono il progetto "Roma Cistì – Roma Pulita", il quale affidava alla cooperativa sociale Rom Praliphè il compito di raccogliere i rifiuti ingombranti e ferrosi sul territorio comunale e, in futuro, provinciale. I rom coinvolti in regime di part-time furono 8 per un periodo di tempo di un anno. Il progetto, nonostante risultati positivi e l’entusiasmo dei partecipanti, non è stato rifinanziato.

Ho provato a comprendere le ragioni del mancato rifinanziamento interrogando diversi testimoni privilegiati.

Più di qualcuno, di cui non sono autorizzata a fare il nome, mi ha confermato che la crescente percezione dei rom in termini di pericolosità sociale, ha rappresentato un deterrente per le amministrazioni. In altre parole, anche qui, il timore di ripercussioni in termini elettorali ha prevalso sulle buone intenzioni iniziali.

La comprensione dell’orientamento dell’amministrazione vigente, si basa su un arco di tempo più limitato.

La giunta Alemanno si è insediata circa due anni fa; per cui il giudizio sul suo operato non aspira ad essere esaustivo, giacché è circoscritto solo ai fatti finora avvenuti.

Per quanto riguarda la pratica dei mercati, la posizione dell’amministrazione appare abbastanza opaca.

Da dichiarazioni di apertura da parte dell’Assessore alle Politiche Sociali, si passa a vibranti campagne mediatiche di alcuni consiglieri della maggioranza, contro i “rovistatori di rifiuti”.

La crociata contro i “rovistatori” inizia pochi mesi dopo le elezioni. Il 7 luglio 2008 durante il consiglio straordinario sulla sicurezza, alcuni consiglieri del PDL presentarono un ordine del giorno per promuovere il divieto di rovistare nei cassonetti. Battersi contro questa pratica è un modo più o meno manifesto di nuocere ai rom, perché i cassonetti rappresentano uno dei loro fonti principali di approvvigionamento delle merci Nell’odg si leggeva che in molti «frugano nei cassonetti» e così facendo «compromettono lo stato igienico-sanitario di diverse strade che rimangono puntualmente, dopo il passaggio dei rovistatori, colme di spazzatura». Si chiedeva inoltre l’impegno al sindaco di emettere «apposita ordinanza comunale al fine di vietare in maniera tassativa il rovistaggio e recupero di rifiuti già collocati all'interno dei cassonetti, incaricando il Corpo della Polizia Municipale e le Forze dell'Ordine al rispetto del succitato provvedimento».

Diverse realtà del mondo dell’associazionismo, tra cui Sant’Egidio, criticarono duramente l’ordinanza subito dopo la sua emanazione. La sera stessa il sindaco Alemanno fece marcia indietro, con la motivazione di voler avviare “un confronto con le organizzazioni dei volontari per verificare che questo provvedimento non abbia conseguenze sociali negative”. Il responsabile rom di Sant’Egidio, Paolo Ciani, da me interpellato al riguardo, ha dichiarato che “l’iniziativa non nasceva da un’esigenza concreta ma aveva un grande effetto propagandistico”. Un’operazione del genere, sempre secondo Ciani, sembrava fatta in “funzione anti-poveri ed in particolare anti-rom”. “La nostra posizione nasceva dal buonsenso, aggiunge, chi ci conosce sa che sono quindici anni che discutiamo con le amministrazioni comunali, senza distinzioni di colore politico”.

Un anno dopo, (luglio 2009) un gruppo di consiglieri del PDL dopo la sua emanazione. La sera stessa il sindaco Alemanno fece marcia indietro, con la motivazione di voler avviare “un confronto con le organizzazioni dei volontari per verificare che questo provvedimento non abbia conseguenze sociali negative”. Il responsabile rom di Sant’Egidio, Paolo Ciani, da me interpellato al riguardo, ha dichiarato che “l’iniziativa non nasceva da un’esigenza concreta ma aveva un grande effetto propagandistico”. Un’operazione del genere, sempre secondo Ciani, sembrava fatta in “funzione anti-poveri ed in particolare anti-rom”. “La nostra posizione nasceva dal buonsenso, aggiunge, chi ci conosce sa che sono quindici anni che discutiamo con le amministrazioni comunali, senza distinzioni di colore politico”.

Un anno dopo, (luglio 2009) un gruppo di consiglieri del PDL [32]70ripropone l’introduzione del reato di rovistaggio nei cassonetti. “Non è solo un problema di decoro e di sicurezza, siamo preoccupati per il dilagare incontrollato di senza fissa dimora che rovistano nei cassonetti, appropriandosi di oggetti e indumenti che vengono abbandonati in strada”. E’ necessario dare alla Polizia Municipale e in generale alle forze dell’ordine strumenti dispositivi chiari e determinati tesi a stroncare questi episodi. Con quest’ordinanza, già presente nei nostri programmi elettorali di lotta al degrado e all’illegalità, e per ora soltanto annunciata dall’Amministrazione, si darebbe una risposta concreta alle esigenze dei quartieri e si interverrebbe tangibilmente contro fenomeni di sfruttamento minorile e delle donne, peculiare di diverse comunità rom che occupano abusivamente diverse parti della città’’.

Il 17 luglio Fabrizio Santori, presidente della Commissione capitolina Sicurezza, invia una nota al presidente della commissione Politiche Sanitarie,ribadendo : “Non è solo un problema di decoro e di sicurezza, siamo preoccupati per il dilagare incontrollato di senza fissa dimora che rovistano nei cassonetti, appropriandosi di oggetti e indumenti che vengono abbandonati in strada o condotti in giro per la città per essere rivenduti ai mercatini dell’usato o riutilizzati negli accampamenti nomadi”.

Nel febbraio di quest’anno entrano in vigore tre ordinanze a favore del decoro urbano. [33]

Il divieto di rovistaggio nei cassonetti non è incluso, con disappunto di alcuni esponenti: “Le ordinanze del Comune di Roma che entreranno in vigore dall’8 febbraio non parlano di rovistaggio, quando a tutti è chiaro che spesso proprio da tale fenomeno tendono a formarsi discariche continue e rilevanti nei luoghi verdi della città, come è il caso del fiume Tevere, nei pressi della Magliana, uno dei siti preferiti dai senza fissa dimora per selezionare quanto viene prelevato dai cassonetti della spazzatura”, dichiara il 5 febbraio 2010 in una nota Augusto Santori, consigliere del PDL del Municipio XV.

In tutta la bagarre sul presunto reato di rovistaggio, non si ravvisano prese di posizioni nette (che facciano cioè riferimento all’importanza “dei cassonetti” per i rom) dell’assessore alle Politiche Sociali, Sveva Belviso.

La quale quindici giorni prima (30 giugno 2009) della nota citata del Consigliere Santori, in un’intervista al quotidiano la Repubblica, dichiarava la disponibilità ad incrementare il numero dei mercatini. La stessa nel settembre dello stesso anno, in seguito ad una polemica per il mancato rinnovo della licenza da parte del IV municipio, affermò che: “C'è un tavolo di lavoro con l'assessore al commercio Davide Bordoni, per integrare i rom in varie attività lavorative. Nell'ambito di quest’obiettivo si potrà stanziare una piccola parte di fondi per i mercatini rom. Bisogna poi considerare che i municipi si oppongono a queste iniziative[34]” .

L’assessore, interpellata dalla sottoscritta in merito a questa dichiarazione, attraverso un suo collaboratore, mi ha comunicato di non poter rispondere a tal proposito in quanto la competenza spetta all’Assessore al Commercio Bordoni. Il Presidente della IV Municipalità - Cristiano Bonelli PDL- (uno dei Municipi in cui c’era il mercatino) potenzialmente interessato, per la carica che ricopre, a partecipare ad una discussione in tal senso, non conosceva l’esistenza di questo tavolo. Identico riscontro ho verificato con l’assessore alle Attività Produttive del V Municipio – Micaela Campana PD -ed il vicepresidente della Commissioni Affari Sociali, Andrea Ozzimo (PD).

A fronte di queste dichiarazioni d’intenti, il dato che emerge è che fino alla metà di marza 2010 non era attivo nessun mercato. È notizia recente, infatti, che l’Amministrazione ha concesso al “Coordinamento Rom” la gestione di un mercatino domenicale a Grotte Celoni nell’Ottavo municipio.


Il “Coordinamento Rom” è una rappresentanza di diversi campi [35] nato alla fine di novembre 2009.

Ho appreso che tra i membri di questo coordinamento risultano alcuni rom con cui ho parlato alla fine di febbraio. Posso affermare con assoluta certezza che fino a quel momento i rom che ho incontrato non avevano assolutamente idea che si potesse verificare questo accaduto.

Un altro intervento rilevante per i raccoglitori rom è il programma RETIS. Il 21 gennaio di quest’anno l’amministrazione capitolina ha lanciato il programma RETIS (Rete di Inclusione Sociale) un programma per l’avvio al lavoro di persone in stato di marginalità, tra cui rientrano anche i rom.

Il finanziamento erogati dal Comune ammonta a 700mila euro. Nei primi due progetti finanziati, si legge nel comunicato stampa, «verrà data priorità alle persone in evidente stato di marginalità (…) quali nomadi e lavavetri in regola con i permessi di soggiorno. Le progettualità riguardano, rispettivamente, attività inerenti il decoro urbano e la raccolta di rifiuti ingombranti.[36]74 Il processo sarà attuato attraverso l’erogazione di borse di lavoro formative di sei mesi per un valore di 450 euro mensili ciascuna. Secondo le stime del Comune il progetto riguardante la raccolta degli ingombranti, “in partenza, può generare l’inserimento di 25 unità ogni 10.000 tonnellate/anno di materiale ingombrante assicurato».[37]

Al progetto sul decoro urbano, invece, parteciperanno 40 borsisti.

È naturalmente una notizia positiva. La tempistica con la quale è stato varato il RETIS (in concomitanza agli sgomberi del Casilino 900) genera qualche perplessità. Ad ogni modo, l’auspicio è che il progetto abbia una continuità ed una sostenibilità nel tempo e che non sia l’ennesima politica simbolica,[38]76 perseguita con l’obiettivo di evidenziare la volontà di “prendere a cuore il problema”.

Il Consigliere Panecaldo (Pd) aveva fatto una proposta di delibera comunale per l’istituzione di un registro delle attività di recupero di rifiuti metallici, in modo da dare ai rom la possibilità di qualificarsi come operatori dei recupero degli scarti metallici.[39] La proposta risulta ancora in attesa di discussione. Anche in questo caso ho chiesto delucidazioni all’Assessore. Peccato che, trattandosi di situazioni”in corso”(cito testualmente), non abbia voluto rilasciare dichiarazioni in merito.

Il modello di isola ecologica progettato da ODR: una soluzione?

Le difficoltà degli operatori rom sono notevoli. Tra queste vi è l’organizzazione e la gestione delle merci.

Come regola generale, possiamo affermare che meno è organizzato il settore, meno le persone coinvolte sono capaci di dare il giusto valore alle merci, più sono vulnerabili nei confronti degli intermediari.

La filiera del riuso a Roma parte dai cassonetti e può arrivare fino ai negozi di antiquariato del centro storico.

Dal primo fino all’ultimo anello può accadere che un bene decuplichi il suo valore iniziale. I clienti lo sanno bene e talvolta attraverso il passaparola si stabiliscono anche delle tendenze nei mercatini.

Ad esempio “Per un certo periodo c’è stato il boom dei bauli comprati a quattro soldi, ristrutturati e venduti a prezzi esorbitanti”.[40]

Nel tentativo di valorizzare la pratica del riuso e conseguentemente il lavoro dei raccoglitori informali, l’Occhio del Riciclone ha progettato un modello di riutilizzo su scala che prevede la selezione e distribuzione all’ingrosso delle merci usate conferite presso le Isole Ecologiche.

L’Isola ecologica fondata sul Riutilizzo ha le stesse funzioni e caratteristiche di un normale centro di smistamento intermedio; in aggiunta prevede un’area dedicata al Riutilizzo di tutte le merci che non sono ancore giunte al loro naturale fine vita. Come sottolineato da Pietro Luppi, direttore del Centro di Ricerca di ODR: “Il modello di Occhio del Riciclone prevede l’istituzione di isole ecologiche che, oltre a compiere la loro ordinaria funzione di raccolta e smistamento dei rifiuti, applichino anche selezione, eventuale riparazione e poi vendita all’ingrosso delle merci ancora riusabili e con valore di mercato. Acquistando all’ingrosso le merci, i rom abbatterebbero il costo di transazione legato all’approvvigionamento delle merci, avrebbero immensi vantaggi sul piano igienico-sanitario e potrebbero anche documentare l’origine delle merci presentando regolare fattura. Con il modello ODR i rom migliorerebbero la loro condizione finanziando allo stesso tempo il sistema locale della raccolta dei rifiuti.”

In sostanza, le ricadute positive di questo progetto sarebbero di varia natura. Prima di tutto la diminuzione dei costi di transazione che, come ricordato all’inizio del paragrafo, rende più vulnerabili i soggetti più deboli.

In secondo luogo l’approvvigionamento diretto consentirebbe la regolarizzazione del microimprenditore, dandogli la possibilità di dichiarare un reddito e quindi potenzialmente di stare in regola con la legge Bossi - Fini.[41]

Infine, avrebbe termine anche l’annoso fenomeno del rovistamento nei cassonetti, con un evidente miglioramento degli standard igienico-sanitari, senza dover ricorrere ad ordinanze da “sceriffi”.

Nello scenario immaginato da ODR le isole ecologiche fondate sul riuso impiegherebbero 291 lavoratori; numero che potrebbe salire a 591 con l’introduzione di un sistema porta a porta “spinto”. Difatti, se le isole smistassero anche l’indifferenziato, il fatturato annuo per l’isola, secondo i calcoli di ODR, salirebbe a 880.000 euro. A beneficiare di questo impiego potrebbero essere proprio coloro che oggi rovistano i cassonetti: un singolo stipendio da operaio corrisponderebbe a un introito per nucleo familiare simile a quello ottenuto oggi con il lavoro di 4 membri del nucleo stesso. Secondo l’associazione, le potenzialità occupazionali del modello sono sopratutto legate all’indotto: la maggiore disponibilità di merci e l’abbattimento dei costi di transazione può infatti innescare un processo di moltiplicazione degli operatori. Se i 32 milioni di euro di oggettistica conferita nei cassonetti fossero dirottati nelle isole ecologiche, le microimprese potrebbero diventare 12.000. Un’espansione di queste proporzioni, unita all’impiego diretto nelle isole ecologiche, contribuirebbe in modo decisivo a risolvere l’emergenza occupazionale dei rom nella città di Roma.

L’ODG 45 del 12-5-2005, votato all’unanimità dal Consiglio Comunale di Roma, impegna la Giunta capitolina a introdurre il modello dell’Occhio del Riciclone: ad oggi resta disapplicato.

L’Assessore ha ritenuto di non poter, o voler, rispondere in merito.

Luppi a tal proposito ha dichiarato che “…permane anche da parte della nuova amministrazione, una tendenza alla passività e al disinteresse rispetto a ciò che é autenticamente nuovo e utile ma non risponde alle richieste dei poteri forti. In risposta a questo atteggiamento quello che ODR sta cercando di fare é promuovere la costruzione di un nuovo “potere forte” locale; un “potere forte” sano e costituito da una somma di microimprenditori dell’usato, di cooperative sociali, di organizzazioni ecologiste e di altri attori della società civile. L’unione di queste piccole voci sta già producendo una grande voce, e sono convinto che i soggetti migliori dell’attuale amministrazione stanno già iniziando a distinguere con chiarezza il suo messaggio.”


Parlano i rom. La ricerca sul campo: il contesto e l’esperienza del”campo”.

Per ricostruire in maniera puntuale l’opinione dei raccoglitori di rifiuti rom, ho ritenuto essenziale svolgere sul campo una parte della ricerca. A tal fine ho somministrato a 104 rom un questionario a risposta chiusa.

I questionari sono stati somministrati nel campo autorizzato (detto anche villaggio della solidarietà) di Via di Salone ed in quelli “tollerati” di via Salviati e Cesarina.

Prima di presentare i risultati dei questionari, vorrei soffermarmi sulle condizioni nelle quali ho svolto il mio lavoro.

Campo di Via Salone. Come detto in precedenza, il 18 febbraio 2009 una nuova serie di regole è stata introdotta per i campi autorizzati (che hanno ora tutti l’etichetta di 'villaggi' ). Ovviamente io stessa ho cercato di rispettare le norme. Scrivo ho cercato perché la richiesta formale di entrare nel campo per somministrare i questionari, inoltrata al personale competente, non ha mai ricevuto risposta. Ragione per la quale sono entrata ufficialmente come “ospite” di un rom che mi era stato presentato da Aleramo Virgili. Nonostante fossi un’ospite italiana (non rom), ho dovuto lasciare il mio documento d’identità all’entrata al personale di vigilanza.

Il”villaggio” di Salone si trova in una zona periferica della città, nei pressi di una stazione ferroviaria chiusa da tempo e, paradossalmente, nella stessa uscita del Raccordo Anulare per arrivare alla METRO[42] e al Centro Commerciale Roma Est.

Una cattedrale nel deserto urbano, insomma, vicino a due cattedrali del consumo.

Campo di via Salviati. Per descrivere il campo di via Salviati mi servirò, di una descrizione scritta da Monica Rossi nel 2006, che è quanto mai attuale: «l campo di via Salviati era ed è un enorme rettangolo di cemento arroventato con tre o quattro miseri alberelli, situato in mezzo ai prati alle spalle di via Collatina vecchia in un luogo assolutamente isolato; a meno di venti metri dagli ultimi container correva la ferrovia (...) Il campo attuale oltre ad essere situato in un ambiente malsano era lontanissimo da negozi per i generi di prima necessità. Inoltre era stato realizzato senza alcuno spazio per la raccolta dei metalli e tutte le altre attività di riciclaggio».[43]

La mancanza di aree idonee per stoccare le merci raccolte, è un elemento che salta immediatamente agli occhi: all’entrata del campo, infatti, si trova una enorme montagna di rifiuti. Nei giorni in cui mi sono recata al campo, la pioggia battente di febbraio aveva prodotto un enorme pantano, nel quale erano confluiti specie differenti di rifiuti provenienti dalla decomposizione della “montagna”.

Il campo della Cesarina. Più che un campo, l’insediamento sulla Nomentana è un mini insediamento (ospita un centinaio di persone) in un ex campeggio nel quale è presente un asilo nido gestito da Opera Nomadi.

Rispetto alle altre due realtà, l’ingresso alla Cesarina non ha presentato difficoltà. Mi sono recata più volte sul luogo, anche per parlare con gli operatori e mai ho avuto la sensazione di correre rischi per la mia sicurezza. Nonostante non ci fossero né telecamere né agenti.


I risultati dell’indagine.

Il questionario che ho elaborato era composto di 21 domande a risposta chiusa. Per precisione metodologica, aggiungo che il campionamento è stato a “valanga”. Tale tecnica ha rappresentato una scelta obbligata, sia per ragioni di tempo sia per la difficoltà di definire puntualmente il campione.

Ho iniziato a somministrare i questionari sempre attraverso un “gancio” rom presentatomi da operatori o da rom stessi. Nell’indagine non sono stati inclusi raccoglitori di nazionalità rumena. Ciò è accaduto non per mia scelta: nessuno dei rumeni che ho avvicinato ha voluto rispondermi. Presumibilmente per paura, o per diffidenza giacché mi avevano visto entrare con rom di altre etnie.[44]

Nell’appendice sono presenti nel dettaglio i risultati per ognuna delle domande.

In questa sede, vorrei porre l’accento su certi dati che mi sembrano più rilevanti e possono offrire spunti di riflessione.

Il 70% dei microimprenditori risiedono stabilmente in Italia da oltre 10 anni, il 22% è addirittura nato nel nostro Paese. La quasi totalità è sposata e, come emerso da precedenti indagini, svolge questo lavoro per lo più a scala familiare. Risulta anche l’esistenza di una certa divisione di genere del lavoro: con gli uomini maggiormente impegnati in lavori più pesanti come lo svuotamento di cantine e simili e le donne dedite al rovistaggio. (Fig. 5)

L’identikit del rovistatore rom che emerge è quella di un lavoratore in media soddisfatto del proprio lavoro, abbastanza disposto a seguire eventuali corsi di formazione per migliorarlo. Il 50% dichiara che non cambierebbe lavoro.

Ad un’analisi più approfondita, si evince che esiste una correlazione tra coloro che si dichiarano molto/abbastanza soddisfatti del loro lavoro a la disponibilità a frequentare corsi di formazione.

La metà, il 52%, dice di fare anche altri lavori: è emerso che moltissimi uomini raccolgono ferro e altri rottami per rivenderli ad intermediari italiani. Un dato non trascurabile. Si calcola, infatti, che nel Comune di Roma le imprese coinvolte nel business sono circa 1.500 e stoccano il 30% del materiale che finisce in acciaieria: circa 5 milioni di tonnellate - su un totale di 15 milioni di tonnellate di acciaio riciclato ogni anno nella capitale - proviene da piccole imprese rifornite dai rom [45].

Coloro che dichiarano di svolgere altri lavoro sono in maggioranza uomini (Fig. 6). Per quanto riguarda le donne mi è stato spiegato a voce da molte di loro che il lavoro di vendita e/o rovistaggio dei cassonetti rappresenta l’unica alternativa alle mansioni domestiche:elemento che si dovrebbe tenere in considerazione quando si pianificano interventi di sostegno all’occupazione.

Come dimostrato da molti studi, infatti, un ruolo attivo delle donne ha influenze dirette non solo sul benessere delle stesse e della famiglia, ma ha ricadute anche sull’intera società.benessere delle stesse e della famiglia, ma ha ricadute anche sull’intera società.[46]

Figura 8. Seconda attività per sesso.

La partecipazione ai mercati avviene nel 60% dei casi in modo regolare, un dato confermato dalla “domanda di controllo” relativa alla frequenza mensile dei mercati. Tenendo presente che i mercati autorizzati si tengono una volta a settimana (la domenica generalmente), coloro che dichiarano di farlo più di 4/5 volte al mese – quindi in modo non regolare - sono il 27,9% degli intervistati.

Lo dimostra anche il grafico sottostante (Fig. 8) che incrocia le due variabili: coloro che dicono di fare il proprio lavoro in entrambi i modi - sia con l’ autorizzazione sia spontaneamente – partecipano più di 4/5 volte al mese ai mercati.

Figura 9. Partecipazione a mercati confrontata con dichiarazioni .

I rapporti con l’esterno, durante il lavoro, emergono equamente distribuiti tra associazioni e polizia, ma la quota maggiore di contatti, il 71%, avviene con i clienti. Uno degli intervistati mi ha dichiarato con un certo orgoglio di avere dei clienti italiani ventennali. Ad ogni modo quale che sia l’interlocutore, gli intervistati hanno dichiarato di sentirsi trattati bene o molto bene.

Uno dei dati più lampanti è che praticamente tutti chiedono di poter fare il mercato con frequenza giornaliera e di voler regolarizzare il proprio lavoro.

Una tendenza confermata anche dalle risposte alla domanda 22. Nel questionario questo spazio era stato lasciato in bianco per dare spazio ad eventuali annotazioni o proposte da parte dell’intervistato. Oltre la metà dei rom (60 su 104) hanno voluto lasciare un commento: in ben 59 casi hanno richiesto la riapertura dei mercatini. Tra questi 7 hanno sottolineato il fatto che i mercati vengono spesso chiusi ingiustamente. Uno di loro dice “chiudono sempre i nostri mercati e non è giusto perché ci servono per vivere”, o ancora “vogliamo un mercato che duri e che non chiuda sempre”. Altri invece sottolineano che i mercati rappresentano una fonte di reddito vitale “ci devono dare la possibilità di fare mercato altrimenti o moriamo di fame o dobbiamo arrangiarci”, o in maniera ancora più diretta “senza mercato per vivere ci tocca rubare”.

Al di là delle singole sfumature, l’evidenza numerica ci dice che il 74% di loro preferirebbe farlo con la mediazione, la presenza, delle associazioni. A testimonianza che, nonostante le storture e alcuni insuccessi, il lavoro decennale del Terzo Settore è sentito come una componente importante.

È lodevole il tentativo dell’Amministrazione di “responsabilizzare” i rom attraverso contatti diretti con loro o con organizzazione formate solo dagli stessi (vedi Coordinamento Rom). È la prima volta che il Comune di Roma avvia un percorso di questo tipo: sarebbe un peccato ed un grande errore politico perdere il patrimonio umano e di altro tipo accumulato da molte realtà associative in lunghi anni a fianco a fianco con i rom.



CONCLUSIONI

Lo scopo di questa ricerca era di provare a capire se vi è lo spazio per immaginare un’integrazione dei microimprenditori rom nella gestione dei rifiuti capitolina, al pari di quanto è accaduto in altre grandi città nel Sud del mondo, fermo restando le differenze.[47]

Come visto nei paragrafi precedenti, negli ultimi anni sono stati avviati diversi progetti per migliorare la situazione dei raccoglitori. Resta la necessità di introdurre innovazioni di filiera per far emergere il settore e porre le basi per un’integrazione definitiva degli stessi, non fondata sull’assistenzialismo ma finalmente sul lavoro e sullo spirito d’iniziativa dei rom. L’unica proposta concreta in tal senso appare quella avanzata dall’Occhio del Riciclone. La quale, com’è stato detto giace in Consiglio Comunale.

Pur nella diversità di alcuni aspetti, dall’analisi dei casi in India e Brasile, possiamo ricavare alcune conclusioni.



1. I raccoglitori di rifiuti, quando sono organizzati, riescono a rafforzare la loro posizione contrattuale con l'industria e il governo.

2. Lavorando insieme possono ottenere stabilità, redditi più elevati, e la legalizzazione della loro attività.

3. In questo modo riescono ad avere margini di guadagno più elevati ed evitare dannose intermediazioni.

4. L’avvio di processi d’inclusione coincide sempre con il riconoscimento delle autorità del contributo ambientale ma anche economico (visto il risparmio ottenibile dalla minore quantità di rifiuti in discarica) dei raccoglitori.

Proprio il tema del riconoscimento è uno degli elementi chiave per comprendere e delineare le conclusioni rispetto alla situazione romana.

È possibile affermare che la non considerazione dei rom come potenziali stakeholder nella gestione dei rifiuti, da parte degli attori politici, è riconducibile ad un sostanziale non-riconoscimento del potenziale economico e sociale del loro lavoro. Le misure proposte, (Progetto Roma Cistì, Retis, ecc) pur andando nella direzione di un miglioramento lavorativo dei cittadini rom, sono configurabili come interventi di carattere meramente sociale che non mirano in modo sistemico all’inclusione e alla valorizzazione dei microimprenditori dell’usato rom.[48]

La natura e le motivazioni di quest’atteggiamento, sono probabilmente da ricercarsi nei passaggi che portano all’attuazione di una politica pubblica.Secondo una definizione largamente condivisa le politiche pubbliche sono un «Insieme di azioni e non-azioni correlate a un problema collettivo, poste in essere da soggetti pubblici e privati».[49]

Quando ci riferiamo alle “politiche pubbliche verso i rom” non dobbiamo intendere semplicemente le leggi.

Le leggi sono solo una componente tra le altre della politica pubblica: contano anche i discorsi, i negoziati, che avvengono prima della legge e le azioni che vengono dopo la legge.[50]

Nel caso specifico in esame la fase del prima è cruciale per la comprensione degli output; in particolare come una situazione diventa l’oggetto di una pubblic policy, ossia la sua definizione.

Le definizioni dei problemi non sono mai univoche o neutrali. Secondo l’ipotesi costruttivista, i “problemi” sono costrutti sociali: non “esistono oggettivamente”, ma vengono “costruiti” dalla società. Questa costruzione avviene attraverso determinati frames: schemi cognitivi attraverso cui le persone interpretano la realtà.[51]

Attraverso il processo di definizione dei problemi (o framing) si costruiscono dei discorsi o delle storie che influenzano sia l’approccio al problema che le soluzioni. In ragione di ciò, nella prassi politica «gran parte dello sforzo per la soluzione dei problemi è diretto alla loro strutturazione».[52]

Dalla fine dei ’90 si è verificato un processo che ha portato il tema della sicurezza ad assumere un inedito ruolo centrale nella tematizzazione delle problematiche urbane. Questa tematizzazione di molte questioni urbane in termini di sicurezza è trasversale ai partiti, e ha comportato mutamenti rilevanti nella definizione nell’agenda delle politiche urbane.[53]

Quanto detto trova conferma nelle pratiche politiche agite nei confronti dei rom. Come argomentato da Vitale, i gruppi zigani sono tematizzati con un lessico limitato che rimanda alla devianza, alla criminalità, all’asocialità. La conseguenza è la sedimentazione nell’opinione pubblica, di equivalenze quali “zingaro” = criminale, “campo”= sicurezza. [54]

Appare quindi conseguente che in presenza di questi frames, le soluzioni al problema siano declinate in chiave di sicurezza, di controllo e quindi con misure repressive.

Ad aggravare questa situazione vi è un diffuso sentimento di ostilità nei confronti dei rom in quanto tali.

Secondo una ricerca del 2008 sono il popolo meno gradito dagli italiani. L’atteggiamento è direttamente collegato ad una rappresentazione dei rom che ne accentua il carattere omogeneo. Chi elabora questa rappresentazione non tiene in alcun conto le fortissime differenze tra romeni, bosniaci o macedoni. È – all’opposto – funzionale ricondurli tutti ad una aggettivazione – Rom – facilmente comprensibile, connotata negativamente e viepiù connotabile in tal senso. Tra l’altro è un approccio «solitarista» all'identità umana, che considera gli esseri umani membri soltanto di un gruppo ben preciso[55].

In sintesi non è possibile ipotizzare alcun tipo d’integrazione dei rom nel ciclo dei rifiuti se prima non cambieranno i discorsi e le pratiche che li riguardano.

In ultimo, vorrei aggiungere una considerazione sullo stile che l’Amministrazione Alemanno pare voler adottare con i rom. “Vogliamo avere un rapporto diretto con i rom, oltre le associazioni che a volte non hanno funzionato bene”.[56]

L’attivazione dei diretti interessati è uno dei concetti chiave del nuovo approccio di welfare mix.

Tuttavia la partecipazione smette di essere un "rituale vuoto", privo di senso, per assumere una dimensione non nominale solo quando il coinvolgimento è istituzionalmente vincolato all’esercizio di un potere reale.[57]

È questa una scelta squisitamente politica, perché la politica può e deve fare la differenza.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » sab feb 07, 2015 10:58 am

NEL VICENTINO UN BENZINAIO SPARA AL RAPINATORE. I GIUDICI LO INDAGANO PER ECCESSO DI LEGITTIMA DFESA, IL PAESE E' CON LUI."E' UN EROE", DICONO, VOI COME LA PENSATE?

https://www.facebook.com/salvosottile/p ... 75/?type=1

Salvo Sottile

A Nanto c’è Ulisse che fa il sindaco, c’è don Diego che fa il parroco e, da ieri, fra i paesani più popolari c’è anche lui: Graziano Stacchio, professione benzinaio, una vita dedicata al suo distributore, alla famiglia e a quel fucile da caccia con il quale ama girare fra i boschi cercando caprioli.
Martedì sera l’ha imbracciato per spaventare cinque rapinatori che stavano assaltando la vicina gioielleria Zancan armati di mazze e kalashnikov. Stacchio ha sparato alle gambe di uno di loro e l’altro, un giostraio di 41 anni, è fuggito.
L’hanno trovato morto dissanguato duecento metri più in là, a bordo della sua macchina.

Per la Procura di Vicenza è doveroso indagare il sessantacinquenne benzinaio vicentino, una moglie e due figli, con l’accusa di eccesso colposo di legittima difesa. Per la gente del posto è inconcepibile. «Siamo tutti con te». «Hai fatto la cosa giusta». «Eroe». Una gara di solidarietà culminata con una raccolta di firme e la solenne promessa di Joe Formaggio, il sindaco di Albettone noto per dormire con il fucile accanto al letto: «Faccio le t-shirt e ci scrivo “Io sto con Stacchio”».
Domanda: cosa pensa il benzinaio di tutto questo? «Un uomo che uccide un altro uomo non possa essere considerato un eroe... non volevo uccidere», dice guardando l’asfalto. Siamo nel Vicentino ai piedi dei colli Berici. Stacchio ha già ripreso a lavorare in questa area di servizio che gestisce da cinquant’anni e che martedì sera è diventata un Far West.
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«Sono scesi da due macchine verso le sette di sera con i passamontagna - racconta -. Erano armati e hanno iniziato a picchiare sulla porta della gioielleria come barbari. Le macchine suonavano i clacson “è una rapina”, dicevano ma nessuno poteva fare nulla e ai banditi non importava: spaccavano tutto. Io a pensato a Genny, la commessa del gioielliere, che è per me come una figlia. Ho detto: starà morendo di paura. Allora sono intervenuto e ho urlato “andate via che arrivano i carabinieri”. Ma loro continuavano. Sono allora entrato in casa, ho preso la chiave dell’armadietto dove tengo il fucile e sono uscito. Erano ancora lì. Ho sparato un colpo in aria. L’uomo che faceva da palo ha risposto al fuoco e io ho tirato altre due volte sulla macchina vuota. Poi lui si è avvicinato a me, puntandomi con l’arma e gli ho tirato alle gambe e sono andati via». Fino a ieri sera gli altri quattro banditi erano ancora in fuga.

Mentre parla arriva Genny che lo abbraccia in silenzio con gli occhi lucidi. E arriva pure il gioielliere, Robertino Zancan, che per tutelare il benzinaio ha pensato addirittura di attribuirsi le colpe dichiarando agli inquirenti che a premere il grilletto era stato lui: «L’ho detto per tutelare Graziano, lui l’ha fatto per Genny. Gli ho anche messo a disposizione una squadra di legali per difendersi». Zancan ha deciso di chiudere per sempre il negozio: «Da oggi è finita perché non ne posso più: 2 rapine e un sequestro...».

Santo suito!

Forse łi jera singani (jostrari)? Ke oror ke bruta xente, ke sasini, łi xe pexo de l'Isis! Se i xe singani Ulise el ris-cia groso, parké i singani par ke łi gapie el dirito de robar, de rapinar, de copar, ... purpio come łi orsi, i leoni, i lovi, parké lè ła so nadura e coultura. Ulise el ris-cia anca de esar persegoesto par rasixmo contro na etnia/raça omana (i singani) ke ła ga łi memi diriti de łe bestie anca se łi xe omani, na bestia no la pol gnanca esar persegoesta, proçesà e condanà parké ła bestia ła xe enoçente par nadura, la ghe va drio al so istinto e l'omo nol ga el dirito de descremenarla. I singani anca se i xe omani i gode de łi diriti omani de tuti łi omani ma anca de coełi de łe bestie.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... aliani.jpg



Rapina e sparatoria in gioielleria - Il bandito morto è un nomade vicentino
http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 5357.shtml

Indagato il benzinaio. L’ipotesi di reato potrebbe essere l’eccesso colposo in legittima difesa. E il sindaco fa stampare t-shirt: «Io sto con Stacchio»

VICENZA È stato identificato il bandito rimasto ucciso ieri, martedì, nel tentativo di rapina ad una gioielleria nel vicentino.
Si tratta di un nomade 41enne, Albano Cassol, nato a Vicenza e residente nel campo di Fontanelle, nel Trevigiano.
Lo ha comunicato il Procuratore capo di Vicenza, Antonino Cappelleri. Il magistrato ha confermato inoltre l’inscrizione nel registro indagati, come atto dovuto, di Graziano Stacchio, il benzinaio che ha esploso alcuni colpi di fucile contro i banditi.

Un atto reso indispensabile - spiega la Procura - dall’esigenza di garantire la partecipazione e l’interlocuzione dei difensori dell’uomo agli accertamenti tecnici. Cappelleri precisa, in una nota, che «l’astratta ipotesi di reato che interessa Stacchio è quella di eccesso colposo in legittima difesa, ovvero nell’uso legittimo delle armi».

«Ma la situazione processuale - sottolinea il magistrato - sarà meglio determinata, sia sotto il profilo di configurazione giuridica che di effettiva responsabilità, solo all’esito delle indagini, che saranno compiute con ogni attenzione, obbiettività e diligenza». Quanto alle indagini in corso per l’esatta ricostruzione della dinamica della tentata rapina e del conflitto a fuoco, Cappelli evidenzia come esse si presentino complesse e articolate, e necessitino di molti accertamenti tecnici. Per questo, conclude il magistrato, «gli esiti non possono essere immediati».

Intanto il sindaco di Albettone, uno dei comuni vicini a Ponte di Nanto, ha fatto realizzare delle t-shirt in solidarietà con il benzinaio: «Io sto con Stacchio». Joe Formaggio, il sindaco vicentino che non ha mai fatto mistero di dormire «con il fucile sotto il cuscino», intende raccogliere in questo modo fondi da destinare al gestore della pompa di benzina, che per il suo gesto si trova ora indagato per eccesso colposo di legittima difesa. Oltre alle t-shirt di solidarietà, Formaggio, con i sindaci di Barbarano e Nanto, ha avviato una raccolta di firme a sostegno del benzinaio.

04 febbraio 2015

On gràsie e onore a sto sant'omo!
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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » sab feb 07, 2015 1:25 pm

???

Vicenza, i parenti del bandito potrebbero chiedere i danni al benzinaio?

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 90422.html

La famiglia del rapinatore morto dopo l'assalto alla gioielleria partecipa all'autopsia con un proprio consulente: preparano l'azione legale contro Stacchio?
Ivan Francese - Ven, 06/02/2015 - 12:23

Potrebbe costituirsi parte civile, la famiglia di Albano Cassol, il bandito morto nella sparatoria scaturita dalla rapina a una gioielleria a Ponte di Nanto, nel Vicentino.

Lo stesso scontro a fuoco per cui è indagato Graziano Stacchio, il benzinaio che ha sparato contro i banditi, per difendere, sostiene, la commessa della gioielleria.

Ora la famiglia Cassol sarebbe pronta a chiedere i danni: l'indiscrezione, ripresa stamattina in prima pagina dal Giornale di Vicenza, arriva dal campo nomadi di Fontanelle, nel Trevigiano. I parenti del bandito morto in seguito alle ferite subìte durante la rapina, infatti, hanno fatto sapere di volere partecipare all'autopsia, molto probabilmente in presenza di un loro consulente.

Nel frattempo l'esame esterno del corpo avrebbe evidenziato la presenza di una ferita appena sopra il ginocchio di Cassol: un particolare che confermerebbe la versione fornita sin da subito da Stacchio, che ha sempre sostenuto di aver mirato alle gambe dei rapinatori. Il pm ha aperto due fascicoli: già, perché oltre al procedimento contro Stacchio, riferisce il Giornale di Vicenza, anche il titolare della gioielleria Zancan sarebbe pronto a sporgere denuncia per tentato omicidio.

Nel frattempo, continuano le dimostrazioni di solidarietà, da parte del mondo della politica e delle associazioni di categoria, nei confronti di Graziano Stacchio. In suo favore si sono pronunciati non solo Lega Nord e FDI, ma anche Confcommercio: "Di fronte alla ferocia dell'assalto di 5 uomini pronti a tutto, armati di kalashnikov, un commando militare, la reazione di Graziano Stacchio non solo è comprensibile, ma più che condivisibile", ha commentato Luca Squeri, Presidente della Commissione Sicurezza e Legalità di Confcommercio.

???


Anvençe de vargognarse e dimandar scuxa, łi gà l'ençeveltà, l'emorałetà, ła dexomanedà de farse pasar par vitime e dimandar lori łi dàni ... sti ki łi crede ke ghe sia parmeso tuto anca de stravolxar łe lej ogneversałi del creà e de Dio, łi xe come coełi de l'Isis. Li xe n'oror omàn!




Il conto per il bandito ucciso durante la rapina - La famiglia del nomade di Fontanelle pronta a chiedere il risarcimento al benzinaio

http://tribunatreviso.gelocal.it/trevis ... 1.10818272

VICENZA. «Chi ha sbagliato, sia sparando, sia con parole esagerate, deve pagare». I parenti di Albano Cassol, il nomade di 41 anni morto a Ponte di Nanto, sono quanto mai decisi. La compagna Cristina, incinta, e suo padre Diego, da Fontanelle nel Trevigiano dove vivono in un campo, non alzano la voce ma le parole sono decise. Spiegano di «non sapere nulla del progetto di Albano e della rapina», di essere «amareggiati per la tragedia» e le modalità con cui è avvenuta (Albano aveva avuto un passato difficile, spiegano, ma ora stava lavorando regolarmente), di non «mangiare e dormire più», ma di «volere giustizia».

Nel concreto, in questi giorni vedranno un avvocato per concordare con lui le modalità per costituirsi parte civile nell’eventuale processo contro Graziano Stacchio, il benzinaio di Nanto, e chiedere quindi un risarcimento dei danni. Non solo: sono pronti a denunciare tutti coloro che, «come il sindaco di Albettone Joe Formaggio, abbiano usato nei confronti nostri o di Albano termini che istighino a delinquere», rimarcano. I parenti del morto sono in attesa di poter fissare la data dei funerali.


La prima occasione per i Cassol di avere un ruolo nelle inchieste aperte dalla procura di Vicenza sarà l’autopsia sul rapinatore, fissata per lunedì. Il pubblico ministero Cristina Gava ha incaricato il medico legale Vito Cirielli di compiere l’esame, mentre la difesa di Stacchio, con gli avv. Lino Roetta e Marco Dal Ben, ha nominato la dottoressa Silvia Tambuscio come consulente di parte. I Cassol avranno la possibilità di nominare un loro consulente.

La procura, come è noto, procede contro Stacchio, 65 anni, per eccesso colposo di legittima difesa, dopo che ha sparato la fucilata che avrebbe colpito Cassol ad una gamba. Il rapinatore era poi morto durante la fuga, martedì sera, schiantandosi contro un muretto con la Renault Laguna rubata che stava guidando. Il pm ha aperto una seconda inchiesta per la tentata rapina allo Store Zancan e per il tentato omicidio di Stacchio, oltre che per altri reati, a carico di ignoti. Sono i complici di Cassol, ancora da identificare.


Intanto, dopo gli inquirenti, anche Stacchio e i suoi difensori hanno compiuto un sopralluogo davanti alla gioielleria e al distributore di benzina, dove è avvenuta la sparatoria. I colpi esplosi dai malviventi sono evidenti. Stacchio si era riparato dietro la colonnina del carroponte; e si vede distintamente, sul cemento a pochi centimetri, un colpo di pistola, forse della Beretta 9x21 che i carabinieri hanno trovato a fianco del morto, dentro la vettura. E ancora sul muro si notano le sventagliate di kalashnikov. Quello che è certo è che il benzinaio ha rischiato seriamente la vita, dopo aver sparato in aria per allontanare i rapinatori e farli desistere, pensando a Genny, la commessa della gioielleria chiusa da sola con un bandito all’interno del negozio, con gli altri che cercavano di mandare in frantumi le vetrate a mazzate.
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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » dom feb 08, 2015 11:40 am

Scorta per Graziano Stacchio, il benzinaio che ha ucciso un rapinatore per difendere una ragazza

http://notizie.tiscali.it/articoli/cron ... inaio.html

La vedova di Albano Cassol, il rapinatore ucciso nella tentata rapina alla gioielleria Zancan di Nanto, ha nominato un proprio legale di fiducia, l'avv. Francesco Murgia del foro di Treviso, che ha già anticipato l'intenzione di essere presente lunedì prossimo quando il pm Cristina Gava affiderà al medico legale Vito Cirielli dell'Istituto Legale di Verona il compito di effettuare l'autopsia del bandito.

Scorta per il benzinaio - Nel frattempo il questore di Vicenza ha stabilito che da ieri una macchina delle forze dell'ordine stazioni giorno e notte nel piazzale del distributore di benzina di Graziano Stacchio, dal cui fucile è partito il colpo che ha ucciso Cassol. La pattuglia può così osservare anche la casa di Stacchio, che si trova a fianco del distributore. Il timore è che qualcuno possa prendere di mira il benzinaio per vendicare la morte di Cassol, che risiedeva in un campo nomadi a Fontanelle (Treviso).

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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » lun feb 09, 2015 8:12 am

C'è un video: il benzinaio si è difeso Le telecamere confermano: Stacchio ha risposto al fuoco dei banditi. Ma ora si temono ritorsioni
Marino Smiderle - Dom, 08/02/2015 - 07:00

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 90979.html

VicenzaLa fortuna del benzinaio più twittato dagli italiani sta nelle telecamere. Non quelle delle decine di tv che in questi giorni lo hanno lanciato sulla ribalta nazionale proponendolo come eroe o, per i familiari del nomade ucciso dopo la tentata rapina a Nanto (Vicenza), come giustiziere, bensì quelle installate da Robertino Zancan titolare della gioielleria presa di mira dai banditi.

È grazie a questi filmati che emerge un dettaglio, fondamentale: Graziano Stacchio ha sparato per legittima difesa.

Secondo quanto trapela da ambienti investigativi, dai primi fotogrammi e dall'audio del video ricavato dalle telecamere di sorveglianza viene confermata la versione data dal benzinaio sessantacinquenne. Si sente il rumore del primo colpo sparato in aria dallo stesso Stacchio, si vedono i banditi sorpresi da questa imprevista e imprevedibile reazione da parte di un cittadino che sceglie di non girarsi dall'altra parte. E poi si vedono malviventi fare fuoco ad altezza uomo in direzione della pompa di benzina. A quel punto Stacchio risponde col suo fucile e, presumibilmente, colpisce Cassol. La legittima difesa c'è tutta: se uno mi spara addosso ho tutto il diritto di rispondere. È da qui che partiranno gli avvocati del benzinaio di Nanto per convincere il giudice a respingere l'accusa di eccesso di legittima difesa, reato per cui adesso è indagato («È un atto dovuto», ci tiene a precisare la Procura) quello che Jenny, la commessa che era sola in negozio durante l'assalto della banda, ricorderà sempre come l'uomo che le ha salvato la vita.

Intanto, giusto per confermare che in Italia diverse cose vanno alla rovescia, polizia e carabinieri hanno istituito un servizio di vigilanza continua alla casa di Stacchio e al suo distributore. Non la definiscono una scorta, nel senso che il benzinaio è libero di andare dove vuole, ma il senso è quello. La sfilza di precedenti penali della vittima 41enne, che andava in giro a rapinare gioiellerie con a casa una moglie incinta e quattro figli, è piuttosto lunga e pericolosa, se così si può dire. Insomma, le forze dell'ordine hanno fondati motivi di ritenere che Stacchio corra più di qualche rischio. «Io sono distrutto per aver provocato la morte di un uomo - ripete sconsolato l'esercente a tutti coloro che vanno a fare il pieno da lui - ma la mia coscienza è a posto. Volevo salvare Jenny dalla follia di quei banditi. Spero che si mettano una mano sulla coscienza».

Se sti dełincoenti łi ciamava el 118 el dełincoente morto el saria ancora vivo, se lè morto lè colpa sua e de łi so conpliçi, xe łi so conpleçi o conpleghi ke łi va persegoesti par omision de socorso. Caxo mai a xe a sti conpleghi ke ła fameja del dełencoente morto ła ga da denunçar par omision de socorso a cu dimandarghe łi dàni.

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«I nomadi non sono Razza Piave»: zittiti i familiari del rapinatore rom
9/02/2015
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 22x300.jpg
Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso ha replicato duramente e opportunamente ai familiari del nomade Albano Cassol, 41 anni morto a Ponte di Nanto durante la rapina che stava portando a termine insieme ad alcuni complici armati di kalashnikov e picconi alla gioielleria Zancan. «Razza Piave è un emblema sacro al popolo veneto (?). I nomadi non saranno mai Razza Piave».

La presa di posizione nasce dalle affermazioni assurde fatte dai familiari del rapinatore rom che addirittura accusano la politica. «I familiari di Cassol chiedono che i politici la smettano di attaccarli, perché sono nati a Montebelluna, o a Treviso, o a Vicenza e affermano di essere Razza Piave. Ma i nomadi in questo caso non si comportano da Razza Piave: «Una famiglia veneta – spiega Muraro – toccata da questo episodio, si sarebbe ritirata nel silenzio e nel dolore di aver perso un familiare. Non avrebbe mai giustificato o rivendicato giustizia; chiusa nella vergogna di un fatto increscioso e illegale».

La pretesa di rivalsa è assurda. «Non si può giustificare chi fa una rapina, dove potevano perdere la vita persone che onestamente facevano il proprio lavoro. Non vorrei che si pensasse al razzismo, ma vorrei che almeno una volta si andasse oltre le parole e si giudicassero i fatti così come sono avvenuti.Io sto con Graziano Stacchio, il benzinaio di Nanto», ribadisce Muraro in riferimento al benzinaio coraggioso che ha difeso la vita delle persone che avrebbero potuto perdere la vita durante l’azione criminale. Il presidente della Provincia chiarisce ai familiari la distinzione tra nomadi e il senso del termine che i familiari del rom sbandierano come un emblema. “Razza Piave” è un termine che conò Gianni Brera per distinguere i caratteri dei calciatori “nordici”. Qui non c’è nulla di tutto questo: «Razza Piave non va intesa come razza ma come modo di essere, di comportarsi, di affrontare la quotidianità con tenacia e forza. Desidero rassicurare i familiari di Cassol che continuerò ad attaccare chiunque voglia toglierci ciò che la storia ci ha dato».

Muraro basta ke kel sagro nol sia referesto al Piave e a i veneti copà da ła goera fata da łi onti tałiani!
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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » lun feb 09, 2015 10:19 pm

Papa: "Contro rom ostilità e disprezzo, istituzioni si impegnino per garantire diritti"
http://www.repubblica.it/esteri/2014/06 ... i-88108507

Il ricordo del Pontefice: "Sui bus di Roma si diceva 'Guardate i portafogli'". E attribuisce l'emarginazione anche al poco coinvolgimento nelle dinamiche politiche, economiche e sociali del territorio. La federazione rom: "Grazie, ma non ci chiami zingari"


CITTA' DEL VATICANO - "Quando prendevo il bus a Roma e salivano degli zingari, l'autista spesso diceva ai passeggeri: 'Guardate i portafogli'. Questo è disprezzo, forse è vero, ma è disprezzo". Con questo ricordo personale il Papa si è rivolto ai cappellani degli zingari, nel corso di un incontro nella Sala Clementina icon i promotori episcopali e i direttori nazionali della pastorale degli Zingari, organizzato dal Pontificio consiglio della pastorale dei migranti e degli itineranti, sul tema "La Chiesa e gli zingari: annunciare il Vangelo nelle periferie".

Spesso i rom, ha osservato il Pontefice, si trovano "ai margini della società", ma anche il popolo zingaro, pur essendo "una realtà complessa", è chiamato a contribuire al bene comune, alla "osservanza dei doveri", laddove si promuovano anche i "diritti di ciascuno". Il Papa si è quindi soffermato sulle cause di emarginazione e in genere delle persone "meno tutelate", quelle che vengono colpite "indistintamente" dalle "piaghe del tessuto sociale".

"Tra le cause che nell'odierna società provocano situazioni di miseria in una parte della popolazione, possiamo individuare la mancanza di strutture educative per la formazione culturale e professionale, il difficile accesso all'assistenza sanitaria, la discriminazione nel mercato del lavoro e la carenza di alloggi dignitosi - ha detto Francesco -. Se queste piaghe del tessuto sociale colpiscono tutti indistintamente, sono le persone meno tutelate che cadono nella trappola dello sfruttamento, dell'accattonaggio forzato e di diverse forme di abuso. Gli zingari sono tra i più vulnerabili, soprattutto quando mancano gli aiuti per l'integrazione e la promozione della persona nelle varie dimensioni del vivere civile".

Per il popolo rom, quindi, Papa Francesco ha chiesto non solo "azione solidale", ma anche "impegno" alle "istituzioni locali e nazionali" e il "sostegno della comunità internazionale".

La federazione rom: "Grazie, ma non ci chiami zingari". Sono "da sottoscrivere" le parole di Papa Francesco, ma Djana Pavlovic, vice presidente della 'Federazione Rom e Sinti Insieme', chiede al Pontefice "di non utilizzare il termine 'zingari'. Nessun dubbio, è ovvio, sulla volontà di usare questa parola con un'accezione positiva, ma noi preferiamo essere chiamati 'rom'". "Non vogliamo fare polemiche - precisa Pavlovic - ma chi ci vuole bene non dovrebbe usare questo termine, che non è stato inventato dai rom. Nessuno al di fuori dell'Italia usa la parola zingaro, rom nella nostra lingua significa 'uomo' ed è sicuramente la denominazione più adatta".


Sto kì el jera on singano, stemo tenti a no confodar le robe e a far minestroni màsa frulà: i singani li xe omani come tuti staltri no li ga el dirito de copar, de robar, de rapinar, de trufar, de estorxar, de far i mafioxi, de vivar so le spale de li altri, li xe omani come tuti staltri, Dio nol ga derogà a le so lej par lori. Li ga da gagnarse el pan col suor de la so fronte e no co coelo de li altri e co li sbaja li ga da vargognarse ... e da pagar par le so responsabeletà. Li xe lori ke li se ga meso e li sta a li marxeni par poder far coel ke li fa. Ente li paexi musulmani de l'Axia e de l'Afrega no se cata singani .. là li saria tuti sensa man a xbiancar el dexerto co li so osi. Li se cata lomè ente l'Ouropa creistiana e on fià ente coela miscià cristian-musulmana de I Balcani e de la Turkia musulmana ma ouropea e laica.

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Re: El rasixmo dei singani - etnorasixmo

Messaggioda Berto » gio feb 12, 2015 9:43 pm

Spietata banda di Rom segregava ragazze e le obbligava a prostituirsi. Vendute per 3000 euro

http://www.imolaoggi.it/2015/02/05/spie ... ostituirsi

giovedì, 5, febbraio, 2015

Tenevano le ragazze segregate nelle baracche di un campo rom, la sera le facevano prostituire nella zona sud di Milano e, in base alla ‘redditivita”, le rivendevano a cifre tra i tre e i settemila euro. Diciannove persone che facevano parte di un’organizzazione che gestriva la prostituzione tra viale Ortles, via De Angeli, via Bazzi, viale Brenta, viale Toscana, viale Tibaldi sono state arrestate al termine di un’indagine condotta dagli agenti del commissariato Scalo Romana di Milano.

Un gruppo criminale “molto spietato e aggressivo, che nel corso degli anni era riuscito a esercitare un controllo quasi militare sullo sfruttamento della prostituzione“. I capi indiscussi erano i fratelli Ionut e Laurentiu Calin, rispettivamente 28 e 24 anni, cittadini romeni di etnia rom, che alla guida di una banda di cugini e parenti avevano messo in piedi una vera e propria tratta di esseri umani tra la Romania e l’Italia, e nello stesso tempo controllavano la loro zona con un pugno talmente ferreo da incassare denaro anche solo dall’affitto delle postazioni di prostituzione ad altri criminali meno strutturati.

I fratelli Calin, racconta il dirigente del commissariato Scalo Romana Angelo De Simone, attiravano le ragazze romene intessendo con loro una relazione sentimentale, ma una volta arrivate in Italia le vittime venivano segregate in un campo rom e instradate alla prostituzione. In almeno cinque casi al momento dell’arrivo in Italia le giovani erano minorenni e le piu’ recalcitranti venivano costrette sulla strada a suon di botte o addirittura con stupri di gruppo.

I due sfruttatori e i complici trattavano le vittime come animali di loro proprieta’, tanto che in piu’ di un’intercettazione definiscono “capre” le ragazze. Ogni prostituta poteva essere acquistata o rivenduta ad altri gruppi. In un caso gli investigatori hanno dovuto prendere atto del fatto che una ragazza era finita nelle mani della gang perche’ venduta dalla madre agli aguzzini all’eta’ di 14 anni.

I fratelli Calin sono riusciti a mettere in piedi un’organizzazione cosi’ potente anche grazie all’applicazione spietata di una serie di regole interne della comunita’ rom, riviste e adattate al contesto dello sfruttamento della prostituzione: l’indagine, non a caso, e’ stata battezzata dagli investigatori “Judicata”, dal nome del ‘concilio degli anziani’ che nella cultura rom e’ incaricato di applicare le leggi e che nel caso specifico gli sfruttatori avevano adottato come sistema per risolvere le controversie, dal prezzo di una ragazza al costo del noleggio di una zona ad altri gruppi criminali, fino a eventuali dissidi da dirimere all’interno dell’organizzazione. Quando la “Judicata” non riusciva a risolvere i contrasti, scattava la violenza, specialmente rivolta a gruppi rivali: gli investigatori hanno scoperto grazie a confronti, testimonianze e intercettazioni che una rissa scoppiata in piazza Bonomelli nell’ottobre 2011 nascondeva in realta’ una spedizione punitiva ai danni di Bacai Zef, uno sfruttatore albanese che aveva incrociato piu’ volte la strada dei due fratelli romeni. Zef, sfuggito all’agguato grazie a una soffiata, si era vendicato alcuni giorni dopo con una spedizione a Piazzale Cuoco, dove aveva accoltellato diverse volte Laurentiu Calin, detto “Gaman”, o “Il Pazzo”, noto per la sua ferocia.

Le indagini sono partite nel 2011 in seguito a quattro lettere anonime recapitate agli agenti del commissariato Scalo Romana. Queste lettere, lungi dall’essere semplici denunce, erano molto circostanziate, ricche di nomi, luoghi, date e numeri di telefono e descrivevano l’organizzazione con precisione. Gli inquirenti sostengono tuttora di non conoscerne l’autore, che potrebbe essere un cliente innamorato di una prostituta e deciso a strapparla agli aguzzini, ma anche un religioso o un’organizzazione di volontari.

La gang dei fratelli Calin, attiva almeno dal 2007, guadagnava ogni settimana decine di migliaia di euro, che secondo gli inquirenti sono stati tutti trasferiti in Romania per l’acquisto di diverse proprieta’. I due, in Italia, risultavano invece nullatenenti e nel corso degli anni si sono spostati in tre diversi campi Rom, da quello di via Sacile – incendiato due volte, forse proprio dai rivali dei Calin – fino al campo di Muggiano, dove i criminali sono stati arrestati alle prime ore di stamani. Quando i poliziotti hanno fatto irruzione nella baracca del campo di Muggiano in cui vivevano, si sono stupiti dell’assenza delle ragazze. Era solo l’ultimo trucco dei due malviventi: le vittime erano nascoste in una “baracca dentro la baracca” alla quale si accedeva da una porticina dissimulata da un ripostiglio, segregate in pessime condizioni. (AGI) .
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